Care lettrici e cari lettori, ci avviciniamo a una tappa importante nel percorso di Coelum Astronomia: dalla fine di luglio, la rivista sarà disponibile nelle librerie italiane, grazie alla distribuzione attraverso LibroStore.
È un passo che segna una nuova fase del nostro lavoro: dopo il ritorno al cartaceo nel 2022, abbiamo compreso quanto questo formato resti ancora oggi lo strumento più efficace per approfondire, per prendersi il giusto tempo nella lettura e per valorizzare l’impegno degli appassionati e dei professionisti che rendono Coelum una voce autorevole nel panorama astronomico.
📚 Ma attenzione: i librai, nella maggior parte dei casi, non conoscono ancora Coelum. Per questo abbiamo bisogno del vostro aiuto.
Se volete ricevere una copia della rivista nella vostra libreria di fiducia, sarà sufficiente:
Recarsi in libreria e richiedere una copia di “Coelum Astronomia” distribuita tramite LibroStore;
Il libraio, una volta informato, potrà ordinare la rivista e riceverla nel giro di 3 o 4 giorni lavorativi.
📌 Nota importante: questa prima richiesta va fatta esplicitamente, ma una volta che la libreria rileverà interesse, sarà cura del libraio stesso proseguire con gli ordini automatici ogni due mesi, man mano che i numeri diventano disponibili.
🔎 Un’attenzione in più: la rete di distribuzione che abbiamo scelto privilegia librerie indipendenti e di qualità, realtà attente all’offerta editoriale e radicate sul territorio. Vi invitiamo quindi a rivolgervi preferibilmente a librerie non monomarca, dove è più semplice che il libraio possa attivarsi per recuperare la rivista. Abbiamo evitato la grande distribuzione e i circuiti internazionali, che — pur visibili — richiedono condizioni economiche insostenibili per una realtà editoriale piccola e indipendente come la nostra, con il rischio di snaturare il progetto.
🛠 Ogni richiesta conta. Più lettori si attivano, più sarà semplice per le librerie inserire Coelum nei propri circuiti, e anche il distributore potrà dare al nostro progetto la visibilità che merita.
📍 In arrivo anche eventi dal vivo: la direttrice di Coelum incontrerà i lettori in alcune librerie del territorio nazionale per presentare la rivista e raccontarne l’evoluzione.
🔭 Coelum continua il suo viaggio, e oggi più che mai può crescere grazie a voi: fatevi sentire, parlatene, chiedetela. Il cielo non è mai stato così vicino.
La regione di formazione stellare NGC 6357, nota anche come Nebulosa Aragosta, è stata osservata in dettaglio grazie al telescopio infrarosso VISTA dell’ESO, nell’ambito della survey VVV sulla Via Lattea. Situata a circa 8.000 anni luce nella Costellazione dello Scorpione, la nebulosa appare radicalmente diversa nell’infrarosso, che permette di oltrepassare le dense nubi di polvere e rivelare stelle nascoste. NGC 6357 ospita tre giovani ammassi stellari, tra cui Pismis 24, con alcune delle stelle più massicce conosciute, come Pismis 24-1 e la stella Wolf-Rayet WR 93. Le interazioni tra queste giganti stellari e l’ambiente circostante plasmano la nebulosa, generando cavità di gas, bolle calde e processi che possono sia ostacolare sia stimolare la formazione stellare. Le osservazioni condotte nell’arco di oltre 13 anni hanno permesso la mappatura infrarossa di oltre 1,5 miliardi di oggetti celesti, contribuendo a comprendere l’evoluzione strutturale della nostra galassia.
Nebulosa Aragosta o NGC 6357 Regione di Formazione stellare
Vaste nubi di gas e polveri che circondano stelle giovani e calde creano questo fiabesco arazzo cosmico, punteggiato di lucine brillanti. La ripresa nell’infrarosso si basa sui dati del telescopio VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy) all’Osservatorio del Paranal dell’European Southern Observatory (ESO), in Cile. Inquadra la ricca regione di formazione stellare NGC 6357, situata a circa 8.000 anni luce di distanza da noi, nella Costellazione dello Scorpione.
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La Catena di Markarian è un gruppo striscia di galassie che costituisce parte dell’Ammasso della Vergine, posto a circa 70 milioni di anni luce dalla Terra. È chiamata “catena” per il fatto che, osservata dalla Terra, l’ammasso si dispone lungo una linea vagamente incurvata. Deve il suo nome all’astrofisico armeno Benjamin Markarian, che scoprì il loro moto comune nei primi anni 60. La regione include molteplici galassie, principalmente ellittiche, tra cui spicca la coppia NGC 4435-4438, chiamata “Gli Occhi della Vergine”. Nei riquadri all’esterno, sono indicati i nomi delle principali galassie visibili.
L’immagine è stata realizzata da Casalgrande, in Pianura Padana, una delle zone con più inquinamento luminoso d’Europa e ha richiesto circa 8h di integrazione.
Obiettivo: Nikon Nikkor 400mm f/2.8 (chiuso a f/4) – Camera di ripresa/guida: ZWO ASI 2600 MC Duo
Montatura: ZWO AM5N – Filtro: IDAS LPS D2
Pose: 230x120s
La Catena di Markarian di Alessandro Carrozzi entra nel WALL OF FAME di COELUM!
Ogni due mesi, Coelum seleziona l’Astronomical Photo of Coelum (APoC): la più caratteristica e affascinante immagine di astronomia tra quelle inviate alla redazione o caricate su PhotoCoelum, la nostra piattaforma dedicata alla fotografia astronomica.
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L’ApoC n°9 è pubblicata in Coelum 274
APOC Astronomy Picture of Coelum N°8
M42 and Horse Head Nebula
di Nicola Bugin
Nebulose Testa di Cavallo e Nebulosa di Orione ripresa con rifrattore da 180 mm
e camera monocromatica. Si ringrazia Giovanni Pasquetto per il supporto dell’acquisizione dei dati. Circa 30 ore di segnale raccolto. Elaborazione Pixinsight e Photoshop.
11 Gennaio 2025
M42 di Nicola Bugin entra nel WALL OF FAME di COELUM!
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L’ApoC n°8 è pubblicata in Coelum 273
APOC Astronomy Picture of Coelum N°7
Brillamento Solare
di Rossana Miani
29 dicembre 2024 – Brillamento Solare da Maserà di Padova Italia
Il Brillamento Solare di Rossana Miani entra nel WALL OF FAME di COELUM!
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L’ApoC n°7 è pubblicata in Coelum 272
APOC Astronomy Picture of Coelum N°6
Cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas e Via Lattea
DI CRISTINA CELLINI
La cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas nel suo passaggio nei pressi della Via Lattea.
L’immagine è stata realizzata a Castel Tesino, Loc. Celado.
Canon R8 non modificata su Avalon M-Zero
2 novembre 2024
Condizioni del Cielo SQM 20.70
Ficale 50mm – Obiettivo Samyang 50mm
Reflex Digitale
Cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas e Via Lattea di Cristina Cellini entra nel WALL OF FAME di COELUM!
Astronomy Picture of Coelum n°6 pubblicata in COELUM 271
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Nel prossimo numero, in uscita a fine anno, chiuderemo il 2024 con una APoC speciale: una fotografia che celebra la bellezza del cielo notturno e l’ingegno dei suoi autori, appassionati astrofotografi come te.
Non perdere l’ultima APoC del 2024: lasciati ispirare dall’immensità dell’universo e dalla creatività della community di Coelum!
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L’ApoC n°6 è pubblicata in Coelum 271
APOC Astronomy Picture of Coelum N°5
UNA SERATA QUASI PERFETTA
DI CRISTIAN FATTINNANZI
Una serata quasi perfetta il 12-13 agosto a Sassotetto (MC – ITALY). Aurora SAR, Perseidi,
cielo favoloso e per finire.. l’ottica grandangolare (14mm su FF) ha catturato il
graffio della meteora più luminosa della notte. Sulla sinistra si nota il bagliore magenta
della SAR.
Serie di scatti realizzati con Reflex Full Frame modificata Baader, posa 60″, 1000 ISO,
ottica 14 mm F2,8.
Un colpo di fortuna sapientemente sfruttato dall’autore che immortala per sempre un momento forse più unico che raro. I complimenti della redazione per il lavoro eccellente!
“Una Serata quasi Perfetta” di Cristian Fattinnanzi entra nel WALL OF FAME di COELUM!
Astronomy Picture of Coelum n°4 pubblicata in COELUM 270
APOC Astronomy Picture of Coelum N°4
IN VOLO PER PRENDERE LA LUNA
DI KATIUSCIA PEDERNESCHI
Aeroporto di Fano (PU)
Olympus E-M10 mark III
F9 1/2000″ 171mm iso640
18 maggio 2024 ore 19.00
L’Astrofotografia racconta il Cielo in tutte le sue forma, anche diurne, anche in volo. Lo scatto di Katiuscia Pederneschi è un omaggio a tre passioni che si fondo: l’Astronomia, la fotografia e il paracadutismo. Tre sguardi diversi per raccontare un sogno: toccare la Luna con un dito.
Il “Volo per prendere la Luna” di Katiuscia Pederneschi entra nel WALL OF FAME di COELUM!
I complimenti della redazione all’autrice per il lavoro eccellente!
Astronomy Picture of Coelum n°4 pubblicata in COELUM 269
APOC Astronomy Picture of Coelum N°3
OCEANO DI CEFEO
DI CHRISTOPHER MASIA
Oceano di Cefeo – Nebulosa Squalo
29 Aprile 2024 alle 22:00
Filtri Utilizzati: IDAS LPS D1
Diametro del Telescopio: 62 mm (2″)
Focale di Acquisizone: 135 mm
Soggetti: Nebulosa Squalo LDN1235
Località Porto Pollo, nel Comune di Palau in Sardegna
La Nebulosa Squalo di Christopher Masia entra nel WALL OF FAME di COELUM!
I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!
Il caricamento originale è pubblicato in PhotoCoelum QUI
Astronomy Picture of Coelum n°3 pubblicata in COELUM 268
APOC Astronomy Picture of Coelum N°2
Cometa 12P/Pons-Brooks
di Federico Pelliccia
12P/Pons-Brooks ripresa nella serata del 7 marzo 2024.
L’immagine è la somma di 44 immagini da 100 secondi ciascuna , per un totale di 73 minuti di esposizione. Grazie alla forte attività solare alla data degli scatti la coda si presenta particolarmente accesa e vivace.
Sony 600mm F/4 GM e una fotocamera Full-Frame Sony A7III modificata per astrofotografia, su montatura equatoriale Skywatcher EQ6.
Località: Appennino Umbro
La Cometa 12P/Pons-Brooks è la seconda ad entrare nel WALL OF FAME di COELUM! I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!La Cometa 12P/Pons-Brooks è pubblicata in PhotoCoelum QUIAPOC n°2 in Coelum 267
APOC Astronomy Picture of Coelum N°1
Arp 273 Rosa Cosmica
di Lorenzo Busilacchi
Arp 273 (APG 273) è composta da due galassie interagenti e situata in direzione della costellazione di Andromeda alla distanza di 345 milioni di anni luce dalla Terra
Somma di 4 sessioni: 15-16-17-19 agosto 2023
Configurazione strumentale: Light 101X300″ 8 hours 25″, Filtro Optolong l-pro 2″, Telescope C11, 1680mm f6.3, Camera ASI 2600 MC Pro -10°, 100gain.
Località: Margine Rosso, Quartu, Sardinia, Italy
La Rosa Cosmica di Lorenzo Busilacchi è la prima ad entrare nel WALL OF FAME di COELUM! I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!
Il testo esplora il mondo affascinante dei vetri da impatto, formazioni naturali nate da collisioni meteoriche avvenute sulla Terra. Dal deserto arabo del Rub‘ al-Khali ai campi di tectiti sparsi nei cinque continenti, vengono analizzati crateri, materiali, morfologie e dinamiche fisiche di questi fenomeni. In particolare, si descrivono i vetri generati dall’impatto di Wabar, le diverse tipologie di tectiti (splash-form, alate, moldaviti, uruguaiti), fino allo straordinario vetro del deserto libico, forse prodotto da un’esplosione atmosferica. Lo studio dei vetri da impatto rivela non solo eventi geologici estremi, ma offre anche preziose informazioni sulla storia del nostro pianeta e sulle interazioni con corpi extraterrestri, con implicazioni archeologiche, geochimiche e planetologiche.
I vetri forgiati dal cielo
Il sud della penisola arabica è occupato da un grande deserto; il “Rub‘ al-Khali” (Il “Quarto Vuoto”). È una distesa di dune sterminata e inospitale, dove d’estate la temperatura può toccare i 60 C° e l’umidità arrivare al 2%. In questa torrida distesa sabbiosa, una sera, fra i 130 e i 400 anni fa un lampo accecante illuminò il paesaggio, mentre quattro scie attraversavano il cielo e grandi massi incandescenti si schiantavano al suolo, fondendo all’istante la sabbia e lanciando schizzi ovunque, trasformandosi in una schiuma vetrosa. Una nube a fungo, simile a quella di un’esplosione nucleare si alzò nel cielo, mentre il calore immenso fuse le rocce e goccioline di vetro caddero come pioggia anche a centinaia di metri di distanza dagli impatti. Oggi in quel luogo, si trovano 3 crateri di 116, 64 e 11 metri, semisommersi dalle sabbie, testimoni di uno dei più recenti impatti meteorici avvenuti sul nostro pianeta. L’energia rilasciata dall’impatto è stimata in almeno 12 kiloton. La particolarità dell’evento che ha generato i crateri di Wabar è di essere avvenuto su un terreno sabbioso e privo di rocce in grado di generare una massa di vetro fuso circa 10 volte superiore a quella del corpo impattante. Le masse silicee prodotte dagli impatti meteorici possono assumere diverse forme, a seconda delle temperature, delle pressioni e delle vicissitudini alle quali sono sottoposte; lanciate in aria e proiettate a grandi distanze, compresse nel terreno dall’onda d’urto, mescolate ad altri materiali o praticamente pure, in colori neri, bianchi verdi e giallastri. Nel caso di Wabar, in prossimità dei crateri, si trovano impattiti di arenaria bianca, mescolata a clasti di vetro nero, mentre allontanandosi da questi, nella sabbia compaiono goccioline di lucido vetro nero, dalle forme più disparate, anche di pochi millimetri, chiamate dai popoli del deserto, “Lacrime di Fatima”. I vetri da impatto non sono quindi materiale extra-terrestre (ne potrebbero però contenere una percentuale), ma impattiti create da un grande meteorite che ha colpito la Terra. La loro straordinaria varietà mette tutt’oggi a dura prova le teorie degli scienziati e testimonia la nostra limitata conoscenza degli effetti dell’urto di oggetti ad alta velocità sulla Terra, che per sua natura offre terreni molto diversificati, dagli aridi deserti alle umide paludi. A complicare il tutto l’atmosfera che può comportare la disgregazione del meteorite ed il trasferimento dell’energia attraverso un’onda d’urto veicolata dall’atmosfera stessa.
TECTITI (Indociniti) a goccia e a disco conservate presso l’Osservatorio Monte Baldo.
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Il risultato del Superstacking applicato alle 27 versioni ottenute dallo ShaRA team del soggetto “Statua della Libertà” con dati raccolti in 4 canali LRGB + 3 NB, cui si sono aggiunti altri 3 RGB con pose da 60 secondi focalizzate solo sulle stelle; Telescopio remoto CDK24 ubicato in Cile, di proprietà di un membro del gruppo.
Il progetto ShaRA#12 ci ha portato a confrontarci con l’immagine di una nebulosa che si presta molto bene ad essere rappresentata sia in colori naturali RGB che in Hubble palette, ovverosia nella combinazioni di canali in banda stretta SHO (zolfo, idrogeno, ossigeno). Questa rappresentazione mette in evidenza le diverse componenti dei gas che compongono la nebulosa, e prende il nome dal telescopio spaziale Hubble, per cui è stata definita ed utilizzata le prime volte. La grande mole di dati necessari per realizzare l’immagine (4 canali LRGB + 3 NB, cui si sono aggiunti altri 3 RGB con pose più brevi per ricavare le stelle) è stata fornita al gruppo da uno dei membri, Vikas Chander, che l’ha raccolti tramite il suo telescopio da 60cm posto in Cile.
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Per questa nuova avventura, il Team ShaRA ha scelto di esplorare un oggetto celeste dell’emisfero australe, tanto affascinante quanto poco comune: la nebulosa planetaria “Uovo di Pettirosso”. Il suo nome deriva dall’aspetto delicato e colorato che richiama quello delle piccole uova azzurre/verdi deposte dai simpatici pettirossi.
di Aldo Zanetti, Alessandro Ravagnin e ShaRA Team
Indice dei contenuti
Il Target
L’uovo di pettirosso ottenuto dalla media pesata di 17 diverse elaborazioni, col processo di Superstacking inventato dal team ShaRA. Riprese fatte con il CDK24 di proprietà di un membro del gruppo e ubicato a Rio Hurtado in Cile.
L’immagine di partenza è stata acquisita da uno dei nostri membri attraverso il suo telescopio remoto situato in Cile, e condivisa con il resto del gruppo. Rispetto ai soliti progetti di team, questa volta abbiamo saltato a piè pari la fase iniziale (molto divertente e coinvolgente tra l’altro) di scelta del target avendo a disposizione questo bel set di dati e decidendo di adottare la Robin’s Egg come progetto ShaRA#11.3, parallelo al principale. Se qualcuno si stesse domandando che relazione c’è tra le varie fotografie che facciamo e la numerazione dei progetti ShaRA, ecco qua una veloce spiegazione: la numerazione principale XY (nel formato ShaRA#XY.Z) viene assegnata a ciascun nuovo progetto sviluppato secondo il workflow completo di ShaRA: proposta dei target da parte dei membri, votazione per selezionare il target principale, raccolta del budget, acquisizione dei dati, elaborazione collaborativa e creazione del superstack finale. Le eventuali “derivazioni” indicate con Z (ad esempio ShaRA#11.1, 11.2, o l’attuale 11.3) nascono invece come ramificazioni del progetto principale, spesso sviluppate nell’attesa di completarlo. In questi casi, ci dedichiamo a target secondari seguendo un processo più snello, in cui alcuni passaggi iniziali del workflow (come la fase di votazione o la raccolta budget) vengono talvolta saltati per ragioni pratiche o di opportunità. Ma vediamo quindi cosa è successo con ShaRA#11.3 e l’uovo del pettirosso…
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Sembra quasi un capolavoro astratto questa sorprendente ripresa del telescopio spaziale Hubble: forme, linee e colori creano un’esperienza visiva surreale. In realtà Kohoutek 4-55 è una nebulosa planetaria, localizzata a circa 4.600 anni luce di distanza da noi, nella Costellazione del Cigno. Si può dire che questa incantevole e variopinta nube rappresenti il canto del cigno di una stella medio-piccola, giunta ormai al termine della sua evoluzione. Quando una stella simile al Sole esaurisce il combustibile necessario per la fusione nel suo nucleo, si gonfia espandendosi in gigante rossa, inglobando potenzialmente nella sua atmosfera eventuali pianeti in orbita. In seguito sperimenta una rapida perdita di massa, sotto forma di veloci venti stellari, diventando sempre più calda via via che il nucleo rovente si contrae e rimane esposto per l’espulsione dei gusci atmosferici sovrastanti. A quel punto la cocente radiazione della stella esausta ionizza la massa gassosa espulsa, che continua ad espandersi gradualmente nello spazio. La luce ultravioletta assorbita energizza gli elementi gassosi del guscio attorno alla stella centrale, rendendoli brillanti e permettendoci così di ammirare una nebulosa planetaria dai colori vivaci. In questa ripresa in particolare, rosso e arancio rappresentano molecole di azoto, il verde evidenzia l’idrogeno e il blu l’ossigeno.
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Indagine sull’origine galattica dei raggi cosmici ad altissima energia tra scenari astrofisici avanzati e osservazioni gamma di nuova generazione.
ABSTRACT
Da oltre un secolo gli scienziati osservano una misteriosa “pioggia” di particelle altamente energetiche provenienti dallo spazio: i raggi cosmici. Nonostante siano oggetto di studio fin dal 1912, la loro origine rimane in parte sconosciuta, soprattutto per quelli con energie estreme, dell’ordine del petaelettronvolt (PeV). L’articolo ripercorre la storia della scoperta e analizza i principali candidati alla produzione di questi raggi, dalle supernove agli ammassi stellari ricchi di stelle massicce, esplorando il concetto di PeVatroni — oggetti astrofisici in grado di accelerare particelle fino a energie eccezionali. Un focus particolare è dedicato all’astronomia gamma, che consente di tracciare indirettamente i raggi cosmici attraverso l’osservazione dei fotoni ad altissima energia. Infine, si evidenzia il ruolo dei moderni strumenti osservative e dei modelli teorici più recenti, con uno sguardo al contributo dell’Instituto de Astrofísica de Andalucía (IAA) e delle prospettive offerte dalla nuova generazione di telescopi Cherenkov.
Raggi cosmici, cosa sono?
mosfera terrestre è continuamente bombardata da particelle invisibili ed estremamente energetiche, provenienti dallo spazio. Oggi queste particelle sono conosciute come raggi cosmici (RC), un flusso incessante di protoni (87%), nuclei di elio (12%) e, in piccola parte (<1%), nuclei più pesanti, elettroni e antimateria. Queste particelle arrivano da ogni direzione e coprono un impressionante intervallo di energie, che va da 109 eV fino a valori altissimi di 1021 eV. Per capire quanto siano estremi questi valori, possiamo fare due confronti: un fotone della luce visibile ha un’energia di circa 1-2 eV, ben un miliardo di volte meno dei RC meno energetici; mentre il Large Hadron Collider, l’acceleratore di particelle più potente mai costruito dall’uomo, può spingere fasci di protoni fino a ~7×1012 eV, ben cento milioni di volte meno rispetto ai RC più energetici mai osservati! Il flusso (Φ) di RC osservato in funzione dell’energia E (anche detto spettro) ha un andamento decrescente dettato da una legge di potenza, definita dal seguente andamento:
Φ ∝ Es
dove l’esponente s (generalmente denominato indice spettrale) è pari a -2.7 . Questa legge di potenza è osservata in un intervallo di energie che va da qualche decina di GeV (~1010 eV) fino a qualche PeV (1015 eV). A queste energie, si osserva una flessione nella legge di potenza che porta l’esponente ad essere -3.1. L’indice spettrale rimane così invariato fino ad energie di circa 1018 eV, dove si ha un nuovo cambiamento che riporta l’indice a -2.7. Lo spettro totale dei RC è mostrato in figura 1, e data la sua forma rassomigliante una gamba, ci si riferisce alla prima variazione dell’indice spettrale come “il ginocchio” mentre alla seconda come “la caviglia”. Queste caratteristiche dello spettro hanno una precisa interpretazione fisica: la presenza del ginocchio viene attribuita all’energia massima dei protoni accelerati da sorgenti che risiedono nella Via Lattea, mentre la caviglia viene associata al passaggio dai RC di origine galattica a quelli di origine extragalattica. Ma quali sono le sorgenti dei raggi cosmici? Qui le cose si complicano. Essendo particelle cariche, i RC non viaggiano in linea retta: lungo il loro cammino vengono deviati dai campi magnetici della nostra galassia e dello spazio intergalattico, rendendo il loro moto caotico e totalmente diffusivo. Questo significa che, quando li rileviamo sulla Terra, la loro direzione d’arrivo non ci dice nulla sulla loro origine, rendendo la ricerca delle sorgenti un vero rompicapo per gli astrofisici.
Fig.1 – Numero di raggi cosmici in funzione dell’energia (spettro) per unità di area, tempo ed angolo solido misurato da diversi esperimenti. Il flusso dei RC diminuisce all’aumentare dell’energia seguendo una legge di potenza con indice variabile la cui forma assomiglia a quella di una gamba. Si noti che, essendo il grafico in doppia scala logaritmica, la legge di potenza diventa una retta. I due principali cambiamenti dell’indice spettrale sono “il ginocchio” (a 1 PeV) e “la caviglia” (1000 PeV). Alle energie del ginocchio si hanno in media 1 particella all’anno per metro quadro, mentre per la caviglia il flusso crolla drasticamente a 1 particella all’anno per chilometro quadro. Crediti immagine: Evoli, C. (2020). The Cosmic-Ray Energy Spectrum. Zenodo. https://doi.org/10.5281/zenodo.4396125
Il Mistero dell’Origine dei Raggi Cosmici Galattici
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Raggi Cosmici e astronomia Gamma: il Ruolo dell’IAA-CSIC
L’Instituto de Astrofisica de Andalucia (IAA) è un centro di ricerca di eccellenza facente parte del Consejo Superior de Investigaciones Científicas. Al suo interno ci sono quasi 200 tra astronomi, astrofisici ed ingegneri che portano avanti l’obiettivo di approfondire la conoscenza del Cosmo. All’interno dell’IAA, il gruppo VHEGA (Very High Energy Group for Astrophysics) si occupa dello studio dell’astrofisica delle alte energie e dell’astronomia gamma. I ricercatori di VHEGA sono attivi sia sul lato teorico/osservativo che su quello sperimentale. Per quanto riguarda l’astrofisica teorica/osservativa, studiano ed interpretano le osservazioni gamma provenienti da varie sorgenti, i.e. dagli ammassi stellari a giovani stelle in formazione, fino ad arrivare a sorgenti più esotiche come le stelle di neutroni e le loro nebulose. Gli astrofisici di VHEGA studiano anche l’emissione di raggi gamma da sorgenti extragalattiche, come i nuclei galattici attivi: mastodontici buchi neri al centro di remote galassie che lanciano potenti getti, possibili fonti di raggi cosmici. Per quanto riguarda invece l’aspetto sperimentale, legato alle tecniche di ricostruzione delle immagini dei telescopi Cherenkov, il gruppo VHEGA si occupa di sviluppare e mantenere software open source che gestiscono sia la ricostruzione delle immagini dei telescopi IACT (algoritmi basati su tecniche innovative di machine learning), che l’analisi di dati ad alto livello per l’astronomia gamma. Questi software sono una delle colonne portanti del futuro CTAO, un osservatorio di raggi gamma composto da due array di telescopi IACT: uno posizionato nell’emisfero nord nell’isola di La Palma (e attualmente in costruzione) e l’altro nell’emisfero sud presso l’osservatorio del Paranal in Cile.
Il 23 novembre 2023, i rivelatori LIGO negli Stati Uniti hanno registrato un segnale gravitazionale eccezionale, successivamente denominato GW231123. Si tratta della fusione tra due buchi neri di massa insolitamente elevata: uno con circa 137 e l’altro con 103 masse solari. Il risultato finale è un buco nero di circa 225 masse solari, il più massiccio mai rilevato attraverso le onde gravitazionali. La scoperta, annunciata dalla collaborazione LIGO-Virgo-KAGRA (LVK), segna un punto di svolta nella nostra comprensione dell’evoluzione stellare e della formazione dei buchi neri.
Secondo le teorie attuali, i buchi neri originati dal collasso di stelle massive non dovrebbero superare una certa soglia, nota come “mass gap” (tra circa 60 e 130 masse solari). In questo intervallo, infatti, si prevede che le stelle esplodano completamente come supernove a instabilità di coppia, senza lasciare resti compatti. Eppure, GW231123 sembra contraddire questa aspettativa.
L’ipotesi più plausibile è che i due oggetti che si sono fusi non siano nati da stelle, ma siano a loro volta il frutto di precedenti fusioni tra buchi neri più piccoli. Questo processo, chiamato fusione gerarchica, implicherebbe un ambiente astrofisico estremamente denso, come l’interno di ammassi stellari globulari o dischi di accrescimento galattici, dove le collisioni tra buchi neri possono avvenire ripetutamente.
Un altro elemento che rende GW231123 fuori dal comune è l’elevatissima rotazione dei due buchi neri iniziali. Le analisi indicano che il primo ruotava con uno spin pari a circa 0,9, e il secondo attorno a 0,8 – valori vicini al limite massimo consentito dalla relatività generale.
Il segnale ha avuto una durata brevissima, appena 0,1 secondi, con una frequenza centrale di circa 90 Hz. Ciò è compatibile con due oggetti estremamente massicci che orbitano uno attorno all’altro a velocità estreme, prima di collassare in un unico corpo compatto. Per decifrare il segnale, è stato necessario utilizzare modelli teorici avanzati che includono la complessa dinamica gravitazionale di corpi in rapida rotazione.
Crediti: European Gravitational Observatory
Le parole dei ricercatori
Il professor Mark Hannam, astrofisico teorico presso l’Università di Cardiff e membro della collaborazione LVK, ha sottolineato l’eccezionalità dell’evento: “È il sistema di buchi neri più massiccio che abbiamo mai osservato con le onde gravitazionali, e rappresenta una vera sfida per la nostra comprensione della formazione dei buchi neri.”
Anche la ricercatrice Sophie Bini, post-dottoranda al Caltech, ha commentato: “Questo evento spinge la nostra strumentazione e le nostre capacità di analisi dei dati al limite di ciò che è attualmente possibile. È un esempio potente di quanto possiamo imparare dall’astronomia gravitazionale, ma anche di quanto ancora ci resta da scoprire.”
Il ricercatore Ed Porter, del laboratorio APC del CNRS di Parigi, ha aggiunto: “Scoperte come questa richiederanno anni di studio teorico per comprenderne pienamente l’origine. Il fatto che esistano buchi neri così massicci e così rotanti suggerisce che stiamo osservando l’universo in modi completamente nuovi.”
Gli strumenti della scoperta
La rivelazione è stata possibile grazie alla rete globale di interferometri gravitazionali composta da:
LIGO (USA), gestito da Caltech e MIT, con il supporto della National Science Foundation.
Virgo (Italia), ospitato dall’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO) e sostenuto da INFN, CNRS e Nikhef.
KAGRA (Giappone), gestito dall’ICRR dell’Università di Tokyo in collaborazione con NAOJ e KEK.
Il rilevamento è avvenuto durante la quarta campagna osservativa della collaborazione LVK, avviata nel maggio 2023. Il quarto ciclo (O4) è il più lungo e sensibile mai realizzato, e ha già portato alla rilevazione di centinaia di eventi, destinati a essere condivisi tramite il portale del Gravitational Wave Open Science Center (GWOSC).
Il segnale GW231123 sarà presentato ufficialmente alla conferenza GR24-Amaldi, che riunirà i principali esperti mondiali di relatività generale e onde gravitazionali a Glasgow, dal 14 al 18 luglio 2025. Il catalogo completo dei dati raccolti durante O4 sarà reso disponibile entro l’estate, permettendo alla comunità scientifica di analizzare liberamente i segnali.
Nel frattempo, l’annuncio di GW231123 apre un nuovo capitolo nello studio dei fenomeni cosmici estremi. Come ha sottolineato Viola Sordini, ricercatrice all’Istituto di Fisica dei Due Infiniti (IP2I) di Lione e vice portavoce della collaborazione Virgo: “Questa scoperta entusiasmante inaugura una nuova stagione di risultati, e molte altre rivelazioni sono attese nei prossimi mesi. L’obiettivo è continuare a esplorare l’universo attraverso il messaggio più primordiale che conosciamo: la gravità.”
A cura della rete CARMELO
(Cheap Amatorial Radio Meteor Echoes LOgger)
Mariasole Maglione (GAV, Gruppo Astrofili Vicentini)
Lorenzo Barbieri (Rete CARMELO e AAB, Associazione Astrofili Bolognesi)
Indice dei contenuti
Bollettino di Giugno
Introduzione
A giugno la rete CARMELO ha registrato un’attività meteorica in crescente intensità, e nella prima metà del mese ha rilevato un’attività compatibile con lo sciame diurno delle Arietidi (171 ARI).
I dati del mese di Giugno
I grafici che seguono sono tratti da questa pagina: nelle ascisse è rappresentato il tempo, che è espresso in UT (Universal Time, Tempo Universale) oppure in longitudine solare (Solar Longitude) e le ordinate rappresentano il tasso orario (hourly rate), calcolato come il numero totale di eventi registrati dalla rete nell’ora diviso per il numero di ricevitori in funzione.
In fig.1, l’andamento dei segnali rilevati dai ricevitori per il mese di giugno.
Fig. 1: Andamento nel mese di giugno 2025.
Le Arietidi
Le Arietidi (171 ARI) sono uno sciame meteorico attivo da metà maggio a metà giugno. Si tratta del più intenso sciame meteorico diurno (daytime shower) dell’anno: il suo massimo avviene quando il Sole è già alto nel cielo, rendendone l’osservazione visuale estremamente difficile, con meno di una meteora visibile all’ora. Le meteore delle Arietidi sono tuttavia ben rilevabili con strumentazione radio.
Il radiante dello sciame si trova nella costellazione dell’Ariete, in una posizione circa 4 gradi a sud-est della stella 41 Arietis. Le meteore sono generalmente rapide, con una velocità d’ingresso in atmosfera di circa 42 km/s, corrispondente a una velocità media rispetto ad altri sciami, non alta (1).
Nel 2025, lo sciame delle Arietidi ha mostrato una attività crescente tra il 3 e il 13 giugno, e anche la rete CARMELO ha rilevato un tasso orario compatibile con un picco giornaliero dello sciame tra le 11:00 e le 12:00 UT (fig. 2).
Fig. 2: Tasso orario tra l’1 e il 15 giugno 2025, con attività compatibile con il tracciamento dello sciame delle Arietidi.
Spegnimento del radar Graves
Dalla fig. 1 che mostra l’andamento del tasso orario di meteore rilevate dalla rete CARMELO salta all’occhio l’interruzione dell’11 giugno, tra le 7:00 UT e le 10:00 UT, ovvero tra le longitudini solari 80.28° e 80.40° (vedi fig. 3). Essa corrisponde a uno spegnimento del radar Graves in Francia, probabilmente causata da una manutenzione della stazione.
Fig. 3: Tasso orario tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 2025.
Durante lo spegnimento, durato circa tre ore, i ricevitori della rete CARMELO hanno registrato soltanto 4 eventi, tutti chiaramente identificabili come falsi positivi. In condizioni normali, nello stesso intervallo temporale, il sistema registra in media oltre 1000 eventi. Questo confronto porta a una considerazione interessante: se in assenza del segnale radar riceviamo solo 4 eventi spuri, significa che, in condizioni standard, circa il 99.6% delle registrazioni sono effettivamente meteore. Un risultato che conferma l’affidabilità del sistema di rilevamento automatico di CARMELO.
Bibliografia:
1Robert Lunsford (2025): Meteor Activity Outlook for 14-20 June 2025, eMeteorNews
Bollettino di Maggio
Introduzione
Nel mese di maggio la rete CARMELO non ha rilevato un’attività meteorica particolarmente intensa. All’inizio del mese si è verificato un picco, anche se non molto pronunciato, dello sciame delle Eta Aquaridi (ETA), nella notte tra il 5 e il 6 maggio. Segnaliamo inoltre il rilevamento di un outburst meteorico probabilmente legato alla cometa 73P/Schwassmann–Wachmann nei primi giorni di giugno.
I dati del mese di Maggio
I grafici che seguono sono tratti da questa pagina: nelle ascisse è rappresentato il tempo, che è espresso in UT (Universal Time, Tempo Universale) oppure in longitudine solare (Solar Longitude) e le ordinate rappresentano il tasso orario (hourly rate), calcolato come il numero totale di eventi registrati dalla rete nell’ora diviso per il numero di ricevitori in funzione.
In fig.1, l’andamento dei segnali rilevati dai ricevitori per il mese di maggio.
Fig. 1: Andamento nel mese di maggio 2025.
Le Eta Aquaridi
Le Eta Aquaridi (ETA) sono uno sciame meteorico attivo ogni anno tra metà aprile e fine maggio, con un picco di visibilità attorno al 6 maggio. Anche se meno appariscenti rispetto a sciami più noti, le Eta Aquaridi rivestono una certa importanza particolare per la loro origine: i frammenti che le compongono provengono dalla celebre cometa di Halley, la stessa che dà origine anche alle Orionidi di ottobre (1).
Il radiante dello sciame si trova nella costellazione dell’Acquario, nei pressi della stella Eta Aquarii, da cui prende il nome. Nelle nostre latitudini questo punto sorge poco prima dell’alba, intorno alle 3:30, rendendo le ultime ore della notte il momento più adatto per l’osservazione e la rilevazione. A causa della posizione bassa del radiante sull’orizzonte, il numero di meteore visibili in Italia è generalmente limitato a circa 30–40 l’ora. Nelle regioni australi, dove il radiante si alza molto di più sull’orizzonte, lo sciame offre invece uno spettacolo ben più intenso, con tassi orari allo zenit (ZHR) che possono superare le 50–60 meteore all’ora.
Le Eta Aquaridi si distinguono anche per l’alta velocità delle meteore, che possono raggiungere oltre 66 km/s. Questo rende le loro tracce nel cielo particolarmente luminose e persistenti, con scie che talvolta permangono per diversi secondi.
Nel 2025, il picco di attività dello sciame era atteso nella notte tra il 5 e il 6 maggio. La rete CARMELO ha registrato un’attività moderata, in particolare tra le 2:00 e le 5:00 del mattino del 6 maggio, dove il massimo conteggio è stato di 204 eventi alle 2:00 quando ancora il radiante era sotto l’orizzonte, e successivamente, nell’intorno dell’alba, si è aggirato tra i 170 e i 180 eventi, tra le longitudini solari 45.55° e 45.67°.
Fig. 2: Tasso orario tra il 5 e il 6 maggio 2025, con un’attività meteorica molto moderata.
Gli outburst del 31 maggio e 1 giugno
Il 6 giugno il Central Bureau for Astronomical Telegrams ha pubblicato il CBET 5561 (2), in cui si riportano due intensi outburst meteorici potenzialmente associati allo sciame minore delle Tau Herculids (61 TAH), generato da frammenti della cometa 73P/Schwassmann–Wachmann. Le osservazioni sono state condotte dal Croatian Meteor Network, che ha evidenziato due picchi ben distinti nel tasso orario di meteore, il secondo dei quali si è concluso bruscamente intorno alle 0:00 UTC del 2 giugno (longitudine solare 70.71°).
Quando una cometa come 73P/Schwassmann–Wachmann si frammenta (come è avvenuto in modo spettacolare nel 1995, con ulteriori rotture osservate nel 2006), rilascia materiale in grandi quantità: frammenti grandi e piccoli, polveri, e meteoroidi che vengono espulsi con velocità leggermente diverse tra loro. Queste differenze di velocità iniziale, anche minime, portano col tempo i meteoroidi a distribuirsi lungo l’orbita della cometa in modo non uniforme. Questo processo si chiama espansione differenziale: le particelle più veloci si allontanano in avanti, quelle più lente restano indietro. Dopo anni o decenni, queste “nuvole” si separano, generando pacchetti o filamenti che possono intersecare l’orbita terrestre in momenti precisi, dando luogo a outburst meteorici brevi ma intensi.
Nel caso della cometa 73P, diversi studi modellistici (3) hanno previsto che i detriti espulsi nei passaggi del 1995 e del 2006 — anni chiave per i suoi eventi di disgregazione — avrebbero potuto raggiungere la Terra intorno al 2022–2025. Il comportamento osservato in questi giorni è compatibile con l’arrivo di uno di questi filamenti di meteoroidi, confermando le simulazioni.
Osservando i dati della rete CARMELO, notiamo effettivamente un aumento del numero di echi meteorici rilevati tra l’1 e il 2 giugno, seguito da un improvviso calo proprio in corrispondenza alla longitudine solare 70.71° come indicato nel CBET.
Il radiante dello sciame associato alla cometa 73P transitava in meridiano proprio attorno a mezzanotte. Questo significa che al momento del calo non si era verificata alcuna variazione significativa nella geometria di osservazione. Il brusco calo dell’attività meteorica potrebbe quindi essere imputato alla cessazione del flusso di meteoroidi.
Fig. 3: Tasso orario tra la fine di maggio e l’inizio di giugno 2025.
Bibliografia:
(1) A. Egal et al. (2020): Activity of the Eta-Aquariid and Orionid meteor showers, Astronomy & Astrophysics, Vol. 640
(2) Two meteor shower outbursts with potential connection to comet 73P, Central Bureau for Astronomical Telegrams, CBET 5561
(3) A Egal et al (2023): Modelling the 2022 τ-Herculid outburst, The Astrophysical Journal, Vol. 949
(4) L. Barbieri et al. (2024): What CARMELO can observe, eMeteorNews, vol. 9, no. 4, p. 241-248
Bollettino di Aprile
Introduzione
Aprile è il primo mese primaverile a mostrare degli sciami meteorici prevalenti, come quello antico delle Liridi (LYR). Il picco di attività per il 2025 era previsto tra il 21 e il 22 aprile. La rete CARMELO ha osservato un’attività moderata, con un lieve aumento nella notte tra il 22 e il 23 aprile, all’orario in cui la Lira si trovava circa in meridiano.
I dati del mese di Aprile
I grafici che seguono sono tratti da questa pagina: nelle ascisse è rappresentato il tempo, che è espresso in UT (Universal Time, Tempo Universale) oppure in longitudine solare (Solar Longitude) e le ordinate rappresentano il tasso orario (hourly rate), calcolato come il numero totale di eventi registrati dalla rete nell’ora diviso per il numero di ricevitori in funzione.
In fig.1, l’andamento dei segnali rilevati dai ricevitori per il mese di aprile.
Fig. 1: Andamento nel mese di aprile 2025.
Le Liridi
Le Liridi sono uno sciame meteorico attivo ogni anno in aprile, con un picco solitamente attorno al 22 del mese. Si tratta di uno degli sciami più antichi mai osservati, e dello sciame con la più lunga documentazione storica continua, con osservazioni che risalgono almeno al 687 a.C. (1).
Il corpo progenitore è stato identificato nel XIX secolo nella cometa C/1861 G1 (Thatcher), che impiega circa 415 anni per compiere un’orbita attorno al Sole. Le meteore di questo sciame hanno come radiante la costellazione della Lira, vicino alla brillante stella Vega. Le Liridi si distinguono per la loro velocità (circa 49 km/s) e per la possibilità di produrre scie brillanti e persistenti in cielo.
Solitamente si possono vedere attorno alle 15–20 meteore all’ora, ma occasionalmente si sono registrati picchi molto più elevati, che si riteneva fossero associati alla vicinanza della cometa madre alla Terra. Tuttavia, studi condotti alla fine del XX secolo hanno smentito questa correlazione diretta e indicano che gli outburst potrebbero essere invece legati a risonanze dinamiche o a dense regioni di materiale all’interno della scia cometaria (1).
Uno degli eventi più intensi fu l’outburst del 1803, con un tasso orario stimato di circa 860, che suscitò grande interesse astronomico. Uno più recente avvenne nel 1982, quando si registrarono fino a 90 meteore/h (2).
Nel 2025 il picco delle Liridi era atteso nelle ore notturne tra il 21 e il 22 aprile. La rete CARMELO ha registrato un’attività moderata tra il 21 e il 23 aprile, con un tasso orario di rilevazioni maggiori il 23, e un picco massimo alle 01:00 UT del 23 aprile, alla longitudine solare 32.80°.
Fig. 2: Tasso orario tra il 21 e il 24 aprile 2025, con picco di attività meteorica il 23 aprile alla longitudine solare 32.80°.
La lacuna delle 6
Un’anomalia ricorrente nei dati raccolti dalla rete CARMELO, già riscontrata in passato con il sistema RAMBO, è il sistematico calo di meteore registrate attorno alle ore 6 locali in primavera, proprio quando ci si attenderebbe il massimo giornaliero teorico della frequenza meteorica.
Fig. 3: Tasso orario di meteore in funzione dell’ora del giorno, in prossimità dell’equinozio di primavera, che ci si aspetterebbe di osservare.
Questo fenomeno, da noi definito “la lacuna delle 6” (vedi fig. 4), rappresenta un apparente paradosso osservativo che trova una spiegazione interessante.
Fig. 4: A sinistra, andamento del tasso orario di eventi registrato da CARMELO nell’aprile 2025, con evidente la “lacuna delle 6”; in inverno; a destra, dati raccolti in inverno.
Secondo il modello sviluppato da Giovanni Schiaparelli nel 1867 (3), la quantità di meteore osservata non è costante nel corso della giornata né dell’anno, ma segue delle variazioni regolari. Questo accade per via del movimento combinato della Terra, che ruota su sé stessa e orbita attorno al Sole. Anche se le meteore arrivassero da tutte le direzioni dello spazio in modo uniforme (cioè con una distribuzione isotropa dei radianti), l’effetto combinato tra la velocità della Terra e quella delle particelle meteoritiche crea un’illusione di concentrazione: le meteore sembrano arrivare in numero maggiore da una direzione specifica nel cielo, detta apice del moto terrestre (vedi fig.5).
Questo punto attraversa ogni giorno la volta celeste con un movimento analogo a quello del Sole e raggiunge il meridiano locale attorno alle 6 del mattino (tempo solare vero), generando così un massimo giornaliero della frequenza osservata. Simmetricamente, il minimo si verifica attorno alle 18.
Fig. 5: Rappresentazione dell’apice del moto terrestre rispetto all’eclittica e alla posizione di un osservatore sulla Terra.
Nel corso dell’anno, l’apice percorre l’eclittica, oscillando in declinazione: raggiunge valori massimi in primavera e minimi in autunno. Proprio in primavera, quindi, l’apice si trova a quote elevate (70–80° sull’orizzonte) durante il suo transito meridiano mattutino.
Fig. 6: Andamento dell’altezza del radiante sopra l’orizzonte nel corso dell’anno.
Le antenne utilizzate nella rete CARMELO sono caratterizzate da una discreta direttività, ed essendo fisse hanno un guadagno massimo concentrato in una specifica porzione di cielo. In particolare, la zona in cui l’antenna ha più guadagno nel ricevere i segnali radio riflessi dalle meteore è generalmente su declinazioni comprese tra 30° e +40° rispetto all’orizzonte. Questo comporta il fatto che le antenne della rete hanno meno sensibilità per meteore che si verificano ad altezze molto elevate nel cielo. E di conseguenza, quando l’apice del moto terrestre culmina in cielo ad alte declinazioni (vedi fig.7), come in primavera ed alle ore 6, le meteore che arrivano da quella direzione vengono intercettate con meno efficacia, con una conseguente riduzione delle rilevazioni proprio nel momento in cui, secondo la geometria, ci si attenderebbe il massimo di attività.
L’effetto risulta più evidente in primavera per due motivi principali:
L’apice ha declinazioni più elevate.
Il contributo meteorico è dominato dalle sporadiche, che rendono più “pulito” l’andamento sinusoidale.
Fig. 7: Posizione dell’apice del moto terrestre in primavera e in autunno.
Marzo, come febbraio, è uno dei mesi meno attivi per quanto riguarda il passaggio di grossi sciami meteorici. In attesa del picco delle Liridi, previsto per la seconda metà di aprile, questo mese abbiamo concentrato la nostra attenzione su alcune considerazioni riguardanti il rumore radioelettrico.
I dati del mese di marzo
I grafici che seguono sono tratti da questa pagina: nelle ascisse è rappresentato il tempo, che è espresso in UT (Universal Time, Tempo Universale) oppure in longitudine solare (Solar Longitude) e le ordinate rappresentano il tasso orario (hourly rate), calcolato come il numero totale di eventi registrati dalla rete nell’ora diviso per il numero di ricevitori in funzione.
In fig.1, l’andamento dei segnali rilevati dai ricevitori per il mese di marzo.
Fig. 1: Andamento nel mese di marzo 2025.
Bollettino di Febbraio
Introduzione
Febbraio è uno dei mesi meno attivi dal punto di vista degli sciami meteorici. A differenza di gennaio, caratterizzato dal picco delle Quadrantidi, e di altri mesi con eventi più marcati, il periodo invernale centrale non presenta sciami di particolare rilievo. Tuttavia, l’osservazione radar permette di rilevare fenomeni altrimenti inosservabili, come i Daytime Showers, sciami meteorici il cui radiante è talmente vicino al Sole da non poter essere osservato con metodi ottici tradizionali. I dati raccolti dalla rete CARMELO nel mese di febbraio mostrano segnali compatibili con la presenza dello sciame delle χ-Capricornids (114 DXC).
I dati del mese di febbraio
I grafici che seguono sono tratti da questa pagina: nelle ascisse è rappresentato il tempo, che è espresso in UT (Universal Time, Tempo Universale) oppure in longitudine solare (Solar Longitude) e le ordinate rappresentano il tasso orario (hourly rate), calcolato come il numero totale di eventi registrati dalla rete nell’ora diviso per il numero di ricevitori in funzione.
In fig.1, l’andamento dei segnali rilevati dai ricevitori per il mese di febbraio.
Fig. 1: Andamento nel mese di febbraio 2025.
I Daytime Showers
I Daytime Showers sono sciami meteorici i cui radianti si trovano molto vicini alla posizione del Sole nel cielo, rendendoli impossibili da osservare con strumenti ottici. A differenza degli sciami notturni, che presentano radianti ben visibili sopra l’orizzonte nelle ore serali o notturne, i Daytime Showers possono essere rilevati quasi esclusivamente attraverso osservazioni radar (1, 2). I loro radianti si trovano tipicamente tra i 20° e i 30° a ovest del Sole e vengono identificati grazie alle tecniche di radio-forward scatter e radar.
L’assenza di osservazioni ottiche implica che le informazioni su questi sciami sono spesso limitate. Mentre gli sciami notturni più noti, come le Perseidi o le Geminidi, hanno tassi di attività ben documentati e parametri ben definiti, molti Daytime Showers restano ancora poco studiati. Alcuni di essi mostrano attività più elevate e sono stati rilevati anche da reti di video osservazioni, mentre altri hanno un’attività così debole da rendere difficile una loro caratterizzazione precisa.
Le osservazioni radar degli ultimi decenni hanno comunque permesso di mappare i principali sciami diurni e di riconoscerne l’attività in periodi specifici dell’anno. Tra i più noti (2) vi sono quello delle Arietids (171 ARI), attivo tra maggio e giugno (3), e quello delle Sextantids (221 DSX), attivo tra settembre e ottobre. Nel periodo invernale, invece, l’attività dei Daytime Showers è generalmente più bassa, con sciami minori che mostrano un’attività difficilmente distinguibile dal rumore di fondo.
L’analisi di questi sciami è però importante per comprendere meglio la distribuzione e le caratteristiche della popolazione di meteoroidi nel Sistema Solare. Sebbene la loro attività sia spesso inferiore rispetto agli sciami principali, il loro studio permette di affinare i modelli di flusso meteorico e migliorare la nostra comprensione della dinamica delle particelle interplanetarie.
Le χ-Capricornids (114 DXC)
Le χ-Capricornids (114 DXC) sono uno sciame meteorico diurno attivo tra il 29 gennaio e il 28 febbraio, con un massimo previsto intorno al 13 febbraio alla longitudine solare 324.5° (2). Questo sciame è stato individuato grazie a osservazioni radar, poiché la vicinanza del suo radiante al Sole ne impedisce la rilevazione ottica tradizionale. L’attività dello sciame è classificata come bassa, con una distribuzione di meteoroidi caratterizzata da masse ridotte e velocità relativamente basse.
Il radiante delle χ-Capricornids sorge intorno alle 6:30 e tramonta intorno alle 14:30 (ora locale in Italia), limitando così la finestra temporale utile per la loro osservazione radar. A causa della loro bassa attività, non si registrano aumenti significativi nell’intensità dei segnali radio né variazioni rilevanti nella durata degli echi rilevati. Tuttavia, le osservazioni condotte nel corso degli anni hanno mostrato che questo sciame è compatibile con i dati raccolti, suggerendo che una frazione delle meteore rilevate possa effettivamente appartenere alle χ-Capricornids.
Studi precedenti, tra cui quelli riportati da Jürgen Rendtel nel 2014 (2), indicano che la popolazione di meteoroidi appartenente alle χ-Capricornids potrebbe derivare da una sorgente progenitrice non ancora identificata con certezza. Il fatto che le meteore osservate abbiano una scarsa intensità e brevi echi radio suggerisce che i frammenti siano il risultato di un processo di erosione prolungato, piuttosto che di un evento di frammentazione recente.
I dati raccolti dalla rete CARMELO nel mese di febbraio mostrano segnali compatibili con la presenza del χ-Capricornids. Tuttavia, l’assenza di picchi significativi di intensità del segnale e di variazioni nella durata degli echi suggerisce che lo sciame, se effettivamente il segnale è presente, sia composto prevalentemente da meteoroidi di piccola massa e bassa velocità.
In fig.2, il rettangolo grigio evidenzia la finestra di visibilità del radiante sopra l’orizzonte in Italia.
Analizzando il tasso orario di eventi e la potenza massima del segnale (Max Power), si nota un’assenza di fluttuazioni marcate attorno al massimo atteso. Questo comportamento conferma la bassa attività dello sciame, ma la compatibilità dei dati con le previsioni suggerisce comunque che una parte delle meteore rilevate possa effettivamente appartenere al χ-Capricornids.
Fig. 2: Compatibilità delle osservazioni CARMELO con la presenza dello sciame delle χ-Capricornids.
Il Bollettino di Gennaio
Introduzione
Il mese di gennaio si apre con il picco delle Quadrantidi, che è lo sciame principale e dominante di tutto il mese, per il resto interessato solo dal passaggio di piogge minori. Il picco delle Quadrantidi si è verificato il 3 gennaio.
I dati del mese di gennaio
I grafici che seguono sono tratti da questa pagina: nelle ascisse è rappresentato il tempo, che è espresso in UT (Universal Time, Tempo Universale) oppure in longitudine solare (Solar Longitude) e le ordinate rappresentano il tasso orario (hourly rate), calcolato come il numero totale di eventi registrati dalla rete nell’ora diviso per il numero di ricevitori in funzione.
In fig.1, l’andamento dei segnali rilevati dai ricevitori per il mese di gennaio.
Fig. 1: Andamento nel mese di gennaio 2025.
Le Quadrantidi
Tra le piogge meteoriche annuali, le Quadrantidi di gennaio si distinguono solitamente per la loro intensità, raggiungendo picchi di attività compresi tra 60 e 200 meteore all’ora. Nonostante ciò, rimangono meno conosciute rispetto ad altri sciami più celebri, come le Perseidi o le Geminidi. La loro minore notorietà è dovuta anche al brevissimo picco di attività, che dura circa 24 ore.
Il radiante delle Quadrantidi si trova nella costellazione di Boote, in una posizione piuttosto bassa nel cielo settentrionale, tra la testa del Dragone e il timone del Grande Carro. Il nome deriva da Quadrans Muralis, un’antica costellazione creata nel 1795 dall’astronomo francese Jérôme Lalande che includeva parti del Boote e del Dragone, e che non rientra nella lista delle 88 costellazioni stilata dall’Unione Astronomica Internazionale (IAU) nel 1922 e pubblicata nel 1930 (1).
L’origine di questo sciame resta un argomento dibattuto. Nel 2003, a seguito di una campagna osservativa sui corpi minori del Sistema Solare, l’astronomo Peter Jenniskens trovò un possibile corpo progenitore delle Quadrantidi nell’asteroide Near Earth (196256) 2003 EH1, un’ipotesi che le renderebbe uno dei pochi sciami meteorici derivanti da un asteroide e non da una cometa, analogamente alle Geminidi di dicembre (2). Da allora, 2003 E1 è considerato il corpo progenitore più probabile delle Quadrantidi. Esso potrebbe essere a sua volta un frammento della cometa C/1490 Y1 , che è stata osservata da astronomi cinesi, giapponesi e coreani poco più di 500 anni fa, nel 1490 (3).
Quest’anno, il picco massimo delle Quadrantidi era previsto il 3 gennaio alla longitudine solare 283.2°, corrispondente alle 17 UT. A quell’ora tuttavia il radiante dello sciame si trovava troppo basso sull’orizzonte per un corretto rilevamento. La rete CARMELO ha rilevato la massima attività alle 3 UT del 3 gennaio alla longitudine solare 286.6°, quando il tasso orario è stato di 224, e il radiante delle Quadrantidi era alto in cielo a Nord-Est (fig.2, con evidenziate con i tratti neri in basso le ore del giorno in cui il radiante si trovava sufficientemente in alto sopra l’orizzonte per l’osservazione).
Fig. 2: Picco di massima attività dello sciame delle Quadrantidi il 3 gennaio rilevato alla longitudine solare 282.6°, e picco atteso a 283.2° quando il radiante era troppo basso sull’orizzonte.
La composizione delle Quadrantidi
Il grafico che segue in fig.3 è un confronto tra il tasso orario e la durata media degli echi meteorici nei giorni intorno al picco di attività delle Quadrantidi.
Si noti come i tre picchi del 3 e 4 gennaio nei due grafici siano molto diversi: il picco centrale, intorno alla longitudine solare 283° corrispondente alle ore 13 UT del 3 gennaio, ha echi molto più lunghi; la durata media raggiunge anche il mezzo secondo.
Fig. 3: Confronto tra il tasso orario e la durata media degli echi meteorici tra l’1 e il 6 gennaio.
Questa osservazione ci dice molto sulla composizione di questo sciame. Infatti, la durata di un’eco radio dipende dal tempo impiegato dalla meteora a dissolversi: quanto maggiore è il numero degli atomi ionizzati (ioni ed elettroni liberi), tanto più tempo dura il processo di deionizzazione. Il numero degli atomi ionizzati, o densità del plasma, è proporzionale all’energia cinetica dei corpi impattanti contro le prime molecole della ionosfera: più lo scontro è energetico, più atomi si disintegrano, e quindi più la radiometeora è densa.
Noi sappiamo che l’energia cinetica è data da: E = mv*v/2
e sappiamo che tutte le meteore appartenenti a uno stesso sciame viaggiano tutte alla stessa velocità v. Se ne deduce quindi che l’unico parametro che varia è m, cioè la massa.
Il grafico mostra quindi che lo sciame delle Quadrantidi può essere descritto come un cilindro avente all’esterno un “guscio” di meteore più piccole, e all’interno un filamento di meteore più grosse. Questa caratteristica è tipica degli sciami relativamente giovani (in tempi astronomici, ovviamente). Col trascorrere del tempo, infatti, questa composizione tende a cambiare, sia per l’effetto delle interazioni gravitazionali con i pianeti maggiori del Sistema Solare, sia per la pressione della radiazione solare che tende a spostare le particelle più massicce verso l’esterno dello sciame, generando quindi una conformazione non più simmetrica.
Da notare come nel grafico in basso in fig.3, il picco di aumento di densità verso la longitudine solare 284° (tra il 4 e il 5 gennaio) non sia un falso positivo, o un errore del sistema. Era presente anche al passaggio delle Quadrantidi nel gennaio 2023 e rilevato da CARMELO (4).
La strumentazione
La rete CARMELO è costituita da ricevitori radio SDR. In essi un microprocessore (Raspberry) svolge simultaneamente tre funzioni:
1) Pilotando un dongle, sintonizza la frequenza su cui trasmette il trasmettitore e si sintonizza come una radio, campiona il segnale radioelettrico e tramite la FFT (Fast Fourier Trasform) misura frequenza e potenza ricevuta.
2) Analizzando il dato ricevuto per ogni pacchetto, individua gli echi meteorici e scarta falsi positivi e interferenze.
3) Compila un file contenente il log dell’evento e lo spedisce ad un server.
I dati sono tutti generati da un medesimo standard, e sono pertanto omogenei e confrontabili. Un singolo ricevitore può essere assemblato con pochi dispositivi il cui costo attuale complessivo è di circa 210 euro.
Per partecipare alla rete leggi le istruzioni a questa pagina.
La rete CARMELO
La rete è attualmente composta da 14 ricevitori di cui 13 funzionanti, dislocati in Italia, Regno Unito, Croazia e USA. I ricevitori europei sono sintonizzati sulla frequenza della stazione radar Graves in Francia, pari a 143.050 MHz. Partecipano alla rete:
• Lorenzo Barbieri, Budrio (BO) ITA
• Associazione Astrofili Bolognesi, Bologna ITA
• Associazione Astrofili Bolognesi, Medelana (BO) ITA
• Paolo Fontana, Castenaso (BO) ITA
• Paolo Fontana, Belluno (BL) ITA
• Associazione Astrofili Pisani, Orciatico (PI) ITA
• Gruppo Astrofili Persicetani, San Giovanni in Persiceto (BO) ITA
• Roberto Nesci, Foligno (PG) ITA
• MarSEC, Marana di Crespadoro (VI) ITA
• Gruppo Astrofili Vicentini, Arcugnano (VI) ITA
• Associazione Ravennate Astrofili Theyta, Ravenna (RA) ITA
• Akademsko Astronomsko Društvo, Rijeka CRO
• Mike German a Hayfield, Derbyshire UK
• Mike Otte, Pearl City, Illinois USA
L’auspicio degli autori è che la rete possa espandersi sia quantitativamente che geograficamente, permettendo così la produzione di dati di miglior qualità.
Siamo felici di annunciare la seconda edizione dello StarParty dell’Associazione Astrofili Forca Canapine, l’evento più atteso del Sibillini AstroFest 2025, il festival nato per promuovere e proteggere l’incantevole territorio di Forca Canapine e del Comune di Arquata del Tronto , ancora oggi impegnato nella difficile ma tenace ricostruzione post sisma del 2016.
Sibillini StarParty 2025
Crediamo che la ricostruzione non debba solo riguardare case e strade, ma anche valori, bellezza e rispetto per il cielo notturno, un patrimonio fragile e prezioso che appartiene a tutti noi.
Invitiamo astrofili, appassionati, famiglie e curiosi a raggiungerci per una notte indimenticabile sotto le stelle, in uno dei cieli più bui e suggestivi dell’Italia centrale.
Porta il tuo telescopio o semplicemente la tua voglia di sognare guardando in alto.
Sotto la Via Lattea, tra le montagne ferite ma vive, costruiremo insieme una serata di bellezza, conoscenza e speranza.
SIBILLINI ASTROFEST
primo Festival dell’Astronomia dell’Associazione Astrofili Forca Canapine: il nostro “Sibillini AstroFest 2025”!
Questo evento straordinario è dedicato a rilanciare il cielo di Forca Canapine per tutti gli astrofili che già lo conoscono e a farlo scoprire a chi ancora non ha avuto il piacere di ammirarlo.
Un contributo per una rinascita sostenibile, sotto la luce delle stelle.
Il festival si articolerà in diverse attività imperdibili:
Mostra Fotografica: Una settimana dedicata ai lavori fotografici dei nostri soci, realizzati sotto il cielo dei Sibillini. Un viaggio visivo attraverso le meraviglie celesti.
Starparty: Due notti dedicate agli astrofili, con ospiti illustri del panorama scientifico e astro-fotografico nazionale. Preparati a vivere momenti indimenticabili sotto un cielo stellato.
Trekking Notturni: Emozionanti escursioni notturne con lezioni su miti e leggende del cielo, seguite da osservazioni astronomiche con i potenti strumenti messi a disposizione dai nostri soci.
Un appuntamento unico a cui sarà impossibile mancare.
Il programma dettagliato dell’iniziativa sarà presto disponibile.
L’evento ha già ricevuto il Patrocinio del Comune di Arquata del Tronto, del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e sarà presentato come iniziativa per la Carta Europea del Turismo Sostenibile.
Attached is our follow-up image of new Interstellar candidate NEOCP
A11pl3Z imaged a few minutes ago (02.5 July 2025, magn. 16.8 ) via
Spaceflux network (Australia station)
Cortesia di: OBS E. Guido, M. Rocchetto, J. Ferguson
TEL 0.35-m f/3.0 reflector + CMOS @Spaceflux
Potremmo trovarci di fronte a uno degli eventi astronomici più affascinanti del decennio: un oggetto misterioso, designato A11pl3Z, sta attraversando il nostro Sistema Solare a una velocità vertiginosa, e tutte le evidenze puntano verso un’origine interstellare. Se confermato, sarebbe soltanto il terzo oggetto noto proveniente da un altro sistema stellare a farci visita, dopo ‘Oumuamua nel 2017 e 2I/Borisov nel 2019.
Scoperto il 1 luglio 2025 dal telescopio ATLAS in Cile, A11pl3Z ha subito attirato l’attenzione degli astronomi per una caratteristica ben precisa: la sua orbita è iperbolica, e non chiusa come quella dei corpi legati gravitazionalmente al Sole. L’eccentricità dell’orbita — un parametro che ne misura la “curvatura” — è talmente elevata (tra 6 e 10 nelle prime stime) da rendere praticamente certo che il suo punto di partenza sia ben oltre i confini del Sistema Solare.
Attached is our follow-up image of new Interstellar candidate NEOCP A11pl3Z imaged a few minutes ago (02.5 July 2025, magn. 16.8 ) via Spaceflux network (Australia station) Cortesia di: OBS E. Guido, M. Rocchetto, J. Ferguson TEL 0.35-m f/3.0 reflector + CMOS @Spaceflux
Da dove viene e dove va?
Al momento della scoperta, A11pl3Z si trovava a circa 4,5 unità astronomiche dal Sole (una AU corrisponde alla distanza media Terra-Sole). Viaggia a circa 68 chilometri al secondo, una velocità più che sufficiente per sfuggire all’attrazione solare e proseguire il suo viaggio nella galassia. Gli astronomi stimano che raggiungerà il punto di massimo avvicinamento al Sole — il cosiddetto perielio — intorno al 29 ottobre 2025, quando passerà a una distanza di circa 1,35 AU, poco oltre l’orbita di Marte.
Il suo tragitto lo porterà quindi a sfiorare Marte (intorno al 3 ottobre) e a passare relativamente vicino alla Terra, a 2,4 AU, nel dicembre 2025. Infine, nei primi mesi del 2026 si avvicinerà a Giove, prima di scomparire nuovamente negli abissi dello spazio interstellare.
Una cometa da un altro sistema?
Anche se le prime osservazioni lo indicavano come un oggetto roccioso, negli ultimi giorni diversi strumenti — tra cui telescopi in Cile, alle Hawaii e negli Stati Uniti — hanno rilevato una tenue chioma, segno di un’attività simile a quella delle comete. Questo ha spinto il Minor Planet Center a classificare ufficialmente l’oggetto come cometa, con la designazione C/2025 N1 (ATLAS). Ma più interessante ancora è il fatto che ora sia stato inserito nel ristretto catalogo degli oggetti interstellari, come 3I/ATLAS.
A differenza dei suoi predecessori, però, A11pl3Z sembra essere molto più massiccio. Le stime attuali parlano di un diametro tra i 10 e i 20 chilometri, forse anche di più. Un colosso rispetto a ‘Oumuamua (che misurava circa 100–200 metri) e comparabile per dimensioni a comete ben note come la Hale-Bopp. Questo lo rende un candidato ideale per studi approfonditi: la sua attività potrebbe fornire informazioni preziose sulla composizione dei corpi formatisi attorno ad altre stelle.
Una scoperta condivisa tra professionisti e amatori
Questa scoperta è anche una storia di collaborazione tra astronomi professionisti e amatori. Dopo l’annuncio della scoperta da parte di ATLAS, l’astrofilo Sam Deen ha individuato alcune immagini precedenti (dette di “precovery”) in archivio, estendendo così l’arco osservativo e permettendo un calcolo più preciso dell’orbita. Altri appassionati hanno contribuito con conferme fotografiche e analisi preliminari, inclusi membri del British Astronomical Association Forum.
Cosa possiamo aspettarci?
Nei prossimi mesi, A11pl3Z sarà oggetto di intensa osservazione. La NASA, l’ESA e numerose istituzioni scientifiche stanno già pianificando campagne per raccogliere dati spettroscopici, termici e fotometrici, per cercare di rispondere ad alcune domande fondamentali: da quale sistema stellare proviene? È composto dagli stessi elementi delle comete solari? Potrebbe contenere molecole organiche complesse?
Anche se sarà difficile osservarlo a occhio nudo, i più fortunati potrebbero scorgerlo con strumenti amatoriali, soprattutto nei mesi autunnali.
Un messaggero da lontano
A11pl3Z è più di una curiosità astronomica: è un messaggero di altri mondi, un frammento di materia che ha viaggiato per milioni (se non miliardi) di anni prima di incrociare la nostra orbita. Oggetti come questo ci ricordano che il Sistema Solare non è un’isola, ma una piccola stazione lungo le rotte del grande oceano galattico.
Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01lug > 23:00 15 lug> 22:00 28 lug> 21:00
Il Cielo di Luglio si apre con una Luna già spettacolare e ricca di dettagli osservabili, mentre la costellazione dello Scorpione domina il meridiano serale accanto all’Aquila e al suo brillante Altair. Tre asteroidi della fascia principale—Pierretta, Eos e Thyra—raggiungono l’opposizione, offrendo occasioni di studio e ripresa. Da monitorare anche la nuova cometa C/2025 K1 ATLAS, visibile tra Pegaso e Volpetta. Sul fronte extragalattico, un mese vivace per le supernovae, con scoperte amatoriali e professionali che arricchiscono il cielo profondo. Un luglio dunque variegato, tra oggetti vicini e lontani, perfetto per ogni tipo di osservatore.
COSTELLAZIONI NEL CIELO DEL MESE DI GIUGNO 2025
Tra le costellazioni tipiche dell’estate boreale spicca quella dello Scorpione, protagonista indiscussa del cielo di luglio e agosto.
I principali eventi di Giugno 2025 (pubblicati nell’Almanacco 2025 vedi Coelum 271)
Data Ora Cosa Come
01/07/2025 5:46 Luna Nodo Discendente 02/07/2025 21:30 Primo Quarto 03/07/2025 19:12 Congiunzione Mercurio 04/07/2025 0:18 Terra Afelio 1,01664 AU 04/07/2025 0:23 Congiunzione Luna 04/07/2025 3:02 Congiunzione Venere 04/07/2025 6:22 Mercurio Max Elongazione Est 25.9° 04/07/2025 7:28 Mercurio Nodo Discendente 05/07/2025 4:28 Luna Apogeo 404625 km 07/07/2025 20:19 Congiunzione Luna 10/07/2025 22:36 Luna Piena 12/07/2025 8:14 Congiunzione Venere 13/07/2025 2:42 Saturno Stazionario Moto Retrogrado 14/07/2025 5:57 Congiunzione Venere 14/07/2025 14:32 Mercurio Afelio 0.46671 A.U. 15/07/2025 12:41 Luna Nodo Ascendente 16/07/2025 12:06 Congiunzione Luna 16/07/2025 12:28 Congiunzione Luna 18/07/2025 2:37 Ultimo Quarto 18/07/2025 6:46 Mercurio Stazionario Moto Retrogrado 20/07/2025 13:03 Congiunzione Luna 20/07/2025 15:04 Congiunzione Luna 20/07/2025 15:52 Luna Perigeo 368045 km 23/07/2025 6:21 Congiunzione Luna 24/07/2025 7:11 Congiunzione Luna 24/07/2025 21:11 Luna Nuova 25/07/2025 5:46 Congiunzione Luna 26/07/2025 22:23 Congiunzione Luna 28/07/2025 4:20 Massimo delle Delta Aquaridi 28/07/2025 10:30 Luna Nodo Discendente 28/07/2025 21:43 Congiunzione Luna 31/07/2025 8:27 Congiunzione Luna
TABELLE EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA
La seconda parte dell’articolo di Francesco Badalotti, dedicato alla Luna di Giugno, con la descrizione delle Congiunzioni e Occultazioni notevoli, le Falci Lunari, e la tabella delle effemeridi è disponibile per i lettori abbonati alla versione digitale o al cartaceo.
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LUNA
Nel mese di luglio, la Luna offre spettacolari opportunità osservative: dal Primo Quarto del 2 luglio fino al Novilunio del 24, passando per un Plenilunio visibile la sera del 10. Consigliate l’osservazione del bacino Nectaris e delle falci sottili a fine mese. Attenzione alle librations e agli orari ideali.
L’articolo completo dedicato alla Luna è a cura di Francesco Badalotti e disponibile QUI
ASTEROIDI – PICCOLI MONDI
Pierretta, Eos e Thyra offrono l’occasione perfetta per esplorare la varietà della fascia principale degli asteroidi. In opposizione a luglio, saranno facilmente osservabili con piccoli telescopi. Le loro caratteristiche orbitali e fisiche rivelano storie diverse: da frammenti basaltici a corpi S-type brillanti e regolari.
L’articolo completo sugli asteroidi del mese di Luglio è a cura di Marco Iozzi e disponibile QUI
COMETE
Scoperta il 24 maggio, la C/2025 K1 ATLAS è attesa al perielio fra qualche mese, quando dovrebbe trasformarsi in una discreta cometa. Per ora sarà una “preda” non facilissima, da cominciare a monitorare.
L’articolo completo sulle comete di Luglio è a cura di Claudio Pra e disponibile QUI
TRANSITI STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE
I Transiti maggiori nel nostro cielo della ISS International Space Station per il mese di Luglio a cura di Giuseppe Petricca disponibile QUI
SUPERNOVAE
Giugno si è rivelato un mese eccezionale per le scoperte amatoriali: due novae extragalattiche in M81 e M31 a cura del team Monte Baldo, seguite da tre supernovae scoperte da Cortini, Mazzucato e il programma ATLAS. Tra queste, la SN2025mvn avrebbe potuto essere la più luminosa dell’anno, se non fosse stata offuscata dalle polveri.
La rubrica completa sulle supernovae è a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini disponibile QUI
Scoperta il 24 maggio, la C/2025 K1 ATLAS è attesa al perielio fra qualche mese, quando dovrebbe trasformarsi in una discreta cometa. Per ora sarà una “preda” non facilissima, da cominciare a monitorare.
C/2025 K1 ATLAS
Nuova cometa scoperta a fine maggio dal sistema robotico ATLAS (Asteroid Terrestrial-Impact Last Allarm System). In prospettiva è un oggetto abbastanza interessante che al perielio, previsto per l’8 ottobre, dovrebbe brillare attorno all’ottava magnitudine. In quel momento però, per la vicinanza al Sole, non potremo assistere al suo picco. La perderemo anzi molto prima, a inizio settembre, per recuperarla in allontanamento all’astro diurno a fine ottobre. A luglio ci dovremo limitare a dare la caccia (come facciamo ormai da tempo) a un debole batuffolino che brillerà su valori non distanti dalla dodicesima magnitudine, osservabile in piena notte molto alto in cielo in spostamento dalla costellazione di Pegaso alla Volpetta. Il giorno 30 luglio la K1 ATLAS transiterà a poco più di un grado da M 27, la “Dumbbell Nebula”, una delle più belle nebulose planetarie del cielo. Momento da non farsi sfuggire per un’osservazione o un’immagine di effetto.
La cartina riporta il percorso della C/2025 K1 ATLAS in luglio. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.
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Le Comete del Mese di Giugno
Anche giugno sarà un mese di attesa per gli appassionati di comete, che dovranno attendere ancora un po’ per poter tornare ad osservare qualche “astro chiomato” discretamente luminoso, ovviamente al netto di novità inattese. Propongo quindi l’osservazione di una vecchia conoscenza che l’autunno scorso ha dato spettacolo prima di sparire tra l’intensa luce solare.
C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS
Ad ottobre 2024 si rese facilmente visibile ad occhio nudo risultando la più bella cometa dell’anno ed una delle migliori del nuovo millennio.La ritroviamoormai lontana quasi 4 U.A. dal dalla Terra, ridotta a un debolissimo batuffolo di magnitudine 13, che ne fa comunque uno degli oggetti più luminosi del periodo. A inizio mese si troverà non distante daAlbireo, la celebre stella doppia del Cigno, da cui si muoverà verso la Lira. Per osservarla e darle l’ultimo saluto avremo a disposizione l’intera seppur corta notte astronomica.
La cartina riporta il percorso della C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLASin giugno. Le stelle più deboli sono di magnitudine 11.
Le Comete del Mese di Maggio
Il quinto mese dell’anno ci riserva il passaggio al perielio di quel che resta di cometa promettente che, prima di andare in frantumi, sembrava poter movimentare le nottate degli appassionati.
C/2025 F2 SWAN
La C/2025 F2 SWAN, come si deduce dal nome, è una scoperta recentissima avvenuta il 23marzograzie alle riprese della camera SWAN montata a bordo della sonda solare SOHO. La cometa, che finalmente sembrava poter interrompe un periodo poverissimo di oggetti anche solo deboli, sarà al perielio il primo maggio quando transiterà a circa 50 milioni di chilometri dal Sole. In quel momento gli esperti prevedevano un picco di luminosità tra la quarta e la quinta magnitudine, valore che l’avrebbe teoricamente resa visibile ad occhio nudo. Considerando le sfavorevoli condizioni prospettiche però ben difficilmente ciò sarebbe avvenuto. In ogni caso uno strumento modesto avrebbe reso possibile la sua osservazione. Invece a metà aprile, dopo che nei giorni precedenti la luminosità era aumentata grazie ad un outburst, la SWAN ha cominciato a perdere luminosità, oltre che la coda, ed a mostrare un nucleo allungato, segno del disgregamento in atto. A questo punto quel che si osserverà al perielio è ben lontano dalle iniziali aspettative ed anzi, sarà quasi sicuramente molto difficile poter individuare i frammenti della cometa.
Chi vuol comunque provare ad osservarla tra la fine di aprile e l’inizio di maggio dovrà indirizzare i propri strumenti verso l’orizzonte di nord ovest non appena il cielo è sufficientemente buio. l’”astro chiomato” si troverà ad una manciata di gradi dall’orizzonte ed in procinto di tramontare. Il 2 maggio transiterà un grado e mezzo a nord delle Pleiadi. Con il trascorrere dei giorni la sua scomparsa sotto l’orizzonte sarà sempre più anticipata tanto che dopo i primissimi giorni di maggio, a meno di exploit imprevedibili, l’oggetto è da considerare perso tra le luci del crepuscolo serale.
La cartina riporta il percorso della C/2025 F2 SWAN in maggio. Le stelle più deboli sono di magnitudine 7,5.Dati dello scatto sulla foto.
C/2021 G2 ATLAS
Dopo una cometa luminosa passiamo ad una debolissima, già proposta il mese scorso, da puntare con strumenti obbligatoriamente di grosse dimensioni. Stiamo parlando della C/2021 G2 ATLAS, di passaggio tra le stelle della Bilancia appena più in alto di Zubenel Shamali, la stella Beta della costellazione. L’orario più appropriato per l’osservazione coincide con il suo passaggio al meridiano, in piena notte a inizio mese ed attorno a mezzanotte a fine periodo. La luminosità continuerà ad essere molto bassa, vicina alla quattordicesima magnitudine. Per sperare di percepirla in visuale, oltre ad avere sopra la testa un cielo molto buio, dovremo forzare gli ingrandimenti, specie in caso il bersaglio si presenti sufficientemente puntiforme.
La cartina riporta il percorso della C/2021 G2 ATLAS tra la fine di aprile e inizio maggio. Le stelle più deboli sono di magnitudine 13,5.
Finiamo con la notizia di un’altra scoperta, quella della C/2025 A6 Lemmon che allieterà l’autunno degli appassionati dato che ad ottobre, secondo le previsioni, raggiungerà l’ottava magnitudine. Di quest’oggetto avremo ovviamente modo di riparlarne in maniera approfondita più avanti.
Le Comete del Mese di Aprile
NESSUNA NUOVA DA OORT
Continua il periodo di magra in campo cometario, in cui occorre letteralmente inventarsi qualche obbiettivo. La proposta mensile, una sfida davvero tosta, è dunque rivolta ai cacciatori di comete molto determinati che possiedono uno strumento di grande diametro e un cielo molto buio.
C/2021 G2 ATLAS
La scoperta della C/2021 G2 ATLAS risale all’aprile del 2021 da parte del sistema ATLAS (Asteroid Terrestrial-Impact Last Alert System). Da tempo transitata al perielio non è di certo un oggetto esaltante, soprattutto considerando la sua debolissima luminosità che si attesta tra la tredicesima e la quattordicesima magnitudine. Purtroppo la mancanza di “astri chiomati” luminosi ci costringe a ripiegare su comete estreme, che però hanno il fascino della sfida osservativa. Chi l’accetta dovrà puntare il suo strumento tra le stelle della Bilancia poco prima che il cielo schiarisca, non distante da Beta Librae, stella di 2,61 magnitudini. L’obbiettivo risulterà un osso molto duro in visuale, mentre risulterà più abbordabile per degli astrofotografi.
La cartina riporta il percorso della C/2021 G2 ATLAS in aprile. Le stelle più deboli sono di magnitudine 14.
Le Comete del Mese di Marzo
OCCHIO ALL’OUTBURST
In attesa di auspicabili novità dedichiamo anche questo mese lo spazio comete alla 29/P Schwassmann-Wachmann, la “cometa degli outburst”. Nome confermato dall’ennesimo “botto” di febbraio.
29P/Schwassmann-Wachmann
Come il mese scorso si trova nel Leone vicina a Subra, magnitudine 3,5, stella Omicron della costellazione. La sessione osservativa potrà essere anticipata rispetto a febbraio, dato che già dopo cena potremo trovarla piuttosto alta in cielo. Resterà comunque visibile per molte ore. Ricordo che l’”astro chiomato, nei momenti di normalità, brilla attorno alla quindicesima magnitudine mentre nei suoi frequenti outburst raggiunge spesso l’undicesima/dodicesima magnitudine. Verso metà febbraio l’ultimo dei tanti eventi l’ha portata a brillare un po’ sopra l’undicesima magnitudine. Va quindi osservata da subito per monitorare l’evolversi di quest’ultimo episodio e chissà, magari seguirne uno nuovo. Ribadisco infine che anche un’osservazione negativa è utile, testimoniando che la cometa è in un momento tranquillo.
La cartina riporta il percorso della 29Pinmarzo. Le stelle più deboli sono di magnitudine 12,5.
La Cometa
Un oggetto piuttosto enigmatico del nostro Sistema Solare, la cometa 29P/Schwassmann-Wachmann si distingue per il suo comportamento insolito. Scoperta nel 1927 dagli astronomi Arnold Schwassmann e Arno Arthur Wachmann, questa cometa è un membro della famiglia delle centaure, corpi ghiacciati in orbita tra Giove e Saturno. A differenza delle comete periodiche classiche, la 29P non sviluppa una coda spettacolare avvicinandosi al Sole, ma manifesta improvvisi e violenti outburst, eruzioni di gas e polveri che la rendono un oggetto di grande interesse per gli astronomi.
Le Comete del Mese di Febbraio
C/2024 G3 ATLAS, LA COMETA “DIURNA”
Oltre alla proposta mensile, una debole ma interessantissima cometa davvero peculiare, tracciamo un bilancio sul passaggio di una cometa sorprendente, che in gennaio ha messo in fibrillazione gli appassionati.
29P/Schwassmann-Wachmann
In mancanza di soggetti più luminosi concentriamoci su una vecchia conoscenza che periodicamente (almeno una volta all’anno ma spesso più volte) è interessata da outburst che portano spesso la sua luminosità dalla quindicesima all’undicesima/dodicesima grandezza. Si tratta dunque di un target non semplice in visuale, ma nemmeno impossibile nei momenti di maggior luminosità, a patto di possedere un telescopio di almeno 15/20 cm di diametro e di osservare sotto un cielo preservato dall’inquinamento luminoso. Ovviamente gli outburst avvengono inaspettatamente e quindi, a meno di non esserne anticipatamente informati consultando ad esempio il sito seiichiyoshida’s homepage, l’osservazione potrebbe rivelarsi infruttuosa. Non del tutto però, perché tenere monitorata una cometa è sempre utile per la comunità di appassionati. E poi chissà, potremo magari essere i primi a diffondere la notizia di un nuovo outburst. L’ultimo evento si è verificato abbastanza recentemente, nei primi giorni di gennaio 2025. La 29P si muoverà entro i confini del leone, poco sotto Regolo, raggiungendo la massima altezza in piena notte. Sarà però osservabile anche qualche ora prima o dopo. Chi vuole intraprendere la sfida?
La cartina riporta il percorso della 29P in febbraio. Le stelle più deboli sono di magnitudine 12,5.
C/2024 G3 ATLAS
In chiusura parliamo del notevole exploit della C/2024 G3 ATLAS, passata al perielio il 13 gennaio transitando a soli 14 milioni di chilometri dal Sole. Un po’ snobbata dagli esperti sia per le pessime condizioni prospettiche previste che per la sua probabile disgregazione, si è invece rivelata un notevolissimo oggetto osservato da alcuni astrofili in pieno giorno a una manciata di gradi di distanza dalla nostra stella. Io stesso, nella tarda mattinata del giorno del transito al perielio, sono riuscito a scovarla a soli 6° dall’astro diurno con un binocolo 25×100 poco prima che il sole comparisse da dietro la montagna che schermava la sua luce. Testa minuscola e accenno di codina, risaltava comunque bene nel piccolo strumento. L’ho riosservata in circostanze leggermente migliori un paio di giorni dopo nel cielo aranciato del tramonto. Successivamente, dall’ Emisfero Australe, è risultata visibile in condizioni migliori trasformandosi in uno splendido oggetto che sembrerebbe in fase di disgregazione. Quel che gli esperti temevano succedesse al perielio si sarebbe dunque verificato leggermente in ritardo. Pur mettendocela tutta la G3 ATLAS sembrerebbe quindi non avercela fatta. In eredità, se ciò fosse confermato, lascerà il bellissimo ricordo della sua visione diurna, cosa assai rara.
Le Comete del Mese di Gennaio
ADDIO ALLA COMETA INCOMPIUTA
Primo mese dell’anno in cui daremo l’addio alla più bella cometa del 2024, che per qualche mese ci ha tenuto compagnia dando spettacolo lo scorso ottobre. Una cometa però incompiuta, vuoi per il meteo sfavorevole che per la presenza della Luna nel momento del suo massimo splendore, che ricorderemo con qualche rimpianto per quello che poteva essere e non è stato. Gli osservatori australi sonoinvece in allerta per il passaggio al perielio della C/2024 G3 ATLAS, che avverrà il 13 gennaio circa 13 milioni di chilometri circa dal Sole. In molti, a causa della piccola distanza dalla nostra stella, predicono la sua disintegrazione. Se però dovesse passare indenne potrebbe regalare emozioni a noi purtroppo precluse.
C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS
La Tsuchinshan-ATLAS sarà rintracciabile nell’Aquila, non distante da Altair, la stella Alfa della costellazione. Osservabile inizialmente meglio non appena fa buio, da metà mese sarà posizionata più favorevolmente al mattino un po’ prima dell’alba. Dalla decima magnitudine di inizio gennaio il suo ulteriore allontanamento la porterà ben presto su valori superiori, ponendo fine alle osservazioni con piccoli strumenti. Chi dispone invece di telescopi più importanti potrà continuare a seguirla ancora per un po’.
La cartina riporta il percorso della C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLASingennaio. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9,5.
Le Comete del Mese di Dicembre
NATALE SENZA UNA COMETA LUMINOSA
Fine anno senza grandi brividi, con la C/2023 Tsuchinshan-ATLAS ormai ai confini dell’anonimato e il ritorno di una modesta periodica.
C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS
Sempre più lontana e ormai un pallido ricordo dello splendido aggetto che ad ottobre ha calamitato su di sé tutta su l’attenzione, a inizio mese sarà comunque ancora la cometa più luminosa del cielo brillando di una discreta ottava magnitudine, che scenderà alla decima a fine mese. Sarà rintracciabile entro i confini dell’Aquila, non troppo distante da Altair, la stella alfa della costellazione, osservabile in prima serata inizialmente ancora piuttosto alta in cielo ma gradualmente sempre più bassa con il passare dei giorni.
La cartina riporta il percorso della C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS in dicembre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.
333P/LINEAR
Periodica piuttosto recente, (la sua scoperta risale al novembre del 2007da parte del progetto LINEAR, Lincoln Near Earth Asteroid Research), con un periodo di circa otto anni e mezzo. Il 29 novembre è transitata al perielio ma raggiungerà la massima luminosità il 9 dicembre, quando passerà nel punto più vicino alla Terra brillando attorno alla nona magnitudine. Il suo calo nel periodo seguente sarà piuttosto rapido portandola a fine mese già oltre la decima grandezza. Dai Cani da Caccia raggiungerà il Cigno, “percorrendo” circa 90° in cielo. Per gran parte del mese sarà circumpolare, inizialmente osservabile alta in cielo prima dell’alba. Ben presto occorrerà però cercarla dopo il tramonto all’inizio della notte astronomica.
La cartina riporta il percorso della 333P/LINEAR in dicembre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 7,5.
Le Comete del Mese di Novembre
C/2024 S1 ATLAS si è disintegrata
L’oggetto, una cometa appartenente alla famiglia Kreuz Sungrazer scoperto a fine settembre, ha dato segni di sofferenza nel suo avvicinamento al Sole ed è sembrato già in fase di disgregazione ancora prima di raggiungere il perielio il 28 ottobre, quando sarebbe transitato ad una distanza di appena 1,2 milioni di km. Dopo alcuni outburst che ne hanno innalzato la luminosità (segnali dell’instabilità del nucleo) arrivata vicina al sole si è disgregata completamente come hanno testimoniato le immagini della Camera Lasco a bordo della Sonda Soho. Niente da fare dunque per una possibile cometa luminosissima una volta uscita dalla congiunzione solare. Ricordo che le Kreuz Sungrazer, comete originatesi dalla frammentazione di un corpo più grande con un’orbita che le porta a sfiorare il Sole, molto spesso, come in questo caso, vengono disintegrate dalla nostra stella. Se però sopravvivono possono rivelarsi luminosissime offrendo spettacoli indimenticabili.
LA TSUCHINSHAN-ATLAS SE NE VA
Dopo il perielio di fine settembre e il passaggio nel punto più vicino alla Terra il 12 ottobre la C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS prende decisamente la via dell’abisso dalla quale è venuta, affievolendosi sempre più. Una seconda cometa luminosa, su cui si riponeva qualche speranza, si è invece uscita disintegrata dall’incontro con il Sole.
Nell’immagine catturata dalla Sonda Soho della NASA la coda della cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS ha occupato la visuale dell’Osservatorio solare ed eliosferico il 10 ottobre 2024. Crediti: ESA/NASA
C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS
Dopo essere risultata la grande protagonista di ottobre, mese in cui ha attirato su di sé tutte le attenzioni, in novembre, pur in allontanamento, sarà ancora un oggetto molto interessante e sicuramente da seguire. Dall’Ofiuco si sposterà verso l’Aquila, risultando osservabile comodamente in prima serata ad una buona altezza. La sua luminosità varierà da un’ancora ottima quinta magnitudine a inizio mese fino attorno all’ottava a fine novembre. Insomma, sarà sostanzialmente l’ultimo mese in cui dovrebbe mostrarsi facilmente, con le osservazioni che dovranno essere condotte soprattutto nella prima parte del mese e poi nell’ ultima decade, quando la Luna non disturberà con la sua ingombrante presenza.
Pur tra tante avversità (meteo sfavorevole, presenza della Luna e modesta elongazione dal Sole nel momento topico) la Tsuchinshan-ATLAS ha dato un bello spettacolo e rimarrà nei ricordi di quanti l’anno osservata. Per un bilancio più approfondito sulla sua apparizione vi rimandiamo alla rubrica pubblicata sul prossimo numero di Coelum.
La cartina riporta il percorso della C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS in novembre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 7.
La Cometa del Mese di Ottobre
Ottobre è il mese della C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, che avrà tutti gli occhi addosso nella speranza che ci possa regalare un grande spettacolo.
Le ultime notizie e le prime foto, soprattutto quelle provenienti dall’emisfero australe, fanno ben sperare e descrivono un oggetto in salute che da metà mese non dovrebbe mancare di attirare l’attenzione di tutti, appassionati e non. Non sappiamo se sarà la “cometa del secolo”, come è stata frettolosamente soprannominata da stampa, TV e social, che come sempre cercano di attirare l’attenzione sulla pelle della corretta informazione astronomica.
Noi restiamo cauti preferendo osservare gli eventi prima di dare giudizi. Nei primi giorni del mese la situazione prospettica ricalcherà quella di settembre, volgendo però al peggioramento, con l’elongazione cometa-Sole in diminuzione. Sarà quindi difficile poter scorgere la Tsuchinshan-ATLAS nel chiarore dell’alba, a meno che non raggiunga una magnitudine negativa davvero notevole. Pur monitorando attentamente la situazione e contando su una coda molto sviluppata (che sorgendo prima potrebbe fare capolino in un cielo più buio), occorrerà aspettare la seconda decade di ottobre perché la situazione migliori. Il rapido allontanamento della cometa dalla nostra stella ci permetterà infatti di scrutarla in condizioni decisamente migliori, disturbata però dal chiarore lunare.
Dopo essere transitata al perielio il 29 settembre il giorno 12 passerà alla minima distanza dalla Terra (meno di settanta milioni di chilometri) raggiungendo probabilmente la massima luminosità, con la magnitudine picco che rimane però molto incerta. Nel peggiore dei casi dovrebbe comunque brillare di prima/seconda grandezza, ma qualche previsione è molto più ottimistica ed è a questo che le nostre speranze si legano. Se fino al giorno 10 le osservazioni andranno programmate a ridosso dell’alba, dopo questa data sarà invece visibile dopo il tramonto, sempre più alta in cielo. Da metà mese dovrebbe gradualmente cominciare ad affievolirsi, mantenendosi però anche a fine periodo attorno alla quinta magnitudine e dunque visibile ad occhio nudo. Nell’ultima decade di ottobre la Luna toglierà finalmente il disturbo permettendoci di osservarla finalmente in condizioni ideali.
L’ “astro chiomato”, il giorno 15, verrà a trovarsi a metà strada tra il luminoso ammasso globulare del Serpente M 5 e la cometa 13P/Olbers, con i tre oggetti contenuti in circa tre gradi. Purtroppo la Luna disturberà alquanto le osservazioni. Il giorno 27, in condizioni ideali, la Tsuchinshan-ATLAS passerà invece molto vicina a NGC 6426, un debole globulare di mag. 11,1.
La cartina riporta il percorso della C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS in ottobre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 6.
Per finire vi riporto una mia osservazione del 29 settembre, quando all’alba ho raggiunto i 2239 metri di Passo Pordoi. In condizioni ideali di trasparenza ma davvero molto critiche sotto l’aspetto della prospettiva (oggetto alto un paio di gradi ed osservabile con cielo ormai molto chiaro), l’ho avvistata in un binocolo 20×90. Testa stellare attorno alla seconda mag. e accenno di coda leggermente allargata.
Tsuchinshan-ATLAS il 29 settembre. Crediti dell’autore Claudio Pra
La Tsuchinshan-ATLAS negli scatti dei lettori in PHOTOCOELUM
La cometa Tsuchinshan-ATLAS di Filippo GalatiCometa Tsuchinshan-ATLAS tra le nuvole di Paolo BardelliLa Cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS dall’Emilia di Alessandro Carrozzi
Dopo tanta attesa eccoci al momento della verità. A fine settembre, nel chiarore dell’alba, fa capolino sull’orizzonte orientale laC/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS. In quei giorni il Sole tenterà di nascondercela, “liberandola” dalla sua luce solo verso metà ottobre. Pur in condizioni critiche la situazione andrà comunque monitorata.
C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS
L’appuntamento tanto atteso è arrivato. Pur essendo ottobre il mese nel quale potremo seguirla al meglio, già gli ultimi giorni di settembre (pur tra tanti limiti prospettici) ci lasciano qualche speranza di poter “sbirciare” la C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS immersa tra le luci del crepuscolo nautico mattutino, meglio osservabile dalle regioni meridionali, che raggiungerà il perielio il giorno 27 per poi cominciare l’allontanamento dal Sole avvicinandosi però nel contempo alla Terra. La sua luminosità, quella rivista dopo il primaverile calo di attività che potrebbe ridimensionarla (ma sul tema non tutti gli esperti sono concordi) la indica in quei giorni attorno alla seconda/terza grandezza, mentre la coda, ma solo se ben sviluppata, anticipando la levata della chioma potrebbe essere rilevabile in un cielo più buio. Tenendo in considerazione l’imprevedibilità delle comete e i disaccordi sulla curva di luce la situazione merita di essere tenuta sotto stretto controllo. Monitoriamo dunque l’orizzonte orientale, che dovrà obbligatoriamente presentare un cielo limpidissimo ed un’estensione molto ampia, prima del sorgere del Sole. Potremo essere ripagati della levataccia con uno spettacolo imprevedibile.
La cartina riporta il percorso dellaC/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS negli ultimi cinque giorni si settembre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 7.
13P/Olbers
Di fronte alla Tsuchinshan-ATLAS la povera 13P passa in secondo piano, sia per la modesta luminosità che per il lungo periodo nel quale abbiamo seguito la sua evoluzione. Ormai in allontanamento e sempre piuttosto bassa in cielo, risulterà osservabile all’inizio della notte astronomica in spostamento dalla chioma di Berenice alla Vergine “brillando inizialmente di nona magnitudine, che si trasformerà in decima a fine mese. Settembre sarà il mese dei saluti in attesa del prossimo appuntamento fissato tra circa settant’anni.
Cartina della 13P Olbers. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10
Cartina della 13P Olbers. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10
Le Comete del Mese di Agosto
OLBERS IN ALLONTANAMENTO
Agosto ci propone solo la modesta 13P/Olbers, in attesa che settembre ci porti l’attesissima C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS.
13P/Olbers
Ormai in deciso allontanamento con conseguente calo di luminosità, a inizio mese dovrebbe ancora brillare di una non disprezzabile ottava magnitudine, che diventerà nona a fine agosto. Dall’Orsa Maggiore la cometa si trasferirà nella Chioma di Berenice, osservabile all’inizio della notte astronomica piuttosto bassa sull’orizzonte. Notevoli alcuni suoi incontri con oggetti deep-sky, a cominciare dal giorno 18 quando si troverà tra la galassia ellittica NGC 4494 (mag. 9,8) e la magnifica galassia a spirale vista esattamente di taglio NGC 4565 (mag. 9,7).La Luna quasi piena renderà però l’osservazione praticamente impossibile. Il 25, in condizioni migliori, la 13P passerà a circa mezzo grado dalla Galassia “Occhio Nero”, ovvero M 64 (Mag. 8,4). Infine il 31, finalmente senza disturbo lunare, si troverà a passare a meno di un grado o mezzo dai due globulari M 53 (mag. 7,5) e NGC 5053 (mag. 9,9).
Cartina della 13P Olbers. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10
Infine ancora due parole sulla C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, ormai scomparsa dai nostri cieli in attesa di ricomparire in autunno. Del suo calo di attività abbiamo già ampiamente parlato. Di nuovo c’è l’ipotesi che il nucleo si sia spezzato. Di questo hanno parlato alcuni esperti che però hanno subìto pronte repliche di altri colleghi assolutamente contrari alla tesi, che non vedono invece segni di cedimento. Ovviamente una frammentazione del nucleo metterebbe fine ad ogni speranza di assistere ad ottobre a quello spettacolo che stavamo pregustando da tempo, già messo in parte in discussione dal ridursi dell’emissione di polveri. Ormai scomparsa tra la luce del Sole dovremo obbligatoriamente attendere per capire la reale evoluzione di questo oggetto, già impropriamente battezzato dalla stampa non specializzata e dai media come “la cometa del secolo”. La nostra speranza, purtroppo un po’ al ribasso e sperando di essere smentiti, è di poter almeno assistere al passaggio di un bel “astro chiomato”, magari non indimenticabile ma che sappia regalare qualche fremito.
Le Comete del Mese di Luglio
SOLO LA 13P/OLBERS
Ne resterà soltanto una…Dopo che la C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS è stata momentaneamente “inghiottita” dalla luce solare non rimane che concentrarsi sulla 13P/Olbers, che a luglio risulta l’unica cometa a sfoggiare una interessante luminosità.
13P/Olbers
Reduce dal passaggio al perielio avvenuto il 30 giugno, a inizio luglio la Olbers brillerà ancora su valori prossimi alla settima magnitudine, per poi cominciare a calare gradualmente fino attorno all’ottava grandezza. Dalla Lince raggiungerà la parte meridionale dell’Orsa Maggiore, rimanendo bassa in cielo. La sua ricerca dovrà cominciare non appena il cielo si fa completamente buio.
Cartina della 13P Olbers. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10
C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas
Per completare questa breve rubrica spendiamo due parole sulla C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas, ormai sparita tra la luce solare, che tornerà visibile in autunno. Purtroppo non ci sono buone nuove dato che la sua attività, fino a qualche mese fa in linea con la promettente curva di luce prevista, sembra da qualche tempo essersi ridotta. L’emissione di polveri è drasticamente diminuita tanto che qualche dubbio sull’effettiva luminosità che l’oggetto raggiungerà al perielio comincia a insinuarsi tra gli esperti. Ricordo chele previsioni parlavano del raggiungimento della magnitudine zero. Questa “pausa” non è ovviamente un verdetto definitivo, ma sicuramente qualcosa di cui tener conto. Con l’ulteriore avvicinamento al Sole il nucleo sarà maggiormente sollecitato e l’emissione di materiale potrebbe riprendere abbondante, cosa che tutti sperano. Solo così potremo sperare di osservare fra qualche mese una grande cometa.
Le Comete del Mese di Giugno
13P/OLBERS AL PERIELIO, C/2023 A3 TSUCHINSHAN-ATLAS AI (MOMENTANEI) SALUTI
Giugno ci propone due le comete al di sotto della decima magnitudine, la 13P/Olbers, che a fine mese raggiunge il perielio e la C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS che ci saluterà per poi tornare in autunno.
Comete del mese: 13P/Olbers
Il 30 giugno la 13P/Olbers transita al perielio raggiungendo secondo le previsioni un valore interessante, non distante dalla settima magnitudine. Purtroppo la sua altezza sull’orizzonte migliorerà solo leggermente rispetto a maggio, mantenendosi molto contenuta, cosa che non agevola le osservazioni. Dall’Auriga si trasferirà nella Lince, con la sessione osservativa che dovrà cominciare obbligatoriamente all’inizio della notte astronomica. Sicuramente non risulterà un oggetto vistoso ma meritevole di essere seguito dato il suo periodo orbitale di quasi settant’anni.
Cartina della 13P Olbers. Le stelle più deboli sono di magnitudine 8
Comete del mese: C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS
Continua il suo avvicinamento al perielio e la sua crescita luminosa che dovrebbe portarla nel corso del mese dalla decima fino attorno alla nona magnitudine. Dobbiamo però segnalare un calo di attività nell’ultimo periodo dopo che precedentemente l’oggetto aveva dato segni di ottima salute. Speriamo sia solo una momentanea pausa e che le grandi speranze rivolte a questa cometa non vadano deluse. Dalla Vergine la Tsuchinshan-ATLAS si dirigerà verso il Leone, rendendosi osservabile come la Olbers all’inizio della notte astronomica. Inizialmente la troveremo ancora abbastanza alta in cielo ma le condizioni peggioreranno gradualmente ed a fine mese, regioni meridionali a parte, il periodo osservativo potrà dirsi momentaneamente concluso. La ritroveremo in autunno, speriamo trasformata in una grande cometa visibile ad occhio nudo.
Cartina della C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10
Non avevamo fatto in tempo ad inserirla nella rubrica dello scorso mese perché arrivata alla fine del mese di maggio, ma con grande soddisfazione parliamo adesso della stupenda doppia scoperta di Novae Extragalattiche messa a segno dal solito team dell’Osservatorio di Monte Baldo, che ormai ci ha abituato a queste notevoli performance e che tengono alto il nome dell’ISSP. La prima Nova è stata individuata nella notte del 27 maggio nella stupenda galassia a spirale M81 da Flavio Castellani, Raffaele Belligoli e Vittorio Andreoli, utilizzando il telescopio Dall-Kirkham da 40cm F.7. Al momento della scoperta, la nuova stella mostrava una debole luminosità pari alla mag. +19,6 aumentata alla mag.+19,2 la notte seguente. A causa di questa debole luminosità non è stato possibile ottenere uno spettro di conferma e pertanto al transiente è stata assegnata la sigla provvisoria AT2025mlk. La seconda scoperta è stata realizzata il 28 maggio, ma sempre nella stessa notte della prima scoperta, però dopo la mezzanotte. Naturalmente sempre dai soliti tre: Flavio Castellani, Raffaele Belligoli e Vittorio Andreoli, ma questa volta nella stupenda galassia a spirale M31. La luminosità era meno proibitiva rispetto alla precedente e pari alla mag.+18,4. M31 è infatti molto più vicina, a circa 2,5 milioni di anni luce, rispetto ai 12 milioni di anni luce di distanza di M81. La notte successiva del 29 maggio la nuova stella era aumentata di luminosità raggiungendo al mag.+17,1 purtroppo però, anche in questo caso, non è stato possibile riprendere uno spettro di conferma e perciò al nuovo transiente è rimasta la sigla provvisoria AT2025mho.
Immagine di scoperta della AT2025mlk in M81 realizzata dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Dall-Kirkham da 400mm F.7 somma di 30 immagini da 180 secondi.Immagine di scoperta della AT2025mho in M31 realizzata dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Dall-Kirkham da 400mm F.7 somma di 9 immagini da 180 secondi.
Le belle notizie però non finiscono qui ed infatti l’esperto e veterano ricercatore forlivese Giancarlo Cortini mette a segno una nuova scoperta eludendo l’aggressiva concorrenza dei programmi professionali dedicati alla ricerca di supernovae. Nella notte del 24 giugno ha individuato un nuovo transiente di mag.+17 nella galassia a spirale UGC4973 posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore a circa 350 milioni di anni luce di distanza. Per Giancarlo, che come ben sappiamo dette vita agli inizi degli anni ’90 alla ricerca amatoriale di supernova in Italia insieme all’amico Mirco Villi, si tratta della scoperta n. 34 che lo vede occupare il terzo posto della Top Ten italiana. Adesso è in pensione e può dedicare molto più tempo alla sua passione ed i risultati si vedono bene: la sua precedente scoperta risale infatti a pochi mesi fa nel dicembre 2024. Ci ha rivelato che riprende e controlla immediatamente circa 50 galassie l’ora per un totale che può variare dalle 200 alle 400 galassie a notte. Numeri di tutto rispetto che unite ad una selezione accurata dei target da riprendere non può che portare ad importanti risultati. Tornando alla sua ultima scoperta, lo spettro di conferma è stato ripreso nella notte del 27 giugno dall’Osservatorio del Mauna Kea nelle Isole Hawaii con il telescopio dell’Università delle Hawaii UH88 da 2,2 metri. La SN2025ovr è una supernova molto giovane, inizialmente classificata come tipo Ia. Il nostro Claudio Balcon analizzando lo spettro hawaiano e riprendendone uno suo nella notte del 29 giugno, ha evidenziato una non corretta interpretazione delle righe e della velocità di espansione, confermata anche dagli astronomi dell’Osservatorio di Asiago. Tutto questo la dice lunga sulle capacità del bellunese in fatto di spettroscopia di supernova. La supernova di Cortini sarebbe infatti una tipo II o più probabilmente una tipo IIb. Chi volesse riprendere questa supernova deve farlo subito dopo il tramonto per evitare che la galassia ospite vada troppo bassa sull’orizzonte di Nord-Ovest.
Immagine della SN2025ovr in UGC4973 realizzata da Giancarlo Cortini con un telescopio C14 F.5,6 somma di tre immagini da 60 secondi.Immagine della SN2025ovr in UGC4973 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 180 secondi.
Da poco dopo il tramonto passiamo adesso a poco prima dell’alba con un’altra supernova scoperta da un italiano. Nella notte del 26 giugno Michele Mazzucato mette a segno una nuova scoperta nell’ambito della collaborazione con i professionisti del CRTS Catalina, che utilizza il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona, individuando un nuovo transiente nella piccola galassia UGC1206 posta nella costellazione dei Pesci a circa 370 milioni di anni luce di distanza e situata a circa 4° a Sud della stupenda galassia a spirale M74. Al momento della scoperta la luminosità era pari alla mag.+17,5 ma nei due giorni successivi era già aumentata intorno alla mag.+17. A completamento di questo proficuo mese per i ricercatori amatoriali italiani, all’alba del 29 giugno in condizioni proibitive, per colpa della scarsa altezza sull’orizzonte e disturbato dai primi chiarori del nuovo giorno, l’incredibile Claudio Balcon ha ottenuto lo spettro con conferma. La SN2025pao è una supernova di tipo Ia, ma come indicato dallo stesso Balcon, sarebbe opportuno riprendere un nuovo spettro in condizioni migliori per avere la conferma di questa classificazione inserita nel TNS con la dicitura “provvisoria”.
Immagine di scoperta della SN2025pao in UGC1206 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.Immagine della SN2025pao in UGC1206 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 10 immagini da 180 secondi.
Concludiamo questa corposa rubrica soffermando la nostra attenzione su una luminosa supernova, che sarebbe potuta diventare molto più luminosa, esplosa nella bella galassia a spirale NGC5033, posta nella costellazione dei Cani da Caccia a circa 50 milioni di distanza. A scoprirla sono stati i professioni americani del programma denominato ATLAS, che l’hanno individuata nella notte del 3 giugno quando mostrava una luminosità pari alla mag.+17,9. Il primo spettro di conferma è stato ripreso nella notte del 4 giugno dagli astronomi del Gemini Observatory con il Gemini North Telescope da 8,1 metri posto sul Monte Mauna Kea nelle Isole Hawaii. La SN2025mvn, questa la sigla definitiva assegnata, è una giovane supernova di tipo II con flash ionizzato. E’ molto arrossata, cioè offuscata dalle polveri della galassia NGC5033, che purtroppo toglie alla luminosità della supernova almeno tre magnitudini. Il massimo di luminosità si è verificato il 20 giugno alla mag.+15,4 e se non avessimo avuto questa forte estinzione, la SN2025mvn sarebbe diventata la supernova più luminosa del 2025. NGC5033 è comunque molto prolifica in fatto di eventi di supernova. Questa infatti è la quarta supernova conosciuta esplosa in questa galassia. Le tre precedenti sono state: la SN2001gd di tipo IIb scoperta il 24 novembre dal giapponese Koichi Itagaki ed indipendentemente anche dal ns. Alex Dimai, la SN1985L di tipo II scoperta il 13 giugno 1985 dall’astronoma russa Natalya Metlova e la SN1950C scoperta il 14 maggio 1950 dal grande Fritz Zwicky. Abbiamo pertanto una bella e fotogenica galassia da riprendere insieme ad una interessante supernova, che però si nasconde leggermente dietro le polveri della galassia che la ospita.
Immagine della SN2025mvn in NGC5033 realizzata da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 170 minuti.Immagine della SN2025mvn in NGC5033 realizzata dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7.Immagine della SN2025mvn in NGC5033 realizzata da Rolando Ligustri in remoto dagli Stati Uniti con un telescopio Dall-Kirkam da 500mm F.4,5 BVR: 180 secondi per canale – L: somma di tre immagini da 300 secondi.Immagine della SN2025mvn in NGC5033 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 30 immagini da 180 secondi.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 133
Dal marzo 2012 abbiamo raccontato tutte le supernovae scoperte da astrofili italiani e quelle più significative a livello internazionale. Negli ultimi quattro/cinque anni, a causa della sempre maggiore concorrenza dei programmi professionali di ricerca supernovae, il numero delle scoperte amatoriali italiane sono andate sempre più a scemare e pertanto abbiamo preso in considerazione quasi tutte le scoperte amatoriali a livello mondiale.
Nello scorso mese di aprile, per una nostra mancanza, non abbiamo dato evidenza ad una scoperta amatoriale realizzata da un nuovo gruppo di astrofili cinesi, che hanno iniziato una sistematica ricerca di supernovae. La supernova in questione è la SN2025gmc scoperta nella notte del 1° aprile dagli astrofili cinesi del nuovo programma denominato JIST capitanati da Winson Tsai e Tao Chen. Il nuovo transiente è stato individuato nella galassia lenticolare NGC2407 posta nella costellazione dei Gemelli a circa 370 milioni di anni luce di distanza. La galassia ospite è immersa in una campo ricco di galassie fra cui spiccano NGC2406 e MCG+03-20-002 oltre a galassie più piccole come LEDA213399, LEDA1557488 e LEDA1556254. Al momento della scoperta il nuovo oggetto mostrava una luminosità molto debole pari alla mag.+19,4 per poi aumentare progressivamente fino a raggiungere il massimo intorno alla metà di aprile con una luminosità che ha superato al mag.+16.
Immagine della SN2025gmc in NGC2407 ripresa dall’astrofilo cinese Winson Tsai con un telescopio Takahashi Merlow da 300mm F.7 posa di 60 secondi con la supernova intorno al massimo di luminosità.Immagine della SN2025gmc in NGC2407 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlos Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 120 secondi.
I primi a riprendere lo spettro di conferma nella notte del 7 aprile sono stati gli astronomi dell’Osservatorio del Roque de los Muchachos nelle Isole Canarie con il Liverpool Telescope da 2 metri. La SN2025gmc è una supernova di tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo di luminosità. Abbiamo pertanto contattato Wilson Tsai per avere delle notizie sulla loro attività di ricerca. La sigla JIST è l’abbreviazione di Jiama’erdengTianwentai/ICQ Search and Tracking Program un programma amatoriale avviato nel 2019 focalizzato sulla ricerca di comete e pianetini. Il loro osservatorio è situato a 5100 metri di altitudine sulla montagna chiamata Jiama’erdeng a Ngari, Tibet, Cina, utilizzando telescopi e altre attrezzature finanziate dalla società cinese Tencent. Grazie all’impressionante altitudine, si tratta dell’osservatorio astronomico più alto al mondo. L’osservatorio è di proprietà di Tao Chen ed insieme a Winson Tsai, Zhangwei Jin, Jie-lin Yang, Yu-Hsing Lee, Hung-Yi Yeh e Po-Liang Cheng, da circa due anni è stato avviato un programma di ricerca supernovae, che ha portato a questo primo importante successo. Lo strumento utilizzato per la ricerca è un telescopio Takahashi Merlow da 300mm F.7 e con un’esposizione di 60 secondi ad immagine, vengono riprese circa 300 galassie per notte. L’osservatorio è controllato in remoto e per riprendere le immagini viene utilizzato il programma ACP software. Le immagini vengono invece controllate con il programma SN Search Tool. Dobbiamo pertanto fare i nostri sinceri complimenti a questo nuovo gruppo per il successo ottenuto, oltre alla strumentazione e alla location davvero di prim’ordine. Vogliamo anche soffermarci anche su una curiosità: Winson Tsai e Tao Chen nel 2009 hanno scoperto insieme otto pianetini, mentre per Wilson Tsai la SN2025gmc rappresenta la sua seconda scoperta. La prima fu infatti la SN2006ds scoperta nella galassia MCG-06-50-011 ed a dimostrazione di quanto grande sia la sua passione per questo tipo di ricerca e quanto grande sia stata la gioia per la prima supernova scoperta, si è fatto tatuare sulla sua spalla il disegno della galassia con la supernova, il nome della galassia e la sigla della supernova…..davvero straordinario!!!
Tao Chen a sinistra e Winson Tsai a destra nel 2008 all’aeroporto di Shanghai.L’osservatorio del Jiama’erdengTianwentai/ICQ Search and Tracking Program situato a 5100 metri di altitudine sulla montagna chiamata Jiama’erdeng a Ngari, in Tibet, Cina.Il telescopio Takahashi Merlow da 300mm F.7 posto all’interno dell’osservatorio ed utilizzato per la ricerca di supernovae.Particolare della spalla di Winson Tsai con il tatuaggio che riporta il disegno della galassia con la supernova, il nome della galassia e la sigla della supernova scoperta nel 2006.
Da un nuovo gruppo che riesce ad ottenere la sua prima scoperta, passiamo invece ad un veterano ricercatore dell’emisfero meridionale: il neozelandese Stuart Parker numero 4 della Top Ten mondiale amatoriale, che raggiunge quota 170 scoperte. Fino al 2021 Parker rivaleggiava a suon di scoperte con il grande Itagaki per contendersi la terza posizione della Top Ten mondiale amatoriale. Purtroppo nell’agosto del 2021 una grande tempesta distrusse irreparabilmente il suo osservatorio posto ad Oxford, piccola cittadina a circa 60 km dalla città di Christchurch, costringendolo a sospendere la sua grande passione di cercare supernovae. Nel 2023 è tornato operativo e ha ripreso a mettere a segno nuove scoperte. Nella notte del 5 maggio ha individuato una nuova stella di mag.+17 nella galassia a spirale PGC68615 posta nella costellazione della Gru a circa 250 milioni di distanza e accompagnata dalla galassia a spirale PGC68627. Il nuovo transiente ha aumentato la sua luminosità fino a raggiungere il massimo a mag.+15,5 intorno alla metà del mese di maggio. I primi a riprendere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi del SAAO South African Astronomical Observatory con il Lesedi Telescope da un metro di diametro.
Immagine di scoperta della SN2025jyk in PGC68615 realizzata da Stuart Parker con un telescopio C11 Edge HD.
La SN2025jyk, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo Ia scoperta circa 10 giorni prima del massimo di luminosità. Abbiamo contattato anche Stuart Parker per avere un aggiornamento sulla sua attività di ricerca. Attualmente dispone di tre osservatori con cinque telescopi, ma in questo periodo sta concentrando le sue energie principalmente sulla fotografia astronomica. Non sta pertanto portando avanti una sistematica ricerca di supernovae come ha fatto in passato, ma ogni tanto utilizza la sua strumentazione per riprendere galassie, arrivando a fotografarne circa 800 a notte. Questa ultima scoperta è stata ottenuta in un modo un po’ fortuito, perché stata testando il suo ultimo telescopio un C11 Edge HD. Ci confessa che potrebbe tornare presto a ricercare supernovae in maniera più sistematica e noi aggiungiamo che con questa strumentazione e con questi numeri di immagini riprese per notte, la sfida con Itagaki per il terzo posto della Top Ten mondiale diventerebbe davvero entusiasmante.
Immagine di qualche anno fa con Stuart Parker accanto al telescopio all’interno del suo osservatorio, che fu distrutto dalla grande tempesta dell’agosto 2021.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 132
Nella rubrica dello scorso mese avevamo fatto appena in tempo ad inserire la notizia della nuova scoperta realizzata dal grande astrofilo giapponese Koichi Itagaki, preannunciando che il nuovo transiente aveva tutte le carte in regola per diventare una supernova molto luminosa. Per nostra fortuna le previsioni non sono state smentite e la SN2025fvw ha raggiunto la notevole mag.+13,5 diventando attualmente la supernova più luminosa del 2025. È stata scoperta nella notte del 26 marzo nella galassia a spirale barrata NGC 5957 posta nella costellazione del Serpente a circa 100 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità pari alla mag.+17,4 ed il grande Itagaki è stato bravo ad inserire velocemente la scoperta nel TNS battendo sul tempo i due programmi professionali di ricerca supernovae denominati ATLAS e Pan-STARRS che avevano entrambi immortalato il nuovo oggetto circa 7 ore prima del giapponese. Nella notte del 27 marzo, i primi a riprendere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi americani del DLT40 con il Southern Astrophysical Research Telescope, un moderno telescopio da 4,1 metri posto sulle Ande cilene a 2700 metri di altitudine sul Cerro Pachon. Si tratta di una supernova di tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo di luminosità, con i gas iettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 17.000 km/s. La supernova ha infatti aumentato costantemente la sua luminosità fino a raggiungere il suo massimo alla mag.+13,5 intorno al 12 aprile, per poi ridiscendere lentamente. A fine mese di aprile è comunque sempre molto luminosa intorno alla mag.+15 ed è pertanto un facile oggetto, anche perché posizionato nella parte periferica della galassia ospite NGC 5957. Con questa scoperta l’incredibile giapponese, che continua a stupirci, ottiene il secondo successo del 2025 raggiungendo un totale di 188 scoperte e consolidando la terza posizione nella Top Ten mondiale amatoriale.
La posizione della galassia NGC 5957 nella Costellazione del Serpente.Immagine della SN2025fvw in NGC5957 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlos Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 240 secondi.Immagine della SN2025fvw in NGC5957 realizzata dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7.Immagine della SN2025fvw in NGC5957 realizzata Rolando Ligustri in remoto dal Cile con un telescopio Dall-Kirkam da 500mm F.6,8 BVR: 180 secondi per canale – L: somma di tre immagini da 180 secondi.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 131
Non avevamo fatto in tempo ad inserirla nella rubrica dello scorso mese, perché arrivata negli ultimi giorni di febbraio, ma il vecchio leone giapponese Koichi Itagaki ha sferrato la prima zampata del 2025 individuando nella notte del 24 febbraio una nuova supernova nella galassia a spirale NGC3277 posta nella costellazione del Leone Minore a circa 65 milioni di anni luce di distanza. In un primo momento il nuovo oggetto, che mostrava una luminosità pari alla mag.+17,4 non dava la certezza di essere di fronte ad un evento di supernova perché situato ad una distanza veramente elevata dal centro della galassia ospite NGC3277. Questa caratteristica faceva infatti pensare che si trattasse di una Variabile Cataclismica della nostra galassia. Invece nella notte del 25 febbraio dal Haleakala Observatory nelle Isole Hawaii con il Faulkes Telescope North di 2 metri di diametro è stato ripreso lo spettro di conferma che ha classificato il nuovo transiente come una supernova di tipo II, anche se posizionata a grande distanza dalla galassia ospite. Alla nuova supernova è stata perciò assegnata la sigla definitiva SN2025coe. Nella notte del 7 marzo sempre dal Haleakala Observatory nelle Isole Hawaii con il Faulkes Telescope North di 2 metri di diametro è stato ripreso un nuovo spettro e le caratteristiche nel nuovo transiente erano cambiate. Non era più una supernova di tipo II, ma si era evoluta in una supernova di tipo Ib-pec. L’Idrogeno H ben visibile nel primo spettro aveva lasciato spazio all’Elio He, tipico delle supernovae di tipo Ib, mentre la peculiarità era evidenziata dalla presenza del calcio Ca II ionizzato. Vista questa peculiarità, sempre dal Haleakala Observatory, è stato ripreso un terzo spettro nella notte del 18 marzo. La classificazione è stata ulteriormente modificata in una supernova di tipo Ib-Ca-rich. Classificazione molto inusuale che specifica meglio la peculiarità di questa supernova caratterizzata da una forte presenza di calcio Ca II ionizzato. Anche la curva di luce ha mostrato un andamento molto particolare. Nei giorni seguenti la scoperta la luminosità è aumentata fino a sfiorare la mag.+16 intorno al 7 marzo, per poi calare molto rapidamente oltre la mag.+18,5 già dopo il 19 marzo. Possiamo perciò affermare che si è trattato di una supernova molto particolare e singolare, sia per la classificazione, che per l’evoluzione della curva di luce.
Immagine della SN2025coe in NGC3277 realizzata dall’astrofilo tedesco Manfred Mrotzek con un telescopio da 140mm F.5,4 somma di 24 immagini da 180 secondi.Immagine della SN2025coe in NGC3277 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 30 immagini da 180 secondi.
Ma la notizia che ci riempie di gioia, verificatasi nei primi giorni di marzo, è stata la stupenda doppia scoperta di Novae Extragalattiche messa a segno dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo, formato da Flavio Castellani, Vittorio Andreoli e Raffaele Belligoli, che per fortuna in questi ultimi anni ci ha abituati a simili performance. Entrambe le scoperte sono state messe a segno nella stupenda galassia a spirale Messier 81. La prima è stata ottenuta nella notte del 4 marzo con una luminosità pari alla mag.+19,2. Al nuovo debole transiente è stata assegnata la sigla provvisoria AT2025dih. La seconda è stata invece realizzata la notte successiva. Anche questa molto debole con una luminosità pari alla mag.+18,8 e con la sigla provvisoria AT2025dkp. In entrambi i casi sono stati rapidissimi a comunicare la scoperta, battendo sul tempo l’astrofilo cieco Kamil Hornoch, il leader indiscusso a livello mondiale in fatto di Novae Extragalattiche, che però questa volta si è dovuto accontentare di due scoperte indipendenti.
Immagine di scoperta della AT2025dih in M81 realizzata dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Dall-Kirkham da 400mm F.7 somma di 24 immagini da 180 secondi.Immagine di scoperta della AT2025dkp in M81 realizzata dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Dall-Kirkham da 400mm F.7 somma di 24 immagini da 180 secondi.
E’ giusto spendere alcune parole di elogio per gli amici di Monte Baldo per lo stupendo lavoro che stanno portando avanti da anni. La strumentazione di cui dispongono è di tutto rispetto, con un ottimo telescopio Dall-Kirkham da 40cm F.7 accoppiato ad una CCD KAF Moravian G4-9000. La loro attività di ricerca in ambito ISSP iniziò nel lontano 2012 quando ottennero la loro prima scoperta con la supernova SN2012fm nella galassia UGC3528, a cui seguì un’altra supernova l’anno successivo la SN2013ff nella galassia NGC2748. Le supernovae nel palmares dell’Osservatorio di Monte Baldo sono in realtà tre, ottennero infatti nel 2020 anche la SN2020gpe nella galassia NGC6214. Dal 2016 però il loro campo di ricerca preferito è virato verso le Novae Extragalattiche, concentrando i loro sforzi principalmente sulle tre galassie più vicine M31, M33 e M81. I successi ottenuti, diciotto Novae in M31 e sette Novae in M81, hanno permesso all’Osservatorio di Monte Baldo di diventare una delle realtà amatoriali più importanti a livello mondiale nella campo della ricerca di Novae Extragalattiche, secondi solo al grande Kamil Hornoch e agli incredibili cinesi del programma XOSS. Per fare i complimenti agli amici di Monte Baldo per questi numerosi successi e con la speranza che la strada intrapresa porti ancora a grandi soddisfazioni, pubblichiamo una foto che ritrae tutti i membri del team, che in questi anni hanno contribuito a questi importanti successi: da destra Vittorio Andreoli, Claudio Marangoni, Raffaele Belligoli, Flavio Castellani e Fernando Marziali.
Team dell’Osservatorio di Monte Baldo: da destra Vittorio Andreoli, Claudio Marangoni, Raffaele Belligoli, Flavio Castellani e Fernando Marziali.
Ultima ora: nella notte del 26 marzo Koichi Itagaki ottiene una nuova scoperta nella galassia NGC5957. La supernova dovrebbe diventare molto luminosa. Ne parleremo in maniera più approfondita nella rubrica del prossimo numero.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 130
L’esperta coppia Mirco Villi e Michele Mazzucato rompe il ghiaccio nel 2025 e mette a segno una doppia scoperta sempre nell’ambito della collaborazione con i professionisti del CRTS Catalina, che utilizza il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. La prima scoperta è stata ottenuta la notte del 2 febbraio nella galassia a spirale barrata NGC180 posta nella costellazione dei Pesci a circa 230 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo oggetto appariva molto debole, pari alla mag.+19. Il CRTS Catalina è stato molto rapido ad inserire la scoperta nel TNS battendo sul tempo gli americani di un altro programma professionale di ricerca supernovae denominato ZTF Zwicky Transient Facility, che avevano immortalato due giorni prima questo transiente con una luminosità pari alla mag.+19,7. Da un follow-up del 5 febbraio sempre di ZTF la luminosità era salita intorno alla mag.+18. La posizione della galassia ospite NGC180 in questo periodo dell’anno però è purtroppo molto sfavorevole, essendo visibile bassa sull’orizzonte Ovest subito dopo il tramonto. Per questo motivo non è stato possibile riprendere uno spettro di conferma e pertanto al nuovo transiente è rimasta la sigla provvisoria AT2025arw.
1) Immagine di scoperta della AT2025arw in NGC180 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.
La seconda scoperta è invece più interessante e da seguire in maniera più accurata. È stata ottenuta nella notte del 7 febbraio nella galassia a spirale NGC5602 posta nella costellazione del Bootes a circa 120 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità pari alla mag.+18,9. Nei giorni successivi la scoperta la luminosità è aumentata fino alla mag.+17 ma stranamente troppo debole per una supernova esplosa in una galassia relativamente vicina come NGC5602 (120 milioni a.l.). Una tipo Ia normale infatti avrebbe dovuto raggiungere la mag.+14. L’ottenimento dello spettro ha poi svelato questa stranezza. I primi ad ottenerlo sono stati gli astronomi dell’Osservatorio del Roque de los Muchachos nelle Isole Canarie con il Liverpool Telescope da 2 metri. La SN2025baq è una supernova di tipo Iax 02cx-like. Le supernovae di tipo Iax sono transienti rari e peculiari, che prendono il nome dal prototipo di questo gruppo di oggetti, cioè la SN2002cx. Sono supernovae di solito più deboli e con righe nello spettro molto più strette rispetto ad una normale supernova di tipo Ia e sono associate a popolazione stellare giovane. La loro interpretazione fisica è ancora in fase di approfondimento e sono perciò seguite con molto interesse dalla comunità astronomica internazionale.
2) Immagine della SN2025baq in NGC5602 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 8 immagini da 180 secondi.
I veri protagonisti di questo inizio 2025 sono però sicuramente gli astrofili cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao e Mi Zhang, che nei primi due mesi del 2025 hanno già messo a segno ben 10 scoperte. Si tratta di supernovae molto deboli, a volte oltre la mag.+18 e collocate in piccole galassie, anche anonime. Soffermiamo adesso la nostra attenzione su quella che ha raggiunto una discreta luminosità, individuata nella notte del 3 febbraio nella galassia a spirale barrata UGC3007 posta nella costellazione del Perseo a circa 250 milioni di anni luce di distanza e situata non lontano (circa 4°) dalla famosa Nebulosa California. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità pari alla mag.+17,2 che è aumentata fino a raggiungere il massimo alla mag.+15,5 intorno al 20 febbraio. Nell’inserimento della scoperta nel TNS i cinesi hanno battuto sul tempo il programma professionale americano denominato ATLAS che aveva immortalato il nuovo oggetto il giorno prima, quando mostrava una luminosità pari alla mag.+18,5. I primi a riprendere lo spettro di conferma sono stati ancora una volta gli astronomi dell’Osservatorio del Roque de los Muchachos nella notte del 5 febbraio sempre con il Liverpool Telescope da 2 metri. La SN2025aue, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo Ia-91T con un forte assorbimento del Fe III e la quasi assenza del Si II. Le supernovae di tipo Ia-91T sono una sottoclasse delle tradizionali Ia caratterizzate da righe più larghe nello spettro e perciò da velocità di espansione e temperature più alte dei materiali espulsi dall’esplosione (eject). Hanno un’evoluzione fotometrica più lenta e sono associate a popolazione stellare giovane. La capostipite di questa sottoclasse è la SN1991T scoperta il 13 aprile 1991 dai nostri Mirko Villi e Giancarlo Cortini insieme a Bob Evans, nella bella galassia a spirale NGC4527.
3) Immagine della SN2025aue in UGC3007 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 180 secondi4) Immagine della SN2025aue in UGC3007 realizzata dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7
Il solito Koichi Itagaki mette a segno la sua prima scoperta del 2025 individuando un nuovo transiente nella parte periferica della galassia NGC3277. Ne parleremo in maniera più approfondita nella rubrica del prossimo mese.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 129
Non avevamo fatto in tempo ad inserirla nella rubrica dello scorso mese, perché avvenuta il 30 dicembre, ma per l’ISSP il 2024 si è chiuso con una interessante e difficile scoperta. Il team dell’Osservatorio di Monte Baldo, formato da Flavio Castellani, Raffaele Belligoli e Vittorio Andreoli ha infatti individuato un debole transiente di mag.+19,3 nella bella galassia di Andromeda M31. Si tratta molto probabilmente di una Nova Extragalattica che però non ha ricevuto la conferma spettroscopica ed alla quale è rimasta assegnata la sigla provvisoria AT2024agal. La mancata conferma spettroscopica è forse da imputare al fatto che il nuovo oggetto è rimasto molto debole oltre la mag.+19. In un follow-up del 2 gennaio da parte dell’astrofilo Giuseppe Pappa era appena visibile alla proibitiva mag.+19,5. Agli amici di Monte baldo vanno comunque i nostri complimenti per aver tenuto alto il nome dell’ISSP con la scoperta di due Novae Extragalattiche nella galassia M31 ottenute nel 2024.
Immagine di scoperta della AT2024agal in M31 realizzata dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con il telescopio Ritchey-Chretien da 400mm F.8
Venendo alle supernovae questo nuovo anno è iniziato benissimo per i cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao e Mi Zhang che nel mese di gennaio hanno già messo a segno la scoperta di tre supernovae, purtroppo molto deboli intorno alla mag.+19 e collocate in piccole galassie anonime. Negli ultimi tre anni gli astrofili cinesi si sono dimostrati senza ombra di dubbio i leader indiscussi in fatto di ricerca amatoriale di supernova. Nel 2024 hanno occupato il gradino più del podio con 22 scoperte. Per capire la portata dell’enorme lavoro svolto dai cinesi basta pensare che il secondo gradino del podio è occupato dal mitico Koichi Itagaki con solo, si fa per dire, 7 scoperte. Dobbiamo perciò constatare che in fatto di ricerca di supernovae amatoriali l’Oriente non ha rivali. Come abbiamo visto nei mesi scorsi in Giappone non abbiamo solo il grande Itagaki e adesso anche in Cina non abbiamo solo il gruppo XOSS. Esiste infatti un nuovo gruppo ben equipaggiato, che è ancora in fase di allestimento, ma che è già riuscito a mettere a segno la sua prima scoperta. Li abbiamo contattati, ma prima di svelarci come si svolge la loro attività di ricerca preferiscono aspettare di ultimare la messa a punto del loro osservatorio e dei loro programmi di ricerca. Questa prima scoperta è stata infatti ottenuta non grazie all’avvio del loro programma di ricerca, ma casualmente durante i lavori di settaggio e messa a punto della strumentazione. Ziyang Mai e Jiaze Fu, che fanno parte di questo gruppo, hanno individuato nella notte del 12 gennaio un nuovo oggetto di mag.+17,9 in una piccola galassia anonima posta nella costellazione dell’Orsa Minore a circa 530 milioni di anni luce di distanza e posizionata a soli 8° dal Polo Nord Celeste. Se dall’Oriente arrivano le scoperte amatoriali, dall’Italia arrivano le classificazioni amatoriali grazie al bravissimo Claudio Balcon, che nella notte del 18 gennaio ha ottenuto lo spettro di conferma, classificando la SN2025kw come una supernova di tipo Ia. Possiamo considerare Claudio Balcon come il fiore all’occhiello dell’ISSP con ben 170 classificazioni inserite per primo nel TNS, che lo pone come leader indiscusso a livello mondiale in fatto di classificazioni amatoriali di supernovae. La SN2025kw anche se relativamente debole, ha raggiunto infatti la mag.+17,5 intorno al 20 gennaio e posizionata in una piccola galassia vista di taglio, ha comunque un valore importante per noi astrofili perché rappresenta l’ennesima supernova tutta amatoriale dalla scoperta alla classificazione.
Immagine della SN2025kw in Anonima realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 240 secondi.
Chiudiamo la rubrica di questo mese passando da una supernova molto debole e collocata in una piccola e poco fotogenica galassia, ad una che invece rappresenta la supernova più luminosa di questo periodo avendo raggiunto l’interessante mag.+13,5 nella seconda metà di gennaio. Stiamo parlando della SN2025gj individuata nella notte dell’8 gennaio dal programma professionale americano di ricerca supernovae denominato DLT40 che utilizza una batteria di sei telescopi Ritchey-Chrétien da 41cm chiamati PROMPT e situati sul Cerro Tololo in Cile. La galassia ospite è la NGC2986, un’ellittica posta nella costellazione meridionale dell’Hydra a circa 110 milioni di anni luce di distanza e accompagnata in cielo dalla galassia a spirale PGC27873 situata grosso modo alla solita distanza. Nella stessa notte della scoperta, con il Southern African Large Telescope da 10 metri di diametro, in Sudafrica, è stato ripreso lo spettro di conferma che ha permesso di classificare il nuovo transiente come una supernova di tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo di luminosità e con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano alla velocità di circa 13.700 km/s. Questa supernova è comunque un facile oggetto da immortalare, situato in un fotogenico campo ricco di galassie. L’unico inconveniente è la declinazione a -21°, che penalizza leggermente gli osservatori del Nord Italia. La SN2025gj rappresenta la seconda supernova conosciuta esplosa in NGC2986. La prima fu la SN1999gh scoperta il 3 dicembre 1999 dall’astrofilo giapponese Kesao Takamizawa, anch’essa di tipo Ia.
Immagine della SN2025gj in NGC2986 realizzata dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7 somma di 12 immagini da 180 secondi.Immagine della SN2025gj in NGC2986 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 120 secondi.Immagine della SN202gj in NGC2986 realizzata dall’astrofilo spagnolo Jordi Camarasa con un riflettore da 500mm F.6,9 somma di 3 immagini da 120 secondi.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 128
Chiudiamo questo anno 2024 nel migliore dei modi con diverse scoperte amatoriali, iniziando da quella che ci riguarda più da vicino.
Nella notte del 16 dicembre Giancarlo Cortini torna a fare centro, dopo due anni di digiuno, individuando una debole stellina di mag.+18 nella galassia a spirale IC1231 situata nella costellazione del Drago a circa 240 milioni di anni luce di distanza. Dopo la coppia Ciabattari e Mazzoni, Giancarlo Cortini è il terzo italiano con il maggior numero di scoperte amatoriali, raggiungendo quota 33. Agli inizi degli anni ’90, insieme all’amico Mirco Villi, Giancarlo Cortini ha dato vita alla ricerca di supernovae amatoriale italiana e rappresenta perciò un’icona indiscussa per questo tipo di ricerca. Adesso è in pensione e ci ha confidato che avendo più tempo a disposizione ha aumentato la sua attività di ricerca. Speriamo che questo possa portare ad un incremento in termini di scoperte, che purtroppo scarseggiano per la ricerca amatoriale italiana di supernovae in questi ultimi anni. Il nuovo transiente non ha ancora ricevuto la classificazione spettroscopica e pertanto mantiene la sigla provvisoria AT2024aeds. Il motivo della mancanza dello spettro va forse ricercato nella scomoda posizione in cui si trova la galassia, che sarebbe circumpolare (32° dal Polo Nord Celeste) ma in questo periodo è visibile per poco tempo subito dopo il tramonto a Nord-Ovest, scendendo verso l’orizzonte, per poi risalire dalla parte opposta a Nord-Est poco prima dell’alba. Abbiamo comunque dei follow-up nei giorni seguenti la scoperta, sia dello stesso Cortini, che dell’astrofilo spagnolo Carlos Segarra con l’oggetto in aumento di luminosità alla mag.+17.
Immagine della SN2024aeds in IC1231 realizzata da Giancarlo Cortini con un telescopio C14 somma di quattro immagini da 60 secondi.Immagine della SN2024aeds in IC1231 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 25 immagini da 180 secondi.
Intanto la coppia Mirco Villi e Michele Mazzucato continuano a sfornare scoperte nell’ambito della loro collaborazione con i professionisti del CRTS Catalina che utilizza il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. La nuova scoperta è stata individuata nella piccola galassia PGC1530 nella costellazione dei Pesci, al confine con quella della Balena, a circa 500 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo oggetto mostrava una luminosità pari alla mag.+19,5 e nei giorni seguenti è leggermente aumentata fino alla mag.+18,7. Anche questo oggetto non ha ancora ricevuto una classificazione spettroscopica e pertanto mantiene la sigla provvisoria AT2024aeaj.
Immagine di scoperta della AT2024aeaj in PGC1530 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.Immagine della SN2024aduf in NGC5945 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 20 immagini da 180 secondi.
Arriviamo adesso ad una scoperta tutta amatoriale il top per il 2024 in fatto a ricerca, scoperte e classificazioni amatoriali di supernovae. Ci riferiamo all’eccezionale giapponese Koichi Itagaki ed al nostro bravissimo Claudio Balcon (ISSP). Nella notte del 9 dicembre il bravo ed esperto astrofilo giapponese ha individuato una nuova supernova di mag.+16 nella galassia a spirale barrata NGC5945 nella costellazione del Bootes a circa 220 milioni di anni luce di distanza. Il primo a riprendere lo spettro di questo nuovo transiente è stato il nostro Claudio Balcon giunto all’incredibile numero di 164 supernovae classificate per primo nel TNS Transient Name Server. Si tratta di una classica supernova di tipo Ia scoperta pochi giorni prima del massimo di luminosità, raggiunto 2-3 giorni dopo la scoperta intorno alla mag.+15,5. Grazie allo spettro del bellunese alla supernova è stata assegnata la sigla definitiva SN2024aduf.
Shinichi Ono nel cortile di casa, accanto al suo telescopio Celestron 9.25 da 235mm.
Dal Giappone però non arrivano solo le scoperte del grande Itagaki. Già nel gennaio 2023 Hiroshi Okuno aveva individuato la SN2023fu nella galassia IC1874, poi nel gennaio del 2024 era stato il turno di Hidehiko Okoshi che aveva individuato la SN2024ahv nella galassia NGC6106 e adesso con grande soddisfazione abbiamo un’altra new entry di nome Shinichi Ono che mette a segno la sua prima scoperta. Questi astrofili giapponesi seguono le gesta del grande Itagaki riuscendo nel loro piccolo ad ottenere dei risultati di grande prestigio. Abbiamo perciò contattato anche Shinichi Ono per avere delle informazioni sulla sua attività di ricerca.
Nato il 2 gennaio del 1958, tra pochi giorni compirà 67 anni. Abita nella prefettura di Shizuoka, vicino al famoso Monte Fuji. Ha iniziato ad essere attratto dal cielo stellato già ai tempi dell’asilo. Da quattro anni si dedica in maniera assidua alla ricerca di supernovae riprendendo circa 30 campi di galassie ogni notte che è sereno, con il suo telescopio Celestron 9.25 da 235mm F.10 ridotto a F.6,3. Non possiede un vero e proprio osservatorio e il suo strumento è installato in giardino e gestito dall’interno della sua casa. Nella notte del 17 dicembre ha coronato un suo grande sogno individuando una nuova stella di mag.+16,5 nella galassia a spirale barrata NGC2523 nella costellazione della Giraffa al confine con quella dell’Orsa Minore a circa 150 milioni di anni luce di distanza.
Immagine della SN2024aeee in NGC2523 realizzata da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 90 minuti.Immagine della SN2024aeee in NGC2523 realizzata dall’astrofilo spagnolo Carlo Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 20 immagini da 180 secondi.
Situata a soli 17° dal Polo Nord Celeste, NGC2523 è visibile per tutta la notte. Il programma professionale di ricerca supernovae denominato ZTF possiede un’immagine di questa supernova realizzata circa 7 ore prima di Shinichi Ono, che però per fortuna è stato più rapido nel comunicare la scoperta nel TNS. I primi a riprendere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi dell’osservatorio del Roque de los Muchachos nella notte del 19 dicembre con il Liverpool Telescope da 2 metri di diametro. La SN2024aeee, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo II molto giovane, ricca di idrogeno, ma è ancora troppo presto per stabilire adesso la sottoclasse precisa. Facciamo comunque i nostri sinceri complimenti ad Shinichi Ono per la bella scoperta, con la speranza che sia di incentivo a proseguire ancor di più in questo tipo di ricerca ed ottenere presto altri splendidi successi.
Immagine della SN2024aeee in NGC2523 realizzata da Luca Lacara con un telescopio Celestron 9.25 da 235mm F.10 ridotto a F.6,3 esposizione di 80 minuti.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 127
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI di Fabio Briganti e Riccardo Mancini
Non sappiamo più quali aggettivi usare per descrivere l’incredibile lavoro portato avanti dal grande ricercatore amatoriale di supernovae Koichi Itagaki, che mette a segno la sesta scoperta del 2024, consolidando la terza posizione nella Top Ten mondiale amatoriale e raggiungendo quota 185 scoperte. Vedere un astrofilo che riesce ripetutamente a battere sul tempo i programmi professionali dedicati a questo tipo di ricerca, ci riempie di gioia. Bisogna però puntualizzare, per non scoraggiare gli altri astrofili, che Itagaki possiede due osservatori controllati in remoto con un numero impressionante di strumenti, superiori a tutti quelli dell’ISSP messi insieme. Inoltre, essendo in pensione, dedica tutto il suo tempo a riprendere e controllare immagini di galassie. E dobbiamo aggiungere che lo fa molto bene.
Nella notte del 15 novembre ha individuato un nuovo transiente di mag.+17,5 nei pressi della bella galassia a spirale barrata peculiare NGC2146 posta nella costellazione della Giraffa a circa 60 milioni di anni luce di distanza ed accompagnata in cielo da una più piccola galassia a spirale barrata denominata NGC2146A. Situate a soli 12° dal Polo Nord Celeste, queste due galassie sono circumpolare e perciò visibili tutta la notte. La caratteristica principale di NGC2146 è la struttura irregolare, con presenza di un immenso braccio di polveri posizionato vicino al nucleo, deformato da un probabile incontro ravvicinato o da una fusione con un’altra galassia più piccola. Questa situazione sembra essere testimoniata anche dall’alta formazione stellare all’interno della galassia, così elevata da far inserire l’oggetto nel novero delle galassie “starburst”.
In tempo di record, dopo solo sei ore dalla scoperta, gli astronomi dell’Indian Astronomical Observatory, situato nell’Himalaya occidentale ad un’altitudine di 4500 metri, uno degli osservatori più alti al mondo, utilizzando l’Himalaya Chandra Telescope da 2,01 metri hanno ottenuto lo spettro di conferma. La SN2024abfl è una supernova di tipo II molto giovane, scoperta circa 3/4 giorni dopo l’esplosione. Un secondo spettro, ripreso due giorni dopo il primo dagli astronomi americani del DLT40, ha confermato il tipo II per questa supernova, con un leggero assorbimento di polveri dovuto alla nostra galassia, che toglie alla luminosità della supernova circa mezza magnitudine. Il nuovo transiente non si è infatti distinto per la sua luminosità, raggiungendo il massimo intorno alla fine del mese di novembre con una luminosità che non è andata oltre alla mag.+16,5. E’ comunque situato in una bella e particolare galassia, oltre che comoda come posizione per gli osservatori dell’emisfero settentrionale. Per chi possiede una strumentazione con un buon campo, può riprendere nel solito scatto la coppia NGC2146 e NGC2146A con la supernova, che appare come un facile oggetto perché posto nella parte periferica della galassia ospite, anche se con una luminosità non elevata. Questa è la terza supernova conosciuta esplosa in NGC2146. La precedente fu la SN2018zd scoperta il 3 marzo 2018 proprio dall’astrofilo giapponesi Koichi Itagaki, che quindi ha un feeling particolare con questa galassia. Inoltre la posizione della SN2018zd è incredibilmente quasi coincidente con quella dell’attuale SN2024abfl. La prima supernova fu invece la SN2005V scoperta il 30 gennaio 2005 dal Nuclear Supernova Search.
1) Immagine della SN2024abfl in NGC2146 ripresa da Riccardo Mancini con un Newton da 250mm F.5 somma di 40 immagini da 180 secondi.2) Immagine della SN2024abfl in NGC2146 ripresa dall’astrofilo tedesco Manfred Mrotzek con un telescopio da 140mm F.5,4 somma di 27 immagini da 180 secondi.3) Immagine della SN2024abfl in NGC2146 ripresa dall’astrofilo spagnolo Carlos Segarra con un telescopio da 200mm F.4 somma di 35 immagini da 120 secondi.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 126
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI di Fabio Briganti e Riccardo Mancini
Questo mese soffermiamo la nostra attenzione su tre supernovae, che ci riguardano da vicino e che possiamo definire come semi-amatoriali. Sono state infatti scoperte da una coppia di astrofili italiani, controllando però immagini ottenute con strumentazione professionale. I due bravi ed esperti astrofili sono: Mirco Villi e Michele Mazzucato, mentre la strumentazione professionale è quella del CRTS Catalina che utilizza il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. Le tre supernovae sono oltre la mag.+20 e sono state scoperte in ordine cronologico: la prima AT2024wpa individuata la notte del 12 settembre nella galassia a spirale barrata PGC71752 posta nella costellazione dei Pesci a circa 180 milioni di anni luce di distanza; la seconda AT2024ycq individuata la notte del 13 ottobre nella galassia irregolare UGC4882 nella costellazione della Lince a circa 130 milioni di anni luce di distanza; infine la terza SN2024yhg della notte del 15 ottobre nella galassia lenticolare UGC1596 costellazione del Triangolo a circa 210 milioni di anni luce di distanza. Nota: La galassia UGC 1596 accompagnata in cielo dalla galassia a spirale vista di taglio UGC1591, posta anche lei a circa 210 milioni di anni luce di distanza ed entrambe vicine (circa 6°) alla più bella e famosa galassia a spirale M33.
1) Immagine di scoperta della AT2024wap in PGC71752 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.2) Immagine di scoperta della AT2024ycq in UGC4882 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.3) Immagine di scoperta della SN2024yhg in UGC1596 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.
Se per le prime due supernovae non è stato ad oggi ripreso uno spettro di conferma, forse anche a causa della debole luminosità, per la terza (SN2024yhg) la situazione è ben diversa.
4) Immagine della SN2024yhg in UGC1596 ripresa da Claudio Balcon con un Newton da 410mm F.5 somma di sei immagini da 60 secondi.5) Immagine della SN2024yhg in UGC1596 ripresa dall’astrofilo spagnolo Jordi Camarasa in remoto dalla Namibia con un riflettore da 360mm F.8,4 somma di due immagini da 60 secondi.
Scoperta quando mostrava una luminosità pari alla mag.+20,3 nei giorni la sua luminosità è aumentata fino a raggiungere intorno al 25 ottobre la mag.+17,5. Nella notte del 22 ottobre dall’Osservatorio di Mauna Kea nelle Isole Hawaii, con il telescopio UH88 da 2,2 metri di diametro, è stato ripreso lo spettro di conferma. Si tratta di una supernova di tipo Ia-91bg-like, una sottoclasse di supernova di tipo Ia che i cui soggetti si mostrano leggermente più deboli ed evolvono più rapidamente. Hanno gli spettri con righe più strette e presentano le righe del Calcio e del Titanio più intense e meno quelle del Ferro, rispetto ad una tradizionale supernova di tipo Ia. La galassia UGC1596 ha un modulo di distanza di pari a 34, se questa supernova fosse stata una normale tipo Ia, la sua luminosità sarebbe salita fino alla mag.+15 (34-19=15). Comunque la posizione della galassia ospite in questo periodo dell’anno è ottimale trovandosi quasi allo Zenit già in prima serata. Non sarà perciò difficile ottenere una buona immagine di questa supernova italo-americana insieme a questa interessante coppia di piccole galassie.
Immagine della SN2024yhg in UGC1596 ripresa da Riccardo Mancini con un Newton da 250mm F.5 somma di 20 immagini da 180 secondi.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 125
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI di Fabio Briganti e Riccardo Mancini
Questo mese soffermiamo la nostra attenzione su due supernovae che non sono molto luminose e poste in galassie neanche molto fotogeniche, però hanno una caratteristica molto importante: sono due supernovae amatoriali. E chi poteva essere l’astrofilo che ha messo a segno questa bella doppietta? Naturalmente il solito veterano ricercatore giapponese Koichi Itagaki che raggiunge così quota 184 scoperte, consolidando la terza posizione della Top Ten mondiale amatoriale. La prima supernova è stata individuata la notte dell’11 settembre nella galassia a spirale UGC690 posta nella costellazione di Andromeda a circa 260 milioni di anni luce di distanza e situata non lontano (circa 5°) dalla famosa galassia di Andromeda M31. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità molto debole pari alla mag.+18,8. Il bravo Itagaki è riuscito a battere sul tempo, per poche ore, i due programmi professionali americani denominati GOTO e ZTF.
1) Immagine della SN2024vfo ripresa dall’astrofilo giapponese Yasuo Sano con un telescopio Schmidt-Cassegrain da 360mm F.11 ed esposizione di 90 secondi.
Un primo spettro è stato ripreso la notte seguente la scoperta dagli astronomi americani dell’Haleakala Observatory con il Faulkes Telescope North da 2 metri di diametro, posto a quota 3000 metri nelle Isole Hawaii. La fase ancora troppo giovane ha permesso di evidenziare soltanto che eravamo davanti ad una supernova, ma senza riuscire a decifrarne il tipo. Al nuovo oggetto è stata comunque assegnata la sigla definitiva SN2024vfo. Nella notte successiva del 13 settembre, anche gli astronomi dell’Osservatorio del Roque de los Muchachos nelle Isole Canarie con il Nordic Optical Telescope da 2,56 metri hanno ripreso un nuovo spettro. A distanza di circa 24 ore rispetto al primo spettro la situazione era già molto più chiara, permettendo di classificare la supernova di tipo II con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 13.000 km/s. Negli ultimi giorni di settembre la luminosità della supernova è leggermente aumentata raggiungendo la mag.+18 e intorno a questo valore sembrerebbe stazionare facendo pensare di essere di fronte ad una supernova di tipo IIP. Se così fosse per altri 100 giorni la luminosità rimarrà invariata intorno a questo valore. Per le nostre latitudini l’oggetto è facilmente osservabile e in prima serata, peccato per la luminosità un po’ bassa.
La seconda supernova di Itagaki è stata invece individuata nella notte del 19 settembre nella galassia lenticolare vista di taglio NGC2830 posta nella costellazione della Lince a circa 310 milioni di anni luce di distanza e situata a circa un grado dalla stella Alpha Elvashak di mag.+3,13. NGC2830 forma un terzetto di galassie con le vicine NGC2831 e NGC2832 che trova menzione nell’atlante di Halton Arp sotto il nome di Arp 315. Non c’è però certezza che le tre galassie siano effettivamente legate fisicamente. Infatti mentre NGC2831 e NGC2832 risultano essere ad una distanza molto simile intorno ai 250 milioni di anni luce, NGC2830 è situata sicuramente più lontano. A differenza della precedente, questa possibile supernova è stata individuata a mag.+17,5 ma in una situazione scomoda, visibile bassa sull’orizzonte Est poco prima dell’alba.
Per questo motivo ad oggi non è stato ancora ripreso lo spettro di conferma e perciò al nuovo transiente è stata assegnata la sigla provvisoria AT2024vsu. Abbiamo però due follow-up di conferma realizzati nella notte seguente la scoperta dagli astrofili giapponesi Toshihide Noguchi e Katsumi Yoshimoto. Il nuovo transiente è stato rilevato a mag.+17,7 quindi leggermente in calo. Se la stima è corretta possiamo ipotizzare che il massimo di luminosità è già avvenuto e forse proprio durante la congiunzione con il Sole. Aspettiamo comunque i prossimi giorni quando la galassia si allontanerà dal Sole permettendo l’ottenimento di una spettro di conferma, che svelerà la reale natura e fase del transiente.
2) Immagine della AT2024vsu ripresa dall’astrofilo giapponese Katsumi Yoshimoto con un riflettore da 510mm F.4,5 somma di 4 immagini da 60 secondi.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 124
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI di Fabio Briganti e Riccardo Mancini
In questo mese non abbiamo nessuna scoperta amatoriale di supernovae da raccontare, ma ci possiamo consolare con un successo targato ISSP relativamente ad una Nova Extragalattica. Nella notte del 24 agosto, utilizzando il telescopio Ritchey Chretien da 400mm F.8, il team dell’Osservatorio di Monte Baldo, formato da Flavio Castellani, Vittorio Andreoli e Raffaele Belligoli è riuscito ad individuare un nuovo transiente di mag.+17,1 nella famosa galassia di Andromeda M31.
Immagine di scoperta della AT2024ssq in M31 ottenuta dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Ritchey Chretien da 400mm F.8 e 100 minuti di posa.
Gli amici di Monte Baldo nell’acquisizione della prima immagine della nuova stella hanno preceduto il programma professionale americano ZTF per circa 8 ore ed incredibilmente anche l’altro programma professionale americano ATLAS per soli 17secondi! Le buone notizie però non finisco qui: nella notte seguente la scoperta, con la Nova calata leggermente verso la mag.+18 il nostro Claudio Balcon è riuscito a classificarla per primo nel TNS come una classica Nova. Nel suo spettro infatti era ben visibile la linea H-Alpha intorno ai 6500 Armstrong, tipico delle Novae Extragalattiche. Abbiamo pertanto una Nova Extragalattica scoperta e classificata tutto in casa ISSP. Alla Nova è stata assegnata la sigla provvisoria AT2024ssq, ma presto dovrebbe prendere la sigla definitiva, che molto probabilmente sarà M31N-2024-08e con il nome della galassia ospite seguita dalla lettera N (Nova), l’anno, il mese e la lettera “e” che in questo caso rappresenta la quinta Nova scoperta e confermata nel mese di agosto del 2024 in M31. L’Osservatorio di Monte Baldo, insieme ai cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao e all’astrofilo ceco Kamil Hornoch, sono leader indiscussi a livello mondiale nel campo della ricerca di Novae Extragalattiche.
Elaborazione dello spettro della AT2024ssq in M31 ottenuto da Claudio Balcon con un telescopio Newton da 410mm F.5,5 dove è evidenziata la linea H-Alpha intorno ai 6500 Armstrong, tipico delle Novae Extragalattiche.
Concludiamo la rubrica soffermando la nostra attenzione su due supernovae scoperte entrambe nella notte del 23 luglio ed esplose in due galassie esteticamente molto fotogeniche. Una di queste due supernovae è risultata anche molto luminosa, peccato che sia visibile solo dall’emisfero australe.
La prima ad essere stata scoperta è stata proprio la supernova individuata dal programma professionale americano denominato DTL40 nella galassia a spirale barrata NGC6221 posta nella costellazione dell’Ara a circa 65 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità pari alla mag.+15,1.
Nella stessa notte, gli astronomi americani dal Cerro Tololo Observatory con il SOAR Souther Astrophysical Research Telescope, un moderno telescopio da 4,10 metri con ottiche attive posto a 2.700 metri di altitudine sul Cerro Pachon in Cile, hanno ottenuto lo spettro di conferma. La SN2024pxg, questa la sigla definitiva assegnata, è una giovane supernova di tipo II scoperta 4 giorni dopo l’esplosione. Nei giorni seguenti la sua luminosità è aumentata leggermente fino a raggiungere la mag.+14,5. Questa è la seconda supernova conosciuta esplosa in NGC6221, la prima fu la SN1990W scoperta il 16 agosto 1990 dal famoso astrofilo australiano Robert Evans, che purtroppo ci ha lasciato nel novembre del 2022.
Immagine della SN2024pxg in NGC6221 ottenuta dall’astrofilo spagnolo Jordi Camarasa con un riflettore da 360mm F.8,4 somma di 7 immagini da 60 secondi.
La seconda supernova del 23 luglio è stata invece scoperta dal programma professionale americano di ricerca supernovae Zwicky Transient Facility (ZTF) nella galassia a spirale barrata NGC6384 nella costellazione di Ofiuco a circa 80 milioni di anni luce di distanza. Nella notte seguente la scoperta, dal Siding Spring Observatory con l’ANU Telescope da 2,3 metri è stato ripreso lo spettro di conferma che ha permesso di classificare la SN2024pxl come una supernova di tipo Iax 02cx-like scoperta circa una settimana prima del massimo, che si è verificato nei primi giorni del mese di agosto intorno alla mag.+15,5. Le supernovae di tipo Iax sono transienti rari e peculiari, che prendono il nome dal prototipo di questo gruppo di oggetti, cioè la SN2002cx. Sono supernovae di solito più deboli e con righe nello spettro molto più strette rispetto ad una normale supernova di tipo Ia e sono associate a popolazioni stellari giovani. La loro interpretazione fisica è ancora in fase di approfondimento e sono perciò seguite con molto interesse dalla comunità astronomica internazionale. Questa è la terza supernova conosciuta esplosa in NGC6384. Le altre due sono state la SN2017drh scoperta il 3 maggio del 2017 dal programma professionale DTL40 di tipo Ia e la SN1971L scoperta il 24 giugno del 1971 da Logan di tipo I, che raggiunse la notevole mag.+12,8.
Immagine della SN2024pxl in NGC6384 ottenuta dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 123
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI
Questo mese torniamo a parlare di scoperte amatoriali con una vecchia conoscenza dell’emisfero meridionale: il neozelandese Stuart Parker. Fino al 2021 Parker rivaleggiava a suon di scoperte con il grande Itagaki per contendersi la terza posizione della Top Ten mondiale amatoriale. Purtroppo nell’agosto del 2021 una grande tempesta danneggiò irreparabilmente il suo osservatorio posto ad Oxford, piccola cittadina a circa 60 km dalla città di Christchurch e per un paio di anni ha dovuto sospendere la sua grande passione di cercare supernovae. Finalmente nel febbraio 2023 e tornato al successo con la SN2023pbx nella galassia NGC3557 ed adesso mette a segno una nuova e luminosa scoperta ottenuta la notte del 10 luglio nella galassia lenticolare NGC3706 posta nella costellazione del Centauro a circa 130 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente mostrava una luminosità pari alla mag.+16 e anche se molto luminoso era situato vicino al nucleo della galassia ospite. Stranamente nessun osservatorio professionale ad oggi ha ripreso lo spettro di conferma e pertanto il nuovo oggetto ha ancora la sigla provvisoria AT2024pfn. Fortunatamente abbiamo un’immagine di follow-up ottenuta cinque giorni dopo la scoperta dall’astrofilo spagnolo Jordi Camarasa, che perciò ha confermato la presenza della supernova con una luminosità in aumento a mag.+14,5. Purtroppo dalle nostre latitudini la galassia NGC3706 non è facile da osservare trovandosi alla declinazione di -36°. Sono avvantaggiati gli astrofili del Sud Italia con la galassia che a Catania culmina a circa 16° sopra l’orizzonte.
Immagine della AT2024pfn in NGC3706 ripresa dall’astrofilo neozelandese Stuart Parker in remoto con un telescopio da 400mm.Immagine della AT2024pfn in NGC3706 ripresa dall’astrofilo spagnolo Jordi Camarasa con un riflettore da 360mm F.8,4 somma di 12 immagini sa 60 secondi.
Anche gli astrofili cinesi del programma XOSS, capitanati da Xing Gao, sono tornati al successo, proprio nella notte del 10 luglio, individuando una debole stellina di mag.+18,7 nella piccola galassia a spirale UGC11499 posta nella costellazione del Cigno a circa 340 milioni di anni luce di distanza. In questi ultimi anni i cinesi sono stati sicuramente i più prolifici in fatto di scoperte, ben 11 nel 2024, raggiungendo la quota di 98 scoperte e occupando in maniera stabile la settima posizione del Top Ten mondiale. A breve raggiungeranno quota 100, un traguardo che solo un ristretto numero di grandi astrofili è riuscito a raggiungere: Puckett 385, Newton 202, Itagaki 182, Parker 167, Boles 155 e Monard 150. I primi a riprendere lo spettro di conferma della supernova cinese sono stati gli astronomi americani dell’Osservatorio di Mauna Kea nelle Isole Hawaii con il telescopio da 2,2 metri. La SN2024pgy, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di Tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo di luminosità, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano alla velocità di circa 14.000 km/s. Intorno al 25 luglio la supernova ha infatti raggiunto il suo massimo di luminosità, sfiorando la mag.+16. I cinese sono stati rapidi nell’inserire la scoperta nel TNS bruciando sul tempo due programmi professionali denominati GOTO e ZTF che avevano immortalato questa supernova alla mag.+19,6 il giorno prima dei cinesi. Questa è la seconda supernova conosciuta esplosa nella galassia UGC11499. La prima fu la SN2009hz, di tipo II, scoperta il 3 agosto del 2009 dal programma professionale di ricerca supernovae denominato LOSS.
Immagine della SN2024pgy in UGC11499 ripresa da Riccardo Mancini con un Newton 250mm F.5 somma di 36 immagini da 120 secondi.Immagine della SN2024pgy in UGC11499 ripresa dall’astrofilo spagnolo Carlos Segarra con un telescopio da 200mm F.4
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 122
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI
Anche questo mese, come il precedente, purtroppo non abbiamo da segnalare nessuna scoperta amatoriale. Sta diventando sempre più difficile la vita per gli astrofili che portano avanti la ricerca amatoriale di supernovae extragalattiche. Soffermiamo comunque la nostra attenzione su una interessante nonché peculiare supernova, degna di un approfondimento. Nella notte del 2 giugno il programma professionale americano di ricerca supernovae denominato Zwicky Transient Facility (ZTF) ha inserito per primo nel Transient Name Server (TNS) la comunicazione di scoperta di una nuova stella di mag.+17,5 in una piccola galassia Anonima molto vicina alla grande galassia ellittica M49, poste entrambe nella costellazione della Vergine.
In realtà il primo a riprendere questo nuovo transiente, quando mostrava una luminosità pari alla mag.+18,2 è stato il programma professionale americano di ricerca supernovae e pianetini denominato ATLAS Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System, tre ore prima di ZTF. Lo spettro di conferma di conferma invece è arrivato dagli astronomi americani del Lick Observatory in California con il telescopio Shane da 3 metri di diametro.
1) Immagine della SN2024kce, vicina alla galassia M49, ripresa dall’astrofilo spagnolo Calors Segarra con un telescopio da 200mm F.4, confrontata con una sua immagine d’archivio che permette di evidenziare la piccola galassia nana oscurata, nell’immagine attuale, dalla luce della supernova. Un altro chiaro esempio di una supernova che diventa più luminosa dell’intera galassia che la ospita.
La SN2024kce, questa la sigla definitiva assegnata, è una giovane supernova di tipo Ia-pec, dove la peculiarità si evidenzia nella bassa luminosità e nella forte presenza di Calcio. I gas eiettati dall’esplosione viaggiano ad una velocità di circa 15.600 Km/s. Vista la posizione del nuovo transiente, la domanda è sorta subito spontanea: si trattava di una supernova esplosa in Messier 49 oppure nella piccola galassia nana situata a circa 13’ a Nord dal centro di M49? In realtà anche se M49 è una galassia ellittica molto estesa con un diametro di circa 160.000 anni luce, è molto improbabile che il suo alone più esterno possa arrivare così lontano. Inoltre il redshift della supernova riporta un valore di 0,003 che corrisponde ad una distanza di circa 40 milioni di anni luce. M49 si trova invece ad una distanza di circa 55 milioni di anni luce. Alla luce di questi dati, la supernova è quasi sicuramente esplosa nella parte meridionale della piccola galassia nana situata solo prospetticamente vicino ad M49 ed anche se più vicina in termini di distanza (quasi 15 milioni di anni luce), risulta molto poco appariscente e quasi scompare, sovrastata dalla grande estensione del gigante M49.
2) Immagine della SN2024kce ripresa da Enrico Prosperi con un rifrattore da 70mm F.6, il campo più largo permette di evidenziare le numerose galassie che circondano M49 all’interno dell’Ammasso della Vergine.
Nei giorni successivi alla scoperta, la supernova ha comunque incrementato la sua luminosità, raggiungendo il massimo il 13 giugno alla discreta mag.+13,6 per poi iniziare la discesa. A fine giugno la luminosità è calata intorno la mag.+15 ma permette ancora di ottenere delle belle immagini di una campo stellare ricco di galassie (siamo infatti all’interno dell’Ammasso della Vergine) dove troneggia M49.
RUBRICA SUPERNOVAE COELUM N. 121
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI
Questo mese purtroppo non abbiamo da segnalare nessuna scoperta amatoriale. Ci possiamo però consolare con un nuovo successo messo a segno dall’esperta coppia di astrofili Mirco Villi e Michele Mazzucato, che collaborano ormai da diversi anni con i professionisti americani del CRTS Catalina.
Nella notte del 15 maggio hanno individuato una debole stellina di mag.+19,7 analizzando immagini professionali realizzate con il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. La galassia ospite è la NGC7312, una spirale barrata posta nella costellazione di Pegaso a circa 450 milioni di anni luce di distanza.
Nei giorni seguenti la scoperta, il nuovo transiente è aumentato leggermente di luminosità raggiungendo la mag.+19 e facendo ipotizzare di essere di fronte ad una supernova di tipo II, però ad oggi nessun osservatorio professionale ha ripreso uno spettro di conferma e pertanto al nuovo oggetto rimane assegnata la sigla provvisoria AT2024ixe.
1) Immagine di scoperta della AT2022ixe in NGC7312 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.
Da un transiente molto debole e quindi difficile da seguire, passiamo adesso alle due supernova più luminose del periodo. La prima è stata scoperta la notte del 10 maggio dal programma professionale americano denominato Automatic Learning for the Rapid Classification of Events (ALeRCE) nella galassia lenticolare NGC3524 posta nella costellazione del Leone a circa 70 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente appariva come una debole stellina di mag.+18,3 ma nei giorni seguenti ha aumentato costantemente la sua luminosità fino a raggiungere il massimo intorno al 27 maggio sfiorando la notevole mag.+12,5.
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI
I primi a riprendere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi americani del Palomar Observatory con il telescopio da 1,5 metri. La SN2024inv, questa la sigla definitiva assegnata, è una giovane supernova di tipo Ia. Ci teniamo a sottolineare una particolarità: il bravissimo e famoso astrofilo giapponese Koichi Itagaki questa volta è arrivato leggermente in ritardo. Ha inserito infatti nel TNS la sua scoperta appena 7 minuti dopo i professioni americani, perdendo così la possibilità di inanellare una nuova scoperta. Gli va comunque riconosciuto che anche questa volta si trovava nel posto giusto ed al momento giusto!
2) Immagine della SN2024inv ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 60 minuti.
La seconda supernova più luminosa di questo periodo è stata invece scoperta nella notte del 12 maggio dal programma professionale denominato Gravitational-ware Optical Transient Observer (GOTO) nella piccola galassia nana PGC1846725, poco appariscente ma abbastanza vicina. Si trova infatti nella costellazione della Chioma di Berenice a circa 60 milioni di anni luce di distanza.
Al momento della scoperta il transiente appariva già molto luminoso a mag.+14,6 e nei giorni seguenti ha aumentato ulteriormente la sua luminosità fino a raggiungere il massimo intorno al 25 maggio superando leggermente la mag.+13. Ci è capitato spesso in passato di imbatterci in supernovae che con la loro luminosità hanno raggiunto ed a volte anche superato quella della galassia che le ospitava.
Questa volta però siamo di fronte ad un caso davvero eclatante
con la supernova che ha letteralmente surclassato in luminosità la piccola galassia ospite nana, che rimane pertanto invisibile, nascosta dall’immensa luce dell’esplosione della supernova.
3) Immagine della SN2024iss ripresa da Gianluca Masi con un telescopio C14 somma di 8 immagini da 120 secondi.
SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI
Il primo spettro di conferma è stato ripreso il 14 maggio dall’Osservatorio del Roque de los Muchachos con il Liverpool Telescope da 2 metri, confermando che eravamo di fronte ad una supernova, ma la fase era ancora troppo giovane per poterne distinguere il tipo. La notte seguente gli astronomi americani del Palomar Observatory con il telescopio da 1,5 metri hanno ottenuto a loro volta un nuovo spettro e stavolta è comparsa la linea dell’Idrogeno tipico delle supernovae di tipo II. Al transiente è stata perciò assegnata la sigla definitiva SN2024iss, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano alla velocità di circa 20.000 km/s. L’oggetto è facile da seguire perché molto luminoso, peccato che la piccola galassia ospite è praticamente invisibile.
Questo nuovo mese si apre con la Luna già nelle migliori condizioni osservative, pronta a farsi ammirare fin nei più fini dettagli. Infatti alle ore 21:30 del 2 Luglio il nostro satellite sarà in Primo Quarto in fase di 7,4 giorni ad un’altezza di +29° e visibile fin poco dopo la mezzanotte quando scenderà sotto l’orizzonte. Fra le grandi distese basaltiche dei mari visibili in questa fase consiglierei di orientare il telescopio in direzione del bacino da impatto del mare Nectaris, l’unico di cui sia ancora possibile individuare, almeno parzialmente, l’anello più esterno costituito dalla imponente scarpata nota come Altai Scarp. Il bacino Nectaris occupa un’area estesa complessivamente per oltre 860/900 km con una profondità di circa 3200 mt costituita da almeno tre anelli concentrici derivanti dall’onda d’urto in seguito all’impatto che generò questa gigantesca struttura la cui formazione risale al periodo geologico Nectariano collocato da 3,9 a 4 miliardi di anni fa.
PANORAMICA sul mare NECTARIS – Visibile in Primo QuartoArticolo LUGLIO 2025 – Crateri Theophilus, Cyrillus, Catharina – Visibii in Primo Quarto
Proseguendo nella fase crescente, il nostro satellite alle ore 22:37 del 10 Luglio sarà in Plenilunio, alla distanza di 390527 km dal nostro pianeta e con diametro apparente di 30.60’ ad un’altezza di +7° dopo essere sorto alle ore 21:05, visibile fin verso l’alba del mattino seguente quando tramonterà contestualmente al sorgere del Sole. Dal capolinea della fase crescente prenderà immediatamente il via la fase di Luna calante che, come ormai sappiamo, porterà il nostro satellite progressivamente a rendersi osservabile sempre più verso le ore notturne e con la graduale riduzione della porzione di suolo illuminata dal Sole.
Esattamente a metà strada fra Plenilunio e Luna Nuova, alle ore 02:38 del 18 Luglio, avremo la fase di Ultimo Quarto col nostro satellite ad un’altezza di +24°. Visibile da poco dopo la mezzanotte (il 18 sorge ore 00:11) fin verso l’alba, sulla sua superficie potrà rivelarsi particolarmente interessante l’osservazione anche in alta risoluzione di spettacolari crateri posizionati proprio in prossimità del terminatore, fra cui Birmingham, Plato, Copernicus, Eratosthenes, la Rupes Recta, Deslandres, Maginus, Clavius, considerando che la buona riuscita di una sessione di imaging non dipende esclusivamente dal “seeing” ma anche da vari fattori tra cui la collimazione e pulizia delle ottiche, oltre a tutta una serie di parametri di acquisizione da valutare in base alle effettive condizioni osservative.
Cratere CLAVIUS – Visibile in Ultimo QuartoRupes RECTA – Visibile in Ultimo Quarto
Alle ore 21:11 del 24 Luglio la Luna sarà in Novilunio con l’emisfero rivolto verso la terra completamente buio, mentre sarà perfettamente illuminato l’emisfero opposto. Da qui un nuovo ciclo che col progredire della fase di Luna crescente ci mostrerà porzioni di suolo lunare sempre più ampie illuminate dalla luce del Sole e (telescopicamente….) raggiungibili nelle più comode ore serali, fino a chiudere questo mese nella serata del 31 Luglio quando, in fase di 7 giorni, alle ore 23:25 scenderà sotto l’orizzonte dopo avere dato la possibilità di ammirare nuovamente, tra l’altro, anche l’area del bacino da impatto del mare Nectaris. A quel punto mancheranno esattamente 15 ore e 6 minuti alla fase di Primo Quarto dell’1 Agosto ma ne riparleremo fra un mese.
Congiunzioni e Occultazioni Notevoli
La seconda parte dell’articolo di Francesco Badalotti, dedicato alla Luna di Giugno, con la descrizione delle Congiunzioni e Occultazioni notevoli, le Falci Lunari, e la tabella delle effemeridi è disponibile per i lettori abbonati alla versione digitale o al cartaceo.
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La Luna del Mese di Giugno è pubblicata in Coelum 274
Asteroidi del mese di Luglio 2025 – (312) Pierretta – (221) Eos – (115)Thyra
Tre asteroidi che dimostrano la meravigliosa ricchezza della fascia principale: Pierretta come piccolo S-type regolare, Eos quale frammento basaltico che ha dato origine a un’intera famiglia, e Thyra come S-type brillante in orbita relativamente eccentrica.
(312) Pierretta
Scoperta e nomenclatura
Il 28 agosto 1891 Auguste Charlois, dall’Osservatorio di Nizza, registrò un nuovo puntino luminoso in lento movimento nella costellazione del Capricorno: fu battezzato Pierretta, verosimilmente in onore di una conoscente del nume locale o come variante femminile di “Pierre”. L’oggetto, oggi ricordato più per la regolarità fotometrica che per la dimensione, fu il quarantesimo asteroide scoperto da Charlois.
Parametri orbitali
Pierretta descrive un’orbita con semiasse maggiore 2,782 UA, eccentricità 0,160 e inclinazione di 9°, completando la rivoluzione in 4,64 anni. Il perielio (2,34 UA) la mantiene ben dentro l’area centrale della fascia, lontana dalle risonanze con Giove.
Caratteristiche fisiche e composizione
I dati concordano su un diametro di circa 50 km e un’albedo geometrica di 0,18. Lo spettro la colloca nella classe S, composta di silicati di ferro-magnesio con piccole frazioni metalliche.
Analisi fotometrica e periodo di rotazione
La curva di luce mostra un periodo robusto di 10,282 h con ampiezza attorno a 0,20 mag, il che suggerisce un corpo solo moderatamente allungato.
Dinamica orbitale e interazioni gravitazionali
L’oggetto risiede in un tranquillo corridoio tra le risonanze; l’effetto Yarkovsky calcolato per 50 km di diametro è molto debole, dunque il semiasse maggiore varia di pochi chilometri per milione di anni, insufficiente a portarlo in zone caotiche nel futuro prevedibile.
Come e quando osservarlo
(312) Pierretta sarà in opposizione il 14 di Luglio, momento nel quale raggiungerà la dodicesima magnitudine. Il suo moto sarà di 0,64 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo Pierretta trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Pierretta nel mese di Luglio 2025 vicino alla Costellazione del Sagittario
(221) Eos
Scoperta e nomenclatura
Il 18 gennaio 1882 Johann Palisa, a Vienna, scoprì l’asteroide che battezzò Eos, la dea dell’Aurora: nome evocativo perché l’inaugurazione del nuovo osservatorio di Vienna veniva celebrata come “alba” di una stagione scientifica. Più tardi si scoprì che attorno a Eos orbita una folta schiera di frammenti: la famiglia asteroidale Eos porta il suo nome.
Parametri orbitali
Eos percorre un’orbita con semiasse 3,012 UA, eccentricità 0,101 e inclinazione 10,9°; il periodo di rivoluzione è 5,23 anni. La posizione, appena oltre la risonanza con Giove, è dinamicamente stabile e ospita migliaia di membri della sua famiglia.
Caratteristiche fisiche e composizione
Le misure infrarosse indicano un diametro medio di 104 ± 6 km. Il suo spettro la classifica come K-type, ricco di rocce basaltiche; questo suggerisce che Eos sia un frammento di crosta di un progenitore differenziato.
Analisi fotometrica e periodo di rotazione
Le campagne fotometriche multi-decennali convergono su un periodo sinodico di 10,443 h con ampiezza ~0,18 mag, compatibile con un ellissoide poco allungato.
Dinamica orbitale e interazioni gravitazionali
Eos è il progenitore della sua omonima famiglia: migliaia di frammenti si distribuiscono in un ventaglio di semiasse 2,95–3,10 UA. I più piccoli derivano lentamente sotto l’effetto Yarkovsky finendo nelle risonanze con Giove; molti vengono espulsi, ma il corpo principale rimarrà stabile per l’età residua del Sistema Solare.
Come e quando osservarlo
(221) Eos sarà in opposizione il 17 di Luglio, momento nel quale raggiungerà magnitudine 11.5. Il suo moto sarà di 0.55 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo Eos trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Eos nel mese di Luglio 2025 nella Costellazione del Sagittario
(115) Thyra
Scoperta e nomenclatura
James Craig Watson scoprì Thyra il 6 agosto 1871 dall’osservatorio di Ann Arbor e lo dedicò alla regina danese Thyra, moglie di re Gorm il Vecchio. È uno dei pochi asteroidi con un nome di derivazione storica nordica.
Parametri orbitali
Thyra orbita con semiasse maggiore 2,381 UA, eccentricità 0,192 e inclinazione 11,6°, completando il percorso in 3,67 anni. Il perielio scende a 1,92 UA; il ’MOID con Marte rimane superiore a 0,17 UA, perciò l’asteroide, pur avvicinandosi al pianeta rosso, non attraversa l’orbita marziana.
Caratteristiche fisiche e composizione
Thyra misura 80 ± 2 km di diametro e presenta un’albedo di 0,22. Spettralmente Thyra appartiene alla classe S, con una composizione che lo rende analogo potenziale delle condriti ordinarie H.
Analisi fotometrica e periodo di rotazione
Il periodo sinodico consolidato è 7,241 h, confermato da numerose curve di luce. L’ampiezza varia fra 0,25 e 0,35 mag, e la modellazione da occultazioni e da fotometria suggerisce una forma ellissoidale con superficie a riflettività disomogenea.
Dinamica orbitale e interazioni gravitazionali
Con perielio sotto 2 UA e inclinazione oltre 11°, Thyra si trova in un corridoio incrociato da risonanze secolari minori ma rimane fuori dalle più pericolose. L’effetto Yarkovsky, irrilevante per 80 km, non ne sposterà la traiettoria; eventuali frammenti minori potrebbero invece migrare verso le risonanze più potenti e detabilizzanti per diventare near-Earth, ma il corpo principale resterà confinato nella fascia interna.
Come e quando osservarlo
(115) Thyra sarà in opposizione il 21 di Luglio, momento nel quale raggiungerà l’undicesima magnitudine. Il suo moto sarà di 0.69 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo Thyra trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Thyra, sotto l’asteroide Pierretta, nel mese di Luglio 2025 nella Costellazione del Sagittario
Asteroidi del mese di Giugno 2025 – (5) Astraea
Scoperta e nomenclatura
L’asteroide (5) Astraea fu individuato l’8 dicembre 1845 da Karl Ludwig Hencke, un impiegato postale prussiano che, per puro diletto, passava le nottate al telescopio installato sul tetto della propria abitazione a Driesen. Per quasi quarant’anni, dopo la scoperta di 4 Vesta, la comunità astronomica si era convinta che la “serie dei pianetini” fosse chiusa; l’apparizione di Astraea colse quindi di sorpresa gli osservatori professionisti e rilanciò la caccia nella fascia principale. Hencke battezzò il nuovo corpo con il nome della vergine simbolo della Giustizia, Astraea (vergine delle stelle), segnando la ripresa della tradizione mitologica inaugurata da Piazzi. L’astronomo dilettante ricevette perfino una piccola pensione da Federico Guglielmo IV di Prussia: un riconoscimento pubblico raro, che fece rapidamente il giro delle accademie europee.
Parametri orbitali
Astraea si colloca su di un’orbita con semiasse maggiore di 2,576 UA, eccentricità 0,187 e inclinazione 5,35 gradi sul piano dell’eclitica. Il perielio raggiunge 2,093 UA, mentre l’afelio tocca 3,060 UA; il periodo siderale è pari a 4,14 anni. La traiettoria resta al di fuori delle principali lacune di Kirkwood, ma è lambita da risonanze di ordine superiore che modulano lentamente eccentricità e inclinazione senza compromettere la stabilità dell’orbita.
Caratteristiche fisiche e composizione
Le misure indicano un diametro medio di circa 125 km e un’albedo geometrica compresa fra 0,23 e 0,24, valore elevato per un asteroide di tipo roccioso. L’analisi delle perturbazioni gravitazionali su piccole masse vicine fornisce una densità attorno a 3,1 g cm³, coerente con un interno silicatico scarsamente poroso e una modesta frazione metallica. Lo spettro di riflettanza, dominato dalle bande di olivina e pirosseno a 1 e 2 µm, colloca Astraea nella classe tassonomica S. La mineralogia ricorda le condriti ordinarie di tipo H, suggerendo una crosta basaltica moderatamente evoluta.
Analisi fotometrica e periodo di rotazione
Oltre seimila osservazioni fissano un periodo rotazionale di 16,801 ore. L’ampiezza media della curva di luce, compresa fra 0,24 e 0,30 magnitudini, implica un rapporto assiale di circa 1,25:1 e quindi una forma poco allungata; l’inversione delle curve di luce individua un polo eclittico vicino a λ = 115 °, β = 55 °, segno che l’asse di rotazione è inclinato di circa 33 gradi, il che conferisce all’asteroide stagioni non particolarmente pronunciate.
Dinamica orbitale e contesto collisivo
Astraea non possiede una vera famiglia collisionale. Gli algoritmi di clustering mostrano soltanto un lieve addensamento di piccoli corpi, la spiegazione più plausibile è che quegli oggetti non derivino da una sola collisione su Astraea; piuttosto, si sono avvicinati progressivamente alla sua orbita spinti dall’effetto Yarkovsky che li ha fatti scivolare in risonanze di ordine elevato con Giove. Queste risonanze, a loro volta, hanno “catturato” gli asteroidi rallentandone la deriva e creando un addensamento intorno ai parametri orbitali di Astraea.
Come e quando osservarlo
(5 Astraea) sarà in opposizione il 5 di Giugno, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 10.6. Il suo moto sarà di 0,60 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo Astraea trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.
Asteroidi del mese di Maggio 2025 – (3) Juno (pt.02)
Scoperta e nomenclatura
(3) Juno fu scoperto il 1 settembre 1804 dall’astronomo tedesco Karl Ludwig Harding nell’osservatorio privato di Lilienthal, appena fuori Brema. L’annuncio arrivò in un momento di fervente attività: Pallas era stato scoperto soltanto pochi anni prima, e l’idea che tra Marte e Giove potesse orbitare un’intera “famiglia” di piccoli pianeti stava prendendo forma. Harding scelse il nome della regina degli dèi dell’olimpo, inaugurando così la consuetudine di attingere alla mitologia classica per la nomenclatura dei pianetini.
Parametri orbitali
Il semiasse maggiore di Juno misura 2,67 UA, con un’eccentricità insolitamente elevata di 0,256 che porta il perielio a 1,98 UA e l’afelio a 3,36 UA. L’inclinazione orbitale raggiunge 12,97 gradi, valore che lo colloca appena al di fuori dei più popolati piani mediani della fascia principale interna. L’evoluzione secolare del perielio è modulata da risonanze di ordine elevato con Giove, mentre piccole variazioni nell’eccentricità suggeriscono passaggi ripetuti in prossimità dello “stiramento” ν6 di Saturno, una risonanza secolare che agisce come un lungo “tirante gravitazionale” amplificandone lentamente l’eccentricità.
Caratteristiche fisiche
Le dimensioni di Juno sono state determinate combinando fotometria nel vicino infrarosso con misurazioni nell’infrarosso termico medio, la banda spettrale (circa 5–25 µm) in cui l’asteroide non riflette la luce solare ma la riemette come calore, permettendo di stimarne direttamente temperatura ed emissione termica. Le osservazioni convergono su di un diametro medio di 248 ± 5 km e su un’albedo geometrica intorno a 0,24, sostanzialmente più alta della media degli asteroidi di tipo S. La densità oscilla fra 3,0 e 3,3 g cm³: valori compatibili con un corpo parzialmente metallico o, più verosimilmente, con un interno ricco in silicati a grana fine ma scarsamente poroso. Gli spettri di riflettanza indicano la presenza di olivina e pirosseni ferrosi, inquadrando Juno nella classe tassonomica S, con mineralogia simile alle condriti H poco alterate.
Curve di luce, periodo di rotazione e forma
Le prime curve di luce di Juno, pubblicate da H. Russell già nel 1904, indicavano un periodo vicino a sette ore; l’analisi moderna evidenzia un periodo di rotazione di 7,209 ± 0,000005 h e un’ampiezza media di 0,90 magnitudini. Una variazione così ampia comporta un rapporto assiale di circa 1,5:1 e suggerisce un profilo irregolare con un grande rilievo su uno dei due emisferi. Inversioni delle curve di luce fissano il polo eclittico approssimativamente a longitudine 122° e latitudine 28°, una configurazione che comporta stagioni insolitamente accentuate per un corpo di medie dimensioni.
Appartenenza a una famiglia asteroidale
Pur essendo un oggetto di grandi dimensioni e con un’eccentricità insolitamente alta, Juno non è circondato da un insieme consistente di frammenti che ne condividano l’origine; in altre parole non forma una vera famiglia genetica.
Con questa espressione si indica un gruppo di corpi che presenta semiasse maggiore, eccentricità e inclinazione molto simili perché deriva dalla frammentazione di un unico corpo progenitore. Gli asteroidi “consanguinei” condividono quindi la stessa orbita di base e, a distanza di milioni di anni, continuano a rimanere raggruppati nello spazio dei parametri orbitali. Quando un oggetto massiccio viene distrutto, i suoi frammenti si allontanano con velocità relative di poche decine o centinaia di metri al secondo: questo valore è piccolo rispetto alle velocità orbitali (chilometri al secondo), perciò l’insieme dei frammenti resta concentrato e riconoscibile; se l’addensamento osservato è debole o spiegabile con altri meccanismi dinamici, non si parla di famiglia genetica vera e propria.
Nel caso di Juno l’analisi dei cluster mostra solo un modesto addensamento di piccoli asteroidi nelle vicinanze dei suoi parametri orbitali, e le integrazioni orbitali retrograde indicano che tali oggetti sono probabilmente entrati a far parte di quella regione perché intrappolati in risonanze di ordine elevato con i pianeti, e non perché siano schegge prodotte da un singolo impatto catastrofico.
Come e quando osservarlo
(3 Juno) sarà in opposizione il 14 Maggio, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 10.1. Il suo moto sarà di 0,55 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo Juno trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Juno in opposizione il 14 maggio.
(4) Vesta (pt.01)
Scoperta e nomenclatura
Il 29 marzo 1807 Heinrich Wilhelm Olbers, già celebre per la scoperta di (2) Pallas, riconobbe un oggetto insolitamente brillante nel cielo di Brema: lo battezzò Vesta in onore della dea romana del focolare. L’asteroide fu il quarto scoperto e, per luminosità, destò immediatamente l’interesse della comunità scientifica; Gauss – che in quell’epoca stava perfezionando i metodi di calcolo orbitale – ne predisse con grande accuratezza la posizione, aiutando Olbers a confermarne la natura di corpo appartenente alla fascia principale.
Parametri orbitali
Vesta percorre un’orbita compresa fra 2,15 UA al perielio e 2,57 UA all’afelio, con semiasse maggiore di 2,36 UA, eccentricità di 0,089 e inclinazione di 7,14 gradi sull’eclittica; completa una rivoluzione in 3,63 anni terrestri, muovendosi a una velocità media di 19,3 km s. Questi valori la collocano nella fascia principale interna, fuori dalle risonanze maggiori con Giove, in una regione dinamicamente stabile. L’asteroide è troppo massiccio perché l’effetto Yarkovsky ne alteri sensibilmente il semiasse maggiore, mentre i membri più piccoli della sua famiglia migrano di qualche centesimo di UA per milione di anni, spiegando l’allineamento dei vestoidi con le “porte” dinamiche che alimentano la popolazione near-Earth. Il momento d’inerzia basso e la regolazione mareale interna hanno mantenuto l’assetto rotazionale in equilibrio: non si registrano drift YORP misurabili sul periodo di 5,34 h, in accordo con le previsioni teoriche per corpi di centinaia di chilometri.
Caratteristiche fisiche
Le misure della sonda Dawn hanno fissato il diametro medio a 525 km, con assi principali di 572 × 557 × 446 km e massa di 2,59 × 10²⁰ kg; la densità di 3,46 g cm³ conferma la presenza di un nucleo metallico di Fe-Ni del raggio di circa 110 km, sovrastato da mantello silicatico e crosta basaltica. Vesta rappresenta quindi un protopianeta differenziato rimasto quasi intatto sin dalle prime fasi di formazione dei pianeti terrestri. Le immagini ad alta risoluzione di Dawn hanno inoltre rivelato il gigantesco bacino polare Rheasilvia, largo 505 km e profondo oltre 20 km, la cui vetta centrale di 22 km figura fra i rilievi più alti del Sistema Solare. L’impatto che lo generò espulse circa l’1 per cento del volume dell’asteroide, aprendo squarci sul mantello e lasciando cicatrici tettoniche come il sistema di Divalia Fossa. Analisi geologiche mostrano inoltre che le colate basaltiche originali sono state coperte da sottili strati di materiale carbonioso scuro, depositato da impattanti primitivi.
Connessione coi meteoriti HED
Lo spettro di riflettanza, dominato da bande di pirosseno–olivina, colloca Vesta nella rara classe tassonomica V-type. Già dagli anni Settanta si era notato che tale spettro coincide con quello dei meteoriti eucriti, diogeniti e howarditi, i cosiddetti HED. Le analisi isotopiche effettuate su questi meteoriti, corroborate dai dati ricavati dalla sonda Dawn, confermano che essi provengono dalla crosta e dal mantello di Vesta, rendendo l’asteroide l’unico corpo progenitore noto di un’intera classe meteoritica basaltica. Studi del 2024 hanno mostrato come le variazioni di zinco e sodio negli HED riflettano la perdita primordiale di elementi volatili durante la solidificazione del magma vestiano, rafforzando l’interpretazione di Vesta quale “pianeta interno in miniatura”.
Curve di luce, periodo di rotazione e forma
Le curve di luce ricavate da osservazioni telescopiche e dalla stessa sonda Dawn definiscono un periodo di rotazione di 5,342 ± 0,001 ore; l’ampiezza fotometrica varia fra 0,10 e 0,30 magnitudini a seconda della geometria di fase, con un valore medio di circa 0,26 mag alle lunghezze d’onda visibili. La modulazione doppia (bimodale, due massimi e due minimi) indica una forma triassiale. L’asse di rotazione è inclinato di 29 gradi, generando un alternarsi di “stagioni” particolarmente pronunciate.
La famiglia dei Vestoidi
L’impatto che formò il cratere Rheasilvia – e quello precedente di Veneneia – ha espulso milioni di frammenti oggi noti come famiglia Vesta o Vestoidi. Questa popolazione, che supera i 15 000 membri identificati, riempie la regione 2,26–2,48 UA con inclinazioni di 5–8 gradi; la maggioranza della massa è dominata da Vesta stessa (circa il 98 %), seguita da alcuni corpi di decine di chilometri come 63 Ausonia, mentre la stragrande maggioranza misura meno di 10 km. I vestoidi presentano spettri di tipo V-type o, per i frammenti più profondi, J-type ricchi di diogenite, confermando l’origine comune dal mantello e dalla crosta di Vesta. I frammenti più piccoli derivano progressivamente verso semiassi maggiori più piccoli o più grandi per effetto Yarkovsky; quando raggiungono specifiche risonanze, alcuni vengono proiettati verso il sistema solare interno, molti divengono NEA e alcui finiscono per cadere sulla Terra sotto forma di meteoriti HED.
Come e quando osservarlo
(4 Vesta) sarà in opposizione il 1 Maggio, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 5,7. Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (4) Vesta trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.
Il percorso di Vesta nel mese di Maggio. Opposizione 1 Maggio 2025.
Asteroidi del mese di Aprile 2025 – (113) Amalthea
Scoperta e nomenclatura
L’asteroide (113) Amalthea fu scoperto il 12 marzo 1871 dall’astronomo tedesco Robert Luther presso l’Osservatorio di Bilk a Düsseldorf. Fu il 113º asteroide identificato, in un’epoca in cui la fascia principale andava popolandosi rapidamente grazie alle frequenti scoperte. Luther scelse di battezzarlo “Amalthea” in onore della ninfa della mitologia greca Amaltea, nota per aver allattato con il proprio latte di capra il neonato Zeus (Giove).
Parametri orbitali
Amalthea orbita attorno al Sole in circa 3,66 anni. La sua orbita lo colloca nella regione interna della fascia asteroidale (la cosiddetta fascia principale interna), leggermente oltre il gruppo della famiglia Flora. In particolare, Amalthea percorre un’orbita relativamente poco eccentrica e lievemente inclinata sull’eclittica. I suoi elementi orbitali indicano un’orbita stabile lontana da risonanze maggiori: il semi-asse maggiore è di circa 2,376 UA, ben al di sotto della lacuna di Kirkwood del 3:1 con Giove (circa 2,50 UA), mentre il perielio si mantiene a 2,17 UA, dunque non penetra nella regione delle risonanze secolari interne. Alcune analisi più datate l’avevano incluso come membro appartenente alla famiglia di Flora, ma studi successivi hanno evidenziato una diversa origine (come vedremo tra breve) e attualmente Amalthea viene considerato al di fuori delle grandi famiglie classiche.
Il percorso dell’asteroide (113) Amalthea nel mese di aprile nella Costellazione della Vergine. Crediti: in-the-sky.org
Caratteristiche fisiche
Osservazioni effettuate nell’infrarosso e nel visibile hanno permesso di determinare con buona precisione le dimensioni e la natura della superficie di Amalthea. L’asteroide ha un diametro medio di circa 50 km. Si tratta dunque di un corpo di dimensioni intermedie, più grande del 99% circa degli asteroidi noti ma comunque molto più piccolo dei maggiori pianeti nani o degli asteroidi giganti come Cerere o Vesta.
Amalthea ha una superficie insolitamente riflettente, con un albedointorno a 0,24–0,27, valore che suggerisce una composizione di tipo silicaceo (asteroidi di tipo S), indicando che Amalthea riflette oltre un quarto della luce solare incidente; un indice di superficie relativamente brillante, per confronto, asteroidi di tipo carbonaceo, hanno un albedo intorno a 0,05–0,10. La massa di (113) Amalthea non è nota con precisione perché non esistono misurazioni dirette (ad esemepio satelliti stabili o perturbazioni orbitali significative su altri corpi). Tuttavia, ipotizzando una densità coerente con rocce silicacee poco porose, la massa di un sferoide di circa 50 km di diametro risulta dell’ordine di circa 100 trilioni di tonnellate. Si tratta di un valore approssimativo ma utile per inquadrare Amalthea come un corpo in grado di esercitare piccole perturbazioni gravitazionali locali, ma non sufficiente ad assumere forma sferica sotto la propria gravità.
Analisi spettroscopiche dettagliate hanno rivelato una caratteristica peculiare: Amalthea è ricco di olivina. In particolare, studi nella banda 0,3–2,5 µm indicano che il materiale superficiale è composto quasi interamente da olivina, con solo una piccola frazione di pirosseno e pochissimo metallo. Questa composizione suggerisce fortemente che Amalthea non sia un asteroide primitivo monolitico, ma un frammento proveniente dagli strati interni (mantello) di un grande corpo progenitore differenziato.
Curve di luce, periodo di rotazione e forma
Le osservazioni fotometriche di Amalthea – tramite la tecnica delle curve di luce – hanno permesso di determinarne il periodo di rotazione e la forma approssimativa. L’asteroide mostra una variazione periodica della luminosità mentre ruota su se stesso, dovuta alla sua forma non sferica. Le prime misure risalgono alla metà del ’900, ma è soprattutto con osservazioni moderne che si è consolidato il risultato: Amalthea ruota in circa 9,95 ore attorno al proprio asse. Questo valore indica una rotazione relativamente lenta rispetto ai piccoli asteroidi (che spesso ruotano in poche ore), ma abbastanza tipica per un corpo di circa 50 km. L’ampiezza della curva di luce – ossia la differenza tra la magnitudine massima e minima durante una rotazione – è di circa 0,2 magnitudini. Ciò significa che la brillantezza varia di circa il 20% tra i lati più luminosi e più deboli, suggerendo che Amalthea abbia una forma allungata ma non estremamente irregolare. Un’ampiezza di 0,20 mag è consistente con un rapporto tra gli assi del corpo di circa 1,2:1 (ipotizzando un ellissoide triaxiale); in altre parole, Amalthea potrebbe avere una forma oblunga con un asse lungo forse il 20% in più del corto. Effettivamente, osservazioni effettuate durante occultazioni stellari indicherebbero una sagoma ellissoidale marcata. Ad esempio, durante l’occultazione di una stella di magnitudine 10 avvenuta il 14 marzo 2017, varie stazioni osservative registrarono una durata d’occultazione coerente con un profilo molto allungato (rapporto assi di circa 1,5). La direzione dell’asse di rotazione (polo) non è al momento nota con precisione.
Appartenenza a una famiglia asteroidale
Per molto tempo Amalthea fu catalogato genericamente come un asteroide della fascia interna, potenzialmente associato alla numerosa famiglia Flora (data la similitudine dei parametri orbitali). Tuttavia, studi dettagliati della composizione e della dinamica orbitale hanno rivelato uno scenario diverso e Amalthea sembra essere strettamente legato all’asteroide (9) Metis. Metis e Amalthea condividono proprietà orbitali e spettroscopiche che suggeriscono l’origine da un comune evento di frammentazione: entrambi sono asteroidi di tipo S insolitamente ricchi di olivina, cosa rara nella fascia principale, e le loro orbite sono molto simili. Si è quindi ipotizzato che Metis (diametro di circa 190 km) e Amalthea (circa 50 km) siano i due maggiori superstiti di un antico corpo progenitore andato poi distrutto. Secondo questi studi, circa 1 miliardo di anni fa un grande asteroide di dimensioni stimabili tra 300 e 600 km (paragonabile a 4 Vesta in scala) sarebbe stato oggetto di una collisionme catastrofica dalla quale sarebbero nati una miriade di frammenti; col trascorrere del tempo, la grande maggioranza della massa di quel corpo originale è andata perduta, dispersa o ulteriormente frammentata. Gli unici oggetti riconoscibili rimasti sarebbero proprio (9) Metis e (113) Amalthea. Questa possibile famiglia Metis-Amalthea è però talmente erosa ed i membri minori sopravvissuti sono così pochi e di piccola taglia, che nelle analisi di clustering orbitale la coppia non emerge chiaramente come famiglia a sé (viene infatti classificata come “background”). Si tratta di un caso estremo di famiglia “condensata” in pochi oggetti, definita anche coppia asteroidale genetica poiché solo i due maggiori frammenti sono identificabili come correlati.
Le implicazioni dinamiche di questa potenziale appartenenza sono rilevanti. Innanzitutto, la composizione olivinica di Amalthea troverebbe spiegazione naturale se si trattasse di un frammento del mantello del corpo progenitore, mentre Metis potrebbe rappresentare una porzione più interna (mantello profondo o addirittura parte del nucleo, data la presenza di più metallo nel suo spettro). La similarità spettrale indica la possibile provenienza dallo stesso corpo differenziato originario. In secondo luogo, il fatto che la famiglia sia oggi praticamente ridotta a due soli membri principali suggerisce che i frammenti minori siano stati progressivamente eliminati nel tempo, probabilmente da processi dinamici di cui parleremo tra breve.
Dinamica orbitale: risonanze, effetti Yarkovsky-YORP e migrazione
Dal punto di vista dinamico a lungo termine, (113) Amalthea occupa un’orbita stabile nella fascia principale interna. Non si trova in risonanza orbitale significativa con alcun pianeta maggiore: le principali risonanze di Giove in zona (ad esempio la 3:1 a 2,50 UA o la 5:2 a 2,82 UA) sono lontane dalla sua posizione (2,38 UA). Anche le risonanze secolari (che destabilizzano gli asteroidi portandoli in orbite che intersecano quella di Marte) agiscono più vicino, a 2,1 UA e a inclinazioni differenti, quindi Amalthea rimane fuori anche dalla loro portata. Questo significa che Amalthea manterrà un’orbita stabile per centinaia di milioni di anni. Tuttavia, per i piccoli frammenti originatisi dalla sua famiglia collisionale entrano in gioco forze non gravitazionali che possono aver alterato le orbite nel tempo, in particolare l’effetto Yarkovsky. L’effetto Yarkovsky è una debole forza propulsiva prodotta dall’emissione di radiazione termica da parte di un corpo in rotazione: in pratica un asteroide assorbe luce solare e la ri-emette come calore con un leggero ritardo rotazionale. Questo fenomeno, nel corso di milioni di anni, causa una lenta deriva del semiasse maggiore, dipendente dal senso di rotazione, dalle dimensioni del corpo e dalle sue proprietà termiche. Per asteroidi di dimensioni inferiori ai 20 km, la deriva indotta dall’effetto Yarkovsky può essere abbastanza significativa da spostarli gradualmente e farli entrare in zone di risonanza che poi li rimuovono dalla fascia. Nel caso della famiglia di Amalthea, è probabile che dopo la frammentazione iniziale molti piccoli pezzi siano migrati lentamente sotto l’azione dell’effetto Yarkovsky, finendo per entrare in risonanze per poi essere espulsi dalla fascia principale. Questo spiegherebbe perché oggi restano solo Metis e Amalthea: i membri minori potrebbero essere stati dispersi dinamicamente dal combinarsi dell’effetto Yarkovsky e delle risonanze, mente i corpi più grandi come Amalthea stesso, avendo una deriva generata dall’effetto Yarkovsky trascurabile ed essendo distanti dalle risonanze, sarebbero rimasti vicino alla loro posizione originaria.
Un altro effetto correlato è l’effetto YORP (acronimo di Yarkovsky-O’Keefe-Radzievskii-Paddack): una variante dell’effetto Yarkovsky che modifica il periodo di rotazione di un piccolo corpo tramite il momento torcente esercitato dall’emissione termica. L’effetto YORP può accelerare o rallentare la rotazione degli asteroidi di pochi chilometri in tempi geologici, portando alcuni a ruotare molto rapidamente o molto lentamente. Nel caso di Amalthea, date le sue dimensioni, l’effetto YORP è estremamente debole – la sua massa e inerzia sono troppo grandi perché la flebile spinta termica alteri sensibilmente il periodo di 9,95 h in tempi osservabili. Tuttavia, per i frammenti minori della famiglia originaria, l’effetto YORP può aver giocato un ruolo: asteroidi di 1–5 km potrebbero aver subito cambiamenti di spin significativi, portando magari a stati rotazionali caotici o alla frammentazione secondaria se superavano il limite di stabilità, fenomeno noto ad esempio per gli asteroidi formati da blocchi e materiale poco coeso, i cosiddetti asteroidi “rubble pile”.
Come e quando osservarlo
(113 Amalthea) sarà in opposizione il 18 Aprile, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 11. Il suo moto sarà di 0,61 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo 113 Amalthea trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Marzo 2025
(8) Flora
Scoperta e nomenclatura
L’asteroide (8) Flora fu scoperto il 18 ottobre 1847 dall’astronomo britannico John Russell Hind presso l’osservatorio privato di George Bishop, situato a Regent’s Park, Londra. L’oggetto deve il suo nome alla dea romana dei fiori, in accordo con la convenzione ottocentesca di denominare gli asteroidi con riferimenti alla mitologia classica. La scoperta di Flora si inserisce in un periodo di intensa attività nello studio dei corpi minori del Sistema Solare, durante il quale Hind e i suoi contemporanei contribuirono significativamente alla caratterizzazione della fascia principale. Il loro lavoro permise di ampliare la conoscenza sulla distribuzione e sulla natura di questi oggetti, fornendo le prime basi per una classificazione sistematica degli asteroidi.
Parametri orbitali
L’asteroide (8) Flora percorre un’orbita attorno al Sole con un semiasse maggiore di circa 2,2 UA, completando una rivoluzione in 3,26 anni terrestri. L’eccentricità orbitale è pari a 0,15, mentre l’inclinazione rispetto al piano dell’eclittica è compresa tra 5° e 6°, posizionandolo stabilmente nella regione interna della fascia principale. L’analisi dei parametri orbitali di Flora è rilevante anche per il suo ruolo di corpo principale della famiglia asteroidale di Flora, un gruppo di asteroidi che condividono elementi orbitali simili e che si ritiene derivino dalla frammentazione di un progenitore comune. Le dinamiche di questa famiglia risultano di particolare interesse per la correlazione ipotizzata con alcune tipologie di meteoriti condritiche ordinarie rinvenute sulla Terra.
Caratteristiche fisiche
Le osservazioni spettroscopiche e fotometriche indicano che Flora appartiene alla classe degli asteroidi di tipo S, caratterizzati da una composizione ricca di silicati di ferro e magnesio, in particolare olivina e pirosseni, con una frazione di metalli ferrosi. La sua albedo, stimata tra 0,20 e 0,24, è coerente con quella di altri asteroidi di tipo S e risulta significativamente superiore rispetto agli asteroidi di tipo C, caratterizzati da una composizione prevalentemente carbonacea. Questa elevata riflettività consente a Flora di raggiungere magnitudini che ne facilitano l’osservazione, rendendolo uno degli oggetti più luminosi della fascia principale interna. La correlazione tra la composizione di Flora e quella della sua famiglia asteroidale supporta l’ipotesi che questa popolazione derivi dalla disgregazione di un corpo progenitore con analoghe caratteristiche mineralogiche.
Curve di luce, periodo di rotazione e forma
L’analisi delle curve di luce di (8) Flora ha permesso di determinare un periodo di rotazione di circa 12,86 ore. Studi fotometrici condotti nel corso di diverse campagne osservative hanno confermato con buona precisione questo valore, pur evidenziando variazioni minime dovute a differenti condizioni osservative e metodologie di riduzione dei dati.
L’ampiezza della curva di luce suggerisce che Flora possieda una forma irregolare, ma non eccessivamente allungata. Le variazioni periodiche di luminosità sono attribuibili a disomogeneità superficiali, probabilmente riconducibili a crateri, rilievi e altre strutture morfologiche risultanti da impatti avvenuti nel corso della sua storia evolutiva.
Come e quando osservarlo
(8 Flora) sarà in opposizione il 12 Marzo, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 9,7. Il suo moto sarà di 0,71 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (8) Flora trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.
(18) Melpomene
Scoperta e nomenclatura
La scoperta di (18) Melpomene si colloca nello stesso fervente contesto scientifico che, pochi anni prima, aveva portato all’individuazione di (8) Flora. Come quest’ultimo, anche Melpomene fu individuato dall’astronomo britannico John Russell Hind presso l’osservatorio privato di George Bishop a Regent’s Park, Londra. L’oggetto venne identificato il 24 giugno 1852, in un periodo in cui la catalogazione sistematica degli asteroidi stava prendendo forma, grazie ai progressi nella strumentazione astronomica e alla crescente attenzione verso i corpi minori del Sistema Solare.
Il nome Melpomene, assegnato secondo la consolidata tradizione ottocentesca di ispirarsi alla mitologia classica, fa riferimento alla musa greca della tragedia e questa scelta si inserisce nella stessa logica culturale che aveva portato alla denominazione di (8) Flora, dedicato alla dea romana dei fiori.
La scoperta di Melpomene contribuì ulteriormente alla comprensione della fascia principale, che stava emergendo come una struttura dinamicamente complessa e scientificamente rilevante.
Parametri orbitali
I dati orbitali attuali descrivono un’orbita con semiasse maggiore di circa 2,30 UA, collocando stabilmente (18) Melpomene nella regione centrale della fascia principale. Il periodo di rivoluzione attorno al Sole è di circa 3,5 anni terrestri (pari a circa 1280 giorni).
L’eccentricità orbitale, compresa tra 0,20 e 0,25, indica un’orbita moderatamente ellittica, mentre l’inclinazione di circa 10° rispetto all’eclittica è relativamente elevata per un asteroide della fascia principale. L’analisi orbitale di (18) Melpomene è di particolare interesse per lo studio della distribuzione e dell’evoluzione delle popolazioni asteroidali, nonché per la caratterizzazione delle interazioni gravitazionali all’interno della fascia principale.
Caratteristiche fisiche
Dal punto di vista tassonomico, (18) Melpomene appartiene alla classe S, caratterizzata da una composizione dominata da silicati di ferro e magnesio, come olivina e pirosseni, con una frazione di metalli ferrosi. Le analisi spettroscopiche nel visibile e nel vicino infrarosso confermano la presenza delle tipiche bande di assorbimento associate a questi minerali, rafforzando l’ipotesi che gli asteroidi di tipo S siano i progenitori di una parte significativa dei meteoriti condritici ordinari rinvenuti sulla Terra.
Il diametro medio dell’asteroide è stimato in circa 140 km, un valore che lo colloca nella categoria degli asteroidi di medie dimensioni della fascia principale. L’albedo geometrica, coerentemente con altri oggetti della classe S, varia tra 0,20 e 0,26, a seconda della lunghezza d’onda considerata nelle osservazioni fotometriche. Questa elevata riflettività, rispetto agli asteroidi carbonacei di tipo C, contribuisce alla relativa brillantezza di Melpomene durante le opposizioni più favorevoli.
Curve di luce, periodo di rotazione e forma
L’ampio database di osservazioni fotometriche raccolte tra il XX e il XXI secolo consente di determinare con buona precisione il periodo di rotazione di (18) Melpomene, stimato in 11,57 ore. I dati, pubblicati in diverse edizioni del Minor Planet Bulletin e registrati nell’Asteroid Lightcurve Database (LCDB), indicano un’ampiezza della curva di luce compresa tra 0,4 e 0,5 magnitudini.
Queste variazioni di luminosità suggeriscono che l’asteroide abbia una forma irregolare, riconducibile a un ellissoide triaxiale, con asperità e strutture superficiali quali crateri e rilievi. L’interpretazione delle curve di luce, supportata da tecniche di inversione fotometrica, permette di delineare un quadro morfologico coerente con la storia collisionale degli asteroidi della fascia principale. Sebbene questi metodi non possano sostituire un’osservazione diretta, forniscono comunque informazioni fondamentali sulla rotazione e sulla distribuzione delle irregolarità superficiali di Melpomene e più in generale sugli asteroidi.
Come e quando osservarlo
Grazie alla sua elevata albedo e alla posizione orbitale, (18) Melpomene raggiunge, nelle opposizioni più favorevoli, luminosità tali da renderlo visibile anche con telescopi di piccola apertura. Melpomene sarà in opposizione il 24 di Marzo, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 7.9. Il suo moto sarà di 0,68 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (18) Melpomene trasformarsi in una bella striscia luminosa di quasi 27 secondi d’arco.
Febbraio 2025
L’asteroide (29) Amphitrite: storia, caratteristiche e curiosità
Un’illustre scoperta nell’Inghilterra vittoriana
(29) Amphitrite fu individuato il 1º marzo 1854 da Albert Marth dall’osservatorio privato di George Bishop a Regent’s Park, Londra. All’epoca, l’Osservatorio di Bishop era già noto per alcune rilevanti scoperte, fra le quali (7) Iris nel 1847, individuato da John Russell Hind. Il nome “Amphitrite” (in italiano “Anfitrite”) richiama la figura mitologica della ninfa marina sposa di Poseidone, in linea con la tradizione ottocentesca di associare gli asteroidi a divinità greco-romane. Scoprire asteroidi nell’Inghilterra vittoriana era tutt’altro che semplice, a causa dello smog tipico della rivoluzione industriale e del clima spesso nuvoloso. L’osservatorio di George Bishop, tuttavia, disponeva di attrezzature per il tempo all’avanguardia e di un gruppo di astronomi, che riuscirono a ottenere risultati di grande rilievo.
Parametri orbitali: un’orbita quasi circolare
Le osservazioni e i dati raccolti dal Minor Planet Center e dal JPL Small-Body Database della NASA mostrano che Amphitrite si muove attorno al Sole con un semiasse maggiore di circa 2,55 UA, descrivendo un’orbita completata in circa 4,36 anni terrestri. L’eccentricità è di circa 0,07, un valore basso che evidenzia un’orbita quasi circolare. L’inclinazione del piano orbitale, di circa 6,1° rispetto all’eclittica, è relativamente modesta.
Caratteristiche fisiche: Un grande S-type
Amphitrite appartiene alla categoria degli asteroidi di tipo S, composti prevalentemente da silicati di ferro e magnesio e dotati di un’albedo media intorno allo 0,20, valore superiore rispetto a quello tipico degli asteroidi di tipo C (carbonacei). Il diametro medio di (29) Amphitrite è stato stimato in circa 212 km, mentre la magnitudine assoluta (H) si aggira intorno a 7,9, valori che ne fanno uno degli oggetti più luminosi e massicci fra i rocciosi presenti nella fascia principale. Queste caratteristiche lo rendono interessante sia sotto il profilo astronomico sia sotto quello planetologico, poiché gli asteroidi di notevoli dimensioni possono fornire informazioni preziose sulla composizione e sull’evoluzione primordiale del Sistema Solare. A differenza dei frammenti più piccoli, che possono essere stati distrutti o profondamente alterati da collisioni e processi termici, gli asteroidi massicci sono in grado di conservare al loro interno tracce dei processi di accrezione e differenziazione avvenuti miliardi di anni fa.
Un esempio notevole è (4) Vesta, uno degli asteroidi più grandi della fascia principale, il cui studio (anche grazie alla missione Dawn della NASA) ha rivelato prove di una parziale fusione interna e della formazione di un nucleo ferroso. Tali evidenze suggeriscono che, quando un corpo raggiunge certe dimensioni, può trattenere abbastanza calore da innescare processi di differenziazione (separazione di materiali più pesanti verso l’interno e di quelli leggeri verso la superficie). Gli strati così formati—nucleo, mantello e crosta—rimangono come “registro geologico” di eventi verificatisi nelle prime fasi di vita del Sistema Solare.
Confrontando la composizione chimica, la mineralogia e le firme isotopiche dei grandi asteroidi, con quelle riscontrate nei meteoriti (molti dei quali sono frammenti distaccatisi nel tempo proprio da corpi maggiori), diventa possibile ricostruire i meccanismi di formazione planetaria, i tempi in cui si sono verificati i diversi processi termici e la sequenza degli impatti che ha caratterizzato la fascia principale e questo fornisce indizi fondamentali sulla distribuzione iniziale degli elementi e sul graduale assemblaggio dei protopianeti, facendo luce sull’evoluzione complessiva del nostro Sistema Solare.
Curve di luce, periodo di rotazione e forma
Dalle molteplici campagne osservative emerge che (29) Amphitrite possiede un periodo di rotazione di circa 5,39 ore. Le curve di luce indicano un’ampiezza di variazione compresa in genere fra 0,2 e 0,4 magnitudini, a seconda dell’angolo di fase e delle condizioni di osservazione. Tale regolarità suggerisce che l’asteroide ruoti in maniera abbastanza uniforme, pur lasciando spazio a possibili irregolarità superficiali. L’analisi fotometrica, infatti, da sola non è sufficiente a definire con esattezza la morfologia del corpo, tuttavia può fornire buoni indizi su forma e orientamento dell’asse di rotazione attraverso il processo di inversione delle curve di luce.
L’inversione delle curve di luce è una tecnica di analisi fotometrica che permette di ricostruire la forma tridimensionale e l’orientamento dell’asse di rotazione di un asteroide utilizzando una serie di misurazioni di luminosità raccolte in differenti apparizioni e da diversi osservatori. Come ben sappiamo, quando un asteroide ruota, la quantità di luce che riflette (ossia la sua magnitudine apparente) varia leggermente in funzione dell’angolo di visione e della geometria lluminazione/osservatore. Registrando queste variazioni (le “curve di luce”) e combinandole con un appropriato modello matematico, si riesce a risalire alla geometria della rotazione ed alla forma generale del corpo. Per ottenere un modello accurato servono osservazioni fotometriche in più fasi orbitali (idealmente anche distribuite su diverse opposizioni), in modo che l’asteroide venga “visto” sotto molteplici angoli. Le procedure di inversione consentono di stimare gli assi principali di un eventuale ellissoide (o poliedro) che meglio approssima il corpo reale e di individuare il polo di rotazione in coordinate eclittiche.
Nel caso di (29) Amphitrite, la forma ricostruita non risulta eccessivamente irregolare; i modelli attuali descrivono Amphitrite come un solido triaxiale con rapporto fra gli assi abbastanza vicino a 1: in altre parole, non è un corpo estremamente “piatto” o “allungato”, ma presenta comunque differenze di dimensione misurabili fra un asse e l’altro. Le soluzioni di inversione, disponibili in database come il DAMIT (Database of Asteroid Models from Inversion Techniques) e citate in articoli pubblicati sul Minor Planet Bulletin, indicano inoltre che l’asse di rotazione di Amphitrite è inclinato di diversi gradi rispetto all’eclittica, con un valore di longitudine e latitudine del polo che rientra in un range di soluzioni molto simili tra loro.
Come e quando osservarlo
In occasione di opposizioni particolarmente favorevoli, Amphitrite può arrivare a magnitudini di circa 8, valore sufficiente per consentire l’osservazione con telescopi di piccola o media apertura e, a volte, persino con binocoli di buona qualità.
(29) Amphitrite sarà in opposizione il 12 Febbraio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 9.2. Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (29) Amphitrite trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.
Riferimenti bibliografici
Le informazioni citate derivano dai dati ufficiali riportati dal Minor Planet Center (https://minorplanetcenter.net/), dal JPL Small-Body Database (https://ssd.jpl.nasa.gov/tools/sbdb_lookup.html#/) e dai lavori di fotometria pubblicati sul Minor Planet Bulletin. Dati relativi alle composizioni e alle classificazioni degli asteroidi di tipo S e dei meteoriti condriti ci sono disponibili presso i database della NASA (PDS) e della USGS.
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Gennaio 2025
Il mese di gennaio 2025 offre un’opportunità unica per osservare alcuni dei più affascinanti asteroidi visibili nel nostro cielo. Con condizioni favorevoli e momenti di opposizione ideali, diversi corpi celesti si mostrano al massimo della loro brillantezza, rendendosi accessibili anche agli astrofili dotati di strumentazione amatoriale. Tra i protagonisti del mese troviamo il carbonaceo (79) Eurynome, il massiccio (14) Irene e l’interessante NEA (887) Alinda, che effettuerà un passaggio ravvicinato alla Terra. Questo articolo ti guiderà alla scoperta delle loro caratteristiche e dei momenti migliori per osservarli, con utili suggerimenti tecnici per ottimizzare le tue osservazioni. Prepara il telescopio e scopri insieme a noi il fascino di questi piccoli giganti del sistema solare.
(79) Eurynome
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.400 giorni (3.83 anni) ad una distanza compresa tra le 1.98 e le 2.91 unità astronomiche (rispettivamente, 296.203.784 Km al perielio e 435.329.804 Km all’afelio). Deve il suo nome Eurinome, spesso identificata come una divinità o una ninfa che, unendosi a Zeus, generò le Cariti (o Grazie). Scoperto il 14 settembre 1863 dall’astronomo James Craig Watson presso l’Osservatorio di Ann Arbor (Michigan, USA), (79) Eurynome misura all’incirca 70 Kilometri di diametro ed è classificato come un asteroide di tipo C (carbonaceo) o X, a seconda delle diverse classificazioni: ciò indica probabilmente una composizione ricca di carbonio e/o di composti metallici. (79) Eurynome sarà in opposizione il 7 di Gennaio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.3, il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (79) Eurynome trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
(79) Eurynome Crediti: https://in-the-sky.org/
(675) Ludmilla
Sempre il 7 di gennaio avremo in opposizione (675) Ludmilla, un asteroide di fascia principale di circa 70 Km che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.20 e le 3.33 unità astronomiche (rispettivamente, 329.115.316 Km al perielio e 498.160.909 Km all’afelio). L’origine del nome non è certa, ma “Ludmilla” (o “Ljudmila”, “Ludmila”) è un nome femminile slavo piuttosto diffuso. Potrebbe riferirsi a Santa Ludmilla di Boemia (una santa ceca del IX-X secolo) o semplicemente al significato del nome slavo (spesso tradotto come “cara al popolo”). E’ stato scoperto da J. H. Metcalf il 30 Agosto del 1908. Al momento dell’opposizione raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 11.2. Il suo moto sarà di 0,64 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (675) Ludmilla trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
(675) Ludmilla Crediti: https://in-the-sky.org/
(14) Irene
(14) Irene è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.520 giorni (4.16 anni) ad una distanza compresa tra le 2.16 e le 3.02 unità astronomiche (rispettivamente, 323.131.401 Km al perielio e 451.785.570 Km all’afelio). Deve il suo nome a Eirene, Divinità personificazione della pace. Scoperto da John Russel Hind il 19 Maggio 1851, questo grande asteroide (all’incirca 152 Kilometri di diametro) è classificato come asteroide di tipo S, caratterizzato da una composizione ricca di silicati ferrosi, nichel e ferro metallico. Sarà in opposizione il 10 di Gennaio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 9.7. Il suo moto sarà di 0,66 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (14) Irene trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
(14) Irene Crediti: https://in-the-sky.org/
(51) Nemausa
(51) Nemausa è un grande asteroide di fascia principale di circa 150Km che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.330 giorni (3.64 anni) ad una distanza compresa tra le 2.21 e le 2.52 unità astronomiche (rispettivamente, 330.611.294 Km al perielio e 376.986.634 Km all’afelio). Deve il suo nome alla città francese di Nîmes. E’ stato scoperto da Joseph Jean Pierre Laurent il 22 Gennaio 1858. Studi fotometrici e spettroscopici suggeriscono che possa rientrare tra i tipi carbonacei (C/G), con un albedo piuttosto basso tipico di questo tipo di asteroidi. (51) Nemausa raggiungerà l’opposizione il 17 Gennaio, momento nel quale raggiungerà magnitudine 10.7. Il suo moto sarà di 0,67 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini, anche in questo caso, potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4/5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (51) Nemausa trasformarsi in una bella striscia luminosa di 27 secondi d’arco.
(51) Nemausa Crediti: https://in-the-sky.org/
(887) Alinda
(887) Alinda è un asteroide NEA (Near Earth Asteroid) appartenente al gruppo Amor, scoperto il 3 gennaio 1918 dall’astronomo tedesco Max Wolf presso l’Osservatorio di Heidelberg, in Germania. Deve il suo nome all’antica città di Alinda, situata nella storica regione della Caria, nell’odierna Turchia. È noto per aver dato il nome al gruppo Alinda, un insieme di asteroidi accomunati da specifiche caratteristiche orbitali legate a una risonanza orbitale con Giove. L’orbita di (887) Alinda ha un semiasse maggiore di circa 2,5 unità astronomiche e un’eccentricità piuttosto elevata. Questo lo pone vicino alla risonanza 3:1 con Giove, un fenomeno per cui il rapporto fra i tempi di rivoluzione di Alinda e del pianeta gigante è pari a tre a uno. Tale risonanza tende a far aumentare l’eccentricità dell’asteroide nel tempo, portandolo progressivamente a intersecare le orbite dei pianeti interni, compresa quella della Terra. Sebbene ciò non lo classifichi come un oggetto immediatamente pericoloso, rappresenta comunque un interessante esempio di come l’influenza gravitazionale di Giove possa modificare l’orbita di un corpo minore con il passare dei millenni. Dal punto di vista della composizione, Alinda è considerato un asteroide di tipo S, prevalentemente roccioso, composto da silicati ferrosi e nichel-ferro. Il suo diametro stimato è di circa 4.2 chilometri, abbastanza grande da renderlo osservabile anche con strumentazione amatoriale nei periodi di migliore visibilità.
(887) Alinda Crediti: https://in-the-sky.org/
L’8 di gennaio (887) Alinda effettuerà un passaggio ravvicinato transitando a 0.082 unità astronomiche dalla terra, poco più di 12 milioni di kilometri, raggiungendo la nona magnitudine e rimanendo osservabile anche nei giorni successivi. I giorni precedenti il passaggio il NEA viaggerà intorno ai 6 secondi d’arco al minuto, per poi accellerare fino a raggiungere gli 8.4 arcosecondi al minuto. Per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini, dovremo quindi utilizzare utilizzare tempi di esposizione non superiori ai 20 secondi.
Le effemeridi per il proprio sito osservativo potranno essere calcolate utilizzando il Minor Planet Ephemeris Service:
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Dicembre 2024
Con l’arrivo di dicembre, il cielo ci regala un’opportunità imperdibile per osservare alcuni tra gli asteroidi più affascinanti della fascia principale, che raggiungono la loro opposizione durante questo mese quindi si trovano, rispetto alla Terra, nel punto opposto al Sole che può così illuminarli per l’interezza.
La rubrica “Asteroidi” vi guida attraverso gli appuntamenti del mese, fornendo dettagli sulle caratteristiche e le curiosità di questi corpi celesti. Con mappe stellari, consigli per le osservazioni e specifiche tecniche di ripresa, potrete seguire il moto degli asteroidi e, magari, catturare la loro traccia luminosa con una lunga esposizione.
Di seguito, il calendario degli asteroidi in opposizione a dicembre, ognuno con una storia affascinante e caratteristiche uniche. Preparate telescopi e fotocamere per vivere un viaggio attraverso il Sistema Solare, restando seduti comodamente sotto il cielo invernale. Buone osservazioni!
(13) Egeria
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.510 giorni (4.13 anni) ad una distanza compresa tra le 2.36 e le 2.80 unità astronomiche (rispettivamente, 535.050.973 Km al perielio e 418.874.036 Km all’afelio). Deve il suo nome a Egeria, Divinità protettrice delle nascite e delle acque sorgive. Scoperto da Annibale de Gasparis il 2 Novembre 1850, questo grande asteroide, che misura all’incirca 220 Kilometri di diametro, appartiene alla classe spettrale G. Gli asteroidi di questo tipo sono ricchi di materiali carboniosi e silicati idrati, indicando una possibile presenza di acqua. (13) Egeria sarà in opposizione il 4 di Dicembre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.1. Il suo moto sarà di 0,71 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (13) Egeria trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.
Il percorso e la posizione dell’asteroide (13) Egeria in dicembre nella Costellazione di Perseo. Mappa https://in-the-sky.org/
(15) Eunomia
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.570 giorni (4.30 anni) ad una distanza compresa tra le 2.15 e le 3.14 unità astronomiche (rispettivamente, 321.635.421 Km al perielio e 469.737.312 Km all’afelio). E’ il membro più grande dell’omonima famiglia di Asteoridi e deve il suo nome a Eunomia, antica divinità Greca. Una delle Ore, Figlia di Zeus e di Temi, Eunomia era la personificazione della legalità e del buon governo. Scoperto da Annibale de Gasparis il 29 Luglio 1851, questo imponente asteroide misura circa 250 Km di diametro ed appartiene al tipo S, composto principalmente da silicati, nichel e ferro. (15) Eunomia sarà in opposizione l’8 Dicembre, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 8.2. Il suo moto sarà di 0,66 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5/6 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (15) Eumonia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
La posizione e la traiettoria dell’asteroide (15) Eunomia nel mese di dicembre nella Costellazione dell’Auriga. Mappa https://in-the-sky.org/
(69) Hesperia
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.880 giorni (5.15 anni) ad una distanza compresa tra le 2.47 e le 3.48 unità astronomiche (rispettivamente, 369.506.741 Km al perielio e 520.600.590 Km all’afelio). Deve il suo nome a Esperia, antico nome dell’Italia datole originariamente dai Greci per via della sua posizione occidentale. Scoperto da Giovanni Schiapparelli il 29 Aprile 1861, questo grande asteroide (110 Kilometri di diametro) appartiene al tipo M, una classificazione che suggerisce una composizione ricca di metalli, come nichel e ferro, e talvolta anche di silicati. La sua natura metallica lo rende un interessante oggetto per gli studi sulla differenziazione planetaria, suggerendo che potrebbe essere un frammento del nucleo di un antico protopianeta. (69) Hesperia sarà in opposizione il 15 Dicembre brillando di magnitudine 10.7. Il suo moto sarà di 0,56 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (69) Hesperia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.
La posizione e la traiettoria dell’asteroide (69) Hesperia nel mese di dicembre nella Costellazione di Orione. Mappa https://in-the-sky.org/
(116) Sirona
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.38 e le 3.16 unità astronomiche (rispettivamente, 356.042.932 Km al perielio e 472.729.271 Km all’afelio). Prende il nome da una dea celtica della salute, della guarigione e delle sorgenti. Nella mitologia celtica, Sirona era spesso associata a pozzi e fonti sacre, simboli di purificazione e rinnovamento. Scoperto l’8 settembre 1871 dall’astronomo canadese-americano Christian Heinrich Friedrich Peters, con i suoi “soli” 71 Kilometri di diametro non è certamente tra i più grandi asteroidi ad oggi conosciuti. E’ un asteroide di tipo S, con una composizione prevalentemente rocciosa e silicatica con presenza di nichel e ferro, caratterizzato da una superficie di medio albedo. (116) Sirona sarà in opposizione il 24 di Dicembre brillando ad una magnitudine di 11.2. Il suo moto sarà di 0,60 secondi d’arco al minuto, quindi, con tempi di esposizione fino a 5 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Volendo ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (116) Sirona trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.
La posizione e la traiettoria dell’asteroide (116) Sirona nel mese di dicembre nella Costellazione dei Gemelli. Mappa https://in-the-sky.org/
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Novembre 2024
(11) Parthenope
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.400 giorni (3.83 anni) ad una distanza compresa tra le 2.21 e le 2.70 unità astronomiche (rispettivamente, 330.611.293 Km al perielio e 403.914.249 Km all’afelio). Deve il suo nome a Parthenope, una delle Sirene nella mitologia Greca che, si narra in una tarda leggenda, morì gettandosi in mare assieme alle sorelle per l’insensibilità del prode Ulisse al loro Canto. Fu scoperto l’11 maggio 1850 dall’astronomo italiano Annibale de Gasparis presso l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte a Napoli. Si tratta dell’undicesimo asteroide catalogato, da cui deriva il numero 11 nel suo nome. Dal punto di vista fisico Parthenope misura 149 kilometri di diametro ed è composto prevalentemente da silicati di ferro e magnesio, con un albedo relativamente alto tipico degli asteroidi di tipo S. Quest’anno sarà in opposizione il 13 Novembre brillando di magnitudine 9.8. Il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, con tempi di esposizione fino a 5 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Per ottenere invece una traccia di movimento dovremo esporre (od integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (11) Parthenope trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide (11) Parthenope nella Costellazione del Toro nel mese di novembre. Crediti in-the-sky.org
(36183) 1999 TX16
Asteroide Near Earth di classe Amor scoperto dal progetto LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research), un programma gestito dal Laboratorio Lincoln del MIT, in collaborazione con l’Aeronautica degli Stati Uniti e la NASA. La scoperta è avvenuta presso il sito di Socorro, New Mexico, nel 1999. LINEAR è uno dei principali contributori alla ricerca sugli asteroidi, responsabile dell’identificazione di una grande quantità di asteroidi NEA-EARTH dagli anni ’90 in poi. Questo asteroide di circa 2,3 chilometri di diametro completa un’orbita attorno al Sole in 706 giorni, con una distanza minima di 1.04 unità astronomiche ed una massima di 2.07 (rispettivamente, 155.581.786 Km al perielio e 309.667.592 Km all’afelio). Il suo periodo di rotazione è di circa 5,61 ore. Ha un’albedo relativamente bassa, con una superficie scura e scarsamente riflettente. La classe spettrale a cui appartiene suggerisce la presenza di materiali organici e possibili composti primitivi. (36183) 1999 TX16 effettuerà un passaggio ravvicinato il 13 novembre 2024 alle ore 12:57UT, a una distanza di circa 20 milioni di chilometri dalla terra raggiungendo magnitudine 13.2. Il suo moto angolare sarà di 12,95 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto risulti puntiforme nelle nostre immagini, dovremo utilizzare tempi di esposizione non superiori a 15 secondi.
Il percorso dell’asteroide (36183) 1999 TX16 nella Costellazione del Toro nel mese di novembre. Crediti in-the-sky.org
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Ottobre 2024
(39) Laetitia
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.46 e le 3.08 unità astronomiche (rispettivamente, 368.010.760 Km al perielio e 460.761.440 Km all’afelio). Deve il suo nome alla divinità Romana Laetitia, personificazione della gioia. Scoperto da Jean Chacornac l’8 Febbraio 1856, (39) Laetitia misura 179 Kilometri di diametro ed ha un’albedo relativamente alto, consueto negli asteroidi di tipo S composti principalmente da silicati di ferro e magnesio, con una possibile presenza di metalli. Quest’anno sarà in opposizione il 7 Ottobre raggiungendo la magnitudine di 9.1. Il suo moto sarà di 0,60 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (39) Laetitia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide (39) Laetitia nel mese di ottobre fra la costellazione dei Pesci e quella della Balena
(19) Fortuna
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.390 giorni (3.81 anni) ad una distanza compresa tra le 2.06 e le 2.83 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.612 Km al perielio e 423.361.972 Km all’afelio). Deve il suo nome alla divinità Romana Fortuna, dea del caso e del destino. Scoperto da John Russell Hind il 22 Agosto 1852, con i suoi 225 Kilometri di diametro è più tra i più grandi asteroidi ad oggi conosciuti. È un asteroide di tipo C, composto principalmente da carbonio e materiali primitivi, caratterizzato da una superficie scura dal basso albedo. Sarà in opposizione il 16 di Ottobre brillando ad una magnitudine di 9.3. Il suo moto sarà di 0,61 secondi d’arco al minuto, quindi, con tempi di esposizione fino a 5 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Volendo ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (19) Fortuna trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Fortuna nel mese di Ottobre nella costellazione dei Pesci
(10) Hygiea
Quarto asteroide per massa e volume e con i suoi di 434 KM di diametro si stima che da solo contenga il 3 % della massa complessiva dell’intera fascia principale. Deve il suo nome alla divinità Greca Hygiea, personificazione della sanità fisica e intellettuale. Scoperto da Annibale Gasparis il 12 Aprile 1849, Hygiea è il quarto Asteoroide della fascia in ordine di grandezza ed il progenitore dell’omonima famiglia che si ritiene nata dall’impatto con un oggetto di grandi dimensioni, avvenuto all’incirca 2 miliardi di fa. La sua superfcie è molto scura, caratteristica questa tipica dei corpi asteoridali di tipo C composti da materiali carbonacei e primitivi. Questo suo basso albedo comporta che nonostante le sue considerevoli dimensioni Hygiea risulti sempre piuttosto debole, raggiungendo la nona magnitudine esclusivemente durante le opposizione più favorevoli. Alcune immagini della sua superficie riprese nel 2017 dal Very Large Telescope hanno rivelato la presenza di due grandi crateri, rispettivamente di 180 e 90 KM di diametro, e di un’area sensibilmente più chiara risultante dell’esposizione di materiale sub-superficiale, probabilmente emerso a seguito di un’impatto. (10) Hygiea sarà in opposizione il 21 Ottobre, brillando ad una magnitudine di 10.5. Il suo moto sarà di 0,51 secondi d’arco al minuto, quindi, anche in nel suo caso, con tempi di esposizione fino a 5 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Volendo ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (10) Hygiea trasformarsi in una bella striscia luminosa di 21 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Hygiea nel mese di ottobre fra le costellazioni dei Gemelli e Ariete
(511) Davida
Il più grande e il più massiccio asteroide della fascia principale ad oggi noti. Compie un’orbita intorno al Sole ogni 2.050 giorni (5.61 anni) ad una distanza compresa tra le 2.56 e le 3.76 unità astronomiche (rispettivamente, 382.970.549 Km al perielio e 562.487.994 Km all’afelio). E’ stato così chiamato in onore di David Peck Todd, astronomo che ha guidato numerose spedizioni internazionali per osservare e documentare le eclissi solari negli anni che vanno dal 1878 al 1919. Scoperto il 30 maggio 1903 dall’astronomo Raymond Smith Dugan, questo imponente asteroide (misura all’incirca 300 Kilometri di diametro) presenta anch’esso una superficie scura, ricca di carbonio, con l’albedo molto basso tipico degli asteroidi di tipo C. (511) Davida sarà in opposizione il 31 di ottobre, momento in cui raggiungerà la magnitudine di 10.4. Il suo moto sarà di 0,53 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto risulti puntiforme nelle nostre immagini, potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (511) Davida trasformarsi in una bella striscia luminosa di 21 secondi d’arco.
Il percorso dell’asteroide Davida nel mese di ottobre sotto la costellazione della Balena
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Settembre 2024
(194) Prokne
Asteroide di fascia principale compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.550 giorni (4.24 anni) ad una distanza compresa tra le 2.00 e le 3.24 unità astronomiche (rispettivamente, 299.195.741 Km al perielio e 411.394.144 Km all’afelio). Deve il suo nome a Prokne, mitica figlia di Pandione re di Atene, sorella di Filomela. Scoperto il 21 marzo 1879 da Christian Heinrich Friedrich Peters, (194) Prokne è un asteroide con un diametro stimato di circa 150 chilometri ed è classificato come un asteroide di tipo C. Gli asteroidi di tipo C sono noti per avere una bassa albedo (riflettività), il che significa che riflettono solo una piccola frazione della luce solare che ricevono a causa della loro superficie scura, ricca di materiali carboniosi. (194) Prokne sarà in opposizione il 2 di Settembre, quando raggiungerà magnitudine 9.5. Il suo moto sarà di 0,88 secondi d’arco al minuto, quindi, con tempi di esposizione fino a 4 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Volendo ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (194) Prokne trasformarsi in una bella striscia luminosa di 35 secondi d’arco.
(20) Massalia
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.370 giorni (3.75 anni) ad una distanza compresa tra le 2.06 e le 2.75 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.612 Km al perielio e 411.394.143 Km all’afelio). Massalia è un asteroide di tipo S, a composizione prevalentemente silicatica. Gli asteroidi di tipo S sono composti principalmente da silicati ferrosi e nichel-ferro ed hanno una superficie relativamente brillante con un’albedo (riflettività) relativamente alta. (20) Massalia è membro della famiglia di asteroidi Masssalia che popola le regioni interne della fascia principale. Si ritiene che la famiglia asteroidale sia nata a seguito di una antica collisione che ha frammentato un corpo progenitore più grande. L’evento catastrofico ha generato numerosi pezzi che hanno poi assunto tutti caratteristiche orbitali simili, e Massalia, con i sui 145 Km di diametro, è il resto più grande. Scoperto da Annibale Gasparis il 19 Settembre 1852, questo grande asteroide raggiungerà l’opposizione il 29 Settembre, momento nel quale raggiungerà magnitudine 9.2. Il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini, anche in questo caso, potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (20) Massalia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
Il percorso durante il mese di settembre dei due asteroidi: Massalia (traccia arancione in alto a sinistra) e Prokne (traccia in basso a destra).
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Agosto 2024
(16) Psyche
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.830 giorni (5.01 anni) ad una distanza compresa tra le 2.53 e le 3.32 unità astronomiche (rispettivamente, 378.482.611 Km al perielio e 496.664.928 Km all’afelio). Deve il suo nome alla mitologica figura di Psyche. Scoperto da Annibale Gasparis il 17 Marzo 1852, questo grande asteroide che misura 226 Kilometri di diametro è composto principalmente da ferro e nichel, con piccole quantità di silicio e altri elementi (Tipo M). il 13 Ottobre 2023 è stata lanciata una sonda robotica che avrà il compito di esplorare (16) Psyche, con arrivo previsto nel 2029. La missione, denominata “Psyche”, ha l’obiettivo di studiare la composizione, la topografia, la gravità e il magnetismo dell’asteroide. (16) Psyche sarà in opposizione il 5 di agosto, momento in cui raggiungerà la magnitudine di 9.7. Il suo moto sarà di 0,54 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto risulti puntiforme nelle nostre immagini, potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (16) Psyche trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22 secondi d’arco.
(7) Iris
Asteroide di fascia principale, il quarto in ordine di luminosità, che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.350 giorni (3.70 anni) ad una distanza compresa tra le 1.84 e le 2.94 unità astronomiche (rispettivamente, 275.260.082 Km al perielio e 439.817.740 Km all’afelio). Deve il suo nome al personaggio mitologico Iride, figlia di Taumante e di Elettra, personificazione dell’arcobaleno e messaggera degli dei. Scoperto dall’astronomo John Russell Hind il 13 Agosto 1847, questo imponente asteroide di circa 200 Km di diametro ha un’albedo relativamente alta e si ritiene che sia composto principalmente da silicati di ferro e magnesio, con una possibile presenza di metalli (Tipo S). L’alta riflettività della sua superficie lo rende il quarto oggetto più luminoso nella fascia degli asteroidi dopo Vesta, Cerere e Pallade, e nelle opposizioni vicino al perielio, Iris può raggiungere una magnitudine di 6.7, brillando quanto Cerere nei suoi momenti di massima luminosità. (7) Iris sarà in opposizione il 6 Agosto, momento nel quale raggiungerà magnitudine 8.3. Il suo moto sarà di 0,66 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (7) Iris trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
(737) Arequipa
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.520 giorni (4.16 anni) ad una distanza compresa tra le 1.96 e le 3.22 unità astronomiche (rispettivamente, 293.211.827 Km al perielio e 481.705.144 Km all’afelio). Deve il suo nome in onore della città peruviana di Arequipa, sede dell’Osservatorio Boyden di Harvard fino al 1927. La sua superficie è composta principalmente da silicati e metalli (Tipo S), simile a quella di molti altri asteroidi della fascia principale. Scoperto dall’astronomo americano Joel Hastings Metcalf il 7 dicembre 1912, questo grande asteroide di circa 47 km sarà in opposizione il 7 di Agosto, e in questo frangente raggiungerà la magnitudine 11. Il suo moto angolare sarà modesto, 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (737) Arequipa trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.
(44) Nysa
Asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.380 giorni (3.78 anni) ad una distanza compresa tra le 2.06 e le 2.78 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.614 Km al perielio e 415.882.081 Km all’afelio).
Deve il suo nome alla mitica montagna di Nysa alle cui Ninfe fu affidato il compito di allevare il piccolo Dioniso. Scoperto dall’astronomo Hermann Goldschmidt il 27 Maggio 1857, questo grande asteoride classificato di tipo E (la sua superficie mostra la presenza di enstatite) é il membro principale della famiglia Nysa ed è stato oggetto di studio da parte della missione Hayabusa nel 2003 e della missione Dawn nel 2018. (44) Nysa sarà in opposizione il 27 Agosto, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 10.1. Il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (44) Nysa trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.
Il percorso seguito dagli asteroidi (16) Psyche, (7) Iris, (737) Arequipa e (44) Nysa nel mese di Agosto. Crediti inthesky.org
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Luglio 2024
(1) Ceres
(1) Ceres è il più grande asteroide della fascia principale tanto che da solo costituisce il 40% della massa stimata dell’intera cintura degli asteroidi. Compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.55 e le 2.99 unità astronomiche (rispettivamente, 381.474.570 Km al perielio e 447.297.633 Km all’afelio). La sua superficie è composta principalmente da silicati con la presenza di minerali carbonati e argille e di significative quantità di ghiaccio d’acqua, specialmente nelle regioni più ombreggiate e nei crateri profondi. Una delle scoperte più sorprendenti della missione Dawn è stata la presenza di depositi di sali, in particolare solfati di sodio, come l’hexahidrite, e cloruri. Questi sali sono particolarmente visibili nelle macchie luminose del cratere Occator, che sono interpretate come depositi di materiale salino lasciato dall’evaporazione di acqua salmastra che si è sublimata o evaporata. La missione Dawn ha inoltre rilevato la presenza di materiali organici, molecole a base di carbonio, i costituenti fondamentali della vita sulla Terra. Ceres ha un un diametro medio di 939 km ed una ha una superficie tormentata e fortemente craterizzata dove il più grande cratere è costituito dal bacino di Kerwan, che si estende in larghezza per oltre 280 km. La regione polare nord presenta un numero maggiore di crateri rispetto alla regione equatoriale e si conoscono almeno tre grandi bacini poco profondi che si pensa siano i resti di antichi crateri da impatto, dei quali il più esteso, la Vendimia Planitia, con i suoi 800 km di diametro, rappresenta la più grande struttura geografica ad oggi conosciuta. (1) Ceres sarà in opposizione il 5 di Luglio, di certo l’ateroide le mese più interessante In questo frangente raggiungerà la magnitudine di 7.3, il suo moto sarà di 0,58 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (1) Ceres trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.
Asteroidi del mese – Il percorso di (68) Leto in Giugno. Crediti: in-the-sky.org.
(40) Harmonia
(40) Harmonia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.250 giorni (3.42 anni) ad una distanza compresa tra le 2.16 e le 2.37 unità astronomiche (rispettivamente, 323.131.401 Km al perielio e 354.546.954 Km all’afelio). E’ stato scoperto dall’astronomo e pittore Hermann Mayer Salomon Goldschmidt il 31 Marzo 1856 e deve il suo nome a Armonia figlia di Ares e Afrodite, Dea della concordia e personificazione dell’ordine morale e sociale. Questo grande asteroide ha un diametro di circa 107 Km ed una superficie composta in prevalenza da silicati e metalli (Tipo S). (40) Harmonia sarà in opposizione il 20 Luglio, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 8.9. Il suo moto sarà di 0,66 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (40) Harmonia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Giugno 2024
(68) Leto
(68) Leto è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.700 giorni (4.65 anni) ad una distanza compresa tra le 2.27 e le 3.30 unità astronomiche (rispettivamente, 339.587.165 Km al perielio e 493.672.971 Km all’afelio). E’ stato scoperto il 29 Aprile 1861 dall’astronomo tedesco Karl Theodor Robert Luther. Deve il suo nome a Leto, madre di Apollo e di Artemide. Questo grande asteroide ha un diametro di circa 122 Km con una superficie che riflette relativamente bene la luce solare, indicando una composizione di silicati e metalli (Tipo S). (68) Leto sarà in opposizione il 19 Giugno, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.3. Il suo moto sarà di 0,58 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (68) Leto trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.
Asteroidi del mese – Il percorso di (68) Leto in Giugno. Crediti: in-the-sky.org.
(42) Isis
(42) Isis è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.390 giorni (3.81 anni) ad una distanza compresa tra le 1.90 e le 2.99 unità astronomiche (rispettivamente, 284.235.954 Km al perielio e 447.297.633 Km all’afelio). Scoperto dall’astronomo inglese Norman Robert Pogson il 23 maggio 1856 presso l’Osservatorio Radcliffe a Oxford, prende il nome dalla dea egizia Iside, ma anche dalla figlia di Pogson, Elizabeth Isis Pogson. Questo grande asteroide di circa 100 Km di diametro ha una composizione superficiale di silicati e metalli (Tipo S) ed il suo spettro rivela una forte presenza del minerale olivina, una rarità nella fascia degli asteroidi. (42) Isis sarà in opposizione il 27, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 9.4. Il suo moto sarà di 0,67 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (42) Isis trasformarsi in una bella striscia luminosa di quasi 27 secondi d’arco.
(471) Papagena
(471) Papagena è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.790 giorni (4.90 anni) ad una distanza compresa tra le 2.23 e le 3.55 unità astronomiche (rispettivamente, 333.603.252 Km al perielio e 531.072.441 Km all’afelio). E’ stato così chiamato in onore di Papagena, un personaggio dell’opera “Il flauto magico” di Mozart. La sua superficie è composta prevalentemente di rocce silicatiche e metalli (Tipo S) il che lo rende simile a molti altri corpi della fascia principale. Scoperto da Max Wolf il 7 di Giugno del 1901, questo grande asteroide di circa 149 Km di diametro sarà in opposizione il 30, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.6. Il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (471) Papagena trasformarsi in una bella striscia luminosa di quasi 24 secondi d’arco.
Asteroidi del mese – Il percorso di (42) Isis e (471) Papagena in Giugno. Crediti: in-the-sky.org.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Luglio 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.
06 Luglio
Si inizierà il giorno 6 Luglio, dalle 22:46 verso SO alle 22:57 verso ENE. Visibilità ottimale dal Centro-Sud Italia, con una magnitudine massima di -3.9. Uno dei migliori transiti serali del mese, meteo permettendo.
07 Luglio
Il giorno successivo, 7 Luglio, la ISS effettuerà un passaggio da SO a ENE, osservabile al meglio dal Sud Italia. Dalle 21:57 alle 22:08, con magnitudine di picco a -3.2.
08 Luglio
L’8 Luglio, nuovo transito mattutino dalle 04:26 alle 04:37, da NO a ESE. Visibile perfettamente da tutta la nazione, con magnitudine massima di -3.7.
09 Luglio
Si replica il 9 Luglio, dalle 21:56 verso SO alle 22:07 verso NE. Un altro ottimo transito serale, ben visibile da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.7.
10 Luglio
Il 10 Luglio, nuovo passaggio mattutino dalle 04:25 alle 04:36, da ONO a SE. Questo transito sarà visibile al meglio dalle Isole Maggiori, con magnitudine massima di -3.3.
11 Luglio
L’11 Luglio, la ISS transiterà dalle 03:36 alle 03:47, da ONO a SE. Magnitudine di picco a -3.9, con visibilità ottimale dalle regioni tirreniche.
22 Luglio
Saltando verso la fine mese, il 22 Luglio avremo un transito serale da NO a ESE, osservabile da tutta Italia. Dalle 22:38 alle 22:44, con una magnitudine massima di -3.9.
23 Luglio
Il giorno dopo, 23 Luglio, dalle 21:49 in direzione NO alle 21:56 verso E, la ISS attraverserà il cielo visibile soprattutto dal Nord e dalle regioni Adriatiche. Magnitudine massima a -3.2.
25 Luglio
Infine, il 25 Luglio, si concluderà con un transito da ONO a SE, dalle 21:47 alle 21:54. Passaggio ideale per le regioni tirreniche, con magnitudine di picco a -3.6.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Giugno 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate durante gli ultimi giorni del mese, auspicando come sempre in cieli sereni.
22 Giugno
Si inizierà il giorno 22 Giugno, dalle 04:35 alle 04:43, osservando da SO ad ENE. La ISS sarà ben visibile dal CentroSud Italia, con una magnitudine massima che si attesterà su -3.5.
24 Giugno
Il 24 Giugno, la ISS transiterà dalle 04:34 verso OSO alle 04:43 verso NE. Visibilità ottimale dal CentroNord, con magnitudine di picco a -3.2.
25 Giugno
Il giorno successivo, 25 Giugno, avremo il miglior transito del mese: dalle 03:47 alle 03:54, da OSO a NE. Osservabile da tutta la nazione, con una magnitudine massima di -3.8.Un ottimo transito mattutino per iniziare la giornata con lo sguardo al cielo.
26 Giugno
Il 26 Giugno, nuovo transito (questa volta parziale) dalle 03:00 in direzione ESE alle 03:05 verso ENE. Visibile al meglio dal CentroSud, con magnitudine massima a -3.3, poco dopo l’uscita dall’ombra della Terra.
28 Giugno
L’ultimo transito notevole del mese sarà il 28 Giugno, dalle 02:59 alle 03:05, da NO a NE. Un nuovo passaggio parziale osservabile dal CentroNord, con magnitudine di picco a -3.4.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Maggio 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.
07 Maggio
Si inizierà il giorno 7 Maggio, dalle 05:14 alle 05:24, osservando da ONO a SE. Visibilità perfetta da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.9. Uno dei migliori transiti mattutini del mese, meteo permettendo.
08 Maggio
Il giorno successivo, 8 Maggio, la ISS sarà nuovamente visibile dalle 04:25 verso NO alle 04:35 verso ESE. Anche questo transito sarà osservabile da tutta la nazione, con una magnitudine massima di -3.4.
09 Maggio
Alla sera del 9 Maggio, nuovo spettacolare transito da SO ad ENE, dalle 21:54 alle 22:04. La ISS attraverserà il cielo da orizzonte a orizzonte, visibile perfettamente da tutta Italia, con magnitudine massima a -3.9.
10 Maggio
Il 10 Maggio, nuovo transito mattutino dalle 04:25 alle 04:34, da ONO a SE. Sarà osservabile in particolare dalle Isole Maggiori, con magnitudine di picco a -3.6.
10 Maggio
Sempre il 10 Maggio, ma alla sera, la ISS transiterà dalle 21:06 alle 21:16, da SO a ENE. Visibilità ottimale dal Sud Italia, con magnitudine massima di -3.5.
12 Maggio
Il 12 Maggio, nuovo transito serale dalle 21:19 alle 21:29, da OSO a NE. Visibile al meglio dal Centro-Nord Italia, con una magnitudine di picco di -3.4.
22 Maggio
Saltando di alcuni giorni, il 22 Maggio, nuovo transito parziale serale, dalle 22:33 alle 22:39, da NO a ENE. Visibilità migliore dal Centro-Nord, con magnitudine massima a -3.6.
24 Maggio
Il 24 Maggio, la ISS attraverserà il cielo delle Isole Maggiori dalle 22:31 alle 22:36, da ONO a SSO. Magnitudine di picco a -3.4 per questo transito breve ma brillante.
25 Maggio
Infine, il 25 Maggio, dalle 21:41 alle 21:49, da NO a SE, si avrà il miglior transito serale del mese. Osservabile da tutta Italia, con magnitudine massima a -3.8.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Aprile 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini. Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate durante il mese, auspicando come sempre in cieli sereni.
20 Aprile
Si inizierà il giorno 20 Aprile, dalle 05:34 verso SO alle 05:43 verso ENE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, con una magnitudine massima che si attesterà su -3.5.
21 Aprile
Il giorno successivo, 21 Aprile, la Stazione Spaziale transiterà dalle 04:46 in direzione S alle 04:53 in direzione ENE. Transito osservabile al meglio dal Sud Italia, con magnitudine di picco a -3.1.
22 Aprile
Si prosegue il 22 Aprile, dalle 05:31 alle 05:39, da OSO a NE. Un passaggio ben visibile dal Centro-Nord del paese, con magnitudine massima di -3.3.
23 Aprile
Il 23 Aprile, nuovo transito da non perdere: dalle 04:43 verso OSO alle 04:49 verso NE. Osservabile da tutta la nazione, con magnitudine di picco a -3.9, sarà uno dei più luminosi del mese.
25 Aprile
L’ultimo transito notevole sarà il 25 Aprile, visibile al meglio dal Nord Italia. Dalle 04:38 alle 04:45, la ISS attraverserà il cielo da ONO a NE, con una magnitudine massima di -3.0.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Marzo 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.
03 Marzo
Si inizierà il giorno 3 Marzo, dalle 05:55 alle 06:04, osservando da ONO a SE. Visibilità perfetta da tutta Italia per uno dei migliori transiti del mese, con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3.8.
04 Marzo
Si replica il 4 Marzo, dalle 05:09 verso NO alle 05:16 verso ESE. La ISS sarà nuovamente ben visibile da tutta la nazione, con magnitudine di picco a -3.4. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.
06 Marzo
Due giorni dopo, il 6 Marzo dalle 05:10 alle 05:16, da OSO a SE, la ISS sarà osservabile al meglio dalle isole maggiori. Transito parziale con magnitudine massima a -3.5.
13 Marzo
Saltando una settimana ed iniziando con i transiti serali, il 13 Marzo avremo un transito dalle 19:23 in direzione SO alle 19:30 in direzione ENE. Visibilità ottimale dal Centro Sud, con magnitudine massima di -3.9.
14 Marzo
Il giorno successivo, 14 Marzo, dalle 18:34 alle 18:44, la ISS transiterà da SO a ENE. Questo passaggio sarà visibile al meglio dal Sud Italia, con magnitudine massima a -3.3.
26 Marzo
Passiamo al 26 Marzo, dalle 20:07 in direzione NO alle 20:13 in direzione NNE. Un passaggio ottimale, seppur parziale, per il Centro Nord, con magnitudine massima di -3.7.
27 Marzo
Il giorno dopo, 27 Marzo, dalle 19:18 verso NO alle 19:26 verso E, la ISS sarà visibile al meglio dal Nord Est del paese, raggiungendo una magnitudine massima di -3.2.
28 Marzo
Il 28 Marzo, dalle 20:06 alle28 Marzo 20:11, la Stazione Spaziale Internazionale attraverserà il cielo da ONO a S. Questo transito sarà osservabile al meglio dalle isole maggiori, con magnitudine di picco a -3.2. Se osservata dal Centro Italia, la ISS transiterà vicina alle Pleiadi e Giove.
29 Marzo
L’ultimo transito del mese avverrà il 29 Marzo, dalle 19:16 alle 19:25, da NO a SE. Un passaggio facilmente osservabile da tutta la nazione, con magnitudine massima a -3.8.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Febbraio 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli prima dell’alba durante il secondo mese del 2025. Avremo cinque transiti notevoli con magnitudini elevate, auspicando come sempre in cieli sereni.
14 Febbraio
Si inizierà il giorno 14 Febbraio, dalle 06:27 alle 06:37, osservando da SO a NE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, con una magnitudine di picco a -3.7. Un transito mattutino che vale la pena osservare.
15 Febbraio
Il giorno successivo, 15 Febbraio, dalle 05:41 verso SSO alle 05:48 in direzione ENE, il transito sarà visibile al meglio dal Sud Italia, con una magnitudine massima di -3.0.
16 Febbraio
Passiamo al 16 Febbraio, dalle 06:27 in direzione O alle 06:35 verso NE. Questo transito sarà particolarmente adatto per il Nord Italia, con una magnitudine di picco a -3.2.
17 Febbraio
Il giorno successivo, 17 Febbraio, dalle 05:40 in direzione O alle 05:46 verso NE, la ISS sarà visibile da tutta Italia. Questo transito, con magnitudine massima a -3.8, sarà uno dei più luminosi del mese.
19 Febbraio
L’ultimo transito notevole del mese sarà il 19 Febbraio, dalle 05:38 alle 05:44, da NO a NE. Questo passaggio sarà osservabile al meglio dal Nord Italia, con una magnitudine di picco a -3.1.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Gennaio 2025 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese del nuovo anno, auspicando come sempre in cieli sereni.
01 Gennaio
Si inizierà il giorno 1 Gennaio, dalle 06:12 alle 06:18, osservando da ONO a SE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3.8.
14 Gennaio
Saltando ai passaggi serali, il 14 Gennaio, la Stazione Spaziale transiterà dalle 18:30 alle 18:37, da SO ad ENE. Questo sarà uno dei due transiti migliori del mese, visibile senza problemi da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.9. Da alcune località del centro Italia la ISS transiterà nel mezzo della (o molto vicino alla) congiunzione tra Venere e Saturno, un’ottima occasione fotografica.
15 Gennaio
Il giorno successivo, 15 Gennaio, dalle 17:41 verso SSO alle 17:49 in direzione ENE, il transito sarà visibile al meglio dal Sud Italia. La ISS raggiungerà una magnitudine massima di -3.2.
17 Gennaio
Passiamo al 17 Gennaio, dalle 17:37 in direzione OSO alle 17:46 verso NE. Questo sarà un transito ideale per il Centro Nord Italia, con magnitudine di picco a -3.6.
28 Gennaio
Il 28 Gennaio, dalle 18:09 alle 18:16, da NO a E, la ISS sarà visibile al meglio dal Nord Est, raggiungendo una magnitudine di -3.2.
29 Gennaio
Il giorno successivo, 29 Gennaio, dalle 18:55 alle 19:02, da ONO a SSE, il transito sarà osservabile al meglio da Sardegna e Sicilia. La magnitudine massima sarà di -3.4.
30 Gennaio
L’ultimo transito notevole del mese, il 30 Gennaio, dalle 18:05 alle 18:14, da NO a ESE, sarà nuovamente visibile da tutta Italia (il secondo migliore del mese), con magnitudine di picco a -3.9.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Dicembre 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei cieli della nazione ad orari tardo pomeridiani nella prima parte del mese, e al mattino, prima dell’alba, nella seconda. Avremo sette transiti notevoli con magnitudini elevate, auspicando come sempre in cieli sereni.
02 Dicembre
Si inizierà il giorno 2 Dicembre, dalle 17:43 verso NO alle 17:52 verso SE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, con una magnitudine di picco a -3.7.
16 Dicembre
Si passa ai transiti mattutini, prima dell’alba. Il 16 Dicembre, dalle 06:19 in direzione SO alle 06:28 in direzione NE. Un classico transito visibile senza alcun problema da ogni parte d’Italia, meteo permettendo. Magnitudine di -3.9.
17 Dicembre
Il giorno successivo, 17 Dicembre, la Stazione Spaziale Internazionale sarà visibile al meglio dal Sud Italia dalle 05:33 alle 05:39, da S ad ENE. Questo transito avrà una magnitudine massima di -3.1.
18 Dicembre
Il 18 Dicembre, dalle 06:20 in direzione O alle 06:27 in direzione NE, la ISS sarà particolarmente visibile dal Nord Italia, raggiungendo una magnitudine di -3.2.
29 Dicembre
Passiamo al 29 Dicembre, dalle 06:56 verso NO alle 07:05 verso ESE. Questo transito sarà nuovamente visibile da tutta Italia, con una magnitudine di picco a -3.6.
30 Dicembre
Il giorno dopo, 30 Dicembre, dalle 06:08 in direzione NNO alle 06:15 in direzione ESE, il transito sarà osservabile al meglio dal Nord-Est e dalle regioni Adriatiche, con magnitudine massima a -3.1.
31 Dicembre
L’ultimo transito notevole del mese, il 31 Dicembre, sarà visibile al meglio da Sardegna e Sicilia. Dalle 06:53 alle 07:02, da ONO a SE, la ISS raggiungerà una magnitudine di -3.3.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Novembre 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese autunnale, auspicando come sempre in cieli sereni.
02 Novembre
Si inizierà il giorno 2 Novembre, dalle 06:05 alle 06:14, osservando da ONO a SE. La ISS sarà ben visibile dalle Isole Maggiori, con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3.6.
03 Novembre
Il prossimo transito sarà il 3 Novembre, dalle 05:19 in direzione NO alle 05:25 in direzione ESE. Visibilità eccellente da tutta Italia, con una magnitudine di picco a -3.8.
05 Novembre
Il giorno 5 Novembre, dalle 05:18 verso SO alle 05:23 in direzione SE, sarà un transito osservabile al meglio da Sardegna e Sicilia, con una magnitudine massima di -3.1.
15 Novembre
Saltando di dieci giorni, arriviamo al 15 Novembre, dalle 18:31 in direzione OSO alle 18:37 in direzione NNO, con magnitudine di picco a -3.8. Questo sarà un transito ideale per il Centro-Nord.
16 Novembre
Il giorno successivo, 16 Novembre, dalle 17:42 verso SO alle 17:49 verso ENE. Visibilità migliore dal Centro-Sud Italia, con magnitudine massima a -3.7.
18 Novembre
Il 18 Novembre, dalle 17:39 alle 17:47, la ISS attraverserà il cielo da OSO a NE. Un transito ottimale per il Centro-Nord, con magnitudine di picco a -3.2.
29 Novembre
L’ultimo transito del mese, il 29 Novembre, sarà visibile al meglio dal Nord Italia. Dalle 18:12 alle 18:17, da NO a NNE. La ISS raggiungerà una magnitudine massima di -3.4.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Ottobre 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari serali che mattutini. Avremo quattro transiti notevoli con magnitudini elevate ad inizio e a fine mese, auspicando come sempre in cieli sereni.
02 Ottobre
Si inizierà il giorno 2 Ottobre, dalle 19:09 alle 19:20, osservando da ONO a SE. La ISS sarà ben visibile dalle Isole Maggiori e regioni occidentali, con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3.1.
17 Ottobre
Il prossimo transito sarà il 17 Ottobre, dalle 06:52 verso SO alle 07:03 verso ENE. Visibilità eccellente da tutta Italia, con un transito che attraverserà il cielo da orizzonte a orizzonte. Magnitudine di picco a -3.5.
19 Ottobre
Saltiamo di un paio di giorni, andando al 19 Ottobre, dalle 06:51 in direzione OSO alle 07:00 in direzione NE. Transito ottimale per il Centro Nord, con magnitudine massima a -3.4.
20 Ottobre
L’ultimo passaggio sarà visibile al meglio da tutta Italia il 20 Ottobre. Dalle 06:04 alle 06:11, da OSO a NE, con magnitudine di picco a -3.9. Vale la pena mettere la sveglia per il miglior transito antelucano del mese.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Settembre 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese d’autunno, sperando come sempre in cieli sereni.
05 Settembre
Si inizierà il giorno 5 Settembre, dalle 06:00 verso ONO alle 06:10 verso SE. Visibilità perfetta da tutta la nazione, con magnitudine di picco a -3.7. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.
06 Settembre
Si replica il 6 Settembre, dalle 05:14 in direzione NO alle 05:21 in direzione ESE. Questo sarà un transito ottimale per tutto il paese. Magnitudine massima nuovamente a -3.7.
11 Settembre
Il transito successivo si avrà l’11 Settembre, con la Stazione Spaziale che transiterà dalle 21:02 alle 21:08, da SO ad ENE. Un transito ottimale per tutta Italia, con magnitudine massima a -3.9. Il miglior transito serale del mese, anche se parziale.
12 Settembre
Un nuovo transito della ISS il 12 Settembre, dalle 20:14 verso SO alle 20:22 verso ENE, con magnitudine di picco a -3.6. Questo passaggio sarà particolarmente visibile nel Centro-Sud.
14 Settembre
Il giorno 14 Settembre, nuovo transito ottimale per il Centro-Nord, dalle 20:13 alle 20:22, da OSO a NE, la ISS avrà una magnitudine massima di -3.3.
28 Settembre
Il penultimo passaggio sarà il 28 Settembre, dalle 20:09 verso NO alle 20:16 verso ESE. Transito osservabile da tutta la nazione, con la ISS che raggiungerà una magnitudine di picco di -3.8.
29 Settembre
L’ultimo transito notevole si avrà il 29 Settembre, osservabile al meglio dal Nord Italia, dalle 19:21 alle 19:29, da NO ad ESE. La ISS avrà una magnitudine massima a -3.2.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Agosto 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo quattro transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.
20 Agosto
Si inizierà il giorno 20 Agosto, dalle 05:46alle 05:55, osservando da SO ad ENE. La ISS sarà visibile da tutta la nazione per uno dei due migliori transiti del mese con una magnitudine massima di -3.7.Se osservata dal Centro, la ISS sarà vicina alla coppia Marte-Giove.
21 Agosto
Si replica il 21 Agosto, dalle 04:58 verso S alle 05:05 verso ENE. Visibilità migliore per il Sud Italia, con magnitudine di picco a -3.1.
22 Agosto
Passiamo al giorno 22 Agosto con un nuovo transito dalle 05:44 in direzione OSO alle 05:52 in direzione NE. Osservabile al meglio dal Centro Nord Italia con una magnitudine massima di -3.3.
23 Agosto
L’ultimo transito del mese si avrà il 23 Agosto, dalle 04:56 alle 05:03, da OSO a NE. Magnitudine di picco a -3.9per il miglior transito del mese, osservabile da tutta la nazione.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Luglio 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevatedurante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.
08 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 08 Luglio
Si inizierà il giorno 8 Luglio, dalle 22:54 verso OSO alle 23:05 verso NE. Visibilità perfetta da tutta la nazione, con magnitudine di picco a -3.9. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.
09 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 09 Luglio
Si replica il 9 Luglio, dalle 22:06 alle 22:16, osservando da SO a ENE. La ISS sarà nuovamente ben visibile da tutta Italia, in particolare dal Centro Sud, con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.7.
10 Luglio mattina
Transiti della ISS International Space Station 10 Luglio
Il 10 Luglio avremo una giornata con un transito al mattino ed uno alla sera. Il primo si avrà dalle 04:35 alle 04:45, da ONO a SE, con una magnitudine massima di -3.8. Osservabile al meglio dall’occidente italiano.
10 Luglio sera
Transiti della ISS International Space Station 10 Luglio sera
Sempre il 10 Luglio, ma alla sera, dalle 21:17 alle 21:28, vi sarà il secondo transito con magnitudine di picco a -3.2, visibile al meglio dal Sud Italia, da SSO a ENE.
11 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 11 Luglio
L’11 Luglio avremo un nuovo transito mattutino osservabile da tutta la nazione. Dalle 03:46 verso NO alle 03:57 verso ESE, con magnitudine massima a -3.7. Vale la pena di mettere la sveglia.
12 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 12 Luglio
Il 12 Luglio, alla sera, si avrà un nuovo passaggio delle ISS dalle 21:16 verso SO alle 21:27 verso NE, con visibilità perfetta (meteo permettendo) da tutta la nazione con magnitudine massima a -3.7.
22 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 22 Luglio
Saltando di una decina di giorni, il 22 Luglio, con magnitudine a -3.5 dalle 22:50 verso NO alle 22:56 verso NE, la ISS effettuerà un transito parziale osservabile al meglio dal Centro Nord del paese.
24 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 24 Luglio
Due giorni dopo, il 24 Luglio, la Stazione Spaziale effettuerà un altro transito parziale, osservabile al meglio dalla Sardegna, dalle22:49 alle 22:54, da ONO a OSO. Magnitudine massima a -3.3.
25 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 25 Luglio
Passando al 25 Luglio, dalle 22:00 verso NO alle 22:07 verso ESE, la Stazione Spaziale Internazionale sarà osservabile nuovamente da tutto il paese, con magnitudine massima a -3.9.
26 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 26 Luglio
Il 26 Luglio, con magnitudine a -3.4 dalle 21:11 verso NO alle 21:20 verso ESE, la ISS effettuerà il penultimo transito notevole del mese, osservabile al meglio dal Nord Est e regioni Adriatiche.
28 Luglio
Transiti della ISS International Space Station 28 Luglio
L’ultimo transito notevole del mese si avrà il 28Luglio, osservabile al meglio dall’occidente italiano, dalle 21:09 alle 21:18, da ONO a SE. La ISS avrà una magnitudine massima a -3.5.
Transiti della ISS International Space Station per il mese di Giugno 2024 considerati notevoli
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo sei transiti notevoli con magnitudini elevate ma solo durante gli ultimi giorni del mese di giugno, auspicando come sempre in cieli sereni.
23 Giugno
Transiti della ISS International Space Station 23 giugno
Si inizierà il giorno 23 Giugno, dalle 04:54alle 05:03, osservando da SO ad ENE. La ISS International Space Station sarà ben visibile da tutta la nazione con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.8. Vale la pena di puntare la sveglia per questo passaggio.
24 Giugno
Transiti della ISS International Space Station 24 giugno
Il 24 Giugno, dalle 04:05 verso SSO alle 04:15 verso ENE, la Stazione Spaziale sarà osservabile al meglio dal Sud Italia con magnitudine di picco a -3.3.
25 Giugno
Transiti della ISS International Space Station 25 giugno
Il giorno dopo, 25 Giugno, la ISS transiterà dalle 04:50 alle 04:58, da OSO a NE, con una magnitudine massima di -3.1. Un passaggio perfetto per il Nord Italia questa volta.
26 Giugno
Transiti della ISS International Space Station 26 giugno
Continuando, il 26 Giugno avremo un nuovo passaggio della ISS International Space Station dalle 04:00 verso OSO alle 04:08 verso NE. Visibile nuovamente da tutto il paese con magnitudine di picco a -3.8. Sperando come sempre in cieli sereni.
27 Giugno
Transiti della ISS International Space Station 27 giugno
Arriviamo al penultimo transito, il 27 Giugno, dalle 03:11 in direzione SE alle 03:17 in direzione ENE. Un transito parziale, osservabile al meglio dal Centro Sud del paese, con una magnitudine massima di -3.6.
29 Giugno
Transiti della ISS International Space Station 29 giugno
L’ultimo transito del mese si avrà il giorno 29 Giugno, dalle 03:06 da ONO alle 03:12 a NE, con magnitudine massima a -3.4. Osservabile al meglio dal Centro Nord Italia.
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
ATTENZIONE
In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.
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Nel mare immenso di galassie e di stelle, siamo un infinitesimo angolo sperduto; fra gli arabeschi infiniti di forme che compongono il reale, noi non siamo che un ghirigoro fra tanti
Carlo Rovelli
Tra le costellazioni tipiche dell’estate boreale spicca quella dello Scorpione, protagonista indiscussa del cielo di luglio e agosto.
LA COSTELLAZIONE DELLO SCORPIONE
Si tratta di realtà di un asterismo tipico del cielo australe che però possiamo tranquillamente contemplare alle nostre latitudini, soprattutto dal Sud Italia, dove è possibile osservare la costellazione nella sua interezza. Lo Scorpione deve il suo fascino alla sua figura ben riconoscibile sulla volta celeste, ma soprattutto alla bellezza della sua stella alfa, Antares, una supergigante rossa situata a 600 anni luce dal Sistema Solare, con una magnitudine apparente 1.06. L’astro si trova al centro della costellazione e il suo nome in arabo ٱلْعَقْرَبِQalb al-Άqrab, significa “il cuore dello Scorpione”. Dal greco invece l’astro viene indicato con il nome Ἀντάρης, che significa “anti-ares”, ovvero rivale del pianeta Marte, con il quale condivide il tipico colore rossastro. Dopo Antares la seconda stella più brillante dello Scorpione è Shaula (Lambda Scorpii), caratterizzata da un sistema triplo; l’astro prende il nome dall’arabo Al Shaulah, ovvero “pungiglione”, proprio per la sua collocazione presso la parte terminale della figura che rappresenterebbe uno scorpione.
TABELLA DEI PRINCIPALI ASTRI CHE DISEGNANO LA COSTELLAZIONE DELLO SCORPIONE
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR6134
α Scorpii
Antares
0.96
Variable; Double;
HR6527
λ Scorpii
Shaula
1.63
Variable; Multiple;
HR6553
θ Scorpii
Sargas
1.87
Variable;
HR6241
ε Scorpii
Larawag
2.29
Variable;
HR5953
δ Scorpii
Dschubba
2.32
Multiple;
HR6580
κ Scorpii
2.41
Variable;
HR5984
β1 Scorpii
Acrab
2.62
Variable; Multiple;
HR6508
υ Scorpii
Lesath
2.69
HR6165
τ Scorpii
Paikauhale
2.82
HR5944
π Scorpii
Fang
2.89
Variable; Multiple;
HR6084
σ Scorpii
Alniyat
2.89
Variable; Multiple;
HR6615
ι1 Scorpii
3.03
Double;
HR6247
μ1 Scorpii
Xamidimura
3.08
Variable; Double;
HR6630
Fuyue
3.21
Multiple;
HR6380
η Scorpii
3.33
HR6252
μ2 Scorpii
Pipirima
3.57
Double;
HR6271
ζ2 Scorpii
3.62
Variable;
HR5928
ρ Scorpii
Iklil
3.88
Double;
HR5993
ω1 Scorpii
3.96
HR6027
ν Scorpii
Jabbah
4.01
Multiple;
ANTARES E LA NUBE DI RHO OPHIUCHI Insieme a Beta Scorpii, Delta Scorpii e Pi Scorpii, Antares è una componente del cosiddetto asterismo del Grande Uncino, un oggetto così definito nella tradizione Polinesiana; nell’emisfero australe infatti questo asterismo è visibile per diversi mesi all’anno, soprattutto in quelli invernali, mentre nel nostro di emisfero possiamo ammirarlo per pochi mesi, durante l’estate.
IC 4592 E RHO OPHIUCHI CREDITI: CRISTINA CELLINI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
LA NUBE DI RHO OPHIUCHI
Fra le stelle Antares e Rho Ophiuchi, è concentrato uno dei sistemi nebulosi attivi di grande massa più vicini al sistema solare (424 anni luce), che potrebbe essere definito come tra i più grandi laboratori per lo studio dei fenomeni di formazione stellare. La nube prende il nome dalla stella situata nella costellazione dell’Ofiuco, e che domina la regione composta da idrogeno ionizzato luminoso e polveri oscure. La nube si estende verso Antares e parte dei gas viene illuminata proprio da Alfa Scorpii, da cui prende la colorazione rossastra. Rho Ophiuchi è uno degli oggetti più affascinanti e ripresi dagli astrofili: esso può essere individuato nella regione di stelle che compongono la testa dello Scorpione, e attraverso le giuste strumentazioni e le fotografie a lunga esposizione, è possibile catturare un gran numero di dettagli, rivelandoci un’armonia di colori davvero suggestiva.
OGGETTI NON STELLARI
IMMAGINE M4 CREDITI: GIUSEPPE PETRICCA DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
La costellazione ospita un gran numero di stelle variabili oltre che diversi oggetti del profondo cielo: tra gli ammassi globulari spiccano M4, poco concentrato ma molto luminoso, individuabile già con un buon binocolo a Ovest di Antares. Nello Scorpione troviamo anche gli ammassi M6 e M7, quest’ultimo noto come ammasso di Tolomeo che, se osservato da un luogo buio, potrebbe essere visibile anche ad occhio nudo; con l’ausilio di un binocolo invece si possono scorgere maggiori dettagli.
IMMAGINE M7 CREDITI: ROBERTO CIRI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
Altro oggetto deep sky molto suggestivo, presente nello Scorpione, è la Nebulosa Testa di Cavallo Blu, IC 4592, un vasto sistema nebuloso situato nella parte settentrionale della costellazione, caratterizzato dalla tipica colorazione blu emessa dalla sua stella più vicina, ovvero V Scorpii.
IMMAGINE NEBULOSA TESTA DI CAVALLO BLU CREDITI: GIACOMO PRO DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
LO SCORPIONE NELLA MITOLOGIA
Nella mitologia greca la figura dello Scorpione è strettamente legata a quella di Orione: secondo una delle vicende più acclarate, lo Scorpione aveva punto fatalmente il cacciatore celeste, dopo che quest’ultimo si era vantato con Artemide di essere in grado di poter uccidere qualsiasi animale feroce gli fosse capitato a tiro. Tutta questa spavalderia non fu gradita a Gea, la madre Terra, la quale scaglió contro Orione la furia (e il veleno) dello Scorpione, uccidendolo. Zeus vedendo il cacciatore e lo scorpione a terra, decise di trasformarli in stelle e porli sulla volta celeste, destinati a non incontrarsi mai, poiché quando lo Scorpione sorge, Orione tramonta, in un ciclico scorrere del tempo e delle stagioni.
LA COSTELLAZIONE DELL’AQUILA
Alla corte celeste dell’estate boreale spicca Altair, l’astro che impreziosisce una delle costellazioni protagoniste di luglio, ovvero l’Aquila. La costellazione si trova a cavallo dell’equatore celeste ed è attraversata dalla Via Lattea dal lato occidentale: ciononostante, sono poche le stelle visibili ad occhio nudo, per via di una cospicua quantità di gas e polveri interstellari che limitano la luce delle stelle retrostanti. Alfa Aquilae, ovvero Altair, è una brillante stella bianca di magnitudine 0,77 distante 17 anni luce da noi: oltre ad essere una delle stelle a noi più vicine, è classificata come la dodicesima più brillante del cielo notturno. Insieme a Vega e Deneb, Altair costituisce uno dei vertici del Triangolo Estivo. Nella costellazione sono presenti anche diverse stelle doppie risolvibili già con l’ausilio di un binocolo, come 57 Aquilae, composta da due stelle di quinta e sesta magnitudine. Presenti nell’Aquila anche stelle variabili: tra le Cefeidi spicca U Aquilae, mentre tra le Mireidi c’è R Aquilae.
IMMAGINE SH2-72 E SH-71 E NGC 6749 CREDITI: CRISTINA CELLINI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
La costellazione non contiene oggetti del catalogo Messier, ma ospita tuttavia diversi ammassi e nebulose di interesse tra gli astrofili più appassionati: tra questi spiccano l’ammasso aperto NGC 6709 e l’ammasso globulare NGC 6749 e ancora la Nebulosa planetaria NGC 6781.
IMMAGINE NGC 6781 CREDITI: LUCIANO LAI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
Nella costellazione è presente anche la Nebulosa oscura E, composta da due sistemi nebulosi, B142 e B 143, separati fra loro e visibili anche con un telescopio amatoriale. Suggestiva poi la galassia a spirale NGC 6814, di cui il telescopio spaziale Hubble ci ha donato immagini straordinarie.
IMMAGINE NGC 6814 CREDITI: ESA/Hubble e NASA; Ringraziamenti: Judy Schmidt
Il cuore luminoso di NGC 6814 è una sorgente di raggi X altamente variabile, il che ha portato gli scienziati a sospettare che ospiti un buco nero supermassiccio con una massa circa 18 milioni di volte quella del Sole. Poiché NGC 6814 è una galassia molto attiva, lungo i suoi bracci a spirale sono disseminate numerose regioni di gas ionizzato. In queste grandi nubi di gas si è recentemente verificata un’intensa attività di formazione stellare, che ha forgiato le brillanti stelle blu visibili sparse in tutta la galassia.
Poiché NGC 6814 è una galassia molto attiva, lungo i suoi bracci a spirale sono disseminate numerose regioni di gas ionizzato. In queste grandi nubi di gas si è recentemente verificata un’intensa attività di formazione stellare, che ha forgiato le brillanti stelle blu visibili sparse in tutta la galassia.
L’AQUILA NELLA MITOLOGIA
Nella mitologia greca e romana l’aquila rappresentava l’uccello che aveva il compito di riportare a Zeus i fulmini che egli scagliava contro chi osava disobbedirgli. Ma il padre degli dei, sempre al centro di vicende scabrose, pare essere ricorso a una delle sue solite metamorfosi, prendendo le sembianze di un’aquila, allo scopo di rapire il giovane Ganimede e portarlo nell’Olimpo, affinché divenisse il coppiere degli dei. Secondo un’altra conturbante vicenda, Zeus si incapricció della dea Nemesi e per riuscire a possederla messe a punto un piano, con l’aiuto di Afrodite, la quale venne trasformata in un’aquila fingendo di dare la caccia al bellissimo cigno nel quale Zeus, a sua volta, si era trasformato. Il re dell’Olimpo, simulando di essere braccato dal rapace, cercò rifugio tra le braccia della bella Nemesi, riuscendo finalmente nell’intento di possederla. A memoria del buon esito del piano, Zeus pose in cielo sia l’aquila che il cigno, dove brillano, stelle tra le stelle, per l’eternità.
Le costellazioni del mese di Giugno 2025
Con l’arrivo dell’estate boreale, le notti di giugno si trasformano in una finestra privilegiata sul cielo profondo, rivelando figure leggendarie e gioielli astronomici alla portata di occhi curiosi e telescopi appassionati. In questo mese, due protagonisti dominano la volta celeste: l’eroico Ercole, con le sue fatiche scolpite tra le stelle, e il misterioso Serpente, che avvolge con eleganza la figura del guaritore Ofiuco. Tra ammassi globulari luminosissimi, nebulose scolpite dalla nascita stellare e galassie dalla forma insolita, il cielo di giugno offre un percorso affascinante tra scienza e mitologia, invitandoci a osservare, comprendere e lasciarci stupire.
LA COSTELLAZIONE DI ERCOLE
Nelle notti di giugno e per tutta l’estate dell’emisfero boreale, possiamo godere della visione di una delle figure più note nell’astronomia e nella mitologia, ovvero Ercole.
Posta tra il Boote e la Lira, la costellazione è molto estesa (1225 gradi quadrati) ma non gode di astri particolarmente luminosi; la sua sagoma è individuabile grazie a un quadrilatero di stelle noto come Chiave di Volta, nella parte occidentale di Ercole, la cui stella più luminosa è ζ Hercules (Ruticulus), una stella gialla di magnitudine 2,81.
La costellazione non possiede stelle di prima magnitudine, la più luminosa è β Herculis, nota come Kornephoros, di magnitudine 2,78.
α Hercules (Ras Algethi) dall’arabo “la testa dell’inginocchiato” è una supergigante rossa variabile di magnitudine media 3,51, accompagnata da una stella di quinta, anch’essa doppia.
È una delle stelle doppie più conosciute e per poterla osservare occorre comunque un telescopio di media potenza mentre, ad occhio nudo o con un buon binocolo, ci si può rendere conto delle sue variazioni.
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR6148
β Herculis
Kornephoros
2.77
Variable; Double;
HR6212
ζ Herculis
2.81
Variable; Double;
HR6410
δ Herculis
Sarin
3.14
Variable; Multiple;
HR6418
π Herculis
3.16
Variable;
HR6623
μ Herculis
3.42
Multiple;
HR6406
α1 Herculis
Rasalgethi
3.48
Variable; Multiple;
HR6220
η Herculis
3.53
Variable; Double;
HR6703
ξ Herculis
3.7
Variable;
HR6095
γ Herculis
3.75
Variable; Multiple;
HR6588
ι Herculis
3.8
Variable; Double;
HR6779
ο Herculis
3.83
Variable;
HR6895
109 Herculis
3.84
Variable; Double;
HR6695
θ Herculis
3.86
Variable;
HR6092
τ Herculis
3.89
Variable; Double;
HR6324
ε Herculis
3.92
HR7061
110 Herculis
4.19
Variable; Multiple;
HR6168
σ Herculis
4.2
Variable; Double;
HR6023
φ Herculis
4.26
Variable;
HR6787
102 Herculis
4.36
Double;
HR7069
111 Herculis
4.36
Multiple;
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO IN ERCOLE
La costellazione giace lontata dalla porzione di cielo attraversata dalla Via Lattea, in una regione povera di galassie luminose; quelle osservabili sono tutte molto lontane ed estremamente deboli.
LUCA BALESTRIERI COSIMELLI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
M13 E IL MESSAGGIO ARECIBO
Ma in compenso Ercole ci offre uno degli oggetti più luminosi, conosciuto dagli astrofili esperti e da quelli alle prime armi, ovvero M13.
IMMAGINE CAMPO LARGO M13 E GALASSIA A SPIRALE NGC 6207 CREDITI: FABIO DAMONTE DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
L’Ammasso Globulare di Ercole è il più luminoso dell’emisfero boreale e il terzo della volta celeste: è un oggetto ben visibile con un binocolo e persino ad occhio nudo. Ha una magnitudine apparente pari a 5,8 e conta al suo interno centinaia di migliaia di stelle.
All’oggetto M13 è correlato il famoso “messaggio Arecibo”, ovvero il segnale radio in codice binario trasmesso nello spazio dal radiotelescopio di Arecibo, a Porto Rico, il 16 novembre del 1974 e indirizzato proprio verso l’Ammasso Globulare di Ercole, a 25000 anni luce di distanza.
Il radiotelescopio, ormai tristemente smantellato nel 2020 per irreversibili danni ambientali, aveva preso parte al progetto SETI per la ricerca di vita intelligente extraterrestre.
Un altro ammasso luminoso presente nella costellazione è M92, meno facile da individuare rispetto ad M13, ma comunque approcciabile con un binocolo di apertura 10×50, attraverso il quale l’ammasso appare come una macchia biancastra diffusa, mentre sarà possibile risolverlo mediante l’impiego di un telescopio di almeno 200 mm di apertura.
Oltre agli ammassi in Ercole risiede una delle nebulose planetarie più grandi della Via Lattea, Abell 39, un oggetto che possiede un diametro di ben 5 anni luce e la cui forma, circolare e trasparente, ricorda una bolla di sapone.
IMMAGINE ABELL 39 CREDITI: ANDREA ARBIZZI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
ERCOLE NELLA MITOLOGIA
Quella di Ercole è senza dubbio una delle figure più note della mitologia: la sua fama è legata alle 12 fatiche che l’eroe dovette affrontare e che e gli valsero la sua eterna gloria.
Le prove che Ercole doveva portare a compimento erano le seguenti:
Uccidere l’immortale idra di Lerna
Catturare la cerva di Cerinea
Catturare il cinghiale di Erimanto
Ripulire in un giorno le stalle di Augia
Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo
Catturare il toro di Creta
Rubare le cavalle di Diomede
Impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni
Rubare i buoi di Gerione
Rubare i pomi d’oro dal giardino delle Esperidi
Portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli inferi, a Micene
IMMAGINE OPERA ERCOLE E L’IDRA CREDITI: ANTONIO DEL POLLAIOLO
In origine gli antichi greci associavano la figura di Ercole a quella dell’Inginocchiato, senza però attribuirgli un significato specifico; solo successivamente venne ribattezzata definitivamente con il nome di Ercole l’immagine dell’eroe nell’atto di inginocchiarsi, probabilmente comesegno di riposo dopo aver affrontato le dodici fatiche.
Ercole era venerato come simbolo di forza e abilità sia dai greci che dai romani, ed era ritenuto protettore degli sport e delle palestre. Fu onorato in numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell’altruismo e della forza fisica, lo fecero credere il fondatore dei Giochi Olimpici.
Sia greci che romani lo ritenevano un eroe sí valoroso e possente ma anche simbolo di generosità e altruismo: egli infatti conquistó la fama di grandezza morale oltre che fisica, e per tale motivo meritava un posto tra le stelle.
Grazie alla mano di Ercole regna la Pace fra l’Aurora e il Vespero, e nel luogo in cui il sole a mezzogiorno nega le ombre ai corpi; tutta la terra bagnata dal lungo circuito di Teti è stata sottomessa alla fatica di Alcide. Seneca, La follia di Ercole 883-888
Ma la parte più affascinate del mito di Ercole è quella legata alla Via Lattea: per i Greci Ercole era il figlio di Zeus e di Alcmena, una fanciulla vittima dei capricci del padre degli dei: narra la leggenda che Zeus si trasformò nel marito della giovane per possederla e da questa unione nacque l’eroe mitologico, che fu abbandonato ancora in fasce dalla sua mamma.
Zeus però teneva molto a quel figlio, per metà immortale, e fece in modo che sua moglie Era lo trovasse e lo allattasse: accadde che il bambino fu trovato e preso in braccio da Era, che lo portò al seno nel tentativo di allattarlo (secondo altre versioni fu Zeus ad avvicinarlo al seno di Era mentre la dea dormiva); il piccolo Ercole però si mosse bruscamente (o fu proprio Era ad allontanarlo) e così nacque una delle più belle storie della mitologia: il movimento, involontario oppure voluto, provocó uno schizzo di latte che raggiunse il cielo, creando il fiume di stelle che diede vita alla Via Lattea.
LA COSTELLAZIONE DEL SERPENTE
Nel cielo di giugno incontriamo un’altra costellazione tipica del periodo estivo, quella del Serpente, l’unica delle moderne costellazioni ad essere divisa in due parti, Testa del Serpente (ad Ovest) e Coda del Serpente (ad Est); nel mezzo si trova collocata la costellazione di Ofiuco, “colui che porta il serpente”.
La parte della Testa è quasi completamente a Nord dell’Equatore celeste, mentre la Coda è a cavallo di esso, lungo la parte terminale della Fenditura del Cigno.
Alfa Serpentis (Unukalhai) è la stella più brillante della costellazione: essa si trova nella Testa del Serpente ed è una stella arancione di magnitudine 2,63, distante 73 anni luce.
Età Serpentis è la seconda stella più luminosa della costellazione, una gigante o subgigante arancione con una magnitudine apparente di 3,26 e distante 60,5 anni luce dal Sistema Solare, situata nella Coda del Serpente.
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR5854
α Serpentis
Unukalhai
2.65
Multiple;
HR6869
η Serpentis
3.26
Variable; Double;
HR5881
μ Serpentis
3.53
HR6561
ξ Serpentis
3.54
Variable; Double;
HR5867
β Serpentis
3.67
Multiple;
HR5892
ε Serpentis
3.71
HR5789
δ Serpentis
3.8
Variable; Multiple;
HR5933
γ Serpentis
3.85
Variable; Multiple;
HR5879
κ Serpentis
Gudja
4.09
Variable;
HR6581
ο Serpentis
4.26
Variable;
HR6446
ν Serpentis
4.33
Double;
HR5868
λ Serpentis
4.43
Variable;
HR5842
ι Serpentis
4.52
Multiple;
HR6710
ζ Serpentis
4.62
HR7141
θ1 Serpentis
Alya
4.62
Variable; Multiple;
HR5899
ρ Serpentis
4.76
Variable;
HR6093
σ Serpentis
4.82
HR5972
π Serpentis
4.83
HR7142
θ2 Serpentis
4.98
Multiple;
HR5694
5 Serpentis
5.06
Variable; Multiple;
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NEL SERPENTE
Mentre la parte della Testa giace lontano dalla Via Lattea, quella della Coda è invece adagiata sulla regione della nostra galassia che più a Nord è nota come Fenditura del Cigno e dell’Aquila, un complesso di polveri interstellari che offuscano stelle e oggetti.
IMMAGINE M5 CREDITI: FERNANDO OLIVEIRA DE MENEZES DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
Nella Testa del Serpente si trova l’ammasso globulare M5, uno dei più brillanti del cielo: esso contiene più di 100.000 stelle ed è situato a un distanza di 24.500 anni luce dalla Terra.
Tra le nebulose situate nella costellazione, la più famosa è certamente la Nebulosa Aquila, M16.
IMMAGINE M16 CREDITI: Sh2-54 E M16 CREDITI: CRISTINA CELLINI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
La Nebulosa Aquila è una grande regione H II visibile nella Coda del Serpente: è uno degli oggetti più ripresi e fotografati, formato da un giovane ammasso aperto di stelle associato a una nebulosa a emissione composta da idrogeno ionizzato, catalogata come IC 4703.
M16 dista dalla Terra circa 7000 anni luce e contiene uno dei capolavori dell’Universo, il re degli oggetti deepsky, noto come I Pilastri della Creazione.
Il telescopio spaziale James Webb della NASA ha catturato un paesaggio lussureggiante e ricchissimo di dettagli: gli iconici Pilastri della Creazione, dove nuove stelle si stanno formando all’interno di dense nubi di gas e polvere. I pilastri tridimensionali sembrano maestose formazioni rocciose, ma sono molto più permeabili. Queste colonne sono composte da gas interstellare freddo e polvere che appaiono, a volte, semitrasparenti alla luce del vicino infrarosso.
IMMAGINE IC 4756 CREDITI: CRISTINA CELLINI DALLA GALLERY DI PHOTOCOELUM
Sull’estremità settentrionale della Coda del Serpente spicca l’ammasso IC 4756, formato da diverse decine di componenti. Nel Serpente c’è anche una galassia di aspetto molto singolare, nota come Oggetto di Hoag.
IMMAGINE OGGETTO DI HOAG CREDITI: NASA e Hubble Heritage Team (STScI/AURA); Ringraziamenti: Ray A. Lucas (STScI/AURA)
Un anello quasi perfetto di stelle blu calde volteggia attorno al nucleo giallo di una galassia insolita, nota come Oggetto di Hoag, in questa immagine della Wide Field and Planetary Camera 2 di Hubble. L’anello blu, dominato da ammassi di stelle giovani e massicce, contrasta nettamente con il nucleo giallo, composto per lo più da stelle più vecchie. Quella che sembra una “lacuna” che separa le due popolazioni stellari potrebbe in realtà contenere ammassi stellari quasi troppo deboli per essere visti.
IL SERPENTE NELLA MITOLOGIA
Nella mitologia il serpente è il rettile associato alla figura di Ofiuco, che per i Greci rappresenta a sua volta Asclepio, guaritore e figlio di Apollo; il motivo per il qualesulla volta celesteOfiuco regga tra le mani un serpente non è ben chiaro, ma è probabile che ciò derivi dal fatto che una volta Asclepio ne uccise un esemplare, il quale riprese vita grazie ad un’erba miracolosa portata in bocca da un altro serpente e, successivamente, impiegata da Asclepio per resuscitare i morti.
Il serpente era l’emblema della rinascita, per via della sua caratteristica di mutare pelle ogni anno.
Ofiuco e Serpente sono dunque uniti e brillano insieme sulla volta celeste.
Le costellazioni del mese di Maggio 2025
Mentre le costellazioni invernali sono oramai tramontate, nel cielo di maggio, ponendo lo sguardo ad Est, ci imbattiamo nelle figure che ci accompagneranno durante l’estate. Tra queste in prima serata fanno il loro ingresso il Boote, la Corona Boreale e la Chioma di Berenice.
Sono asterismi non particolarmente appariscenti ma degni di attenzione poiché, come la Chioma di Berenice, ricchi di oggetti del profondo cielo e di aneddoti che intrecciano la scienza al mito.
LA COSTELLAZIONE DI CHIOMA DI BERENICE
Un groviglio di stelle sparse sui sentieri celesti del mese di maggio,ma all’apparenza vicine, danno forma a una figura nota come la Chioma di Berenice.
“E ancora umida di pianto la dea mi pose nel firmamento, nuova stella fra quelle antiche. Io, sfiorando le costellazioni della Vergine e dell’ardente Leone, insieme con Callisto volgo ad occidente guidando il lento Boòte, che solo all’alba s’immerge nel profondo Oceano”.
Catullo, Carme 66
Situata tra il Boote e il Leone, come narrano i versi di Catullo, la costellazione è ben visibile nel cielo di maggio e sino alla fine di luglio, quando la vedremo declinare gradualmente verso Ovest.
La costellazione non spicca per luminosità poiché molte delle stelle che la compongono fanno parte di un ammasso aperto, situato a 250 anni luce e noto come Mel 111 o Ammasso della Chioma di Berenice.
La sua stella principale β Comae Berenices, di magnitudine apparente 4,23, ha una magnitudine assoluta di poco più luminosa del Sole; α Comae Berenices è la seconda stella più luminosa della costellazione è possiede il nome di Diadem: si tratta di una stella binaria con una magnitudine +4,32 e si trova a 60 anni luce.
A comporre la costellazione c’è anche la stella binaria Al Dafirah, che dall’arabo significa “treccia”.
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
HR4983
β Comae Berenices
4.26
HR4737
γ Comae Berenices
4.36
HR4697
11 Comae Berenices
4.74
HR4920
36 Comae Berenices
4.78
HR4954
41 Comae Berenices
4.8
HR4707
12 Comae Berenices
4.81
HR4789
23 Comae Berenices
4.81
HR4894
35 Comae Berenices
4.9
HR4924
37 Comae Berenices
4.9
HR4883
31 Comae Berenices
4.94
HR4733
14 Comae Berenices
4.95
HR4667
7 Comae Berenices
4.95
HR4668
5
HR4738
16 Comae Berenices
5
HR4792
24 Comae Berenices
5.02
HR4663
6 Comae Berenices
5.1
HR4851
27 Comae Berenices
5.12
HR4717
13 Comae Berenices
5.18
HR4969
α Comae Berenices
5.22
HR4968
α Comae Berenices
Diadem
5.22
OGGETTI NON STELLARI NELLA CHIOMA DI BERENICE
Tra ammassi e galassie, la costellazione è davvero ricca di oggetti del profondo cielo.
Uno di questi è M53, che appare visibile con un telescopio anche di piccole dimensioni: si tratta di un ammasso di grande interesse scientifico, che sappiamo abbondare di elementi chimici quali Ferro, Calcio, Titanio, Sodio e Ossigeno grazie alle rilevazioni dello spettrografo Hydra, montato nel telescopio Wisconsin- Indiana – Yale di 3,5 metri del National Optical Astronomy Observatory.
M53 CREDITI: LINO BENZ DEL GRUPPO ASTROFILI DEL SALENTO
Per quanto riguarda le galassie presenti nella costellazione, una delle più note e riprese dagli astrofili è M64, conosciuta come Galassia Occhio Nero o Galassia Occhio del Diavolo: è una galassia a spirale che ha di fronte al suo luminoso centro galattico una vistosa banda scura di polveri.
M64 CREDITI: LORENZO BUSILACCHI
Particolare è l’oggetto che possiamo ammirare nell’immagine realizzata da Lorenzo Busilacchi, che mostra l’oggetto Arp242 o Galassie dei Topi, una coppia di galassie interagenti scoperta da William Herschel nel 1785, che venne catalogato come NGC 4676; l’oggetto è situato a 300 anni luce dalla Terra.
ARP 242 CREDITI: LORENZO BUSILACCHI
Un altro interessante oggetto deepsky che si trova nella Chioma di Berenice, a 40 milioni di anni luce, è la galassia a spirale barrata NGC 4725: con un telescopio di almeno 200 mm di apertura di riesce a individuare il suo luminoso nucleo e i suoi bracci esterni.
NGC 4725 CREDITI: LINO BENZ DEL GRUPPO ASTROFILI DEL SALENTO
A 350 milioni di anni luce da noi c’è l’Ammasso della Chioma (Abell 1656), un ricco ammasso che comprende circa 1000 grandi galassie e migliaia di altre galassie più piccole: la mappatura completa è stata realizzata sono negli anni ’50 dagli astronomi dell’Osservatorio del Monte Palomar, che hanno stabilito come la maggior parte delle componenti dell’ammasso siano galassie ellittiche e lenticolari.
LA CHIOMA DI BERENICE NELLA MITOLOGIA
Regina cirenaica di rara bellezza, Berenice era la sposa del re egizio Tolomeo III: la devozione per il suo sposo era tale da spingere Berenice a consacrare la sua splendida chioma come pegno d’amore alla dea Afrodite, affinché favorisse il ritorno incolume di suo marito dalla guerra.
Quando il re tornò dalla sua amata regina, ad ella non rimase che tenere fede alla sua promessa, è così agghindó i suoi capelli in un raccolto, probabilmente una treccia, che poi tagliò, portandolo al tempio dedicato ad Afrodite.
Ma il giorno dopo di quel pegno d’amore non vi era traccia, qualcuno lo aveva trafugato, gettando i sovrani nella rabbia e nella sconforto: a placare le ire ci pensò Conone di Samo, un matematico e astronomo dell’epoca, che tranquillizzó i sovrani asserendo di aver trovato lui la chioma della regina, in un posto speciale, ovvero di averla individuata sulla volta celeste: come ci suggeriscono i versi di Catullo, citati sopra, fu la stessa dea Afrodite a suggellare il gesto d’amore di Berenice per suo marito, trasformando la chioma in luminose stelle e ponendola nel cielo come eterno simbolo di devozione.
LA COSTELLAZIONE DEL BOOTE
Il Boote è una costellazione riconoscibile grazie ad una delle stelle più luminose del cielo notturno dopo Sirio, Canopo e Alfa Centauri, ovvero Arturo.
La stella alfa del Boote è una gigante rossa con un diametro di 35 milioni di kilometri, grande circa 25 volte il Sole e luminosa circa 113 volte la nostra stella, ma se teniamo conto di tutte le bande dello spettro elettromagnetico allora possiamo affermare che Arturo arriva ad una luminosità totale circa 200 volte quella della nostra stella.
Alfa Boo è situata a una distanza di 36,7 anni luce da noi e, pur appartenendo all’emisfero boreale, la sua posizione 19° a Nord dell’equatore celeste, fa sì che Arturo sia visibile da tutte le aree popolate della Terra.
Nella costellazione sono presenti stelle variabili come W Bootis, molto luminosa, e stelle doppie come v1 – v2 Bootis e risolvibili anche con un binocolo.
Tabella delle stelle della Costellazione del Bootes
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR5340
α Boötis
Arcturus
-0.04
Variable;
HR5235
η Boötis
Muphrid
2.68
Double;
HR5506
ε Boötis
Izar
2.7
Multiple;
HR5435
γ Boötis
Seginus
3.03
Variable; Multiple;
HR5681
δ Boötis
3.47
Variable; Double;
HR5602
β Boötis
Nekkar
3.5
Variable;
HR5429
ρ Boötis
3.58
Variable; Double;
HR5404
θ Boötis
4.05
Variable; Double;
HR5200
υ Boötis
4.07
Variable;
HR5351
λ Boötis
Xuange
4.18
Variable;
HR5733
μ1 Boötis
Alkalurops
4.31
Variable; Multiple;
HR5478
ζ Boötis
4.43
Variable; Multiple;
HR5447
σ Boötis
4.46
Variable; Multiple;
HR5185
τ Boötis
4.5
Variable; Double;
HR5329
κ2 Boötis
4.54
Variable; Double;
HR5616
ψ Boötis
4.54
HR5544
ξ Boötis
4.55
Variable; Multiple;
HR5502
ο Boötis
4.6
HR5350
ι Boötis
4.75
Variable; Multiple;
HR5618
44 Boötis
4.76
Variable; Double;
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEL BOOTES
Il Boote non ospita molti oggetti del profondo cielo e il più noto è l’ammasso globulare NGC 5466, distante50.000 anni luce e risolvibile con telescopi di almeno 250 mm di diametro.
NGC 5466 Crediti: ESA/Hubble
IL BOOTE NELLA MITOLOGIA
La mitologia greca narra del Boote in relazione all’Orsa Maggiore, nella vicenda che vede coinvolta la ninfa Callisto, figlia del re di Arcadia, Licaone, e ancella di Artemide.
La fanciulla era un’abile cacciatrice e, come tutte le ninfe al seguito di seguito di Artemide, aveva fatto voto di castità.
Vi sono diverse versioni che narrano di Callisto e dalla sua triste storia: la bellissima ninfa era divenuta l’oggetto (ennesimo) del desiderio di Zeus che la trasformò in un’orsa per sottrarla all’ira funesta di Era, dopo che Zeus aveva giaciuto con lei.
Un’altra legenda narra che fu proprio Artemide a trasformare Callisto in un’orsa, come punizione, dopo aver scoperto lo stato di gravidanza della sua ancella che, ricordiamo, aveva fatto voto di castità.
In ogni caso la metamorfosi di Callisto avvenne dopo aver dato alla luce Arcade, un bellissimo bambino che venne allevato da Artemide e le altre sue ancelle.
Una volta diventato un giovane uomo, Arcade venne a conoscenza di un’ orsa che si aggirava nel bosco, e si mise sulle tracce per ucciderla.
Dopo essere riuscito a scovarla, Arcade si preparò ad ucciderla, ignorando che in realtà l’animale incarnasse la sua mamma: mentre il giovane era sul punto di colpire la povera orsa con una lancia, Zeus, impietosito, fermò il tempo e trasformò sia l’orsa che Arcade in stelle, collocandoli sulla volta celeste.
Nel cielo madre e figlio brillano vicini, prolungando infatti la “coda”dell’Orsa Maggiore, costellazione che rappresenterebbe Callisto, si arriva alla stella Arturo del Boote, che rappresenta invece Arcade; il nome dell’astro significa proprio “inseguitore dell’orsa”.
LA COSTELLAZIONE DELLA CORONA BOREALE
Dal mese di maggio e per tutta l’estate possiamo ammirare la Corona Boreale, un piccolo diadema di stelle posto tra Ercole e Boote.
La stella principale della costellazione è Alphecca o Gemma, una binaria a eclisse con magnitudine 2,2 e distante dalla Terra 75 anni luce.
CORONA BOREALE CREDITI: GIUSEPPE J. DONATIELLO
Le altre stelle più luminose che compongono la Corona Boreale sono Nusakan (Beta Corona Borealis) e Gamma Corona Borealis.
Tabella delle stelle della Costellazione del Bootes
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR5958
2
Variable; Double;
HR5793
α Coronae Borealis
Alphecca
2.23
Variable;
HR5747
β Coronae Borealis
Nusakan
3.68
Variable; Double;
HR5849
γ Coronae Borealis
3.84
Variable; Double;
HR5778
θ Coronae Borealis
4.14
Variable; Double;
HR5947
ε Coronae Borealis
4.15
Multiple;
HR5889
δ Coronae Borealis
4.63
Variable;
HR6018
τ Coronae Borealis
4.76
Variable; Double;
HR5901
κ Coronae Borealis
4.82
Double;
HR6103
ξ Coronae Borealis
4.85
Double;
HR5971
ι Coronae Borealis
4.99
Variable;
HR5834
ζ2 Coronae Borealis
5.07
Double;
HR5800
μ Coronae Borealis
5.11
HR6107
ν1 Coronae Borealis
5.2
Variable; Multiple;
HR6108
ν2 Coronae Borealis
5.39
HR5968
ρ Coronae Borealis
5.41
Double;
HR5936
λ Coronae Borealis
5.45
Double;
HR5709
ο Coronae Borealis
5.51
Variable; Double;
HR5855
π Coronae Borealis
5.56
HR5957
5.62
OGGETTI NON STELLARI NELLA CORONA BOREALE
La piccola costellazione ospita un ammasso di galassie, Abell2065, situato a un miliardo di anni luce dal nostro Sistema Solare, con magnitudine 15.
L’ammasso fa parte di uno dei più grandi e particolari superammassi di galassie dell’emisfero boreale, ovvero il Superammasso della corona Boreale.
Esso si trova a 946 milioni di anni luce e contiene sette ammassi, di cui Abell 2056, 2061, 2065, 2067 e 2089 sono legati gravitazionalmente e sono nella fase di collasso per formare un grosso ammasso.
LA CORONA BOREALE NELLA MITOLOGIA
Una corona di stelle, un dono di nozze e il legame tra mitologia e volta celeste: pare infatti che il dio Dioniso si innamoròperdutamente di Arianna,figlia di Minossee promessa sposadi Teseo; la giovane fanciulla però fu lasciatada Teseo prima del matrimonio, sull’isola di Nasso: dall’evento pare sia nata la locuzione “piantare in Nasso”.
Quando il dio la vide piangere, inconsolabile per l’abbandono subito, decise di regalarle una meravigliosa e brillante corona come dono di nozze.
Il diadema donato ad Arianna si trasformò in stelle dopo che il dio Efesto lo ebbe lanciato in cielo e lì rimase a brillare per l’eternità.
Le costellazioni del mese di Aprile 2025
Tutte le sere, quando si apre il sipario della notte, nel cielo nero si accendono le stelle e inizia lo spettacolo che da millenni mette in scena storie in cui si muovono eroi dotati di superpoteri, mostri e ibridi da fantascienza, fanciulle più divine che terrestri: tutti impegnati in un repertorio d’amori e d’avventure ai confini della realtà.
Margherita Hack
Nel cielo di aprile incontriamo le costellazioni della Vergine e dei Cani da Caccia, ricche di oggetti molto amati dagli astrofili e circondate da storie e leggende mitologiche.
LA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE
Quella della Vergine è una costellazione molto estesa (circa 1300 gradi quadrati) la seconda più ampia della volta celeste dopo l’Hydra; l’asterismo è posto tra quello del Leone e quello della Bilancia ed è facilmente individuabile grazie alla sua stella più brillante Spica (alfa Virginis), un astro di colore bianco-azzurro che con la sua magnitudine di 1.04 si colloca al quindicesimo posto tra le stelle più brillanti del cielo notturno.
Spica è situata a una distanza di 262 anni luce e si trova in direzione della mano della fanciulla che la costellazione della Vergine rappresenta, indicando una spiga di grano stretta tra le dita.
Insieme alle stelle Arturo del Boote e Denebola del Leone, Spica costituisce uno dei vertici del Triangolo primaverile.
Tra gli astri che compongono la costellazione della Vergine la seconda più luminosa è Porrima (gamma Virginis), una stella doppia di magnitudine apparente di 2.74, le cui componenti sono di pari colore (giallastro); il sistema binario è posto a una distanza di 39 anni luce.
Al terzo posto per luminosità brilla la stella gigante gialla Vindemiatrix (epsilon Virginis) o Vendemmiatrice, che possiede una magnitudine di 2.85, distante 102 anni luce: le origini del nome di questa stella risalgono a più di 2.000 anni fa quando epsilon Virginis sorgeva alle prime luci dell’alba a inizio settembre, periodo in cui si svolgeva la vendemmia.
A causa della Precessione degli Equinozi, le cose ad oggi sono un po’ variate, e Vindemiatrix ha lasciato il posto agli astri della costellazione del Leone.
Tabella delle stelle della Costellazione della Vergine
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR5056
α Virginis
Spica
0.98
Variable; Multiple;
HR4932
ε Virginis
Vindemiatrix
2.83
Variable; Double;
HR5107
ζ Virginis
Heze
3.37
HR4910
δ Virginis
Minelauva
3.38
Variable; Double;
HR4540
β Virginis
Zavijava
3.61
Multiple;
HR4825
γ Virginis
Porrima
3.65
Variable; Multiple;
HR4826
γ Virginis
3.68
Variable; Multiple;
HR5511
109 Virginis
3.72
Variable;
HR5487
μ Virginis
3.88
HR4689
η Virginis
Zaniah
3.89
Variable; Multiple;
HR4517
ν Virginis
4.03
Variable;
HR5338
ι Virginis
Syrma
4.08
Variable;
HR4608
ο Virginis
4.12
HR5315
κ Virginis
Kang
4.19
HR5264
τ Virginis
4.26
Multiple;
HR4963
θ Virginis
4.38
Multiple;
HR5601
110 Virginis
4.4
HR5359
λ Virginis
Khambalia
4.52
Variable;
HR4589
π Virginis
4.66
HR4813
χ Virginis
4.66
Multiple;
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE
Nella costellazione della Vergine risiedono oggi del profondo cielo davvero affascinanti: uno dei più importanti è l’ammasso di galassie della Vergine, composto da circa
2. 500 membri e che a sua volta fa parte del Superammasso della Vergine, di cui fa parte anche il Gruppo Locale, ovvero il gruppo di galassie a cui appartiene la nostra Via Lattea.
IMMAGINE CATENA DI MARKARIAN CREDITI: GIANNI MELIS
Parte dell’Ammasso della Vergine è composto dall’oggetto deep sky noto come Catena di Markarian: si tratta di una striscia di galassie disposta lungo una linea vagamente incurvata, che prende il nome dall’astrofisico armeno Benjamin Markarian, il quale scoprì il moto comune della galassie nei primi anni 60.
Tra gli altri oggetti non stellari nella Vergine come non citare uno dei più noti del profondo cielo, ovvero M87, la galassia che con il suo getto relativistico e l’emissione di raggi X e gamma rappresenta un importante oggetto di studio nell’ambito dell’astronomia e radio astronomia.
IMMAGINE M87 CREDITI: NASA, ESA e Hubble Heritage Team (STScI/AURA); Riconoscimenti: P. Cote (Herzberg Institute of Astrophysics) ed E. Baltz (Stanford University)
La galassia ospita un buco nero supermassiccio e una famiglia di circa 15.000 ammassi globulari: il getto rilasciato dal centro galattico è un flusso di materiale alimentato dal buco nero che viene espulso dal nucleo di M87. Mentre il materiale gassoso dal centro della galassia si accumula sul buco nero, l’energia rilasciata produce un flusso di particelle subatomiche che vengono accelerate a velocità prossime a quella della luce.
La Vergine ospita una scenografica coppia di galassie nota come Arp 240, composta da galassie a spirale di massa e dimensioni simili, NGC 5257 e NGC 5258. Le galassie interagiscono visibilmente tra loro tramite un ponte di stelle fioche che le collega.
IMMAGINE ARP 240 CREDITI: Hubble Collaboration e A. Evans (University of Virginia, Charlottesville/NRAO/Stony Brook University)
Infine un ultimo sguardo su un’altra galassia molto conosciuta, ovvero M104, nota come Galassia Sombrero
M104 CREDITI: GIANNI MELIS
LA VERGINE NELLA MITOLOGIA
La costellazione della Vergine viene rappresentata come una fanciulla con in mano delle spighe: l figura è da sempre associata al chicco di grano che muore e rinasce, al periodo dei raccolti, alla mietitura, da cui deriva proprio il nome della Stella alfa della costellazione, ovvero Spica, che è visibile dopo il tramonto proprio durante i mesi primaverili ed estivi.
Nella mitologia la figura della Vergine mette d’accordo un po’ tutte le antiche popolazioni, dai Sumeri agli Egizi, ai greci: ad essa si associa l’alternarsi delle stagioni e del ciclo della vita.
La mitologia greca ci porta in Sicilia, sulle rive del Lago di Pergusa, nell’entroterra ennese, dove una giovane fanciulla di nome Proserpina, figlia di Demetra, (dea dell’agricoltura e della fertilità) , era intenta a raccogliere dei fiori quando, da una fenditura del terreno, uscì fuori un cocchio trainato da quattro cavalli e condotto dal dio dell’oltretomba Plutone, che rapí la giovane (il famoso ratto di Proserpina) facendone la sua sposa e trascinandola con sé negli inferi.
Demetra, dopo averla cercata ovunque, fu mossa da una disperazione tale da lasciar calare un lungo e freddo inverno sulla campagna siciliana, provocando devastazione e terreni non più fertili.
Dopo qualche tempo la dea interpelló il dio del Sole Elio, testimone del rapimento di Proserpina: fu allora che Demetra si recò da Giove minacciando di far morire ogni forma di vita esistente se non le fosse restituita sua figlia.
Plutone a quel punto, incalzato da Giove, acconsentí a rendere la fanciulla a sua madre, ma bleffando: egli infatti offrì a Proserpina un melograno avvelenato di cui ella però mangiò solo pochi semi.
Gli dei, mossi dalla pena e dalle minacce di Demetra, stabilirono un compromesso: Proserpina avrebbe vissuto per sei mesi negli inferi con Plutone e sei mesi sulla Terra con sua madre.
Questo alternarsi tra l’ombra e la luce è il simbolo del chicco che muore e rinasce e del continuo incedere delle stagioni e della vita stessa.
LA COSTELLAZIONE DEI CANI DA CACCIA
Alta sull’orizzonte orientale, nel mese di aprile, possiamo osservare la costellazione dei Cani di Cacci.
Posta accanto alla Chioma di Berenice, tra il Boote e l’Orsa Maggiore, questa costellazione appare visibile nel cielo primaverile ed estivo.
La sua stella principale, alfa Canum Venaticorum, è nota anche come Cor Caroli, ed è una stella doppia di magnitudine 2,89 distante 110 anni luce, risolvibile già attraverso l’impiego di un buon telescopio.
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Notes
HR4915
α2 Canum Venaticorum
Cor Caroli
2.9
Variable; Double;
HR4785
β Canum Venaticorum
Chara
4.26
Variable;
HR5112
24 Canum Venaticorum
4.7
Variable;
HR5017
20 Canum Venaticorum
4.73
Variable;
HR5219
4.74
Variable;
HR4716
5 Canum Venaticorum
4.8
Variable;
HR5127
25 Canum Venaticorum
4.82
Multiple;
HR4997
4.92
HR5110
4.98
Variable;
HR4846
La Superba
4.99
Variable;
HR4728
6 Canum Venaticorum
5.02
HR5023
21 Canum Venaticorum
5.15
Variable;
HR4943
14 Canum Venaticorum
5.25
Variable;
HR4690
3 Canum Venaticorum
5.29
HR4783
5.42
HR5186
5.5
Double;
HR5032
23 Canum Venaticorum
5.6
HR4914
α1 Canum Venaticorum
5.6
Double;
HR5195
5.62
HR4945
5.63
Double;
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEI CANI DA CACCIA
Questa è una costellazione che ospita davvero molti interessanti oggetti del profondo cielo, ripresi facilmente anche in maniera amatoriale.
Uno di questi è senza dubbio Messier 106, una galassia a spirale relativamente vicina, a poco più di 20 milioni di anni luce di distanza.
A 100 milioni di anni luce da noi è presente un ammasso di una ventina di galassie, il cosiddetto ammasso Hickson Compact Group 68, uno dei più luminosi ed appariscenti gruppi del catalogo Hickson.
HGC 68 CREDITI: GIUSEPPE LIVRIERI
Nella costellazione è presente anche un luminoso ammasso globulare noto come M3, uno dei più brillanti del cielo.
L’ammasso è visibile già all’oculare di un buon binocolo, per rivelarsi al meglio attraverso l’utilizzo di un telescopio anche amatoriale.
Le notti di primavera sono l’ideale per accingersi all’osservazione di M3.
I CANI DA CACCIA TRA MITO E STORIA
Nel 1687 l’astronomo polacco Johannes Hevelius formò la costellazione dei Cani da Caccia, inserendola tra il Boote e l’Orsa Maggiore, in una regione di cielo a suo dire troppo vuota e che bisognava integrare con un oggetto che comprendesse anche la stella Cor Caroli, Cuore di Carlo (ll d’Inghilterra).
Perché la scelta fosse ricaduta proprio su due cani da caccia non è ben chiaro: essi venivano attribuiti ora al Boote ora all’Orsa Maggiore.
Un’altra storia ci porta tra gli intrighi della corona inglese, dove il medico di corte Charles Scarborough denominó una stella con l’appellativo di Cor Caroli, in onore di Carlo l, in seguito alla sua decapitazione durante la guerra civile inglese.
Successivamente Edmund Halley associó l’astro a Carlo ll, salito al trono dopo la morte del padre: il monarca accolse con entusiasmo che il suo nome fosse tra le stelle e, mosso forse da una certa riconoscenza nei confronti di Halley, decise di dare il via alla realizzazione di uno dei più illustri osservatori del mondo: l’osservatorio Astronomico di Greenwich.
Le costellazioni del mese di Marzo 2025
Nel cielo di Marzo troveremo costellazioni sia facili che meno note e luminose: la Costellazione del Leone, la Costellazione del Leone Minore e la Costellazione della Giraffa.
LA COSTELLAZIONE DEL LEONE
Una delle costellazioni protagoniste del cielo primaverile, che transita al meridiano intorno al 15 di aprile, è indubbiamente la Costellazione del Leone: essa è posta tra il Cancro e la Vergine ed è osservabile già dalla prima serata; per riconoscerla sarà sufficiente individuare la tipica forma trapezoidale che la identifica, di cui la stella Regolo (alfa Leonis) costituisce uno dei suoi vertici (quello orientato a Sud-Ovest).
Regolo è un sistema stellare composto da quattro stelle divise in due coppie; con la sua magnitudine +1,40 è la ventunesima stella più luminosa del cielo notturno. Dista circa 79 anni luce da noi e la sua vicinanza all’Equatore celeste fa sì che possa essere osservata da tutte le aree popolate della Terra.
Con il suo colore bianco-azzurro, Regolo si rende facilmente visibile nelle serate primaverili e, insieme ad altre stelle della costellazione del Leone, va a comporre un asterismo chiamato Falce.
Si tratta di un oggetto molto brillante, noto anche come Falce Leonina, la cui forma richiama appunto quella dell’oggetto di cui porta il nome.
Il vertice Sud-Orientale della figura del Leone è costituito dalla stella Denebola, che rappresenta la coda dell’animale: è una delle stelle più vicine a noi, trovandosi a 36 anni luce di distanza; con la sua luce bianca è circa 17 volte più luminosa del Sole.
Denebola è una stella variabile della tipologia Delta Scuti, con una luminosità che varia leggermente nel giro di poche ore.
Da studi cinematici risulta che Denebola potrebbe essere una componente di un’associazione stellare di cui fanno parte anche Alpha Pictoris, Beta CanisMinoris e l’ammasso aperto IC 2391.
Numero HR(*)
Designazione della stella
Nome proprio
Magnitudine visiva
Appunti
HR3982
Un leone
Regolo
1.35
Variabile; Multiplo;
HR4534
ß Leone
Denebola
2.14
Variabile; Multiplo;
HR4357
dLeoni
Zosma
2.56
Variabile; Multiplo;
HR4057
?1 Leone
Algieba
2.61
Variabile; Multiplo;
HR3873
E Leonis
2,98
Variabile;
HR4359
? Leoni
Certan
3.34
Variabile;
HR4031
? Leoni
Adhafera
3.44
Variabile; Doppio;
HR3975
E Leonide
3.52
Variabile; Doppio;
HR3852
o Leonis
Subra
3.52
Multiplo;
HR4058
?2 Leoni
3.8
Variabile; Multiplo;
HR4133
? Leonis
3,85
Variabile;
HR3905
µ Leonis
Rasala
3.88
HR4399
Io Leonis
3.94
Variabile; Doppio;
HR4386
s Leonis
4.05
HR4471
di Leonis
4.3
Raddoppiare;
HR3773
? Leoni
Alterf
4.31
Variabile;
HR3980
31 Leoni
4.37
Raddoppiare;
HR4300
60 Leoni
4.42
HR3731
e Leonis
4.46
Variabile; Multiplo;
HR4368
f Leoni
4.47
Raddoppiare;
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEL LEONE
GALASSIA A SPIRALE NGC 2903 CREDITI: ESA/Hubble, NASA e L. Ho, J. Lee e il team PHANGS-HST
La costellazione del Leone ospita diversi oggetti non stellari come le galassie M65, M66, M105 e NGC 2903: quest’ultima, oltre ad essere una galassia a spirale barrata, è anche l’oggetto più brillante della costellazione e possiamo ammirarne i dettagli nell’incredibile immagine ad alta risoluzione catturata dal Telescopio Spaziale HUBBLE, attraverso l’utilizzo della Advanced Camera for Surveys (ACS) e la Wide Field Camera 3 (WFC3).
TRIPLETTO DEL LEONE CREDITI: MASSIMO DI FUSCO
Le Galassie M66, M65 e NGC 3628 formano il famigeratoTripletto del Leone, che si trova a 35 milioni di anni luce dalla Terra. Entro i confini della costellazione sono stati scoperti anche diversi sistemi planetari: attorno alla nana rossa Gliese 436, posta a 33 anni luce dal Sole, orbita un pianeta la cui massa è simile a quella di Nettuno; vi è poi la stella HD 102272 attorno alla quale orbitano due pianeti di tipo giovano.
IL LEONE NELLA MITOLOGIA
Nota già sin dai tempi dei Babilonesi per la sua identificazione con il Sole, poiché ospitava il Solstizio d’Estate, la costellazione del Leone è mitologicamente legata alla figura di Ercole.
Secondo il mito, la dea Era possedeva un famelico leone che tormentava il popolo di Nemea: l’animale, dotato di una spessa e invulnerabile pelliccia, sembrava essere immune a qualsiasi arma.
Nell’impresa di cacciarlo e ucciderlo vi riuscì solamente Ercole, che dopo aver sconfitto la feroce bestia, la scuoiò, indossando da quel momento la pelliccia impenetrabile del leone. La fierezza dell’animale fu tramutata in stelle da Zeus, che collocò la sua figura sulla volta celeste.
LA COSTELLAZIONE DEL LEONE MINORE
Nel cielo serale di marzo possiamo cercare la piccola costellazione del Leone Minore: essa raffigura un cucciolo di leone e fu introdotta nel 1687dall’astronomo polacco Johannes Hevelius.
La costellazione è situata tra quella del Leone e dell’Orsa Maggiore, composta da debole stelli che non appartenevano a nessun’altra figura celeste.
Una curiosità riguardo a questo asterismo è che nonostante abbia una stella beta, non possegga una stella alfa: pare che proprio il fautore della costellazione non si preoccupò di classificare le stelle che aveva raggruppato nel Leone Minore e così circa 150 anni dopo, l’astronomo inglese Francis Baily, assegnò la lettera Beta alla seconda stella in ordine di brillantezza del Leone Minore, ma lasciò senza denominazione la più brillante!
Si tratta di Praecipua, una stella gigante di classe spettraleK0 situata ad una distanza di circa 98 anni luce, che ha una magnitudine apparente di 3,83.
La stella beta del Leone Minore è una binaria di magnitudine 4,2 e le sue componenti orbitano tra loro in un periodo di 37 anni.
Numero HR(*)
Designazione della stella
Nome proprio
Magnitudine visiva
Appunti
HR4247
46 Leone Minore
Precipuo
3.83
Variabile;
HR4100
ß Leone Minore
4.21
Raddoppiare;
HR3974
21 Leoni Minori
4.48
Variabile;
HR3800
10 Leoni Minori
4.55
Variabile;
HR4166
37 Leone Minore
4.71
HR4090
30 Leoni Minori
4.74
HR4192
41 Leone Minore
5.08
HR3928
19 Leoni Minori
5.14
HR4203
42 Leone Minore
5.24
Raddoppiare;
HR4024
23 Leoni Minori
5.35
HR3951
20 Leoni Minori
5.36
Raddoppiare;
HR3769
8 Leoni Minori
5.37
Variabile;
HR3815
11 Leone Minore
5.41
Variabile; Doppio;
HR4081
28 Leone Minore
5.5
HR4189
40 Leoni Minori
5.51
Multiplo;
HR4137
34 Leone Minore
5.58
HR4113
32 Leoni Minori
5.77
HR3993
5,85
Variabile;
HR4168
38 Leone Minore
5,85
HR3764
7 Leoni Minori
5,85
Multiplo;
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEL LEONE MINORE
Uno degli oggetti non stellari più brillanti della costellazione è la galassia NGC 3344, ben visibile con un telescopio di 150 mm di apertura.
NGC 3344 CREDITI: CRISTINA CELLINI
Vi sono poi altre galassie di facile osservazione come NGC 3486 e NGC 2859, anche se l’oggetto più misterioso presente nella costellazione è quello denominato come Hanny’s Voorwerp: dall’olandese “Oggetto di Hanny”, si tratta di un bizzarro oggetto che il telescopio della NASA/ESA, ha immortalato come un’insolita e spettrale macchia di gas verde che sembra fluttuare vicino a una galassia a spirale dall’aspetto normale, chiamata IC 2497.
HANNY’S VOORWERP CREDITI: NASA, ESA, William Keel (Università dell’Alabama, Tuscaloosa) e il team del Galaxy Zoo
L’oggetto verdastro è visibile perché è stato illuminato da un fascio di luce proveniente dal nucleo della galassia. Questo fascio proveniva da un quasar, un oggetto luminoso ed energetico alimentato da un buco nero.
Il quasar potrebbe essersi spento negli ultimi 200.000 anni.
LA COSTELLAZIONE DELLA GIRAFFA
In una remota area di cielo compresa tra Orsa Maggiore, Cassiopea e Auriga, è posta la costellazione della Giraffa, nota anche come Camelopardalis.
Si tratta di una costellazione circumpolare difficilmente riconoscibile ad occhio nudo, soprattutto da un cielo urbano, proprio perché è collocata in una regione buia della volta celeste ed è composta da stelle molto deboli.
La più luminosa della Giraffa è Beta Camelopardalis, una supergigante gialla di magnitudine +4,03 distante circa 900 anni luce.
Alfa Camelopardalis è invece una stella supergigante blu con magnitudine apparente di +4,29, distante 5240 anni luce.
Numero HR(*)
Designazione della stella
Nome proprio
Magnitudine visiva
Appunti
HR1603
ß Giraffa
4.03
Multiplo;
HR1035
4.21
Variabile; Doppio;
HR1542
a Giraffa
4.29
HR1155
4.47
Variabile;
HR1568
7 Giraffe
4.47
Multiplo;
HR1040
4.54
HR2527
4.55
HR1148
? Giraffa
4.63
Multiplo;
HR1129
4.8
Raddoppiare;
HR2209
4.8
HR985
4.84
Variabile; Doppio;
HR2742
4,96
Variabile;
HR1205
5
Raddoppiare;
HR1204
5.03
HR1686
5.05
Multiplo;
HR1467
3 Giraffe
5.05
Variabile; Doppio;
HR1242
5.06
HR1622
11 Giraffe
5.08
Variabile; Multiplo;
HR1046
5.09
Variabile; Multiplo;
HR1105
5.1
Variabile;
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELLA GIRAFFA
Questa costellazione è tuttavia ricca di vari oggetti del profondo cielo: tra questi c’è l’ammasso 1502, composto da una cinquantina di stelle osservabile già con un buon binocolo.
NGC 1502 CREDITI: LINO BENZ DEL GRUPPO ASTROFILI DEL SALENTO
Nei pressi dell’ammasso si trova un oggetto davvero affascinante, la cosiddetta Cascata di Kemble, un asterismo che appare come una sequenza di stelle di diversi colori e luminosità, disposte e allineate sono per un effetto prospettico.
Addentrandoci ancora nel profondo cielo in direzione della Giraffa, incontriamo la galassia a spirale intermedia NGC 2403, un oggetto molto amato dagli astrofili.
NGC 2403 CREDITI: MASSIMO DI FUSCO
Nell’immagine di seguito, realizzata da Lino Benz del Gruppo Astrofili del Salento, possiamo apprezzare una serie di oggetti nella Giraffa: si tratta di vdB 14,vdB 15, Sh2-202 e Stock 23.
VDB14, VDB 15, SH2-202, STOCK 23 CREDITI: LINO BENZ DEL GRUPPO ASTROFILI DEL SALENTO
vdB 14 e vdB 15 sono rispettivamente una piccola nebulosa a riflessione e una brillante nebulosa a riflessione, che si trova a circa 2600 anni luce da noi all’interno della nostra galassia.
Sh2-202 è un’estesa nebulosa diffusa visibile al confine fra le costellazioni di Cassiopea e della Giraffa. Èindividuabile ad est del Complesso delle nebulose Cuore e Anima, nel punto in cui la scia luminosa della Via Lattea sembra interrompersi bruscamentea causa di grossi banchi di polveri oscure.
L’altro oggetto presente nell’immagine è Stock 23, classificato talvolta come ammasso aperto e talvolta come un semplice asterismo.
Trattandosi di una costellazione creata da PetrusPlancius nel 1612, quella della Giraffa non possiede riferimenti mitologici.
Le costellazioni del mese di Febbraio 2025
Nel cielo di febbraio troveremo le costellazioni che caratterizzano l’inverno boreale: in prima serata brillano inconfondibili le figure di Orione, Toro, Auriga, Gemelli e il Cane Maggiore con la sua luminosa Sirio.
LA COSTELLAZIONE DEI GEMELLI
In questo mese la volta celeste ci offre la visione delle stelle Castore e Polluce, simbolo della costellazione dei Gemelli, che transita al meridiano intorno al 20 febbraio: con una magnitudine di 1,6 e distante circa 52 anni luce da noi, Castore è composta da tre coppie di stelle aventi una complessa interazione gravitazionale tra di loro; sebbene Castore venga indicata come la stella alfa della costellazione, è in realtà meno luminosa di Polluce.
Beta Geminorum, ovvero Polluce, è una gigante di colore arancione con una magnitudine di 1,15 ed è situata a 34 anni luce da noi.
La classificazione delle stelle alfa e beta dei Gemelli è un po’ controversa: benché Polluce sia più brillante di Castore, tanto da occupare il 17° posto nella lista delle 20 stelle più luminose del cielo notturno, come già accennato è Castore a rivestire il ruolo di stella principale della costellazione.
Johann Bayer, autore del primo atlante celeste, decise di assegnare il ruolo di stella alfa dei Gemelli a Castore, ma Polluce in realtà detiene un premio di consolazione molto importante: è una delle poche stelle visibili attorno a cui ruota un pianeta.
Circa 10 anni fa infatti è stato scoperto un pianeta gigante gassoso simile a Giove, che compia un’orbita completa attorno alla sua stella in 590 giorni, a cui è stato dato il nome di Polluce b.
Nella costellazione si trovano anche altre stelle molto più luminose di Castore e Polluce, ma più distanti, quindi meno brillanti, come Alhena e Mebsuta: la prima è un subgigante bianca di magnitudine 1,93 e distante 105 anni luce da noi.
La seconda è una supergigante gialla di magnitudine assoluta – 4,15 e distante 903 anni luce.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEI GEMELLI
Tra gli oggetti del profondo cielo presenti nei Gemelli troviamo IC443, nota come Nebulosa Medusa, una nebulosa planetaria a circa 5000 anni luce di distanza, soggetto molto amato dagli astrofili.
Ripresa di IC443. Crediti di Lorenzo Busilacchi
Sempre a proposito di nebulose vale la pena citare NGC2392, ovvero la scenografica Nebulosa Eskimo, a 6500 anni luce di distanza.
NGC 2392 Nebulosa Eskimo CREDITI: LORENZO BUSILACCHI
Nella costellazione sono presentigli ammassi M35 e NGC 2158, entrambi prospetticamente vicini e individuabili già con un buon binocolo.
IMMAGINE M35 E NGC 2158 CREDITI: MASSIMILIANO PEDERSOLI
I GEMELLI NELLA MITOLOGIA
I due gemelli per antonomasia sono protagonisti di varie pagine di mitologia greca: al centro delle vicende c’è anche (come sempre!) Zeus, che sappiamo essere molto determinato quando si tratta di sedurre una delle sue vittime prescelte, e di ricorrere alle sue note metamorfosi in animali per riuscirci.
Avendo perso la testa per Leda, nipote di Ares e regina di Sparta, Zeus si trasformò in cigno e possedette la giovane mentre passeggiava sulla riva del fiume: dall’uovo concepito (o forse erano due) vennero alla luce quattro bambini, ma poiché quella stessa notte Leda giacque con suo marito Tindaro, non v’è certezza sulla reale paternità dei nascituri.
A Zeus furono attribuiti i gemelli immortali Polluce ed Elena (di Troia), mentre il re Tindaro riconobbe la paternità di Castore e Clitennestra.
Nonostante questa classificazione, Castore e Polluce ebbero l’appellativo di Dioscuri, è quindi riconosciuti sia come figli di Zeus che di Tindaro.
Castore era un domatore di cavalli mentre Polluce si distingueva come un pugile formidabile; entrambi nutrivano un forte sentimento fraterno l’uno per l’altro ed erano inseparabili, tanto da prendere insieme parte anche alla famosa spedizione degli Argonauti e, tra le tante avventure, sfidarono addirittura Teseo.
Un evento fatale li vide però coinvolti, segnando il loro destino: per una storia di donne e bestiame, i due gemelli mitologici si trovarono a battersi in duello con un’altra coppia di gemelli, Ida e Linceo.
Nella sfida fu Castore ad avere la peggio tanto che Polluce, dilaniato dal dolore per la perdita dell’amato fratello, implorò Zeus affinché potesse lasciare la terra insieme a lui.
Zeus fu impietosito dalle lacrime di suo figlio e concesse a Polluce di poter condividere con Castore un abbraccio eterno impresso sul manto celeste, brillando nelle stelle a cui danno il nome.
LA COSTELLAZIONE DEL CANE MAGGIORE
Nel pieno dell’inverno boreale possiamo ammirare nel cielo la brillante stella Sirio.
L’astro fa parte della costellazione del Cane Maggiore, rappresentando la sua stella principale e componendo uno dei vertici del Triangolo Invernale.
La costellazione è poco appariscente ed è composta, oltre a Sirio, dalle stelle Mizam, Adhara, Wezen, Aludra e Furud.
In questi anni la compagna di Sirio, la nana bianca Sirio B si sta avvicinando al suo punto di massima distanza, rendendo più facile riuscire a osservarla anche con telescopi amatoriali. In questa ripresa effettuata la mattina del 28 ottobre 2020 sono riuscito a fotografarla al fuoco diretto con un Celestron C11 e Zwo Asi 224MC. In alcuni vecchi libri letti quando ancora ero bambino, si racconta che abitanti di un pianeta orbitante intorno a Sirio B abbiano visitato la Terra in tempi lontani. Anche questo aiuta a rendere ancora più affascinate e nostalgica la sua osservazione…. Crediti: Fabrizio Guasconi
Con il suo freddo bagliore bianco-azzurro, Sirio è una vera regina del cielo, riconoscibile anche dai meno esperti: l’astro è posto a 8,6 anni luce e ha una magnitudine apparente – 1,47.
In realtà si tratta di un sistema binario, composto da Sirio A e Sirio B, quest’ultima difficile da immortalare, ma non impossibile, a patto che si disponga di un’ottima attrezzatura e tanta pazienza.
La difficoltà è data dall’importante luminosità della componente principale che offusca la componente secondaria.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEL CANE MAGGIORE
Trovandosi in una porzione di cielo attraversata dalla Via Lattea, la costellazione ospita diversi oggetti del profondo cielo: tra le nebulose spicca IC 2177, nota come Nebulosa Gabbiano, situata a 3260 anni luce.
IC 2177 CREDITI: LINO BENZ
Un altro oggetto molto amato e ripreso dagli astrofili è la Nebulosa Elmetto di Thor, NGC 2359, visibile con telescopi di almeno 120mm di diametro.
NEBULOSA ELMETTO DI THOR CREDITI: EGIDIO VERGANI
IL CANE MAGGIORE NELLA MITOLOGIA
Il Cane Maggiore trova posto nella mitologia in riferimento al fedele cane da caccia di Orione, ovvero Sirio.
Della luminosa stella si narra nel mito greco anche in riferimento al suo sorgere all’alba, che indicava l’arrivo dei giorni più roventi dell’estate, della canicola, ovvero i giorni del Cane.
“Abbaiando lancia fiamme e raddoppia il caldo ardente del Sole” scriveva Manlio, “la torrida Stella del Cane spacca i campi” narrava invece Virgilio nelle Georgiche; è chiaro che a Sirio veniva attribuita la causa del caldo torrido che infuocava i campi, rinsecchendo i raccolti.
Le costellazioni del mese di Gennaio 2025
Ora era onde ‘l salir non volea storpio chè il Sole avea il cerchio di merigge lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio…
Dante, Divina Commedia
Nel cuore dell’inverno boreale possiamo ammirare un cielo sfavillante di costellazioni luminose e ricche di oggetti e storie mitologiche. Due delle figure caratteristiche del cielo di gennaio sono quelle del Toro e dell’Auriga.
LA COSTELLAZIONE DEL TORO
Riconoscibile grazie alla sua stella Aldebaran, quella del Toro è una delle costellazioni della fascia dello Zodiaco, compresa tra Ariete e Gemelli; la figura si estende a Est/Sud-Est, dove la sua stella principale brilla con il suo inconfondibile colore rosso-arancio.
La Costellazione del Toro a cura di https://theskylive.com/
Aldebaran è una gigante arancione grande 40 volte il Sole e che con la sua magnitudine +0,95 rappresenta la, quattordicesima stella più luminosa del cielo notturno.
L’astro rappresenta l’occhio del Toro mentre le stelle Elnath e Alheka costituiscono le corna dell’animale; beta Tauri, ovvero Elnath, brilla al confine con l’Auriga e infatti ha la peculiarità di essere attribuita ora al Toro ora all’Auriga.
M45: UN AMMASSO APERTO NEL CUORE DELL’INVERNO
Oltre ai vari interessanti oggetti del profondo cielo presenti nel Toro, quello più noto e facilmente riconoscibile da tutti gli amanti del cielo, è senza ombra di dubbio M45, meglio conosciuto con il nome di Pleiadi.
M45 CREDITI Davide De Martin & the ESA/ESO/NASA Photoshop FITS Liberator
Si tratta di un ammasso aperto situato nella spalla del Toro, distante 440 anni luce dalla Terra. Da un luogo buio sono visibili già sette delle stelle che lo compongono, per le quali l’ammasso viene anche comunemente denominato con l’appellativo di “le sette sorelle”; in realtà con un binocolo e soprattutto con un telescopio si scopre che l’ammasso è composto da centinaia di stelle, in prevalenza giganti blu e bianche, legate da un’origine comune e da reciproche forze gravitazionali. Attraverso l’oculare di un telescopio di apertura considerevole non sarà difficile osservare dei piccoli aloni che circondano le singole stelle: si tratta di nubi di polveri, ovvero nebulose a riflessione, illuminare dalle stelle. Le Pleiadi rappresentano uno degli oggetti più amati del cielo invernale, spesso protagoniste di suggestive congiunzioni con la Luna e pianeti.
L’ammasso trova numerosi riferimenti nella mitologia, in cui vengono identificate con le ninfe della montagna, figlie di Atlante e dell’oceanina Pleione: i loro nomi sono Alcione, Asterope, Celeno, Elettra, Maia, Merope e Taigeta.
Nella letteratura italiana troviamo un significativo riferimento alle Pleiadi nella poesia di Pascoli, il Gelsomino Notturno: “La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolìo di stelle”. Il poeta paragona le Pleiadi a una chioccia che trascinai suoi pulcini intenti a pigolare.
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NEL TORO
In direzione della Stella Alheka si trova uno degli oggetti più importanti in campo astronomico e nell’astronomia a raggi X, nonché il primo oggetto del Catalogo Messier ovvero la Nebulosa del Granchio, distante 6500 anni luce dal Sistema Solare.
M1 Crab Nevula di Lorenzo Busilacchi PHOTOCOELUM
M1 Crab Nevula di Gianni Melis PHOTOCOELUM
Durante la fase finale della sua vita la Supernova 1054 ha espulso una quantità enorme di materiali ferroso e gas, generando un’esplosione in grado di proiettare tutti i propri frammenti a una grande distanza e che ancora oggi viaggiano a una velocità che sfiora i 1500 km/s.
Oggi il centro della nebulosa ospita ciò che resta della stella esplosa, una potente stella di neutroni che ruotando su sé stessa crea l’effetto pulsar.
L’esplosione della Supernova 1054 non rimase inosservata: il 4 luglio del 1054 gli astronomi cinesi furono i primi ad accorgersi di un nuovo astro che brillava sulla volta celeste: la sua luminosità fu tale da essere visibile anche in pieno giorno, la sua magnitudine era infatti compresa tra – 7 e –4,5.
Il Toro vanta anche altri variegati oggetti deepsky, molto amati dagli astrofili, come ad esempio la Nebulosa Falchetto (LBN 777) e la Nebulosa Spaghetti (SH2-240), quest’ultima situata al confine con l’Auriga.
NEBULOSA FALCHETTO E NEBULOSA SPAGHETTI CREDITI: CRISTINA CELLINI
IL TORO NELLA MITOLOGIA
La figura del Toro è una delle più antiche di cui si trovi traccia: ben 5.000 anni fa, nei pressi di Aldebaran, era collocato il punto Gamma, che indica l’equinozio di primavera.
Già in alcuni scritti dei Sumeri compaiono riferimenti al Toro, come protagonista di storie d’amore conflittuali.
Presso gli antichi Egizi invece tali animali erano figure mitologiche da venerare.
Nell’antica Grecia il mito del Toro era associato alla figura del Minotauro, frutto del tradimento consumato da Pasifa con il sacro Toro di Creta, alle spalle del marito Minosse.
Vi sono poi le solite vicende legate alle metamorfosi di Zeus che in questo caso, innamoratosi della principessa fenicia Europa, decise di ricorrere alla trasformazione in un toro per poterla rapire e sedurre.
E fu così che un giorno Europa, mentre si trovava in compagnia delle sue ancelle sulla spiaggia, fu attirata dalla presenza di un bellissimo toro bianco; completamente ammaliata da esso, vi salì in groppa lasciandosi condurre fino all’isola di Creta, dopo aver galoppato attraverso il mare.
Ma l’idillio durò poco, poiché una volta giunti a destinazione, l’ingenua principessa scoprì l’inganno: Zeus le rivelò la, sua identità, abusando di lei. Dall’infelice unione nacquero Minosse, Radamanto e Serpedonte.
Elenco delle Stelle Principali della Costellazione del Toro
HR Number(*)
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Tipo
HR1457
α Tauri
Aldebaran
0.85
Variable; Multiple;
HR1791
β Tauri
Elnath
1.65
Double;
HR1165
η Tauri
Alcyone
2.87
Multiple;
HR1910
ζ Tauri
Tianguan
3
Variable;
HR1412
θ2 Tauri
Chamukuy
3.4
Variable; Multiple;
HR1239
λ Tauri
3.47
Variable;
HR1409
ε Tauri
Ain
3.53
Double;
HR1030
ο Tauri
3.6
Variable;
HR1178
27 Tauri
Atlas
3.63
Variable; Multiple;
HR1346
γ Tauri
Prima Hyadum
3.65
Variable;
HR1142
17 Tauri
Electra
3.7
HR1038
ξ Tauri
3.74
HR1373
δ1 Tauri
Secunda Hyadum
3.76
Variable; Multiple;
HR1411
θ1 Tauri
3.84
Multiple;
HR1149
20 Tauri
Maia
3.87
Variable;
HR1251
ν Tauri
3.91
HR1066
5 Tauri
4.11
HR1156
23 Tauri
Merope
4.18
Variable;
HR1387
κ1 Tauri
4.22
Variable; Multiple;
HR1458
88 Tauri
4.25
Variable; Double;
LA COSTELLAZIONE DELL’AURIGA
Nel mese di gennaio possiamo osservare la costellazione dell’Auriga, figura facile da individuare per via della sua forma a pentagono, che va ad unirsi alla schiera delle costellazioni che dominano l’inverno boreale.
La costellazione dell’Auriga. Cortesia di https://theskylive.com/
La stella principale della costellazione (α Aurigae) è Capella, un sistema multiplo costituito da ben quattro stelle, distante 42,2 anni luce da noi; l’astro è situato nella parte settentrionale dell’Auriga ed è ben visibile nel cielo serale con il suo luccichio di colore giallo, e rappresenta la sesta stella più luminosa del cielo notturno.
Le altre stelle che compongono la costellazione dell’Auriga sono Menkalinan, Mahasim, Hassaleh eAlmaaz.
Elenco delle Stelle principali della Costellazione dell’Auriga
Star designation
Proper name
Visual magnitude
Color
Tipo
HR1708
α Aurigae
Capella
0.08
Variable; Multiple;
HR2088
β Aurigae
Menkalinan
1.9
Variable; Multiple;
HR2095
θ Aurigae
Mahasim
2.62
Variable; Multiple;
HR1577
ι Aurigae
Hassaleh
2.69
Variable;
HR1605
ε Aurigae
Almaaz
2.99
Variable; Multiple;
HR1641
η Aurigae
Haedus
3.17
Variable;
HR2077
δ Aurigae
3.72
Multiple;
HR1612
ζ Aurigae
Saclateni
3.75
Variable;
HR2012
ν Aurigae
3.97
Double;
HR2091
π Aurigae
4.26
Variable;
HR2219
κ Aurigae
4.35
Variable;
HR1995
τ Aurigae
4.52
Multiple;
HR1726
16 Aurigae
4.54
Variable; Double;
HR1729
λ Aurigae
4.71
Multiple;
HR2011
υ Aurigae
4.74
Variable;
HR1843
χ Aurigae
4.76
HR1551
2 Aurigae
4.78
HR2427
ψ2 Aurigae
4.79
Multiple;
HR1689
μ Aurigae
4.86
HR2696
63 Aurigae
4.9
OGGETTI NON STELLARI NELL’AURIGA
La costellazione ospita diversi oggetti del catalogo Messier, come gli ammassi aperti M36, M37 ed M38.
M37 CREDITI CRISTINA CELLINI
IMMAGINE M37 CREDITI CRISTINA CELLINI
Altri oggetti del profondo cielo molto interessanti sono le nebulose IC405 e IC410.
LA COSTELLAZIONE DELL’AURIGA NELLA MITOLOGIA
L’Auriga trova diversi riferimenti nella mitologia: una delle storie più diffuse è quella che associa Capella alla capra Amaltea, animale che secondo la mitologia greca allattó Zeus quando, ancora in fasce, venne abbandonato sull’isola di Creta.
Per tale motivo, in segno di gratitudine, l’animale fu collocato sulla volta celeste, accompagnato dai suoi due capretti partoriti proprio mentre allattava Zeus, associati alle stelle Eta e Zeta dell’Auriga.
Per le rappresentazioni delle costellazioni e altri dettagli visitare https://theskylive.com/
Le costellazioni del mese di Dicembre 2024
Nel mese che introduce all’inverno boreale, il cielo si arricchisce di oggetti brillanti e inconfondibili, tra cui spiccano quelli che compongono la celebre costellazione di Orione.
La figura di Orione è così caratteristica da essere riconoscibile anche dai meno esperti di astronomia ed è facilmente individuabile ad occhio nudo, persino dai cieli delle aree urbane.
Questa costellazione fa il suo ingresso nel cielo già a fine estate, quando appare bassa a Sud-Est nelle ore più profonde della notte, fino alle prime luci dell’alba. Con l’arrivo dell’autunno, Orione si mostra in orario serale, per poi dominare le nostre serate invernali, emergendo subito dopo il tramonto e culminando al meridiano verso metà gennaio.
La stella più luminosa della costellazione è Rigel, una supergigante blu che brilla con una magnitudine di 0,2, indicando il ginocchio del mitico Cacciatore celeste. Tuttavia, la stella Alfa di Orione è Betelgeuse, celebre per il suo colore rosso-arancio. Betelgeuse è una supergigante rossa dalla magnitudine di 0,5, situata a circa 600 anni luce dalla Terra.
Questa stella occupa il vertice nord-orientale della costellazione di Orione ed è anche uno dei tre punti che formano il Triangolo Invernale, un asterismo che include anche Sirio (nel Cane Maggiore) e Procione (nel Cane Minore).
Betelgeuse è da sempre al centro dell’interesse astronomico. La sua natura instabile e la fase avanzata della sua evoluzione stellare fanno supporre che, al termine del suo ciclo vitale, potrebbe esplodere in una spettacolare supernova.
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO IN ORIONE
La Cintura di Orione è circondata da un imponente anello di nebulosità noto come Anello di Barnard, situato a circa 1600 anni luce dalla Terra e con un diametro di 300 anni luce. Questo straordinario oggetto è ciò che resta di una supernova esplosa probabilmente circa 2 milioni di anni fa.
La costellazione di Orione, tuttavia, è un autentico scrigno di meraviglie del profondo cielo. Tra queste, la più celebre e fotografata dagli astrofili, esperti o alle prime armi, è senza dubbio la Nebulosa di Orione (M42). Questo spettacolare complesso nebuloso molecolare, situato tra la Cintura e la Spada di Orione, è una delle regioni di formazione stellare più attive della nostra galassia, una vera incubatrice di nuove stelle.
Un altro gioiello di Orione, accessibile anche con un semplice binocolo 10×50, è M78, conosciuta anche come Nebulosa Casper. Si tratta di una brillante nebulosa a riflessione situata sopra la Cintura di Orione, a una distanza di circa 1300 anni luce. Questo oggetto, visibile già da luoghi bui con strumenti di piccole dimensioni, fu scoperto da Pierre Méchain all’inizio del 1780 e successivamente catalogato da Charles Messier il 17 dicembre dello stesso anno.
Nella parte settentrionale della costellazione, troviamo un altro oggetto interessante: Sh2-261, noto come Nebulosa di Lower. Questa nebulosa a emissione, sebbene meno famosa, è visibile anche nelle riprese amatoriali a lunga posa, regalando ulteriori spunti di osservazione per chi si avventura alla scoperta delle meraviglie celesti di Orione.
IMMAGINE NEBULOSA FIAMMA E NEBULOSA TESTA DI CAVALLO CREDITI DI RIPRESA E ELABORAZIONE DI MIRKO TONDINELLI E RICCARDO PACINIIMMAGINE M78 CREDITI: LINO BENZ DEL GRUPPO ASTROFILI DEL SALENTOIMMAGINE Sh2-261/ Sh2-268 e NGC 2169 CREDITI: LINO BENZ DEL GRUPPO ASTROFILI DEL SALENTO
ORIONE NELLA MITOLOGIA
Orione è una delle figure mitologiche più antiche, presente nelle leggende di numerose civiltà, a partire dai Sumeri. Nel mito greco, Orione era figlio di Euriale e Poseidone e possedeva l’incredibile dono di camminare sull’acqua. Nell’Odissea, Omero lo descrive come un abilissimo cacciatore, sempre accompagnato dai suoi fedeli cani, tra cui il prediletto Sirio, oggi la stella più luminosa del cielo.
Le sue vicende mitologiche sono spesso legate a storie d’amore e di passione, che lo portarono a scontrarsi con rivali agguerriti e persino a perdere temporaneamente la vista durante una delle sue avventure.
Tra i numerosi racconti che lo riguardano, il più celebre è quello del suo amore per Artemide, la dea della caccia e sorella gemella di Apollo. Secondo la leggenda, Orione giunse sull’isola sacra di Delo in compagnia della sua amante Eos, ma fu lì che incontrò Artemide, con la quale condivideva la passione per il tiro con l’arco. I due si innamorarono perdutamente, un amore che però suscitò l’ira di Apollo, il quale considerava l’unione una profanazione della sua isola.
Apollo, deciso a liberarsi di Orione, chiese aiuto alla Madre Terra, che scatenò contro il cacciatore un gigantesco scorpione velenoso. Questo episodio è immortalato nel cielo: la figura dello Scorpione continua a inseguire Orione nella volta celeste. Nonostante la forza e l’abilità di Orione, il cacciatore si rifugiò in mare, ma lì trovò il suo destino segnato da Apollo.
Mentre Orione nuotava al largo in una notte senza luna, Apollo convinse Artemide a scagliare una freccia contro un bersaglio distante, visibile appena tra le onde. Ignara che il bersaglio fosse il suo amato, Artemide colpì Orione con precisione letale. Quando scoprì la verità, la dea, distrutta dal dolore, implorò Zeus di concedere al cacciatore l’immortalità.
Zeus, commosso, trasformò Orione in una brillante costellazione, affinché Artemide potesse contemplarlo ogni notte nel cielo, eternamente luminoso come simbolo del loro amore tragico.
LA COSTELLAZIONE DEL TRIANGOLO
A sud delle costellazioni di Andromeda e Perseo, troviamo il Triangolo, una piccola costellazione visibile nei cieli autunnali e invernali dell’emisfero boreale, che culmina al meridiano nel mese di dicembre.
Pur essendo una costellazione di dimensioni ridotte e poco luminosa, il Triangolo è facilmente riconoscibile grazie alla sua caratteristica forma geometrica.
La stella principale, Alfa Trianguli, nota anche con il nome arabo Mothallah, che significa “la testa del Triangolo,” è una gigante bianco-azzurra con una magnitudine di 3,42, situata a 124 anni luce dalla Terra. Si tratta di una stella binaria che, sebbene porti la designazione di stella alfa, è solo la seconda più luminosa della costellazione.
La stella più brillante del Triangolo è infatti Beta Trianguli, conosciuta anche come Deltotum, una subgigante gialla con una magnitudine di 3,00 e distante 64 anni luce.
Il terzo vertice che completa la figura è rappresentato da Gamma Trianguli, formando così il caratteristico disegno della costellazione.
LA GALASSIA M33 NEL TRIANGOLO
Nota come Galassia del Triangolo, questo oggetto si trova a una distanza stimata sui 2,59 milioni di anni luce, ed essendo membro del Gruppo Locale è una delle galassie più vicine alla Via Lattea. Da un luogo perfettamente buio e privo di qualsiasi tipo di inquinamento, si può tentare l’osservazione di M33 anche con un buon binocolo.
IMMAGINE M33 CREDITI DI RIPRESA E ELABORAZIONE: EMANUELE NERI E MIRKO TONDINELLI
Ricordiamo anche le galassie barrata NGC 672 e NGC 925 presenti nella costellazione del Triangolo.
IL TRIANGOLO NELLA MITOLOGIA
Per i greci la costellazione del Triangolo rappresentava la lettera Delta, mentre gli Egizi la identificavano come il Delta del fiume Nilo; secondo lo scrittore latino Igino il Triangolo rappresentava la Trinacria, ovvero la Sicilia, isola sacra a Cerere, dove è avvenuto, secondo il mito, il ratto di Persefone e la sua discesa agli inferi.
La figura del Triangolo trova riferimenti nelle antiche tradizioni marinare e, sempre secondo Igino, viene associato ad una sorta di segnale collocato sulla volta celeste ed utile a Mercurio per individuare la costellazione dell’Ariete.
Le costellazioni del mese di Novembre 2024
Nel cielo di novembre incontriamo le costellazioni di Andromeda e Perseo, due figure mitologicamente legate, ricche di oggetti interessanti per l’osservazione e la fotografia astronomica.
LA COSTELLAZIONE DI ANDROMEDA
La costellazione di Andromeda è una delle figure tipiche del cielo autunnale e la si può osservare agevolmente guardando a Nord della volta celeste: pur essendo molto estesa è poco luminosa, e arriva a lambire la Via Lattea settentrionale.
La stella principale della costellazione è nota con i nomi di Alpheratz e Sirrah e insieme alle stelle α, β e λ Pegasi forma un noto asterismo chiamato Quadrato di Pegaso.
Un tempo questa stella faceva parte della costellazione di Pegaso, con la sigla δ Pegasi: essa si trova a 97 anni luce dalla Terra ed è in realtà un sistema binario, con una magnitudine apparente di +2,06.
Fra le altre stelle della costellazione, va segnalata υ Andromedae: la stella possiede un sistema planetario con tre pianeti, con masse di 0,71, 2,11 e 4,64 volte quella di Giove.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DI ANDROMEDA
La costellazione è ricca di stelle doppie e di sistemi multipli, come ad esempio Pi Andromedae (π And / π Andromedae), un sistema distante 656 anni luce dal sistema solare.
Tuttavia, la fama di oggetto del profondo cielo più noto e interessante della costellazione di Andromeda è, indubbiamente, M31 ovvero la famigerata Galassia di Andromeda.
M31 di Salvo Semilia
Si tratta dell’oggetto più lontano visibile ad occhio nudo e rappresenta una galassia a spirale barrata distante più di due milioni e mezzo di anni luce.
È di certo la galassia più amata dagli astrofili: per individuare M31 ad occhio nudo è sufficiente recarsi in luoghi idonei dall’osservazione celeste, partendo da β Andromeda e e proseguendo in direzione Nord-Ovest; immersa nello sfondo stellato, la Galassia di Andromeda apparirà come un batuffolino di luce, sufficiente a farci fermare a riflettere sull’ infinita grandezza dell’universo.
Chiaramente con l’ausilio di binocoli e telescopi potremo ottenere un’immagine più dettagliata, e con la fotografia a lunga esposizione riusciremo a dare forma a quel batuffolo celeste.
Arp 273 di Lorenzo Busilacchi
Ma la costellazione di Andromeda ospita anche un altro spettacolare oggetto del profondo cielo, molto scenografico: si tratta di Arp273, un coppia di galassie interagenti che sembra dar vita a una bellissima rosa cosmica, a 345 milioni di anni luce dalla Terra.
ANDROMEDA NELLA MITOLOGIA
Bellissima e giovane fanciulla, Andromeda viene identificata come la principessa di Etiopia, figlia dei sovrani Cefeo e Cassiopea: la leggenda è ben nota, e intreccia diverse figure mitologiche.
Andromeda stava per pagare con la propria vita le colpe di sua madre Cassiopea, presuntuosa e vanitosa come poche, la quale osò definire lei e sua figlia più belle persino delle Nereidi, ninfe marine alla corte di Poseidone.
Come è noto, per placare la furia del dio mare, l’unica soluzione pareva essere quella di dare in pasto Andromeda al mostro marino Ceto.
Ma la storia ebbe un lieto fine, perché a salvare la principessa ci pensò Perseo, in sella al cavallo alato Pegaso e successivamente ne fece la sua sposa.
Come la vide con le braccia legate a una rigida rupe, Perseo di marmo l’avrebbe creduta se l’aria leggera non avesse mosso le chiome e le lacrime dagli occhi stilate non fossero, inconsapevole ne ardeva stupito. Rapito alla vista di quella bellezza, quasi di battere l’ali si scordava. Come fu sceso a terra, disse “non meriti codesti ceppi ma quelli che legano amanti tra loro; dimmi il tuo nome e la patria e perché sei legata”.
Ovidio, Le Metamorfosi – Libro IV
Quando Andromeda morì, la dea Atena la trasformò in stelle, ponendola in cielo proprio accanto al suo amato sposo Perseo.
LA COSTELLAZIONE DI PERSEO
Nel cielo autunnale di novembre incontriamo anche la costellazione di Perseo: la celebre figura si estende tra Andromeda e l’Auriga, e diventa favorevole all’ osservazione proprio nei mesi autunnali e invernali.
Mirphak (α Persei) è la stella più luminosa della costellazione, ed è una supergigante gialla di tipo spettrale F5 Ib, posta a 510 anni luce: l’astro è circumpolare, facilmente osservabile all’emisfero boreale e con la sua magnitudine pari a +1,79 si può scorgere anche dalle aree urbane.
La stella più famosa della costellazione è Algol (la stella del Diavolo in arabo),che rappresenta l’occhio della gorgone Medusa; La sua luminosità apparente varia tra le magnitudini 2,12 e 3,39 in poco meno di tre giorni, e la stella rappresenta il prototipo di una classe di variabili, ovvero le variabili a eclisse.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DI PERSEO
Uno degli eventi astronomici più noti, correlati a Perseo, è il famigerato sciame di meteore, le Persei di, che si manifesta in piena estate (fine luglio/metà agosto) e che ha come radiante proprio la costellazione da cui prende il nome.
In Perseo è presente un ricco numero di stelle doppie e variabili, sistemi spesso risolvibili anche con piccoli telescopi comeζ Persei .
Pur attraversando la costellazione di Perseo da NW a SE , la Via Lattea settentrionale appare poco evidente in questo tratto di cielo, ma ciononostante la costellazione contiene numerosi oggetti del profondo cielo.
AMMASSO DOPPIO di MASSIMILIANO PEDERSOLI
Uno dei più noti oggetti deepsky, osservato e fotografato da principianti ed esperti, è certamente l’Ammasso Doppio, un coppia di ammassi aperti molto brillanti, NGC 869 (h); NGC 884 (χ), visibili anche ad occhio nudo, che insieme formano una sorta di “8” rovesciato.
Sono due ammassi molto giovani, distanti 800 anni luce tra loro e 7000 dal sistema solare.
Con un telescopio di 200 mm di apertura lo spettacolo che ne deriva è assicurato, poiché è possibile ammirare molti dettagli, come il contrasto dato dalle stelle di colore azzurro con le supergiganti rosse che costituiscono gli ammassi.
Un altro ammasso interessante in Perseo è l’ammasso di Alfa Persei, noto anche con il nome di Mel 20, un oggetto molto luminoso situato nella parte settentrionale della costellazione, dove spicca la stella Mirphak.
Degno di nota è anche l’ammasso di Perseo o Abell 426,un ammasso di galassie posto a circa 240 milioni di anni luce dalla Terra, la cui componente più brillante è NGC 1275, una radiogalassia che domina il centro dell’ammasso.
Ammasso di Galassie in Perseo di Lorenzo Busilacchi
Interessante anche la Piccola Nebulosa Manubrio, M76: si tratta di un oggetto poco luminoso e difficile nelle riprese astrofotografiche, ma comunque sono molti gli astrofili che vi si cimentano, producendo ottime immagini.
M76 di Lorenzo Busilacchi
PERSEO EROE MITOLOGICO
Il personaggio di Perseo è uno dei più celebri della mitologia: egli era il figlio mortale di Giove e Danae, a cui venne affidato l’arduo compito di uccidere il mostro Medusa, una Gorgone avente serpenti al posto dei capelli e il potere di pietrificare all’istante chiunque avesse fatalmente incrociato il suo sguardo.
«Volgiti ‘n dietro e tien lo viso chiuso;/ ché se ‘l Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi,/ nulla sarebbe di tornar mai suso»
Dante, Inferno canto I (vv. 55-57).
Medusa viveva su di un’isola situata oltreoceano, insieme alle altre due Gorgoni, Stelo e Eurialo, entrambi mortali a differenza di Medusa.
Perseo giunse nel loro nascondiglio dopo aver ricevuto in sogno una spada da Minerva, con la quale decapitare il mostro e uno scudo riflettente, affinché Medusa non riuscisse a pietrificarlo.
Infine, l’eroe incontrò le tre ninfe del Nord, che gli consegnarono un elmo speciale per essere invisibile e una sacca in cui Perseo avrebbe dovuto riporre la testa della Gorgone.
Attraverso rocce sperdute e impervie, attraverso orride forre, giunse alla casa della Gorgone, e qua e là per i campi e per le strade vedeva figure di uomini e di animali tramutati da esseri veri in statue per aver visto Medusa. Ovidio, Metamorfosi, IV, 778-781
Alla fine, Perseo uccise Medusa, dal cui sangue nacque Pegaso, il cavallo alato attraverso cui l’aitante eroe riuscì a salvare Andromeda, incontrata proprio nel suo viaggio di ritorno.
Per la sua nobiltà e per il fatto di essere nato da un connubio eccezionale, si racconta, fu collocato tra le stelle.
Igino- PoeticonAstronomicon
Le costellazioni del mese di Ottobre 2024
Nel cielo autunnale di ottobre incontriamo due costellazioni che costituiscono una coppia mitologica, l’unica ad essere collocata sulla volta celeste: si tratta di Cassiopea e Cefeo.
LA COSTELLAZIONE DI CASSIOPEA
Asterismo tipico del cielo boreale, Cassiopea è una figura visibile tutto l’anno e raggiunge la massima altezza proprio nel periodo autunnale.
Poiché è molto vicina al polo nord celeste, Cassiopea rimane visibile per tutta la notte e per questo viene classificata come una costellazione circumpolare.
La sua peculiare forma a W o M, a seconda delle stagioni, la rende facilmente individuabile a Nord, nei pressi della Stella Polare.
Shedir (alfa Cassiopeiae) è l’astro principale della costellazione: si tratta di una gigante arancione di magnitudine apparente +2,25, situata a 229 anni luce dalla Terra.
Il suo nome deriva dall’arabo(صدر, şadr) e significa busto: essa infatti è collocata nel cuore della costellazione che, mitologicamente, rappresenta la regina di Etiopia.
Interessante γ Cassiopeiae, la stella binaria a raggi X più brillante del cielo e l’unica ad essere visibile ad occhio nudo.
SUPERNOVAE IN CASSIOPEA
Nel 1572 nella costellazione di Cassiopea apparve improvvisamente un stella tanto luminosa quanto ci appare il pianeta Venere: essa venne denominata “nova di Tycho Brahe” dal nome dell’astronomo danese che condusse per oltre un anno osservazioni di questo oggetto, ad occhio nudo, riportando dati dettagliati; in conclusione, ciò che aveva osservato era una supernova.
Ma non è l’unico episodio di questo tipo quello che riguarda la costellazione di Cassiopea: nel 1680 è stata osservata una forte radiosorgente situata a 11 mila anni luce da noi, Cassiopea A.
Nel 2004 il telescopio spaziale Chandra ha scoperto anche una sorgente molto compatta di raggi X proprio al centro di Cassiopea A, le cui caratteristiche confermano che si tratta di una stella di neutroni che, con ogni probabilità, rappresenta il resto della Stella esplosa più di 300 anni fa.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DI CASSIOPEA
Nel tratto di Via Lattea boreale in cui è situata Cassiopea vi è un gran numero di nebulose e ammassi: due oggetti molto amati e ripresi dagli astrofili sono certamente la Nebulosa Cuore ( IC1805), distante7500 anni luce, e la nebulosa a emissione e riflessione nota come Fantasma di Cassiopea (Sh2-185).
IMMAGINE AMMASSI NGC 654 e 663 CREDITI: MASSIMILIANO PEDERSOLI
Seppur meno appariscenti e scenografici delle suddette nebulose, in Cassiopea sono apprezzabili diversi ammassi: nell’immagine possiamo ammirare NGC 654 e NGC 663.
Si tratta di due ammassi aperti: il primo contiene circa 60 stelle e si trova a una distanza di 7800 anni luce dal sistema solare, nel Braccio di Perseo, ed è stato scoperto nel 1787 da William Herschel; sempre all’astronomo tedesco è attribuita la scoperta di NGC 663, l’altro ammasso aperto che contiene un centinaio di stelle ed è distante 7900 anni luce.
IMMAGINE M52 CREDITI: MASSIMILIANO PEDERSOLI
Un altro ammasso aperto presente nella costellazione di Cassiopea è M52, o NGC 7654. L’oggetto si trova nella parte occidentale della costellazione, al confine con quella di Cefeo: è un ammasso piuttosto ricco e compatto, uno dei più osservati durante il periodo autunnale. Si può tentare di individuali con un binocolo 10×50, anche se vi si potranno scorgere poche delle sue stelle,mentre con un telescopio da 150mm di apertura sarà possibile scorgere una cinquantina di stelle che diventano 150 con un’apertura di 250 mm.
CASSIOPEA NELLA MITOLOGIA
Nella mitologia greca Cassiopea rappresenta la regina di Etiopia, moglie di Cefeo e madre di Andromeda: vanitosa e presuntuosa come poche, la sovrana era dedita principalmente a vantarsi e a spazzolare i suoi capelli; un giorno però commise un errore che portò all’intreccio di una serie di vicende ampiamente narrate nella mitologia.
Cassiopea si vantava di essere la più bella de reame e sosteneva che, insieme a sua figlia Andromeda, fosse persino più bella delle ninfe marine al seguito di Poseidone, le Nereidi.
Il dio del mare, venuto a conoscenza di tali affermazioni, non mandò giù tale oltraggio, e decise di vendicarsi di Cassiopea, di Cefeo e del regno intero.
Poseidone decise di scatenare la sua ira verso il punto debole dei sovrani, ovvero la loro splendida e giovane figlia, Andromeda.
Il mito è piuttosto celebre e narra della giovane principessa che, per colpa di sua madre, fu rapita e legata su di una rupe infernale, preda del mostro marino Ceto; a salvarla dalle sue grinfie giunse l’eroe Perseo, in sella al cavallo alato Pegaso.
A Cassiopea toccò la sorte di essere collocata sul suo trono celeste ma a testa in giù, nell’atto di specchiarsi o accarezzarsi i capelli e condannata a roteare per sempre attorno al polo celeste.
LA COSTELLAZIONE DI CEFEO
Nella porzione di cielo tra l’Orsa Minore e Cassiopea, incontriamo Cefeo: si tratta di una costellazione circumpolare, composta da stelle non molto luminose che conferiscono a Cefeo la figura di una casetta con il tetto verso il Nord e la base che poggia sulla Via Lattea settentrionale.
La stella principale della costellazione è Alderamin (alfa Cephei), una stella bianca di magnitudine 2,45, che dista solo 49 anni luce.
Cefeo possiede un oggetto molto interessante, Mu Cephei, noto anche come Granatum Sidus ovvero Stella Granata: si tratta di una supergigante rossa multipla di quarta magnitudine, inserita all’astronomo e matematico Giuseppe Piazzi nel suo “Catalogo di Palermo”.
Il nome deriva da un’affermazione di William Herschel riportata nel suo “Philosophical Transaction”, riguardo ad alcune stelle non registrate nel British Catalogue di John Flamsteed.
Herschel, riferendosi a Mu Cephei, disse che «Ha un bellissimo e profondo colore granata, simile a quello della stella periodica Omicron Ceti>>.
L’astro appare di questo colore per via della sua bassa temperatura superficiale, che corrisponde a circa 3000 K.
Osservando da un punto privo di qualsiasi tipo di disturbo, la Stella Granata può anche essere individuata ad occhio nudo poco più a Sud di Alderamin, con il suo caratteristico colore rosso/arancio.
Ma Cefeo ospita anche un’altra stella, di certo più importante per l’astronomia, ovvero Delta Cephei: si tratta di una supergigante gialla posta a 890 anni luce, che rappresenta il prototipo di una classe delle cefeidi, una classe di stelle variabili molto importanti, oltre ad essere una delle cefeidi più vicine al Sole.
Delta Cephei contribuisce significativamente alla misurazione delle distanze cosmiche.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DI CEFEO
Poiché giace sul piano della Via Lattea settentrionale, la costellazione di Cefeo vanta numerosi oggetti del profondo cielo: una di questi è la Nebulosa oscura IC1396, meglio nota come Nebulosa Proboscide d’Elefante; molto appariscente anche la Galassia Fuochi d’Artificio (NGC 6946), una galassia a spirale che vanta un gran numero di supernovae osservate al suo interno.
In Cefeo troviamo anche un’estesa nebulosa a emissione, che si trova a 10.400 anni luce, ed è nominata come Sh2-132: l’oggetto deepsky è visibile nella parte meridionale di Cefeo, e si colloca all’interno del Braccio di Perseo.
IMMAGINE SH2-132 CREDITI: DAVIDE NARDULLI
Nell’immagine a largo campo possiamo ammirare due oggetti del profondo cielo che formano una “coppia” molto suggestiva e molto amata dagli astrofili: si tratta della nebulosa a riflessione NGC 7129 e dell’ammasso aperto NGC 7142, distanti rispettivamente 3000 e 6000 anni luce.
IMMAGINE NGC 7129 e NGC 7142 CREDITI: DAVIDE NARDULLI
CEFEO NELLA MITOLOGIA
Come già citato sopra, nella mitologia Cefeo, figlio di Belo, rappresenta il sovrano di Etiopia, marito di Cassiopea e padre di Andromeda, che rischiò di perdere l’amata figlia per colpa della presunzione di sua moglie.
In seguito all’ira e alle minacce di Poseidone, Cefeo si rivolse a un oracolo per chiedergli come salvare la sua famiglia e il suo regno.
Ma egli non si aspettava come risposta quella di dover immolare la sua adorata principessa Andromeda; un padre disperato, che nonostante il suo dolore decise di sacrificare sua figlia. Ma il fato volle che Perseo, passando dalla rupe su cui era legata Andromeda, minacciata dal mostro marino Ceto, la salvasse, portando il lieto fine a questa brutta vicenda.
Per piangere potrete avere tutto il tempo che vorrete;
per portare soccorso, ci sono pochi attimi.
Se io chiedessi la sua mano, io, Perseo, figlio di Giove
e di colei che quand’era imprigionata fu ingravidata da Giove con oro fecondo,
Perseo vincitore della Gorgone dalla chioma di serpi, che oso andarmene
per l’aria del cielo battendo le ali, non sarei forse preferito come genero a chiunque altro?
A così grandi doti, solo che mi assistano gli dèi,
cercherò comunque di aggiungere un merito.
Facciamo un patto: che sia mia se la salvo col mio valore!
(Ovidio, Metamorfosi, IV, 695-703)
Cefeo si è guadagnato un posto sulla volta celeste e brilla insieme alla sua regina e alla sua adorata e unica figlia.
Le costellazioni del mese di Settembre 2024
Settembre: l’estate che sfuma nell’autunno, il giorno che indietreggia a favor della notte e il cielo che palpita di astri, miti e leggende.
Dopo le grandi costellazioni protagoniste dell’estate boreale, il cielo di settembre ci offre una rosa di asterismi interessanti, anche se meno appariscenti: il punto sulle costellazioni di Acquario, Pesce Australe e Delfino.
LA COSTELLAZIONE DELL’ACQUARIO
Posta tra le costellazioni del Capricorno e dei Pesci, quella dell’Acquario è una figura estesa ma poco luminosa: la parte più settentrionale giace sull’equatore celeste, mentre la figura si estende per la maggior parte nell’emisfero australe.
Dai cieli urbani le stelle che compongono la costellazione non risultano visibili, mentre sono apprezzabili dai luoghi bui, dove sarà possibile individuarne la loro disposizione nel cielo, che sembra comporre una sorta di brocca da cui viene rovesciata dell’acqua.
La stella più brillante della costellazione è Sadalsuud (Beta Aquarii – β Aqr), dall’arabo “fortuna delle fortune” : si tratta di una stella gialla avente una magnitudine 2,90 e una distanza di 612 anni luce.
Vi è poi α Aquarii, Sadalmelik“ il fortunato del re”, una stella gialla di magnitudine 2,95, mentre ad Est a di Delta Aquarii c’è un interessante sistema stellare triplo, Ez Aquarii, composto da tre nane rosse.
La costellazione dell’Acquario vanta un gran numero di stelle doppie e anche triple: con l’ausilio di un piccolo telescopio è possibile risolvere β Aquarii , un sistema a tre astri in cui la componente primaria è una gigante arancione di magnitudine 2,91, mentre le altre due componenti sono di decima e undicesima grandezza.
In direzione della stella η Aquarii si trova il radiante dello sciame di meteore originato dalla Cometa di Halley e che prende proprio il nome di Eta Aquaridi, visibile da metà aprile a fine maggio, con un picco di attività generalmente intorno al 6 maggio.
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NELL’ACQUARIO
Uno degli oggetti del profondo cielo più noti che l’Acquario ospita è la Nebulosa Elica, NGC 7293.
La Nebulosa Elica di Lino Benz
Questo magnifico oggetto si trova a 650 anni luce dalla Terra, ed è l’esempio di nebulosa planetaria formatasi alla fine della vita di una stella di tipo solare. L’oggetto, molto amato dagli astrofili, è anche noto con il nome di Occhio di Dio.
L’Acquario ospita anche altri oggetti deepsky come la Nebulosa Saturno e gli ammassi globulari M2 ed M72, oltre all’ammasso aperto M73.
NEBULOSA SATURNO CREDITI: LORENZO BUSILACCHI
La Nebulosa Saturno, nota anche come NGC 7009 e C55, è una nebulosa planetaria scoperta da William Herschel nel 1782: la stella nel cuore della nebulosa è una nana bianca di magnitudine 11,5, molto brillante.
Tra gli ammassi nell’Acquario va sottolineato che M2 è il primo ammasso globulare ad aver preso posto nel celebre Catalogo Messier.
LA COSTELLAZIONE DELL’ACQUARIO NELLA MITOLOGIA
Il mito dell’Acquario attraversa vari popoli e leggende: rappresentato come un giovane nell’atto di versare dell’acqua da una brocca, questa figura trova riferimenti dai Babilonesi agli Egizi, che lo identificano rispettivamente come il dio dell’acqua e del Nilo.
Alcune varianti del mito greco collegano la figura dell’Acquario a un giovane che versa l’acqua nella bocca di un pesce (Australe), mentre secondo un altro dei miti greci, il più diffuso, l’Acquario rappresenterebbe Ganimede, giovane e bellissimo ragazzo troiano, per il quale Zeus perse la testa: un giorno infatti, mentre Ganimede si trovava a pascolare le pecore del padre, il dio pensò bene di inviare un’aquila a rapire il giovane e portarlo sull’Olimpo, dove divenne il coppiere degli dei.
Che fosse vino o fosse acqua ciò che il giovane è raffigurato a versare non ci è dato sapere, ma di certo gli è valso un posto tra le stelle.
LA COSTELLAZIONE DEL PESCE AUSTRALE
Tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno è possibile scorgere sulla volta celeste la costellazione del Pesce Australe: l’asterismo è individuabile esclusivamente grazie alla sua stella principale, la luminosa Fomalhaut.
Si tratta di una stella bianca di magnitudine 1,16, che rappresenta la diciottesima stella più brillante della volta celeste.
La luminosità di Fomalhaut nel cielo è accentuata dal fatto che l’astro si trovi un una regione povera di stelle.
Il nome della stella alfa del Pesce Australe viene dall’arabo “fom – al – hut” e significa “la bocca del pesce”.
La si può scorgere già in estate, bassa sull’orizzonte in direzione Sud-Est.
La costellazione del Pesce Australe non contiene oggetti del profondo cielo, tuttavia a 25 anni luce da essa è situato uno degli oggetti più interessanti di cui si è parlato negli ultimi tempi.
Il James Webb Telescope, grazie al Mid-Infrared Instrument (Miri), ha rivelato che Fomalhaut è circondata da un disco di detriti, fotografando tre fasce concentriche che si estendono fino a 23 miliardi di chilometri dalla stella.
Come si accennava nella parte mitologica dedicata alla costellazione dell’Acquario, il Pesce Australe è raffigurato nel tentativo (inusuale) di bere l’acqua che sgorga dalla brocca del suddetto; il mito e la leggenda lo collocano in varie vicende: una su tutte, la più ricorrente, narra di Derceto, sorella di Afrodite, che per la vergogna di aver concepito una bambina con un mortale, in seguito al parto decise di uccidersi lasciandosi annegare nelle acque di un lago nei pressi dell’Eufrate.
Il destino di Derceto fu però cambiato dall’intervento di un grosso pesce che, nuotando nelle acque del lago, si apprestò a salvare la dea che, come gesto di eterna gratitudine, lo trasformò in stelle e lo pose sulla volta celeste.
LA COSTELLAZIONE DEL DELFINO
Una costellazione che transita al meridiano nel cielo di settembre è quella del Delfino: la figura è individuabile10° a Nord-Est della brillante Altair e, nonostante la costellazione sia molto piccola, le stelle che la compongono (circa una ventina) appaiono ravvicinate e ben visibili ad occhio nudo.
Due sono sostanzialmente le stelle più luminose della costellazione: si tratta del sistema binario B Delphini (Rotane), una stella subgigante gialla di magnitudine 3,6, distante 97 anni luce e il sistema binario a Delphini (Sualocin), una stella azzurra di magnitudine 3,77, distante 241 anni luce.
IL CURIOSO CASO DEI NOMI DELLE STELLE DEL DELFINO
Sualocin e Rotanev apparvero per la prima volta nel catalogo stellare del Reale Osservatorio di Palermo nel 1814: in quel periodo il Direttore era padre Giuseppe Piazzi, grande astronomo e matematico, fondatore dell’Osservatorio e fautore della scoperta di Cerere proprio dal cielo di Palermo, il 1 gennaio 1801.
Nel 1800 Piazzi fece l’incontro di Niccolò Cacciatore, astronomo che condusse i suoi studi proprio all’Osservatorio di Palermo, assumendone la direzione nel 1817.
Nella stesura dei cataloghi stellari del 1814, che tra l’altro vinsero il premio dell’Académie des Sciences di Parigi, comparvero i nomi di due stelle, Sualocin e Rotanev, gli astri principali della costellazione del Delfino.
Queste diciture suonarono bizzarre alle orecchie dell’astronomo britannico Thomas Webb che, dopo un’accurata analisi, arrivò a comprendere che i due nomi letti al contrario altro non erano che il nome e cognome latinizzato dell’astronomo siciliano Niccolò Cacciatore: Nicolaus Venator. Sulla base dell’amicizia e della collaborazione che li legava, Giuseppe Piazzi volle dedicare il nome delle due stelle al suo assistente Niccolò Cacciatore.
Un approfondimento sul Reale Osservatorio Astronomico di Palermo a cura di Teresa Molinaro e Walter Leonardi è disponibile qui.
OGGETTI NON STELLARI NEL DELFINO
Fra i pochi oggetti del profondo cielo nel Delfino ci sono gli ammassi globulari NGC7006, NGC 6934 e la nebulosa planetaria NGC 6891.
NGC 6934 CREDITI: ESA/Hubble e NASA
NGC 6891 catturata da Hubble.
NGC 6891 è una nebulosa planetaria luminosa e asimmetrica che grazie alle immagini di Hubble è stato possibile studiare “più da vicino”: l’immagine rilasciata nel 2021rivela filamenti e nodi all’interno della nebulosa, che circondano la stella nana bianca; dai loro movimenti, gli astronomi stimano che uno dei gusci abbia 4.800 anni mentre l’alone esterno ne ha circa 28.000, ciò indica una serie di esplosioni dalla stella morente in momenti diversi.
Nel cielo serale di settembre è possibile osservare la stella 18 Delphini (o Musica), una gigante gialla situata appunto nella costellazione del Delfino, la cui peculiarità è quella di avere un pianeta che ruota intorno ad essa.
Si tratta di Arion, un gigante gassoso scoperto nel 2018,che completa un’orbita quasi circolare in circa 993 giorni terrestri, aduna distanza media dalla stella di 2,6 UA.
Il nome è stato scelto dai partecipanti al concorso Name Exo Worlds.
IL DELFINO NELLA MITOLOGIA
Incontrare un delfino in mare aperto era una consuetudine per gli antichi marinai greci e le leggende ci raccontano diverse versioni di cui queste creature sono protagoniste.
Secondo Eratostene il delfino era il messaggero d’amore del dio del mare, Poseidone, che invaghitosi di una delle ninfe marine Nereidi, decise che doveva averla a tutti i costi, nonostante il suo rifiuto.
Un giorno Poseidone inviò un delfino a prelevare la fanciulla dal suo nascondiglio e a portarla nel suo castello sottomarino, dove ne fece la sua sposa.
Pieno di gratitudine il dio del mare pose la figura del delfino tra le stelle.
Un’altra leggenda si ricollega al nome dell’esopianeta Arion che prende il nome dal cantore greco Arione il quale, di ritorno in Grecia dalla Sicilia, dove si era esibito con la sua cetra, fu minacciato da un gruppo di marinai che volevo sottrargli il denaro; preso dalla paura di morire chiese come ultimo desiderio di poter suonare ancora una volta la sua amata cetra, il cui suono armonioso attirò un delfino che lo prese sul groppone e lo trasse in salvo.
Arrivati in Grecia, il dio della musica Apollo collocò il delfino tra le stelle.
Le costellazioni del mese di Agosto 2024
La Grande Orsa si distende quasi ad accucciarsi sulle chiome degli alberi a nord-ovest; Arturo cala a picco sul profilo della collina trascinando tutto l’aquilone di Boote; esattamente a ovest è Vega, alta e solitaria; se Vega è quella, questa sopra il mare è Altair e quella è Deneb che manda un freddo raggio allo zenit.
Palomar, Calvino
Le sere di agosto sono pervase da storie di stelle e miti da scorgere sulla volta celeste, attraversata dalla bellezza della Via Lattea estiva. Proprio in questa regione di cielo possiamo contemplare le costellazioni più interessati dell’estate boreale, tra cui la Lira e il Cigno.
LA COSTELLAZIONE DELLA LIRA
Seppur di piccole dimensioni, la costellazione della Lira è una figura facilmente riconoscibile grazie alla luminosità della sua stella principale, Vega: alfa Lyrae è una stella colorbianco-azzurro multipla, costituita d 5 componenti e situata a una distanza di 25,3 anni luce.
La sua magnitudine apparente di 0,03 la rende la seconda stella più luminosa dell’emisfero settentrionale e la quinta di tutto ilfirmamento.
Circa 14.000 anni fa il Polo Nord celeste si trovava proprio nei pressi della Lira, e Vegain quell’epoca era la Stella Polaree tornerà ad esserlo fra 13.000 anni quando, l’asse di rotazione terrestre, tornerà nuovamente in direzione della Lira.
VEGA NELLA STORIA DELL’ASTROFOTOGRAFIA
Vega è stata la prima stella del cielo notturno ad essere fotografata: l’astro infatti è stato immortalato la notte tra il 16 e il 17 luglio del 1850, dall’astronomo statunitense William Cranch Bond, e da uno dei pionieri del dagherrotipo John Adams Whipple: Vega venne ripresa dall’Harvard College Observatory, in Massachusetts, utilizzando un telescopio rifrattore da 38 cm di apertura.
Più tardi, nel 1872, Henry Draper ne fotografò lo spettro, utilizzando un prisma collegato a un telescopio riflettore da 70 cm.
OGGETTI NON STELLARI NELLA LIRA
La costellazione contiene diverse stelle doppie risolvibili già con l’ausilio di un binocolo, come nel caso di ε Lyrae, la doppiaper eccellenza, distante 162 anni luce dalla Terra.
Entrambe le stelle che compongonoil sistema possono essere separate in due sistemi binari distinti; il sistema binario contiene dunque due stelle binarie che orbitano una sull’altra.
Tra gli oggetti del profondo cielo presenti nella costellazioneestiva di certo il più noto è M 57, ovvero la Nebulosa Anello, molto amata dagli astrofili.Si tratta di una nebulosa planetaria posta a circa2000 anni luce dalla Terra, individuabile a Sud della luminosa Vega.
Il periodo migliore per osservarla è proprio quello che abbraccia l’estate, tramite l’utilizzo di telescopi di apertura considerevole.
M57 rirpesa da Andrea Iorio
Altri oggetti deepsky da menzionare sono l’ammasso globulare M56 e l’ammasso NGC 6791, composto da diverse centinaia di stelle.
Alla costellazione della Lira fa riferimento anche un noto sciame di meteoriti, ovvero leLiridi, visibile nel periodo di aprile e così chiamato per via del radiante situato appunto nei pressi della costellazione.
LA LIRA NELLA MITOLOGIA
Questa costellazione è piena di significato mitologico, che si tramanda attraverso le culture di varie antiche popolazioni.
Una delle leggende più romantiche proviene dall’oriente e narra la storia di due giovani innamorati, Vega e Altair, separati da un fiume di stelle ( la Via Lattea); pare che i due riuscissero a ricongiungersi grazie ad un volo di gazze che solo per un giorno all’anno riusciva a dar vita ad un ponte stellato, consentendo agli innamorati di potersi ritrovare.
Il mito greco invece identifica la Lira come lo strumento musicale del dio Ermes, che ne fece dono a suo fratello Apollo per poi passare nelle mani di Orfeo, eccellente musicista del suo tempo.
Qui la trama si fa più profonda e rappresenta una delle più belle storie d’amore del mito greco.
Dopo l’uccisione della sua sposa, Euridice, Orfeo scese negli Inferi nel tentativo di riprendersi la sua amata.
Arrivato nel regno dei morti iniziò a intonare struggenti melodie attraverso la sua lira, suscitando la commozione di Ade, dio dell’oltretomba, il quale decise di consentire a Orfeo di riprendersi sua moglie, a patto però di camminare davanti ad Euridice senza mai voltarsi indietro.
Orfeo però non riuscì a rispettare il patto e si voltò poco prima di uscire dall’oltretomba, condannando la sua amata (e sé stesso) al buio eterno.
Carl Goos Orpheus and Eurydice States Museum for Kunst
“E ormai non erano lontani dalla superficie della terra, quando, nel timore che lei non lo seguisse, ansioso di guardarla, l’innamorato Orfeo si volse: sùbito lei svanì nell’Averno; cercò, sì, tendendo le braccia, d’afferrarlo ed essere afferrata, ma null’altro strinse, ahimè, che l’aria sfuggente. Morendo di nuovo non ebbe per Orfeo parole di rimprovero (di cosa avrebbe dovuto lamentarsi, se non d’essere amata?); per l’ultima volta gli disse ‘addio’, un addio che alle sue orecchie giunse appena, e ripiombò nell’abisso dal quale saliva.”
(Metamorfosi, X libro, vv. 55-63)
Da quel momento Orfeo prese ad errare per il mondo aggrappato al suo dolore e alla sua inseparabile lira, e fino alla fine dei suoi giorni il ricordo di Euridice rimase vivo in lui, tanto da non concedere più il suo cuore a nessun’altra donna. Accadde però che proprio una delle sue contendenti, vedendosi rifiutata da Orfeo, decise di vendicarsi uccidendolo, colpendolo alle spalle a colpi di pietre, mentre suonava ignaro in un bosco.
Orfeo poté finalmente ricongiungersi con la sua amata Euridice.
La leggenda narra che le Muse, impietosite, raccolsero la lira e la adagiarono sulla volta celeste in un eterno scintillío di stelle.
Anche la Lira attraverso il cielo si scorge con i bracci divaricati tra le stelle, con la quale una volta Orfeo catturava tutto quello che con la sua musica raggiungesse, e volse il passo perfino tra le anime dei trapassati e ruppe col canto le leggi d’abisso. Donde la dignità del cielo e un potere simile a quel dell’origine: allora alberi e rupi trascinava, ora di astri è guida e attira dietro sé il cielo infinito dell’orbitante cosmo. (Manilio, PoeticonAstronomicon, I, 324-330)
LA COSTELLAZIONE DEL CIGNO
Rappresentata come un l’uccello in volo verso il Sud della volta celeste, quella del Cigno è una delle costellazioni più interessanti dell’estate boreale.
La costellazione del Cigno
È individuabile grazie alla stella alfa Deneb, una supergigante bianca che con la sua magnitudine apparente +1,25 rappresenta la diciannovesima stella più brillante del cielo notturno.
Insieme a Vega ed Altair, Deneb costituisce uno dei vertici del Triangolo estivo.
Nelle sere d’estate possiamo dedicarci dall’osservazione di Albireo (il becco del Cigno) un interessante sistema stellare, noto anche ai semplici appassionati di astronomia: il sistema è composto da due astri di colore diverso, la componente principale è di colore arancio mentre la secondaria è di colore bianco-azzurro. Le due possono essere risolte già con un piccolo telescopio.
Albireo, insieme a Deneb,dà vita all’asterismo della Croce del Nord, il cui asse maggiore è attraversato dalla Via Lattea.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEL CIGNO
La costellazione ospita un gran numero di stelle variabili, ammassi aperti e nebulose: uno dei più noti oggetti deepsky è la Fenditura del Cigno, un vastissimo complesso di nebulose oscure e polveri interstellari a Sud di Deneb, che taglia in due la Via Lattea e include oggetti come la Nebulosa Nord America (NGC 7000) e la Nebulosa Pellicano, soggetti molto amati dagli astrofili.
NEBULOSA NORD AMERICA CREDITI: MIRKO TONDINELLI
Nella parte sudorientale del Cigno è presente la Nebulosa Velo, un antico resto di supernova: la stella che ha originato l’oggetto è esplosa diversi millenni fa e ora ciòne che resta sono dei sottili filamenti ancora in espansione.
La parte più orientale del complesso nebulare della Velo è nota come Nebulosa Velo Est o NGC 6992/6995 mentre la parte più occidentale, NGC 6960, è nota appunto come Nebulosa Velo Ovest.
NEBULOSA VELO EST E OVEST CREDITI: MIRKO TONDINELLI
IL CIGNO NELLA MITOLOGIA
Osservando la costellazione del Cigno vengono in mente le innumerevoli storie legate alla mitologia, molte di queste identificano la figura del Cigno con quella di Zeus.
Tra le tante, prevale la vicenda della trasformazione di Zeus in un bellissimo e innocente cigno con lo scopo di sedurre Leda, nipote di Ares e regina di Sparta: mentre Leda passeggiava sulle rive del fiume Eurota, Zeus la possedette sotto le sembianze di un cigno.
Dall’uovo concepito (o forse erano due) vennero alla luce quattro bambini, ma poiché quella stessa notte la regina di Sparta giacque con suo marito, il re Tindaro, non fu certa la reale paternità dei bambini, anche se le uova da cui nacquero Elena di Troia e Polluce, vennero attribuite a Zeus.
Il Cigno brilla dunque tra le stelle come omaggio ad una delle tante metamorfosi di Zeus.
Jacopo Pontormo, Leda e il cigno, 1512-13, Galleria Uffizi
Le costellazioni del mese di luglio 2024
Nel cielo di luglio ci troviamo tra le costellazioni tipiche dell’estate: lo Scorpione, protagonista assoluto, incanta la volta celeste con la sua stella rosso-arancio Antares, e poi l’Ofiuco e ancora l’Aquila con la sua luminosa Altair.
Scopriamo dunque stelle e miti delle figure dominanti del cielo estivo!
COSTELLAZIONE DELLO SCORPIONE
Costellazione tipica del cielo australe, lo Scorpione è facilmente osservabile durante l’estate boreale, grazie alla sua tipica sagoma e alla stella Antares (Alfa Scorpii), che è l’emblema della costellazione: anti-Ares, “rivale di Marte” per via del suo colore inconfondibile, essa è una supergigante rossa di magnitudine apparente 1,06, situata a 600 anni luce dal sistema solare.
Con un raggio di circa 850 volte quello del Sole, Antares è classificata come una delle stelle più grandi conosciute.
Tra le altre stelle che compongono la costellazione dello Scorpione merita una certa considerazione anche Shaula (Lambda Scorpii), una stella azzurra di magnitudine 1,62: si tratta dell’astro più luminoso del gruppo di stelle che insieme a U Scorpii compone la coda e quindi il pungiglione dello scorpione stesso.
La costellazione dello Scorpione
OGGETTI NON STELLARI NELLO SCORPIONE: ANTARES E LA NUBE DI RHO OPHIUCHI
La costellazione ospita un gran numero di stelle variabili oltre che diversi interessanti oggetti del cielo profondo.
Insieme alle stelle di colore azzurro β Scorpii, δ Scorpiie π Scorpii, Antares è una componente dell’asterismo del Grande Uncino ma non solo: la stella principale dello Scorpione è pervasa dalla nube molecolare gigante nota come Nube di Rho Ophiuchi, che prende il nome da ρ Ophiuchi, stella situata nella costellazione dell’Ofiuco e che domina la regione composta da idrogeno ionizzato luminoso e polveri oscure; Rho Ophiuchi è forse uno dei soggetti del profondo cielo più fotografati e ammirati, che può essere individuato con le apposite strumentazioni nella regione di stelle che compongono la testa dello Scorpione.
Parte dei gas della nube viene illuminata proprio da Antares, che le conferisce la tipica colorazione rosso-arancio.
NUBE DI RHO OPHIUCHI CREDITI: CRISTINA CELLINI
Proseguendo tra gli oggetti del profondo cielo troviamo anche diversi ammassi globulari come M 4, poco concentrato ma molto luminoso e distinguibile già con un buon binocolo, ad Ovest di Antares.
Vi è poi l’ammasso aperto M 7 o Ammasso di Tolomeo che, se osservato da un luogo appropriato, risulta essere ben visibile anche ad occhio nudo, mentre sarà risolvibile in dettagli maggiori con l’ausilio di un binocolo.
IMMAGINE DI UN CAMPO NELLA CODA DELLO SCORPIONE CREDITI: MARCELLA BOTTIVIA LATTEA TRA LO SCORPIONE E IL SAGITTARIO CREDITI: CRISTINA CELLINI
Altri oggetti interessanti per gli astrofili sono la Nebulosa Zampa di Gatto, NGC 6334, appartenente al Braccio del Sagittario della Via Lattea e la Nebulosa Guerra e Pace, NGC 6357, che si trova nella parte meridionale della costellazione dello Scorpione, a declinazioni australi.
NEBULOSA ZAMPA DI GATTO E GUERRA E PACE CREDITI: MARCELLA BOTTI
LO SCORPIONE NELLA MITOLOGIA
Come ogni oggetto celeste anche la figura dello Scorpione trova posto tra i miti e le leggende: esso è strettamente legato ad Orione, in diverse storie che li vedono protagonisti.
Secondo una delle vicende più note pare che lo Scorpione avesse punto fatalmente il cacciatore Orione dopo che quest’ultimo si era vantato con Artemide di essere in grado di poter uccidere qualsiasi animale gli fosse capitato a tiro; questa sua spavalderia non fu gradita a Gea, la madre Terra, che scagliò contro Orione il velenoso scorpione, uccidendolo.
Zeus, vedendo a terra Orione con accanto lo scorpione, decise di trasformarli entrambi in stelle e di porli sulla volta celeste, destinati a non incontrarsi mai perché quando lo Scorpione sorge Orione tramonta, in un ciclico scorrere del tempo e delle stagioni.
LA COSTELLAZIONE DI OFIUCO
In una regione di cielo molto ricca di oggetti interessanti, a Nord-Ovest del centro della Via Lattea, è posta la costellazione dell’Ofiuco, una figura che interseca la fascia dello Zodiaco: essa si trova a cavallo dell’equatore celeste e la usa posizione lo rende osservabile da quasi tutte le aree del pianeta, tranne le regioni polari.
Le stelle più luminose dell’Ofiuco sono alfa Ophiuchi, nota anche come Ras Alhague, che rappresenta la testa dell’uomo che “tiene il serpente” e poi la stella η Ophiuchi, nota con il nome di Sabik, che si trova nella parte meridionale dell’asterismo.
Alfa Ophiuchi è una stella di magnitudine 2,08: si tratta di una delle stelle più brillanti vicine a noi, posta a 47 anni luce, mentre η Ophiuchi è una stella bianca di magnitudine 2, 43 posta a 84 anni luce.
La Costellazione dell’Ofiuco
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELL’OFIUCO
La costellazione contiene di verse stelle variabili oltre ad ammassi e nebulose: con un binocolo è già possibile individuare ad esempio il brillante ammasso globulare M5, ma vi sono anche gli ammassi M9, M10, M12, che si prestano all’osservazione e alle riprese con telescopi di discreta apertura.
In direzione del centro galattico, al confine con il Sagittario, troviamo la Nebulosa Pipa, una nebulosa oscura che appare legata a Nord con un altro sistema di nubi oscure.
NEBULOSA PIPA CREDITI: LAURA PULVIRENTI
OFIUCO NELLA MITOLOGIA
L’Ofiuco è rappresentato come un uomo che tiene con le mani con un enorme serpente, attorcigliato a sua volta intorno alla vita e che trova collocazione nella costellazione del Serpente.
Tra i miti che aleggiano intorno alla costellazione dell’Ofiuco di certo il più noto è il mito greco che si rifà al dio greco della medicina Asclepio, figlio di Apollo e Coronide, anche se sull’identità della madre non vi è certezza.
Secondo la leggenda Coronide, con in grembo il figlio di Apollo, tradì quest’ultimo con un mortale: a rendere il dio a conoscenza del misfatto ci pensò un corvo che, anziché ricevere da Apollo la giusta gratitudine per averlo informato dei fatti, venne trasformato da candido uccello qual era in un corvo nero.
Apollo dunque, accecato dall’ira, scagliò la sua freccia mortale contro Coronide, portando a compimento il suo folle gesto con un’azione ancor più malvagia: egli infatti strappò dal grembo materno il bambino, consegnandolo al centauro Chirone, che lo allevò come figlio suo e lo indottrinò alla conoscenza e all’applicazione delle tecniche di guarigione.
Asclepio acquisì tutto il sapere possibile, divenendo abile nel salvare le vite umane e anche nel resuscitare i morti: ciò però mosse la preoccupazione di Ade, il dio dell’oltretomba, che si rivolse a Zeus il quale punì Asclepio, fulminandolo.
Nonostante tutto, Apollo non fu in grado di mandare giù un simile oltraggio, era pur sempre suo figlio e, anche al fine di placare le ire di Zeus, rese Asclepio immortale, trasformandolo in una costellazione e collocandolo sulla volta celeste per l’eternità.
Nel tempo il simbolo dei medici chirurghi è diventato proprio dal bastone di Asclepio, un semplice bastone con avvolto un serpente, logo che ritroviamo anche nella bandiera dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
LA COSTELLAZIONE DELL’AQUILA
Alla corte celeste dei mesi estivi spicca l’astro luminoso Altair, stella principale dell’Aquila, una costellazione tipica dell’estate boreale che si trova a cavallo dell’equatore celeste e che viene attraversata dalla Via Lattea.
Altair è una stella bianca con magnitudine apparente di 0,77 e ciò la classifica come dodicesima stella più brillante del cielo, posta a una distanza di soli 17 anni luce da noi.
Insieme a Vega della Lira e Deneb del Cigno, Altair costituisce uno dei vertici del Triangolo estivo, un brillante asterismo da ammirare nel mese di luglio e per tutta l’estate.
Costellazione dell’Aquila
OGGETTI NON STELLARI NELL’AQUILA
La costellazione dell’Aquila non contiene oggetti del catalogo Messier, ma ospita al suo interno due ammassi aperti come NGC6709 e NGC 6755, l’ammasso globulare NGC 6760, la nebulosa Phantom Streak, la Galassia a spirale NGC6814.
Ma c’è un oggetto poco noto, che possiamo ammirare in un’immagine davvero rara, realizzata da Cristina Cellini, che rappresenta una nebulosa planetaria denominata SH2-78 o nota anche come CTSS3.
SH2-78 CREDITI: CRISTINA CELLINI
Ricordiamo anche che nell’Aquila è presente la Nebulosa oscura E, composta da due sistemi nebulosi separati tra loro e visibili con un telescopio anche amatoriale: B142 e B143.
L’AQUILA NELLA MITOLOGIA
Rapimento di ganimede da parte di giove Eustache Le Sueur
Rappresentata come l’uccello mitologico caro a Zeus, nella mitologia greca e romana l’Aquila è protagonista di molte leggende.
Una delle storie più diffuse narra che il rapace fosse utilizzato da Zeus per riportare indietro i fulmini una volta scagliati contro chi osasse disobbedirgli.
In un’altra vicenda scopriamo che Zeus si trasformò in un’aquila, ricorrendo alle sue consuete metamorfosi in animali e uccelli di ogni genere e questa volta lo fece per rapire Ganimede e portarlo nell’Olimpo affinchè svolgesse il ruolo di coppiere degli dei; secondo un’altra conturbante storia, l’inguaribile seduttore Zeus s’incapricciò della bellissima dea Nemesi e per riuscire a possederla messe a punto un piano con l’aiuto di Afrodite, la quale venne trasformata lei stessa in un’aquila per simulare una caccia al bellissimo cigno in cui si era a sua volta trasformato il padre degli dei.
Zeus finse di essere braccato dal rapace e cercò rifugio tra le braccia della dolce e ingenua Nemesi, riuscendo nell’intento di sedurla con l’inganno.
A memoria del buon esito del folle piano, Zeus pose il Cigno e l’Aquila a brillare tra le stelle in eterno.
Le costellazioni del mese di giugno 2024
Quando c’è una bella notte stellata, il signor Palomar dice: – Devo andare a guardare le stelle -. Dice proprio: – Devo, – perchè odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.
Palomar, I.Calvino
Nel mese che conduce all’estate incontriamo sulla volta celeste le costellazioni di Ercole e la costellazione del Drago.
LA COSTELLAZIONE DI ERCOLE
Posta tra il Boote e la Lira, fra le costellazioni del mese troviamo quella di Ercole che è una costellazione tipica dell’estate boreale, che culmina a mezzanotte verso metà giugno; per via della sua ampia estensione (1225 gradi quadrati) è classificata come la quinta più grande del firmamento.
Nonostante le sue vaste dimensioni, Ercole non vanta stelle particolarmente brillanti: la più luminosa è Beta Herculis, nota anche come Kornephoros, stella di magnitudine 2,78; vi è poi Zeta Herculis, conosciuta anche come Ruticulus, una stella gialla di magnitudine2.81 distante 35 anni luce da noi.
OGGETTI NON STELLARI IN ERCOLE
La costellazione contiene in compenso un gran numero di stelle doppie e stelle variabili, alcune osservabili già con piccoli strumenti e telescopi, come Alpha Herculis, detta anche Ras Algethi: si tratta di una stella doppia situata nella parte meridionale della costellazione di Ercole, la cui componente principale è una gigante rossa variabile di magnitudine 3.51.
Ercole giace lontano dalla porzione di cielo attraversata dalla Via Lattea, in una regione priva di galassie luminose; tuttavia l’asterismo ospita uno dei più conosciuti ammassi globulari: M13 o Ammasso Globulare di Ercole.
M13 ripresa da Massimiliano Pedersoli
Si tratta dell’ammasso più luminoso dell’emisfero boreale, visibile già ad occhio nudo da luoghi bui, e in maniera ancor più nitida e ben dettagliata se si osserva il cielo attraverso un binocolo o telescopio.
Con la sua magnitudine apparente pari a 5,8 l’ammasso contiene migliaia di stelle ed è uno degli oggetti più fotografati da dilettanti e professionisti.
L’Ammasso Globulare di Ercole rimane altresì famoso per il “messaggio Arecibo”: un messaggio radio trasmesso nello spazio dal radiotelescopio di Arecibo, a Porto Rico, (purtroppo ormai smantellato dopo gravi danneggiamenti ambientali) il 16 novembre 1974 e indirizzato verso M13, a 25 000 anni luce di distanza.
Nella costellazione è presente anche l’ammasso globulare M 92, uno degliammassi più settentrionali della volta celeste, che risulta essere meno facile da individuare rispetto ad M13, ma non impossibile: si può tentare l’osservazione con un binocolo 10×50, attraverso il quale l’ammasso appare come una macchia biancastra diffusamentre, con un telescopio da almeno 200mm di apertura, sarà possibile risolverlo in stelle.
L’ammasso M92 di Massimiliano Pedersoli
Nella costellazione di Ercole è situata una delle nebulose planetarie più grandi della nostra Via Lattea, Abell 39, che possiede un diametro di ben 5 anni luce e la cui forma, circolare e trasparente, ricorda una bolla di sapone.
IMMAGINE ABELL 39 CREDITI: CRISTINA CELLINI
IL MITO DI ERCOLE fra le costellazioni del mese
Quella di Ercole è certamente una delle figure più note della mitologia: la sua fama è legata alle 12 fatiche che l’eroe dovette affrontare e chi gli valsero la sua eterna gloria, di seguito citate:
Uccidere l’invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo; Uccidere l’immortale idra di Lerna; Catturare la cerva di Cerinea; Catturare il cinghiale di Erimanto; Ripulire in un giorno le stalle di Augia; Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo; Catturare il toro di Creta; Rubare le cavalle di Diomede; Impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni; Rubare i buoi di Gerione; Rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperidi; Portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli Inferi, a Micene.
In origine i greci associavano alla figura di Ercole quella dell’Inginocchiato senza però attribuirgli un significato specifico; solo successivamente, in seguito alle 12 fatiche attribuite all’eroe, la figura venne ribattezzata con il nome che oggi conosciamo, e l’atto di inginocchiarsi è da ricondurre al riposo di Ercole dopo le sue gesta.
Ercole era venerato come simbolo di forza e abilità, ma anche come eroe generoso, che per il suo altruismo divenne esempio anche di grandezza morale oltre che fisica e proprio per queste sue virtù gli fu donato un posto sulla volta celeste.
Grazie alla mano di Ercole, regna la Pace fra l’Aurora e il Vespero, e nel luogo in cui il sole a mezzogiorno nega le ombre ai corpi; tutta la terra bagnata dal lungo circuito di Teti è stata sottomessa dalla fatica di Alcide. (Seneca, La follia di Ercole, 883-888)
Ma ad Ercole è legato anche un altro affascinante mito dove la protagonista è la nostra galassia, la Via Lattea: Ercole era figlio di Zeus e di Alcmena, una fanciulla, ennesima vittima degli inganni del padre degli dei: narra la mitologia che Zeus si trasformò nel marito della giovane per poterla possedere e proprio da questa unione nacque l’eroe mitologico, che però fu abbandonato dalla sua mamma.
Zeus teneva molto a quel figlio, per metà dio, e fece in modo che sua moglie Era lo trovasse e lo allattasse: accadde che Ercole fu preso in braccio da Era nel tentativo di attaccarlo al suo seno, ma il piccolo si mosse bruscamente (o fu Era stessa ad allontanarlo, secondo altre versioni) e lo schizzo di latte arrivò fino in cielo creando così il fiume di stelle che scorre sulla volta celeste e che dà vita alla Via Lattea.
LA COSTELLAZIONE DEL DRAGO fra le costellazioni del mese
Proseguendo il nostro percorso attraverso i sentieri celesti dell’estate, ci imbattiamo nella costellazione del Drago: si tratta di una figura situata tra l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore e Cefeo e risulta essere una delle più estese della volta celeste.
La parte immediatamente visibile della costellazione è il quadrato dato dalle stelle che ne formano la testa, le cui due più brillanti sono Eltanin e Rastaban, rispettivamente Gamma Draconis e β Draconis; quest’ultima deriva dall’arabo (Al Rās al Thuʽbān) e significa “la testa del serpente”.
OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DEL DRAGO
Il Drago non spicca certo per grande luminosità, ma in compenso vanta un buon numero di stelle doppie come ν Draconis e ο Draconis, risolvibili già con un discreto telescopio.
Per quanto riguarda gli oggetti del profondo cielo c’è da dire che il Drago offre numerosi e interessanti spunti di osservazione, poiché ospita nebulose e galassie dalle caratteristiche decisamente scenografiche.
Partiamo dalla nebulosa planetaria NGC 6543, comunemente nota come Nebulosa Occhio di Gatto: questo oggetto, posto a 4.000 anni luce da noi, risultaessere davvero molto ambito tra gli astrofili. Si tratta di una nebulosa scoperta da William Herschel nel 1786 che è diventata oggetto di interesse e di studio dettagliato grazie al Telescopio Spaziale Hubble, il quale ha rivelato informazioni di grande rilevanza riguardo la sua struttura.
La nebulosa NGC 6543 di Loris Ferrini
Un altro degli oggetti del profondo cielo, ospite nella costellazione del Drago, è la Galassia Fuso, NGC 5866, una galassia lenticolare vista di taglio, con un diametro di 60.000 anni luce, posta a una distanza di 40 milioni di anni luce.
Le immagini rilasciate dal Telescopio Spaziale HUBBLE rivelano una striscia di polveri che divide la galassia in due metà, e un sottile rigonfiamento rossastro che circonda un nucleo luminoso, un disco blu di stelle che corre parallelo alla fascia di polvere, oltre ad un alone esterno trasparente.
IMMAGINE NGC 5866 CREDITI: NASA, ESA, THE HUBBLE HERITAGE TEAM (STSCL/AURA)
Infine va citata la Galassia Girino, UGC 10214, una spettacolare galassia a spirale barrata, che si trova a 400 milioni di anni luce dalla Terra.
Il suo tratto distintivo è una coda di stelle lunga circa 280.000 anni luce,arricchita da luminosi ammassi stellari blu, la cui forma distorta derivadallo scontro con una piccola ecompatta galassia blu: durante l’impatto le forze di marea galattiche hanno espulso una grande quantità di gas,stelle e detriti, generando la coda.Dopo aver causato questo imponente (e suggestivo) incidente, pare che la piccola galassia compatta (e colpevole) si stia allontanando dal luogo dell’impatto.
IMMAGINE GALASSIA GIRINOCREDITI: Credit: NASA, H. Ford (JHU), G. Illingworth (UCSC/LO), M.Clampin (STScI), G. Hartig (STScI), the ACS Science Team, and ESA
ILDRAGO NELLA MITOLOGIA
Il Drago trova riferimenti sia negli antichi popoli Sumeri e Babilonesi che nella mitologia greca, dove veniva configurato con Ladone, il guardiano delle mele d’oro.
Tutto ebbe inizio con il matrimonio di Giove e Giunone, i quali ricevettero come regalo di nozze dalla dea Gea (la Terra) un albero speciale, in grado di produrre mele d’oro.
Giunone lo fece piantare in giardino, ma l’albero era così prezioso che serviva qualcuno che lo sorvegliasse: così Giunone incaricò un terribile mostro, Ladone, con sembianze metà di donna e metà di serpente.
E qui entra in scena Ercole che venne convocato dal re di Micene, Euriseo, il quale gli affidò il compito di uccidere il mostro e trafugare l’albero dal giardino di Giunone; l’eroe prese alla lettera l’incarico e, giunto nel giardino e individuato il temibile mostro, scagliò una delle sue fatali frecce contro Ladone, che stramazzò a terra esanime.
Il Drago venne posto in cielo in ricordo di quell’impresa e fu sistemato attorno all’albero dai frutti d’oro, rappresentato dall’asse terrestre.
Piccola sezione della vista complessiva dell’ammasso della Vergine ottenuta dal Vera C. Rubin Observatory. Sono visibili due prominenti galassie a spirale (in basso a destra), tre galassie in fase di fusione (in alto a destra), diversi gruppi di galassie lontane, molte stelle appartenenti alla Via Lattea e altro ancora. Crediti: NSF-DOE Vera C. Rubin Observatory
Le prime immagini del Vera C. Rubin Observatory sono state finalmente svelate, e il mondo dell’astronomia entra ufficialmente in una nuova era. Con vedute mozzafiato delle nebulose Laguna e Trifida, dell’ammasso di galassie della Vergine, e di una straordinaria quantità di stelle, galassie e asteroidi, l’osservatorio installato sulle Ande cilene ha dato un assaggio delle sue straordinarie potenzialità. È l’inizio della Legacy Survey of Space and Time (LSST), il più ambizioso programma di mappatura astronomica mai concepito.
Il cielo notturno sopra il Rubin Observatory in questo scatto dell’ottobre 2024. La Via Lattea si estende maestosa sopra l’orizzonte, mentre la luce del tramonto svanisce. Venere brilla intensamente a sinistra, mentre la Cometa C/2023 A3 (Tsuchinshan–ATLAS) è visibile appena sopra l’osservatorio, al centro dell’immagine. Credit: H.Stockebrand/RubinObs/NOIRLab/SLAC/DOE/NSF/AURA
Situato a oltre 2.600 metri di altitudine sul Cerro Pachón, in Cile, e frutto di una collaborazione tra la National Science Foundation (NSF) e il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE), il Rubin Observatory ha mostrato al mondo ciò di cui è capace. In meno di dieci ore di osservazione, il telescopio ha già catturato una ricchezza di dettagli celesti: dalle nebulose della costellazione del Sagittario — Laguna a circa 4.000 anni luce e Trifida a circa 5.000 — all’ammasso della Vergine, distante oltre 60 milioni di anni luce, fino a una moltitudine di oggetti del nostro Sistema Solare.
“Rubin ci consente di aggiungere profondità e dinamismo all’osservazione dell’Universo”, ha dichiarato Roberto Ragazzoni, presidente dell’INAF, l’Istituto Nazionale di Astrofisica italiano, partner del progetto. “Con la sua capacità di mappare l’intero cielo australe ogni tre giorni, entriamo nell’epoca dell’astro-cinematografia”.
Un telescopio rivoluzionario
Il cuore tecnologico dell’osservatorio è la più grande fotocamera astronomica mai costruita, con una risoluzione di 3.200 megapixel. Ogni sua immagine copre un’area del cielo pari a 45 volte la Luna piena, e per visualizzarla in tutta la sua risoluzione sarebbero necessari ben 400 schermi 4K. Grazie a un sistema di puntamento ultrarapido, Rubin potrà osservare ogni angolo del cielo australe in appena 3-4 notti, accumulando nel corso di un decennio circa 800 osservazioni per ciascuna regione celeste.
“È una vera e propria pellicola multicolore dell’Universo in divenire”, ha commentato Rosaria Bonito, astrofisica INAF e rappresentante italiana nel board della LSST Discovery Alliance. “Rubin cambierà radicalmente il nostro modo di fare astrofisica: osservazioni ad alta cadenza temporale permetteranno di studiare fenomeni transienti, esplosioni stellari, variabilità, e oggetti dinamici come asteroidi o comete, con un dettaglio senza precedenti”.
Il telescopio all’interno della cupola del Vera C. Rubin Observatory. Crediti: NSF-DOE Vera C. Rubin Observatory
Un progetto globale, anche italiano
L’Italia partecipa al progetto Rubin dal 2017 attraverso l’INAF, che svolge un ruolo chiave nell’analisi e gestione dei dati. Ogni notte, l’osservatorio genererà circa 20 terabyte di dati, ponendo sfide senza precedenti in termini di archiviazione, elaborazione e interpretazione scientifica. I ricercatori italiani sono coinvolti sia nello sviluppo degli strumenti di analisi che nell’ottimizzazione delle strategie osservative.
L’approccio interdisciplinare del progetto coinvolge modelli teorici, intelligenza artificiale, scienza dei dati e cooperazione internazionale. Grazie a questa sinergia, Rubin potrà affrontare alcune delle grandi questioni ancora aperte della cosmologia moderna: la materia oscura, l’energia oscura, la formazione delle galassie, l’archeologia stellare e la sorveglianza degli oggetti potenzialmente pericolosi per la Terra.
Una missione in onore di Vera Rubin
L’osservatorio prende il nome da Vera C. Rubin (1928–2016), l’astrofisica statunitense che per prima fornì prove convincenti dell’esistenza della materia oscura attraverso lo studio della rotazione delle galassie. Rubin è anche ricordata per il suo impegno nel promuovere la presenza delle donne nella scienza. L’eredità di Vera Rubin vive oggi nelle migliaia di ricercatori che lavoreranno con i dati del telescopio che porta il suo nome.
Una finestra sul cielo in movimento
Tra gli obiettivi prioritari del Rubin Observatory figura lo studio delle stelle variabili, la cui luminosità cambia nel tempo. Grazie alla sua eccezionale precisione fotometrica, Rubin permetterà di studiare oltre 100 milioni di questi oggetti, rivelando i meccanismi interni delle stelle e i fenomeni esterni come eclissi da parte di pianeti o compagni stellari.
Inoltre, il telescopio sarà in grado di catturare in tempo reale milioni di esplosioni stellari, inclusi eventi rari e luminosi come le supernove di tipo Ia, utilizzate per misurare l’espansione dell’universo e svelare il ruolo dell’energia oscura.
“Se qualcosa nel cielo si muove o cambia, Rubin lo vedrà”, ribadisce Bonito. “E lo renderà disponibile alla comunità scientifica mondiale in tempo reale”.
Un primo sguardo che lascia senza parole
Le immagini presentate oggi — trasmesse in diretta durante eventi pubblici in tutto il mondo, inclusa la Sala Piersanti Mattarella del Palazzo dei Normanni a Palermo — sono solo l’inizio. Quelle che ora possiamo ammirare sono le prime sequenze di una narrazione visiva dell’universo che si estenderà per i prossimi dieci anni. Una narrazione fatta non più di singoli fotogrammi, ma di sequenze temporali in alta definizione, capaci di restituire il cosmo nella sua dinamica, nella sua complessità, e nella sua stupefacente bellezza.
Questa immagine mostra una piccola sezione della vista complessiva dell’ammasso della Vergine ottenuta dal Vera C. Rubin Observatory. Sono visibili due prominenti galassie a spirale (in basso a destra), tre galassie in fase di fusione (in alto a destra), diversi gruppi di galassie lontane, molte stelle appartenenti alla Via Lattea e altro ancora. Crediti: NSF-DOE Vera C. Rubin Observatory
Questa immagine mostra un’altra sezione della vista complessiva dell’ammasso della Vergine ottenuta dal Vera C. Rubin Observatory. In primo piano le brillanti stelle della Via Lattea, mentre sullo sfondo si distinguono numerose galassie lontane. Crediti: NSF-DOE Vera C. Rubin Observatory
Una regione del cielo che include la galassia Messier 49 e una colorata varietà di altre galassie e stelle della Via Lattea. Il Vera C. Rubin Observatory (NSF-DOE) ha rivelato un gran numero di oggetti deboli tra quelli più luminosi, molti dei quali non erano mai stati osservati prima. L’immagine copre un’area circa 1,6 volte più estesa rispetto a quella che il Rubin Observatory cattura in una singola esposizione. Crediti: NSF-DOE Vera C. Rubin Observatory
In appena 10 ore di osservazioni, il Vera C. Rubin Observatory, finanziato da NSF e DOE, ha individuato 2.104 asteroidi mai osservati prima nel nostro Sistema Solare, inclusi sette asteroidi vicini alla Terra, che non rappresentano alcuna minaccia.
Per confronto, tutti gli altri osservatori terrestri e spaziali nel mondo scoprono complessivamente circa 20.000 asteroidi l’anno. Da solo, il Rubin Observatory è destinato a scoprire milioni di nuovi asteroidi nei primi due anni della Legacy Survey of Space and Time (LSST).
Inoltre, sarà l’osservatorio più efficiente al mondo nell’individuazione di oggetti interstellari in transito attraverso il Sistema Solare.
Mosaico panoramico acquisito dal rover Perseverance nel Sol 1438 in occasione delle analisi dell’abrasione sulla roccia Broom Point. NASA/JPL-Caltech/Piras
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Intro
Facciamo il punto sull’esplorazione del confine occidentale del cratere Jezero che il rover Perseverance sta conducendo nell’attuale fase della sua missione. Nella seconda parte della rubrica vedremo poi tre studi di recente pubblicazione: uno basato sul lavoro di Perseverance e altri due sulle analisi svolte da Curiosity nei pressi della ragione di Aeolis Mons, noto informalmente come Monte Sharp. Si parte!
Un campione polveroso e nuovi impieghi per vecchi strumenti
Nell’ultima puntata pubblicata nel numero 273 di Coelum Astronomia avevamo lasciato Perseverance al termine del prelievo di Green Gardens, il 27esimo campione estratto nel Sol 1420. Le varie analisi condotte sulle polveri del foro hanno visto anche un utilizzo inedito del sensore di contatto del braccio robotico. Tale sensore viene usato per individuare con precisione la posizione delle rocce sulle quali si intende posare il trapano in modo che la punta non risulti essere troppo lontana dal punto prescelto o, al contrario e con esiti potenzialmente catastrofici, troppo vicina.
Il rover impiega per la prima volta questo strumento con lo scopo di compattare ripetutamente la polvere del foro e, una volta ottenuta una superficie omogenea, condurre le analisi spettrali con la camera SHERLOC montata sulla torretta del braccio robotico. Green Gardens costituisce il primo incontro di Perseverance con minerali serpentini, di particolare interesse nella ricerca delle biosignature grazie ai processi coinvolti miliardi di anni fa nella loro formazione e che avrebbero potuto fornire delle condizioni favorevoli per il sostentamento di colonie batteriche in un ambiente acquatico.
Dettaglio del sensore di contatto di Perseverance. Il disco piatto, che viene poggiato sulle superfici, è montato su una parte comprimibile a soffietto. Foto del Sol 1424, NASA/JPL-Caltech/Piras.
Ma relativamente alla raccolta del campione non ci si può ancora rilassare. Le polveri di Green Gardens si rivelano un grosso problema perché durante il prelievo si sono depositate sul bordo esterno della fiala di raccolta. Il meccanismo di chiusura dei contenitori cilindrici è basato su un sistema a pressione tarato con precisione, quindi la presenza di polvere e detriti interferisce con gli apparati i quali bloccano l’operazione nonostante la fiala venga anche ripetutamente “spolverata” da un sistema di pulizia integrato nell’apparato di manipolazione dei contenitori. Il team scientifico si trova a valutare alcune opzioni tra cui continuare a provare la chiusura o persino scartare il campione per prelevarne un altro. Tutte alternative che purtroppo avrebbero richiesto di rallentare le operazioni per alcuni giorni, perciò alla fine è stato deciso di tenere aperta la fiala ancora per qualche Sol e nel frattempo far proseguire Perseverance nel suo percorso, in tal modo gli ingegneri hanno avuto tempo di mettere a punto una strategia per provare a sigillare la preziosa fiala. È nel Sol 1433, a 338 metri dal luogo di raccolta e dopo una nuova sequenza di pulizia, che il contenitore con Green Gardens sarà finalmente chiuso e messo al sicuro.
Le polveri del foro Green Gardens ben compattate dal sensore di contatto. A destra un dettaglio delle impronte lasciate dai fori delle viti. NASA/JPL-Caltech/PirasIl bordo esterno della fiala contenente il campione Green Gardens fotografato poco dopo la raccolta. Le polveri e persino un minuscolo detrito, visibile a destra, per 13 Sol hanno ostacolato la chiusura del contenitore. NASA/JPL-CaltechPosizione di Perseverance aggiornata al Sol 1482 (21 aprile). I marker rossi indicano la posizione dei prelievi descritti in queste pagine: Green Gardens (a destra) e Main River. NASA/JPL-Caltech/Piras.
Broom Point e il suo terreno a strisce
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Con Messier 22, anche noto come il Grande Ammasso del Sagittario, torniamo in grande stile agli ammassi globulari, insiemi di stelle che orbitano come satelliti intorno al centro di una galassia, assumendo una forma perlopiù sferica e mantenendo al loro centro una densità di stelle elevata. Oggetti affascinanti ai confini delle galassie.
Storia delle osservazioni
Messier 22, conosciuto anche come NGC6656, è uno degli ammassi globulari più luminosi e vicini alla Terra, situato nella costellazione del Sagittario. La sua scoperta risale al 1665 ad opera dell’astronomo tedesco Abraham Ihle, che lo individuò casualmente mentre osservava Saturno. Si tratta, con ogni probabilità, del primo ammasso globulare mai scoperto. Charles Messier lo osservò nuovamente il 5 giugno 1764, descrivendolo come una “nebulosa rotonda, senza stelle risolte”, e lo inserì nel suo celebre catalogo. Successivamente, William Herschel fu il primo a risolvere M22 in singole stelle utilizzando un telescopio rifrattore da 20 piedi (6 metri), osservando centinaia di astri concentrati in uno spazio ridotto. Il figlio John Herschel e l’ammiraglio William Henry Smyth ne fornirono descrizioni ulteriori: il primo lo definì “un superbo ammasso molto compresso”, mentre Smyth lo descrisse come “un fine ammasso globulare composto da particelle di luce minute e densamente condensate”. Durante il ventesimo secolo, M22 divenne oggetto di studi più approfonditi grazie a Harlow Shapley, Halton Arp e James E. Hesser, che evidenziarono peculiarità come l’ampio ventaglio cromatico della sequenza delle giganti rosse, simile a quello osservato in Omega Centauri. Studi più recenti, condotti anche tramite il Telescopio Spaziale Hubble, hanno rivelato altre caratteristiche eccezionali dell’ammasso, come la presenza di una nebulosa planetaria (GJJC1) a circa un grado verso Sud dal centro di M22, due buchi neri confermati, e perfino oggetti planetari di massa simile a quella di Giove.
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Immagine notturna dell'ELF in osservazione. Il livello di risoluzione richiesto è una sfida tecnologica a cui partecipano università francesi, statunitensi e spagnole. Al momento al consorzio non partecipano istituzioni italiane. Crediti: ExoLife Finder LIOM
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La Nuova Frontiera dell’interferometria ottica e la sfida della tensegrità
Il sogno visionario di Jeff Kuhn
Jeff Kuhn è l’anima alla base del progetto ExoLife Finder. Insegna all’Università delle Hawaii e ha partecipato alla realizzazione del telescopio solare DKIST negli Stati Uniti. “Passeranno ancora molti anni prima di poter tornare a costruire un telescopio alle Hawaii. Negli ultimi anni si è costruito molto, ma un osservatorio astronomico per me è una maniera di difendere il Paesaggio e mantenere buio il cielo circostante”, afferma. Credit: University of Hawaii. Institute for Astronomy.
“Dal silenzio al contatto”: è questo il titolo dell’evento organizzato lo scorso 7-8 febbraio dall’Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC) a Tenerife, dove si incrociano le traiettorie di scienziati visionari, appassionati di esoplanetologia e giovani ricercatori. È qui che incontriamo Jeff Kuhn, mente carismatica dietro il progetto Exo Life Finder (ELF), che si ripropone niente meno che di trovare prove osservative della presenza della vita al di fuori del nostro pianeta. I suoi capelli grigi arruffati, lo sguardo curioso e la comunicazione trascinante lo rendono una sorta di “rockstar” nel mondo della ricerca astronomica. Nella sede dell’IACtec a Tenerife, Kuhn raduna attorno a sé studenti e giovani talenti, tutti galvanizzati dalla prospettiva di partecipare a uno dei progetti più coraggiosi dell’astrobiologia contemporanea: un telescopio interferometrico da 30-40 metri di diametro capace di mappare e studiare mondi potenzialmente abitabili al di fuori del Sistema Solare.
L’esterno della sede IACtec, inaugurata nel 2020 dall’allora Ministro della Scienza spagnolo, l’ex astronauta Pedro Duque.
Il LIOM (Laboratorio de Innovacion Opto-Mecanica) è nato proprio per continuare a dare all’IAC un ruolo da protagonista nell’innovazione dei telescopi della prossima generazione. Ci diamo appuntamento all’inizio della settimana seguente per discutere con lui e con il suo team delle peculiarità del progetto ELF. L’edificio che ospita il LIOM, lo IACtec, è nuovo di zecca e sorge in un parco a poca distanza dalla sede principale dell’IAC e dal Museo de la Ciencia y del Cosmos che ha ospitato l’evento. Kuhn è un brillante esempio di una creatività multidisciplinare. L’idea dell’Exo Life Finder trova un suo predecessore nell’utopica idea di realizzare un telescopio colossale, idealmente dell’apertura di una cinquantina di metri (o oltre) da costruire per ricercare le firme della vita nei pianeti extrasolari. Questo “Colossus”, come venne definito, era però un’idea ben oltre la fattibilità, dato che avrebbe avuto un costo di costruzione di un miliardo di dollari. La PLANETS Foundations, di cui Jeff Kuhn fa parte, ha proprio lo scopo di innovare la tecnologia di osservazione dei pianeti lontani in modo da affrontare in maniera scientifica la ricerca della vita. Sul sito della PLANETS Foundations, infatti, si legge chiaramente che l’obiettivo è quello di creare tecnologie sufficientemente sensibili da riuscire a vedere i continenti sul pianeta che orbita attorno alla stella Proxima Centauri b, che secondo alcuni risultati recenti, (vedi Coelum.com “Segnali di abitabilità su pianeti extrasolari” del 23 marzo 2025 ) potrebbe ospitare acqua liquida. Jeff Kuhn, assieme ad un’altra scienziata dell’Università delle Hawaii, Svetlana Berdyugina, ha scritto vari articoli sulla firma termodinamica che lascerebbero i grandi insediamenti urbani ed industriali su pianeti lontani, segno inequivocabile di una civiltà intelligente (vedasi per esempio l’articolo “Global warming as a detectable thermodynamic marker of Earth-like extrasolar civilizations: The Colossus project”, Svetlana V. Berdyugina, Jeff R. Kuhn, 2015). Dalla sua formazione come fisico solare, Kuhn è oggi passato a ideare e coordinare ELF, un telescopio rivoluzionario che ambisce a “cancellare” la luce delle stelle, proprio come le moderne cuffie che eliminano il rumore di fondo, per svelare la luminosità debolissima dei pianeti orbitanti. Tutti conosciamo bene l’interferenza distruttiva nella nostra vita quotidiana, anche se di solito non la definiamo con questo termine tecnico. Nel contesto della musica, la noise cancellation è ormai familiare: un microfono cattura il rumore ambientale e un processore elettronico genera un’onda uguale e contraria, cancellandone gli effetti all’interno dei nostri auricolari, permettendoci di ascoltare la musica anche circondati dal rumore del traffico. ELF intende portare lo stesso concetto in astronomia, ma a una scala infinitamente più raffinata: si parla in questo caso di “Nulling Fizeau Interferometry”. Le stelle sono sorgenti di luce fortissime, la cui luminosità può essere fino a 109 volte superiore a quella dei pianeti che orbitano al loro interno. Per “vedere” il segnale riflesso da un piccolo pianeta roccioso in zona abitabile, è dunque indispensabile sviluppare un meccanismo capace di annullare la luce della stella, esaltando la flebile emissione planetaria. La parola chiave è il “cophasing” dei vari specchi, che devono agire come se fosse una superficie specchiante monolitica con un segnale caratterizzato da un fronte d’onda unico e omogeneo.
Ottica di precisione e onde in conflitto
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Ritratto dell’astronomo Cassini dove sullo sfondo si vede l’Osservatorio Astronomico dell’Accademia delle Scienze di Parigi che diventerà anche l’abitazione dell’astronomo e della sua famiglia.
400 anni fa nasceva il famoso astronomo italo-francese
“S.M. ayant fait travailler en vain à un miroir concave de verre, j’enfis venir un très-grand que j’avaischezmoi à Bologne, et je le laissai entre les mains de la Reine [Christine of Sweden]. Je ne sais ce qu’Il est devenude puis. […] Je l’ai toujours regretté, ne croyant pas qu’ily enaiteuun, ni plus grand, ni meilleur, de cette matière…”
Le righe appena lette in francese sono state scritte dal famoso astronomo Jean Domenique Cassini nel XVII secolo quando era a Parigi presso il re di Francia Luigi XIV e si possono tradurre più o meno così: “Avendo S.M. fatto lavorare invano uno specchio concavo di vetro, ne feci venire uno molto grande che avevo a casa mia a Bologna, e lo lasciai nelle mani della Regina [Cristina di Svezia]. Non so che fine abbia fatto da allora. […] L’ho sempre rimpianto, non credendo che ce ne fosse uno, né più grande, né migliore, di questa materia…” Quando Cristina di Svezia morì a Roma, Cassini era amareggiato perché il suo dono era andato perduto, un meraviglioso specchio concavo utilizzato per osservazioni di alta precisione anche per le comete degli anni 1664 e 1665 ammirate con lei durante la sua permanenza romana. Questo significa due cose: primo, che gli astronomi dell’epoca, tranne in alcuni casi, si autofinanziavano l’attrezzatura e un valido artigiano ottico è sempre stato una risorsa preziosa. In secondo luogo, mai regalare qualcosa se è così unico, anche se si tratta di una regina!
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Chi era Cassini?
Jean Domenique Cassini fu un famoso astronomo e osservatore, conteso tra uomini e donne di potere, ma il percorso per raggiungere l’importante posizione alla corte del Re Sole fu lungo e partì dalla Liguria. Nel 2025 si festeggiano i 400 anni di nascita datata 8 giugno 1625 a Perinaldo, un paesino tra cielo e monti vicino a Sanremo; studiò in casa, come consuetudine per gli abbienti, per poi trasferirsi a Genova dai Gesuiti dove incontrò per la prima volta l’astronomia ottenendo, a soli ventisei anni, un incarico in astronomia presso l’Archiginnasio, il prestigioso ateneo di Bologna. Insegnò e viaggiò, cercando di trovare una soluzione al “problema delle acque” come richiesto dal Papa stesso, una questione delicata che coinvolgeva le città di Ferrara, Ravenna e Bologna e il fiume Po, ma come ricordava lui stesso: “ero spesso distratto dalla mia osservazione astronomica…”. Non a caso, quando il re Luigi XIV lo chiamò a Parigi per aiutarlo nella realizzazione del nuovo Osservatorio Astronomico dell’Accademia Reale delle Scienze, decise di stabilirsi in Francia, dove finalmente avrebbe potuto dedicarsi completamente all’astronomia per il resto della sua vita.
Da Bologna a Parigi
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il colonnello walter villadei durante il suo volo a bordo della virtude 1 con la veduta della terra. crediti virgin galactic
L’AEROSPAZIO, UNIVERSO DI OPPORTUNITA’ E MOTORE DI SVILUPPO
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In principio si interrogava il cielo
Sfogliando Coelum Astronomia, tra le sue splendide immagini si percepisce quanta scienza, tecnologia e quanti investimenti siano necessari per realizzare sonde, telescopi, missioni robotiche e umane, raccontati anche attraverso laboratori didattici. Tutto per vivere l’avventura di superare i confini della conoscenza, verso quell’Infinito leopardiano, dove l’astronomia, definita da Leopardi la più nobile delle scienze, si fonde con l’umanesimo. Nell’affresco “Primo Moto” di Raffaello, che decora la “Stanza della Segnatura” ai Musei Vaticani, l’astronomia è personificata come un legame imprescindibile tra sapere scientifico e ricerca del senso ultimo delle cose: il “primo moto”. Gli stessi moti dell’animo che oggi spingono la scienza a interrogarsi: qual è il limite della conoscenza? Saranno le onde gravitazionali a svelare nuovi misteri?
Di Raffaello Sanzio – Web Gallery of Art: Immagine Info about artwork, Pubblico dominio
Ogni confine superato si rivela solo un nuovo punto di partenza. La sete di conoscenza spinge l’uomo a costruire strumenti per guardare più lontano e a esplorare nuovi mondi, volgendo lo sguardo agli “interminati Spazi sovrumani Silenzi” e coltivando il sogno di volare dove un tempo si credeva fossero fissate le stelle. Queste aspirazioni sono la fonte del progresso scientifico e tecnologico: dai primi voli incerti ai jet supersonici, dai sogni di Icaro e i progetti di Galileo, fino ai razzi capaci di spingere satelliti e astronavi oltre l’atmosfera. L’esplorazione dei cieli continua, guidata dallo stesso eterno desiderio di conoscenza.
L’ampliamento delle attività spaziali e l’accesso dei privati
Dalla fine del XX secolo, i privati hanno iniziato ad affiancare le agenzie spaziali statali. Il primo lancio privato di successo avvenne il 9 settembre 1982 con il Conestoga I, seguito nel 1990 dal razzo Pegasus. Ma è dal nuovo millennio che la presenza privata si è estesa ai servizi satellitari e ai viaggi spaziali, favorendo esperimenti in ambiti come la biomedicina, i materiali avanzati e le tecnologie ambientali, oltre a sostenere le telecomunicazioni con GPS e previsioni meteo. Questa evoluzione ha trasformato la Space Economy in un potente motore di sviluppo sostenibile. Il 30 maggio 2020 segna una data storica: il primo volo orbitale con equipaggio di un’azienda privata, Space X, che con il razzo Falcon 9 e la capsula Crew Dragon ha raggiunto la ISS, aprendo una nuova era di missioni spaziali private a costi più contenuti. Questo evento ha rilanciato il protagonismo degli Stati Uniti e avviato un nuovo paradigma nell’esplorazione spaziale, con profonde implicazioni economiche e geopolitiche. Le missioni Virtute 1 (2023) e Voluntas con Axiom 3 (2024), entrambe con l’astronauta italiano Walter Villadei, hanno sancito l’avvio di attività spaziali private a scopo commerciale, con la partecipazione di imprese italiane grazie a un Memorandum siglato nel 2022. Per cogliere queste opportunità è fondamentale il ruolo delle PMI e delle start-up innovative, supportate da istituzioni, università e centri di ricerca. Lo spazio diventa così un abilitatore di sviluppo industriale e sociale, offrendo nuove opportunità anche a settori non direttamente legati all’aerospazio. Emergono inoltre nuovi spazi negli ambiti economici e giuridici, e si avverte l’urgenza di formare nuove competenze manageriali in un contesto di innovazione in rapido movimento.
Regolamentare l’accesso allo spazio extra-atmosferico
L’evoluzione del ruolo dei privati rappresenta una svolta importante anche dal punto di vista normativo, per regolamentare l’accesso allo spazio extra-atmosferico, definire autorizzazioni necessarie, responsabilità, tra gli Stati, tra Stati e operatori privati e tra privati, anche con riguardo agli utilizzatori dei servizi in orbita. Si tratta di un nuovo spazio da regolamentare, al di fuori del nostro pianeta, o meglio ampliando la dimensione spaziale dell’attività umana oltre l’atmosfera e su altri corpi celesti, a partire dalla Luna, dove a breve potrebbero operare privati e agenzie di diversi Paesi con anche implicazioni geopolitiche, si pensi al progetto a guida americana Artemis e l’altro a guida cino-russa ILRS (Di Pippo S., in Space Economy, Space Industry, Space Law – 2024). Dal punto di vista dell’ordinamento giuridico internazionale, con una certa dose di approssimazione, la Space Law può essere definita come l’insieme di norme che mira a regolamentare le attività antropiche nello Spazio extra-atmosferico (Cozzi E., Geopolitica dello Spazio; 2024). Fonte legislativa primaria è l’Outer Space Treaty (OST) del 1967, seguito da altri Trattati e accordi internazionali che però sono stati sottoscritti da un numero limitato di Paesi, mentre per una gestione globale sarebbero necessarie regole condivise da tutti gli Stati. Tutti infatti possono già oggi, pur non disponendo di tecnologie di lancio, acquisirne la disponibilità da operatori specializzati e mettere in orbita satelliti o collocare proprie attività e servizi all’interno di satelliti messi a disposizione da altri operatori, pubblici o privati. E’ quindi necessario definire gli ambiti delle responsabilità in caso di incidenti o di conflitti di qualsiasi natura. Strettamente connessi sono i problemi della assicurazione delle attività nello spazio extra-atmosferico e sugli altri corpi celesti, a partire dalla Luna. Altre questioni sulle quali definire comportamenti da tenere nell’accesso allo spazio riguardano la gestione dei satelliti dismessi e degli space debries, i rifiuti spaziali. Tematica affrontata a livello internazionale dallo IADC (Inter Agency Space Debrits Coordination Committee), che riunisce attualmente 13 Agenzie spaziali ed è la sede in cui vengono approvati studi, raccomandazioni, linee guida che diventano riferimento tecnico per l’UNOOSA (Perozzi E., Spazzini spaziali – 2024) anche in considerazione delle tendenze del fenomeno la cui evoluzione è rappresentata nel seguente Grafico 1 (fonte: “Esa Annual Space Environment Report”) Il grafico 1 rende l’idea della progressione che ha fatto registrare la presenza di oggetti nelle orbite utilizzate per i satelliti. Questi sono soltanto accenni superficiali per offrire un quadro degli ambiti sui quali si aprono spazi di attività connessi all’aerospazio. Al Trattato del 1967 si aggiungono quelli relativi a:
Accordo sul salvataggio degli astronauti, il ritorno degli astronauti e la restituzione degli oggetti lanciati nello Spazio. del 1968.
Convenzione sulla responsabilità internazionale per danni causati da oggetti spaziali del 1972.
Convenzione sull’immatricolazione degli oggetti spaziali del 1975.
Accordo che disciplina le attività degli Stati sulla Luna e su altri corpi celesti del 1979.
Come accennato sopra questi trattati sono stati sottoscritti da un numero limitato di Paesi. L’Italia, con legge 12 luglio 2005 n. 153 ha aderito alla Convenzione sull’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico. Per approfondimenti sulla Space Law si veda Marchisio S., in Space Economy, Space Industry, Space Law, 2025.
Il quadro normativo nazionale italiano
Nel momento in cui scrivo (16 aprile 2025 in corso di esame in commissione: https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/58968.htm), il disegno di legge recante “Disposizioni in materia di economia dello spazio (2026)”, approvato alla Camera dei Deputati il 6 marzo 2025 e trasmesso al Senato, risulta in corso di esame in commissione (atto Senato n. 1415) quindi si prevede l’approvazione nelle prossime settimane, comunque entro il 2025 (il decreto è stato approvato in Senato l’11 giugno 2025 come segnalato in questa news). La motivazione originaria della legge, l’insieme delle ragioni politiche, economiche, sociali che hanno indotto il legislatore verso un provvedimento normativo in tema di spazio è per dare esecuzione ad alcuni obblighi contenuti nei trattati ONU sullo spazio che non erano auto-applicativi. L’Italia, per necessità di adattamento al Trattato del 1967 sullo Spazio extra-atmosferico, ha dovuto regolare, prima parte della legge, l’autorizzazione alle attività private, agli operatori privati. I principi del Trattato sono ribaditi anche nell’implementazione degli Accordi del Programma Artemis – il programma per il ritorno del genere umano sulla Luna – sottoscritto dall’Italia nel 2020, pur non trattandosi di un testo vincolante, ma basato sul principio della collaborazione. Quali sono i principi fondamentali, che lo Stato con questo disegno di legge porta ad applicazione?
1. Autorizzazione degli operatori privati
In Italia l’operatore privato è ancora raro, abbiamo industrie del settore aerospaziale grandi imprese e PMI, soprattutto manifatturiere e fornitrici di servizi, ma si tratta di un elemento di novità che si va diffondendo e per questo tenuto in considerazione dalla legge per evitare che poi, a causa dei Trattati, l’Italia sia in qualche modo responsabile di attività di operatori che potrebbero essere sconosciuti. Questo è un punto cruciale. È necessario che ogni attività di qualsivoglia operatore sia sottoposta al vaglio delle autorità nazionali. Per questo c’è la procedura di autorizzazione e vigilanza, che il Ddl disciplina in dettaglio, in conformità all’art. 6 del Trattato. Viene ivi sancito che sul piano internazionale l’unica entità responsabile delle sue attività nazionali nello spazio è lo Stato. Quindi c’è una assimilazione tra operatori istituzionali e operatori privati dal punto di vista del diritto dei Trattati a cui l’Italia ha aderito.
2. Ripartizione della responsabilità tra lo Stato e gli operatori privati
La legge nazionale serve proprio a modificare il paradigma; mentre sul piano internazionale solo e soltanto lo Stato risponde di eventuali danni causati da attività e oggetti spaziali che siano evidentemente riconducibili allo Stato stesso, per registrazione dell’oggetto ad esempio, all’interno la responsabilità viene attribuita all’operatore che abbia procurato un danno. C’è una ripartizione della responsabilità attraverso un meccanismo per cui l’operatore privato se vuole intraprendere una attività di quelle coperte dalla legge, tradizionali o non tradizionali (l’uso delle risorse naturali dello spazio ad esempio è un nuovo settore), è tenuto ad un obbligo di assicurazione cioè si deve assicurare per i rischi connessi alla sua attività. Questo naturalmente significa che c’è una copertura massima cui far fronte con l’assicurazione. Nel caso di danni superiori al massimale interverrà lo Stato in garanzia. Questo modello è tipico di tutte le leggi spaziali nel mondo. Nella materia della responsabilità dello Stato e degli operatori la cosa importante da sottolineare è che, guardando alle convenzioni di cui l’Italia è parte, ci sono due tipi di responsabilità a seconda di dove si verifica il danno: se sono danni causati da oggetti spaziali caduti sulla superficie terrestre o da aeromobili in volo, la responsabilità è oggettiva e assoluta senza esimenti, mentre nel caso di danni procurati nello spazio, dovuti a collisioni con altri oggetti come satelliti, sonde o quello che sia, la responsabilità è basata sulla colpa. Quindi si tratta di due diversi regimi giuridici.
3. Immatricolazione degli oggetti spaziali
In tutto questo sistema è sostanziale il concetto diStato di lancio, con cui si intendono sia lo Stato che lancia l’oggetto spaziale, che quello che commissiona il lancio di un oggetto spaziale, che lo Stato dal cui territorio l’oggetto spaziale è lanciato. Lo Stato di lancio è importante perché ha la responsabilità finanziaria in caso di danni. È anche tenuto ad adempiere ad altra obbligazione cioè immatricolazione nel proprio registro nazionale e conseguentemente nel registro internazionale. Dal 1962, le Nazioni Unite hanno mantenuto un registro degli oggetti lanciati nello spazio. Originariamente è stato istituito come meccanismo per aiutare il Comitato delle Nazioni Unite per l’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico nelle sue discussioni sulle questioni politiche, legali e tecniche riguardanti lo spazio extra-atmosferico. L’evoluzione del diritto spaziale internazionale ha fatto sì che la registrazione degli oggetti spaziali diventasse un mezzo per identificare quali Stati hanno la responsabilità internazionale per gli oggetti spaziali (fonte: UNOOSA, United Nations Register of Objects Launchedinto Outer Space). Con questo DDL si colma una lacuna nell’ordinamento italiano. Siamo agli inizi di un contesto normativo che probabilmente sarà in continua evoluzione, anche a livello europeo dove la Commissione Europea sta parlando di Space Act, tenendo in considerazione che il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) all’art. 4, paragrafo 3 prevede: “Nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione ha competenza per condurre azioni, in particolare la definizione e l’attuazione di programmi, senza che l’esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la loro”
New Space Economy e oltre
Per definire l’ambito della Space Economy si può fare riferimento all’OECD 2025 (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che la intende come “l’insieme delle attività e dell’utilizzo di risorse che creano e conferiscono valore e beneficio agli esseri umani attraverso l’esplorazione, la comprensione, la gestione e l’utilizzo dello Spazio”. Il settore fornisce infrastrutture critiche sulla Terra e dati scientifici fondamentali per il processo decisionale e a sostegno del benessere della società. Ma le sfide abbondano, dalla sostenibilità dell’attuale uso dello spazio e dalla minaccia posta dai detriti spaziali, alle implicazioni etiche dell’esplorazione spaziale, alla necessità della cooperazione internazionale per garantire un accesso e un uso equo delle risorse spaziali (Space economy | OECD). Il settore spaziale comprende segmenti di produzione quali: upstream (produzione di satelliti, lanciatori, veicoli spaziali), downstream (servizi a governi, imprese, individui come telecomunicazioni, navigazione, telerilevamento) e midstream (complementari infrastrutture di terra) nonché il valore degli impatti che le attività spaziali hanno sull’economia, sulla società e sulla sostenibilità. In questa ottica allargata, l’economia dello spazio risulta in forte crescita.
Grafico 1. Tendenze preoccupanti per i detriti spaziali
Report sulla Space Economy 2025
Secondo lo Space Economy Report di Novaspace 2025, il mercato globale è stimato nel 2024 in 596 miliardi di dollari, con una previsione di crescita fino a 944 miliardi entro il 2033, trainata soprattutto dalle telecomunicazioni e dalla navigazione satellitare. Lo studio pubblicato da Eurispes il 14 marzo 2025 “L’Italia e la sfida della New Space Economy”, evidenzia come la “New Space Economy” rappresenti attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Un mercato destinato a crescere in modo esponenziale anche secondo le stime di Morgan Stanley in base alle quali l’industria aerospaziale globale, che vale circa 350 miliardi di dollari, potrebbe aumentare fino a superare i 1.000 miliardi di dollari entro il 2040. Il World Economic Forum afferma che la New Space Economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La Space Economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari. Il Report ESA sulla Space Economy 2025 (ESA – Agenzia Spaziale Europea), incentrato sul valore economico del settore spaziale, fornisce un aggiornamento annuale sullo stato e sulle tendenze del settore spaziale, a livello globale, in particolare per l’Europa. Dal report emerge che i bilanci spaziali istituzionali (civili e della difesa) hanno raggiunto un nuovo massimo storico di 122 miliardi di euro nel 2024 con un aumento del 9% rispetto al 2023 (Fonte: Report ESA Space Economy Marzo 2025). I Grafici 2 e 3 evidenziano le quote di partecipazione dell’Europa nel campo degli investimenti nel settore nell’anno 2024. Si rileva come gli investimenti pubblici europei rappresentino oltre il 10% degli investimenti globali (al terzo posto dopo Stati Uniti con 61% e Cina con 15%) mentre quelli privati sono il 17,5% del totale mondiale. Space Capital, società di venture capital che investe nel settore spaziale, stima gli investimenti privati nelle società spaziali europee (solo Infrastrutture) a 1,4 miliardi di euro nel 2024, registrando un significativo aumento del 67% rispetto al 2023, con Germania in testa, seguita da Francia, Regno Unito e Spagna (paragrafo 3.3.2. Report ESA cit.).
Il settore new space in Italia
Il 28 marzo, durante il convegno “Il futuro della Space Economy italiana tra tradizione e innovazione”, l’Osservatorio Space Economy del Politecnico di Milano ha evidenziato la forte espansione del settore spaziale, dovuta non solo all’aumento delle attività spaziali ma anche alla contaminazione con altri comparti economici. In Italia, il settore sta evolvendo da ambito di nicchia a comparto strategico, diventando leva per lo sviluppo tecnologico e industriale, anche in settori apparentemente distanti. Nove aziende su dieci della filiera spaziale operano anche in altri comparti, e l’87% ha avviato iniziative di innovazione nell’ultimo anno. Inoltre, l’85% delle aziende italiane non direttamente coinvolte nel settore spaziale ha dichiarato di aver sentito parlare di Space Economy, segno di un crescente interesse trasversale.
Viviamo un’epoca in cui lo spazio è il nuovo paradigma economico globale. Per coglierne appieno le opportunità, è necessario incrementare gli investimenti, soprattutto per supportare le PMI nel consolidare la propria presenza nel settore, sviluppando modelli di business e progetti orientati al mercato. Oggi i protagonisti non sono più solo le agenzie spaziali e gli attori istituzionali, ma un numero crescente di imprese private. Questo ha accelerato la diffusione di nuovi prodotti e servizi, con ricadute anche sulla Terra, grazie al valore aggiunto rappresentato da tecnologie testate in ambienti estremi e certificate per l’uso spaziale.
L’evoluzione del settore richiede di non perdere il treno della New Space Economy, permettendo al sistema manifatturiero di trovare nuovi spazi di crescita attraverso l’innovazione tecnologica. Anche le imprese tradizionali che operano in settori tradizionali, come quelle del tessile-abbigliamento, possono generare nuovi prodotti e intercettare nuovi bisogni. È il caso della start-up marchigiana Spacewear, che ha realizzato le tute SFS1 e SFS2, testate in missioni spaziali dal Colonnello Walter Villadei. La tuta SFS2, approvata dalla NASA e utilizzata a bordo della ISS, è realizzata con materiali innovativi che rilevano parametri biomedici e offrono alte prestazioni in termini di sicurezza e comfort. Questi prodotti, nati per lo spazio, sono ora proposti anche per il mercato terrestre grazie ad accordi di co-branding con Virgin Galactic, dimostrando come lo spazio possa generare ricadute commerciali concrete.
Tra i trend tecnologici più promettenti si segnalano i nuovi materiali, le nanotecnologie e l’additive manufacturing. Nano-Tech, PMI innovativa nata da un team di ingegneri, ha saputo cogliere le opportunità della Space Economy, sviluppando materiali ad alte prestazioni per l’automotive, la nautica e l’aerospazio, come i materiali ablativi resistenti alle alte temperature del rientro atmosferico. Il loro progetto è stato finanziato dal programma europeo Cassini Business Accelerator, permettendo di ampliare la ricerca, stringere partnership internazionali e consolidare la presenza globale.
Anche Spherecube, spin-off dell’Università Politecnica delle Marche, ha sviluppato tecnologie di stampa 3D per materiali metallici, applicate alla produzione di componenti per lanciatori spaziali e strutture composite per l’uso sia a terra che in orbita. Importante anche il ruolo di Somacis, tra le prime aziende europee a ottenere la certificazione Nadcap per l’aerospazio, specializzata nella produzione di circuiti stampati ad alta tecnologia, e di SAB Aerospace, PMI focalizzata su prodotti e servizi innovativi per l’esplorazione spaziale, che offre alle PMI manifatturiere non-space l’opportunità di entrare in una nuova filiera industriale.
Questa varietà di esempi evidenzia quanto sia cruciale promuovere lo spazio come ambito trasversale alle filiere tradizionali, incentivando la nascita di nuove startup a vocazione spaziale e sostenendo l’adozione di soluzioni innovative in settori già esistenti. Lo spazio ispira anche nuovi stili di vita e di consumo, portando materiali avanzati nella vita quotidiana e trasformando il design di prodotti indossabili grazie a tecnologie nate per l’ambiente estremo dello spazio.
La Space Economy si configura sempre più come un mega-trend globale, capace di generare impatti concreti non solo in ambito industriale e tecnologico, ma anche sul piano occupazionale e formativo. È necessario, però, che questo cambiamento sia supportato da politiche pubbliche efficaci e da un forte spirito di collaborazione tra istituzioni, imprese, università e centri di ricerca. Assumere una vera “coscienza spaziale” significa cogliere il cambiamento come opportunità di sviluppo e non come minaccia, trasformando la sfida dello spazio in un motore per la competitività e la crescita dell’intero sistema economico e sociale.
Conclusioni
Lo spazio oggi è un elemento chiave per la crescita economica, per la cooperazione internazionale e per la sicurezza. Assistiamo ad un crescente interesse, da parte di tutti gli Stati, alle varie componenti delle attività spaziali, dagli aspetti civili, commerciali, della ricerca, così come per quelli connessi alla difesa. Lo spazio assume quindi una nuova dimensione: una risorsa in termini economici. Le partnership internazionali giocheranno un ruolo chiave nei prossimi anni anche in termini geopolitici; agenzie spaziali e istituzioni, ma anche gruppi industriali e fornitori, di tutto il pianeta, sono chiamati a contribuire al processo della New Space Economy, non limitandosi all’alveo delle attività strettamente collegate alle missioni spaziali, ma estendendosi in maniera trasversale su tutti gli ambiti della vita sociale anche a beneficio dello sviluppo sostenibile del pianeta attraverso l’attività di osservazione della Terra che, dallo spazio, nella cornice dei 17 Obiettivi ONU di Sviluppo Sostenibile, consente di affrontare sfide globali come i cambiamenti climatici attraverso la raccolta di dati satellitari in modo preciso, ripetuto e consistente per monitorare territori e altri aspetti connessi alla protezione del pianeta. La Space Economy apre anche a nuovi scenari di studio e di ricerca, opportunità per corsi formativi in ogni ambito disciplinare, dai settori più tecnici STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) a quelli economici, giuridici, umanistici. Scienza, spazio e manifattura sono strettamente collegati. Dalla ricerca spaziale sono arrivate scoperte, tecniche e prodotti che hanno trasformato, spinto e dato “propulsione” alla manifattura. Stiamo attraversando una fase cruciale di cambiamento, anche come opportunità di riconversione industriale per territori dal significativo potenziale imprenditoriale e le scienze spaziali rappresentano sempre di più un’aggregazione virtuosa di competenze umanistiche e scientifiche anche per il tempo che verrà.
A partire dal prossimo numero, Coelum Astronomia si rinnova radicalmente, abbandonando il classico formato rivista da 23×28 cm per assumere una forma più compatta ed elegante: 17×24 cm, le stesse dimensioni della rivista a cui Coelum al suo esordio si ispirò.
Il nuovo formato, simile a quello di un libro, è stato pensato per offrire una maggiore praticità: più facile da maneggiare, da trasportare e da consultare, perfetto per essere letto ovunque e più semplice da archiviare ordinatamente su qualsiasi scaffale o libreria.
La sostanza resta, la qualità cresce
Il cambiamento di formato non è un semplice adattamento grafico, ma parte di un progetto editoriale più ampio, volto a rafforzare il valore culturale di Coelum nel panorama dell’editoria scientifica. Con oltre 240 pagine a uscita, contenuti curati da una redazione esperta e collaboratori d’eccellenza, Coelum consolida la propria identità come strumento di divulgazione astronomica professionale, accessibile e autorevole.
Nonostante la nuova veste, la qualità dei materiali rimarrà invariata: la carta manterrà le caratteristiche attuali, con una copertina leggermente più spessa per garantire una maggiore resistenza. Particolare attenzione sarà sempre rivolta alla cura del colore, all’impaginazione e alla leggibilità, in continuità con la tradizione Coelum.
L’impostazione editoriale subirà alcune modifiche, necessarie per adattarsi alla nuova struttura, ma tutte orientate al miglioramento dell’esperienza di lettura e alla valorizzazione dei contenuti.
Coelum entra in libreria
Altra grande novità: Coelum sarà distribuito nelle migliori librerie d’Italia, affiancando finalmente le pubblicazioni di riferimento nel campo della cultura e della scienza. Una scelta che riflette la volontà di collocare Coelum in un contesto di prestigio, coerente con il valore dei suoi contenuti e con la quantità e qualità degli approfondimenti offerti a ogni uscita.
Nel corso delle prossime settimane sarà pubblicata sul sito ufficiale una mappa aggiornata dei punti vendita autorizzati, in modo da poter individuare facilmente la libreria più vicina.
Tuttavia, è importante sapere che ogni anno vengono pubblicate in Italia decine di migliaia di nuovi volumi e spesso non è possibile per i librai monitorare ogni novità in tempo reale. Per questo motivo consigliamo fin da ora di contattare la propria libreria di fiducia, segnalando la nuova uscita di Coelum Astronomia, in modo da garantirsi la disponibilità della copia già entro la fine di luglio.
Nel momento in cui la lista ufficiale dei punti vendita sarà online, forniremo anche informazioni dettagliate per i librai interessati alla distribuzione diretta.
“Cambiare formato non è una scelta formale. È un atto di responsabilità, un passo necessario per affrontare con determinazione un contesto in cui l’editoria periodica, soprattutto quella scientifica indipendente, vive ormai da anni una crisi profonda. Con questo nuovo Coelum, più compatto, più pratico, ma ancora più ricco, vogliamo rispondere con concretezza, preservando ciò che siamo sempre stati: un punto di riferimento per chi ama guardare il cielo con occhi curiosi e menti aperte. Coelum ha accompagnato generazioni di appassionati, e non solo: ci vengono raccontate storie vere, di giovani lettori che grazie alle nostre pagine hanno scoperto la loro vocazione e oggi sono ricercatori, ingegneri, scienziati. La passione per l’astronomia nasce spesso da piccoli dettagli: una guida pratica, una fotografia ben spiegata, una testimonianza diretta. Coelum ha sempre cercato di essere questo: uno strumento utile, accessibile, professionale, capace di tenere viva la curiosità e far maturare competenze. Farlo sparire per ragioni puramente commerciali significherebbe togliere al pubblico degli astrofili, degli studenti, degli studiosi di domani un canale prezioso di formazione e ispirazione. Ma non siamo soli in questa sfida. C’è una comunità straordinaria che ci sostiene. Autori che dedicano tempo e intelligenza con generosità, aziende che scelgono Coelum per valorizzare il proprio lavoro con contenuti di qualità, e soprattutto tantissimi lettori che, dal primo numero, ci accompagnano con affetto e continuità.
A tutti loro va il nostro riconoscimento più sincero. Oggi inizia un nuovo capitolo. Più moderno, più solido, più aperto.Venite con noi.” — Molisella Lattanzi, Direttrice Editoriale di Coelum Astronomia
Prezzo di lancio, abbonamenti e piattaforme online
Il nuovo Coelum sarà venduto in libreria al prezzo di lancio di 14,90 euro, una variazione inferiore al 5% rispetto al prezzo attuale, considerando che il costo di spedizione per la singola copia è pari a 2 euro.
Per chi ha già sottoscritto o rinnovato un abbonamento, non ci saranno variazioni di prezzo né di modalità di consegna. L’unico cambiamento riguarderà l’imballaggio, che tornerà alla busta chiusa sigillata per garantire una maggiore protezione.
Sino alla fine di giugno, sarà ancora possibile abbonarsi usufruendo delle promozioni attualmente attive, con un risparmio considerevole rispetto al prezzo di copertina. A partire da luglio (con data da definirsi), le promozioni saranno rimodulate in base alle nuove condizioni editoriali.
Infine, con l’adozione del nuovo formato libro, Coelum sarà disponibile anche sulle principali piattaforme online e su Amazon, ampliando ulteriormente le possibilità di accesso per tutti gli appassionati.
Con l’approvazione definitiva al Senato l’11 giugno 2025, l’Italia compie un passo fondamentale nella direzione di una governance moderna, sovrana e competitiva delle proprie attività spaziali. La legge “Disposizioni in materia di economia dello spazio” (MES 1415) introduce, per la prima volta, un impianto normativo organico che regola autorizzazioni, responsabilità, controllo e sviluppo delle attività spaziali civili e commerciali. Una cornice giuridica che non solo colma un vuoto, ma che si inserisce in modo coerente nel panorama normativo internazionale ed europeo, affermando la volontà dell’Italia di giocare un ruolo da protagonista nella new space economy.
Le finalità della legge: sicurezza, innovazione e competitività
Fin dal primo articolo, il testo chiarisce l’intento strategico della norma: regolamentare l’accesso allo spazio extra-atmosferico per proteggere interessi economici, scientifici e di sicurezza nazionale, e contemporaneamente promuovere l’innovazione, lo sviluppo tecnologico e la valorizzazione delle competenze italiane nel settore.
Tra le attività considerate “spaziali” rientrano: il lancio e la gestione di oggetti in orbita, la rimozione di detriti, l’uso di piattaforme stratosferiche, l’estrazione di risorse da corpi celesti, la permanenza umana nello spazio e persino la produzione industriale in microgravità.
Autorizzazioni e vigilanza: una procedura strutturata e rigorosa
La legge stabilisce che ogni operatore, italiano o straniero, debba ottenere un’apposita autorizzazione per condurre attività spaziali sul territorio nazionale o sotto bandiera italiana. Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato al possesso di requisiti oggettivi e soggettivi, tra cui:
idoneità tecnica e ambientale dei progetti,
resilienza informatica,
disponibilità di sistemi anti-collisione,
copertura assicurativa obbligatoria fino a 100 milioni di euro.
Il ruolo di vigilanza è affidato all’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), che svolge anche funzione di regolatore tecnico, in sinergia con il Comitato Interministeriale per le Politiche Spaziali (COMINT).
Registro nazionale e responsabilità: tracciabilità e trasparenza
Ogni oggetto spaziale lanciato sotto giurisdizione italiana deve essere immatricolato in un Registro nazionale, gestito da ASI, in linea con la Convenzione ONU sull’immatricolazione degli oggetti spaziali (1975). È previsto anche un Registro complementare per i satelliti gestiti da operatori italiani ma registrati all’estero.
La responsabilità civile per eventuali danni causati da oggetti spaziali è in capo all’operatore, ma lo Stato può intervenire in caso di risarcimenti internazionali (come previsto dalla Convenzione sulla responsabilità per danni da oggetti spaziali del 1972), con possibilità di rivalsa sull’operatore privato.
Lo spazio come leva economica: fondi e pianificazione pluriennale
La legge introduce due strumenti centrali per lo sviluppo dell’economia spaziale nazionale:
un Piano nazionale quinquennale per l’economia dello spazio, aggiornato ogni due anni dal COMINT in collaborazione con ASI e altri ministeri strategici;
un Fondo per l’economia dello spazio, con una dotazione iniziale di 35 milioni di euro (2025), destinato a finanziare progetti innovativi, startup e PMI attraverso contributi diretti o operazioni finanziarie.
Compatibilità internazionale: la legge italiana si allinea alle convenzioni ONU e alla normativa UE
L’impianto normativo italiano è attentamente costruito per risultare compatibile con le principali convenzioni internazionali ratificate dall’Italia:
Outer Space Treaty (1967): la legge italiana ne recepisce i principi di uso pacifico, responsabilità statale e giurisdizione nazionale.
Convention on Registration of Objects Launched into Outer Space (1975): la creazione del Registro nazionale risponde a obblighi formali previsti a livello ONU.
Convention on International Liability for Damage Caused by Space Objects (1972): la disciplina della responsabilità civile e del diritto di rivalsa è direttamente modellata su queste disposizioni.
Anche il rapporto con il quadro normativo europeo è pienamente rispettato. L’art. 27 esclude esplicitamente l’applicazione della legge italiana ai programmi spaziali europei già disciplinati dal Regolamento UE 2021/696 (Galileo, Copernicus, SSA, GOVSATCOM). Inoltre, la legge integra strumenti di finanziamento e sviluppo con quelli dell’Unione, come InvestEU, Horizon Europe e i fondi ESA, garantendo sinergia e interoperabilità con l’infrastruttura industriale europea.
Spazio e sovranità: infrastrutture strategiche e sicurezza nazionale
Particolarmente significativi sono gli articoli dedicati alla sicurezza:
viene promossa una riserva nazionale di capacità trasmissiva satellitare, per assicurare le comunicazioni governative anche in caso di blackout delle reti terrestri;
si sostiene l’uso strategico dei dati spaziali per la prevenzione dei rischi ambientali e il monitoraggio climatico;
si promuovono iniziative per l’uso efficiente dello spettro radioelettrico, in previsione dell’esplosione del traffico spaziale nei prossimi anni.
Una legge moderna per un settore in espansione
Con questo testo normativo, l’Italia si allinea finalmente ai Paesi che già da tempo hanno adottato leggi quadro per l’attività spaziale, come Francia, Lussemburgo e Germania. In particolare, la scelta di dare centralità all’ASI e di puntare su partenariati pubblico-privati rende la norma compatibile sia con le esigenze del mercato che con la necessaria tutela degli interessi pubblici.
Conclusione
La legge “MES 1415” non è solo un atto legislativo: è una dichiarazione d’intenti. Riconosce lo spazio come nuovo dominio strategico e industriale, e ne affida la gestione a una governance multilivello, dove Stato, imprese, ricerca e istituzioni collaborano per garantire innovazione, sicurezza e sovranità.
Sarà ora compito dei decreti attuativi e della politica industriale nazionale trasformare questo impianto giuridico in un’effettiva leva di sviluppo economico e geopolitico. Lo spazio, anche per l’Italia, è sempre meno solo un orizzonte e sempre più un campo d’azione.
Nel vasto panorama dei quasi 6.000 esopianeti scoperti finora, ce ne sono alcuni che sembrano voler sfidare le regole, anche se non esiste nessuna regola nel Cosmo.
È il caso di 14 Herculis c, un gigante gassoso descritto dai ricercatori come anormale, caotico e fuori dagli schemi, insomma con un bel caratteraccio.
Ma oggi, grazie alle straordinarie capacità del James Webb Space Telescope (JWST) della NASA, quel caos inizia a prendere forma. Utilizzando lo strumento NIRCam (Near Infrared Camera) , Webb è riuscito a catturare un’immagine diretta di 14 Herculis c, uno dei due pianeti che orbitano intorno alla stella 14 Herculis, distante circa 60 anni luce da noi.
La cosa sorprendente non è solo la precisione dell’immagine, ma la natura stessa del pianeta: con una temperatura di appena-3 °C, è uno degli esopianeti più gelidi mai osservati in modo diretto.
Nella maggior parte dei casi, infatti, i pianeti ripresi finora sono molto caldi. Ma 14 Herculis c, con una massa pari a sette volte quella di Giove, appartiene a una categoria completamente diversa: vecchio, freddo e distante, un bersaglio finora quasi inaccessibile alla strumentazione astronomica.
Immagine diretta del sistema 14 Her in cui 14 Her (la stella) è oscurata da un coronografo per bloccare la sua luce intensa. 14 Her c (il pianeta) è visibile come un punto brillante arancione in basso a destra, isolato dal bagliore stellare.
I risultati sono stati accettati per la pubblicazione su The Astrophysical Journal Letters e presentati durante il 246° congresso dell’American Astronomical Society, ad Anchorage, Alaska. Se il pianeta è straordinario, il sistema in cui si trova è ancora più singolare. A differenza del nostro Sistema Solare, dove i pianeti si muovono lungo orbite più o meno allineate, i due pianeti noti attorno a 14 Herculis non seguono lo stesso piano orbitale. Le loro traiettorie si incrociano, formando una sorta di “X” celeste attorno alla stella. È la prima volta che viene ottenuta un’immagine diretta di un pianeta all’interno di un sistema con orbite inclinate di ben 40 gradi tra loro.
Gli scienziati sospettano che l’origine di questo disordine risalga alla giovinezza del sistema: forse un terzo pianeta, ora scomparso, è stato espulso violentemente, alterando le orbite degli altri due e generando il caos che oggi possiamo osservare.
In un’epoca in cui si scoprono esopianeti ogni giorno, 14 Her c ci ricorda che alcuni mondi non si lasciano semplicemente scoprire: vanno compresi.
Una recente ricerca pubblicata su Research Notes of the American Astronomical Society (RNAAS) ha rivelato che la stella attorno a cui orbita il pianeta TOI-6883b è in realtà parte di un sistema binario. In conformità con le regole internazionali di nomenclatura, il pianeta è stato ridefinito TOI-6883Ab.
Lo studio è stato condotto da un team di astrofili composto da Giuseppe Conzo (autore principale), Fran Campos, Francesco Conti e Ian Sharp, e si basa su dati astrometrici di altissima precisione forniti dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA).
Fino a oggi considerato un sistema singolo, TOI-6883 si è dimostrato essere un sistema binario visivo, costituito da due stelle simili tra loro, separate da circa 616 unità astronomiche (oltre 90 miliardi di chilometri). Le due componenti, ora denominate TOI-6883A e TOI-6883B, mostrano identica parallasse e moti propri, confermandone la natura gravitazionalmente legata. Il periodo orbitale del sistema è stimato intorno a 15.000 anni.
Il pianeta, scoperto nel 2024 da Giuseppe Conzo e Mara Moriconi tramite i dati del satellite TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite), orbita attorno alla componente primaria TOI-6883A, da cui la nuova designazione TOI-6883Ab.
Secondo le analisi spettroscopiche condotte dal team SETI guidato da Lauren Sgro, TOI-6883Ab è classificato come un Warm Jupiter, un gigante gassoso con un’orbita relativamente stretta. La presenza della stella compagna potrebbe avere un impatto dinamico sull’intero sistema planetario, influenzandone l’evoluzione attraverso meccanismi come le oscillazioni di Kozai–Lidov.
L’infografica mostra le dimensioni relative delle due stelle TOI-6883A e TOI-6883B e l’orbita eccentrica del pianeta TOI-6883Ab attorno alla componente primaria. Fonte Giuseppe Conzo
“Questo risultato dimostra come anche i sistemi planetari apparentemente semplici possano nascondere strutture più complesse,” ha commentato Giuseppe Conzo. “Ed evidenzia l’importanza della collaborazione tra astronomi professionisti e astrofili.”
Quando avete iniziato a sospettare che TOI-6883 non fosse una stella singola?
“Abbiamo cominciato a sospettarlo circa 6 mesi fa analizzando i dati astrometrici ad alta precisione del catalogo Gaia DR3. Sebbene il pianeta TOI-6883b fosse stato attribuito a una singola stella (TIC 393818343), la presenza di una seconda sorgente molto vicina (TIC 393818340), con parametri astrometrici quasi identici, ci ha suggerito che il sistema potesse essere in realtà un binario visuale fisicamente legato”.
Quali strumenti o metodi avete utilizzato per confermare la natura binaria del sistema?
“Abbiamo utilizzato principalmente i dati pubblici del satellite Gaia (Data Release 3), che fornisce parallassi, moti propri e fotometria ad altissima precisione. Confrontando questi parametri per entrambe le componenti, abbiamo riscontrato corrispondenze eccellenti. Inoltre, abbiamo calcolato la separazione angolare, la distanza proiettata, l’energia orbitale e il periodo kepleriano stimato. Tutti questi elementi supportano in modo coerente l’interpretazione di un sistema binario gravitazionalmente legato“.
Cosa comporta questo per il pianeta scoperto nel 2024?
“La scoperta che il sistema è binario implica una revisione della nomenclatura del pianeta: da TOI-6883b a TOI-6883Ab, per indicare che orbita attorno alla componente principale (TOI-6883A). Inoltre, pur essendo il pianeta in un’orbita molto stretta e dinamicamente stabile, la presenza della compagna stellare TOI-6883B potrebbe avere effetti a lungo termine sul sistema planetario, come oscillazioni di tipo Kozai–Lidov. Questi aspetti dovranno essere monitorati in futuro“.
Questo studio è stato portato avanti anche da astrofili. Che ruolo ha giocato la Citizen Science?
“La Citizen Science ha avuto un ruolo centrale. Il progetto è stato guidato da un team misto, con astrofili e osservatori indipendenti che hanno condotto osservazioni fotometriche da terra e analisi astrometriche avanzate. Questo dimostra come contributi scientificamente rigorosi possano emergere anche al di fuori del contesto accademico tradizionale, e come il coinvolgimento di astrofili esperti possa portare a pubblicazioni riconosciute e a veri avanzamenti nella conoscenza degli esopianeti“.
La scoperta rappresenta un importante contributo alla comprensione dell’influenza della molteplicità stellare sull’evoluzione dei sistemi planetari e costituisce un brillante esempio di ricerca partecipata.
Clemens Riegler, Julian Mutter, Hakan Kayal (Università di Würzburg, Germania)
Un ritorno alle pale rotanti per esplorare altri mondi
Nell’immaginario collettivo, l’atterraggio su un altro pianeta avviene tramite spettacolari razzi che rallentano la discesa, come accade nelle missioni della NASA su Marte. Ma cosa succederebbe se si potesse atterrare senza usare carburante, come fanno gli elicotteri in caso di emergenza? Questa è la domanda che si sono posti tre ricercatori tedeschi, proponendo una tecnologia sorprendentemente “leggera”: l’autorotazione.
Atterrare senza carburante
L’autorotazione è un principio ben noto nell’aeronautica: quando un elicottero perde potenza, le pale continuano a girare spinte dall’aria in risalita, permettendo un atterraggio controllato. Lo studio propone di adattare questo meccanismo per veicoli spaziali, dotandoli di pale pieghevoli o gonfiabili che si aprono durante la discesa, sfruttando l’atmosfera del pianeta per rallentare e manovrare.
Il confronto: autorotazione vs propulsione
Utilizzando simulazioni fisiche dettagliate, gli autori hanno confrontato l’efficienza dei due sistemi in ambienti diversi: Terra, Marte, Titano (luna di Saturno) e Venere. Il modello considera una sonda di 1000 kg, con condizioni realistiche per gravità e atmosfera. Ecco cosa è emerso:
Sulla Terra e su Venere, l’autorotazione ha battuto la propulsione: ha raggiunto distanze fino a 2 km senza usare carburante, mentre i razzi esaurivano il propellente ben prima del traguardo.
Su Marte, l’atmosfera troppo rarefatta penalizza l’autorotazione, che non riesce a rallentare abbastanza. Qui i razzi restano la soluzione migliore.
Su Titano, entrambi i sistemi funzionano bene, ma l’autorotazione potrebbe offrire maggiore autonomia partendo da quote più elevate.
Una questione di atmosfera
Il vantaggio principale dell’autorotazione è il risparmio di massa: niente serbatoi, niente propellente, più spazio per strumenti scientifici. Ma funziona solo se c’è abbastanza atmosfera da “spingere” le pale. Per questo, l’idea è particolarmente promettente su pianeti con aria densa, come Venere e Titano.
Prospettive future: più scienza, meno carburante
I ricercatori vedono nell’autorotazione una via da esplorare per le future missioni, in particolare quelle scientifiche che non richiedono grandi carichi. Tra le sfide da affrontare: sviluppare rotori adattabili a diversi ambienti, migliorare i sistemi di controllo e testare l’apertura automatica delle pale in condizioni estreme.
Uno degli obiettivi futuri è aumentare l’altitudine di partenza: se oggi le simulazioni si fermano a 1 km dal suolo, in futuro si potrebbe estendere la discesa a decine di chilometri, moltiplicando la distanza coperta senza carburante.
La regione di formazione stellare NGC 6357, nota anche come Nebulosa Aragosta, è stata osservata in dettaglio grazie al telescopio infrarosso VISTA dell’ESO, nell’ambito della survey VVV sulla Via Lattea. Situata a circa 8.000 anni luce nella Costellazione dello Scorpione, la nebulosa appare radicalmente diversa nell’infrarosso, che permette di oltrepassare le dense nubi di polvere e rivelare stelle nascoste. NGC 6357 ospita tre giovani ammassi stellari, tra cui Pismis 24, con alcune delle stelle più massicce conosciute, come Pismis 24-1 e la stella Wolf-Rayet WR 93. Le interazioni tra queste giganti stellari e l’ambiente circostante plasmano la nebulosa, generando cavità di gas, bolle calde e processi che possono sia ostacolare sia stimolare la formazione stellare. Le osservazioni condotte nell’arco di oltre 13 anni hanno permesso la mappatura infrarossa di oltre 1,5 miliardi di oggetti celesti, contribuendo a comprendere l’evoluzione strutturale della nostra galassia.
Nebulosa Aragosta o NGC 6357 Regione di Formazione stellare
Vaste nubi di gas e polveri che circondano stelle giovani e calde creano questo fiabesco arazzo cosmico, punteggiato di lucine brillanti. La ripresa nell’infrarosso si basa sui dati del telescopio VISTA (Visible and Infrared Survey Telescope for Astronomy) all’Osservatorio del Paranal dell’European Southern Observatory (ESO), in Cile. Inquadra la ricca regione di formazione stellare NGC 6357, situata a circa 8.000 anni luce di distanza da noi, nella Costellazione dello Scorpione.
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Questa ripresa fenomenale del telescopio James Webb evidenzia in dettaglio i deflussi intricati e tortuosi dell’Oggetto di Herbig-Haro 49/50, la cui struttura deriva dall’impatto di getti di plasma ad alta velocità lanciati da una stella in formazione. Caso vuole che il deflusso protostellare punti direttamente verso una galassia a spirale più distante, posizionata perfettamente per l’occasione. L’immagine composita combina dati acquisiti dalla NIRCam (Near-Infrared Camera) e dal MIRI (Mid-Infrared Instrument) a bordo del telescopio. Grazie alla relativa vicinanza a noi della giovane stella e alla risoluzione senza precedenti del JWST, la visione nell’infrarosso rivela strutture mai apprezzate prima a questo livello di finezza. I deflussi stellari da cui originano strutture come questa si estendono per vari anni luce e impattano ad alta velocità sul materiale nebulare circostante, riscaldandolo ad alte temperature e producendo onde d’urto. In seguito il materiale si raffredda ed emette luce a lunghezze d’onda visibile e infrarossa. L’oggetto era già stato osservato dal telescopio spaziale Spitzer e in quell’occasione gli scienziati lo avevano soprannominato “Tornado Cosmico” per la sua particolare forma ad elica.
La ripresa del telescopio Webb inquadra l’Oggetto di Herbig-Haro 49/50, un’intricata nube di forma conica originata dal getto di una giovane stella. Il bordo superiore del deflusso color arancio termina sovrapponendosi a una galassia a spirale di fondo, il cui bulge bluastro è attorniato da bracci a spirale rossastri. Lo sfondo oscuro è punteggiato da alcune stelle biancastre della Via Lattea e da numerose galassie più fioche e distanti. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI
HH 49/50 si trova a circa 630 anni luce dalla Terra, nella Costellazione del Camaleonte. Più in particolare, si annida all’interno della Nube del Camaleonte, uno dei complessi di nebulose oscure più vicini alla Terra, sul bordo interno del Braccio di Orione. La Nube del Camaleonte si divide in 3 strutture nebulari principali, fra le quali Chamaeleon I (Cha I ) è la più attiva nella formazione stellare e contiene una massa pari a un migliaio di Soli. La giovanissima protostella sorgente dei getti che danno origine a Herbig-Haro 49/50 appartiene proprio alla Nube Cha I. In questa nebulosa oscura sono stati identificati una ventina di oggetti HH, decine di giovani stelle T-Tauri, centinaia di sorgenti infrarosse, riconducibili a protostelle ancora circondate da spessi dischi circumstellari o involucri di gas e polveri, e numerose nane brune. L’ambiente ricco della regione e la sua vicinanza alla Terra consentono agli astronomi uno studio approfondito delle dinamiche che regolano la formazione di stelle medio-piccole e di giovani ammassi. Uno studio di particolare importanza, in quanto si tratta di un ambiente simile a quello in cui si è formato il nostro Sole. Le osservazioni di HH 49/50 tracciano la posizione di molecole di idrogeno brillante, molecole di monossido di carbonio e grani di polvere (in arancio e rosso) energizzati dall’impatto del getto. I dati acquisiti rivelano inoltre che il deflusso stellare si allontana da noi a velocità pari a 100-300 chilometri al secondo e fa parte di un deflusso più vasto. Secondo gli astronomi, la sorgente del getto è Cederblad 110 IRS4 (CED 110 IRS4), una protostella di Classe I localizzata a circa 1,5 anni luce da HH 49/50 (al di fuori dell’angolo in basso a destra nella ripresa di Webb). Simili stelle hanno un’età compresa tra poche decine di migliaia e un milione di anni, si trovano nelle fasi iniziali di acquisizione di massa e solitamente sono circondate da un disco distinguibile di materiale ancora in fase di ricaduta sulla protostella. Dall’immagine si può osservare come non tutte le strutture arcuate che compongono HH 49/50 puntino nella stessa direzione. In alto a destra rispetto al deflusso principale, è visibile una formazione allungata che potrebbe derivare dalla sovrapposizione casuale di un ulteriore deflusso, dovuto al lento moto di precessione del getto sorgente intermittente. Oppure, questa struttura potrebbe avere origine da una frammentazione del deflusso principale. La galassia visibile al termine del deflusso è una spirale molto più distante visibile di faccia. Il bulge centrale, rappresentato in blu, evidenzia la posizione delle stelle più vecchie e rivela indizi di “lobi laterali” che potrebbero suggerire la presenza di una barra. Addensamenti rossastri nei bracci rivelano la posizione di polveri calde e gruppi di stelle in formazione. L’allineamento fortuito tra galassia e getto è destinato a scomparire dalla vista: nel giro di poche migliaia di anni il bordo esterno del deflusso stellare procederà oltre e alla fine coprirà del tutto la lontana galassia.
Collaborazione Internazionale
Il JWST, il più grande telescopio spaziale mai lanciato, è una partnership tra NASA, ESA e CSA. Grazie a strumenti avanzati come NIRSpec e MIRI, e al supporto europeo, il Webb continua a rivoluzionare la nostra comprensione del cosmo primordiale.
Nel maggio 2025, l’asteroide 114772 (2002 NM5), scoperto nel 2002 dagli astronomi dell’Osservatorio di Campo Imperatore e di Torino, è stato ufficialmente intitolato “Luca Peyron” dall’Unione Astronomica Internazionale (IAU). Questo riconoscimento celebra il sacerdote torinese per il suo impegno esemplare nel coniugare astronomia, fede e cultura, rendendo il cielo un luogo di riflessione spirituale e crescita educativa.
La motivazione ufficiale sottolinea come don Peyron sia stato capace di “collegare l’astronomia alla coscienza collettiva, utilizzando il cielo profondo non solo a fini scientifici, ma anche per la crescita culturale ed educativa”. Il gesto ha un forte valore simbolico: un corpo celeste che porta il suo nome testimonia la rilevanza di un percorso umano e intellettuale che ha saputo attraversare i confini tra scienza e spiritualità.
Don Luca Peyron, classe 1973, sacerdote dell’Arcidiocesi di Torino, è docente universitario, autore di saggi e promotore di un uso etico e consapevole delle tecnologie. Dopo una formazione in ambito giuridico-industriale, ha scelto il sacerdozio e si è distinto per la sua capacità di leggere il mondo digitale e scientifico alla luce del Vangelo.
Tra le sue pubblicazioni più recenti, il volume “Sconfinato. Nuove cronache di cieli sereni” (San Paolo, 2025) invita il lettore a un cammino contemplativo tra le stelle, dove l’osservazione astronomica diventa esercizio di introspezione, meditazione e interrogazione sul senso dell’umano nel cosmo.
Ha inoltre avuto un ruolo centrale nella missione “Spei Satelles”, che nel 2023 ha portato in orbita il primo satellite della Santa Sede: un progetto carico di simbolismo, pensato per trasmettere un messaggio di speranza attraverso le tecnologie spaziali.
Ma don Peyron è anche autore per la rivista Coelum Astronomia, punto di riferimento per gli appassionati del cielo, diversi i suoi contributi sia per Spei Satellite (vedi Coelum 266) che in occasione della ricorrenza dei 100 anni della legge di Hubble (vedi Coelum 270). Sul numero 274 della rivista, don Luca Peyron ha firmato l’editoriale dedicato a Papa Francesco.
Primo spettro della SN1961H in NGC4564 ripreso l’11 maggio 1961 da Francesco Bertola con il telescopio Galileo da 122cm dell’Osservatorio di Asiago, posa di 90 minuti su pellicola Kodak 103 a-F.
Giuliano Romano nell’aprile del 2011.
Dalla SN1954A in NGC4214 analizzata nel precedente numero, ci spostiamo in avanti di sette anni ed approdiamo al 9 maggio 1961 con la SN1961H nella galassia NGC4564, che rappresenta la supernova più luminosa scoperta da un italiano. Stiamo parlando del prof. Giuliano Romano, un grande astrofilo che ha lasciato un segno indelebile nella ricerca amatoriale in generale e in modo particolare nella ricerca amatoriale di supernovae. Oltre a detenere il primato italiano della supernova più luminosa grazie appunto alla SN1961H che sfiorò al massimo di luminosità la mag. +11, è stato il primo italiano in assoluto a scoprire una supernova ed il primo astrofilo al mondo, individuando quattro anni prima, sempre nel mese di maggio, la SN1957B nella galassia M84.
Giuliano Romano nacque a Treviso il 16 novembre 1923. Rimase nel capoluogo veneto per tutta la sua vita, dove morì il 10 giugno 2013. Fin da bambino abitò nella villa conosciuta come Il Castello Romano disegnata dal nonno Fortunato e costruita dal padre Antonio. Aveva l’aspetto di un castello con due torri ed arredata con affreschi e statue. Dedicò tutta la sua vita alla ricerca astronomica. Pur essendo un professore laureato in matematica all’Università di Padova e docente di astrofisica, cosmologia, storia dell’astronomia, fisica e matematica, non era di fatto un astronomo professionista, ma un semplice astrofilo. Un astrofilo però di alta qualità, basti pensare alla scoperta di quasi trecento variabili e alle due supernovae menzionate prima, a cui ne seguì una terza: la SN1970O nella galassia IC3341. Ebbe rapporti professionali con astronomi professionisti del calibro di Leonida Rosino e Fritz Zwicky. Quest’ultimo lo contattò direttamente per proporgli di andare in America a lavorare per lui.
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L’esplosione di una supernova nella nostra Galassia rappresenterebbe un evento astronomico di importanza capitale, offrendo agli scienziati un’opportunità unica per studiare da vicino le fasi finali della vita di una stella massiccia e le conseguenze della sua spettacolare morte. Il progetto GalRSG (Galactic Red Supergiants) si pone l’ambizioso obiettivo di monitorare un vasto campione di Supergiganti Rosse (RSG) galattiche alla ricerca di segni premonitori di un’imminente esplosione di supernova, sfruttando in modo cruciale le capacità del VLT Survey Telescope (VST).
Svelando i segreti degli ultimi istanti di vita delle stelle massicce
Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha rivolto crescente attenzione ai fenomeni che precedono l’esplosione di una supernova. Studi sulle curve di luce di supernovae extragalattiche hanno rivelato che molte di esse sono avvolte da un denso mezzo circumstellare (CSM), formatosi probabilmente a causa di episodi di intensa perdita di massa nelle fasi finali della vita della stella progenitrice. Comprendere i meccanismi alla base di questa perdita di massa è fondamentale per delineare un quadro completo dell’evoluzione delle stelle massicce e della loro transizione verso lo stadio di supernova. Le teorie più recenti suggeriscono che l’intensa convezione durante le ultime fasi di combustione nucleare nel nucleo di una RSG potrebbe generare onde di energia che si propagano verso l’inviluppo stellare e la sua superficie (la “fotosfera”), causando episodi di espulsione di massa. Questi “outburst” pre-supernova potrebbero manifestarsi come variazioni nella luminosità e nel colore della stella, offrendo potenzialmente un modo per prevedere, almeno in linea di principio, il collasso del nucleo e la conseguente esplosione di supernova. Tuttavia, lo studio di questi fenomeni attraverso l’analisi di dati d’archivio di precursori di supernovae extragalattiche, che sono quelle che si osservano continuamente grazie alle survey di tutto il cielo appositamente progettate per scoprirle come “transienti”, presenta delle limitazioni. Innanzitutto, vi è un bias osservativo verso i precursori più luminosi, tipicamente corrispondenti a stelle di grande massa, maggiore di 20-30 masse solari. Invece, i precursori della supernove di tipo IIP/L, corrispondenti a stelle RSG di massa tra 8 e 15 masse solari, una popolazione intrinsecamente molto più numerosa dei precursori associati a stelle massicce, sono troppo deboli per essere visti a distanze extragalattiche e non possono essere studiati in grande dettaglio con i metodi tradizionali. In secondo luogo, i dati pre-supernova disponibili per le esplosioni extragalattiche, tipicamente il risultato di osservazioni di archivio di HST talvolta prese per tutt’altra ragione, sono spesso frammentari e non omogenei, provenienti da diversi strumenti e/o diversi filtri e con cadenze temporali irregolari e tipicamente molto più lunghe dei tempi scala dei fenomeni di “outburst” che ci aspettiamo da una stella morente.
Fig. 1 – Immagine a colori della regione N12-A del programma GalRSG dei dintorni degli ammassi aperti massicci XX e 3 nella regione dello Scudo. L’immagine è stata ottenuta combinando le osservazioni nel filtro Sloan-i e Sloan-z, e sommando, per ogni filtro, tutte le immagini ottenute per realizzare le serie temporali. Questa regione del piano è caratterizzata dalla presenza di grandi nubi molecolari che si stagliano nette di fronte al tappeto di stelle del piano galattico. Inoltre, questa regione si caratterizza anche dall’alto numero di stelle massicce di tipo Giganti Asintotiche e Supergiganti Rosse, che in questa immagine spiccano per il loro colore rossastro rispetto al bianco/blu delle altre stelle.
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La collaborazione internazionale dell’Event Horizon Telescope (EHT), composta da oltre 400 scienziati, ha recentemente pubblicato una nuova serie di risultati che spingono ancora più in là i confini della nostra comprensione. Tra immagini rivoluzionarie, nuove tecniche di analisi e progetti futuri ambiziosi, il biennio 2024-2025 si sta rivelando un periodo straordinariamente fertile per l’astrofisica dei buchi neri.
Sagittarius A*
Nel marzo 2024, l’EHT ha pubblicato un’immagine polarizzata di Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero al centro della nostra galassia. Per la prima volta, è stato possibile osservare la struttura del campo magnetico nelle regioni immediatamente circostanti l’orizzonte degli eventi. I dati rivelano la presenza di campi magnetici forti e ordinati, disposti in una configurazione a spirale. Questo suggerisce che, come nel caso di M87*, anche Sgr A* possa essere in grado di generare getti di plasma, sebbene non visibili con gli attuali strumenti. La luce polarizzata, che è sensibile all’orientamento del campo magnetico, è stata fondamentale per questo risultato. I modelli numerici suggeriscono che la presenza di un campo toroidale può influenzare significativamente l’efficienza dell’accrescimento, modulando l’energia dissipata e la formazione di strutture turbolente. Inoltre, il confronto tra i dati osservativi e le simulazioni magnetoidrodinamiche relativistiche (GRMHD) ha rafforzato l’ipotesi che Sgr A* operi in un regime di accrescimento radiativamente inefficiente (RIAF), un modello in cui gran parte dell’energia liberata dall’accrescimento viene trasportata via da venti e non emessa come radiazione.
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Dettagli delle coltivazioni di lattuga, cavolo nero e bietola all’interno della Plant Characterization Unit (PCU) situata presso il "Laboratory of CropResearch for Space" del Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II.
IL LUNGO VIAGGIO DELL’AGRICOLTURA SPAZIALE
di Stefania De Pascale
Quando si immagina la vita nello spazio, si pensa a tecnologie avanzate e missioni epiche, ma raramente si riflette su ciò che è davvero essenziale: respirare, bere e mangiare. Eppure, questi aspetti sono tra i più complessi da garantire fuori dalla Terra. Sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), in microgravità, anche bere un sorso d’acqua o consumare un pasto richiede soluzioni ingegnose. I liquidi fluttuano in bolle sospese, e i cibi – precotti, disidratati o termostabilizzati – sono conservati in confezioni appositamente progettate per consentirne il consumo in condizioni di microgravità. Le condizioni ambientali e fisiologiche alterano anche la percezione dei sapori, rendendo i cibi meno appetibili. Per ovviare a questo, si ricorre a condimenti intensi e menù personalizzati, ma il problema rimane.
Con l’arrivo delle missioni lunari e marziane, destinate a durare mesi o anni, sarà impossibile affidarsi solo ai rifornimenti da Terra. Per una missione su Marte, si stimano fino a 7,5 tonnellate di risorse (ossigeno, acqua e cibo)per astronauta: serve un nuovo modello di autosufficienza. Ed è qui che entra in gioco l’agricoltura spaziale. Le piante, nello spazio, non solo producono cibo, ma rigenerano aria, purificano l’acqua, riciclano rifiuti organici e migliorano il benessere psicologico degli equipaggi. I primi esperimenti di coltivazione sulla ISS hanno già dato risultati positivi: nel 2015, per la prima volta, gli astronauti hanno consumato ufficialmente lattuga coltivata nello spazio. Ma il futuro richiederà colture più complesse e nutrienti sulla ISS. In Europa, l’ESA e l’ASI finanziano progetti per coltivare specie come patate, legumi, cereali e micro-ortaggi, capaci di garantire un apporto nutrizionale completo. Sistemi avanzati di coltivazione fuori suolo (idroponica e aeroponica), serre modulari e ambienti controllati saranno fondamentali. L’intelligenza artificiale monitorerà i parametri ambientali – luce, temperatura, umidità, ossigeno – per adattare in tempo reale le condizioni di crescita. Luna e Marte, però, presentano ambienti estremamente ostili. La Luna ha un’atmosfera quasi inesistente, escursioni termiche di oltre 300 gradi e radiazioni cosmiche intense. Marte, con la sua atmosfera rarefatta e le frequenti tempeste di polvere, impone la costruzione di habitat schermati e coltivazioni in ambienti chiusi, probabilmente sotterranei. Tuttavia, su Marte sarà possibile utilizzare risorse locali: ghiaccio per ottenere acqua, CO₂ atmosferica per la fotosintesi, e persino regolite trattata come substrato di coltivazione. Le colture spaziali non saranno molto diverse da quelle terrestri: cereali (grano, riso), legumi (fagioli, soia), tuberi (patate) e ortaggi freschi a ciclo breve. Queste piante potranno essere adattate a condizioni estreme e contribuiranno a costruire ecosistemi autonomi: i Bioregenerative Life Support Systems (BLSS). Un esempio pionieristico è il programma MELiSSA dell’ESA, che dal 1987 studia sistemi chiusi basati sulle piante per riciclare aria, acqua e nutrienti. Questa nuova agricoltura non servirà solo a sostenere la vita nello spazio, ma potrebbe avere importanti ricadute anche sulla Terra. Le tecnologie sviluppate per ambienti ostili potranno essere utilizzate in regioni aride, zone polari, contesti urbani o aree colpite da crisi umanitarie, contribuendo a un’agricoltura più resiliente e sostenibile e sarà proprio da questa consapevolezza – che la coltivazione rappresenta una condizione necessaria, non accessoria – che parte il lavoro della professoressa Stefania De Pascale, pioniera della ricerca agronomica spaziale in Italia, che attraverso l’intervista a seguire ci accompagnerà in un viaggio ancora più dettagliato all’interno delle sfide e delle prospettive dell’agricoltura extraterrestre.
Molisella Lattanzi: Professoressa De Pascale, nel suo lavoro lei evidenzia l’importanza dell’agricoltura per la sopravvivenza umana nello spazio. Quali sono oggi le principali tematiche di ricerca nel campo dell’agricoltura spaziale, e in quali progetti siete attualmente coinvolti? Stefania De Pascale: Attualmente i principali ambiti di ricerca nell’agricoltura spaziale sono tre. Il primo riguarda la coltivazione di ortaggi freschi in microgravità per integrare la dieta degli astronauti su piattaforme orbitanti come la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e, in futuro, il Lunar Gateway, la stazione spaziale cislunare pianificata dalla NASA. Il secondo si concentra sulla coltivazione di specie più caloriche e nutrienti come cereali, leguminose e patate, essenziali per missioni spaziali di lunga durata a bordo di veicoli interplanetari (es. il Mars Transit Vehicle). Il terzo ambito riguarda l’integrazione delle piante in un Bioregenerative Life Support System (BLSS), per rigenerare risorse vitali come aria e acqua e produrre cibo nelle future basi lunari e marziane. Ma andiamo con ordine.
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Torna il Festival di Astronomia, un appuntamento imperdibile per gli appassionati di scienza e per i curiosi del cielo, ma anche per chi ci si avvicina per la prima volta.
Dal 6 all’8 giugno, la Fortezza Nuova di Livorno ospiterà tre giorni di eventi gratuiti tra mostre, osservazioni astronomiche, laboratori, realtà virtuale e conferenze, all’insegna del tema “Il Suono dell’Universo”.
La prima serata inizia con due appuntamenti d’eccezione i per gli amanti del cielo. Dalle 19:00 potrete immergervi nella splendida Mostra di Astrofotografia dei soci ALSA e assistere alle affascinanti videoproiezioni astronomiche e stampe 3D. Il vero clou della serata sarà alle 21:30 con “La più folle delle imprese”, un evento speciale a cura dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO), che ospita il rivelatore di onde gravitazionali Virgo nella campagna vicino Pisa, per celebrare i 10 anni dalla rivoluzionaria scoperta delle onde gravitazionali. Sul palco Barbara Patricelli (INFN Pisa) e Fiodor Sorrentino (INFN Genova), protagonisti di questa avventura scientifica, che sono pronti a guidarci attraverso i dieci anni di questa straordinaria scoperta. Con loro, le suggestive letture teatralizzate di Giulia Perelli tratte da “La musica nascosta dell’universo” e gli intermezzi musicali del sassofonista Dimitri Grechi Espinoza, che trasformerà in note l’emozione della scoperta. A controllare la rotta, Vincenzo Napolano di EGO per un viaggio tra scienza e arte che ci lascerà senza fiato. Prima di tornare a casa, non perdete l’occasione di osservare le stelle attraverso i telescopi dell’ALSA, disponibili fino alle 23:00.
Non mancherà lo spazio per le nuove generazioni: sabato e domenica, Michele Scardigli presenta “Mini Talk, Maxi Curiosità”, un intervento giovane e appassionato tra una conferenza e l’altra. Sabato tantissime attività per tutti i gusti. Dalle 10:00 aprirà la visita alla mostra fotografica e sarà possibile sperimentare la realtà virtuale con Cultura Immersiva e assistere alle proiezioni curate da Damiano Esposito (ALSA). Del pomeriggio, spazio alla scienza con l’osservazione del Sole (15:00-18:00) e un curioso incontro su “La fisica del sax” con l’Università di Pavia. Laboratorio astronomico per bambini (17:00-19:00)
con Manifattura Lizard (prenotazioni: manifatturalizard@gmail.com).Un’occasione unica da non perdere, adatta a grandi e piccini è nella serata, dalle 18.00 alle 23.00: salite a bordo della “Big Bang Machine”, un’installazione immersiva che vi farà viaggiare indietro nel tempo fino agli eventi più catastrofici dell’universo. Grazie a EGO (e al supporto di IVECO Italia e Fondazione Pisa), vivrete in prima persona le fusioni di buchi neri, le esplosioni di stelle di neutroni e persino i primi istanti dopo il Big Bang. La serata non è ancora finita e prosegue con le osservazioni astronomiche e alle 21:30 con “Polvere di Stelle”, dove il fotografo e divulgatore Luca Fornaciari svelerà i segreti dell’astrofotografia. L’ultima giornata del festival è dedicata all’ascolto dell’universo. Saranno ancora a disposizione le mostre e i telescopi di ALSA, inoltre i più piccoli potranno diventare ricercatori per un giorno con “A caccia di suoni cosmici” (17:30-18:30), un laboratorio per imparare a riconoscere le onde gravitazionali tra i rumori terrestri (prenotazioni: info@alsaweb.it).Alle 18:00 l’astronomo Gianni Comoretto (INAF e ALSA) ci parlerà del nostro satellite con l’affascinante “La Luna Storta”. A seguire un gran finale con lo spettacolo “Cosa significa ascoltare il cosmo?” (21:30-22:30). Un dialogo suggestivo tra scienza e musica, con brani originali di Mario Salvucci, che ci farà scoprire come “suona” l’universo attraverso invisibili segnali cosmici. Questo il programma nel dettaglio:
Venerdì 6 Giugno 19:00-24:00
Mostra di Astrofotografia (ALSA) Videoproiezioni (ALSA) 21:00-23:00Osservazioni al telescopio (ALSA) 21:30-22:30″La più folle delle imprese” – Conferenza a cura di EGO-VIRGO
Sabato 7 Giugno
10:00-24:00 Mostra di Astrofotografia (ALSA) Videoproiezioni (ALSA) Realtà virtuale (Cultura Immersiva) 15:00-18:00 Osservazione del Sole (ALSA)16:00-17:00 “La fisica del sax” – Università di Pavia 17:00-19:00 Laboratorio astronomico per bambini (Manifattura Lizard) 18:00-23.00 “Big Bang Machine” – EGO-VIRGO 21:00-23:00 Osservazioni al telescopio (ALSA) 21:30-22:30″Polvere di Stelle, l’arte dell’astrofotografia” – Con Luca Fornaciari
Domenica 8 Giugno
10:00-24:00 Mostra di Astrofotografia (ALSA)Videoproiezioni (ALSA)Realtà virtuale (Cultura Immersiva) 15:00-18:00 Osservazione del Sole (ALSA) 17:30-18:30 “A caccia di suoni cosmici” – Laboratorio per bambini (EGO-VIRGO) 18:00-19:00 “La Luna Storta” – Con Gianni Comoretto (INAF e ALSA) 21:00-23:00 Osservazioni al telescopio (ALSA) 21:30-22:30 “Cosa significa ascoltare il cosmo?” – EGO-VIRGO
Voluta dai Medici alla fine del ‘500, Fortezza Nuova è il polmone verde del centro storico livornese. Icona del quartiere Venezia, spicca come un’isola fortificata, circondata dal Fosso Reale. 44 mila metri quadrati di parco pubblico, disseminato di locali completamente restaurati, ospitano tutto l’anno eventi artistici, didattici, scientifici. La città si riappropria di uno spazio nevralgico grazie a un progetto di riqualificazione, destinato a restituire un gioiello dal valore straordinario.
Progettare le ali per Marte: come ottimizzare i droni a lunga autonomia per volare sul Pianeta Rosso
Negli ultimi venticinque anni, l’esplorazione del Pianeta Rosso ha fatto affidamento quasi esclusivamente su orbiter e rover. Tuttavia, con l’evoluzione delle tecnologie aerospaziali, sta emergendo una nuova generazione di veicoli: i droni, o più precisamente, i velivoli a pilotaggio remoto (UAV). Un esempio pionieristico è l’elicottero Ingenuity della NASA, che dal 2021 ha dimostrato la fattibilità del volo in un’atmosfera estremamente rarefatta come quella marziana. Ma la sua autonomia ridotta limita fortemente le capacità esplorative.
Per superare questo limite, l’attenzione si sta spostando sui droni ad ala fissa, potenzialmente in grado di offrire maggiore autonomia e copertura del suolo. Il problema? Progettare velivoli capaci di volare in condizioni aerodinamiche radicalmente diverse da quelle terrestri.
Le sfide del volo in atmosfera marziana
L’atmosfera di Marte ha una densità circa 100 volte inferiore a quella terrestre. In questo contesto, un drone di piccole dimensioni opera a numeri di Reynolds estremamente bassi, condizione in cui la viscosità domina sull’inerzia. Questo porta a fenomeni di separazione del flusso laminare e alla formazione di Laminar Separation Bubble (LSB), che compromettono l’efficienza del volo.
Inoltre, a causa della bassa velocità del suono su Marte, i flussi diventano compressibili anche a velocità moderate, con effetti negativi sull’aerodinamica. L’ottimizzazione della forma dell’ala e della sua geometria generale diventa quindi una questione cruciale.
L’ottimizzazione secondo il Politecnico di Milano
Sede del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano
Gli autori propongono un processo di ottimizzazione aerodinamica avanzata per un drone marziano ad ala fissa, concepito per il volo livellato a bassa quota. Il metodo impiega:
Free-Form Deformation (FFD) per modellare con precisione i profili alari.
Un modello parametrico della geometria del piano alare.
Algoritmi genetici, supportati da tecniche di Design of Experiments (DoE) e response surface modeling, per identificare le soluzioni ottimali.
Il software XFoil per calcolare la resistenza da attrito e AVL per la resistenza indotta.
Una rete neurale addestrata con i dati aerodinamici per accelerare le valutazioni preliminari.
Le configurazioni ottenute sono state infine validate tramite OpenVSP, uno strumento open-source di modellazione parametrica aerodinamica, calibrato con simulazioni CFD ad alta fedeltà.
Risultati e prospettive
L’ottimizzazione ha portato all’identificazione di due ali ottimali, entrambe in grado di massimizzare l’efficienza aerodinamica entro i limiti di massa, Mach critico e stabilità longitudinale. Le soluzioni evidenziano la necessità di:
Profili a bordo d’attacco affilato,
Bassa curvatura (camber),
Spessore ridotto per minimizzare la separazione del flusso in regime a basso Reynolds.
L’efficacia delle soluzioni proposte conferma quanto sia fondamentale adottare strategie progettuali specifiche per il volo marziano, distanti dalle configurazioni impiegate per i droni terrestri.
Un panorama di ricerca internazionale
Lo studio si inserisce in un ampio contesto internazionale che vede coinvolti istituti di primo piano come:
Celebre dipinto Gassed (1919) di John Singer Sargent, un’opera emblematica della Prima Guerra Mondiale. Vista laterale di una fila di soldati guidati lungo una passerella da un infermiere militare. Hanno tutti gli occhi bendati, a causa dell’esposizione ai gas. Di John Singer Sargent - Collezione del Museo Imperiale della Guerra.
Indice dei contenuti
Un Faro di Pace Durante il Primo Conflitto Mondiale (1914-1918)
Il fragore assordante dei cannoni, il cupo presagio delle trincee che si estendevano come cicatrici sulla terra d’Europa, l’ombra opprimente della Grande Guerra (28 luglio 1914 – 11 novembre 1918): questi furono gli anni che sconvolsero il mondo, seminando divisione e dolore tra le nazioni. Eppure, in questo scenario di conflitto globale, dove l’umanità sembrava essersi smarrita nell’odio reciproco, un’altra storia, silenziosa e tenace, continuava a dispiegarsi. Lontano dai campi di battaglia, un “esercito” di scienziati, animati da una curiosità insaziabile e da una fede incrollabile nel potere della conoscenza, manteneva lo sguardo rivolto verso l’alto. Mentre le potenze terrestri si scontravano con una ferocia inaudita, gli astronomi, custodi della notte e interpreti del linguaggio delle stelle, proseguivano la loro esplorazione del cosmo. Armati della tecnologia ottica pionieristica dell’epoca, con la pazienza certosina che contraddistingue la loro disciplina, scrutavano l’immensità del cielo notturno, portando alla luce nuovi, silenziosi viaggiatori del nostro sistema solare. In quegli anni bui la comunità Astronomica catalogò ben 110 asteroidi. Queste scoperte testimoniano la capacità intrinseca dell’astronomia di unire gli animi e il cielo stellato divenne un inatteso faro di pace al di là delle contese terrene.
La cronologia di queste scoperte, meticolosamente registrate dagli osservatori di diverse nazioni, ci offre uno sguardo singolare sulla persistenza della ricerca astronomica durante gli anni del Primo Conflitto Mondiale. Ogni data segna un piccolo trionfo della scienza, una luce accesa nell’oscurità del conflitto, con astronomi che, nonostante le avversità, continuavano a scrutare il cielo, rivelando nuovi corpi celesti (vedi tabella).
Numero
Nome
Data Scoperta
Scopritore
Nazione
794
Irenaea
27-ago-14
Johann Palisa
Austria
795
Fini
26-set-14
Johann Palisa
Austria
796
Sarita
15-ott-14
Karl Wilhelm Reinmuth
Germania
797
Montana
17-nov-14
Holger Thiele
Germania
799
Gudula
09-mar-15
Karl Wilhelm Reinmuth
Germania
800
Kressmannia
20-mar-15
Max Wolf
Germania
801
Helwerthia
20-mar-15
Max Wolf
Germania
802
Epyaxa
20-mar-15
Max Wolf
Germania
803
Picka
21-mar-15
Johann Palisa
Austria
804
Hispania
20-mar-15
Josep Comas i Solà
Spagna
805
Hormuthia
17-apr-15
max wolf
Germania
806
Gyldénia
18-apr-15
Max wolf
Germania
807
Ceraskia
18-apr-15
max wolf
Germania
916
America
07-ago-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
809
Lundia
11-ago-15
Max Wolf
Germania
847
Agnia
02-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
848
Inna
05-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
917
Lyka
05-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
810
Atossa
08-set-15
Max Wolf
Germania
811
Nauheima
08-set-15
Max Wolf
Germania
812
Adele
08-set-15
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
877
Walküre
13-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
1847
Stobbe
01-feb-16
Holger Thiele
Germania
814
Tauris
02-gen-16
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
815
Coppelia
02-feb-16
Max Wolf
Germania
816
Juliana
08-feb-16
Max Wolf
Germania
817
Annika
06-feb-16
Max Wolf
Germania
818
Kapteynia
21-feb-16
Max Wolf
Germania
867
Kovacia
25-feb-17
Johann Palisa
Austria
819
Barnardiana
03-mar-16
Max Wolf
Germania
824
Anastasia
25-mar-16
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
850
Altona
27-mar-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
820
Adriana
30-mar-16
Max Wolf
Germania
821
Fanny
31-mar-16
Max Wolf
Germania
822
Lalage
31-mar-16
Max Wolf
Germania
823
Sisigambis
31-mar-16
Max Wolf
Germania
851
Zeissia
02-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
852
Wladilena
02-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
853
Nansenia
02-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
854
Frostia
03-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
855
Newcombia
03-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
856
Backlunda
03-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
857
Glasenappia
06-apr-16
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
826
Henrika
28-apr-16
Max Wolf
Germania
858
El Djezaïr
26-mag-16
Frédéric Sy
Francia
876
Scott
20-giu-17
Johann Palisa
Austria
951
Gaspra
30-lug-16
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
3229
Solnhofen
09-ago-16
Holger Thiele
Germania
829
Academia
25-ago-16
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
830
Petropolitana
25-ago-16
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
827
Wolfiana
29-ago-16
Johann Palisa
Austria
828
Lindemannia
29-ago-16
Johann Palisa
Austria
847
Agnia
02-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
848
Inna
05-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
810
Atossa
08-set-15
Max Wolf
Germania
811
Nauheima
08-set-15
Max Wolf
Germania
812
Adele
08-set-15
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
877
Walküre
13-set-15
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
831
Stateira
20-set-16
Max Wolf
Germania
832
Karin
20-set-16
Max Wolf
Germania
833
Monica
20-set-16
Max Wolf
Germania
834
Burnhamia
20-set-16
Max Wolf
Germania
835
Olivia
23-set-16
Max Wolf
Germania
836
Jole
23-set-16
Max Wolf
Germania
837
Schwarzschilda
23-set-16
Max Wolf
Germania
838
Seraphina
24-set-16
Max Wolf
Germania
839
Valborg
24-set-16
Max Wolf
Germania
840
Zenobia
25-set-16
Max Wolf
Germania
843
Nicolaia
30-set-16
Holger Thiele
Germania
841
Arabella
01-ott-16
Max Wolf
Germania
842
Kerstin
01-ott-16
Max Wolf
Germania
859
Bouzaréah
02-ott-16
Frédéric Sy
Francia
952
Caia
27-ott-16
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
845
Naëma
16-nov-16
Max Wolf
Germania
846
Lipperta
26-nov-16
Knut Anton Walter Gyllenberg
Germania
860
Ursina
22-gen-17
Max Wolf
Germania
861
Aïda
22-gen-17
Max Wolf
Germania
862
Franzia
28-gen-17
Max Wolf
Germania
863
Benkoela
09-feb-17
Max Wolf
Germania
865
Zubaida
15-feb-17
Max Wolf
Germania
866
Fatme
25-feb-17
Max Wolf
Germania
867
Kovacia
25-feb-17
Johann Palisa
Austria
868
Lova
26-apr-17
Max Wolf
Germania
870
Manto
12-mag-17
Max Wolf
Germania
871
Amneris
14-mag-17
Max Wolf
Germania
872
Holda
21-mag-17
Max Wolf
Germania
873
Mechthild
21-mag-17
Max Wolf
Germania
874
Rotraut
25-mag-17
Max Wolf
Germania
875
Nymphe
19-mag-17
Max Wolf
Germania
876
Scott
20-giu-17
Johann Palisa
Austria
879
Ricarda
22-lug-17
Max Wolf
Germania
880
Herba
22-lug-17
Max Wolf
Germania
881
Athene
22-lug-17
Max Wolf
Germania
882
Swetlana
15-ago-17
Grigorij Nikolaevič Neujmin
Russia
883
Matterania
14-set-17
Max Wolf
Germania
884
Priamus
22-set-17
Max Wolf
Germania
885
Ulrike
23-set-17
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
981
Martina
23-set-17
Sergej Ivanovič Beljavskij
Russia
887
Alinda
03-gen-18
Max Wolf
Germania
888
Parysatis
02-feb-18
Max Wolf
Germania
889
Erynia
05-mar-18
max wolf
Germania
890
Waltraut
11-mar-18
Max wolf
Germania
891
Gunhild
17-mag-18
max wolf
Germania
892
Seeligeria
31-mag-18
Max Wolf
Germania
893
Leopoldina
31-mag-18
Max Wolf
Germania
894
Erda
04-giu-18
Max Wolf
Germania
895
Helio
11-lug-18
Max Wolf
Germania
896
Sphinx
01-ago-16
Max Wolf
Germania
897
Lysistrata
03-ago-18
Max Wolf
Germania
898
Hildegard
03-ago-18
Max Wolf
Germania
899
Jokaste
03-ago-18
Max Wolf
Germania
900
Rosalinde
10-ago-18
Max Wolf
Germania
901
Brunsia
30-ago-18
Max Wolf
Germania
902
Probitas
03-set-18
Johann Palisa
Austria
903
Nealley
13-set-18
Johann Palisa
Austria
904
Rockefellia
29-ott-18
Max Wolf
Germania
Elenco degli asteroidi scoperti durante la prima guerra mondiale ordinati per data di individuazione, con l’indicazione del nome, dello scopritore e della nazione dove avvenne la scoperta.
Potrebbe apparire controintuitivo che l’ordine in cui gli asteroidi vengono scoperti non corrisponda alla sequenza numerica con cui sono ufficialmente catalogati. Questa apparente anomalia affonda le radici nel rigoroso processo di determinazione orbitale definitiva. Quando un astronomo individua un nuovo asteroide, la sua scoperta è contrassegnata da una designazione provvisoria. Questa sorta di nome in codice è composto dall’anno della scoperta e da una combinazione di lettere che ne indicano l’ordine di ritrovamento all’interno di quell’anno. Pensate a “1916 AA”, dove “AA” segnala che è stato il primo asteroide scoperto nel 1916, “1916 AB” il secondo, e così via. Tuttavia, per elevare un asteroide al rango di membro numerato del sistema solare, è necessario un lavoro di precisione molto più complesso. Gli astronomi di tutto il mondo devono dedicare tempo e risorse per effettuare osservazioni di follow-up dell’oggetto nel corso di diverse notti, settimane, mesi, o persino anni fornendo i dati necessari per calcolare con accuratezza della sua orbita. Solo quando questa orbita è ritenuta sufficientemente precisa e stabile – ovvero, quando gli scienziati sono in grado di prevedere con un buon grado di certezza il percorso futuro dell’asteroide – l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) interviene per assegnare un numero definitivo. Si tratta di un numero progressivo che riflette l’ordine in cui le orbite degli asteroidi vengono determinate e ufficialmente riconosciute dalla comunità scientifica internazionale. Di conseguenza, un asteroide scoperto in un dato momento potrebbe avere un’orbita particolarmente complessa da definire, oppure potrebbe essere stato osservato meno frequentemente a causa della sua debole luminosità o di condizioni osservative sfavorevoli. In questi casi, potrebbe dover attendere ulteriori osservazioni per consentire un calcolo orbitale affidabile, ricevendo il suo numero definitivo solo dopo asteroidi scoperti successivamente.
La Distribuzione Geografica delle Scoperte
La provenienza degli astronomi coinvolti nelle nuove scoperte, e i luoghi dove operavano – i loro osservatori – sono testimoni di una ricerca continua, alimentata dalla dedizione di individui provenienti da nazioni in conflitto e neutrali.
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