Clemens Riegler, Julian Mutter, Hakan Kayal (Università di Würzburg, Germania)

Un ritorno alle pale rotanti per esplorare altri mondi

Nell’immaginario collettivo, l’atterraggio su un altro pianeta avviene tramite spettacolari razzi che rallentano la discesa, come accade nelle missioni della NASA su Marte. Ma cosa succederebbe se si potesse atterrare senza usare carburante, come fanno gli elicotteri in caso di emergenza? Questa è la domanda che si sono posti tre ricercatori tedeschi, proponendo una tecnologia sorprendentemente “leggera”: l’autorotazione.

Atterrare senza carburante

L’autorotazione è un principio ben noto nell’aeronautica: quando un elicottero perde potenza, le pale continuano a girare spinte dall’aria in risalita, permettendo un atterraggio controllato. Lo studio propone di adattare questo meccanismo per veicoli spaziali, dotandoli di pale pieghevoli o gonfiabili che si aprono durante la discesa, sfruttando l’atmosfera del pianeta per rallentare e manovrare.

Il confronto: autorotazione vs propulsione

Utilizzando simulazioni fisiche dettagliate, gli autori hanno confrontato l’efficienza dei due sistemi in ambienti diversi: Terra, Marte, Titano (luna di Saturno) e Venere. Il modello considera una sonda di 1000 kg, con condizioni realistiche per gravità e atmosfera. Ecco cosa è emerso:

  • Sulla Terra e su Venere, l’autorotazione ha battuto la propulsione: ha raggiunto distanze fino a 2 km senza usare carburante, mentre i razzi esaurivano il propellente ben prima del traguardo.
  • Su Marte, l’atmosfera troppo rarefatta penalizza l’autorotazione, che non riesce a rallentare abbastanza. Qui i razzi restano la soluzione migliore.
  • Su Titano, entrambi i sistemi funzionano bene, ma l’autorotazione potrebbe offrire maggiore autonomia partendo da quote più elevate.

Una questione di atmosfera

Il vantaggio principale dell’autorotazione è il risparmio di massa: niente serbatoi, niente propellente, più spazio per strumenti scientifici. Ma funziona solo se c’è abbastanza atmosfera da “spingere” le pale. Per questo, l’idea è particolarmente promettente su pianeti con aria densa, come Venere e Titano.

Prospettive future: più scienza, meno carburante

I ricercatori vedono nell’autorotazione una via da esplorare per le future missioni, in particolare quelle scientifiche che non richiedono grandi carichi. Tra le sfide da affrontare: sviluppare rotori adattabili a diversi ambienti, migliorare i sistemi di controllo e testare l’apertura automatica delle pale in condizioni estreme.

Uno degli obiettivi futuri è aumentare l’altitudine di partenza: se oggi le simulazioni si fermano a 1 km dal suolo, in futuro si potrebbe estendere la discesa a decine di chilometri, moltiplicando la distanza coperta senza carburante.

Fonte: Science Direct