IL LUNGO VIAGGIO DELL’AGRICOLTURA SPAZIALE

di Stefania De Pascale

Quando si immagina la vita nello spazio, si pensa a tecnologie avanzate e missioni epiche, ma raramente si riflette su ciò che è davvero essenziale: respirare, bere e mangiare. Eppure, questi aspetti sono tra i più complessi da garantire fuori dalla Terra.
Sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), in microgravità, anche bere un sorso dacqua o consumare un pasto richiede soluzioni ingegnose. I liquidi fluttuano in bolle sospese, e i cibi – precotti, disidratati o termostabilizzati – sono conservati in confezioni appositamente progettate per consentirne il consumo in condizioni di microgravità. Le condizioni ambientali e fisiologiche alterano anche la percezione dei sapori, rendendo i cibi meno appetibili. Per ovviare a questo, si ricorre a condimenti intensi e menù personalizzati, ma il problema rimane.

Con l’arrivo delle missioni lunari e marziane, destinate a durare mesi o anni, sarà impossibile affidarsi solo ai rifornimenti da Terra. Per una missione su Marte, si stimano fino a 7,5 tonnellate di risorse (ossigeno, acqua e cibo)per astronauta: serve un nuovo modello di autosufficienza. Ed è qui che entra in gioco l’agricoltura spaziale.
Le piante, nello spazio, non solo producono cibo, ma rigenerano aria, purificano l’acqua, riciclano rifiuti organici e migliorano il benessere psicologico degli equipaggi. I primi esperimenti di coltivazione sulla ISS hanno già dato risultati positivi: nel 2015, per la prima volta, gli astronauti hanno consumato ufficialmente lattuga coltivata nello spazio. Ma il futuro richiederà colture più complesse e nutrienti sulla ISS.
In Europa, l’ESA e l’ASI finanziano progetti per coltivare specie come patate, legumi, cereali e micro-ortaggi, capaci di garantire un apporto nutrizionale completo. Sistemi avanzati di coltivazione fuori suolo (idroponica e aeroponica), serre modulari e ambienti controllati saranno fondamentali. L’intelligenza artificiale monitorerà i parametri ambientali – luce, temperatura, umidità, ossigeno – per adattare in tempo reale le condizioni di crescita.
Luna e Marte, però, presentano ambienti estremamente ostili. La Luna ha un’atmosfera quasi inesistente, escursioni termiche di oltre 300 gradi e radiazioni cosmiche intense. Marte, con la sua atmosfera rarefatta e le frequenti tempeste di polvere, impone la costruzione di habitat schermati e coltivazioni in ambienti chiusi, probabilmente sotterranei. Tuttavia, su Marte sarà possibile utilizzare risorse locali: ghiaccio per ottenere acqua, CO₂ atmosferica per la fotosintesi, e persino regolite trattata come substrato di coltivazione.
Le colture spaziali non saranno molto diverse da quelle terrestri: cereali (grano, riso), legumi (fagioli, soia), tuberi (patate) e ortaggi freschi a ciclo breve. Queste piante potranno essere adattate a condizioni estreme e contribuiranno a costruire ecosistemi autonomi: i Bioregenerative Life Support Systems (BLSS). Un esempio pionieristico è il programma MELiSSA dell’ESA, che dal 1987 studia sistemi chiusi basati sulle piante per riciclare aria, acqua e nutrienti.
Questa nuova agricoltura non servirà solo a sostenere la vita nello spazio, ma potrebbe avere importanti ricadute anche sulla Terra. Le tecnologie sviluppate per ambienti ostili potranno essere utilizzate in regioni aride, zone polari, contesti urbani o aree colpite da crisi umanitarie, contribuendo a un’agricoltura più resiliente e sostenibile e sarà proprio da questa consapevolezza – che la coltivazione rappresenta una condizione necessaria, non accessoria – che parte il lavoro della professoressa Stefania De Pascale, pioniera della ricerca agronomica spaziale in Italia, che attraverso l’intervista a seguire ci accompagnerà in un viaggio ancora più dettagliato all’interno delle sfide e delle prospettive dell’agricoltura extraterrestre.


Molisella Lattanzi: Professoressa De Pascale, nel suo lavoro lei evidenzia l’importanza dell’agricoltura per la sopravvivenza umana nello spazio. Quali sono oggi le principali tematiche di ricerca nel campo dell’agricoltura spaziale, e in quali progetti siete attualmente coinvolti?
Stefania De Pascale: Attualmente i principali ambiti di ricerca nell’agricoltura spaziale sono tre. Il primo riguarda la coltivazione di ortaggi freschi in microgravità per integrare la dieta degli astronauti su piattaforme orbitanti come la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) e, in futuro, il Lunar Gateway, la stazione spaziale cislunare pianificata dalla NASA. Il secondo si concentra sulla coltivazione di specie più caloriche e nutrienti come cereali, leguminose e patate, essenziali per missioni spaziali di lunga durata a bordo di veicoli interplanetari (es. il Mars Transit Vehicle). Il terzo ambito riguarda l’integrazione delle piante in un Bioregenerative Life Support System (BLSS), per rigenerare risorse vitali come aria e acqua e produrre cibo nelle future basi lunari e marziane.
Ma andiamo con ordine. 

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L’articolo è pubblicato in COELUM 274 VERSIONE CARTACEA