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Il Meteorite di Renazzo

Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite
Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite

1824-2024

200 anni dalla caduta del più importante meteorite italiano

Renazzo è un piccolo, tranquillo borgo, frazione del comune di Cento, a cavallo tra la provincia di Ferrara e quella di Bologna. Questo villaggio, immerso nella pianura padana, ha dato i natali a Ferruccio Lamborghini, fondatore dell’omonima casa automobilistica. Basterebbe questo per dare al paese il suo ruolo nella storia, ma 200 anni fa, in una fredda sera invernale (il 15 o il primo gennaio: le cronache non sono concordi)  i paesani furono spaventati da forti boati, descritti come “scoppi di cannone” e diversi meteoriti (o com’erano allora chiamati “aeroliti”) caddero nei campi ed uno in vicinanza della chiesa.  Informato dell’accaduto, un professore dell’università bolognese, Mons. Ranzani, arrivò una quindicina di giorni dopo e raccolse (o acquistò) diversi frammenti per analizzarli. Uno di questi meteoriti, del peso di 307 grammi è attualmente esposto al museo Luigi Bombicci di Bologna, ma molti altri frammenti sono conservati in una quindicina di musei sparsi per il mondo e da alcuni collezionisti privati, con una massa totale conosciuta, attorno al chilo.
La caduta di meteoriti, non è una cosa così comune ma ciò non basterebbe a rendere questo oggetto così particolare. La sua importanza sta nel fatto che ha dato il nome ad un tipo di meteoriti;  le CR (Condriti “tipo” Renazzo) e che lo studio di questo meteorite ha dato l’avvio ad una nuova branca dell’astrofisica, l’astrofisica nucleare che indaga sulle prime fasi della formazione del Sistema Solare e della nebulosa pre-solare, che interagiva con lo spazio circostante, arricchita da elementi provenienti dal mezzo interstellare. Sappiamo, che molti elementi si formano all’interno di stelle massicce, venendo poi dispersi per il cosmo nelle esplosioni di Supernova e che nei gusci delle stesse supernove si formano ulteriori elementi pesanti. Anche i venti stellari delle giganti rosse inseminano   lo spazio di materiali elaborati nelle loro tenui e fredde atmosfere. Tutto ciò arricchisce le nebulose che vanno a formare le generazioni successive di stelle e i loro pianeti (vedi nello stesso numero articolo “Esplosioni Stellari in 3D”).
Tutto ciò accadeva anche alla nebulosa che 4,5 miliardi di anni fa stava formando  il Sistema Solare, ma la quasi totalità di questa “materia interstellare” è andata perduta nei processi di riscaldamento che hanno portato alla formazione di pianeti ed asteroidi, rimanendo nascosta, “segregata”, all’interno di corpi che conservavano quasi inalterate le loro primitive caratteristiche; le condriti carbonacee, come la condrite di Renazzo.
Le condriti, sono brecce[1] e sono classificate in vari gruppi, basati sulla loro composizione chimica, mineralogica e sul grado di alterazione dovuto a episodi di idratazione o riscaldamento. Nelle condriti di tipo Renazzo (CR) le alterazioni dovute alla presenza di acqua dimostrano che questi oggetti non sono stati sottoposti a forti riscaldamenti (<70 C°), conservando così il materiale primitivo. La struttura del meteorite è formata da due costituenti fondamentali. Le condrule (o condri) e la matrice, all’interno della quale si distinguono dei clasti neri, irregolari.
Il campione di Renazzo conservato al museo Luighi Bombacci di Bologna (Foto Paolo Mazzi, su permesso UNIBO SMA)
Il campione di Renazzo conservato al museo Luighi Bombacci di Bologna (Foto Paolo Mazzi, su permesso UNIBO SMA)
I condri sono strutture sferoidali composte principalmente da silicati, in particolare olivina e pirosseni, con abbondanti inclusioni metalliche di ferro-nichel (Fe-Ni inoltre sono caratterizzati da una composizione povera di ossidi di ferro e ricchi di metallo. La simmetria sferica e struttura a strati sovrapposti mostra che si sono formati nel vuoto, attraverso diverse fasi di accrescimento e raffreddamento. Le dimensioni dei condri variano generalmente tra 0,1 e 1 mm di diametro, ma possono essere presenti anche esemplari più grandi.
In termini di abbondanza, i condri del meteorite Renazzo rappresentano una frazione significativa rispetto alla matrice in cui sono inseriti. La matrice è costituita principalmente da silicati ricchi di ferro e materiali carboniosi. I clasti neri irregolari presenti nella matrice, sono ricchi di materiali carboniosi e contengono microcondri. Essi testimoniano una storia di alterazione idrotermale e impatti multipli, che hanno rimescolato e amalgamato materiali di diversa origine all’interno del corpo parentale del meteorite Renazzo.
Fin qui abbiamo parlato di materiale primitivo sì, ma pur sempre appartenente alla nebulosa solare.  Per cercare la materia interstellare, è necessaria una “firma” che la contraddistingua. Questa firma fu cercata, nel 1964 da Reynolds e Turner della Berkeley, che identificarono, in campioni di Renazzo, anomalie isotopiche in gas rari come lo xenon. Lo xenon è formato da una miscela di isotopi stabili, che si mantiene omogenea all’interno del Sistema solare così presenza di anomalie isotopiche in questa miscela si rifletterebbe su un diverso peso atomico del gas ed indicherebbe che il campione contiene materiali di provenienza extra solare.
Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite
Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite
Il successo della loro ricerca, mostrò come le condriti carbonacee fossero “scrigni” che custodivano al loro interno materia proveniente da altre stelle, forse dalla stessa supernova che aveva dato l’avvio alla formazione nostro sistema solare. Il passo successivo fu trovare della “polvere di stelle”, identificata a partire dal 1987, in “grani presolari”: minuscoli agglomerati di carburo di silicio, grafite, diamante o ossidi di alluminio.  Si tratta di particelle solide (da pochi namometri a qualche micrometro) che provengono dai gusci di supernova o dalle fredde atmosfere di giganti rosse e sono distribuiti all’interno della matrice del meteorite, spesso associati ai componenti più fini e primitivi, come le inclusioni ricche di carbonio.
Ma le condriti carbonacee non finiscono ancora di stupire. L’ultima sorpresa è la presenza in alcuni meteoriti di questo gruppo di composti organici.  Tale materia organica è principalmente costituita da composti carboniosi complessi, inclusi idrocarburi aromatici policiclici, acidi carbossilici, amminoacidi e altre molecole organiche. La sua origine è da collocare in parte in nubi molecolari interstellari ed in parte da processi all’interno del disco protoplanetario o da quelli mediati dalla circolazione idrotermica, sul corpo progenitore del meteorite. Gli amminoacidi trovati nelle meteoriti differiscono però da quelli terrestri, per la mancanza di una chiara chiralità[2]. Inoltre la materia organica nelle Carbonacee e più ricca di isotopi pesanti rispetto ai composti organici terrestri, indicando una formazione in zone lontane dal sole.
[1] Un meteorite brecciato è un tipo di meteorite che è composto da frammenti di rocce e minerali preesistenti, cementati insieme da una matrice più fine. La formazione delle brecce avviene a seguito di impatti.
[2] E’ detta chirale una molecola di non sovrapponibile alla propria immagine riflessa. 
Nome Renazzo
Anno e luogo del ritrovamento Renazzo (BO)
Massa 1000g . (307.55 g. custoditi presso Museo Bombacci BO)
Classificazione CR2  (Condrite tipo Renazzo 2)
Storia della classificazione Grady, M.M. (2000) Catalogue of Meteorites 5th edition -Cambridge Univ. Press Edimburg UK
Letture consigliate Meteoriti storiche (Un metodo per indagare il passato) In Riga edizioni  Astronomia
Link Meteoritical Bullettin: https://www.lpi.usra.edu/meteor/metbull.php?code=22586

L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

IL CATALOGO MESSIER DENTRO UN BINOCOLO 25X100

L'autore Claudio Pra con il suo binocolo 25x100
L'autore Claudio Pra con il suo binocolo 25x100

Il catalogo Messier rappresenta un universo di meraviglie celesti che, attraverso il binocolo 25×100, regala emozioni uniche. In questo viaggio di sette mesi, l’autore riscopre 110 oggetti del profondo cielo, da galassie a nebulose, vivendo la bellezza della volta celeste con passione autentica. Nonostante le difficoltà, l’esperienza ha mostrato come anche strumenti semplici possano offrire spettacoli indimenticabili.

Introduzione

Tra gli appassionati è risaputo che gli oggetti più belli e luminosi del profondo cielo (con poche esclusioni) appartengono al Catalogo Messier, pubblicato nel diciottesimo secolo. In esso sono contenuti 27 ammassi aperti, 29 ammassi globulari, 40 galassie (considerando anche la discussa M 102), 5 nebulose ad emissione, 4 nebulose planetarie, 1 nebulosa a riflessione, 1 resto di supernova, 1 nube stellare, una stella doppia (scambiata nei modesti strumenti dell’epoca per un oggetto nebulare), 1asterismo formato da quattro deboli stelle ravvicinate (a sua volta scambiato per un oggetto nebulare). Sicuramente tutti avranno osservato in più occasioni il più bel ammasso globulare dell’emisfero boreale ovvero il Grande Ammasso dell’Ercole, oppure la enorme e luminosa galassia di Andromeda, la Nebulosa Anello (celebre planetaria della Lira) o la splendida nebulosa ad emissione che ha preso il nome di Grande nebulosa di Orione. E poi M1, il famoso residuo di supernova del Toro e ancora la coppia di luminose galassie ravvicinate M 81-82 dell’Orsa Maggiore. Tutte perle del cielo che insieme ad altre contenute nel catalogo deliziano chi alza occhi e strumenti al cielo. Oltre a tanti gioielli ce ne sono molti altri meno pregiati ed altri ancora di “poco valore”, snobbati dai più, cosa che mi fa sorgere spontanea una domanda: ­ “Quanti hanno osservati tutti e centodieci gli oggetti Messier?”. Personalmente l’osservazione dell’intero catalogo fu uno tra i miei primi obbiettivi. Due Maratone Messier mi permisero poi di riosservarli praticamente tutti ed in seguito mi dedicai alla loro fotografia. In 25 anni di attività ho avuto comunque modo di guardarli e riguardarli con diversi strumenti, dal piccolo telescopio fino ad uno molto grande. Ma spesso ho usato il binocolo, da un piccolo 10×50 fino ad arrivare ad apertura doppia.

L'autore Claudio Pra con il suo binocolo 25x100
L’autore Claudio Pra con il suo binocolo 25×100

Nel dicembre scorso ho deciso di ripercorrere tutto il catalogo usando unicamente un binocolo 25×100 (25 ingrandimenti e 10 cm. di apertura delle lenti), progetto completato in circa sette mesi, più di quelli previsti a causa del meteo davvero sfavorevole che ha colpito il nord Italia dalla primavera ad inizio estate. È estata una bellissima esperienza che voglio condividere soprattutto, ma non solo, con chi si accosta o si è accostato da poco all’osservazione del cielo. Un “binocolone” come quello usato ha ovviamente diversi limiti rispetto al telescopio, soprattutto l’apertura tutto sommato modesta e gli ingrandimenti bassi, ma per contro ha anche indubbi vantaggi (comodità, intuibilità e facilità d’uso, campo visivo ampio). Ed un prezzo alla portata, a meno che non si vada a scegliere modelli sofisticati e di grande qualità. A fare una grande differenza sarà però il cielo sotto il quale si osserva che, se preservato dall’inquinamento luminoso, regalerà grandi soddisfazioni pur se scrutato con uno piccolo strumento.

Segue il report dei risultati

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NON SOLO TSUCHINSHAN-ATLAS, IN ARRIVO UN’ALTRA POTENZIALE COMETA LUMINOSA: C/2024 S1 ATLAS

Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all'eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.
Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all'eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.

NOTIZA FLASH

NON SOLO TSUCHINSHAN-ATLAS, IN ARRIVO UN’ALTRA POTENZIALE COMETA LUMINOSA: C/2024 S1 ATLAS

Ottobre potrebbe essere un mese da ricordare per gli appassionati di comete. Della promettente C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, che attendiamo con impazienza di veder uscire dalla luce solare verso metà ottobre, abbiamo già ampiamente scritto. Doveva essere l’unico “astro chiomato” brillante del mese ed invece a fine settembre è giunta notizia di una nuova scoperta da parte del sistema automatizzato ATLAS (Asteroid Terrestrial impact Last Alert System) designata come C/2024 S1 ATLAS. Il calcolo della sua orbita ha svelato la sua appartenenza alla famiglia Kreuz Sungrazer, ovvero di comete originatesi dalla frammentazione di un corpo più grande con un’orbita che le porta a sfiorare il Sole. Spesso il loro passaggio ravvicinatissimo è per loro letale ma in qualche caso, se sopravvivono, possono rivelarsi luminosissime offrendo spettacoli indimenticabili. È il caso della famosissima C/1965 Ikeya-Seky, che raggiunse la mostruosa magnitudine di -10! Più recentemente, la C/2011 W3 Lovejoy raggiunse il valore di -4 mag. deliziando gli osservatori australi.
Questo nuovo oggetto transiterà al perielio il 28 ottobre, momento in cui si troverà a poco più di un milione di chilometri dal Sole. Un incontro talmente ravvicinato da far temere seriamente per la sua sorte. Ma d’altra parte, come abbiamo già ricordato, questa è una caratteristica delle Kreuz e la prerogativa che le porta, se sopravvivono, a rivelarsi così brillanti. Da noi il periodo migliore per osservarla, che durerà pochi giorni, sarà dopo il passaggio al perielio, quindi gli ultimissimi giorni di ottobre e i primissimi di novembre all’alba, pur in un contesto sfavorevolissimo data la vicinanza al Sole. Occorrerà quindi che sia davvero molto brillante per sperare di poterla scorgere con molta fatica. Le previsioni in merito sono molto incerte e condizionate dall’aspetto al momento della scoperta quando, sia pur ancora distante, è risultata piuttosto luminosa e dotata di una bella chioma, il che potrebbe far pensare ad un oggetto non proprio piccolo e ricco di polvere. Ma in altri casi membri della stessa famiglia, luminosi al momento dell’avvicinamento, si sono in seguito affievoliti a causa delle loro reali ridotte dimensioni, non lasciando traccia del loro passaggio. Ad ogni modo alcune curve di luce per questa nuova cometa indicano un picco che la porterà a brillare più di Venere, sempre che sopravviva alla pressione del Sole. Di certo, se anche lo farà, le condizioni prospettiche e il ridottissimo lasso di tempo in cui dovrebbe risultare luminosissima, non offrono purtroppo grandi speranze.
Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all'eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.
Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all’eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.

Obbligatorio però seguirla perché con le comete non si sa mai…Ne riparleremo comunque più avanti.

Luce che va, luce che viene con i retroriflettori

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Figg. 7 e copertina articolo: Scatti ottenuti il 20 agosto del 2024 eseguiti con montatura Skywatcher EQ5 SynScan ad inseguimento motorizzato, al fuoco di Telescopio solare Lunt LS60T (D=60 mm, F. 500 mm.) con filtro di bloccaggio B1200 in Halfa, camera di acquisizione ASI 178 MM (monocromatica risoluzione 3096x2080 pixel pari a 6,4 MP), elaborata con AutoStakkert 2.6.8 e Photoshop CS6 (64bit). Al momento dello scatto l’evelazione del Sole era di circa 4 gradi sopra l’orizzonte teorico.
Figg. 7 e copertina articolo: Scatti ottenuti il 20 agosto del 2024 eseguiti con montatura Skywatcher EQ5 SynScan ad inseguimento motorizzato, al fuoco di Telescopio solare Lunt LS60T (D=60 mm, F. 500 mm.) con filtro di bloccaggio B1200 in Halfa, camera di acquisizione ASI 178 MM (monocromatica risoluzione 3096x2080 pixel pari a 6,4 MP), elaborata con AutoStakkert 2.6.8 e Photoshop CS6 (64bit). Al momento dello scatto l’evelazione del Sole era di circa 4 gradi sopra l’orizzonte teorico.

Abstract

L’articolo “Luce che va luce che viene” di Roberto Ragazzoni e Marco Barella esplora il fenomeno del retroriflettore, un dispositivo capace di riflettere la luce esattamente verso la fonte da cui proviene, indipendentemente dall’angolazione d’incidenza. L’analisi parte da un concetto semplice, l’effetto creato da due specchi posti ad angolo retto, per poi estendere la discussione ai retroriflettori a tre specchi, utilizzati comunemente nei catarifrangenti e in altre applicazioni industriali e scientifiche.

Gli autori mostrano come questi dispositivi siano utilizzati in vari contesti, dai segnali stradali alle giacche ad alta visibilità, fino alle missioni spaziali come quelle lunari e marziane. L’articolo evidenzia come, nonostante il principio sia lo stesso, i retroriflettori impiegati in contesti spaziali presentino piccole ma fondamentali differenze. Ad esempio, le superfici riflettenti non sono montate esattamente a 90 gradi, ma leggermente inclinate per compensare l’effetto di aberrazione della luce, un fenomeno ben noto in astronomia.

Ragazzoni e Barella arricchiscono l’articolo con un racconto personale, descrivendo un esperimento effettuato presso l’AeroClub di Rovigo per catturare immagini dell’antisole. Dopo mesi di tentativi, gli autori riescono finalmente a ottenere una sequenza di scatti spettacolari che mostrano questo raro fenomeno celeste. Questo esperimento, che combina astronomia e passione per il volo, riflette lo spirito di curiosità e perseveranza degli autori.

Fig. 5: Gli autori riflessi dal retroriflettore costruito per l’occasione. Con i suoi 60cm di lato è facilmente visibile di giorno da una decina di kilometri quando si consegue il dovuto allineamento con la nostra stella.

Articolo di Roberto Ragazzoni e Marco Barella


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Spenti altri strumenti scientifici sonda Voyager 2

Gli ingegneri lavorano sulla Voyager 2 della NASA al JPL nel marzo 1977, prima del lancio della navicella spaziale di agosto. La sonda trasporta 10 strumenti scientifici, alcuni dei quali sono stati spenti nel corso degli anni per risparmiare energia. Credito: NASA
Gli ingegneri lavorano sulla Voyager 2 della NASA al JPL nel marzo 1977, prima del lancio della navicella spaziale di agosto. La sonda trasporta 10 strumenti scientifici, alcuni dei quali sono stati spenti nel corso degli anni per risparmiare energia. Credito: NASA

Gli ingegneri della missione Voyager 2 della NASA hanno spento lo strumento scientifico al plasma a bordo della sonda spaziale a causa della progressiva riduzione dell’alimentazione elettrica.

Viaggiando per oltre 20,5 miliardi di chilometri dalla Terra, la sonda spaziale continua a utilizzare quattro strumenti scientifici per studiare la regione al di fuori della nostra eliosfera, la bolla protettiva di particelle e campi magnetici creata dal Sole. L’obiettivo è mantenere abbastanza potenza per continuare ad esplorare questa regione con almeno uno strumento scientifico operativo fino al 2030.

Lo strumento che misura la quantità di plasma (atomi elettricamente carichi) ha raccolto dati limitati negli ultimi anni a causa del suo orientamento rispetto alla direzione in cui scorre il plasma nello spazio interstellare.

La sonda è alimentata dal plutonio in decadimento e perde, come la sua sorella Voyager 1, circa 4 watt di potenza ogni anno. Dopo che le due sonde Voyager completarono l’esplorazione dei pianeti giganti negli anni ’80, il team della missione spense diversi strumenti scientifici che non sarebbero stati utilizzati nello studio dello spazio interstellare. Un gesto che diede subito alla sonda un sacco di potenza extra fino di cui può aver goduto fino a qualche anno fa ma da allora, il team ha continuato a spegnere altri sistemi fra cui tutti i sistemi di bordo non essenziali per il funzionamento delle sonde, compresi alcuni riscaldatori. 

Risultati del monitoraggio

Il 26 settembre, gli ingegneri hanno impartito il comando di spegnere lo strumento scientifico al plasma. Il segnale inviato dal Deep Space Network della NASA, ha impiegato19 ore per raggiungere Voyager 2, e il segnale di ritorno ha impiegato altre 19 ore per raggiungere la Terra. Il team ha confermato che il comando di spegnimento è stato eseguito senza incidenti e che la sonda sta funzionando normalmente.

Nel 2018, lo strumento scientifico del plasma si è rivelato fondamentale per determinare l’abbandono della eliosfera da parte di Voyager 2. Lo strumento scientifico del plasma è costituito da quattro “coppe”. Tre coppe puntano nella direzione del Sole e hanno osservato il vento solare mentre si trovavano all’interno dell’eliosfera. Una quarta punta ad angolo retto rispetto alla direzione delle altre tre e ha osservato il plasma nelle magnetosfere planetarie, nell’eliosfera e ora nello spazio interstellare.

Quando la Voyager 2 uscì dall’eliosfera, il flusso di plasma nelle tre coppe rivolte verso il Sole crollò drasticamente. I dati più utili della quarta coppa finirono per arrivare solo una volta ogni tre mesi, quando la sonda di fatto compie una virata di 360 gradi sull’asse puntato verso il Sole. Proprio questo il fattore quindi che ha influito sulla decisione della missione di spegnere prima questo strumento rispetto ad altri.

Il team della Voyager continua a monitorare lo stato di salute della sonda e le risorse disponibili per prendere decisioni ingegneristiche che massimizzino i risultati scientifici della missione.

Per maggiori informazioni sulle missioni Voyager della NASA, visitare: https://www.jpl.nasa.gov/news/nasa-turns-off-science-instrument-to-save-voyager-2-power 

NASA Space Apps Challenge torna a Napoli: si comincia da Capodimonte

Innovazione e spazio: conto alla rovescia per il NASA Space Apps Challenge


5-6 ottobre presso il Polo tecnologico dell’Università di Napoli Federico II a San Giovanni a Teduccio 

Dopo 2 anni torna in città NASA Space Apps Challenge, l’hackathon più grande del mondo. L’obiettivo dell’evento, dedicato a innovatori, programmatori, scienziati, designer, artisti, narratori, tecnologi, studenti e appassionati, è proporre idee e soluzioni innovative alle 20 sfide globali selezionate dalla NASA per la vita sulla terra e nello spazio, utilizzando i dati messi a disposizione dall’Agenzia spaziale americana e da 13 agenzie spaziali partner, tra cui l’europea ESA e l’italiana ASI.


La sessione napoletana dell’hackathon NASA Space Apps Challenge 2024 è organizzata dal Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Napoli e dal Distretto Aerospaziale della Campania – DAC, in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte dell’INAF, il Center for Near Space dell’Italian Institute for the Future, il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università Federico II e l’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR, con il sostegno della Camera di Commercio Irpinia-Sannio, la partecipazione di UNINA Rockets e Intesa Sanpaolo, sotto il patrocinio della Regione Campania.


Giovedì 3 ottobre gli partecipanti all’hackathon si ritroveranno all’Osservatorio Astronomico di Capodimonte per il local bootcamp e riceveranno l’incitamento di Pietro Schipani, Direttore dell’Osservatorio di Capodimonte, Tracy Roberts-Pounds, Console Generale degli Stati Uniti a Napoli, Luigi Carrino, presidente del Distretto Aerospaziale della Campania e Valeria Fascione, Assessore alla Ricerca, Innovazione e Startup della Regione Campania; special guest del bootcamp John Mankins, Vicepresidente della Moon Village Association e già direttore dell’Office of Advanced Concepts and Technology della NASA e Madhu Thangavelu della Southern California University. Gli sfidanti del Nasa Space Apps Challenge potranno osservare il cielo di Napoli ai telescopi con gli astronomi di Capodimonte e l’Unione Astrofili Napoletani.


In Italia le città dove si svolgerà l’hakathon sono Napoli, Roma, Torino e Venezia e i partecipanti dovranno ritrovarsi nelle sedi per realizzare un progetto/ prodotto relativo alla sfida scelta, rispetto a quelle proposte dalla Nasa
I partecipanti sia singoli che in team saranno ospitati in presenza delle relative sedi in cui sono scritti. Gli iscritti in maniera singola possono scegliere se associarsi o meno ad altri team.

 
È ancora possibile registrare all’hackathon il proprio team di progetto al link https://www.spaceappschallenge.org/nasa-space-apps-2024/2024-local-events/napoli scegliendo una delle 20 sfide identificate dalla NASA. Ogni skill e competenza conta! Non ci sono limiti di età.

 

I numeri dell’edizione 2024 di Nasa Space Apps Challenge sono da record: più di 280.000 registrazioni in oltre 185 paesi, con 2400 eventi locali in 600 città nel mondo, in Italia partecipano Napoli, Roma, Torino e Venezia, e il partenariato di 15 Agenzie spaziali. A Napoli si sono già registrati oltre 130 sfidanti costituiti in 10 team.

NASA Space Apps fornisce una piattaforma per i problem solver in tutto il mondo per usare dati gratuiti e aperti dalla NASA e dalle agenzie spaziali partner. I team di NASA Space Apps Challenge usano queste risorse per risolvere sfide scritte da esperti della NASA, che trattano argomenti che spaziano dalla narrazione allo sviluppo di software, astrofisica, esplorazione spaziale e altro ancora.


Ogni anno migliaia di team inviano progetti che dimostrano creatività, collaborazione e potenziale per risolvere le sfide che affrontiamo sulla Terra e nello spazio. I progetti vengono sottoposti a più round di valutazione per determinare in una prima fase i vincitori locali;

L’organizzazione di Napoli mette in palio 3 premi in denaro offerti dal Consolato americano e dal DAC, e un premio speciale offerto dal Center for Near Space al team che meglio interpreterà la prospettiva di una Città Cislunare di mille abitanti entro la fine del secolo. I team vincitori a livello locale saranno candidati alla competizione internazionale e potrebbero essere selezionati come vincitori globali della NASA International Space Apps Challenge con partecipazione alla cerimonia finale nel quartier generale della NASA a Washington.

 

Barnard B un esopianeta molto vicino

Rappresentazione grafica delle distanze relative tra le stelle più vicine e il Sole. La stella di Barnard è il secondo sistema stellare più vicino al Sole e la stella singola più vicina a noi.
Rappresentazione grafica delle distanze relative tra le stelle più vicine e il Sole. La stella di Barnard è il secondo sistema stellare più vicino al Sole e la stella singola più vicina a noi.

È notizia di poche ore fa la conferma di un esopianeta intorno alla nota e vicina Stella di Barnard: il pianeta è stato denominato Barnard B

La Stella di Barnard, situata a soli sei anni luce dal nostro Sistema Solare, è una delle stelle più studiate dagli astronomi, grazie alla sua vicinanza e alle caratteristiche uniche. Si tratta di una nana rossa con una massa pari a circa il 14% di quella del Sole e, nonostante la sua luminosità molto bassa, è stata al centro dell’attenzione per diverse scoperte scientifiche. Tra queste, è di oggi il comunicato che annuncia la scoperta di un esopianeta orbitante attorno a essa, noto come Barnard’s Star b o Barnard B, un mondo con una temperatura superficiale di 125°C e poco più piccolo della nostra Terra. La scoperta è stata ottenuta grazie all’utilizzo di due strumenti noti installati preosso il telescopio VLT dell’ESO. Si tratta di ESPRESSO spettroscopio dedicato proprio alla ricerca di pianeti rocciosi successore dello storico HARPS-N. 

La storia della Stella di Barnard risale a inizio Novecento, quando l’astronomo Edward Emerson Barnard identificò il movimento proprio di questa stella, che risultava essere il più veloce tra tutte le stelle conosciute. Nonostante sia più vecchia del nostro Sole, con un’età stimata di circa 10 miliardi di anni, la Stella di Barnard è notevolmente stabile, il che la rende un oggetto di studio particolarmente interessante per comprendere l’evoluzione stellare.

La scoperta di Barnard’s Star b ha alimentato il dibattito scientifico sulla possibile esistenza di altri pianeti attorno alle nane rosse. Queste stelle, più piccole e meno luminose del Sole, rappresentano circa il 70% delle stelle nella nostra galassia, e la scoperta di pianeti attorno a esse è considerata un’opportunità per esplorare nuovi territori nella ricerca di esopianeti abitabili. Nonostante la bassa temperatura di Barnard’s Star b, la sua scoperta ha dimostrato che pianeti massicci possono formarsi anche attorno a stelle di piccola massa e che le nane rosse potrebbero ospitare un numero significativo di esopianeti, alcuni dei quali potrebbero trovarsi nella cosiddetta zona abitabile.

La prima ipotesi sulla presenza di esopianeti intorno alla stella fu annunciata nel 2018 e dopo 6 anni circa finalmente arriva la scoperta.

La Stella di Barnard, quindi, rappresenta non solo una pietra miliare nella storia dell’astronomia per il suo movimento proprio unico, ma anche un laboratorio naturale per lo studio degli esopianeti. La scoperta di Barnard’s Star b ha aperto nuove prospettive nello studio delle atmosfere planetarie e nella ricerca di pianeti potenzialmente abitabili attorno alle nane rosse, confermando che l’esplorazione del cosmo è ancora ricca di sorprese e scoperte.

Barnard b [2], come viene chiamato l’esopianeta appena scoperto, è venti volte più vicino alla stella di Barnard di quanto Mercurio lo sia al Sole. Orbita intorno alla stella in 3,15 giorni terrestri e ha una temperatura superficiale di circa 125 °C. “Barnard b è uno degli esopianeti di massa più piccola trovati finora e uno dei pochi noti con una massa inferiore a quella della Terra. Ma il pianeta è troppo vicino alla stella ospite, più vicino rispetto alla zona abitabile“, spiega González Hernández. “Anche se la stella è circa 2500 gradi più fredda del Sole, in quella posizione fa troppo caldo perché si possa mantenere acqua liquida sulla superficie“.

L’annuncio della scoperta è stato accolto con entusiasmo dalla comunità scientifica internazionale, poiché rappresenta una prova ulteriore che i sistemi planetari attorno a stelle diverse dal Sole sono comuni. In particolare, i telescopi dell’ESO hanno svolto un ruolo chiave nel rilevamento del pianeta, dimostrando ancora una volta la loro importanza nella ricerca astronomica avanzata.

Fonte: ESO

Le Meraviglie del Sole: macchie solari e ponti di luce

Tutti sappiamo che il Sole, questo astro grandioso, dietro il suo aspetto apparentemente immutabile è incredibilmente dinamico. Un gigantesco motore che con la sua prodigiosa quantità di calore e luce mette in azione le macchina della vita terrestre.

Le macchie solari (sunspots, in inglese) sono la manifestazione più evidente della sua dinamicità: in sintesi, si tratta di concentrazioni del campo magnetico solare nella fotosfera.

Sono state monitorate e osservate dagli astronomi per secoli ma la svolta nella nostra comprensione della natura delle macchie solari avvenne solo con l’avvento della fisica atomica, all’inizio del XX secolo George Ellery Hale – astronomo americano interessato all’evoluzione del Sole e delle stelle – misurò per la prima volta un campo magnetico nelle macchie solari.

George Ellery Hale utilizzò l’effetto Zeeman (fenomeno in cui avviene la separazione delle linee spettrali di atomi e molecole in presenza di un campo magnetico) con uno spettroelioscopio modificato per dimostrare che le macchie solari presentano campi magnetici forti e concentrati.

Da allora, il campo magnetico è stato riconosciuto come il processo centrale che determina le proprietà delle macchie solari.

George Ellery Hale e una divisione Zeeman indotta magneticamente nello spettro di una macchia solare

L’osservazione del Sole ci ha permesso di scoprire costantemente nuove e affascinanti caratteristiche che ci aiutano a comprendere meglio la sua struttura. Un esempio sono gli affascinanti ponti di luce che attraversano le macchie solari. 

Le macchie solari formano il cuore di una regione attiva, al cui interno si osservano una serie di fenomeni dinamici come i ponti di luce (in inglese, light bridges). L’indagine sui ponti di luce ci aiuta a comprendere gli aspetti chiave delle macchie solari.

4 maggio 2024 Alberto Civiello Unione Astrofili Napoletani. Newton 150/750, barlow 3x, camera planetaria Asi 585mc, astrosolar filtro.

Francesco Berrilli, professore ordinario di Fisica solare e Climatologia spaziale presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ci spiega la loro natura:

I ponti di luce sono strutture brillanti lunghe e strette che dividono in una o più parti l’ombra di una macchia solare. L’ombra è la regione più scura di una macchia dove l’intenso campo magnetico solare emerge quasi perpendicolare alla superficie e inibisce la convezione dall’interno stellare. I ponti di luce spesso mostrano strutture filamentose o granulari simili alla granulazione del sole quieto. Si pensa che queste strutture siano manifestazioni di convezione turbolenta all’interno del forte campo magnetico dell’ombra. Infatti, se osservate ad alta risoluzione, esse mostrano una sottile linea scura centrale, con moti di plasma verso l’alto, e strutture granulari laterali associate a moti di plasma verso il basso.

Immagine dettagliata della superficie del sole catturata Alberto Civiello socio dell’ Unione Astrofili Napoletani mostra un ponte di luce che attraversa la macchia solare  AR 3780

Un ponte di luce attraversa la macchia AR 3838 Rossana Miani  Daystar Quark cromosfera, ERF,80ED Skywatcher, Player One Filtro ERF, ASI174MM ZWO AM5,

I ponti di luce sono tra le sottostrutture più sorprendenti sulla superficie solare. A volte mostrano comportamenti dinamici come espulsioni di plasma, aumenti di intensità e rapidi flussi di gas nella fotosfera e nella cromosfera inferiore. La loro durata è più breve di quella delle macchie solari che li ospitano e sono molto dinamici. Possono essere categorizzati in base alla forma geometrica, alla luminosità o alla polarità magnetica dei nuclei d’ombra circostanti. Possono svilupparsi come un’intrusione di un filamento penombrale all’interno dell’ombra oppure possono essere di natura granulare. Spesso sono associati alla rottura delle macchie solari nel decadimento o nel processo di unione di regioni magnetizzate che porta alla formazione di una nuova macchia.

7 settembre 2023 AR 3423 ripresa in varie lunghezze d’onda. Foto di  Rossana Miani  Daystar Quark Calcium H-Line, 100ED Skywatcher, Optolong luminance filter, Barlow 5x ASI174MM, Skywatcher  AZEQ5

Il Sole è l’unica stella di cui possiamo osservare in dettaglio la mutevole superficie. La conoscenza di fenomeni peculiari come i ponti di luce può aiutarci ad approfondire la nostra comprensione dell’Universo e delle forze che lo governano.

Coelum Astronomia 270 V/2024 Digitale

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Vita da Astrofilo

Introduzione 

Dal numero 258 al numero 262, Coelum Astronomia ha ospitato la rubrica “Vita da Astrofilo” di Cristian Fattinnanzi. Fattinnanzi con il suo ricco bagaglio di esperienze maturato sapientemente in tanti anni di paziente preparazione e pratica, ha messo a disposizione dei tanti lettori, suggerimenti e trucchi per alimentare le tecniche per l’osservazione e l’astrofotografia, partendo dalle basi acquisite ancora giovane e inesperto fino a giungere alle sofisticate tecniche e soluzioni implementate oggi, dopo oltre trent’anni di operatività per una passione che non sembra mostrare segni di cedimento. 

Riproponiamo qui la serie completa delle cinque puntate a disposizione degli abbonati che in tal modo possono tornare a consultare la miniserie anche in formato responsive.

Per i non abbonati o per quanti volessero la versione completa impaginata e stampabile, il pdf è prenotabile QUI


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La serie completa è comparsa nei numeri 258, 259, 260, 261 e 262

ARRIVA LA TSUCHINSHAN-ATLAS

Arriva la cometa che tutti gli appassionati stanno attendendo al varco da un anno, la Tsuchinshan-ATLAS, che transiterà al perielio il 27 settembre passando a meno di sessanta milioni di chilometri dal Sole per poi avvicinarsi alla Terra fino a “toccare” la distanza minima di 70 milioni di chilometri dal nostro pianeta il 12 ottobre.

Sarà proprio da questo momento in poi che la Tsuchinshan-ATLAS dovrebbe dare il meglio di sé uscendo gradualmente dalla luce solare che in precedenza tenterà di nascondercela.

L’ “astro chiomato” andrà però tenuto d’occhio poco prima dell’alba già da fine settembre, pur in un contesto prospettico sfavorevole a causa della scarsa altezza sull’orizzonte e della minima elongazione dal Sole perché la coda, sorgendo prima della chioma, potrebbe se ben sviluppata fare capolino ed in ogni caso anche la testa, se particolarmente luminosa, potrebbe mostrarsi pur nel cielo ancora chiaro. L’ottimismo comunque cresce dopo i tanti dubbi dei mesi scorsi. La Tsuchinshan-ATLAS si sta infatti già mostrando tra le luci del crepuscolo serale nell’emisfero australe e le riprese di tanti amatori testimoniano il suo buon stato di salute.

Al momento in cui scriviamo (24 settembre) la sua luminosità in costante aumento è stata stimata attorno alla magnitudine 3,5 con la coda che, pur non ancora non particolarmente sviluppata, pare a sua volta promettere bene.

La fiducia deriva soprattutto dal grado di emissioni delle polveri che pare essere molto buono. Se il nucleo reggerà all’incontro con il Sole lo spettacolo nel periodo seguente potrebbe essere davvero notevole, consegnandoci una cometa facilmente visibile ad occhio nudo dopo il tramonto. Stampa, tivù e social vari l’hanno frettolosamente definita “la cometa del secolo”. Come sempre nel nostro paese, quando si parla di astronomia, si cerca il sensazionalismo ed i titoli “acchiappa like” e attenzione si sprecano, quasi sempre senza motivo. Da parte nostra ci auguriamo davvero che stavolta abbiano ragione (anche se alla fine del secolo manca ancora parecchio), ma le certezze non vanno molto d’accordo con le comete, notoriamente gli oggetti più imprevedibili del Sistema Solare. Quindi preferiamo stare con i piedi ben piantati per terra ed attendere gli eventi con la speranza, quella sì, di assistere a qualcosa di indimenticabile.

Nell’immagine tratta dal sito in-the-sky.org la posizione della cometa Tsuchinshan-ATLAS all’alba alle 06:00 del 25 settembre 2024. Località Roma.

Ulteriori dettagli a fine mese nella rubrica on-line pubblicata su www.coelum.com e soprattutto nel numero di ottobre della rivista.

JWST ARP 107 nuova occhiata alle collisioni galattiche

Arp 107 catturata dalla telecamera MIRI del JWST. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI
Arp 107 catturata dalla telecamera MIRI del JWST. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI

Un’interazione tra una galassia ellittica e una galassia a spirale più grande, note collettivamente come Arp 107, sembra aver dato alla spirale una prospettiva più felice grazie ai due ‘occhi’ luminosi e all’ampio ‘sorriso’ semicircolare che ne sono derivati. Questa immagine è un composito, che combina osservazioni del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) e della NIRCam (Near-InfraRed Camera) di Webb.

Arp 107
Questa immagine composita di Arp 107, creata con i dati della NIRCam (Near-InfraRed Camera) e del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Coppia di galassie interagenti. La più grande delle due galassie è leggermente a destra del centro ed è composta da un centro bianco nebbioso e luminoso e da un anello di filamenti gassosi, che sono diverse tonalità di rosso e arancione. Verso il basso a sinistra e in basso a destra dell’anello ci sono filamenti di gas che si muovono a spirale verso il nucleo. In alto a sinistra dell’anello c’è un notevole spazio vuoto, delimitato da due grandi sacche arancioni di polvere e gas. La galassia più piccola è composta da gas e polvere nebbiosi e bianchi, che diventano più diffusi allontanandosi dal suo centro. In basso a sinistra di questa galassia, c’è una nuvola di gas più piccola e diffusa che si diffonde verso i bordi dell’immagine. Molte galassie rosse, arancioni e bianche sono sparse ovunque, alcune hanno un aspetto più nebuloso e altre hanno schemi a spirale più definiti. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI

NIRCam evidenzia le stelle all’interno di entrambe le galassie e rivela la connessione tra di esse: un ponte trasparente e bianco di stelle estratte da entrambe le galassie durante il loro passaggio. I dati MIRI , rappresentati in rosso-arancio, mostrano regioni di formazione stellare e polvere composta da molecole organiche simili a fuliggine note come idrocarburi aromatici policiclici. MIRI fornisce anche un’istantanea del nucleo luminoso della grande spirale, sede di un buco nero supermassiccio.

La galassia a spirale è classificata come galassia di Seyfert, uno dei due gruppi più grandi di galassie attive, insieme alle galassie che ospitano quasar. Le galassie di Seyfert non sono luminose o distanti come i quasar, quindi sono posti migliori per studiare fenomeni simili in luce a bassa energia, come l’infrarosso.

Questa regione è molto simile alla galassia Cartwheel, una delle prime galassie interagenti osservate da Webb. Arp 107 potrebbe essersi rivelata molto simile nell’aspetto alla Cartwheel, ma poiché la galassia ellittica più piccola ha avuto una collisione decentrata anziché un colpo diretto, la galassia a spirale se l’è cavata con solo i suoi bracci a spirale disturbati.

La collisione non è così brutta come sembra. Sebbene prima si verificasse molta formazione stellare, le collisioni tra galassie possono comprimere il gas, migliorando le condizioni necessarie alla formazione di più stelle. D’altro canto, come rivela Webb, le collisioni disperdono anche molto gas, privando potenzialmente le nuove stelle del materiale di cui hanno bisogno per formarsi.

Webb ha catturato queste galassie nel processo di fusione, che richiederà centinaia di milioni di anni. Mentre le due galassie si ricostruiscono dopo il caos della loro collisione, Arp 107 potrebbe perdere il suo sorriso, ma inevitabilmente si trasformerà in qualcosa di altrettanto interessante da studiare per i futuri astronomi.

Arp 107 si trova a 465 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione del Leone Minore.

Arp 107 schema dati
Credit: NASA, ESA, CSA, STScI

 

Fonte: https://esawebb.org/news/weic2324/

Quando ti assegnano i superpoteri avanzati

Esistono gli esseri umani normali, come la maggior parte di noi, e poi esistono i Supereroi. I Supereroi sono quella categoria ristretta di esseri speciali che nella quotidianità, per la maggior parte del tempo, appaiono come tutti noi, con i soliti pregi e difetti, ma poi, all’occasione, sfoderano i loro superpoteri, di cui sono stati misteriosamente dotati da forze sconosciute. Ed ecco che c’è chi è capace di leggere nella mente, passare attraverso i muri, compiere balzi prodigiosi, sprigionare raggi laser potentissimi dai polpastrelli, o trasformarsi in esseri muscolosissimi come Hulk, che a causa di questo superpotere ha dilapidato un patrimonio in camicie strappate e non più aggiustabili.


Non sappiamo come avvenga la distribuzione dei superpoteri agli umani da parte dell’Ente Supremo che li gestisce. Non sappiamo come questo misterioso Comitato decida di affidare al signor Brambilla la capacità di superare la velocità della luce, e alla signora Luisa quello dell’invisibilità. Sappiamo però che a volte la Cupola dei Supereroi si trova a raschiare il fondo della pentola dei superpoteri rimasti ancora disponibili, e quindi può capitare che una mattina un tranquillo signore qualunque si svegli e si ritrovi con un superpotere che – diciamo – difficilmente gli tornerà utile per salvare il mondo. È il caso di una signora italiana (le cui generalità sono state giustamente occultate dal Gruppo di Coordinamento Mondiale dei Supereroi) che, alcuni anni fa, ha avuto in dono il superpotere di mummificare le uova.


Ebbene sì, c’è chi riesce a passare attraverso i muri, chi diventa invisibile, chi fonde l’acciaio con la mente, e chi invece ha il superpotere di mummificare le uova con la sola imposizione delle mani. Questa signora, resasi improvvisamente conto di avere acquisito questo inaspettato dono, presa da un reale sconcerto ha contattato il Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, con l’intento di capire cosa le stava succedendo. Della serie: why me?!


La signora ha raccontato agli esperti del Cicap che le bastava rompere un uovo su un piattino, imporre le mani, lasciare l’uovo a riposare per qualche giorno, e incredibilmente, alla fine, invece di marcire e produrre l’insopportabile puzza di uovo marcio, l’uovo vetrificava e si seccava senza puzzare, come la mummia di Similaun.


A parte che ci sarebbe da discutere su cosa scatti nella mente di un essere umano quando decide di rompere un uovo e, invece che friggerlo mettendoci sopra due fette di pancetta, imporci le mani e lasciarlo su una mensola per vedere se marcisce, ma non stiamo a farci domande a cui non è possibile dare risposta. Fatto sta che, ancor prima di capire in che modo il mondo avrebbe potuto essere salvato da questo inaspettato dono che le era stato assegnato, la signora voleva capire cosa le fosse realmente successo, e per questo si è rivolta al Cicap.


Gli esperti del Cicap (tutta gente serissima e noiosissima che non ride mai e non crede mai a niente), invece di stupirsi di questo incredibile superpotere, hanno chiesto alla signora di poter fare una prova semplicissima: accanto alle uova sulle quali la signora aveva imposto le mani, hanno chiesto di poter mettere altre uova, rotte da un socio Cicap che non aveva ricevuto nessun dono speciale se non quello di essere uno scettico rompiballe.

Le uova sono restate buone buone per alcuni giorni, sia quelle a cui erano state imposte le mani, sia quelle del Cicap, identiche in tutto e per tutto escluso il fatto di non aver ricevuto la speciale infusione. Infine, dopo alcuni giorni – magia! – tutte le uova si erano mummificate allo stesso modo, sia quelle benedette, che quelle del Cicap.


Il motivo, spiegato dalla chimica e dalla fisica, è che in un ambiente secco quale era quello dove la signora aveva riposto le uova, l’acqua in esse contenuta evapora velocemente, prima ancora che i batteri riescano a far partire il processo che creerebbe muffa e cattivo odore. Il risultato è che le uova si vetrificano direttamente, senza passare per lo stadio di uova marce e puzzolenti. Un semplice effetto dei fenomeni naturali, che ha illuso un Supereroe mancato.


Cosa ci insegna tutto questo? Ci insegna l’importanza del campione di controllo, un ingrediente fondamentale della metodologia scientifica, sia che si ricerchi il bosone di Higgs, la cura per la sciatica o la mummificazione delle uova. Ovvero, andare a verificare se il fenomeno cercato si manifesta  anche in situazioni in cui non dovrebbe verificarsi, ovvero quando è assente la causa che si ritiene faccia accadere il fenomeno (in questo caso l’imposizione delle mani). E per colpa del Cicap, della metodologia scientifica e di un briciolo di razionalità, il mondo è stato privato di un potenziale Supereroe. Che comunque – diciamocelo – non avrebbe ricevuto chiamate urgenti molto spesso. Magari, al limite, da qualche chef che voleva stupire con un menù di tendenza.


L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

Is There Anybody Out There?

ABSTRACT

“Is There Anybody Out There?” esplora la possibilità dell’esistenza di altre civiltà nell’universo e se sia possibile rilevarle attraverso le onde radio. Partendo da un’analogia con la celebre canzone dei Pink Floyd, il testo descrive i limiti delle tecnologie attuali, le distanze astronomiche e la potenza necessaria per trasmettere e ricevere segnali nello spazio.

Con un approccio scientifico, vengono presentate formule e calcoli per spiegare quanto sia complesso captare segnali alieni, anche tenendo conto del rumore di fondo della nostra galassia. Si discute anche dell’importanza della frequenza di campionamento e della digitalizzazione delle trasmissioni. Nonostante la difficoltà di intercettare segnali alieni, il documento incoraggia comunque a mantenere la speranza e la curiosità scientifica, concludendo che, pur essendo estremamente improbabile, la possibilità di trovare altre forme di vita non è completamente esclusa.

Se sei affascinato dalla possibilità di vita extraterrestre e dalle sfide tecnologiche nel rilevarla, ti invito a leggere questo approfondimento che unisce scienza, matematica e riflessioni sulla nostra posizione nell’universo!


Introduzione

La citazione nel titolo, per chi non è vecchietto come me, è dei Pink Floyd, brano presente nel loro famosissimo album “The Wall”, e ci sta tutta con l’argomento di oggi.

Nella Via Lattea, la galassia in cui viviamo, ci sono centinaia di miliardi di stelle, e attorno a molte di esse orbitano sicuramente dei pianeti che oggi non riusciamo ancora a scorgere se non in minima parte a causa dei primitivi metodi che utilizziamo a tale scopo (tipicamente il metodo del transito se abbiamo la fortuna che stella e pianeta siano allineati, oppure il metodo della velocità radiale che però mal si adatta a trovare terre in regione abitabile); ma con tanti pianeti presenti, è possibile che noi si sia davvero soli nell’Universo?


Là fuori, da qualche parte, c’è qualcuno con cui dialogare?

Oggi vedremo se c’è la possibilità di scoprirlo, e lo faremo grazie a uno strumento che tutti noi conosciamo: le onde radio.

Fin dal 12 dicembre 1901, da quando Guglielmo Marconi effettuò la prima trasmissione radio transatlantica, l’uomo riempie l’etere con le sue trasmissioni radio, che hanno quindi superato oramai la bella distanza di 120 anni luce, visto che le onde radio si propagano attraverso il vuoto alla stessa velocità.


Questo significa che, dotati di apparati particolarmente sensibili, orecchie aliene potrebbero ascoltare i nostri discorsi sintonizzandosi sulle stazioni commerciali così come potremmo fare noi, a parti invertite.

Vedremo però che non è esattamente così, anzi, credo proprio di no, e adesso vi spiego il perché.


Punto uno: la potenza di trasmissione e le distanze


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L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

ShaRA#7 – Iras Vera Shell

The Shell il risultato finale del Super Stacking
The Shell il risultato finale del Super Stacking

Abstract

Per il progetto ShaRA#7, il team ShaRA, composto da Alessandro Ravagnin, Andrea Iorio e altri membri ha utilizzato un nuovo telescopio situato nella valle di Rio Hurtado, in Cile, di proprietà di un membro del gruppo, assumendo vantaggi come la possibilità di effettuare esposizioni più lunghe senza limiti economici o vincoli sulle fasi lunari. Questa libertà ha permesso di optare per un target poco noto: il complesso nebulare IRAS Vela Shell, che include l’oggetto BBW56.

L’elaborazione delle immagini è stata complessa a causa della densità stellare e della difficoltà di calibrare i colori, poiché il target non è classificato in letteratura. Il gruppo ha utilizzato strumenti come StarNet++ e PixInsight per ottenere risultati ottimali, anche se ha incontrato difficoltà con la gestione dei dati a causa dell’elevata risoluzione delle immagini. Il progetto ha visto la partecipazione di 13 membri su 21 e ha prodotto elaborazioni molto diverse tra loro, segno di una sperimentazione avanzata del metodo di “superstacking”.

di ShaRA Team

Introduzione

Con il settimo progetto, il team ShaRA ha cambiato leggermente paradigma. Il team infatti ha operato sempre virtualmente dal Cile, sotto uno dei cieli più bui e belli del mondo sfruttando i telescopi del servizio Chilescope, questa volta tuttavia la scelta è ricaduta su un telescopio di recente installazione nel complesso ObsTech, sempre nella famosa valle di Rio Hurtado, di proprietà di un membro del gruppo. Sfruttare un telescopio di proprietà di un membro del gruppo offre svariati vantaggi fra i quali ad esempio nessun esborso economico per l’affitto del telescopio. Nessun limite anche nella gestione delle esposizioni tanto da calcare la mano allungandole a piacere senza particolari vincoli, cade anche il vincolo dovuto alla schedulazione dalle fasi lunari e, quindi, il team ha goduto di una maggiore flessibilità anche nella scelta del target finale.  Inoltre, una volta deciso il soggetto, abbiamo anche potuto eseguire delle pose di prova per verificare il campo inquadrato e le emissioni al variare dei filtri della rastrelliera, test proibitivi in caso di affitto dello strumento e spesso sacrificati in favore di una maggiore disponibilità di tempo per l’acquisizione.

Vista del complesso ObsTech. Crediti: YURIY BELETSKIY
Vista del complesso ObsTech. Crediti: YURIY BELETSKIY

Normalmente infatti questi test non sono consigliabili con i telescopi remoti per una mera questione economica: ogni minuto speso per fare tentativi, costa tempo e quindi denaro! Inoltre i telescopi spesso non sono disponibili per brevi sessioni di prova; le sessioni minime prenotabili non possono essere inferiori ad un certo minutaggio (intorno ai 20 o 30 minuti a seconda del telescopio). Per tutti i motivi di cui sopra, per i precedenti progetti ShaRA, il team ha lavorato pianificando a tavolino in anticipo e in maniera rigorosa le riprese, documentandosi in rete sui vari target scelti, usando a riferimento le immagini di altri astrofotografi, e programmando le osservazioni minuziosamente in modo da prenotare tempestivamente i telescopi del servizio prenotato. La novità del nuovo strumento invece per ShaRA#7 ci ha consentito di lavorare in modo, diciamo, molto più smart e comodo, decidendo di giorno in giorno come procedere con le sessioni di ripresa e, nel caso, apportare modifiche anche all’ultimo secondo.

Localizzazione del telescopio nel complesso ObsTech nella valle di Rio Hurtado
Localizzazione del telescopio nel complesso ObsTech nella valle di Rio Hurtado

ShaRA#7: il target


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Contributi dei partecipanti

 

L’articolo è pubblicato in COELUM 267 IN VERSIONE CARTACEA


ERG CHECH 002 all’Origine del Sistema Solare

A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario

 

ABSTRACT

Erg Chech 002, una delle meteoriti più importanti scoperte, risale a circa 4,565 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione del Sistema Solare. Erg Chech 002, una rarissima acondrite non raggruppata, fornisce importanti informazioni sull’evoluzione dei protopianeti e sul calore generato dall’isotopo Al26, fondamentale nella formazione planetaria. La scoperta ha aperto nuove prospettive sugli eventi magmatici del primissimo Sistema Solare.


È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.


ERG CHECH 002 Campione di meteorite
ERG CHECH 002 Campione di meteorite

 


Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari.
Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.


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L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA

 
 

A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario

 

ABSTRACT

Erg Chech 002, una delle meteoriti più importanti scoperte, risale a circa 4,565 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione del Sistema Solare. Erg Chech 002, una rarissima acondrite non raggruppata, fornisce importanti informazioni sull’evoluzione dei protopianeti e sul calore generato dall’isotopo Al26, fondamentale nella formazione planetaria. La scoperta ha aperto nuove prospettive sugli eventi magmatici del primissimo Sistema Solare.


È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.


ERG CHECH 002 Campione di meteorite
ERG CHECH 002 Campione di meteorite

 


Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari.
Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.


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L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA

 
 

UGC 11105 DEBOLE ma solo in apparenza

La ripresa del telescopio Hubble di UGC 11105 circondata da stelle più brillanti.
La ripresa del telescopio Hubble di UGC 11105 circondata da stelle più brillanti. Credit: ESA/Hubble& NASA, R. J. Foley (UC Santa Cruz)

ABSTRACT

UGC 11105 è una spirale fotografata dal telescopio Hubble. Con una magnitudine apparente di 13,6, UGC 11105 appare fioca e pervasa da un bagliore evanescente, ma è una galassia ricca di fenomeni cosmici. I suoi due bracci a spirale contengono ammassi di giovani stelle blu, mentre il nucleo ospita un buco nero supermassiccio. Nel 2019, una supernova (SN2019pjs) esplose in uno dei bracci, aumentando temporaneamente la luminosità della galassia. L’immagine cattura anche altre stelle della Via Lattea e galassie distanti sullo sfondo.

Il periodo migliore per l’osservazione e la ripresa è l’estate.

UGC 11105 Debolezza Apparente

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Eclisse lunare parziale di penombra il 18 Settembre 2024

Pubblichiamo il trafiletto dedicato all’evento del 18 settembre comparso in COELUM 269 nella sezione il Cielo del Bimestre Considerando come riferimento la zona di Roma tale evento avrà inizio alle ore 02:41 con la Luna a +39°, la cui fase massima si verificherà alle ore 04:44 con la Luna ad un’altezza di +23°. L’eclisse avrà termine alle 06:47 con la Luna ormai in prossimità dell’orizzonte ad un’altezza di soli +2° con una “magnitudine di penombra” di 1.037 (valore che indica la frazione della Luna oscurata con l’ingresso della penombra della Terra). Inoltre si avrà una “magnitudine umbral” di 0.085 che sta ad indicare la frazione della Luna che viene oscurata dal cono d’ombra della Terra.
Luna penombra 18 settembre 2024
Eclisse lunare penombra 18 settembre 2024
La fase iniziale di questa eclisse parziale sarà perfettamente visibile da tutto il territorio nazionale con la Luna ad un’altezza superiore ai 30/35°, mentre in Sardegna e Sicilia raggiungerà addirittura i 40/42° di altezza. Anche la fase massima di questo evento si renderà visibile da tutta Italia anche se con una minore altezza della Luna comunque sempre intorno ai +20/22°, mentre la Sardegna vedrà il massimo dell’eclisse in condizioni leggermente migliori (Luna fino a +26°). La fase terminale di questo evento invece avverrà in condizioni non ottimali e col nostro satellite ad un’altezza diffusamente intorno ai +3/5°, mentre in Basilicata, Molise, Campania, Puglia e Sicilia la Luna sarà ormai alcuni gradi sotto l’orizzonte. L’occasione è imperdibile per organizzare sessioni fotografiche per immortalare questo sempre interessante evento.

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Corso di Astronomia Fondamentale e Sorprendente

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    Si terrà a Roma ma si potrà seguire ovunque in streaming il Corso di Astronomia Fondamentale e Sorprendente.

    Rivolto a tutti, comprende sia gli argomenti fondamentali di astronomia che tutti dovrebbero conoscere, sia una quantità di approfondimenti illuminanti solitamente esclusi dalla divulgazione.

    Per dare un’idea della ricchezza e varietà di argomenti coperti dal corso, ecco alcune DOMANDE a cui il corso risponde:

    • Perché il centro della Terra è caldo come la superficie del Sole?
    • Come facciamo a conoscere le distanze delle stelle?
    • Perché la Luna ci mostra sempre la stessa faccia?
    • Se l’Universo è nato da un’esplosione, quale ne è il centro?
    • Fino a quanti km d’altezza un oggetto può ricadere a terra anziché galleggiare nello spazio?
    • Qual è la stella che si vede sempre vicina alla Luna?
    • Perché ogni tanto si vede la Luna di giorno?
    • Perché ad agosto vediamo ritornare sempre le stelle cadenti?
    • È vero che si possono vedere le stelle di giorno osservando dal fondo di un pozzo?
    • Si può assistere a due tramonti nello stesso giorno?
    • Come fanno a brillare le protostelle che non hanno ancora innescato le reazioni nucleari?
    • Quanti “quarti di Luna” servono per eguagliare in luminosità una Luna piena, e perché?
    • Di che colore è realmente il Sole (e le stelle)?
    • Quanto è facile stabilire l’età dell’Universo?
    • Perché le stelle scintillano (e i pianeti no)?
    • Di quali astri riusciamo a vedere l’ombra?
    • Quali scoperte sensazionali alla sua portata si è fatto sfuggire Galileo?
    • Quale è stato (sempre lo stesso fin dall’Antichità!) il peggior nemico dei cosmologi?
    • Chi ha tentato per primo di stimare la distanza delle stelle?
    • Qual è lo strumento essenziale della moderna indagine astronomica?
    • Chi è stato il primo astronomo? (E cosa scoprì?)..
      …..

    Ospitato da Accademia delle Stelle e tenuto da un astrofisico, il corso si può acquistare qui: https://accademiadellestelle.org/corso-di-astronomia-sorprendente/

     

     

    Cos’è che fa splendere il Sole?

    Abstract

    Ritengo che chiedersi quale possa essere il meccanismo che permette al Sole di brillare sia una domanda spontanea e quasi inevitabile. Ai nostri giorni, pur con le indispensabili semplificazioni, anche chi frequenta la scuola primaria ha modo di conoscere la risposta scientificamente corretta. Ma non è sempre stato così. Che all’origine di questa energia vi fosse una sequenza di reazioni nucleari che, coinvolgendo atomi di idrogeno, producono atomi di elio è parte del nostro sapere scientifico solamente dal 1939. Proviamo dunque a ripercorrere a grandi linee le risposte che, nel corso del tortuoso cammino che spesso caratterizza la scienza, sono state proposte.

    Il Sole che produce tutta l’energia necessaria

    Facile comprendere come il Sole occupi da sempre un posto particolare nella società umana. Fin dall’antichità non solo gli viene riconosciuto un ruolo chiave nel garantire una situazione climatica favorevole alla vita, ma le periodicità del suo cammino in cielo (alternanza giorno/notte e ciclo stagionale) si rivelano anche un ottimo strumento per tener traccia dello scorrere del tempo. Inevitabile che – sia per la potenza che mostra di avere, sia per la sua costante presenza fin dalla notte dei tempi – nelle civiltà del passato venga identificato con una divinità e adorato come tale. Poco importa definire quali siano la vera natura e l’origine dello splendore e del calore del Sole. L’idea di Aristotele (384 – 322 a.C.) che le leggi della natura valide sulla Terra non siano necessariamente vincolanti per gli oggetti celesti taglia la testa al toro: a differenza dei fuochi terrestri, quel mondo ardente può bruciare per quanto tempo vuole senza creare nessun problema. Per Aristotele la Terra è costituita da materiali che decadono e la luce che qui viene prodotta non può durare a lungo: le fiamme sussultano e cambiano continuamente di forma, il combustibile si esaurisce e la luce si spegne. Sul Sole, però, le cose funzionano in modo differente e quel fuoco che lo alimenta si comporta in modo differente dai roghi a noi famigliari. Nel 1833, anno in cui l’astronomo britannico John Herschel (1792 – 1871) pubblica il suo Trattato sull’Astronomia, affrontando brevemente la questione della fonte dell’energia solare non può che ammettere che si è di fronte a un grande mistero e che gli astronomi sono in grandissima difficoltà. «Se si potessero azzardare congetture per l’origine della radiazione solare – scrive Herschel – dovremmo guardare piuttosto alla nota possibilità di una generazione indefinita di calore per attrito, oppure alla sua eccitazione per scarica elettrica, piuttosto che a qualsiasi combustione di combustibile ponderabile, sia solido che gassoso». La grandissima difficoltà proviene soprattutto dal fatto che chiedersi come il Sole produca la sua energia è strettamente collegato alla domanda relativa alla sua età: due facce di una medesima medaglia. Infatti, se riusciamo a determinare quanta energia produce il Sole, possiamo verificare se le fonti di energia proposte sono in grado di sostenere tale produzione per tutto il tempo dell’esistenza del Sistema Solare. A proposito di quest’ultimo valore, nel 1650 il vescovo irlandese James Ussher (1581 – 1656) nel suo Annales Veteris Testamenti aveva suggerito, basandosi sui suoi conteggi della cronologia biblica, che la nascita della Terra e dell’intero cosmo fosse avvenuta intorno al 4000 a.C. Con neppure 6000 anni di vita alle spalle, trovare per il Sole una fonte di energia adeguata non sembrava poi così impegnativo. È pur vero che, poco più di un secolo dopo la stima di Ussher, James Hutton (1726 – 1797) pubblica quello che viene considerato il primo trattato di geologia moderna in cui non solo si afferma che la Terra è di gran lunga più antica, ma anche che i processi geologici attuali sono gli stessi che si sono verificati nel passato. Dalle considerazioni geologiche emerge con sempre maggiore evidenza che la Terra deve avere almeno qualche centinaio di milioni di anni. Quando poi, nel 1838, il fisico francese Claude Servais Pouillet (1790 – 1868) determina per la prima volta il valore della costante solare (praticamente, quanta energia arriva sulla Terra dal Sole), appare subito piuttosto evidente che, invocando anche il più efficiente tra i meccanismi di combustione chimica, si giungerebbe comunque a valori dell’età del Sole assolutamente incompatibili con le datazioni geologiche. Se si voleva risolvere il problema della produzione di energia del Sole, insomma, era necessario abbandonare la chimica e guardare altrove.

    Energia Meteoritica

    La prima teoria meccanica del calore solare, pubblicata nel 1841 dal tedesco Julius Robert von Mayer (1814 – 1878), chiama in causa una continua cattura da parte del Sole di asteroidi dallo spazio circostante. Mayer ritiene che gli asteroidi che colpiscono il Sole ad alta velocità siano in grado di generare da 4.600 a 9.200 volte più calore di quanto ne genera la combustione di un’uguale massa di carbone. Più che una caduta diretta, suggerisce un graduale movimento su spirali sempre più strette dovuto alla resistenza dell’etere che, stando alle idee del tempo, riempiva lo spazio. Secondo i suoi calcoli, ogni minuto cadrebbe sul Sole una massa intorno ai 2×1014 kg, vale a dire una massa terrestre ogni 56.800 anni. La valutazione, però, mette in luce un problema piuttosto spinoso: Mayer si rende conto, infatti, che un simile aumento della massa del Sole comporterebbe un accorciamento dell’anno siderale dell’ordine di mezzo secondo, un effetto in disaccordo con le osservazioni. La teoria meteoritica del calore solare viene suggerita una decina d’anni più tardi anche dal fisico scozzese John James Waterston (1811 – 1883). Ignaro del lavoro di Mayer, tradotto in inglese solo nel 1863, Waterston sostiene che il calore del Sole ha la sua origine dall’afflusso di un gran numero di oggetti che, provenendo principalmente dall’esterno del Sistema Solare, colpiscono il Sole perpendicolarmente alla sua superficie. Le sue stime indicano che, imputando il calore del Sole interamente a tali cadute, il raggio solare aumenterebbe di circa cinque metri all’anno. Mentre Mayer era seriamente preoccupato dal problema dell’aumento di massa del Sole per le sue conseguenze astronomiche, Waterston lo ignorava o, probabilmente, non ne era consapevole.
    Lord William Thomson
    Lord William Thomson, comunemente noto come Lord Kelvin, svolse la sua indagine in molti settori della fisica (termodinamica, costituzione della materia, struttura dell’Universo,elettromagnetismo, …). La sua fama è legata in particolare a una delle formulazioni del Secondo principio della termodinamica e all’introduzione della scala termodinamica assoluta delle temperature. In suo onore l’unità di misura di tale scala venne chiamata kelvin.
    L’idea, in modo indipendente, viene proposta nel 1854 anche da William Thomson (1824 – 1907): i calcoli del futuro Lord Kelvin, però, lo portano a ipotizzare una pioggia meteoritica decisamente più intensa, suggerendo che si deve mettere in conto la caduta di 100 masse terrestri ogni 4.750 anni. Una quantità di materia davvero importante, ma – secondo le sue parole – «non più di quanto è perfettamente possibile che cada sul Sole». Per quanto riguarda la provenienza, Thomson nega esplicitamente l’ipotesi basata su oggetti provenienti dal Sistema Solare esterno, ma sostiene che i meteoroidi percorrono orbite interne all’orbita della Terra. I calcoli di Lord Kelvin, convinto assertore che lo stesso meccanismo meteoritico fosse responsabile anche della rotazione del Sole attorno al proprio asse, lo portano a concludere che è improbabile che il Sole riesca a mantenere l’attività attuale per molto più di 300.000 anni nel futuro. Si tratta del primo tentativo di calcolare la durata della vita del Sole sulla base di una teoria fisica. L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
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    L’articolo è pubblicato in COELUM 266 VERSIONE CARTACEA

    [GrAG] 14 settembre, Notte Internazionale dell’Osservazione della Luna 2024 – Lazio

    il 14 settembre 2024 è una data speciale per gli amanti dell’astronomia del Lazio, poiché segna la Notte Internazionale dell’Osservazione della Luna. Questo evento, nato grazie all’organizzazione della NASA, celebra la bellezza e il mistero del nostro satellite naturale ed offre un’occasione unica per osservare la Luna e Saturno con gli anelli quasi di taglio in questo periodo, attraverso potenti telescopi. Ecco tre appuntamenti straordinari, tutti ad ingresso libero e gratuito, che avranno luogo in concomitanza in diverse località del Lazio: Viterbo – Giardini Colle del Duomo – Palazzo dei Papi Organizzato dal Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS, con il patrocinio del Comune di Viterbo, questo evento si terrà nei Giardini Colle del Duomo – Palazzo dei Papi, con ingresso dal Polo Monumentale Colle Del Duomo. L’osservazione avrà inizio alle 19:00 e terminerà alle 23:00. L’ingresso è libero e gratuito, senza necessità di prenotazione. Gli astrofili forniranno spiegazioni sulle caratteristiche della Luna. Inoltre, sarà possibile ammirare Saturno. Roma – Villa Carpegna (XIII Municipio Roma Aurelio). Anche a Roma, il Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS sarà presente con un evento simile sul prato di Villa Carpegna. L’appuntamento inizierà alle ore 19:00 con i soci del Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS che metteranno a disposizione i loro strumenti per una serata divulgativa. Oltre all’osservazione della Luna, sarà possibile ammirare Saturno, il gigante del nostro Sistema Solare, attraverso i telescopi. Le spiegazioni e le curiosità condivise dai soci renderanno l’evento ancora più affascinante. Tarquinia – Campo Cialdi – Parco Palombini, entrata via della Ripa, 25. Il Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS di Tarquinia ospita un evento straordinario. Dalle 19:00 alle 23:00, i telescopi del Gruppo saranno a disposizione dei visitatori per osservare la Luna e Saturno. I soci dell’associazione offriranno spiegazioni dettagliate sul nostro satellite naturale. Questo evento è organizzato in collaborazione con la Società Tarquiniese di Arte e Storia nonché con il patrocinio del Ministero della Cultura e prima dell’osservazione, alle ore 18.00, c’è la possibilità di partecipare ad una visita guidata gratuita, a cura della Società Tarquiniense d’Arte e Storia, dei monumenti più significativi della Corneto medievale con una guida autorizzata. Appuntamento in Piazza Cavour alle ore 17.45. Questi eventi offrono un’opportunità unica di esplorare il cielo notturno e approfondire la comprensione delle meraviglie astronomiche. Gli astrofili condivideranno la loro passione per l’astronomia, ispirando curiosità e interesse nei cuori di giovani e adulti. In caso di maltempo, l’evento potrebbe essere annullato, quindi assicuratevi di verificare le informazioni di contatto fornite per ogni evento. Unisciti a queste straordinarie serate di osservazione lunare e celeste e scopri l’affascinante mondo dell’astronomia!   Altre informazioni ed aggiornamenti sul sito dell’associazione:

    Criovulcanesimo: eruzioni gelate

    Figura 7. Encelado a colori, fotografato dalla camera della sonda NASA/ESA/ASI Cassini nel luglio 2005. In questa immagine, si nota la dicotomia tra l’emisfero nord, intensamente craterizzato e l’emisfero sud, con le freschissime “tiger stripes”, lineamenti blu dai quali è stata osservata l’emissione di geyser. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute.
    Figura 7. Encelado a colori, fotografato dalla camera della sonda NASA/ESA/ASI Cassini nel luglio 2005. In questa immagine, si nota la dicotomia tra l’emisfero nord, intensamente craterizzato e l’emisfero sud, con le freschissime “tiger stripes”, lineamenti blu dai quali è stata osservata l’emissione di geyser. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute.

    Abstract

    L’articolo Criovulcanesimo: Eruzioni Gelate,  di Valentina Galluzzi dell’INAF, ci porta in un viaggio affascinante attraverso un fenomeno geologico fuori dal comune: il criovulcanesimo, ovvero le “eruzioni fredde”. Mentre il vulcanesimo terrestre coinvolge magma incandescente, il criovulcanesimo avviene su corpi ghiacciati del Sistema Solare, dove l’acqua, il metano e altre sostanze “criomagmatiche” eruttano a temperature bassissime. Un fenomeno controintuitivo e affascinante, che ha lasciato tracce evidenti su oggetti come Cerere, Europa e Encelado. L’articolo esplora in dettaglio queste eruzioni gelate, analizzando come geyser di vapore acqueo e colate di ghiaccio possano modellare paesaggi alieni e offrire indizi sulla possibile esistenza di vita extraterrestre. Se sei incuriosito da un fenomeno così insolito, dove il gelo prende il posto del fuoco, questo articolo ti sorprenderà e ti inviterà a scoprire di più sulle misteriose profondità del nostro Sistema Solare.

    Cosa si Intende per Criovulcanesimo

    Spesso utilizziamo la Terra ed i suoi fenomeni geologici come analogo fondamentale per la comprensione dei fenomeni osservabili su superfici planetarie extra-terrestri. Esiste però un fenomeno geologico extra-terrestre che è quanto di più controintuitivo si possa immaginare e che difficilmente trova qualcosa di comparabile sul nostro pianeta: il criovulcanesimo. Mentre il vulcanesimo tradizionale sula Terra comporta l’eruzione di roccia fusa (magma) ed è quindi la conseguenza di un magmatismo silicatico, il criovulcanesimo comporta l’eruzione di sostanze come acqua, ammoniaca, metano o altro “criomagma” (materiale fuso freddo) a temperature molto più basse su corpi ghiacciati del Sistema Solare, in particolare, quello esterno. Come noto, infatti, il Sistema Solare esterno è particolarmente ricco di queste sostanze in quanto la distanza dal Sole, non solo ha comportato il concentramento dei composti più leggeri (detti appunto “volatili”, cioè che sfuggono facilmente alla gravità), ma ne ha causato anche il raffreddamento ed il congelamento. Pertanto, ne deriva che il criovulcanesimo ed il criomagmatismo sono fenomeni derivanti dalla mobilitazione e dalla migrazione dei fluidi generati nel sottosuolo dei corpi ghiacciati. L’energia che alimenta il criovulcanesimo, cioè che fonde parzialmente i gusci ghiacciati dei corpi planetari freddi, può provenire da diverse fonti, tra cui il calore interno del corpo celeste, le forze mareali esercitate da altri corpi, o dalla collisione con altri oggetti (craterizzazione). Le eruzioni fredde dei criovulcani possono formare geyser, colate di ghiaccio e deposizioni di brine e rappresentano un fenomeno importante che può aiutare a fornire indizi sulla possibile presenza di vita o materiale organico in ambienti estremi. Tra i vari corpi che mostrano criovulcanesimo, degni di nota sono il pianeta nano Cerere e le lune ghiacciate Europa (Giove) ed Encelado (Saturno). Il criovulcanesimo svolge un ruolo cruciale nel modellare le superfici di questi corpi ghiacciati e i materiali espulsi contribuiscono alla formazione e alla modifica dei loro paesaggi, un po’ come è stato sulla Terra con il magmatismo, in particolare durante i suoi primi stadi evolutivi. Vediamoli quindi più da vicino.

    Le faculae di Cerere

    Cerere, pianeta nano, è il più grande oggetto della fascia di asteroidi tra Marte e Giove. La sonda Dawn della NASA, che ha orbitato intorno ad esso dal 2015 al 2018, ha fornito dati ed immagini preziose che accennavano alla presenza di aree localizzate molto chiare e luminose rispetto al resto della superficie, denominate faculae (parola latina per “torcia”, “punto luminoso”). Ad oggi, sono state individuate più di 300 faculae (vedi Stein et al., 2019), ognuna con caratteristiche diverse, ma le più peculiari sono ormai interpretate come fenomeni criovulcanici. Cerealia Facula e le Vinalia Faculae ad esempio, si trovano sul fondo del cratere Occator (fig. 1).
    Figura 1:Questa immagine di Cerere e delle faculae nel cratere Occator (92 km) è stata una delle ultime viste ottenute dalla sonda Dawn della NASA il 1° settembre 2018 da un'altitudine di 3.370 km. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA.
    Figura 1:Questa immagine di Cerere e delle faculae nel cratere Occator (92 km) è stata una delle ultime viste ottenute dalla sonda Dawn della NASA il 1° settembre 2018 da un’altitudine di 3.370 km. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA.
    In questo caso, la craterizzazione ha causato la fratturazione della crosta di Cerere rendendola così permeabile alla risalita di fluidi generati dall’energia dell’impatto stesso. Le formazioni bianche visibili dentro Occator sono quindi il probabile risultato di eruzioni e colate fredde di materiali ricchi in acqua mista a sali e silicati (fig. 2). L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
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    UAI e CICAP lanciano l’iniziativa “Stregati dalla Luna” 

    UAI e CICAP lanciano l’iniziativa “Stregati dalla Luna”

    per contrastare la diffusione delle fake news

    L’Unione Astrofili Italiani (UAI) e il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (CICAP) – da sempre in prima linea contro le fake news e la disinformazione in ambito scientifico – uniscono le forze e organizzano l’iniziativa di divulgazione “Stregati dalla Luna” con il duplice obiettivo di avvicinare alla conoscenza del nostro meraviglioso satellite naturale il pubblico di adulti e bambini e di scardinare tutte le false credenze relative alla Luna. L’iniziativa prenderà il via nel mese di settembre 2024 con una rassegna di eventi in molte città italiane, puntate speciali del podcast Radio CICAP e articoli dedicati su queryonline.it, in concomitanza con l’“International Observe the Moon Night”, la manifestazione internazionale che tutti gli anni punta i riflettori sulla Luna.  Da sempre fonte di grande fascino e meraviglia e oggetto di studio da parte dell’uomo, la Luna è purtroppo anche protagonista di false notizie, ormai ampiamente dilaganti sul web. Soprattutto nei tempi recenti, caratterizzati da un rinnovato entusiasmo per l’esplorazione spaziale grazie alla missione lunare “Artemis”, la Luna è sempre più al centro di fake news. C’è chi crede che lo sbarco dell’uomo sulla Luna non sia mai avvenuto, chi pensa che la Luna abbia effetti sulle nascite dei bambini o sulla crescita delle piante e dei capelli e tanto altro. La collaborazione tra la UAI e il CICAP, in occasione dell’iniziativa “Stregati dalla Luna”, mira proprio a mettere in guardia tutti sulle principali bufale astronomiche e a gettare le basi per una corretta informazione scientifica. Per l’iniziativa “Stregati dalla Luna” scendono in campo le delegazioni e associazioni dell’UAI e il CICAP. Dal 7 al 20 settembre 2024 sono in programma ben sedici eventi lungo tutto lo stivale dedicati alla fascinosa Luna. Negli eventi ci sarà ampio spazio per conferenze dedicate alla scoperta dei segreti della Luna e all’illustrazione e all’analisi critica di leggende metropolitane a essa collegate, a cura di esperti del settore astronomico; per spettacoli sotto la cupola del planetario – formidabile strumento di simulazione del cielo – per vivere un’esperienza di full immersion nel mondo dell’astronomia, e naturalmente per le osservazioni all’oculare del telescopio per cogliere tutti i dettagli del nostro satellite naturale.  In particolare, l’iniziativa “Stregati dalla Luna” – appuntamento irrinunciabile per tutti i curiosi e gli appassionati di astri – vede il coinvolgimento dell’Associazione Astronomica Umbra, del Parco astronomico “La Torre del Sole”, del Gruppo Astrofili Rozzano, dell’Associazione Astrofili Bisalta, dell’Associazione Tuscolana di Astronomia “Livio Gratton”, dell’Associazione Astrofili Vittorio Veneto, del Gruppo Astrofili Deep Space, del Gruppo Astrofili William Herschel, del Centro Ibleo Studi Astronomici “Pleiades”, dell’Associazione Ravennate Astrofili Rheyta, del Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino, dell’Associazione Astrofili “Alpha Gemini”, dell’Associazione Astrofili Valdinievole “A. Pieri”, del Gruppo Astrofili Beneventani e dell’Organizzazione Ricerche e Studi di Astronomia.  Tra gli esperti coinvolti negli appuntamenti scientifici dedicati alla Luna, in qualità di relatori delle conferenze, la ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sara Cutini, l’ingegnere Luca Boschini, socio del CICAP ed esperto di strumentazione elettronica applicata all’astronomia, il Direttore del Parco astronomico “La Torre del Sole” Davide Dal Prato, l’ingegnere e vicepresidente del CICAP Andrea Ferrero, il fisico Luigi Fontana, il fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana Ettore Perozzi, il matematico e informatico Luca Antonelli, il giornalista e autore del blog “Il Disinformatico” Paolo Attivissimo, il ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino – Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) Alberto Vecchiato, l’astrofotografa Marcella Giulia Pace, il responsabile della Commissione “Ricerca” dell’UAI Salvo Pluchino, l’astrofisico e direttore del Planetario de L’Unione Sarda Manuel Floris, la storica della scienza Maria Giulia Andretta, l’astronomo dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri – INAF Gianni Comoretto, l’astronoma e direttrice di Coelum Molisella Lattanzi, il filosofo Filippo Onoranti, il Professore di Elettronica dell’Università di Pisa e astrofilo Massimo Macucci, il Professore di Astronomia e Astrofisica dell’Università “Federico II” di Napoli Giovanni Covone.  A ospitare gli eventi dell’iniziativa “Stregati dalla Luna” saranno le città di Magione (PG), Brembate di Sopra (BG), Cuneo, Rozzano (MI), Rocca di Papa (RM), Vittorio Veneto (TV), Lecco (LC), Torino, Ragusa, Cagliari, Ravenna, Montelupo Fiorentino (FI), Castellano (FM), Monsummano Terme (PT), San Giorgio del Sannio (BN) e Ventimiglia di Sicilia (PA).  “Il fascino ancestrale dell’astronomia e, in particolare, della Luna è spesso l’elemento che fa avvicinare molti di noi alla scienza, come semplici curiosi, come appassionati, come ricercatori. D’altro canto, la dimensione scientifica, con la curiosità e il pensiero critico che la caratterizzano, è un elemento essenziale della cultura umana in generale. Ci è sembrato quindi naturale unire le forze con il CICAP per promuovere l’astronomia, la scienza e il pensiero critico partendo dalla nostra vicina di casa: la Luna”, afferma il Presidente dell’UAI Luca Orrù. “Le leggende metropolitane e le teorie del complotto relative alla Luna da sempre danno molto lavoro al CICAP. Con questa iniziativa cercheremo di fare chiarezza su alcuni dei falsi miti che la riguardano, con l’aiuto dei nostri esperti, e approfitteremo dell’occasione per raccontare che cosa dice davvero sull’argomento la ricerca scientifica. Insomma, terremo lo sguardo rivolto al cielo ma i piedi ben saldi a terra e il nostro obiettivo come sempre sarà quello di promuovere la curiosità, lo spirito critico e la mentalità scientifica”, dichiara il Vicepresidente del CICAP Andrea Ferrero. Coelum Astronomia è Media partner dell’iniziativa “Stregati dalla Luna”. 

    Programma delle iniziative

    7 settembre: Magione (PG)

    Dalla Terra alla Luna La ricercatrice Sara Cutini ci accompagnerà in un viaggio affascinante alla scoperta dei tanti volti della Luna. Dallo sbarco dell’uomo alle tante credenze che le ruotano attorno potremo anche noi partire alla volta di questo meraviglioso satellite. L’evento vuol essere un invito a dotarsi di spirito critico per non svegliarsi più con la Luna storta e avvicinarsi alla sua conoscenza con razionalità. Modererà Raffaele Silvani, Fisico della Materia e ricercatore presso il Dipartimento di Fisica e Geologia dell’università degli studi di Perugia. Ti aspettiamo il 7 settembre 2024 dalle 16.00 presso il Museo della Pesca del Lago Trasimeno (Lungolago Della Pace e Del Lavoro 20, San Feliciano, Magione -PG-) per attività nel planetario e osservazione del sole. Dalle 18.00 conferenza con Sara Cutini, seguita per chi vuole da un apericena in attesa delle osservazioni della Luna e del cielo notturno Si consiglia l’iscrizione al seguente link: https://bit.ly/SDLMagione Si ringrazia il Comune di Magione, Terre del Perugino Trasimeno Musei, L’orologio BU Sistema Museo, Proloco San Feliciano e Lega Navale Italiana sezione Trasimeno.

    11 settembre

    Brembate di Sopra (BG)

    La Luna tra scienza e credenze La Luna, cosa sappiamo del nostro satellite naturale? Come si è formata ed evoluta, secondo le più moderne conoscenze astronomiche e le più recenti missioni scientifiche, la compagna che rischiara le nostre notti? Ed è proprio vero che fu visitata dagli astronauti americani mezzo secolo fa o fu una ricostruzione girata in studio a Hollywood? Perché non ci siamo più tornati da allora e quando ci torneremo? Davide Dal Prato e Luca Boschini ci aiuteranno a rispondere a queste e ad altre domande. Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura dell’associazione astrofila La Torre del Sole. Ti aspettiamo l’11 settembre 2024 alle ore 20.30 presso il Parco Astronomico “La Torre Del Sole” – Via Caduti sul Lavoro 2 (ang. Via B. Locatelli) – 24030 Brembate di Sopra (BG) Partecipazione gratuita senza prenotazione.

    12 settembre

    Rozzano (MI)

    “Complotti e credenze… al chiaro di Luna”  Sulla Luna non ci siamo mai stati, lo sbarco è un falso girato da Kubrick. Con la Luna piena nascono più bambini. La super Luna provoca i terremoti. La Luna influenza l’imbottigliamento del vino. Oppure no? In questa chiacchierata con Luigi Fontana esamineremo queste ed altre “”dicerie”” legate al nostro satellite, e scopriremo alcuni strumenti da inserire nella nostra cassetta degli attrezzi per orientarci tra miti e leggende. A seguire si terrà l’osservazione del cielo in collaborazione con il Gruppo Astrofili Rozzano. Ti aspettiamo il 12 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Civico Osservatorio Astronomico di Rozzano – via Palmiro Togliatti 105, Rozzano, Milano Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria ai link: https://bit.ly/CICAP-UAI-Rozzano oppure https://www.eventbrite.it/e/biglietti-conferenza-complotti-e-credenze-al-chiaro-di-luna-933239724137 “

    13 settembre

    Rocca di Papa (RM)

    “Cosa hanno in comune la luna e la musica? Non possiamo dirtelo subito ma ti aspettiamo al “Rock Around the Moon” per una serata indimenticabile dove sarai tu il protagonista! In questo evento, il pubblico avrà un ruolo fondamentale e sarai tu a scegliere le canzoni che accompagneranno la nostra esplorazione della Luna insieme al fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana Ettore Perozzi. Ogni brano selezionato guiderà una discussione su affascinanti temi astronomici legati al nostro satellite naturale. Ma non finisce qui! Infatti, potrai alzare lo sguardo al cielo per osservazioni dirette della Luna e delle stelle, accompagnato da esperti che ti sveleranno i “misteri” dell’universo. Non perdere l’occasione di vivere la magia della musica e dell’astronomia in un evento dove le tue scelte faranno brillare la notte! Ti aspettiamo il 13 settembre a partire dalle ore 20.00 presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, via Lazio 14 località Domatore, Rocca di Papa (RM) Ingresso: gratuito con prenotazione. Turno A (20,00): https://bit.ly/SDLLazioTurnoA Turno B (21.00): https://bit.ly/SDLLazioTurnoB

    Vittorio Veneto (TV)

    Le tante facce della Luna La Luna accompagna da sempre le vicende umane, e gli uomini si sono convinti che questa compagnia non possa essere casuale, associando alle fasi lunari i fenomeni più svariati, dalle nascite alla crescita dei capelli, alle operazioni da effettuare nell’orto. Queste presunte correlazioni sono state oggetto di studi scientifici, ma possiamo veramente dire di aver trovato qualcosa? Ne parleremo con Luca Antonelli. A seguire ci sarà l’osservazione del cielo con i telescopi messi a disposizione dall’Associazione Astrofili Vittorio Veneto.  Vi aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 20.45 presso l’Area Parco Fenderl, via San Gottardo 91, Vittorio Veneto.  Partecipazione libera.

    Lecco (LC)

    “Balle spaziali” C’è chi dice che lo sbarco sulla Luna fu simulato in uno studio a Hollywood, che i russi hanno nascosto la morte di tanti cosmonauti, che un asteroide ci colpirà nel 2036 e che la NASA nasconde le prove degli extraterrestri che sono su Marte e sulla nostra Terra. L’esplorazione spaziale ha generato miti e leggende che è necessario smontare per poter scoprire il fascino e i drammi delle avventure reali, spesso più incredibili di qualunque leggenda. Paolo Attivissimo, giornalista scientifico, autore del libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” e del documentario spaziale “Moonscape”, mette da parte scientificamente i miti e ci porta nello spazio vero insieme ai pionieri del cosmo. Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili Deep Space. Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Planetario Città di Lecco – C.so Matteotti, 32 – 23900 Lecco (LC) La partecipazione all’evento è gratuita con prenotazione obbligatoria. Prenota qui: https://bit.ly/CICAP-UAI-Lecco oppure https://forms.gle/hMd5GW8dFPrWpsVq9 

    Torino

    “Un mondo lunatico! Le bufale lunari non sono affatto un fenomeno nuovo e, anzi, nel passato siamo riusciti a fare molto di meglio! Un cambiamento, però, c’è stato, perché le bufale ora sono improntate ad un senso di sfiducia e di pessimismo. Alcune idee invece sono rimaste le stesse nel tempo, come per esempio la supposta influenza della Luna sulle nascite e sull’agricoltura. Ma è tutto veramente una bufala? E anche se lo fosse, come mai hanno così successo? Lo scopriremo insieme ad Alberto Vecchiato, Primo Ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino. Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Mausoleo della Bela Rosin – Str. Castello di Mirafiori, 148/7, Torino. Ingresso libero e gratuito. A seguire osservazioni del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili William Herschel

    14 settembre

    Ragusa Ibla

    “Luna e l’altra: verità e false congetture sul nostro satellite”  Con Marcella Giulia Pace e Salvo Pluchino esploreremo i misteri del nostro satellite naturale, svelando curiosità scientifiche e sfatando le più comuni leggende metropolitane e fake news. Attraverso un intreccio di divulgazione e rigore scientifico, impareremo a distinguere i fatti dalle falsità, rendendo omaggio alla bellezza e complessità della Luna. A seguire osservazione con i telescopi a cura del CISA di Ragusa. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 18.30 presso l’Antico Convento (Giardini Iblei), viale Margherita 41, Ragusa Ibla Per assistere alla conferenza è necessaria la prenotazione al seguente link: https://www.centroibleostudiastronomici.it/pages/contact/

    Cagliari

    Stregati dalla Luna La Luna, da sempre musa ispiratrice di poeti e narratori, suggerisce però anche bufale e complotti. Il Planetario di Cagliari, con il patrocinio del CICAP e della UAI, organizza una conferenza sulla Luna e sulle bufale che nascono intorno ad essa. L’astrofisico Manuel Floris ci parlerà della teoria del complotto secondo cui lo sbarco sulla Luna non sarebbe mai avvenuto. Alla conferenza seguirà il momento di osservazione della Luna attraverso il telescopio del Planetario.  Ti aspettiamo il 14 settembre 2024, alle ore 20.00 presso il Planetario de L’Unione Sarda (Piazza L’Unione Sarda) a Cagliari.  La partecipazione all’evento prevede un costo di 6,50€ Per ulteriori informazioni e prenotazioni chiamare al numero 0706013552

    Cuneo

    “Dalla Terra alla Luna – Le leggende metropolitane sull’esplorazione del nostro satellite” La Luna è da sempre oggetto di superstizioni e credenze popolari, ma con lo sviluppo dell’era spaziale è finita al centro anche di una serie di leggende metropolitane e teorie del complotto, da quella più famosa che vede nello sbarco sulla Luna del 1969 una messinscena ordita dalla NASA, a quella meno nota che al contrario riferisce di varie missioni lunari segrete alla caccia di manufatti alieni. In questo incontro con Andrea Ferrero esamineremo alcune di queste leggende con l’obiettivo di fare chiarezza in merito e di capire che cosa ci riserva davvero in futuro l’esplorazione del nostro satellite.  Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 20.30 presso il Liceo Scientifico Peano, Corso Giolitti 11, Cuneo. A seguire osservazione della Luna al telescopio presso la specola del Liceo. Ingresso libero e gratuito.

    Ravenna

    Per secoli l’umanità ha sognato di raggiungere la Luna aiutandosi, in primis con la fantasia, e poi con cannocchiali e telescopi per poterla osservare più da vicino. Tuttavia, a qualche anno dalla sua conquista, si iniziano ad avere dubbi sulle imprese spaziali, risultato di una serie di incertezze che intrecciano cronaca, cinema e immaginario sci-fi.  Se vuoi scoprire come sono avvenute le prime osservazioni del nostro satellite, come ha avuto origine la prima bufala scientifica, come e quali sono stati i presupposti dello sbarco dell’uomo sulla Luna ti aspettiamo sabato 14 settembre 2024, alle ore 21:00, presso il Planetario di Ravenna, Viale Santi Baldini 4/a. Dalle ore 22.00 osservazione del cielo al telescopio a cura della delegazione UAI Associazione Ravennate Astrofili Rheyta (ARAR). Ingresso libero Programma della serata Introduzione e saluti istituzionali  “Breve storia delle osservazioni lunari” a cura di Paolo Morini (ARAR-UAI)   “Le origini del complotto più costoso della storia dell’uomo” a cura di Maria Giulia Andretta (CICAP) Sessione con domande del pubblico  Ore 22: – Osservazione guidata della Luna al telescopio. In caso di condizioni meteo avverse sarà proiettato e commentato il cortometraggio “”Le Voyage dans la Lune”” di Georges Méliès (1902)

    Montelupo Fiorentino (FI)

    “La Luna storta” Alla Luna da sempre sono attribuiti effetti su moltissimi aspetti della nostra vita: nascite, umore, crescita degli ortaggi, vino, terremoti…ma cosa c’è di vero? Esistono meccanismi plausibili per cui la Luna potrebbe avere questi effetti? Qualcuno ha provato a controllare, ad esempio, se nascono più bambini, se il vino viene migliore, se ci sono più ricoveri in psichiatria con la Luna in determinate fasi? In realtà sì, anche se si tratta di un terreno talmente sconfinato che si può solo grattarne la superficie. Vedremo insieme all’astronomo Gianni Comoretto quello che si sa, gli effetti reali, e quello che magari ci piacerebbe continuare a credere. Al termine della conferenza, negli spazi antistanti l’osservatorio, si terrà l’osservazione lunare in collaborazione con il Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024, alle ore 21.00, presso l’Osservatorio astronomico “Beppe Forti” Via di San Vito, SNC, 50056 – Montelupo F.no (FI) Ingresso libero.

    Castellano (FM)

    “Tutta la verità sulla Luna”  Prima Parte. I miti e le leggende legate alla Luna. Perché, nonostante la vicinanza che ne favorisce uno studio approfondito, circolano ancora false credenze sull’astro argentato che dall’inizio dei tempi ci accompagna?  Seconda parte. Alla scienza serve la filosofia? E se sì, perché? La risposta è più scandalosa di quanto non si possa immaginare: alla scienza serve la filosofia poiché “la scienza” si occupa di ciò che possiamo conoscere, e questo tocca da vicino il vero ed il falso. La filosofia ha scoperto, o anche soltanto compreso, che la verità è in se stessa una china scivolosa, e che per ragionare occorre metterla fra parentesi e circoscriverla. La filosofia ha per così dire imparato nei secoli a sognare una Verità, maiuscola e assoluta, ma ad agire nel mondo dei fenomeni traducendola in verità locali; alla cui natura minuscola non segue alcun depotenziamento ma che anzi proprio da ciò trae la sua esistenza.  Il dialogo che Molisella Lattanzi e Filippo Onoranti intrecceranno avrà l’ambizione di individuare i nodi determinati di quanto accennato e di farne oggetto della più libera e insieme rigorosa disamina. Contestualmente alla conferenza ci sarà l’opportunità di fare delle osservazioni della Luna a cura dell’Associazione Astrofili Alpha Gemini.  Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 21:00 presso l’Osservatorio astronomico elpidiense, Via Pier Paolo Pasolini, 63811 Castellano (FM)  Ingresso libero.

    Monsummano Terme (PT)

    “Realtà e fantasie sulla Luna” Cosa sappiamo davvero sulla Luna e sui suoi effetti? Cercheremo di scoprirlo insieme a Massimo Macucci. Dopo una breve introduzione sulla Luna, sulla morfologia della sua superficie, sul suo moto orbitale e sulle maree, passeremo a discutere le teorie del complotto che intenderebbero negare la realtà delle missioni NASA sulla Luna ed esamineremo le ragioni per cui tali teorie sono prive di fondamento. Successivamente prenderemo in esame un’altra credenza abbastanza diffusa: i presunti effetti negativi della cosiddetta “”superluna””, vale a dire del plenilunio che si verifica quando la Luna è in prossimità del perigeo, per cui appare un po’ più grande, e vedremo quale sia la vera entità delle differenze rispetto a una qualunque altra condizione di plenilunio. Concluderemo poi parlando delle molto diffuse convinzioni sull’effetto che le fasi lunari avrebbero sulla semina e su un’altra serie di attività umane, esaminando quali sono le conclusioni degli studi scientifici al riguardo. Al termine della conferenza ci sposteremo insieme a Parco Orzali (di fronte al parcheggio della Coop), a circa 10 minuti a piedi, per le osservazioni della Luna a cura dell’Associazione Astrofili Valdinievole A. Pieri Ti aspettiamo il 14 settembre alle ore 21.00 presso la Biblioteca comunale Giuseppe Giusti, Piazza Martini 10, Monsummano Terme (PT) Ingresso libero

    San Giorgio del Sannio (BN)

    “Stregati dalla Luna”  La Luna è nata da un catastrofico evento fortuito, miliardi di anni fa, eppure ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione della vita, nella stabilità dell’asse di rotazione terrestre e oggi nell’esplorazione umana del cosmo. Con Giovanni Covone parleremo del nostro rapporto con la Luna, delle scoperte e avventure spaziali da Parmenide alla missione Artemide, dei misteri che ancora nasconde, e anche delle bufale che (paradossalmente) nella nostra era confusa si accompagnano sempre ai progressi della scienza. Seguirà l’osservazione della Luna a cura del Gruppo Astrofili Beneventani Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il FatBoy Pub, via Fontananaisi 21, San Giorgio del Sannio (BN). Ingresso libero.

    20 settembre

    Ventimiglia di Sicilia (PA)

    “Luna e stelle tra miti e leggende” Siamo stati davvero sulla Luna? Oppure è tutta una finzione architettata da registi visionari? Se l’allunaggio c’è stato davvero allora perché non ci siamo più tornati? Cercheremo le risposte a queste e ad altre domande insieme a Luca Boschini. Dopo la conferenza seguiranno osservazioni da diversi telescopi dislocati nel piazzale e da quello nella cupola dell’Osservatorio. I Divulgatori dell’associazione ORSA ci mostreranno la Luna e le costellazioni visibili raccontando i miti ad esse collegati.  Ti aspettiamo il 20 settembre 2024 alle ore 21.00 presso l’Osservatorio Astronomico Giorgio Puglia, via dell’Orto 7, Ventimiglia di Sicilia (PA) Per info e iscrizioni: orsapalermo1984@gmail.com

    UNIONE ASTROFILI ITALIANI

    L’Unione Astrofili Italiani (UAI) è l’Associazione nazionale che riunisce tutti coloro che amano il cielo, dal 1967 un punto di riferimento culturale, organizzativo e motivazionale per tutti gli astrofili. L’UAI conta tra le sue fila oltre 60 Delegazioni e relativi Osservatori astronomici e Planetari pubblici diffusi su tutto il territorio nazionale, in prima linea nella promozione e diffusione della cultura scientifica. Le attività portate avanti da oltre 50 anni dalla UAI ricadono in diversi ambiti: della didattica, della formazione, della divulgazione e della ricerca amatoriale in campo astronomico e della lotta all’inquinamento luminoso. L’attività culturale prodotta dalla UAI aiuta la comunità scientifica nazionale e internazionale ed è da questa valutata come un significativo contributo all’avanzamento delle conoscenze e alla diffusione dell’astronomia.  Per seguire la UAI www.uai.it 

    COMITATO ITALIANO PER IL CONTROLLO DELLE AFFERMAZIONI SULLE PSEUDOSCIENZE

    Il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) è un’associazione di promozione sociale, scientifica ed educativa, che promuove un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, del paranormale, dei misteri e dell’insolito con l’obiettivo di diffondere il metodo scientifico e lo spirito critico. Il CICAP nasce nel 1989 per iniziativa di Piero Angela e di un gruppo di scienziati, intellettuali e appassionati, ed è oggi presieduto dal professor Lorenzo Montali. Il CICAP svolge un’attività costante di formazione e divulgazione, con appuntamenti, incontri, convegni e corsi di formazione. Per seguire il CICAP www.cicap.org Facebook @cicap.org | Instagram @cicap_it | X @cicap |Telegram @cicap

    SDM: il “Buiometro” fai-da-te

    di Luca Bonardi

    ABSTRACT

    Fin da giovane, il mio interesse per la meccanica, l’elettronica e l’ingegneria, è cresciuto di pari passo con la mia inesausta curiosità di capire il funzionamento delle cose, smontando e rimontando – per la gioia dei miei genitori – ogni sorta di oggetto che mi capitasse tra le mani: un approccio sperimentale, un’attitudine alimentata dall’ammirazione che nutrivo per mio nonno e per la sua “arte di arrangiarsi”. Oggi abbiamo la fortuna di avere l’accesso gratuito ad una quantità di informazioni e risorse praticamente illimitate, possiamo costruire e creare qualcosa partendo quasi da zero e tutto è diventato molto più facile, a patto di sapere dove e cosa cercare. In queste pagine vi racconterò l’ avventura che ha portato alla creazione di questo mio SDM (Sky Darkness Meter), o “Buiometro” per gli amici, esplorando le idee, le sfide affrontate, le soluzioni adottate sia per lo strumento sia per cercare di prendere sonno la notte senza pensarci troppo.

    Perché costruire un “SDM”?

    Risposta breve: per curiosità. Risposta non ufficiale: perché ritengo che l’unica alternativa simile disponibile sul mercato, seppure affidabile, sia ormai un po’ obsoleta, oltre che non particolarmente economica. Confesso che da quando ho iniziato a fare osservazione e poi astrofotografia ho desiderato avere un qualcosa che, più che dare un valore “assoluto” alle condizioni di buio del cielo, mi permettesse di fare confronti fra le diverse situazioni… fidarmi del buon vecchio “occhio” non mi bastava più. Ho trovato molti spunti in rete, nessuno dei quali mi ha mai convinto fino in fondo: progetti pronti, smart, molto articolati e ben fatti, nei quali però ho sempre trovato qualche pecca: errori di conversione fra le grandezze, superficialità nelle misure, scarsa ripetibilità, algoritmi poco convincenti. Da qui la decisione di tentare – per l’ennesima volta – la più impegnativa strada dell’autocostruzione.

    Un po’ di teoria

    L’acronimo comunemente utilizzato, “Sky Quality Meter“, potrebbe fuorviare: il valore SQM rappresenta la luminanza del cielo in mag/arcsec^2 (o MPSAS, Magnitude Per Square Arc Second), e varia da 16.00 per i cieli più chiari a 22.00 per quelli più bui. Questo numero non riflette direttamente la qualità del cielo e, oltre a non essere propriamente definibile una grandezza in senso stretto, è influenzato da vari fattori come la trasparenza o il seeing; semplicemente fornisce un’indicazione di “quanto è buio” l’angolo di cielo che misuriamo, da qui la scelta del nome Sky Darkness Meter. Non esistendo sensori in grado di rilevare direttamente l’oscurità del cielo, si deriva la misura semplicemente valutandone la luminosità attraverso un piccolo miracolo dell’optoelettronica.

    Il sensore

    Sensore Buiometro
    Sensore Buiometro
    Per il mio strumento mi sono affidato allo stesso sensore utilizzato nello strumento SQM di Unihedron, il TSL237: questo componente, combinando un fotodiodo con un convertitore di corrente, genera un segnale elettrico digitale sotto forma di onda quadra ad una data frequenza. Tale frequenza è direttamente proporzionale proprio all’irradianza (flusso luminoso radiante per unità di superficie) sul fotodiodo; misurando la frequenza del segnale, con una formula abbastanza semplice, si arriva al valore SQM che ci interessa. Perchè proprio il TSL237? Studiandone le caratteristiche e confrontandole con altri componenti simili ho capito che è perfetto per lo scopo: molto sensibile alle basse luminosità, stabile in un ampio range di temperature (da -40 a +85°C), ha un bassissimo “rumore” di misura (dark frequency), è un sensore digitale pronto all’uso e soprattutto è molto veloce. A tal proposito, giusto per fare un esempio, vi descrivo la stessa situazione con una delle alternative disponibili sul mercato, il TSL235:
    grafici irradianza Buiometro
    grafici irradianza Buiometro
    Osservando i due grafici in figura, a parità di irradianza, per esempio a 0.001 μW/cm2  (valore che corrisponde a un SQM di 18.00), il sensore TSL237 genererebbe un segnale a 2.3 Hz, leggendo un valore in 0.5”, mentre il TSL235 si fermerebbe a 0.8Hz … in pratica impiegherebbe quasi il triplo del tempo per avere la stessa misura e, prevedendo di fare una media di più valori, si arriva a parecchi minuti per avere un risultato sotto cieli molto bui, impensabile. Nella versione digitale formato sfogliabile a questo link: https://www.coelum.com/coelum-digitale/coelum-astronomia-267-2024-digitale  è disponibile il box “LA MATEMATICA DEL BUIO” con le espressioni necessarie al calcolo matematico dei valori di buio (riservato utenti QUASAR).

    I primi test e prototipi

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    L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

    CHARGE BANK per Astrofotografi Itineranti

    Charge Bank di Carmelo Algeri
    Charge Bank di Carmelo Algeri

    ABSTRACT

    Ti è mai capitato che nel momento più bello si spegnesse tutto? Proprio quando stai per catturare l’immagine perfetta del cielo stellato, l’energia si esaurisce, lasciandoti al buio e senza possibilità di continuare. È esattamente per evitare queste situazioni frustranti che l’autore ha deciso di costruire un alimentatore da campo personalizzato, progettato per garantire autonomia energetica durante le sessioni di astrofotografia. Utilizzando una potente batteria LIFEPO4 da 100Ah, ha creato una power box leggera, efficiente e capace di alimentare tutta l’attrezzatura per oltre 20 ore. Con questo progetto, non solo si risolvono i miei problemi di alimentazione, ma si può sperimentare la soddisfazione di costruire qualcosa su misura per le proprie esigenze, evitando costose soluzioni preconfezionate. Se anche tu hai bisogno di un sistema di alimentazione affidabile e vuoi cimentarti in un progetto fai-da-te, questa guida ti mostrerà come fare.

    ALIMENTATORE DA CAMPO AUTOCOSTRUITO

    Nel mio percorso di astrofotografo itinerante ho sempre avuto la necessità di possedere una fonte di energia che mi garantisse un’autonomia per almeno due sessioni fotografiche. Da qui è nata l’idea di autocostruire una power box fatta su misura per le mie esigenze, e quindi affidandomi alla mia scarsa conoscenza dell’elettronica ma consapevole di essere un grande smanettone, ho messo in pratica un progetto che avevo in testa da diverso tempo e che ho ultimato con l’acquisto di una batteria LIFEPO4, la quale a differenza delle classiche batterie al piombo, può garantire delle prestazioni maggiori e cicli di carica/scarica almeno 10 volte superiori.

    Charge Bank per Astrofotografia
    Charge Bank per Astrofotografia

    Per la realizzazione mi sono avvalso di una classica cassetta degli attrezzi reperibile in qualsiasi ferramenta o centro di bricolage, ho preferito prenderne una molto capiente in modo da poterci inserire eventuali accessori o cavetterie varie e inoltre che avesse degli scomparti in cui inserire i vari connettori e display.

    Il suo funzionamento è molto semplice, la tensione 12V CC parte ovviamente dalla batteria principale una lifepo4 da 100AH e arriva ad un display digitale che mi consente di monitorare la corrente che assorbe tutto il carico. Da qui in serie fino ad un piccolo convertitore booster che la trasforma e la mantiene costante; può essere impostato agendo tramite una piccola vite da un minimo di 3V ad un massimo di 35V, (Figura 1) io lo mantengo intorno ai 13,3V questo consente alla montatura, una EQ6 di funzionare senza alcun problema anche durante i goto.

    Display della Charge Bank
    Display digitale per il controllo dell’assorbimento corrente, convertitore booster, presa accendi sigari e prese USB per ricarica rapida

    Successivamente l’uscita del booster viene inviata a due morsettiere (una per il polo positivo ed una per il negativo) dalle quali parte l’alimentazione per ogni singolo connettore (Figura 2):

    Morsettiere di distribuzione della Charge Bank
    Morsettiere di distribuzione

    • 1 presa accendisigari per il collegamento del notebook (Figura 1)
    • 6 prese DC da pannello per il collegamento di fasce anticondensa, montatura, camera di ripresa, focheggiatore (Figura 3)
    • 1 HUB USB 3.0 per il collegamento di camera guida, camera di ripresa, focheggiatore (Figura 3)
    • 2 prese USB per la ricarica rapida di un telefono o tablet (Figura 1)

    Prese per Charge Bank
    Prese DC da pannello e USB 3.0 per Charge Bank

    Sulla parte laterale della cassetta ho ricavato due connettori: uno serve per la ricarica della batteria, ad esso infatti è collegato un carica batterie da 20A che mi consente una ricarica completa in circa 5 ore (Figura 4), accanto un altro connettore collegato direttamente ai poli positivo/negativo consente l’aggiunta di un ulteriore eventuale batteria in parallelo (Figura 5).

    Ho misurato che in media tutto il setup con ogni componente collegato e simulando una sessione di ripresa in funzione assorbe circa 5Ah per cui con una batteria da 100A dovrei poter alimentare tutto per circa 20 ore.

    Connettore per ulteriore batteria in parallelo

    Carica Batterie da 20A

    Prezzi

    Devo dire che ho costruito questo alimentatore da campo in diversi step e in svariati mesi quindi dal punto di vista economico la spesa non ha inciso molto avendo aggiunto un pezzetto per volta. L’unico componente che incide per circa la metà del costo totale è sicuramente la batteria. Facendo due conti il costo di tutta la componentistica si aggira intorno ai 400 euro, ma nulla vieta ovviamente di poter utilizzare batterie dalle prestazioni inferiori con costi praticamente dimezzati.

    Vantaggi

    • Il peso di tutta la powerbox risulta essere circa 1/3 rispetto a quelle tradizionali con batterie al piombo
    • Cicli di carica/scarica una batteria lifepo4 può eseguire fino a 2000 cicli contro i 300 di quelle classiche
    • Infatti può essere scaricata fino al 95% della sua capacità nominale, contro il 50% di una batteria al piombo

    Svantaggi

    • L’unico svantaggio che al momento mi viene in mente è sicuramente il costo della batteria visto che ancora il prezzo di una LIFEPO4 non si può considerare proprio economico.

    Conclusioni

    Sicuramente per la costruzione di questa stazione di alimentazione occorre un minimo di manualità con strumenti tipo saldatore a stagno, multimetro, o minidremel, non credo bisogna essere dei grandi esperti di elettronica, io non lo sono affatto, e ho fatto tutto seguendo qualche tutorial qua e là. Ovviamente in giro per la rete si possono trovare delle soluzioni già pronte al costo di meno di 1000 euro ma vuoi mettere la soddisfazione di costruirsi qualcosa secondo le proprie esigenze?

    Spero quindi di aver fatto cosa gradita a chi intende cimentarsi nella costruzione e ringrazio la rivista Coelum per avermi dato la possibilità di condividere il mio progetto.

    L’articolo è pubblicato in Coelum 267

    ARP 122 Quando Uno + Uno (alla fine) fa UNO

    Arp 122 immagine Hubble
    L'immagine mostra le due galassie NGC 6040 e LEDA 59642 in collisione nel formare Arp 122. Crediti: ESA/Hubble & NASA, J. Dalcanton, Dark Energy Survey/DOE/FNAL/DECam/CTIO/NOIRLab/NSF/AURA Acknowledgement: L. Shatz

    ABSTRACT

    Arp 122, distante circa  570 milioni di anni luce dalla Terra e nella Costellazione di Ercole, descrive la collisione di due galassie. Le galassie coinvolte sono NGC 6040, una spirale distorta visibile di taglio, e LEDA 59642, una spirale tondeggiante. Durante la collisione, il disco di NGC 6040 si è inclinato e i suoi bracci si sono deformati, estendendosi verso LEDA 59642. Questo evento cosmico provoca variazioni nelle orbite delle stelle, gas e polveri all’interno delle galassie, spesso portando alla formazione di una nuova galassia ellittica. Nonostante le significative perturbazioni, le stelle raramente collidono tra loro a causa delle immense distanze. Tuttavia, il materiale interstellare può comprimersi, accelerando la formazione stellare, come osservato in NGC 6040. Oltre alla fusione, le galassie stanno precipitando verso il centro dell’Ammasso di Ercole, subendo un processo noto come “ram-pressure stripping“, che priva le galassie del gas necessario per la formazione di nuove stelle. Si prevede che i buchi neri supermassicci al centro delle due galassie si avvicineranno fino a fondersi, generando intense onde gravitazionali. Le interazioni e le collisioni tra galassie, più comuni nell’Universo primordiale, sono state fondamentali nell’evoluzione delle galassie moderne.

    Durante i mesi estivi, grazie alla sua elevata posizione nel cielo, questa zona è favorevole per l’osservazione in Italia, anche se la breve durata delle notti estive limita il tempo per accumulare sufficiente segnale luminoso.

    Collisione Galattica : due Galassie in Una

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    OVERALL PHOTONS cresce la voglia di condivisione

    M101 nella versione di Andrea Iorio del progetto Overall Photons
    M101 nella versione di Andrea Iorio del progetto Overall Photons

    Il 17 agosto scorso tre giovani astrofotografi hanno lanciato nuovo progetto “OVERALL PHOTONS” partorito dalla desiderio di condividere i dati amatoriali per lavorare in comune su specifici target.

    Passano gli anni e nuove generazioni si affacciano alla grande passione per l’Astronomia e l’Astrofotografia, inondando il settore con nuova vitalità ma anche ispirando nuovi approcci. Il più significativo da un punto di vista (POV come direbbero loro!) puramente sociale è la smisurata propensione alla condivisione. Un modus operandi quello della condivisione che già si è fatto notare nei progetti di Science Citizen oppure nel più nostrano e più volte citato ShaRA. Tutti volti a migliorare la qualità dei risultanti partendo dall’esigenza comune di dove raccogliere molti e molti dati spendendo ore e ore di tempo tutti. E allora perché non unire le forze? Non solo economiche oppure amatoriali-professionali ma anche capacitive, riporre i tanti giga di dati raccolti sullo stesso soggetto in un unico database e metterli poi a disposizione di tutti per l’elaborazione. Certo più facile a dirsi che a farsi ma intanto la prima pietra è stata posata. I protagonisti dell’impresa sono Andrea Iorio, Fernando Linsalata ed Elisa Cuccu intendi a condividere alcuni dati per una lavoro a sei mani e da li l’idea: aprire il lavoro ad altri contributi e menti sia nazionali che internazionali. Le adesioni non sono tardate e inventare un nuovo nome si è resa subito necessario. Overall Photons, nome che rimanda ai fotoni catturati dai sensori delle camere astronomiche che poi vengono unificati durante l’integrazione dei dati derivanti da diversi astrofotografi. Gli obiettivi di questo nuovo progetto sono molteplici: 1) unione delle forze, per raggiungere centinaia, ma anche migliaia, di ore di integrazione di segnale su specifici target deepsky in modo da ottenere risultati altrimenti complicati da raggiungere 2) condivisione, per permettere a chiunque di avere a disposizione dati cumulativi di buona qualità anche non disponendo di attrezzatura di alto livello o vivendo in località con inquinamento luminoso 3) fare community astrofotografica, per permettere a chiunque di partecipare e contribuire a progetti condivisi e per apportare cambiamento e novità nel modo di fare e concepire l’astrofotografia Il metodo è ovviamente in una fase testing ed è indispensabile mettersi all’opera su campioni reali per individuare tutte le criticità di una simile idea. Primo soggetto scelto su cui cimentarsi: M101, un target molto fotografato e quindi che offre una discreta quantità di dati su cui metter mano. Il primo test ha consentito non solo di sondare l’interesse nel condividere dati da parte di altri astrofotografi ma anche valutare alcuni processi elaborativi per integrare dati che, non dimentichiamo, hanno origini estremamente differenti. Contattati privatamente sono stati in tutto 11,  inclusi i tre ideatori, gli astrofotografi che hanno messo a disposizione i propri dati grezzi  riuscendo a raggiungere così ben 260 ore di integrazione in HaLRGB sulla galassia M101. Lavorare concretamente su M101 ha subito messo in evidenza le potenzialità indiscusse del lavoro di squadra, ma, allo stesso tempo, ha fatto emergere alcune difficoltà tecniche chiave su cui Andrea, Elisa e Fernando sono impegnati per ottimizzare al meglio l’integrazione dei dati e la selezione del materiale grezzo condiviso. Si sta già pensando al prossimo target che vedrà come protagonista la nebulosa Helix. Le modalità e le tempistiche per la partecipazione verranno condivise sui profili social dei tre ragazzi nelle prossime settimane, oltre che nei principali gruppi social di astrofotografia sia nazionali che internazionali. Si respira molto ottimismo anche se la strada di Overall Photons è solo all’inizio ed è ancora molto lunga. Lunga vita alla condivisione! Per qualsiasi informazione su Overall Photons potete contattare e seguire i profili Instagram di: Andrea Iorio: https://www.instagram.com/a_glimpse_of_universe/ Elisa Cuccu: https://www.instagram.com/lislisette_/ Fernando Linsalata: https://www.instagram.com/ostespaceobservatory/ Ecco invece i contatti dei primi 11 pionieri: Elisa Cuccu (Elisa Cuccu) , Fernando Linsalata (Fernando Linsalata), Andre Vilhena (the.cosmic.arena), Gianluca Beccani (Gianluca Beccani), Francesco Radici (Francesco Radici), Reza Hakimi (IG: @rezzolution_), Kyle Fish (IG: @ak.astrophoto), Federico Boninsegna (Federico Boninsegna), Benjamin Rideout (Benjamin Rideout), Andrea Arbizzi (Andrea Arbizzi).

    SAIt la Società Astronomica Italiana oggi

    La squadra italiana in Cina
    La squadra italiana in Cina
    a cura di Roberto Buonanno

    ABSTRACT

    Hai mai immaginato di esplorare l’universo attraverso gli occhi degli antichi astronomi? La Società Astronomica Italiana (SAIt) non solo mantiene viva questa tradizione, ma la reinventa per le nuove generazioni, portando la scienza del cielo nelle mani dei ragazzi con iniziative straordinarie come i Campionati Italiani di Astronomia e il concorso “Giovani astronome/i al TNG”. Dietro le quinte di questi eventi si nasconde un mondo fatto di passione, dedizione e scoperte mozzafiato, dove studenti di tutta Italia si sfidano per conquistare il cielo e i suoi segreti. Ma c’è di più: un progetto rivoluzionario vuole coinvolgere gli studenti nella creazione di un autentico “diagramma dell’orizzonte”, replicando un antico strumento che ha affascinato generazioni di scienziati. Scopri come la SAIt sta cambiando il modo in cui le nuove generazioni vedono e comprendono il cosmo, mescolando storia, scienza e tecnologia in un’avventura che promette di ispirare il futuro dell’astronomia italiana. Non perdere l’occasione di entrare in questo universo affascinante e scoprire come anche tu puoi fare la differenza!

    Introduzione

    Si è appena conclusa la LXV Assemblea dei Soci SAIt che ha confermato la necessità di un aggiornamento dello Statuto della Società. Tutti gli interventi hanno ribadito che la SAIt svolge un ruolo importante per lo sviluppo delle Scienze astronomiche in Italia e che la sua missione di diffusione della cultura scientifica non può che crescere nella prospettiva futura. Solo un’associazione di volontari della diffusione della cultura scientifica, infatti, è in grado di fondere le esperienze e le sensibilità di comunità formalizzate, quali quelle della ricerca, della scuola e dell’Università, ognuna agendo secondo le proprie specifiche finalità istituzionali. Per questo motivo sono grato alla Redazione di Coelum per l’opportunità che mi viene offerta di illustrare alcune delle azioni svolte dalla SAIt nel 2023 e, fra queste, desidero soffermarmi sulle attività svolte a vantaggio delle ragazze e dei ragazzi con lo scopo di trasmettere soprattutto a loro il fascino delle scienze del cielo. Ciò per due motivi. Il primo è che vorrei mostrare quante persone, fra colleghi e amici, siano oggi impegnate nell’attività di volontariato culturale proposta dalla SAIt, il secondo motivo è per far conoscere quanti ragazzi bravissimi e quanti insegnanti di valore ci sono nelle nostre scuole.

    I Campionati Italiani di Astronomia

    I Campionati Italiani di Astronomia (che nelle gare internazionali conservano il nome originale di Olimpiadi), giunti alla XXII edizione, sono una gara di cultura astronomica aperta agli studenti delle scuole superiori e promossa dalla Società Astronomica Italiana in collaborazione con l’INAF e il Ministero dell’Istruzione e del Merito nel quadro delle iniziative per la Valorizzazione delle eccellenze scolastiche del MIM. La competizione ha l’obiettivo di mettere gli studenti in contatto con l’ambiente della ricerca e così promuovere il loro interesse nell’astronomia la quale, non solo è una tra le più antiche scienze della storia umana, ma possiede anche un’evidente valenza multidisciplinare in quanto spazia dalla storia alla filosofia, dalla matematica alla chimica, dalla fisica alla letteratura, all’arte. La procedura dei Campionati è articolata. Si parte da una fase di preselezione alla quale quest’anno hanno partecipato oltre 12000 studenti provenienti da 395 scuole (comprese due scuole italiane all’estero), a cui segue una seconda fase nella quale le giurie interregionali selezionano, fra gli oltre 1000 elaborati che hanno superato la prima fase, i migliori 90 ai quali è riservata la  partecipazione alle finali nazionali. La cerimonia di apertura delle gare finali si è tenuta quest’anno a Reggio Calabria il 16 Aprile alla presenza di autorità locali, rappresentati del MIM e degli Enti sostenitori.  Il giorno seguente si sono svolte le gare vere e proprie presso il Liceo Scientifico Statale “Leonardo da Vinci”. I finalisti si sono cimentati con problemi di Astrofisica teorica, durante la mattina, e su prove pratiche e analisi di dati di Astronomia osservativa, nel pomeriggio. L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
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    ShaRA#8.2 – Galassie Interagenti NGC3169 e NGC3166

    Benvenuti a un nuovo entusiasmante capitolo del progetto ShaRA!

    Dopo avervi stuzzicato con l’affascinante Nebulosa Testa di Delfino, siamo finalmente pronti a condividere i risultati del nostro ultimo sforzo collettivo: ShaRA#8.2 – Danza Cosmica! Questa volta, il nostro team di astrofotografia ha puntato i suoi obiettivi su un gruppo di galassie interagenti che ha catturato l’immaginazione di tutti noi: NGC3169 e NGC3166, nella costellazione del Sestante.

    Questo progetto ha richiesto impegno, precisione e una buona dose di pazienza, con riprese condotte nel cielo cileno e qualche imprevisto tecnico che ha reso il viaggio ancora più avvincente. Ma come sempre, le sfide sono state superate grazie alla passione e alla collaborazione del nostro team!

    Le immagini finali, frutto di un lavoro collettivo e democratico, sono spettacolari e mettono in evidenza la straordinaria bellezza e complessità di questi oggetti cosmici. Siamo entusiasti di presentarvi il risultato di questa avventura cosmica e speriamo che vi lasci senza fiato tanto quanto ha fatto con noi!

    **Restate con noi per scoprire di più e, perché no, unirvi alla nostra prossima sfida!** 🚀✨

    di ShaRA Team

    Introduzione

    Lo abbiamo anticipato col precedente articolo, parlando della bellissima nebulosa testa di Delfino (l’antipasto dell’ottavo progetto del TEAM ShaRA), ora possiamo finalmente condividere il risultato dell’ultimo sforzo del nostro gruppo. Cosa abbiamo fotografato questa volta? Per chi non ci seguisse dalla prima uscita su COELUM, ricordo brevemente che la scelta dei target ripresi nei nostri progetti di astrofotografia remota condivisa viene effettuata con votazione democratica da parte di ogni singolo membro, partendo da una lista di oggetti proposti liberamente dai membri stessi. Quando partimmo con ShaRA#8, la maggioranza dei membri si polarizzò sul meraviglioso gruppo di galassie interagenti NGC3169 e NGC3166.

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    Contributi dei partecipanti


    Voglio una Stella che sia tutta mia!

    ABSTRACT

    Immagina di possedere il Sole o di regalare una stella con il tuo nome. Fantasia? Non per Angeles Duran, la donna spagnola che ha osato rivendicare la proprietà del nostro astro più importante! Ma cosa succede quando il diritto romano incontra le moderne ambizioni spaziali? In un mondo in cui le superpotenze lottano per il controllo dello spazio, una falla nei trattati internazionali potrebbe cambiare tutto. Scopri le incredibili implicazioni legali e le sfide che ci attendono mentre ci avventuriamo sempre più lontano nel cosmo. E se pensavi di poter comprare una stella per il tuo amato, preparati a rivedere i tuoi piani: la realtà è ben diversa da quello che ci vendono! Intrighi spaziali e sogni infranti ti aspettano in questa affascinante esplorazione delle nuove frontiere della proprietà cosmica.

    Il Sole è di mia proprietà!

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    Speciale Aurora 10 Maggio: prepariamoci a nuovi spettacoli (pt.3)

    Lo scorso 10 maggio il cielo notturno sopra l’Italia è stato inondato da un fenomeno
    spettacolare anche per la sua rarità: l’aurora boreale. Nelle pagine a seguire spiegheremo
    il fenomeno dalle sue origini scientifiche sino alle modalità in cui si è manifestato e
    come è stato possibile acquisirne dati e immagini anche con un approccio amatoriale.
    Ci accompagnano nella ricca esposizione: Francesco Berrilli e Valentina Penza dell’Università
    di Roma Tor Vergata, Alessandro Marchini dell’Università di Siena e Alessandro
    Ravagnin.

    PARTE 03

    Cronaca di una giornata memorabile

     a cura di Alessandro Ravagnin

    La mattina del 10 Maggio,dopo aver accompagnato i bambini a scuola come normalmente faccio al venerdì prima di andare al lavoro, ho deciso di tornare a casa per una fugace occhiata al Sole. Nei giorni precedenti, il gruppo di macchie identificato con la sigla AR3664 aveva fatto sfoggio di sé e si era sviluppato in modo importante, sia nel numero di fotosferiche che nella loro configurazione magnetica. Non volevo perdere l’occasione per dare una sbirciatina a quella che per quel momento era la più grande, complessa e attiva regione del 25esimo ciclo solare. Il cielo era limpido e la nostra stella, poco dopo le 8:15 (6:15 UTC), era ancora bassa sull’orizzonte est, a circa 25° di altezza. Dopo aver aperto l’osservatorio nel giardino di casa ho montato il filtro Daystar Quark Prominence sul rifrattore Tecnosky 115/800mm, come sempre faccio quando voglio osservare la dinamica cromosfera solare nella riga H-alpha dell’idrogeno ionizzato, nonché il filtro Baader Astrosolar in testa al C11HD, per una ripresa della fotosfera in luce bianca.

    Il programma di quei 15 minuti di osservazione prevedeva quindi un paio di filmati e niente più. Spesso capita dalle mie parti (ma non solo dalle mie) che nelle mattinate primaverili/estive, l’atmosfera sia abbastanza stabile nelle prime ore dell’alba, permettendo di avere un seeing discreto per riprese in alta risoluzione. Alle 6.30 UTC era tutto pronto, la strumentazione era montata, il Sole era nel campo delle due camere di ripresa, la messa a fuoco era stata effettuata. Si preannunciava una normale sessione di ripresa, ma…

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    Speciale Aurora 10 Maggio: prepariamoci a nuovi spettacoli (pt.2)

    L’aurora sul Lago di Misurina (BL) (Cristian Bigontina, Notti delle Dolomiti)
    L’aurora sul Lago di Misurina (BL) (Cristian Bigontina, Notti delle Dolomiti)

    Lo scorso 10 maggio il cielo notturno sopra l’Italia è stato inondato da un fenomeno
    spettacolare anche per la sua rarità: l’aurora boreale. Nelle pagine a seguire spiegheremo
    il fenomeno dalle sue origini scientifiche sino alle modalità in cui si è manifestato e
    come è stato possibile acquisirne dati e immagini anche con un approccio amatoriale.
    Ci accompagnano nella ricca esposizione: Francesco Berrilli e Valentina Penza dell’Università
    di Roma Tor Vergata, Alessandro Marchini dell’Università di Siena e Alessandro
    Ravagnin.

    PARTE 02

    Il diario di un’aurora italiana

     a cura di Alessandro Marchini direttore dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena

    La notte tra il 10 e l’11 maggio un’incredibile aurora boreale si è accesa nei cieli italiani. Si è trattato di un evento assolutamente straordinario e inconsueto per le nostre latitudini.

    E pensare che due anni fa, nel febbraio 2022, ero andato a caccia dell’aurora fino a Tromsø, in Norvegia, per tornare dal viaggio abbastanza deluso: il tempo era stato inclemente ed insieme al gruppo di amici che erano con me siamo riusciti a vedere le luci del nord solo per qualche istante in quattro notti di nuvole, neve e pioggia.

    La debole aurora del 27 febbraio 2022
in Norvegia (Stefano Parrini)
    La debole aurora del 27 febbraio 2022
    in Norvegia (Stefano Parrini)

    Vivo a Siena, poco fuori dal centro storico, a casa ho due finestre a nord e la sera del 10 maggio mi sono affacciato più volte a guardare il cielo in quella direzione, finché non è stato chiaro che quelle strisciate rosa che stavo vedendo, sul profilo della città e distanti dal punto del tramonto, non potevano che essere le luci di un’aurora.

    Le prime avvisaglie dell’aurora sopra Siena alle 22:30 del 10 maggio
(Crediti autore)
    Le prime avvisaglie dell’aurora sopra Siena alle 22:30 del 10 maggio
    (Crediti autore)

    Come è stato possibile che l’aurora, timida e dispettosa in Norvegia, mi avesse inseguito fino a casa, per mostrarsi in tutta la sua magnificenza? Ma soprattutto, era prevedibile un’aurora su Siena tanto da farmi affacciare continuamente alla finestra per sperare di vedere le “luci del nord” da 43 gradi di latitudine?

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    #NotHaarp!

    E’ stata un’esperienza fantastica, rovinata soloda valanghe di commenti sui nostri social di alcuni complottisti che ormai non riescono a godersi un fenomeno naturale, noto fin dall’antichità, ma cercano di trovare cause artificiali, come l’esperimento HAARP (High Frequency Active AuroralResearch Program) che nasce nel 1993 in Alaska come installazione militare per lo studio della ionosfera. Dismessa nel 2013 e rivenduta per uso civile nel 2015, adesso è gestita dall’Università di Fairbanks ed è una struttura visitabile da chiunque, comprese le scuole che spesso ci vanno in gita di istruzione.Parliamo di una installazione che può simulare gli effetti di disturbo che una tempesta solare può provocare sulle telecomunicazioni, o aiutare a costruire modelli accurati di ciò che accade nella ionosfera, rendendo la struttura un ottimo laboratorio di ricerca utilizzato da enti e università di tutto il mondo.Il raggio massimo raggiunto da esperimenti simili raggiunge al massimo 500 Km, peraltro senza alcuna conseguenza.

    L’esperimento HAARP tirato in ballo dagli amanti del complotto utilizza potenze ridicole (pochi megawatt) rispetto a quelle di una tempesta solare (centinaia di gigawatt) e non può produrre aurore artificiali visibili in mezzo mondo come quella, naturale, del 10 maggio scorso, vista persino nell’emisfero sud, in Nuova Zelanda. L’Università di Fairbanks, travolta dal clamore mediatico dei complottisti, lo ha chiaramente spiegato con un comunicato.

    Le aurore sono fenomeni sì straordinari alle nostre latitudini, ma sono accaduti altre volte in passato, quando HAARP non esisteva ancora, come abbiamo già mostrato in precedenza.

    Ricordando una notte diversa da tutte le altre, quando le luci dell’aurora boreale si sono accese sul cielo di Siena.

    La mattina dell’11 maggio, prima di andare a dormire qualche ora, ho realizzato un video velocizzato con la sequenza delle immagini raccolte nei venti minuti di massima intensità, potete vederlo qui: youtu.be/S8RbJuenGKE.

    E’ stata un notte unica ed emozionante, di quelle che un poeta come Ungaretti avrebbe definito “una notte diversa da ogni altra notte del mondo”.

    Come documentare un’aurora è descritto nella terza parte

    L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA


    Speciale Aurora 10 Maggio: prepariamoci a nuovi spettacoli (pt.1)

    Lo scorso 10 maggio il cielo notturno sopra l’Italia è stato inondato da un fenomeno
    spettacolare anche per la sua rarità: l’aurora boreale. Nelle pagine a seguire spiegheremo
    il fenomeno dalle sue origini scientifiche sino alle modalità in cui si è manifestato e
    come è stato possibile acquisirne dati e immagini anche con un approccio amatoriale.
    Ci accompagnano nella ricca esposizione: Francesco Berrilli e Valentina Penza dell’Università
    di Roma Tor Vergata, Alessandro Marchini dell’Università di Siena e Alessandro
    Ravagnin.

    PARTE 01

    I COLORI DELLA TEMPESTA: COME, PERCHE’ E QUANDO

     a cura di Francesco Berrilli e Valentina Penza Università di Roma “Tor Vergata”

    I fisici solari hanno delle specifiche date (e dei nomi) a cui sono particolarmente affezionati. Una ad esempio è il 1º settembre 1859, giorno in cui si manifestò sulla nostra stella un evento abbastanza comune nel suo genere, ma in quella occasione particolarmente violento nella sua intensità, al punto da meritare un appellativo tutto suo: evento di Carrington. In realtà il 1º settembre 1859 furono due gli astronomi inglesi, Richard Christopher Carrington e Richard Hodgson che osservarono sulla superficie del Sole un brillamento di luce “bianca” estremamente intenso in una zona del disco solare che stava attirando già da qualche giorno l’attenzione per la presenza un esteso gruppo di macchie solari. L’evento in sé sarebbe rimasto una notazione destinata ad incuriosire giusto qualche altro studioso, se non fosse stato per la grande quantità di particelle elettricamente cariche espulse ad alta velocità e in direzione della Terra il giorno successivo: una delle tempeste magnetiche più intense di cui si ha testimonianza nella storia dell’umanità. Il fenomeno diede luogo ad aurore a latitudini estremamente basse (come Roma e Catania) e danneggiò parte della rete telegrafica del mondo. Per avere una stima dell’intensità del fascio si può dire che il nostro Sole lanciò verso la Terra particelle cariche con un’energia pari a dieci miliardi di bombe atomiche.

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    La cronaca della serata è nella seconda puntata

    L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA


    LE SUPERNOVAE EXTRAGALATTICHE PIU’ LUMINOSE ED IMPORTANTI DELLA STORIA (pt.1): SN1885A IN M31

    M31_cefeide_Hubble
    Lastra fotografica della galassia di Andromeda M31 ripresa da Edwin Hubble nella notte fra il 5 e il 6 ottobre 1923 con il telescopio di 2,54 metri dell’Osservatorio di Monte Wilson. Sono segnate tre “N” che rappresentano tre Novae. Quando Hubble andò a comparare questa immagine con alcune immagini di Novae ottenute in anni precedenti, notò che una di queste tre Novae, aumentava e diminuiva la sua luminosità ad intervalli regolari di circa 31 giorni. Aveva scoperto la prima Cefeide della galassia di Andromeda. Cancellò perciò la “N” e la sostituì con la dicitura “VAR” variabile. Da quella notte iniziò l’era Extragalattica, che cambiò radicalmente le nostre conoscenze sull’Universo e M31 divenne una Galassia e non più una Nebulosa della Via lattea.

    DOPO LA RASSEGNA DELLE SUPERNOVA ITALIANE NELLE GALASSIE MESSIER, CON LA QUALE
    ABBIAMO RIPERCORSO LA STORIA DELLE DIECI PIÙ IMPORTANTI SCOPERTE E CHE CI HA
    PERMESSO DI AMMIRARE ANCHE IMMAGINI INEDITE E ACCEDERE AD INFORMAZIONI CHE
    NON AVREMMO MAI PENSATO DI POTER OTTENERE, RITENIAMO CONCLUSO QUESTO PERCORSO
    E CI SEMBRA OPPORTUNO APRIRE UNA NUOVA SEQUENZA CON “LE SUPERNOVAE
    EXTRAGALATTICHE PIÙ LUMINOSE ED IMPORTANTI DELLA STORIA”.

    ABSTRACT

    Hai mai sentito parlare di una stella che ha cambiato per sempre la nostra comprensione dell’Universo? Nel 1885, un misterioso lampo di luce esplose nella galassia di Andromeda, visibile ad occhio nudo e destinato a lasciare un segno indelebile nella storia dell’astronomia. La scoperta della supernova SN1885A, inizialmente fraintesa e quasi dimenticata, ha rivoluzionato il modo in cui vediamo le galassie e l’intero cosmo. Ma cosa succederebbe se oggi esplodesse una supernova simile? E perché, dopo quasi 140 anni, gli astronomi stanno ancora cercando tracce di questo evento epocale? Scopri i segreti e le incredibili coincidenze che hanno portato a riscrivere i libri di scienza, e lasciati affascinare dalla storia di una scoperta che ha cambiato tutto.

    SN1885A IN M31

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    L’effetto guarda altrove

    ABSTRACT

    Cosa accomuna un incontro casuale con Van Morrison in una libreria di New York e la misteriosa connessione tra la Piramide di Cheope e la velocità della luce? Potrebbe sembrare il preludio a un romanzo di fantascienza, ma dietro a queste coincidenze apparentemente straordinarie si cela un principio scientifico che sfida la nostra percezione della realtà: l’effetto “guarda altrove”. Scopri come il “look-elsewhere effect” demistifica le coincidenze più incredibili e perché, prima di lasciarsi incantare da numeri e incontri sorprendenti, dovremmo guardare oltre le apparenze. Preparati a vedere il mondo con occhi nuovi e a mettere in discussione tutto ciò che credevi fosse impossibile!

    Incredibili coincidenze non così incredibili

    Incredibile coincidenza numero 1: anni fa, durante una vacanza a New York, in una libreria ho incontrato Van Morrison, uno dei grandi della musica moderna, e anche uno dei miei idoli. E non avendo il coraggio di dirgli nulla del tipo “Van!Sei proprio tu!? Facciamo un selfie, dai!”, mi sono limitato a pensare che incontrare Van Morrison in una libreria a Manhattan era una coincidenza veramente incredibile.

    Incredibile coincidenza numero 2: la Piramide di Cheope è collocata alla latitudine Nord di29.979167 gradi, e questo numero corrisponde, nelle prime 5 cifre, alla velocità della luce, 299 792 458 m/s. Secondo alcuni questa non può essere una semplice coincidenza, ma rappresenterebbe invece la manifestazione delle incredibili conoscenze degli egizi.

    Prendiamo quindi a pretesto il mio inaspettato incontro ravvicinato con Van Morrison e la curiosità sulla Grande Piramide (vera, in termini di coincidenza numerica, sebbene la corrispondenza non è completa, ma solo sulle prime cifre), per imparare qualcosa che è alla base della metodologia scientifica sperimentale: il “look-elsewhere effect” (effetto “guarda altrove”), come lo chiamano i fisici delle particelle, in statistica altrimenti detto “multiple comparison” (confronto multiplo).

    Tralasciando il fatto non proprio marginale che gli egizi non conoscevano né i metri né i secondi, e nemmeno i gradi, così di primo acchito si potrebbe dire che è veramente una coincidenza curiosa e molto improbabile che la latitudine della Piramide di Cheope sia uguale, anche se solo nelle prime cinque cifre, alla velocità della luce. Così come appare un evento altamente improbabile quello di incontrare Van Morrison durante una vacanza di qualche giorno a New York curiosando in una libreria. E invece dove sta l’errore? Sta nel trascurare il look-elsewhere effect.

    Infatti una curiosa coincidenza poteva verificarsi in una miriade di modi diversi. Poteva verificarsi fra il perimetro della piramide espresso in avambracci del Faraone e la costante di Planck, il volume della piramide espresso in giare di frumento e lo spostamento verso il rosso della galassia NGC271-2interno4, la distanza fra la cima della piramide e la punta del naso della sfinge (prima che si rompesse) espressa in opportuni multipli della lunghezza d’onda della transizione iperfine dell’Idrogeno atomico, e così via.

    Analogamente, io non ero partito dall’Italia dicendomi: “spero di incontrare Van Morrison a New York”.  Avrei potuto incontrare Bruce Springsteen, o qualche altro personaggio famoso, o magari Rinaldi, quello che per merenda a scuola si portava panini grandi come portaerei, e che da allora non ho più rivisto. Sarebbero state tutte coincidenze impreviste e sorprendenti.

    Quindi, alla luce degli infiniti modi in cui è possibile trovare una coincidenza che ci colpisca, la coincidenza che riguarda la Piramide, apparentemente improbabile per come ci viene proposta, in realtà non è poi così incredibile. Anzi, se tenessimo conto del “look-elsewhere effect“, tutto sommato ci dovremmo stupire che ci sia solo questa coincidenza. In realtà probabilmente ce ne sono molte altre, che aspettano di essere scoperte. Quindi, nel caso in questione, la domanda: “qual è la probabilità chele prime cinque cifre della latitudine della Piramide di Cheope corrispondano alle prime cinque cifre della velocità della luce espressa in m/s?” è assolutamente mal posta. In modo del tutto analogo al mio incontro ravvicinato con Van Morrison, non è affatto questo quello che è accaduto! Quello che è accaduto è una corrispondenza (parziale!) fra uno degli infiniti numeri che riguardano la piramide di Cheope e un altro degli infiniti numeri che hanno a che fare con la scienza moderna. E se poi consideriamo che questa corrispondenza poteva riguardare non la piramide di Cheope, ma qualunque altra costruzione o manufatto legato alla civiltà egizia, o magari Sumerica (gli appassionati delle cose che non esistono adorano i Sumeri) i casi possibili diventano smisuratamente grandi. Certamente anche nelle misure del lavandino della mia cucina si celano incredibili e inspiegabili coincidenze cosmiche che aspettano di essere scoperte, come aveva già sottolineato Umberto Eco in uno dei suoi arguti scritti.

    Il look-elsewhere effect è molto utilizzato nelle analisi dei risultati scientifici, qualora si cerchino effetti e anomalie non previsti a priori. Supponiamo infatti di raccogliere dati tra cui cercare la presenza di qualche nuovo fenomeno, ad esempio la produzione di una nuova particella (ma potrebbe essere anche una patologia non ipotizzata a priori). E supponiamo che questo nuovo fenomeno si manifesti come una anomalia rispetto al fondo, a ciò che ci appare “normale”. E supponiamo anche di non sapere cosa aspettarci a priori, di non sapere se esista una nuova particella o una patologia nascosta in quei dati, e nemmeno, nel caso dovesse esistere, come e dove dovrebbe manifestarsi. E supponiamo quindi di osservare nei dati raccolti qualcosa che ci sembra incompatibile con l’ipotesi di solo fondo.

    A questo punto, prima di comprare il frac per Stoccolma, dobbiamo chiederci quanto frequentemente una analoga anomalia potrebbe apparire per caso in qualunque altro modo nei dati che abbiamo raccolto. La domanda da porsi è quindi: qual è la probabilità di osservare, in tutto l’insieme dei dati a nostra disposizione, una fluttuazione rispetto al fondo di quella entità? Se si considerano tutte le possibili analoghe fluttuazioni che ovunque possono saltare fuori per caso, ecco che la nostra mirabolante scoperta potrebbe diventare decisamente meno eclatante.

    L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA

    Cosmologia: la dinamica stellare sfida la materia oscura

    Galassia nana sferoidale Antlia. Crediti: ESO. Materia Oscusa
    Galassia nana sferoidale Antlia. Crediti: ESO.

    ABSTRACT

    Nell’intricato scenario delle galassie nane, un’intensa battaglia tra effetti della dinamica stellare e materia oscura decide il destino del rapporto M/L. Mentre la spoliazione mareale e le binarie non risolte tentano di influenzare la partita, la materia oscura rivendica la sua presenza indiscussa. Riuscirà costei ad avere l’ultima parola, ole stelle faranno finalmente luce su misteri ancora insondati?

    Materia oscura o effetti dinamici? Un’analisi delle galassie nane

    La materia oscura rappresenta uno dei più grandi enigmi della cosmologia moderna. Nonostante la sua natura elusiva, si ritiene che essa costituisca circa l’85% della massa totale del cosmo. Dai MACHOs (Massive Astrophysical Compact Halo Objects), ossia oggetti compatti di alone, alle particelle esotiche massive e debolmente interagenti che vanno sotto il nome di WIMPs (Weakly Interactive Massive Particles), svariate sono state le speculazioni fatte per identificare la composizione della materia oscura, nessuna delle quali, però, ancora verificata sperimentalmente. Ad oggi, infatti, l’esistenza della materia oscura viene ancora dedotta solo indirettamente sfruttandogli effetti gravitazionali che essa produce su galassie e ammassi di galassie.

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    L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA


    LO SCIAME METEORICO DELLE PERSEADI

    Lo sciame meteorico delle Perseidi sarà attivo dal 17 luglio al 24 Agosto,
    raggiungendo il picco massimo di meteore intorno al 12 agosto

    In questo periodo, ci sarà la possibilità di vedere le meteore Perseidi ogni volta che il punto radiante dello sciame, nella costellazione di Perseo, sarà sopra l’orizzonte; il numero di meteore visibili aumenterà quanto più alto sarà il punto radiante nel cielo.
    Da Roma il punto radiante è circumpolare, il che significa che si trova sempre sopra l’orizzonte e lo sciame sarà attivo per tutta la notte.
    Al suo apice, si prevede che lo sciame produca un tasso nominale di circa 150 meteore all’ora ( ZHR ). Tuttavia, questo tasso orario zenitale è calcolato assumendo un cielo perfettamente buio e che il radiante dello sciame sia situato direttamente sopra la testa. In pratica, qualsiasi vera osservazione non raggiungerà queste condizioni ideali. Il numero di meteore che probabilmente si vedranno è quindi inferiore.
    Da Roma, il radiante dello sciame apparirà a un’altitudine massima di 70° sopra l’orizzonte con una stima nel momento di massimo splendore dello sciame di circa 141 meteore all’ora.
    La Luna, in Bilancia, sarà intorno al primo quarto di fase al culmine dello sciame, ma tramonterà alle 23:36 e non interferirà più nel corso della notte.

    NELL’IMMAGINE IL PUNTO RADIANTE DELLE PERSEIDI.
    CREDITI IN-THE-SKY.ORG

    Museo del Cielo e della Terra di San Giovanni in Persiceto

     

    Il museo del Cielo e della Terra di San Giovanni in Persiceto è una realtà che raggruppa diversi ambiti didattici che vanno dall’Astronomia all’Orto Botanico, dal laboratorio dell’insetto alla Fisica Experience. Il polo riservato all’astronomia è gestito dal Gruppo Astrofili Persicetani (GAPers) che quest’anno festeggia i 40 anni della sua fondazione, si trova all’interno dell’area dell’Orto Botanico “Ulisse Aldrovandi” e si compone di: un osservatorio, un planetario e di una serie di collezioni naturalistiche, tra le quali una collezione di meteoriti tra le più importanti in Italia.

    Museo cielo terra san giovanni persiceto
    Romano Serra descrive uno dei legni di Tungunska

    La collezione è collocata al primo piano della struttura che ospita anche il planetario ed è il risultato della passione e della perseveranza di Romano Serra, che dal 1978 raccoglie meteoriti, sia come opera di ricerca propria sul territorio sia acquistandoli quando rari e importanti a livello didattico e divulgativo. Cercare meteoriti non è affatto semplice; i luoghi migliori sono solitamente i deserti, che uniscono l’ambiente arido, che prolunga il tempo di conservazione delle croste di fusione sulla superficie delle meteoriti, all’assenza di vegetazione ed in talune aree alla presenza di un tavolato di ciottoli chiari che facilita il riconoscimento delle meteoriti, dalle superfici più scure. Ciononostante, Romano Serra può vantare un centinaio di ritrovamenti, una quantità notevole, frutto di decine di spedizioni nel Sahara ed in molti altri deserti. I pezzi presenti nella raccolta nel complesso superano tuttavia il migliaio, segno che la gran parte è composta da pezzi inevitabilmente acquistati. Tutte le classi di meteoriti sono ben rappresentate, a partire dalle condriti ordinarie, con bellissimi pezzi orientati o ricchi di regmagliti[1] o addirittura che mostrano shattercones[2]. Sono presenti anche molte classi di Carbonacee, e diverse rare Enstatiti.Tra le Acondriti, solo per citarne alcune, appaiono tutte le tre classi delle HED[3](Eucriti, Diogeniti e Howarditi), alcune meteoriti marziane (Shergottiti), brecce lunari, Aubriti ed Acondriti primitive. Ben rappresentate sono anche le Pallasiti, e le Sideriti (Ottaedriti, Esaedriti ed Atassiti).

    Per alcuni famosi crateri terrestri, sono disponibili apposite raccolte che comprendono campioni dei meteoriti che hanno formato i crateri stessi, assieme ad impattitirocciose (Rocce terrestre che hanno subito alterazioni) o vetrose (Vetri formatisi a causa della fusione di materiali silicei) formatesi a seguito dell’impatto

    Notevole è la raccolta dei pezzi che appartenenti al Kamil Crater, il cratere individuato nel 2008 dalle immagini di Google Earth da Vincenzo De Michele, e visitato da Serra in alcune delle molte spedizioni a cui ha partecipato. Oltre ad alcune stupende meteoriti, anche fra questi reperti sono presenti vetri e una roccia terrestre che mostra shattercones.

    Per i crateri di Wabar, in Arabia Saudita, appaiono diversi vetri, sia neri (Le famose perle del Wabar) che chiari oltre a impattiti rocciose ed alcune belle sideriti.

    Vetrina delle condriti (in basso) e delle
    acondriti (in alto)

    Anche Canyon del Diablo (MeteorCrater in Arizona)è ben rappresentato grazie ad alcuni campioni ed un plastico del cratere.

    Ma i due “pezzi forti” del museo sono la ricchissima raccolta di Lybian Glass e la sezione dei legni di Tunguska.

    Il vetro del deserto libico (LDG), si è formato a seguito di una caduta meteorica di 26 milioni di anni fa, che con il calore dell’esplosione vetrificò la sabbia del deserto in una vasta area tra Libia ed Egitto. Il vetro, di un bel colore giallo chiaro è stato utilizzato per migliaia di anni per costruire manufatti, dai bifacciali acheuleani, alle lame del paleolitico superiore, alle punte di freccia, per finire in stupendi ornamenti della civiltà faraonica come lo scarabeo del pettorale di Tutankhamnon. E’ difficile descrivere l’emozione di vedere un manufatto realizzato decine di migliaia di anni fa utilizzando un vetro creato dall’impatto di un asteroide ancora più antico, fino a 26 milioni di anni fa.

    I legni di Tungunska sono certamente il settore più importante del museo, a cui appartengono più di un centinaio di campioni, un numero che rende la raccolta probabilmente la più ricca al mondo, recuperati in ben sette spedizioni alle quali Serra ha partecipato dal 1991 al 2018. Sezioni di alberi tagliati in varie zone nell’area dell’evento, tronchi carbonizzati, campioni di terreno, foto, rilevamenti e persino gli spettri di piccole gocce di vetro, sono gli elementi di una ricchissima esposizione che agli occhi attenti può insegnare molto, come ad esempio un tronco d’albero che mostra stretti anelli rotondi di accrescimento della foresta profonda ma che dopo il 1908 si ovalizzano (L’albero ha cambiato inclinazione a seguito dell’onda d’urto).

    La ricchissima collezione è purtroppo raccolta in uno spazio assolutamente insufficiente per essere giustamente valorizzata e molti pezzi più che interessanti rischiano di passare inosservati al visitatore perché “affogati” nella folla di campioni che riempiono le vetrine. La solaraccoltadi meteoriti italiane in grado di esporre anche una perfetta riproduzione del meteorite di Renazzo meriterebbe uno svolgimento descrittivo ed espositivo ben maggiore.

    Ma di contro a questo limite, oltre alla ricchezza ed alla bellezza di questa collezione sta la simpatia e la competenza del Dr. Romano Serra che, con un meteorite tra le mani, tra aneddoti e racconti, riesce a trasportare chi lo ascolta attraverso le sabbie sahariane, la taiga siberiana o sul “rim” di un cratere, in una passeggiata che può ben definirsi “tra cielo e terra”.

    [1]Depressioni simili a “ditate” dovute all’ablazione operata dall’atmosfera terrestre in fase di caduta meteorite.

    [2] Coni di frattura si irradiano solitamente da un apice e sono dovuti ad uno shock da impatto.

    [3]Classe di meteoriti provenienti da un corpo differenziato (Probabilmente Vesta).

    Museo

    Museo del Cielo e della Terra di San Giovanni in Persiceto

    Indirizzo

    Vicolo Baciadonne 1, San Giovanni in Persiceto

    Contatti

    –       Telefono 051-827067 (Lasciare messaggio in segreteria)

    –       Mail segreteria@agenter.it

    Orari:

    Venerdì sera dalle 21:00 oppure su appuntamento concordato.

    Biglietto Ingresso:

    Ingresso planetario 6€ – Museo meteoriti ed osservatorio gratuiti.

    Link al sito

    https://museocieloeterra.org/scopri-il-museo/area-astronomica/

     

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    NGC 4753 nella Costellazione della Vergine

    NGC 4753
    NGC 4753 si trova a circa 60 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Vergine e fu scoperta per la prima volta dall'astronomo William Herschel nel 1784. È un membro del gruppo di galassie NGC 4753 all'interno della nube della Vergine II, che comprende circa 100 galassie e ammassi di galassie. Si ritiene che questa galassia sia il risultato di una fusione galattica con una galassia nana vicina avvenuta circa 1,3 miliardi di anni fa.

    ABSTRACT

    NGC 4753 è una galassia lenticolare situata a circa 60 milioni di anni luce nella Costellazione della Vergine, osservata dal telescopio Hubble. Questa galassia mostra un aspetto spettrale con un disco distorto di polveri che oscura la luce delle stelle retrostanti. NGC 4753 combina caratteristiche delle galassie ellittiche e spirali, appartenendo alla categoria delle lenticolari. Si ritiene che tali galassie possano derivare da spirali prive di gas necessario per formare nuovi bracci o da fusioni galattiche. Priva di materiale per la nascita di nuove stelle, NGC 4753 continuerà ad affievolirsi. La sua struttura insolita potrebbe essere il risultato di una fusione con una galassia nana avvenuta circa 13 miliardi di anni fa, che ha generato fasce di polveri oscure attorno al nucleo galattico. Il disco di polveri, in precessione differenziale, mostra un tasso di precessione più rapido al centro rispetto ai bordi. Osservato dall’alto, il disco apparirebbe come una normale galassia a spirale. La galassia, scoperta da William Herschel nel 1784, è parte della Nube Virgo II e possiede oltre mille ammassi globulari. Lo studio di NGC 4753 offre agli scienziati l’opportunità di testare teorie sulla formazione delle galassie lenticolari, grazie alla sua complessa struttura e ambiente a bassa densità.


    Polveri Galattiche come un Nido Cosmico


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    L’Universo visto con il VLT Survey Telescope (VST)

    La galassia a spirale ESO510-G13 vista dal telescopio VST. L’immagine VST ne evidenzia la struttura, simile ad una “S”, che attraversa la protuberanza centrale (bulge), oltre ad un esteso alone stellare diffuso. Crediti: M. Spavone (INAF/VST), R. Calvi (INAF/VST).
    La galassia a spirale ESO510-G13 vista dal telescopio VST. L’immagine VST ne evidenzia la struttura, simile ad una “S”, che attraversa la protuberanza centrale (bulge), oltre ad un esteso alone stellare diffuso. Crediti: M. Spavone (INAF/VST), R. Calvi (INAF/VST).

    ABSTRACT

    Il VLT Survey Telescope (VST), situato presso l’Osservatorio Paranal in Cile, è uno strumento di primaria importanza per l’astronomia moderna. Con un diametro di 2,6 metri e la fotocamera OmegaCAM, VST offre un’ampia visione del cielo, consentendo di esplorare dettagliatamente galassie e ammassi di galassie. Questo telescopio è fondamentale per comprendere i processi di formazione ed evoluzione delle galassie, grazie alla sua capacità di catturare immagini di alta risoluzione su un ampio campo visivo. Le immagini dettagliate di VST permettono di osservare elementi come bracci a spirale, barre, anelli, e segni di interazioni gravitazionali, contribuendo alla comprensione della morfologia e della struttura delle galassie.

    Tra gli oggetti studiati dal VST vi sono la galassia ESO510-G13, con la sua caratteristica struttura distorta a forma di “S”, il gruppo di galassie HCG90, noto per le intense interazioni gravitazionali tra i suoi membri, e l’ammasso di galassie Abell 1689, che offre preziose informazioni sulla distribuzione della materia nell’universo locale. Queste osservazioni consentono agli astronomi di analizzare la struttura a grande scala dell’universo e di osservare fenomeni come le lenti gravitazionali, che rivelano galassie lontane e offrono una visione delle prime fasi dell’universo.

    Dalle galassie vicine agli ammassi lontani

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