Arp 107 catturata dalla telecamera MIRI del JWST. Credit:
NASA, ESA, CSA, STScI
Un’interazione tra una galassia ellittica e una galassia a spirale più grande, note collettivamente come Arp 107, sembra aver dato alla spirale una prospettiva più felice grazie ai due ‘occhi’ luminosi e all’ampio ‘sorriso’ semicircolare che ne sono derivati. Questa immagine è un composito, che combina osservazioni del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) e della NIRCam (Near-InfraRed Camera) di Webb.
Questa immagine composita di Arp 107, creata con i dati della NIRCam (Near-InfraRed Camera) e del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Coppia di galassie interagenti. La più grande delle due galassie è leggermente a destra del centro ed è composta da un centro bianco nebbioso e luminoso e da un anello di filamenti gassosi, che sono diverse tonalità di rosso e arancione. Verso il basso a sinistra e in basso a destra dell’anello ci sono filamenti di gas che si muovono a spirale verso il nucleo. In alto a sinistra dell’anello c’è un notevole spazio vuoto, delimitato da due grandi sacche arancioni di polvere e gas. La galassia più piccola è composta da gas e polvere nebbiosi e bianchi, che diventano più diffusi allontanandosi dal suo centro. In basso a sinistra di questa galassia, c’è una nuvola di gas più piccola e diffusa che si diffonde verso i bordi dell’immagine. Molte galassie rosse, arancioni e bianche sono sparse ovunque, alcune hanno un aspetto più nebuloso e altre hanno schemi a spirale più definiti. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI
NIRCam evidenzia le stelle all’interno di entrambe le galassie e rivela la connessione tra di esse: un ponte trasparente e bianco di stelle estratte da entrambe le galassie durante il loro passaggio. I dati MIRI , rappresentati in rosso-arancio, mostrano regioni di formazione stellare e polvere composta da molecole organiche simili a fuliggine note come idrocarburi aromatici policiclici. MIRI fornisce anche un’istantanea del nucleo luminoso della grande spirale, sede di un buco nero supermassiccio.
La galassia a spirale è classificata come galassia di Seyfert, uno dei due gruppi più grandi di galassie attive, insieme alle galassie che ospitano quasar. Le galassie di Seyfert non sono luminose o distanti come i quasar, quindi sono posti migliori per studiare fenomeni simili in luce a bassa energia, come l’infrarosso.
Questa regione è molto simile alla galassia Cartwheel, una delle prime galassie interagenti osservate da Webb. Arp 107 potrebbe essersi rivelata molto simile nell’aspetto alla Cartwheel, ma poiché la galassia ellittica più piccola ha avuto una collisione decentrata anziché un colpo diretto, la galassia a spirale se l’è cavata con solo i suoi bracci a spirale disturbati.
La collisione non è così brutta come sembra. Sebbene prima si verificasse molta formazione stellare, le collisioni tra galassie possono comprimere il gas, migliorando le condizioni necessarie alla formazione di più stelle. D’altro canto, come rivela Webb, le collisioni disperdono anche molto gas, privando potenzialmente le nuove stelle del materiale di cui hanno bisogno per formarsi.
Webb ha catturato queste galassie nel processo di fusione, che richiederà centinaia di milioni di anni. Mentre le due galassie si ricostruiscono dopo il caos della loro collisione, Arp 107 potrebbe perdere il suo sorriso, ma inevitabilmente si trasformerà in qualcosa di altrettanto interessante da studiare per i futuri astronomi.
Arp 107 si trova a 465 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione del Leone Minore.
Esistono gli esseri umani normali, come la maggior parte di noi, e poi esistono i Supereroi. I Supereroi sono quella categoria ristretta di esseri speciali che nella quotidianità, per la maggior parte del tempo, appaiono come tutti noi, con i soliti pregi e difetti, ma poi, all’occasione, sfoderano i loro superpoteri, di cui sono stati misteriosamente dotati da forze sconosciute. Ed ecco che c’è chi è capace di leggere nella mente, passare attraverso i muri, compiere balzi prodigiosi, sprigionare raggi laser potentissimi dai polpastrelli, o trasformarsi in esseri muscolosissimi come Hulk, che a causa di questo superpotere ha dilapidato un patrimonio in camicie strappate e non più aggiustabili.
Non sappiamo come avvenga la distribuzione dei superpoteri agli umani da parte dell’Ente Supremo che li gestisce. Non sappiamo come questo misterioso Comitato decida di affidare al signor Brambilla la capacità di superare la velocità della luce, e alla signora Luisa quello dell’invisibilità. Sappiamo però che a volte la Cupola dei Supereroi si trova a raschiare il fondo della pentola dei superpoteri rimasti ancora disponibili, e quindi può capitare che una mattina un tranquillo signore qualunque si svegli e si ritrovi con un superpotere che – diciamo – difficilmente gli tornerà utile per salvare il mondo. È il caso di una signora italiana (le cui generalità sono state giustamente occultate dal Gruppo di Coordinamento Mondiale dei Supereroi) che, alcuni anni fa, ha avuto in dono il superpotere di mummificare le uova.
Ebbene sì, c’è chi riesce a passare attraverso i muri, chi diventa invisibile, chi fonde l’acciaio con la mente, e chi invece ha il superpotere di mummificare le uova con la sola imposizione delle mani. Questa signora, resasi improvvisamente conto di avere acquisito questo inaspettato dono, presa da un reale sconcerto ha contattato il Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, con l’intento di capire cosa le stava succedendo. Della serie: why me?!
La signora ha raccontato agli esperti del Cicap che le bastava rompere un uovo su un piattino, imporre le mani, lasciare l’uovo a riposare per qualche giorno, e incredibilmente, alla fine, invece di marcire e produrre l’insopportabile puzza di uovo marcio, l’uovo vetrificava e si seccava senza puzzare, come la mummia di Similaun.
A parte che ci sarebbe da discutere su cosa scatti nella mente di un essere umano quando decide di rompere un uovo e, invece che friggerlo mettendoci sopra due fette di pancetta, imporci le mani e lasciarlo su una mensola per vedere se marcisce, ma non stiamo a farci domande a cui non è possibile dare risposta. Fatto sta che, ancor prima di capire in che modo il mondo avrebbe potuto essere salvato da questo inaspettato dono che le era stato assegnato, la signora voleva capire cosa le fosse realmente successo, e per questo si è rivolta al Cicap.
Gli esperti del Cicap (tutta gente serissima e noiosissima che non ride mai e non crede mai a niente), invece di stupirsi di questo incredibile superpotere, hanno chiesto alla signora di poter fare una prova semplicissima: accanto alle uova sulle quali la signora aveva imposto le mani, hanno chiesto di poter mettere altre uova, rotte da un socio Cicap che non aveva ricevuto nessun dono speciale se non quello di essere uno scettico rompiballe.
Le uova sono restate buone buone per alcuni giorni, sia quelle a cui erano state imposte le mani, sia quelle del Cicap, identiche in tutto e per tutto escluso il fatto di non aver ricevuto la speciale infusione. Infine, dopo alcuni giorni – magia! – tutte le uova si erano mummificate allo stesso modo, sia quelle benedette, che quelle del Cicap.
Il motivo, spiegato dalla chimica e dalla fisica, è che in un ambiente secco quale era quello dove la signora aveva riposto le uova, l’acqua in esse contenuta evapora velocemente, prima ancora che i batteri riescano a far partire il processo che creerebbe muffa e cattivo odore. Il risultato è che le uova si vetrificano direttamente, senza passare per lo stadio di uova marce e puzzolenti. Un semplice effetto dei fenomeni naturali, che ha illuso un Supereroe mancato.
Cosa ci insegna tutto questo? Ci insegna l’importanza del campione di controllo, un ingrediente fondamentale della metodologia scientifica, sia che si ricerchi il bosone di Higgs, la cura per la sciatica o la mummificazione delle uova. Ovvero, andare a verificare se il fenomeno cercato si manifesta anche in situazioni in cui non dovrebbe verificarsi, ovvero quando è assente la causa che si ritiene faccia accadere il fenomeno (in questo caso l’imposizione delle mani). E per colpa del Cicap, della metodologia scientifica e di un briciolo di razionalità, il mondo è stato privato di un potenziale Supereroe. Che comunque – diciamocelo – non avrebbe ricevuto chiamate urgenti molto spesso. Magari, al limite, da qualche chef che voleva stupire con un menù di tendenza.
“Is There Anybody Out There?” esplora la possibilità dell’esistenza di altre civiltà nell’universo e se sia possibile rilevarle attraverso le onde radio. Partendo da un’analogia con la celebre canzone dei Pink Floyd, il testo descrive i limiti delle tecnologie attuali, le distanze astronomiche e la potenza necessaria per trasmettere e ricevere segnali nello spazio.
Con un approccio scientifico, vengono presentate formule e calcoli per spiegare quanto sia complesso captare segnali alieni, anche tenendo conto del rumore di fondo della nostra galassia. Si discute anche dell’importanza della frequenza di campionamento e della digitalizzazione delle trasmissioni. Nonostante la difficoltà di intercettare segnali alieni, il documento incoraggia comunque a mantenere la speranza e la curiosità scientifica, concludendo che, pur essendo estremamente improbabile, la possibilità di trovare altre forme di vita non è completamente esclusa.
Se sei affascinato dalla possibilità di vita extraterrestre e dalle sfide tecnologiche nel rilevarla, ti invito a leggere questo approfondimento che unisce scienza, matematica e riflessioni sulla nostra posizione nell’universo!
Introduzione
La citazione nel titolo, per chi non è vecchietto come me, è dei Pink Floyd, brano presente nel loro famosissimo album “The Wall”, e ci sta tutta con l’argomento di oggi.
Nella Via Lattea, la galassia in cui viviamo, ci sono centinaia di miliardi di stelle, e attorno a molte di esse orbitano sicuramente dei pianeti che oggi non riusciamo ancora a scorgere se non in minima parte a causa dei primitivi metodi che utilizziamo a tale scopo (tipicamente il metodo del transito se abbiamo la fortuna che stella e pianeta siano allineati, oppure il metodo della velocità radiale che però mal si adatta a trovare terre in regione abitabile); ma con tanti pianeti presenti, è possibile che noi si sia davvero soli nell’Universo?
Là fuori, da qualche parte, c’è qualcuno con cui dialogare?
Oggi vedremo se c’è la possibilità di scoprirlo, e lo faremo grazie a uno strumento che tutti noi conosciamo: le onde radio.
Fin dal 12 dicembre 1901, da quando Guglielmo Marconi effettuò la prima trasmissione radio transatlantica, l’uomo riempie l’etere con le sue trasmissioni radio, che hanno quindi superato oramai la bella distanza di 120 anni luce, visto che le onde radio si propagano attraverso il vuoto alla stessa velocità.
Questo significa che, dotati di apparati particolarmente sensibili, orecchie aliene potrebbero ascoltare i nostri discorsi sintonizzandosi sulle stazioni commerciali così come potremmo fare noi, a parti invertite.
Vedremo però che non è esattamente così, anzi, credo proprio di no, e adesso vi spiego il perché.
Punto uno: la potenza di trasmissione e le distanze
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Per il progetto ShaRA#7, il team ShaRA, composto da Alessandro Ravagnin, Andrea Iorio e altri membri ha utilizzato un nuovo telescopio situato nella valle di Rio Hurtado, in Cile, di proprietà di un membro del gruppo, assumendo vantaggi come la possibilità di effettuare esposizioni più lunghe senza limiti economici o vincoli sulle fasi lunari. Questa libertà ha permesso di optare per un target poco noto: il complesso nebulare IRAS Vela Shell, che include l’oggetto BBW56.
L’elaborazione delle immagini è stata complessa a causa della densità stellare e della difficoltà di calibrare i colori, poiché il target non è classificato in letteratura. Il gruppo ha utilizzato strumenti come StarNet++ e PixInsight per ottenere risultati ottimali, anche se ha incontrato difficoltà con la gestione dei dati a causa dell’elevata risoluzione delle immagini. Il progetto ha visto la partecipazione di 13 membri su 21 e ha prodotto elaborazioni molto diverse tra loro, segno di una sperimentazione avanzata del metodo di “superstacking”.
di ShaRA Team
Introduzione
Con il settimo progetto, il team ShaRA ha cambiato leggermente paradigma. Il team infatti ha operato sempre virtualmente dal Cile, sotto uno dei cieli più bui e belli del mondo sfruttando i telescopi del servizio Chilescope, questa volta tuttavia la scelta è ricaduta su un telescopio di recente installazione nel complesso ObsTech, sempre nella famosa valle di Rio Hurtado, di proprietà di un membro del gruppo. Sfruttare un telescopio di proprietà di un membro del gruppo offre svariati vantaggi fra i quali ad esempio nessun esborso economico per l’affitto del telescopio. Nessun limite anche nella gestione delle esposizioni tanto da calcare la mano allungandole a piacere senza particolari vincoli, cade anche il vincolo dovuto alla schedulazione dalle fasi lunari e, quindi, il team ha goduto di una maggiore flessibilità anche nella scelta del target finale. Inoltre, una volta deciso il soggetto, abbiamo anche potuto eseguire delle pose di prova per verificare il campo inquadrato e le emissioni al variare dei filtri della rastrelliera, test proibitivi in caso di affitto dello strumento e spesso sacrificati in favore di una maggiore disponibilità di tempo per l’acquisizione.
Vista del complesso ObsTech. Crediti: YURIY BELETSKIY
Normalmente infatti questi test non sono consigliabili con i telescopi remoti per una mera questione economica: ogni minuto speso per fare tentativi, costa tempo e quindi denaro! Inoltre i telescopi spesso non sono disponibili per brevi sessioni di prova; le sessioni minime prenotabili non possono essere inferiori ad un certo minutaggio (intorno ai 20 o 30 minuti a seconda del telescopio). Per tutti i motivi di cui sopra, per i precedenti progetti ShaRA, il team ha lavorato pianificando a tavolino in anticipo e in maniera rigorosa le riprese, documentandosi in rete sui vari target scelti, usando a riferimento le immagini di altri astrofotografi, e programmando le osservazioni minuziosamente in modo da prenotare tempestivamente i telescopi del servizio prenotato. La novità del nuovo strumento invece per ShaRA#7 ci ha consentito di lavorare in modo, diciamo, molto più smart e comodo, decidendo di giorno in giorno come procedere con le sessioni di ripresa e, nel caso, apportare modifiche anche all’ultimo secondo.
Localizzazione del telescopio nel complesso ObsTech nella valle di Rio Hurtado
ShaRA#7: il target
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Contributi dei partecipanti
The Shell ShaRA Team – Di FuscoThe Shell ShaRA Team – ErkaslanThe Shell ShaRA Team – FirenzuoliThe Shell ShaRA Team – IorioThe Shell ShaRA Team – LigustriThe Shell ShaRA Team – LinsalataThe Shell ShaRA Team – LioceThe Shell ShaRA Team – MaffioliThe Shell ShaRA Team – MichielettoThe Shell ShaRA Team – RavagninThe Shell ShaRA Team – TrabuioThe Shell ShaRA Team – BottiThe Shell ShaRA Team – Vergani
A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario
ABSTRACT
Erg Chech 002, una delle meteoriti più importanti scoperte, risale a circa 4,565 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione del Sistema Solare. Erg Chech 002, una rarissima acondrite non raggruppata, fornisce importanti informazioni sull’evoluzione dei protopianeti e sul calore generato dall’isotopo Al26, fondamentale nella formazione planetaria. La scoperta ha aperto nuove prospettive sugli eventi magmatici del primissimo Sistema Solare.
È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.
ERG CHECH 002 Campione di meteorite
Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari. Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario
ABSTRACT
Erg Chech 002, una delle meteoriti più importanti scoperte, risale a circa 4,565 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione del Sistema Solare. Erg Chech 002, una rarissima acondrite non raggruppata, fornisce importanti informazioni sull’evoluzione dei protopianeti e sul calore generato dall’isotopo Al26, fondamentale nella formazione planetaria. La scoperta ha aperto nuove prospettive sugli eventi magmatici del primissimo Sistema Solare.
È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.
ERG CHECH 002 Campione di meteorite
Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari. Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
La ripresa del telescopio Hubble di UGC 11105 circondata da stelle più brillanti. Credit: ESA/Hubble& NASA, R. J. Foley (UC Santa Cruz)
ABSTRACT
UGC 11105 è una spirale fotografata dal telescopio Hubble. Con una magnitudine apparente di 13,6, UGC 11105 appare fioca e pervasa da un bagliore evanescente, ma è una galassia ricca di fenomeni cosmici. I suoi due bracci a spirale contengono ammassi di giovani stelle blu, mentre il nucleo ospita un buco nero supermassiccio. Nel 2019, una supernova (SN2019pjs) esplose in uno dei bracci, aumentando temporaneamente la luminosità della galassia. L’immagine cattura anche altre stelle della Via Lattea e galassie distanti sullo sfondo.
Il periodo migliore per l’osservazione e la ripresa è l’estate.
UGC 11105 Debolezza Apparente
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Pubblichiamo il trafiletto dedicato all’evento del 18 settembre comparso in COELUM 269 nella sezione il Cielo del Bimestre
Considerando come riferimento la zona di Roma tale evento avrà inizio alle ore 02:41 con la Luna a +39°, la cui fase massima si verificherà alle ore 04:44 con la Luna ad un’altezza di +23°. L’eclisse avrà termine alle 06:47 con la Luna ormai in prossimità dell’orizzonte ad un’altezza di soli +2° con una “magnitudine di penombra” di 1.037 (valore che indica la frazione della Luna oscurata con l’ingresso della penombra della Terra). Inoltre si avrà una “magnitudine umbral” di 0.085 che sta ad indicare la frazione della Luna che viene oscurata dal cono d’ombra della Terra.
Eclisse lunare penombra 18 settembre 2024La fase iniziale di questa eclisse parziale sarà perfettamente visibile da tutto il territorio nazionale con la Luna ad un’altezza superiore ai 30/35°, mentre in Sardegna e Sicilia raggiungerà addirittura i 40/42° di altezza.
Anche la fase massima di questo evento si renderà visibile da tutta Italia anche se con una minore altezza della Luna comunque sempre intorno ai +20/22°, mentre la Sardegna vedrà il massimo dell’eclisse in condizioni leggermente migliori (Luna fino a +26°).
La fase terminale di questo evento invece avverrà in condizioni non ottimali e col nostro satellite ad un’altezza diffusamente intorno ai +3/5°, mentre in Basilicata, Molise, Campania, Puglia e Sicilia la Luna sarà ormai alcuni gradi sotto l’orizzonte. L’occasione è imperdibile per organizzare sessioni fotografiche per immortalare questo sempre interessante evento.
Si terrà a Roma ma si potrà seguire ovunque in streaming il Corso di Astronomia Fondamentale e Sorprendente.
Rivolto a tutti, comprende sia gli argomenti fondamentali di astronomia che tutti dovrebbero conoscere, sia una quantità di approfondimenti illuminanti solitamente esclusi dalla divulgazione.
Per dare un’idea della ricchezza e varietà di argomenti coperti dal corso, ecco alcune DOMANDE a cui il corso risponde:
Perché il centro della Terra è caldo come la superficie del Sole?
Come facciamo a conoscere le distanze delle stelle?
Perché la Luna ci mostra sempre la stessa faccia?
Se l’Universo è nato da un’esplosione, quale ne è il centro?
Fino a quanti km d’altezza un oggetto può ricadere a terra anziché galleggiare nello spazio?
Qual è la stella che si vede sempre vicina alla Luna?
Perché ogni tanto si vede la Luna di giorno?
Perché ad agosto vediamo ritornare sempre le stelle cadenti?
È vero che si possono vedere le stelle di giorno osservando dal fondo di un pozzo?
Si può assistere a due tramonti nello stesso giorno?
Come fanno a brillare le protostelle che non hanno ancora innescato le reazioni nucleari?
Quanti “quarti di Luna” servono per eguagliare in luminosità una Luna piena, e perché?
Di che colore è realmente il Sole (e le stelle)?
Quanto è facile stabilire l’età dell’Universo?
Perché le stelle scintillano (e i pianeti no)?
Di quali astri riusciamo a vedere l’ombra?
Quali scoperte sensazionali alla sua portata si è fatto sfuggire Galileo?
Quale è stato (sempre lo stesso fin dall’Antichità!) il peggior nemico dei cosmologi?
Chi ha tentato per primo di stimare la distanza delle stelle?
Qual è lo strumento essenziale della moderna indagine astronomica?
Chi è stato il primo astronomo? (E cosa scoprì?)..
…..
Ritengo che chiedersi quale possa essere il meccanismo che permette al Sole di brillare sia una domanda spontanea e quasi inevitabile. Ai nostri giorni, pur con le indispensabili semplificazioni, anche chi frequenta la scuola primaria ha modo di conoscere la risposta scientificamente corretta. Ma non è sempre stato così. Che all’origine di questa energia vi fosse una sequenza di reazioni nucleari che, coinvolgendo atomi di idrogeno, producono atomi di elio è parte del nostro sapere scientifico solamente dal 1939. Proviamo dunque a ripercorrere a grandi linee le risposte che, nel corso del tortuoso cammino che spesso caratterizza la scienza, sono state proposte.
Il Sole che produce tutta l’energia necessaria
Facile comprendere come il Sole occupi da sempre un posto particolare nella società umana. Fin dall’antichità non solo gli viene riconosciuto un ruolo chiave nel garantire una situazione climatica favorevole alla vita, ma le periodicità del suo cammino in cielo (alternanza giorno/notte e ciclo stagionale) si rivelano anche un ottimo strumento per tener traccia dello scorrere del tempo. Inevitabile che – sia per la potenza che mostra di avere, sia per la sua costante presenza fin dalla notte dei tempi – nelle civiltà del passato venga identificato con una divinità e adorato come tale. Poco importa definire quali siano la vera natura e l’origine dello splendore e del calore del Sole. L’idea di Aristotele (384 – 322 a.C.) che le leggi della natura valide sulla Terra non siano necessariamente vincolanti per gli oggetti celesti taglia la testa al toro: a differenza dei fuochi terrestri, quel mondo ardente può bruciare per quanto tempo vuole senza creare nessun problema. Per Aristotele la Terra è costituita da materiali che decadono e la luce che qui viene prodotta non può durare a lungo: le fiamme sussultano e cambiano continuamente di forma, il combustibile si esaurisce e la luce si spegne. Sul Sole, però, le cose funzionano in modo differente e quel fuoco che lo alimenta si comporta in modo differente dai roghi a noi famigliari.
Nel 1833, anno in cui l’astronomo britannico John Herschel (1792 – 1871) pubblica il suo Trattato sull’Astronomia, affrontando brevemente la questione della fonte dell’energia solare non può che ammettere che si è di fronte a un grande mistero e che gli astronomi sono in grandissima difficoltà. «Se si potessero azzardare congetture per l’origine della radiazione solare – scrive Herschel – dovremmo guardare piuttosto alla nota possibilità di una generazione indefinita di calore per attrito, oppure alla sua eccitazione per scarica elettrica, piuttosto che a qualsiasi combustione di combustibile ponderabile, sia solido che gassoso».
La grandissima difficoltà proviene soprattutto dal fatto che chiedersi come il Sole produca la sua energia è strettamente collegato alla domanda relativa alla sua età: due facce di una medesima medaglia. Infatti, se riusciamo a determinare quanta energia produce il Sole, possiamo verificare se le fonti di energia proposte sono in grado di sostenere tale produzione per tutto il tempo dell’esistenza del Sistema Solare. A proposito di quest’ultimo valore, nel 1650 il vescovo irlandese James Ussher (1581 – 1656) nel suo Annales Veteris Testamenti aveva suggerito, basandosi sui suoi conteggi della cronologia biblica, che la nascita della Terra e dell’intero cosmo fosse avvenuta intorno al 4000 a.C. Con neppure 6000 anni di vita alle spalle, trovare per il Sole una fonte di energia adeguata non sembrava poi così impegnativo. È pur vero che, poco più di un secolo dopo la stima di Ussher, James Hutton (1726 – 1797) pubblica quello che viene considerato il primo trattato di geologia moderna in cui non solo si afferma che la Terra è di gran lunga più antica, ma anche che i processi geologici attuali sono gli stessi che si sono verificati nel passato. Dalle considerazioni geologiche emerge con sempre maggiore evidenza che la Terra deve avere almeno qualche centinaio di milioni di anni.
Quando poi, nel 1838, il fisico francese Claude Servais Pouillet (1790 – 1868) determina per la prima volta il valore della costante solare (praticamente, quanta energia arriva sulla Terra dal Sole), appare subito piuttosto evidente che, invocando anche il più efficiente tra i meccanismi di combustione chimica, si giungerebbe comunque a valori dell’età del Sole assolutamente incompatibili con le datazioni geologiche. Se si voleva risolvere il problema della produzione di energia del Sole, insomma, era necessario abbandonare la chimica e guardare altrove.
Energia Meteoritica
La prima teoria meccanica del calore solare, pubblicata nel 1841 dal tedesco Julius Robert von Mayer (1814 – 1878), chiama in causa una continua cattura da parte del Sole di asteroidi dallo spazio circostante. Mayer ritiene che gli asteroidi che colpiscono il Sole ad alta velocità siano in grado di generare da 4.600 a 9.200 volte più calore di quanto ne genera la combustione di un’uguale massa di carbone. Più che una caduta diretta, suggerisce un graduale movimento su spirali sempre più strette dovuto alla resistenza dell’etere che, stando alle idee del tempo, riempiva lo spazio. Secondo i suoi calcoli, ogni minuto cadrebbe sul Sole una massa intorno ai 2×1014 kg, vale a dire una massa terrestre ogni 56.800 anni. La valutazione, però, mette in luce un problema piuttosto spinoso: Mayer si rende conto, infatti, che un simile aumento della massa del Sole comporterebbe un accorciamento dell’anno siderale dell’ordine di mezzo secondo, un effetto in disaccordo con le osservazioni.
La teoria meteoritica del calore solare viene suggerita una decina d’anni più tardi anche dal fisico scozzese John James Waterston (1811 – 1883). Ignaro del lavoro di Mayer, tradotto in inglese solo nel 1863, Waterston sostiene che il calore del Sole ha la sua origine dall’afflusso di un gran numero di oggetti che, provenendo principalmente dall’esterno del Sistema Solare, colpiscono il Sole perpendicolarmente alla sua superficie. Le sue stime indicano che, imputando il calore del Sole interamente a tali cadute, il raggio solare aumenterebbe di circa cinque metri all’anno. Mentre Mayer era seriamente preoccupato dal problema dell’aumento di massa del Sole per le sue conseguenze astronomiche, Waterston lo ignorava o, probabilmente, non ne era consapevole.
Lord William Thomson, comunemente noto come Lord Kelvin, svolse la sua indagine in molti settori della fisica (termodinamica, costituzione della materia, struttura dell’Universo,elettromagnetismo, …). La sua fama è legata in particolare a una delle formulazioni del Secondo principio della termodinamica e all’introduzione della scala termodinamica assoluta delle temperature. In suo onore l’unità di misura di tale scala venne chiamata kelvin.
L’idea, in modo indipendente, viene proposta nel 1854 anche da William Thomson (1824 – 1907): i calcoli del futuro Lord Kelvin, però, lo portano a ipotizzare una pioggia meteoritica decisamente più intensa, suggerendo che si deve mettere in conto la caduta di 100 masse terrestri ogni 4.750 anni. Una quantità di materia davvero importante, ma – secondo le sue parole – «non più di quanto è perfettamente possibile che cada sul Sole». Per quanto riguarda la provenienza, Thomson nega esplicitamente l’ipotesi basata su oggetti provenienti dal Sistema Solare esterno, ma sostiene che i meteoroidi percorrono orbite interne all’orbita della Terra. I calcoli di Lord Kelvin, convinto assertore che lo stesso meccanismo meteoritico fosse responsabile anche della rotazione del Sole attorno al proprio asse, lo portano a concludere che è improbabile che il Sole riesca a mantenere l’attività attuale per molto più di 300.000 anni nel futuro. Si tratta del primo tentativo di calcolare la durata della vita del Sole sulla base di una teoria fisica.
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
il 14 settembre 2024 è una data speciale per gli amanti dell’astronomia del Lazio, poiché segna la Notte Internazionale dell’Osservazione della Luna. Questo evento, nato grazie all’organizzazione della NASA, celebra la bellezza e il mistero del nostro satellite naturale ed offre un’occasione unica per osservare la Luna e Saturno con gli anelli quasi di taglio in questo periodo, attraverso potenti telescopi. Ecco tre appuntamenti straordinari, tutti ad ingresso libero e gratuito, che avranno luogo in concomitanza in diverse località del Lazio:
Viterbo – Giardini Colle del Duomo – Palazzo dei Papi Organizzato dal Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS, con il patrocinio del Comune di Viterbo, questo evento si terrà nei Giardini Colle del Duomo – Palazzo dei Papi, con ingresso dal Polo Monumentale Colle Del Duomo. L’osservazione avrà inizio alle 19:00 e terminerà alle 23:00. L’ingresso è libero e gratuito, senza necessità di prenotazione. Gli astrofili forniranno spiegazioni sulle caratteristiche della Luna. Inoltre, sarà possibile ammirare Saturno.
Roma – Villa Carpegna(XIII Municipio Roma Aurelio). Anche a Roma, il Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS sarà presente con un evento simile sul prato di Villa Carpegna. L’appuntamento inizierà alle ore 19:00 con i soci del Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS che metteranno a disposizione i loro strumenti per una serata divulgativa. Oltre all’osservazione della Luna, sarà possibile ammirare Saturno, il gigante del nostro Sistema Solare, attraverso i telescopi. Le spiegazioni e le curiosità condivise dai soci renderanno l’evento ancora più affascinante.
Tarquinia – Campo Cialdi – Parco Palombini, entrata via della Ripa, 25. Il Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS di Tarquinia ospita un evento straordinario. Dalle 19:00 alle 23:00, i telescopi del Gruppo saranno a disposizione dei visitatori per osservare la Luna e Saturno. I soci dell’associazione offriranno spiegazioni dettagliate sul nostro satellite naturale. Questo evento è organizzato in collaborazione con la Società Tarquiniese di Arte e Storia nonché con il patrocinio del Ministero della Cultura e prima dell’osservazione, alle ore 18.00, c’è la possibilità di partecipare ad una visita guidata gratuita, a cura della Società Tarquiniense d’Arte e Storia, dei monumenti più significativi della Corneto medievale con una guida autorizzata. Appuntamento in Piazza Cavour alle ore 17.45.
Questi eventi offrono un’opportunità unica di esplorare il cielo notturno e approfondire la comprensione delle meraviglie astronomiche. Gli astrofili condivideranno la loro passione per l’astronomia, ispirando curiosità e interesse nei cuori di giovani e adulti.
In caso di maltempo, l’evento potrebbe essere annullato, quindi assicuratevi di verificare le informazioni di contatto fornite per ogni evento.
Unisciti a queste straordinarie serate di osservazione lunare e celeste e scopri l’affascinante mondo dell’astronomia!
Altre informazioni ed aggiornamenti sul sito dell’associazione:
Figura 7. Encelado a colori, fotografato dalla camera della sonda NASA/ESA/ASI Cassini nel luglio 2005. In questa immagine, si nota la dicotomia tra l’emisfero nord, intensamente craterizzato e l’emisfero sud, con le freschissime “tiger stripes”, lineamenti blu dai quali è stata osservata l’emissione di geyser. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute.
Indice dei contenuti
Abstract
L’articolo Criovulcanesimo: Eruzioni Gelate, di Valentina Galluzzi dell’INAF, ci porta in un viaggio affascinante attraverso un fenomeno geologico fuori dal comune: il criovulcanesimo, ovvero le “eruzioni fredde”. Mentre il vulcanesimo terrestre coinvolge magma incandescente, il criovulcanesimo avviene su corpi ghiacciati del Sistema Solare, dove l’acqua, il metano e altre sostanze “criomagmatiche” eruttano a temperature bassissime. Un fenomeno controintuitivo e affascinante, che ha lasciato tracce evidenti su oggetti come Cerere, Europa e Encelado. L’articolo esplora in dettaglio queste eruzioni gelate, analizzando come geyser di vapore acqueo e colate di ghiaccio possano modellare paesaggi alieni e offrire indizi sulla possibile esistenza di vita extraterrestre. Se sei incuriosito da un fenomeno così insolito, dove il gelo prende il posto del fuoco, questo articolo ti sorprenderà e ti inviterà a scoprire di più sulle misteriose profondità del nostro Sistema Solare.
Cosa si Intende per Criovulcanesimo
Spesso utilizziamo la Terra ed i suoi fenomeni geologici come analogo fondamentale per la comprensione dei fenomeni osservabili su superfici planetarie extra-terrestri. Esiste però un fenomeno geologico extra-terrestre che è quanto di più controintuitivo si possa immaginare e che difficilmente trova qualcosa di comparabile sul nostro pianeta: il criovulcanesimo. Mentre il vulcanesimo tradizionale sula Terra comporta l’eruzione di roccia fusa (magma) ed è quindi la conseguenza di un magmatismo silicatico, il criovulcanesimo comporta l’eruzione di sostanze come acqua, ammoniaca, metano o altro “criomagma” (materiale fuso freddo) a temperature molto più basse su corpi ghiacciati del Sistema Solare, in particolare, quello esterno. Come noto, infatti, il Sistema Solare esterno è particolarmente ricco di queste sostanze in quanto la distanza dal Sole, non solo ha comportato il concentramento dei composti più leggeri (detti appunto “volatili”, cioè che sfuggono facilmente alla gravità), ma ne ha causato anche il raffreddamento ed il congelamento. Pertanto, ne deriva che il criovulcanesimo ed il criomagmatismo sono fenomeni derivanti dalla mobilitazione e dalla migrazione dei fluidi generati nel sottosuolo dei corpi ghiacciati. L’energia che alimenta il criovulcanesimo, cioè che fonde parzialmente i gusci ghiacciati dei corpi planetari freddi, può provenire da diverse fonti, tra cui il calore interno del corpo celeste, le forze mareali esercitate da altri corpi, o dalla collisione con altri oggetti (craterizzazione). Le eruzioni fredde dei criovulcani possono formare geyser, colate di ghiaccio e deposizioni di brine e rappresentano un fenomeno importante che può aiutare a fornire indizi sulla possibile presenza di vita o materiale organico in ambienti estremi. Tra i vari corpi che mostrano criovulcanesimo, degni di nota sono il pianeta nano Cerere e le lune ghiacciate Europa (Giove) ed Encelado (Saturno). Il criovulcanesimo svolge un ruolo cruciale nel modellare le superfici di questi corpi ghiacciati e i materiali espulsi contribuiscono alla formazione e alla modifica dei loro paesaggi, un po’ come è stato sulla Terra con il magmatismo, in particolare durante i suoi primi stadi evolutivi. Vediamoli quindi più da vicino.
Le faculae di Cerere
Cerere, pianeta nano, è il più grande oggetto della fascia di asteroidi tra Marte e Giove. La sonda Dawn della NASA, che ha orbitato intorno ad esso dal 2015 al 2018, ha fornito dati ed immagini preziose che accennavano alla presenza di aree localizzate molto chiare e luminose rispetto al resto della superficie, denominate faculae (parola latina per “torcia”, “punto luminoso”). Ad oggi, sono state individuate più di 300 faculae (vedi Stein et al., 2019), ognuna con caratteristiche diverse, ma le più peculiari sono ormai interpretate come fenomeni criovulcanici. Cerealia Facula e le Vinalia Faculae ad esempio, si trovano sul fondo del cratere Occator (fig. 1).
Figura 1:Questa immagine di Cerere e delle faculae nel cratere Occator (92 km) è stata una delle ultime viste ottenute dalla sonda Dawn della NASA il 1° settembre 2018 da un’altitudine di 3.370 km. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA.
In questo caso, la craterizzazione ha causato la fratturazione della crosta di Cerere rendendola così permeabile alla risalita di fluidi generati dall’energia dell’impatto stesso. Le formazioni bianche visibili dentro Occator sono quindi il probabile risultato di eruzioni e colate fredde di materiali ricchi in acqua mista a sali e silicati (fig. 2).
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
UAI e CICAP lanciano l’iniziativa “Stregati dalla Luna”
per contrastare la diffusione delle fake news
L’Unione Astrofili Italiani (UAI) e il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (CICAP) – da sempre in prima linea contro le fake news e la disinformazione in ambito scientifico – uniscono le forze e organizzano l’iniziativa di divulgazione “Stregati dalla Luna” con il duplice obiettivo di avvicinare alla conoscenza del nostro meraviglioso satellite naturale il pubblico di adulti e bambini e di scardinare tutte le false credenze relative alla Luna. L’iniziativa prenderà il via nel mese di settembre 2024 con una rassegna di eventi in molte città italiane, puntate speciali del podcast Radio CICAP e articoli dedicati su queryonline.it, in concomitanza con l’“International Observe the Moon Night”, la manifestazione internazionale che tutti gli anni punta i riflettori sulla Luna. Da sempre fonte di grande fascino e meraviglia e oggetto di studio da parte dell’uomo, la Luna è purtroppo anche protagonista di false notizie, ormai ampiamente dilaganti sul web. Soprattutto nei tempi recenti, caratterizzati da un rinnovato entusiasmo per l’esplorazione spaziale grazie alla missione lunare “Artemis”, la Luna è sempre più al centro di fake news. C’è chi crede che lo sbarco dell’uomo sulla Luna non sia mai avvenuto, chi pensa che la Luna abbia effetti sulle nascite dei bambini o sulla crescita delle piante e dei capelli e tanto altro. La collaborazione tra la UAI e il CICAP, in occasione dell’iniziativa “Stregati dalla Luna”, mira proprio a mettere in guardia tutti sulle principali bufale astronomiche e a gettare le basi per una corretta informazione scientifica.Per l’iniziativa “Stregati dalla Luna” scendono in campo le delegazioni e associazioni dell’UAI e il CICAP. Dal 7 al 20 settembre 2024 sono in programma ben sedici eventi lungo tutto lo stivale dedicati alla fascinosa Luna. Negli eventi ci sarà ampio spazio per conferenze dedicate alla scoperta dei segreti della Luna e all’illustrazione e all’analisi critica di leggende metropolitane a essa collegate, a cura di esperti del settore astronomico; per spettacoli sotto la cupola del planetario – formidabile strumento di simulazione del cielo – per vivere un’esperienza di full immersion nel mondo dell’astronomia, e naturalmente per le osservazioni all’oculare del telescopio per cogliere tutti i dettagli del nostro satellite naturale. In particolare, l’iniziativa “Stregati dalla Luna” – appuntamento irrinunciabile per tutti i curiosi e gli appassionati di astri – vede il coinvolgimento dell’Associazione Astronomica Umbra, del Parco astronomico “La Torre del Sole”, del Gruppo Astrofili Rozzano, dell’Associazione Astrofili Bisalta, dell’Associazione Tuscolana di Astronomia “Livio Gratton”, dell’Associazione Astrofili Vittorio Veneto, del Gruppo Astrofili Deep Space, del Gruppo Astrofili William Herschel, del Centro Ibleo Studi Astronomici “Pleiades”, dell’Associazione Ravennate Astrofili Rheyta, del Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino, dell’Associazione Astrofili “Alpha Gemini”, dell’Associazione Astrofili Valdinievole “A. Pieri”, del Gruppo Astrofili Beneventani e dell’Organizzazione Ricerche e Studi di Astronomia. Tra gli esperti coinvolti negli appuntamenti scientifici dedicati alla Luna, in qualità di relatori delle conferenze, la ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sara Cutini, l’ingegnere Luca Boschini, socio del CICAP ed esperto di strumentazione elettronica applicata all’astronomia, il Direttore del Parco astronomico “La Torre del Sole” Davide Dal Prato, l’ingegnere e vicepresidente del CICAP Andrea Ferrero, il fisico Luigi Fontana, il fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana Ettore Perozzi, il matematico e informatico Luca Antonelli, il giornalista e autore del blog “Il Disinformatico” Paolo Attivissimo, il ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino – Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) Alberto Vecchiato, l’astrofotografa Marcella Giulia Pace, il responsabile della Commissione “Ricerca” dell’UAI Salvo Pluchino, l’astrofisico e direttore del Planetario de L’Unione Sarda Manuel Floris, la storica della scienza Maria Giulia Andretta, l’astronomo dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri – INAF Gianni Comoretto, l’astronoma e direttrice di Coelum Molisella Lattanzi, il filosofo Filippo Onoranti, il Professore di Elettronica dell’Università di Pisa e astrofilo Massimo Macucci, il Professore di Astronomia e Astrofisica dell’Università “Federico II” di Napoli Giovanni Covone. A ospitare gli eventi dell’iniziativa “Stregati dalla Luna” saranno le città di Magione (PG), Brembate di Sopra (BG), Cuneo, Rozzano (MI), Rocca di Papa (RM), Vittorio Veneto (TV), Lecco (LC), Torino, Ragusa, Cagliari, Ravenna, Montelupo Fiorentino (FI), Castellano (FM), Monsummano Terme (PT), San Giorgio del Sannio (BN) e Ventimiglia di Sicilia (PA). “Il fascino ancestrale dell’astronomia e, in particolare, della Luna è spesso l’elemento che fa avvicinare molti di noi alla scienza, come semplici curiosi, come appassionati, come ricercatori. D’altro canto, la dimensione scientifica, con la curiosità e il pensiero critico che la caratterizzano, è un elemento essenziale della cultura umana in generale. Ci è sembrato quindi naturale unire le forze con il CICAP per promuovere l’astronomia, la scienza e il pensiero critico partendo dalla nostra vicina di casa: la Luna”, afferma il Presidente dell’UAI Luca Orrù.“Le leggende metropolitane e le teorie del complotto relative alla Luna da sempre danno molto lavoro al CICAP. Con questa iniziativa cercheremo di fare chiarezza su alcuni dei falsi miti che la riguardano, con l’aiuto dei nostri esperti, e approfitteremo dell’occasione per raccontare che cosa dice davvero sull’argomento la ricerca scientifica. Insomma, terremo lo sguardo rivolto al cielo ma i piedi ben saldi a terra e il nostro obiettivo come sempre sarà quello di promuovere la curiosità, lo spirito critico e la mentalità scientifica”, dichiara il Vicepresidente del CICAP Andrea Ferrero.Coelum Astronomia è Media partner dell’iniziativa “Stregati dalla Luna”.
Programma delle iniziative
7 settembre: Magione (PG)
Dalla Terra alla LunaLa ricercatrice Sara Cutini ci accompagnerà in un viaggio affascinante alla scoperta dei tanti volti della Luna. Dallo sbarco dell’uomo alle tante credenze che le ruotano attorno potremo anche noi partire alla volta di questo meraviglioso satellite. L’evento vuol essere un invito a dotarsi di spirito critico per non svegliarsi più con la Luna storta e avvicinarsi alla sua conoscenza con razionalità. Modererà Raffaele Silvani, Fisico della Materia e ricercatore presso il Dipartimento di Fisica e Geologia dell’università degli studi di Perugia.Ti aspettiamo il 7 settembre 2024 dalle 16.00 presso il Museo della Pesca del Lago Trasimeno (Lungolago Della Pace e Del Lavoro 20, San Feliciano, Magione -PG-) per attività nel planetario e osservazione del sole. Dalle 18.00 conferenza con Sara Cutini, seguita per chi vuole da un apericena in attesa delle osservazioni della Luna e del cielo notturnoSi consiglia l’iscrizione al seguente link: https://bit.ly/SDLMagioneSi ringrazia il Comune di Magione, Terre del Perugino Trasimeno Musei, L’orologio BU Sistema Museo, Proloco San Feliciano e Lega Navale Italiana sezione Trasimeno.
11 settembre
Brembate di Sopra (BG)
La Luna tra scienza e credenzeLa Luna, cosa sappiamo del nostro satellite naturale? Come si è formata ed evoluta, secondo le più moderne conoscenze astronomiche e le più recenti missioni scientifiche, la compagna che rischiara le nostre notti? Ed è proprio vero che fu visitata dagli astronauti americani mezzo secolo fa o fu una ricostruzione girata in studio a Hollywood? Perché non ci siamo più tornati da allora e quando ci torneremo? Davide Dal Prato e Luca Boschini ci aiuteranno a rispondere a queste e ad altre domande.Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura dell’associazione astrofila La Torre del Sole.Ti aspettiamo l’11 settembre 2024 alle ore 20.30 presso il Parco Astronomico “La Torre Del Sole” – Via Caduti sul Lavoro 2 (ang. Via B. Locatelli) – 24030 Brembate di Sopra (BG)Partecipazione gratuita senza prenotazione.
12 settembre
Rozzano (MI)
“Complotti e credenze… al chiaro di Luna” Sulla Luna non ci siamo mai stati, lo sbarco è un falso girato da Kubrick. Con la Luna piena nascono più bambini. La super Luna provoca i terremoti. La Luna influenza l’imbottigliamento del vino. Oppure no? In questa chiacchierata con Luigi Fontana esamineremo queste ed altre “”dicerie”” legate al nostro satellite, e scopriremo alcuni strumenti da inserire nella nostra cassetta degli attrezzi per orientarci tra miti e leggende.A seguire si terrà l’osservazione del cielo in collaborazione con il Gruppo Astrofili Rozzano.Ti aspettiamo il 12 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Civico Osservatorio Astronomico di Rozzano – via Palmiro Togliatti 105, Rozzano, Milano Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria ai link: https://bit.ly/CICAP-UAI-Rozzano oppure https://www.eventbrite.it/e/biglietti-conferenza-complotti-e-credenze-al-chiaro-di-luna-933239724137 “
13 settembre
Rocca di Papa (RM)
“Cosa hanno in comune la luna e la musica? Non possiamo dirtelo subito ma ti aspettiamo al “Rock Around the Moon” per una serata indimenticabile dove sarai tu il protagonista!In questo evento, il pubblico avrà un ruolo fondamentale e sarai tu a scegliere le canzoni che accompagneranno la nostra esplorazione della Luna insieme al fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana Ettore Perozzi. Ogni brano selezionato guiderà una discussione su affascinanti temi astronomici legati al nostro satellite naturale.Ma non finisce qui! Infatti, potrai alzare lo sguardo al cielo per osservazioni dirette della Luna e delle stelle, accompagnato da esperti che ti sveleranno i “misteri” dell’universo.Non perdere l’occasione di vivere la magia della musica e dell’astronomia in un evento dove le tue scelte faranno brillare la notte! Ti aspettiamo il 13 settembre a partire dalle ore 20.00 presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, via Lazio 14 località Domatore, Rocca di Papa (RM)Ingresso: gratuito con prenotazione. Turno A (20,00): https://bit.ly/SDLLazioTurnoA Turno B (21.00): https://bit.ly/SDLLazioTurnoB
Vittorio Veneto (TV)
Le tante facce della LunaLa Luna accompagna da sempre le vicende umane, e gli uomini si sono convinti che questa compagnia non possa essere casuale, associando alle fasi lunari i fenomeni più svariati, dalle nascite alla crescita dei capelli, alle operazioni da effettuare nell’orto. Queste presunte correlazioni sono state oggetto di studi scientifici, ma possiamo veramente dire di aver trovato qualcosa? Ne parleremo con Luca Antonelli. A seguire ci sarà l’osservazione del cielo con i telescopi messi a disposizione dall’Associazione Astrofili Vittorio Veneto. Vi aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 20.45 presso l’Area Parco Fenderl, via San Gottardo 91, Vittorio Veneto. Partecipazione libera.
Lecco (LC)
“Balle spaziali”C’è chi dice che lo sbarco sulla Luna fu simulato in uno studio a Hollywood, che i russi hanno nascosto la morte di tanti cosmonauti, che un asteroide ci colpirà nel 2036 e che la NASA nasconde le prove degli extraterrestri che sono su Marte e sulla nostra Terra. L’esplorazione spaziale ha generato miti e leggende che è necessario smontare per poter scoprire il fascino e i drammi delle avventure reali, spesso più incredibili di qualunque leggenda. Paolo Attivissimo, giornalista scientifico, autore del libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” e del documentario spaziale “Moonscape”, mette da parte scientificamente i miti e ci porta nello spazio vero insieme ai pionieri del cosmo.Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili Deep Space.Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Planetario Città di Lecco – C.so Matteotti, 32 – 23900 Lecco (LC)La partecipazione all’evento è gratuita con prenotazione obbligatoria. Prenota qui: https://bit.ly/CICAP-UAI-Lecco oppure https://forms.gle/hMd5GW8dFPrWpsVq9
Torino
“Un mondo lunatico!Le bufale lunari non sono affatto un fenomeno nuovo e, anzi, nel passato siamo riusciti a fare molto di meglio! Un cambiamento, però, c’è stato, perché le bufale ora sono improntate ad un senso di sfiducia e di pessimismo. Alcune idee invece sono rimaste le stesse nel tempo, come per esempio la supposta influenza della Luna sulle nascite e sull’agricoltura. Ma è tutto veramente una bufala? E anche se lo fosse, come mai hanno così successo? Lo scopriremo insieme ad Alberto Vecchiato, Primo Ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino.Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Mausoleo della Bela Rosin – Str. Castello di Mirafiori, 148/7, Torino. Ingresso libero e gratuito.A seguire osservazioni del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili William Herschel
14 settembre
Ragusa Ibla
“Luna e l’altra: verità e false congetture sul nostro satellite” Con Marcella Giulia Pace e Salvo Pluchino esploreremo i misteri del nostro satellite naturale, svelando curiosità scientifiche e sfatando le più comuni leggende metropolitane e fake news. Attraverso un intreccio di divulgazione e rigore scientifico, impareremo a distinguere i fatti dalle falsità, rendendo omaggio alla bellezza e complessità della Luna.A seguire osservazione con i telescopi a cura del CISA di Ragusa.Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 18.30 presso l’Antico Convento (Giardini Iblei), viale Margherita 41, Ragusa IblaPer assistere alla conferenza è necessaria la prenotazione al seguente link: https://www.centroibleostudiastronomici.it/pages/contact/
Cagliari
Stregati dalla LunaLa Luna, da sempre musa ispiratrice di poeti e narratori, suggerisce però anche bufale e complotti. Il Planetario di Cagliari, con il patrocinio del CICAP e della UAI, organizza una conferenza sulla Luna e sulle bufale che nascono intorno ad essa. L’astrofisico Manuel Floris ci parlerà della teoria del complotto secondo cui lo sbarco sulla Luna non sarebbe mai avvenuto. Alla conferenza seguirà il momento di osservazione della Luna attraverso il telescopio del Planetario. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024, alle ore 20.00 presso il Planetario de L’Unione Sarda (Piazza L’Unione Sarda) a Cagliari. La partecipazione all’evento prevede un costo di 6,50€Per ulteriori informazioni e prenotazioni chiamare al numero 0706013552
Cuneo
“Dalla Terra alla Luna – Le leggende metropolitane sull’esplorazione del nostro satellite”La Luna è da sempre oggetto di superstizioni e credenze popolari, ma con lo sviluppo dell’era spaziale è finita al centro anche di una serie di leggende metropolitane e teorie del complotto, da quella più famosa che vede nello sbarco sulla Luna del 1969 una messinscena ordita dalla NASA, a quella meno nota che al contrario riferisce di varie missioni lunari segrete alla caccia di manufatti alieni. In questo incontro con Andrea Ferrero esamineremo alcune di queste leggende con l’obiettivo di fare chiarezza in merito e di capire che cosa ci riserva davvero in futuro l’esplorazione del nostro satellite. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 20.30 presso il Liceo Scientifico Peano, Corso Giolitti 11, Cuneo.A seguire osservazione della Luna al telescopio presso la specola del Liceo. Ingresso libero e gratuito.
Ravenna
Per secoli l’umanità ha sognato di raggiungere la Luna aiutandosi, in primis con la fantasia, e poi con cannocchiali e telescopi per poterla osservare più da vicino. Tuttavia, a qualche anno dalla sua conquista, si iniziano ad avere dubbi sulle imprese spaziali, risultato di una serie di incertezze che intrecciano cronaca, cinema e immaginario sci-fi. Se vuoi scoprire come sono avvenute le prime osservazioni del nostro satellite, come ha avuto origine la prima bufala scientifica, come e quali sono stati i presupposti dello sbarco dell’uomo sulla Luna ti aspettiamo sabato 14 settembre 2024, alle ore 21:00, presso il Planetario di Ravenna, Viale Santi Baldini 4/a. Dalle ore 22.00 osservazione del cielo al telescopio a cura della delegazione UAI Associazione Ravennate Astrofili Rheyta (ARAR).Ingresso liberoProgramma della serataIntroduzione e saluti istituzionali “Breve storia delle osservazioni lunari” a cura di Paolo Morini (ARAR-UAI) “Le origini del complotto più costoso della storia dell’uomo” a cura di Maria Giulia Andretta (CICAP)Sessione con domande del pubblico Ore 22: – Osservazione guidata della Luna al telescopio. In caso di condizioni meteo avverse sarà proiettato e commentato il cortometraggio “”Le Voyage dans la Lune”” di Georges Méliès (1902)
Montelupo Fiorentino (FI)
“La Luna storta”Alla Luna da sempre sono attribuiti effetti su moltissimi aspetti della nostra vita: nascite, umore, crescita degli ortaggi, vino, terremoti…ma cosa c’è di vero? Esistono meccanismi plausibili per cui la Luna potrebbe avere questi effetti? Qualcuno ha provato a controllare, ad esempio, se nascono più bambini, se il vino viene migliore, se ci sono più ricoveri in psichiatria con la Luna in determinate fasi? In realtà sì, anche se si tratta di un terreno talmente sconfinato che si può solo grattarne la superficie. Vedremo insieme all’astronomo Gianni Comoretto quello che si sa, gli effetti reali, e quello che magari ci piacerebbe continuare a credere.Al termine della conferenza, negli spazi antistanti l’osservatorio, si terrà l’osservazione lunare in collaborazione con il Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino.Ti aspettiamo il 14 settembre 2024, alle ore 21.00, presso l’Osservatorio astronomico “Beppe Forti” Via di San Vito, SNC, 50056 – Montelupo F.no (FI) Ingresso libero.
Castellano (FM)
“Tutta la verità sulla Luna” Prima Parte. I miti e le leggende legate alla Luna. Perché, nonostante la vicinanza che ne favorisce uno studio approfondito, circolano ancora false credenze sull’astro argentato che dall’inizio dei tempi ci accompagna? Seconda parte. Alla scienza serve la filosofia? E se sì, perché? La risposta è più scandalosa di quanto non si possa immaginare: alla scienza serve la filosofia poiché “la scienza” si occupa di ciò che possiamo conoscere, e questo tocca da vicino il vero ed il falso. La filosofia ha scoperto, o anche soltanto compreso, che la verità è in se stessa una china scivolosa, e che per ragionare occorre metterla fra parentesi e circoscriverla. La filosofia ha per così dire imparato nei secoli a sognare una Verità, maiuscola e assoluta, ma ad agire nel mondo dei fenomeni traducendola in verità locali; alla cui natura minuscola non segue alcun depotenziamento ma che anzi proprio da ciò trae la sua esistenza. Il dialogo che Molisella Lattanzi e Filippo Onoranti intrecceranno avrà l’ambizione di individuare i nodi determinati di quanto accennato e di farne oggetto della più libera e insieme rigorosa disamina. Contestualmente alla conferenza ci sarà l’opportunità di fare delle osservazioni della Luna a cura dell’Associazione Astrofili Alpha Gemini. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 21:00 presso l’Osservatorio astronomico elpidiense, Via Pier Paolo Pasolini, 63811 Castellano (FM) Ingresso libero.
Monsummano Terme (PT)
“Realtà e fantasie sulla Luna”Cosa sappiamo davvero sulla Luna e sui suoi effetti? Cercheremo di scoprirlo insieme a Massimo Macucci. Dopo una breve introduzione sulla Luna, sulla morfologia della sua superficie, sul suo moto orbitale e sulle maree, passeremo a discutere le teorie del complotto che intenderebbero negare la realtà delle missioni NASA sulla Luna ed esamineremo le ragioni per cui tali teorie sono prive di fondamento. Successivamente prenderemo in esame un’altra credenza abbastanza diffusa: i presunti effetti negativi della cosiddetta “”superluna””, vale a dire del plenilunio che si verifica quando la Luna è in prossimità del perigeo, per cui appare un po’ più grande, e vedremo quale sia la vera entità delle differenze rispetto a una qualunque altra condizione di plenilunio. Concluderemo poi parlando delle molto diffuse convinzioni sull’effetto che le fasi lunari avrebbero sulla semina e su un’altra serie di attività umane, esaminando quali sono le conclusioni degli studi scientifici al riguardo.Al termine della conferenza ci sposteremo insieme a Parco Orzali (di fronte al parcheggio della Coop), a circa 10 minuti a piedi, per le osservazioni della Luna a cura dell’Associazione Astrofili Valdinievole A. PieriTi aspettiamo il 14 settembre alle ore 21.00 presso la Biblioteca comunale Giuseppe Giusti, Piazza Martini 10, Monsummano Terme (PT)Ingresso libero
San Giorgio del Sannio (BN)
“Stregati dalla Luna” La Luna è nata da un catastrofico evento fortuito, miliardi di anni fa, eppure ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione della vita, nella stabilità dell’asse di rotazione terrestre e oggi nell’esplorazione umana del cosmo. Con Giovanni Covone parleremo del nostro rapporto con la Luna, delle scoperte e avventure spaziali da Parmenide alla missione Artemide, dei misteri che ancora nasconde, e anche delle bufale che (paradossalmente) nella nostra era confusa si accompagnano sempre ai progressi della scienza.Seguirà l’osservazione della Luna a cura del Gruppo Astrofili BeneventaniTi aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il FatBoy Pub, via Fontananaisi 21, San Giorgio del Sannio (BN).Ingresso libero.
20 settembre
Ventimiglia di Sicilia (PA)
“Luna e stelle tra miti e leggende”Siamo stati davvero sulla Luna? Oppure è tutta una finzione architettata da registi visionari? Se l’allunaggio c’è stato davvero allora perché non ci siamo più tornati? Cercheremo le risposte a queste e ad altre domande insieme a Luca Boschini. Dopo la conferenza seguiranno osservazioni da diversi telescopi dislocati nel piazzale e da quello nella cupola dell’Osservatorio. I Divulgatori dell’associazione ORSA ci mostreranno la Luna e le costellazioni visibili raccontando i miti ad esse collegati. Ti aspettiamo il 20 settembre 2024 alle ore 21.00 presso l’Osservatorio Astronomico Giorgio Puglia, via dell’Orto 7, Ventimiglia di Sicilia (PA)Per info e iscrizioni: orsapalermo1984@gmail.com
UNIONE ASTROFILI ITALIANI
L’Unione Astrofili Italiani (UAI) è l’Associazione nazionale che riunisce tutti coloro che amano il cielo, dal 1967 un punto di riferimento culturale, organizzativo e motivazionale per tutti gli astrofili. L’UAI conta tra le sue fila oltre 60 Delegazioni e relativi Osservatori astronomici e Planetari pubblici diffusi su tutto il territorio nazionale,in prima linea nella promozione e diffusione della cultura scientifica. Le attività portate avanti da oltre 50 anni dalla UAI ricadono in diversi ambiti: della didattica, della formazione, della divulgazione e della ricerca amatoriale in campo astronomico e della lotta all’inquinamento luminoso. L’attività culturale prodotta dalla UAI aiuta la comunità scientifica nazionale e internazionale ed è da questa valutata come un significativo contributo all’avanzamento delle conoscenze e alla diffusione dell’astronomia. Per seguire la UAI www.uai.it
COMITATO ITALIANO PER IL CONTROLLO DELLE AFFERMAZIONI SULLE PSEUDOSCIENZE
Il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) è un’associazione di promozione sociale, scientifica ed educativa, che promuove un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, del paranormale, dei misteri e dell’insolito con l’obiettivo di diffondere il metodo scientifico e lo spirito critico. Il CICAP nasce nel 1989 per iniziativa di Piero Angela e di un gruppo di scienziati, intellettuali e appassionati, ed è oggi presieduto dal professor Lorenzo Montali. Il CICAP svolge un’attività costante di formazione e divulgazione, con appuntamenti, incontri, convegni e corsi di formazione.Per seguire il CICAP www.cicap.orgFacebook @cicap.org | Instagram @cicap_it | X @cicap |Telegram @cicap
Fin da giovane, il mio interesse per la meccanica, l’elettronica e l’ingegneria, è cresciuto di pari passo con la mia inesausta curiosità di capire il funzionamento delle cose, smontando e rimontando – per la gioia dei miei genitori – ogni sorta di oggetto che mi capitasse tra le mani: un approccio sperimentale, un’attitudine alimentata dall’ammirazione che nutrivo per mio nonno e per la sua “arte di arrangiarsi”. Oggi abbiamo la fortuna di avere l’accesso gratuito ad una quantità di informazioni e risorse praticamente illimitate, possiamo costruire e creare qualcosa partendo quasi da zero e tutto è diventato molto più facile, a patto di sapere dove e cosa cercare.
In queste pagine vi racconterò l’ avventura che ha portato alla creazione di questo mio SDM (Sky Darkness Meter), o “Buiometro” per gli amici, esplorando le idee, le sfide affrontate, le soluzioni adottate sia per lo strumento sia per cercare di prendere sonno la notte senza pensarci troppo.
Perché costruire un “SDM”?
Risposta breve: per curiosità. Risposta non ufficiale: perché ritengo che l’unica alternativa simile disponibile sul mercato, seppure affidabile, sia ormai un po’ obsoleta, oltre che non particolarmente economica. Confesso che da quando ho iniziato a fare osservazione e poi astrofotografia ho desiderato avere un qualcosa che, più che dare un valore “assoluto” alle condizioni di buio del cielo, mi permettesse di fare confronti fra le diverse situazioni… fidarmi del buon vecchio “occhio” non mi bastava più. Ho trovato molti spunti in rete, nessuno dei quali mi ha mai convinto fino in fondo: progetti pronti, smart, molto articolati e ben fatti, nei quali però ho sempre trovato qualche pecca: errori di conversione fra le grandezze, superficialità nelle misure, scarsa ripetibilità, algoritmi poco convincenti. Da qui la decisione di tentare – per l’ennesima volta – la più impegnativa strada dell’autocostruzione.
Un po’ di teoria
L’acronimo comunemente utilizzato, “Sky Quality Meter“, potrebbe fuorviare: il valore SQM rappresenta la luminanza del cielo in mag/arcsec^2 (o MPSAS, Magnitude Per Square Arc Second), e varia da 16.00 per i cieli più chiari a 22.00 per quelli più bui. Questo numero non riflette direttamente la qualità del cielo e, oltre a non essere propriamente definibile una grandezza in senso stretto, è influenzato da vari fattori come la trasparenza o il seeing; semplicemente fornisce un’indicazione di “quanto è buio” l’angolo di cielo che misuriamo, da qui la scelta del nome Sky Darkness Meter. Non esistendo sensori in grado di rilevare direttamente l’oscurità del cielo, si deriva la misura semplicemente valutandone la luminosità attraverso un piccolo miracolo dell’optoelettronica.
Il sensore
Sensore Buiometro
Per il mio strumento mi sono affidato allo stesso sensore utilizzato nello strumento SQM di Unihedron, il TSL237: questo componente, combinando un fotodiodo con un convertitore di corrente, genera un segnale elettrico digitale sotto forma di onda quadra ad una data frequenza. Tale frequenza è direttamente proporzionale proprio all’irradianza (flusso luminoso radiante per unità di superficie) sul fotodiodo; misurando la frequenza del segnale, con una formula abbastanza semplice, si arriva al valore SQM che ci interessa. Perchè proprio il TSL237? Studiandone le caratteristiche e confrontandole con altri componenti simili ho capito che è perfetto per lo scopo: molto sensibile alle basse luminosità, stabile in un ampio range di temperature (da -40 a +85°C), ha un bassissimo “rumore” di misura (dark frequency), è un sensore digitale pronto all’uso e soprattutto è molto veloce. A tal proposito, giusto per fare un esempio, vi descrivo la stessa situazione con una delle alternative disponibili sul mercato, il TSL235:
grafici irradianza Buiometro
Osservando i due grafici in figura, a parità di irradianza, per esempio a 0.001 μW/cm2 (valore che corrisponde a un SQM di 18.00), il sensore TSL237 genererebbe un segnale a 2.3 Hz, leggendo un valore in 0.5”, mentre il TSL235 si fermerebbe a 0.8Hz … in pratica impiegherebbe quasi il triplo del tempo per avere la stessa misura e, prevedendo di fare una media di più valori, si arriva a parecchi minuti per avere un risultato sotto cieli molto bui, impensabile.
Nella versione digitale formato sfogliabile a questo link: https://www.coelum.com/coelum-digitale/coelum-astronomia-267-2024-digitale
è disponibile il box “LA MATEMATICA DEL BUIO” con le espressioni necessarie al calcolo matematico dei valori di buio (riservato utenti QUASAR).
I primi test e prototipi
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Ti è mai capitato che nel momento più bello si spegnesse tutto? Proprio quando stai per catturare l’immagine perfetta del cielo stellato, l’energia si esaurisce, lasciandoti al buio e senza possibilità di continuare. È esattamente per evitare queste situazioni frustranti che l’autore ha deciso di costruire un alimentatore da campo personalizzato, progettato per garantire autonomia energetica durante le sessioni di astrofotografia. Utilizzando una potente batteria LIFEPO4 da 100Ah, ha creato una power box leggera, efficiente e capace di alimentare tutta l’attrezzatura per oltre 20 ore. Con questo progetto, non solo si risolvono i miei problemi di alimentazione, ma si può sperimentare la soddisfazione di costruire qualcosa su misura per le proprie esigenze, evitando costose soluzioni preconfezionate. Se anche tu hai bisogno di un sistema di alimentazione affidabile e vuoi cimentarti in un progetto fai-da-te, questa guida ti mostrerà come fare.
ALIMENTATORE DA CAMPO AUTOCOSTRUITO
Nel mio percorso di astrofotografo itinerante ho sempre avuto la necessità di possedere una fonte di energia che mi garantisse un’autonomia per almeno due sessioni fotografiche. Da qui è nata l’idea di autocostruire una power box fatta su misura per le mie esigenze, e quindi affidandomi alla mia scarsa conoscenza dell’elettronica ma consapevole di essere un grande smanettone, ho messo in pratica un progetto che avevo in testa da diverso tempo e che ho ultimato con l’acquisto di una batteria LIFEPO4, la quale a differenza delle classiche batterie al piombo, può garantire delle prestazioni maggiori e cicli di carica/scarica almeno 10 volte superiori.
Charge Bank per Astrofotografia
Per la realizzazione mi sono avvalso di una classica cassetta degli attrezzi reperibile in qualsiasi ferramenta o centro di bricolage, ho preferito prenderne una molto capiente in modo da poterci inserire eventuali accessori o cavetterie varie e inoltre che avesse degli scomparti in cui inserire i vari connettori e display.
Il suo funzionamento è molto semplice, la tensione 12V CC parte ovviamente dalla batteria principale una lifepo4 da 100AH e arriva ad un display digitale che mi consente di monitorare la corrente che assorbe tutto il carico. Da qui in serie fino ad un piccolo convertitore booster che la trasforma e la mantiene costante; può essere impostato agendo tramite una piccola vite da un minimo di 3V ad un massimo di 35V, (Figura 1) io lo mantengo intorno ai 13,3V questo consente alla montatura, una EQ6 di funzionare senza alcun problema anche durante i goto.
Display digitale per il controllo dell’assorbimento corrente, convertitore booster, presa accendi sigari e prese USB per ricarica rapida
Successivamente l’uscita del booster viene inviata a due morsettiere (una per il polo positivo ed una per il negativo) dalle quali parte l’alimentazione per ogni singolo connettore (Figura 2):
Morsettiere di distribuzione
1 presa accendisigari per il collegamento del notebook (Figura 1)
6 prese DC da pannello per il collegamento di fasce anticondensa, montatura, camera di ripresa, focheggiatore (Figura 3)
1 HUB USB 3.0 per il collegamento di camera guida, camera di ripresa, focheggiatore (Figura 3)
2 prese USB per la ricarica rapida di un telefono o tablet (Figura 1)
Prese DC da pannello e USB 3.0 per Charge Bank
Sulla parte laterale della cassetta ho ricavato due connettori: uno serve per la ricarica della batteria, ad esso infatti è collegato un carica batterie da 20A che mi consente una ricarica completa in circa 5 ore (Figura 4), accanto un altro connettore collegato direttamente ai poli positivo/negativo consente l’aggiunta di un ulteriore eventuale batteria in parallelo (Figura 5).
Ho misurato che in media tutto il setup con ogni componente collegato e simulando una sessione di ripresa in funzione assorbe circa 5Ah per cui con una batteria da 100A dovrei poter alimentare tutto per circa 20 ore.
Connettore per ulteriore batteria in paralleloCarica Batterie da 20A
Prezzi
Devo dire che ho costruito questo alimentatore da campo in diversi step e in svariati mesi quindi dal punto di vista economico la spesa non ha inciso molto avendo aggiunto un pezzetto per volta. L’unico componente che incide per circa la metà del costo totale è sicuramente la batteria. Facendo due conti il costo di tutta la componentistica si aggira intorno ai 400 euro, ma nulla vieta ovviamente di poter utilizzare batterie dalle prestazioni inferiori con costi praticamente dimezzati.
Vantaggi
Il peso di tutta la powerbox risulta essere circa 1/3 rispetto a quelle tradizionali con batterie al piombo
Cicli di carica/scarica una batteria lifepo4 può eseguire fino a 2000 cicli contro i 300 di quelle classiche
Infatti può essere scaricata fino al 95% della sua capacità nominale, contro il 50% di una batteria al piombo
Svantaggi
L’unico svantaggio che al momento mi viene in mente è sicuramente il costo della batteria visto che ancora il prezzo di una LIFEPO4 non si può considerare proprio economico.
Conclusioni
Sicuramente per la costruzione di questa stazione di alimentazione occorre un minimo di manualità con strumenti tipo saldatore a stagno, multimetro, o minidremel, non credo bisogna essere dei grandi esperti di elettronica, io non lo sono affatto, e ho fatto tutto seguendo qualche tutorial qua e là. Ovviamente in giro per la rete si possono trovare delle soluzioni già pronte al costo di meno di 1000 euro ma vuoi mettere la soddisfazione di costruirsi qualcosa secondo le proprie esigenze?
Spero quindi di aver fatto cosa gradita a chi intende cimentarsi nella costruzione e ringrazio la rivista Coelum per avermi dato la possibilità di condividere il mio progetto.
L'immagine mostra le due galassie NGC 6040 e LEDA 59642 in collisione nel formare Arp 122. Crediti: ESA/Hubble & NASA, J. Dalcanton, Dark Energy Survey/DOE/FNAL/DECam/CTIO/NOIRLab/NSF/AURA
Acknowledgement: L. Shatz
ABSTRACT
Arp 122, distante circa 570 milioni di anni luce dalla Terra e nella Costellazione di Ercole, descrive la collisione di due galassie. Le galassie coinvolte sono NGC 6040, una spirale distorta visibile di taglio, e LEDA 59642, una spirale tondeggiante. Durante la collisione, il disco di NGC 6040 si è inclinato e i suoi bracci si sono deformati, estendendosi verso LEDA 59642. Questo evento cosmico provoca variazioni nelle orbite delle stelle, gas e polveri all’interno delle galassie, spesso portando alla formazione di una nuova galassia ellittica. Nonostante le significative perturbazioni, le stelle raramente collidono tra loro a causa delle immense distanze. Tuttavia, il materiale interstellare può comprimersi, accelerando la formazione stellare, come osservato in NGC 6040. Oltre alla fusione, le galassie stanno precipitando verso il centro dell’Ammasso di Ercole, subendo un processo noto come “ram-pressure stripping“, che priva le galassie del gas necessario per la formazione di nuove stelle. Si prevede che i buchi neri supermassicci al centro delle due galassie si avvicineranno fino a fondersi, generando intense onde gravitazionali. Le interazioni e le collisioni tra galassie, più comuni nell’Universo primordiale, sono state fondamentali nell’evoluzione delle galassie moderne.
Durante i mesi estivi, grazie alla sua elevata posizione nel cielo, questa zona è favorevole per l’osservazione in Italia, anche se la breve durata delle notti estive limita il tempo per accumulare sufficiente segnale luminoso.
Collisione Galattica : due Galassie in Una
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
M101 nella versione di Andrea Iorio del progetto Overall Photons
Il 17 agosto scorso tre giovani astrofotografi hanno lanciato nuovo progetto “OVERALL PHOTONS” partorito dalla desiderio di condividere i dati amatoriali per lavorare in comune su specifici target.
Passano gli anni e nuove generazioni si affacciano alla grande passione per l’Astronomia e l’Astrofotografia, inondando il settore con nuova vitalità ma anche ispirando nuovi approcci. Il più significativo da un punto di vista (POV come direbbero loro!) puramente sociale è la smisurata propensione alla condivisione.
Un modus operandi quello della condivisione che già si è fatto notare nei progetti di Science Citizen oppure nel più nostrano e più volte citato ShaRA. Tutti volti a migliorare la qualità dei risultanti partendo dall’esigenza comune di dove raccogliere molti e molti dati spendendo ore e ore di tempo tutti. E allora perché non unire le forze? Non solo economiche oppure amatoriali-professionali ma anche capacitive, riporre i tanti giga di dati raccolti sullo stesso soggetto in un unico database e metterli poi a disposizione di tutti per l’elaborazione. Certo più facile a dirsi che a farsi ma intanto la prima pietra è stata posata.
I protagonisti dell’impresa sono Andrea Iorio, Fernando Linsalata ed Elisa Cuccu intendi a condividere alcuni dati per una lavoro a sei mani e da li l’idea: aprire il lavoro ad altri contributi e menti sia nazionali che internazionali. Le adesioni non sono tardate e inventare un nuovo nome si è resa subito necessario. Overall Photons, nome che rimanda ai fotoni catturati dai sensori delle camere astronomiche che poi vengono unificati durante l’integrazione dei dati derivanti da diversi astrofotografi.
Gli obiettivi di questo nuovo progetto sono molteplici:
1) unione delle forze, per raggiungere centinaia, ma anche migliaia, di ore di integrazione di segnale su specifici target deepsky in modo da ottenere risultati altrimenti complicati da raggiungere
2) condivisione, per permettere a chiunque di avere a disposizione dati cumulativi di buona qualità anche non disponendo di attrezzatura di alto livello o vivendo in località con inquinamento luminoso
3) fare community astrofotografica, per permettere a chiunque di partecipare e contribuire a progetti condivisi e per apportare cambiamento e novità nel modo di fare e concepire l’astrofotografia
Il metodo è ovviamente in una fase testing ed è indispensabile mettersi all’opera su campioni reali per individuare tutte le criticità di una simile idea. Primo soggetto scelto su cui cimentarsi: M101, un target molto fotografato e quindi che offre una discreta quantità di dati su cui metter mano.
Il primo test ha consentito non solo di sondare l’interesse nel condividere dati da parte di altri astrofotografi ma anche valutare alcuni processi elaborativi per integrare dati che, non dimentichiamo, hanno origini estremamente differenti.
Contattati privatamente sono stati in tutto 11, inclusi i tre ideatori, gli astrofotografi che hanno messo a disposizione i propri dati grezzi riuscendo a raggiungere così ben 260 ore di integrazione in HaLRGB sulla galassia M101.
Lavorare concretamente su M101 ha subito messo in evidenza le potenzialità indiscusse del lavoro di squadra, ma, allo stesso tempo, ha fatto emergere alcune difficoltà tecniche chiave su cui Andrea, Elisa e Fernando sono impegnati per ottimizzare al meglio l’integrazione dei dati e la selezione del materiale grezzo condiviso.
Si sta già pensando al prossimo target che vedrà come protagonista la nebulosa Helix. Le modalità e le tempistiche per la partecipazione verranno condivise sui profili social dei tre ragazzi nelle prossime settimane, oltre che nei principali gruppi social di astrofotografia sia nazionali che internazionali.
Si respira molto ottimismo anche se la strada di Overall Photons è solo all’inizio ed è ancora molto lunga. Lunga vita alla condivisione!
Per qualsiasi informazione su Overall Photons potete contattare e seguire i profili Instagram di:
Andrea Iorio: https://www.instagram.com/a_glimpse_of_universe/
Elisa Cuccu: https://www.instagram.com/lislisette_/
Fernando Linsalata: https://www.instagram.com/ostespaceobservatory/
Ecco invece i contatti dei primi 11 pionieri: Elisa Cuccu (Elisa Cuccu) , Fernando Linsalata (Fernando Linsalata), Andre Vilhena (the.cosmic.arena), Gianluca Beccani (Gianluca Beccani), Francesco Radici (Francesco Radici), Reza Hakimi (IG: @rezzolution_), Kyle Fish (IG: @ak.astrophoto), Federico Boninsegna (Federico Boninsegna), Benjamin Rideout (Benjamin Rideout), Andrea Arbizzi (Andrea Arbizzi).
Hai mai immaginato di esplorare l’universo attraverso gli occhi degli antichi astronomi? La Società Astronomica Italiana (SAIt) non solo mantiene viva questa tradizione, ma la reinventa per le nuove generazioni, portando la scienza del cielo nelle mani dei ragazzi con iniziative straordinarie come i Campionati Italiani di Astronomia e il concorso “Giovani astronome/i al TNG”. Dietro le quinte di questi eventi si nasconde un mondo fatto di passione, dedizione e scoperte mozzafiato, dove studenti di tutta Italia si sfidano per conquistare il cielo e i suoi segreti. Ma c’è di più: un progetto rivoluzionario vuole coinvolgere gli studenti nella creazione di un autentico “diagramma dell’orizzonte”, replicando un antico strumento che ha affascinato generazioni di scienziati. Scopri come la SAIt sta cambiando il modo in cui le nuove generazioni vedono e comprendono il cosmo, mescolando storia, scienza e tecnologia in un’avventura che promette di ispirare il futuro dell’astronomia italiana. Non perdere l’occasione di entrare in questo universo affascinante e scoprire come anche tu puoi fare la differenza!
Introduzione
Si è appena conclusa la LXV Assemblea dei Soci SAIt che ha confermato la necessità di un aggiornamento dello Statuto della Società. Tutti gli interventi hanno ribadito che la SAIt svolge un ruolo importante per lo sviluppo delle Scienze astronomiche in Italia e che la sua missione di diffusione della cultura scientifica non può che crescere nella prospettiva futura.
Solo un’associazione di volontari della diffusione della cultura scientifica, infatti, è in grado di fondere le esperienze e le sensibilità di comunità formalizzate, quali quelle della ricerca, della scuola e dell’Università, ognuna agendo secondo le proprie specifiche finalità istituzionali.
Per questo motivo sono grato alla Redazione di Coelum per l’opportunità che mi viene offerta di illustrare alcune delle azioni svolte dalla SAIt nel 2023 e, fra queste, desidero soffermarmi sulle attività svolte a vantaggio delle ragazze e dei ragazzi con lo scopo di trasmettere soprattutto a loro il fascino delle scienze del cielo. Ciò per due motivi. Il primo è che vorrei mostrare quante persone, fra colleghi e amici, siano oggi impegnate nell’attività di volontariato culturale proposta dalla SAIt, il secondo motivo è per far conoscere quanti ragazzi bravissimi e quanti insegnanti di valore ci sono nelle nostre scuole.
I Campionati Italiani di Astronomia
I Campionati Italiani di Astronomia (che nelle gare internazionali conservano il nome originale di Olimpiadi), giunti alla XXII edizione, sono una gara di cultura astronomica aperta agli studenti delle scuole superiori e promossa dalla Società Astronomica Italiana in collaborazione con l’INAF e il Ministero dell’Istruzione e del Merito nel quadro delle iniziative per la Valorizzazione delle eccellenze scolastiche del MIM.
La competizione ha l’obiettivo di mettere gli studenti in contatto con l’ambiente della ricerca e così promuovere il loro interesse nell’astronomia la quale, non solo è una tra le più antiche scienze della storia umana, ma possiede anche un’evidente valenza multidisciplinare in quanto spazia dalla storia alla filosofia, dalla matematica alla chimica, dalla fisica alla letteratura, all’arte.
La procedura dei Campionati è articolata. Si parte da una fase di preselezione alla quale quest’anno hanno partecipato oltre 12000 studenti provenienti da 395 scuole (comprese due scuole italiane all’estero), a cui segue una seconda fase nella quale le giurie interregionali selezionano, fra gli oltre 1000 elaborati che hanno superato la prima fase, i migliori 90 ai quali è riservata la partecipazione alle finali nazionali.
La cerimonia di apertura delle gare finali si è tenuta quest’anno a Reggio Calabria il 16 Aprile alla presenza di autorità locali, rappresentati del MIM e degli Enti sostenitori. Il giorno seguente si sono svolte le gare vere e proprie presso il Liceo Scientifico Statale “Leonardo da Vinci”. I finalisti si sono cimentati con problemi di Astrofisica teorica, durante la mattina, e su prove pratiche e analisi di dati di Astronomia osservativa, nel pomeriggio.
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Benvenuti a un nuovo entusiasmante capitolo del progetto ShaRA!
Dopo avervi stuzzicato con l’affascinante Nebulosa Testa di Delfino, siamo finalmente pronti a condividere i risultati del nostro ultimo sforzo collettivo: ShaRA#8.2 – Danza Cosmica! Questa volta, il nostro team di astrofotografia ha puntato i suoi obiettivi su un gruppo di galassie interagenti che ha catturato l’immaginazione di tutti noi: NGC3169 e NGC3166, nella costellazione del Sestante.
Questo progetto ha richiesto impegno, precisione e una buona dose di pazienza, con riprese condotte nel cielo cileno e qualche imprevisto tecnico che ha reso il viaggio ancora più avvincente. Ma come sempre, le sfide sono state superate grazie alla passione e alla collaborazione del nostro team!
Le immagini finali, frutto di un lavoro collettivo e democratico, sono spettacolari e mettono in evidenza la straordinaria bellezza e complessità di questi oggetti cosmici. Siamo entusiasti di presentarvi il risultato di questa avventura cosmica e speriamo che vi lasci senza fiato tanto quanto ha fatto con noi!
**Restate con noi per scoprire di più e, perché no, unirvi alla nostra prossima sfida!** 🚀✨
di ShaRA Team
Introduzione
Lo abbiamo anticipato col precedente articolo, parlando della bellissima nebulosa testa di Delfino (l’antipasto dell’ottavo progetto del TEAM ShaRA), ora possiamo finalmente condividere il risultato dell’ultimo sforzo del nostro gruppo. Cosa abbiamo fotografato questa volta? Per chi non ci seguisse dalla prima uscita su COELUM, ricordo brevemente che la scelta dei target ripresi nei nostri progetti di astrofotografia remota condivisa viene effettuata con votazione democratica da parte di ogni singolo membro, partendo da una lista di oggetti proposti liberamente dai membri stessi. Quando partimmo con ShaRA#8, la maggioranza dei membri si polarizzò sul meraviglioso gruppo di galassie interagenti NGC3169 e NGC3166.
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Immagina di possedere il Sole o di regalare una stella con il tuo nome. Fantasia? Non per Angeles Duran, la donna spagnola che ha osato rivendicare la proprietà del nostro astro più importante! Ma cosa succede quando il diritto romano incontra le moderne ambizioni spaziali? In un mondo in cui le superpotenze lottano per il controllo dello spazio, una falla nei trattati internazionali potrebbe cambiare tutto. Scopri le incredibili implicazioni legali e le sfide che ci attendono mentre ci avventuriamo sempre più lontano nel cosmo. E se pensavi di poter comprare una stella per il tuo amato, preparati a rivedere i tuoi piani: la realtà è ben diversa da quello che ci vendono! Intrighi spaziali e sogni infranti ti aspettano in questa affascinante esplorazione delle nuove frontiere della proprietà cosmica.
Il Sole è di mia proprietà!
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Lo scorso 10 maggio il cielo notturno sopra l’Italia è stato inondato da un fenomeno spettacolare anche per la sua rarità: l’aurora boreale. Nelle pagine a seguire spiegheremo il fenomeno dalle sue origini scientifiche sino alle modalità in cui si è manifestato e come è stato possibile acquisirne dati e immagini anche con un approccio amatoriale. Ci accompagnano nella ricca esposizione: Francesco Berrilli e Valentina Penza dell’Università di Roma Tor Vergata, Alessandro Marchini dell’Università di Siena e Alessandro Ravagnin.
Indice dei contenuti
PARTE 03
Cronaca di una giornata memorabile
a cura di Alessandro Ravagnin
La mattina del 10 Maggio,dopo aver accompagnato i bambini a scuola come normalmente faccio al venerdì prima di andare al lavoro, ho deciso di tornare a casa per una fugace occhiata al Sole. Nei giorni precedenti, il gruppo di macchie identificato con la sigla AR3664 aveva fatto sfoggio di sé e si era sviluppato in modo importante, sia nel numero di fotosferiche che nella loro configurazione magnetica. Non volevo perdere l’occasione per dare una sbirciatina a quella che per quel momento era la più grande, complessa e attiva regione del 25esimo ciclo solare. Il cielo era limpido e la nostra stella, poco dopo le 8:15 (6:15 UTC), era ancora bassa sull’orizzonte est, a circa 25° di altezza. Dopo aver aperto l’osservatorio nel giardino di casa ho montato il filtro Daystar Quark Prominence sul rifrattore Tecnosky 115/800mm, come sempre faccio quando voglio osservare la dinamica cromosfera solare nella riga H-alpha dell’idrogeno ionizzato, nonché il filtro Baader Astrosolar in testa al C11HD, per una ripresa della fotosfera in luce bianca.
Il programma di quei 15 minuti di osservazione prevedeva quindi un paio di filmati e niente più. Spesso capita dalle mie parti (ma non solo dalle mie) che nelle mattinate primaverili/estive, l’atmosfera sia abbastanza stabile nelle prime ore dell’alba, permettendo di avere un seeing discreto per riprese in alta risoluzione. Alle 6.30 UTC era tutto pronto, la strumentazione era montata, il Sole era nel campo delle due camere di ripresa, la messa a fuoco era stata effettuata. Si preannunciava una normale sessione di ripresa, ma…
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
L’aurora sul Lago di Misurina (BL) (Cristian Bigontina, Notti delle Dolomiti)
Lo scorso 10 maggio il cielo notturno sopra l’Italia è stato inondato da un fenomeno spettacolare anche per la sua rarità: l’aurora boreale. Nelle pagine a seguire spiegheremo il fenomeno dalle sue origini scientifiche sino alle modalità in cui si è manifestato e come è stato possibile acquisirne dati e immagini anche con un approccio amatoriale. Ci accompagnano nella ricca esposizione: Francesco Berrilli e Valentina Penza dell’Università di Roma Tor Vergata, Alessandro Marchini dell’Università di Siena e Alessandro Ravagnin.
Indice dei contenuti
PARTE 02
Il diario di un’aurora italiana
a cura di Alessandro Marchini direttore dell’Osservatorio Astronomico dell’Università di Siena
La notte tra il 10 e l’11 maggio un’incredibile aurora boreale si è accesa nei cieli italiani. Si è trattato di un evento assolutamente straordinario e inconsueto per le nostre latitudini.
E pensare che due anni fa, nel febbraio 2022, ero andato a caccia dell’aurora fino a Tromsø, in Norvegia, per tornare dal viaggio abbastanza deluso: il tempo era stato inclemente ed insieme al gruppo di amici che erano con me siamo riusciti a vedere le luci del nord solo per qualche istante in quattro notti di nuvole, neve e pioggia.
La debole aurora del 27 febbraio 2022 in Norvegia (Stefano Parrini)
Vivo a Siena, poco fuori dal centro storico, a casa ho due finestre a nord e la sera del 10 maggio mi sono affacciato più volte a guardare il cielo in quella direzione, finché non è stato chiaro che quelle strisciate rosa che stavo vedendo, sul profilo della città e distanti dal punto del tramonto, non potevano che essere le luci di un’aurora.
Le prime avvisaglie dell’aurora sopra Siena alle 22:30 del 10 maggio (Crediti autore)
Come è stato possibile che l’aurora, timida e dispettosa in Norvegia, mi avesse inseguito fino a casa, per mostrarsi in tutta la sua magnificenza? Ma soprattutto, era prevedibile un’aurora su Siena tanto da farmi affacciare continuamente alla finestra per sperare di vedere le “luci del nord” da 43 gradi di latitudine?
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Aurora Alessandro Marchini L’aurora sulle Crete Senesi (Marco Lucherini)L’aurora sulle Crete Senesi (Francesco Benvenuti)L’aurora su Casole d’Elsa (Stefano Moschini)L’aurora su Casole d’Elsa (Susanna Montagnani)Startrail sui colori dell’aurora da Senigallia (AN) (Katiuscia Pederneschi)L’aurora su Montale (PT) (Pietro Giannitti)L’aurora sul Lago di Misurina (BL) (Cristian Bigontina, Notti delle Dolomiti)
#NotHaarp!
E’ stata un’esperienza fantastica, rovinata soloda valanghe di commenti sui nostri social di alcuni complottisti che ormai non riescono a godersi un fenomeno naturale, noto fin dall’antichità, ma cercano di trovare cause artificiali, come l’esperimento HAARP (High Frequency Active AuroralResearch Program) che nasce nel 1993 in Alaska come installazione militare per lo studio della ionosfera. Dismessa nel 2013 e rivenduta per uso civile nel 2015, adesso è gestita dall’Università di Fairbanks ed è una struttura visitabile da chiunque, comprese le scuole che spesso ci vanno in gita di istruzione.Parliamo di una installazione che può simulare gli effetti di disturbo che una tempesta solare può provocare sulle telecomunicazioni, o aiutare a costruire modelli accurati di ciò che accade nella ionosfera, rendendo la struttura un ottimo laboratorio di ricerca utilizzato da enti e università di tutto il mondo.Il raggio massimo raggiunto da esperimenti simili raggiunge al massimo 500 Km, peraltro senza alcuna conseguenza.
L’esperimento HAARP tirato in ballo dagli amanti del complotto utilizza potenze ridicole (pochi megawatt) rispetto a quelle di una tempesta solare (centinaia di gigawatt) e non può produrre aurore artificiali visibili in mezzo mondo come quella, naturale, del 10 maggio scorso, vista persino nell’emisfero sud, in Nuova Zelanda. L’Università di Fairbanks, travolta dal clamore mediatico dei complottisti, lo ha chiaramente spiegato con un comunicato.
Le aurore sono fenomeni sì straordinari alle nostre latitudini, ma sono accaduti altre volte in passato, quando HAARP non esisteva ancora, come abbiamo già mostrato in precedenza.
Ricordando una notte diversa da tutte le altre, quando le luci dell’aurora boreale si sono accese sul cielo di Siena.
La mattina dell’11 maggio, prima di andare a dormire qualche ora, ho realizzato un video velocizzato con la sequenza delle immagini raccolte nei venti minuti di massima intensità, potete vederlo qui: youtu.be/S8RbJuenGKE.
E’ stata un notte unica ed emozionante, di quelle che un poeta come Ungaretti avrebbe definito “una notte diversa da ogni altra notte del mondo”.
Come documentare un’aurora è descritto nella terza parte
Lo scorso 10 maggio il cielo notturno sopra l’Italia è stato inondato da un fenomeno spettacolare anche per la sua rarità: l’aurora boreale. Nelle pagine a seguire spiegheremo il fenomeno dalle sue origini scientifiche sino alle modalità in cui si è manifestato e come è stato possibile acquisirne dati e immagini anche con un approccio amatoriale. Ci accompagnano nella ricca esposizione: Francesco Berrilli e Valentina Penza dell’Università di Roma Tor Vergata, Alessandro Marchini dell’Università di Siena e Alessandro Ravagnin.
Indice dei contenuti
PARTE 01
I COLORI DELLA TEMPESTA: COME, PERCHE’ E QUANDO
a cura di Francesco Berrilli e Valentina Penza Università di Roma “Tor Vergata”
I fisici solari hanno delle specifiche date (e dei nomi) a cui sono particolarmente affezionati. Una ad esempio è il 1º settembre 1859, giorno in cui si manifestò sulla nostra stella un evento abbastanza comune nel suo genere, ma in quella occasione particolarmente violento nella sua intensità, al punto da meritare un appellativo tutto suo: evento di Carrington. In realtà il 1º settembre 1859 furono due gli astronomi inglesi, Richard Christopher Carrington e Richard Hodgson che osservarono sulla superficie del Sole un brillamento di luce “bianca” estremamente intenso in una zona del disco solare che stava attirando già da qualche giorno l’attenzione per la presenza un esteso gruppo di macchie solari. L’evento in sé sarebbe rimasto una notazione destinata ad incuriosire giusto qualche altro studioso, se non fosse stato per la grande quantità di particelle elettricamente cariche espulse ad alta velocità e in direzione della Terra il giorno successivo: una delle tempeste magnetiche più intense di cui si ha testimonianza nella storia dell’umanità. Il fenomeno diede luogo ad aurore a latitudini estremamente basse (come Roma e Catania) e danneggiò parte della rete telegrafica del mondo. Per avere una stima dell’intensità del fascio si può dire che il nostro Sole lanciò verso la Terra particelle cariche con un’energia pari a dieci miliardi di bombe atomiche.
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Lastra fotografica della galassia di Andromeda M31 ripresa da Edwin Hubble nella notte fra il 5 e il 6 ottobre 1923 con il telescopio di 2,54 metri dell’Osservatorio di Monte Wilson. Sono segnate tre “N” che rappresentano tre Novae. Quando Hubble andò a comparare questa immagine con alcune immagini di Novae ottenute in anni precedenti, notò che una di queste tre Novae, aumentava e diminuiva la sua luminosità ad intervalli regolari di circa 31 giorni. Aveva scoperto la prima Cefeide della galassia di Andromeda. Cancellò perciò la “N” e la sostituì con la dicitura “VAR” variabile. Da quella notte iniziò l’era Extragalattica, che cambiò radicalmente le nostre conoscenze sull’Universo e M31 divenne una Galassia e non più una Nebulosa della Via lattea.
DOPO LA RASSEGNA DELLE SUPERNOVA ITALIANE NELLE GALASSIE MESSIER, CON LA QUALE ABBIAMO RIPERCORSO LA STORIA DELLE DIECI PIÙ IMPORTANTI SCOPERTE E CHE CI HA PERMESSO DI AMMIRARE ANCHE IMMAGINI INEDITE E ACCEDERE AD INFORMAZIONI CHE NON AVREMMO MAI PENSATO DI POTER OTTENERE, RITENIAMO CONCLUSO QUESTO PERCORSO E CI SEMBRA OPPORTUNO APRIRE UNA NUOVA SEQUENZA CON “LE SUPERNOVAE EXTRAGALATTICHE PIÙ LUMINOSE ED IMPORTANTI DELLA STORIA”.
ABSTRACT
Hai mai sentito parlare di una stella che ha cambiato per sempre la nostra comprensione dell’Universo? Nel 1885, un misterioso lampo di luce esplose nella galassia di Andromeda, visibile ad occhio nudo e destinato a lasciare un segno indelebile nella storia dell’astronomia. La scoperta della supernova SN1885A, inizialmente fraintesa e quasi dimenticata, ha rivoluzionato il modo in cui vediamo le galassie e l’intero cosmo. Ma cosa succederebbe se oggi esplodesse una supernova simile? E perché, dopo quasi 140 anni, gli astronomi stanno ancora cercando tracce di questo evento epocale? Scopri i segreti e le incredibili coincidenze che hanno portato a riscrivere i libri di scienza, e lasciati affascinare dalla storia di una scoperta che ha cambiato tutto.
SN1885A IN M31
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Cosa accomuna un incontro casuale con Van Morrison in una libreria di New York e la misteriosa connessione tra la Piramide di Cheope e la velocità della luce? Potrebbe sembrare il preludio a un romanzo di fantascienza, ma dietro a queste coincidenze apparentemente straordinarie si cela un principio scientifico che sfida la nostra percezione della realtà: l’effetto “guarda altrove”. Scopri come il “look-elsewhere effect” demistifica le coincidenze più incredibili e perché, prima di lasciarsi incantare da numeri e incontri sorprendenti, dovremmo guardare oltre le apparenze. Preparati a vedere il mondo con occhi nuovi e a mettere in discussione tutto ciò che credevi fosse impossibile!
Incredibili coincidenze non così incredibili
Incredibile coincidenza numero 1: anni fa, durante una vacanza a New York, in una libreria ho incontrato Van Morrison, uno dei grandi della musica moderna, e anche uno dei miei idoli. E non avendo il coraggio di dirgli nulla del tipo “Van!Sei proprio tu!? Facciamo un selfie, dai!”, mi sono limitato a pensare che incontrare Van Morrison in una libreria a Manhattan era una coincidenza veramente incredibile.
Incredibile coincidenza numero 2: la Piramide di Cheope è collocata alla latitudine Nord di29.979167 gradi, e questo numero corrisponde, nelle prime 5 cifre, alla velocità della luce, 299 792 458 m/s. Secondo alcuni questa non può essere una semplice coincidenza, ma rappresenterebbe invece la manifestazione delle incredibili conoscenze degli egizi.
Prendiamo quindi a pretesto il mio inaspettato incontro ravvicinato con Van Morrison e la curiosità sulla Grande Piramide (vera, in termini di coincidenza numerica, sebbene la corrispondenza non è completa, ma solo sulle prime cifre), per imparare qualcosa che è alla base della metodologia scientifica sperimentale: il “look-elsewhere effect” (effetto “guarda altrove”), come lo chiamano i fisici delle particelle, in statistica altrimenti detto “multiple comparison” (confronto multiplo).
Tralasciando il fatto non proprio marginale che gli egizi non conoscevano né i metri né i secondi, e nemmeno i gradi, così di primo acchito si potrebbe dire che è veramente una coincidenza curiosa e molto improbabile che la latitudine della Piramide di Cheope sia uguale, anche se solo nelle prime cinque cifre, alla velocità della luce. Così come appare un evento altamente improbabile quello di incontrare Van Morrison durante una vacanza di qualche giorno a New York curiosando in una libreria. E invece dove sta l’errore? Sta nel trascurare il look-elsewhere effect.
Infatti una curiosa coincidenza poteva verificarsi in una miriade di modi diversi. Poteva verificarsi fra il perimetro della piramide espresso in avambracci del Faraone e la costante di Planck, il volume della piramide espresso in giare di frumento e lo spostamento verso il rosso della galassia NGC271-2interno4, la distanza fra la cima della piramide e la punta del naso della sfinge (prima che si rompesse) espressa in opportuni multipli della lunghezza d’onda della transizione iperfine dell’Idrogeno atomico, e così via.
Analogamente, io non ero partito dall’Italia dicendomi: “spero di incontrare Van Morrison a New York”. Avrei potuto incontrare Bruce Springsteen, o qualche altro personaggio famoso, o magari Rinaldi, quello che per merenda a scuola si portava panini grandi come portaerei, e che da allora non ho più rivisto. Sarebbero state tutte coincidenze impreviste e sorprendenti.
Quindi, alla luce degli infiniti modi in cui è possibile trovare una coincidenza che ci colpisca, la coincidenza che riguarda la Piramide, apparentemente improbabile per come ci viene proposta, in realtà non è poi così incredibile. Anzi, se tenessimo conto del “look-elsewhere effect“, tutto sommato ci dovremmo stupire che ci sia solo questa coincidenza. In realtà probabilmente ce ne sono molte altre, che aspettano di essere scoperte. Quindi, nel caso in questione, la domanda: “qual è la probabilità chele prime cinque cifre della latitudine della Piramide di Cheope corrispondano alle prime cinque cifre della velocità della luce espressa in m/s?” è assolutamente mal posta. In modo del tutto analogo al mio incontro ravvicinato con Van Morrison, non è affatto questo quello che è accaduto! Quello che è accaduto è una corrispondenza (parziale!) fra uno degli infiniti numeri che riguardano la piramide di Cheope e un altro degli infiniti numeri che hanno a che fare con la scienza moderna. E se poi consideriamo che questa corrispondenza poteva riguardare non la piramide di Cheope, ma qualunque altra costruzione o manufatto legato alla civiltà egizia, o magari Sumerica (gli appassionati delle cose che non esistono adorano i Sumeri) i casi possibili diventano smisuratamente grandi. Certamente anche nelle misure del lavandino della mia cucina si celano incredibili e inspiegabili coincidenze cosmiche che aspettano di essere scoperte, come aveva già sottolineato Umberto Eco in uno dei suoi arguti scritti.
Il look-elsewhere effect è molto utilizzato nelle analisi dei risultati scientifici, qualora si cerchino effetti e anomalie non previsti a priori. Supponiamo infatti di raccogliere dati tra cui cercare la presenza di qualche nuovo fenomeno, ad esempio la produzione di una nuova particella (ma potrebbe essere anche una patologia non ipotizzata a priori). E supponiamo che questo nuovo fenomeno si manifesti come una anomalia rispetto al fondo, a ciò che ci appare “normale”. E supponiamo anche di non sapere cosa aspettarci a priori, di non sapere se esista una nuova particella o una patologia nascosta in quei dati, e nemmeno, nel caso dovesse esistere, come e dove dovrebbe manifestarsi. E supponiamo quindi di osservare nei dati raccolti qualcosa che ci sembra incompatibile con l’ipotesi di solo fondo.
A questo punto, prima di comprare il frac per Stoccolma, dobbiamo chiederci quanto frequentemente una analoga anomalia potrebbe apparire per caso in qualunque altro modo nei dati che abbiamo raccolto. La domanda da porsi è quindi: qual è la probabilità di osservare, in tutto l’insieme dei dati a nostra disposizione, una fluttuazione rispetto al fondo di quella entità? Se si considerano tutte le possibili analoghe fluttuazioni che ovunque possono saltare fuori per caso, ecco che la nostra mirabolante scoperta potrebbe diventare decisamente meno eclatante.
Nell’intricato scenario delle galassie nane, un’intensa battaglia tra effetti della dinamica stellare e materia oscura decide il destino del rapporto M/L. Mentre la spoliazione mareale e le binarie non risolte tentano di influenzare la partita, la materia oscura rivendica la sua presenza indiscussa. Riuscirà costei ad avere l’ultima parola, ole stelle faranno finalmente luce su misteri ancora insondati?
Materia oscura o effetti dinamici? Un’analisi delle galassie nane
La materia oscura rappresenta uno dei più grandi enigmi della cosmologia moderna. Nonostante la sua natura elusiva, si ritiene che essa costituisca circa l’85% della massa totale del cosmo. Dai MACHOs (Massive Astrophysical Compact Halo Objects), ossia oggetti compatti di alone, alle particelle esotiche massive e debolmente interagenti che vanno sotto il nome di WIMPs (Weakly Interactive Massive Particles), svariate sono state le speculazioni fatte per identificare la composizione della materia oscura, nessuna delle quali, però, ancora verificata sperimentalmente. Ad oggi, infatti, l’esistenza della materia oscura viene ancora dedotta solo indirettamente sfruttandogli effetti gravitazionali che essa produce su galassie e ammassi di galassie.
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Lo sciame meteorico delle Perseidi sarà attivo dal 17 luglio al 24 Agosto,
raggiungendo il picco massimo di meteore intorno al 12 agosto
In questo periodo, ci sarà la possibilità di vedere le meteore Perseidi ogni volta che il punto radiante dello sciame, nella costellazione di Perseo, sarà sopra l’orizzonte; il numero di meteore visibili aumenterà quanto più alto sarà il punto radiante nel cielo.
Da Roma il punto radiante è circumpolare, il che significa che si trova sempre sopra l’orizzonte e lo sciame sarà attivo per tutta la notte.
Al suo apice, si prevede che lo sciame produca un tasso nominale di circa 150 meteore all’ora ( ZHR ). Tuttavia, questo tasso orario zenitale è calcolato assumendo un cielo perfettamente buio e che il radiante dello sciame sia situato direttamente sopra la testa. In pratica, qualsiasi vera osservazione non raggiungerà queste condizioni ideali. Il numero di meteore che probabilmente si vedranno è quindi inferiore.
Da Roma, il radiante dello sciame apparirà a un’altitudine massima di 70° sopra l’orizzonte con una stima nel momento di massimo splendore dello sciame di circa 141 meteore all’ora.
La Luna, in Bilancia, sarà intorno al primo quarto di fase al culmine dello sciame, ma tramonterà alle 23:36 e non interferirà più nel corso della notte.
NELL’IMMAGINE IL PUNTO RADIANTE DELLE PERSEIDI. CREDITI IN-THE-SKY.ORG
Il museo del Cielo e della Terra di San Giovanni in Persiceto è una realtà che raggruppa diversi ambiti didattici che vanno dall’Astronomia all’Orto Botanico, dal laboratorio dell’insetto alla Fisica Experience. Il polo riservato all’astronomia è gestito dal Gruppo Astrofili Persicetani (GAPers) che quest’anno festeggia i 40 anni della sua fondazione, si trova all’interno dell’area dell’Orto Botanico “Ulisse Aldrovandi” e si compone di: un osservatorio, un planetario e di una serie di collezioni naturalistiche, tra le quali una collezione di meteoriti tra le più importanti in Italia.
Romano Serra descrive uno dei legni di Tungunska
La collezione è collocata al primo piano della struttura che ospita anche il planetario ed è il risultato della passione e della perseveranza di Romano Serra, che dal 1978 raccoglie meteoriti, sia come opera di ricerca propria sul territorio sia acquistandoli quando rari e importanti a livello didattico e divulgativo. Cercare meteoriti non è affatto semplice; i luoghi migliori sono solitamente i deserti, che uniscono l’ambiente arido, che prolunga il tempo di conservazione delle croste di fusione sulla superficie delle meteoriti, all’assenza di vegetazione ed in talune aree alla presenza di un tavolato di ciottoli chiari che facilita il riconoscimento delle meteoriti, dalle superfici più scure. Ciononostante, Romano Serra può vantare un centinaio di ritrovamenti, una quantità notevole, frutto di decine di spedizioni nel Sahara ed in molti altri deserti. I pezzi presenti nella raccolta nel complesso superano tuttavia il migliaio, segno che la gran parte è composta da pezzi inevitabilmente acquistati. Tutte le classi di meteoriti sono ben rappresentate, a partire dalle condriti ordinarie, con bellissimi pezzi orientati o ricchi di regmagliti[1] o addirittura che mostrano shattercones[2]. Sono presenti anche molte classi di Carbonacee, e diverse rare Enstatiti.Tra le Acondriti, solo per citarne alcune, appaiono tutte le tre classi delle HED[3](Eucriti, Diogeniti e Howarditi), alcune meteoriti marziane (Shergottiti), brecce lunari, Aubriti ed Acondriti primitive. Ben rappresentate sono anche le Pallasiti, e le Sideriti (Ottaedriti, Esaedriti ed Atassiti).
Per alcuni famosi crateri terrestri, sono disponibili apposite raccolte che comprendono campioni dei meteoriti che hanno formato i crateri stessi, assieme ad impattitirocciose (Rocce terrestre che hanno subito alterazioni) o vetrose (Vetri formatisi a causa della fusione di materiali silicei) formatesi a seguito dell’impatto
Notevole è la raccolta dei pezzi che appartenenti al Kamil Crater, il cratere individuato nel 2008 dalle immagini di Google Earth da Vincenzo De Michele, e visitato da Serra in alcune delle molte spedizioni a cui ha partecipato. Oltre ad alcune stupende meteoriti, anche fra questi reperti sono presenti vetri e una roccia terrestre che mostra shattercones.
Per i crateri di Wabar, in Arabia Saudita, appaiono diversi vetri, sia neri (Le famose perle del Wabar) che chiari oltre a impattiti rocciose ed alcune belle sideriti.
Vetrina delle condriti (in basso) e delle acondriti (in alto)
Anche Canyon del Diablo (MeteorCrater in Arizona)è ben rappresentato grazie ad alcuni campioni ed un plastico del cratere.
Ma i due “pezzi forti” del museo sono la ricchissima raccolta di Lybian Glass e la sezione dei legni di Tunguska.
Il vetro del deserto libico (LDG), si è formato a seguito di una caduta meteorica di 26 milioni di anni fa, che con il calore dell’esplosione vetrificò la sabbia del deserto in una vasta area tra Libia ed Egitto. Il vetro, di un bel colore giallo chiaro è stato utilizzato per migliaia di anni per costruire manufatti, dai bifacciali acheuleani, alle lame del paleolitico superiore, alle punte di freccia, per finire in stupendi ornamenti della civiltà faraonica come lo scarabeo del pettorale di Tutankhamnon. E’ difficile descrivere l’emozione di vedere un manufatto realizzato decine di migliaia di anni fa utilizzando un vetro creato dall’impatto di un asteroide ancora più antico, fino a 26 milioni di anni fa.
I legni di Tungunska sono certamente il settore più importante del museo, a cui appartengono più di un centinaio di campioni, un numero che rende la raccolta probabilmente la più ricca al mondo, recuperati in ben sette spedizioni alle quali Serra ha partecipato dal 1991 al 2018. Sezioni di alberi tagliati in varie zone nell’area dell’evento, tronchi carbonizzati, campioni di terreno, foto, rilevamenti e persino gli spettri di piccole gocce di vetro, sono gli elementi di una ricchissima esposizione che agli occhi attenti può insegnare molto, come ad esempio un tronco d’albero che mostra stretti anelli rotondi di accrescimento della foresta profonda ma che dopo il 1908 si ovalizzano (L’albero ha cambiato inclinazione a seguito dell’onda d’urto).
La ricchissima collezione è purtroppo raccolta in uno spazio assolutamente insufficiente per essere giustamente valorizzata e molti pezzi più che interessanti rischiano di passare inosservati al visitatore perché “affogati” nella folla di campioni che riempiono le vetrine. La solaraccoltadi meteoriti italiane in grado di esporre anche una perfetta riproduzione del meteorite di Renazzo meriterebbe uno svolgimento descrittivo ed espositivo ben maggiore.
Ma di contro a questo limite, oltre alla ricchezza ed alla bellezza di questa collezione sta la simpatia e la competenza del Dr. Romano Serra che, con un meteorite tra le mani, tra aneddoti e racconti, riesce a trasportare chi lo ascolta attraverso le sabbie sahariane, la taiga siberiana o sul “rim” di un cratere, in una passeggiata che può ben definirsi “tra cielo e terra”.
[1]Depressioni simili a “ditate” dovute all’ablazione operata dall’atmosfera terrestre in fase di caduta meteorite.
[2] Coni di frattura si irradiano solitamente da un apice e sono dovuti ad uno shock da impatto.
[3]Classe di meteoriti provenienti da un corpo differenziato (Probabilmente Vesta).
Museo
Museo del Cielo e della Terra di San Giovanni in Persiceto
Indirizzo
Vicolo Baciadonne 1, San Giovanni in Persiceto
Contatti
– Telefono 051-827067 (Lasciare messaggio in segreteria)
NGC 4753 si trova a circa 60 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Vergine e fu scoperta per la prima volta dall'astronomo William Herschel nel 1784. È un membro del gruppo di galassie NGC 4753 all'interno della nube della Vergine II, che comprende circa 100 galassie e ammassi di galassie. Si ritiene che questa galassia sia il risultato di una fusione galattica con una galassia nana vicina avvenuta circa 1,3 miliardi di anni fa.
ABSTRACT
NGC 4753 è una galassia lenticolare situata a circa 60 milioni di anni luce nella Costellazione della Vergine, osservata dal telescopio Hubble. Questa galassia mostra un aspetto spettrale con un disco distorto di polveri che oscura la luce delle stelle retrostanti. NGC 4753 combina caratteristiche delle galassie ellittiche e spirali, appartenendo alla categoria delle lenticolari. Si ritiene che tali galassie possano derivare da spirali prive di gas necessario per formare nuovi bracci o da fusioni galattiche. Priva di materiale per la nascita di nuove stelle, NGC 4753 continuerà ad affievolirsi. La sua struttura insolita potrebbe essere il risultato di una fusione con una galassia nana avvenuta circa 13 miliardi di anni fa, che ha generato fasce di polveri oscure attorno al nucleo galattico. Il disco di polveri, in precessione differenziale, mostra un tasso di precessione più rapido al centro rispetto ai bordi. Osservato dall’alto, il disco apparirebbe come una normale galassia a spirale. La galassia, scoperta da William Herschel nel 1784, è parte della Nube Virgo II e possiede oltre mille ammassi globulari. Lo studio di NGC 4753 offre agli scienziati l’opportunità di testare teorie sulla formazione delle galassie lenticolari, grazie alla sua complessa struttura e ambiente a bassa densità.
Polveri Galattiche come un Nido Cosmico
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
La galassia a spirale ESO510-G13 vista dal telescopio VST. L’immagine VST ne evidenzia la struttura, simile ad una “S”, che attraversa la protuberanza centrale (bulge), oltre ad un esteso alone stellare diffuso. Crediti: M. Spavone (INAF/VST), R. Calvi (INAF/VST).
Indice dei contenuti
ABSTRACT
Il VLT Survey Telescope (VST), situato presso l’Osservatorio Paranal in Cile, è uno strumento di primaria importanza per l’astronomia moderna. Con un diametro di 2,6 metri e la fotocamera OmegaCAM, VST offre un’ampia visione del cielo, consentendo di esplorare dettagliatamente galassie e ammassi di galassie. Questo telescopio è fondamentale per comprendere i processi di formazione ed evoluzione delle galassie, grazie alla sua capacità di catturare immagini di alta risoluzione su un ampio campo visivo. Le immagini dettagliate di VST permettono di osservare elementi come bracci a spirale, barre, anelli, e segni di interazioni gravitazionali, contribuendo alla comprensione della morfologia e della struttura delle galassie.
Tra gli oggetti studiati dal VST vi sono la galassia ESO510-G13, con la sua caratteristica struttura distorta a forma di “S”, il gruppo di galassie HCG90, noto per le intense interazioni gravitazionali tra i suoi membri, e l’ammasso di galassie Abell 1689, che offre preziose informazioni sulla distribuzione della materia nell’universo locale. Queste osservazioni consentono agli astronomi di analizzare la struttura a grande scala dell’universo e di osservare fenomeni come le lenti gravitazionali, che rivelano galassie lontane e offrono una visione delle prime fasi dell’universo.
Dalle galassie vicine agli ammassi lontani
l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Nascosti tra le vaste nubi di regioni di formazione stellare come questa si trovano potenziali indizi sulla formazione del nostro Sistema Solare. L'immagine della settimana del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA di questa settimana presenta AFGL 5180 è un bellissimo vivaio stellare situato nella costellazione dei Gemelli (I Gemelli).
ABSTRACT
La regione di formazione stellare AFGL 5180, situata a circa 6.500 anni luce nella Costellazione dei Gemelli, è un componente significativo del Complesso Nebuloso Molecolare di Gemini OB1. Il telescopio Hubble ha catturato un’immagine spettacolare di questa regione, dove una stella massiccia, nascosta in dense nubi di gas e polveri, espelle potenti getti di plasma. Questi getti illuminano le nubi circostanti e creano cavità nel materiale interstellare, fenomeno tipico delle zone di formazione stellare. I getti sono il risultato delle interazioni tra i campi magnetici delle stelle neonate e i dischi polverosi che le circondano, che causano l’espulsione di gas ionizzato.
La stella nascente, circa dieci volte più massiccia del Sole, è quasi invisibile in banda ottica e persino nell’infrarosso. Il violento impatto dei getti con il materiale circostante crea onde d’urto visibili nel vicino infrarosso. AFGL 5180 contiene anche numerosi giovani oggetti stellari che espellono getti indipendenti. Questo complesso nebulare offre un’importante opportunità di studio per comprendere i modelli di formazione stellare massiccia, come l’accrescimento del nucleo e l’accrescimento competitivo. Le osservazioni di Hubble forniscono dati cruciali per svelare i misteri della formazione ed evoluzione stellare e galattica.
Baby-Stelle tra le Nuvole Oscure
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Realtà Virtuale: una Rivoluzione nell’Analisi e Visualizzazione dei Modelli Scientifici per l’Astrofisica
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni, le osservazioni astronomiche hanno rivelato dettagli sempre più affascinanti sugli oggetti celesti, producendo un’enorme quantità di dati di altissima qualità (si veda Figura 1). Questo progresso ha reso necessario sviluppare modelli fisici sempre più precisi per descrivere i fenomeni astronomici, svelando i segreti nascosti nella loro struttura e nei processi che li governano.
Figura 1. La figura mostra la ricchezza di particolari messa in evidenza dal James Webb Space Telescope (JWST) nelle recenti osservazioni di alcuni oggetti astronomici: (A) il resto di supernova Cassiopea A a circa 11 mila anni luce di distanza – D. Milisavljevic (Purdue University), T. Temim (Princeton University), I. De Looze (University of Gent); (B) la galassia NGC 7496 ad oltre 24 milioni di anni luce – Judy Schmidt (CfA); (C) l’oggetto Herbig-Haro 46/47 legato a getti protostellari– J. De Pasquale (STScI); (D) la nebulosa planetaria NGC 3132. Crediti: NASA/ESA/CSA/STScI.
Tra i modelli fisici più usati nello studio degli oggetti astronomici troviamo quelli denominati magnetoidrodinamici (MHD), che si basano su un insieme di equazioni che descrivono il comportamento del plasma e dei gas negli oggetti astronomici anche in presenza di intensi campi magnetici. Si tratta di modelli fondamentali per comprendere la struttura, la dinamica e l’energetica di una vasta gamma di oggetti celesti, migliorando significativamente l’analisi e l’interpretazione delle osservazioni astronomiche.
Per sviluppare simili modelli è richiesto l’uso di sofisticati codici numerici, progettati appositamente per i plasmi astrofisici. A loro volto i codici necessitano di sistemi di calcolo parallelo ad alte prestazioni (noti anche come supercomputer), capaci di sollecitare migliaia di processori contemporaneamente, e di enormi risorse computazionali in termini di tempo di calcolo e memoria di archiviazione. Un esempio di tale tipologia di computer è il supercalcolatore Leonardo ospitato presso la facility nazionale di calcolo ad alte prestazioni del CINECA (si veda Figura 2). Ulteriori difficoltà legate allo sviluppo e allo studio dei modelli sono la complessità dei dati prodotti e la quantità enorme di informazioni scientifiche in essi contenuta, difficile da estrarre e interpretare. Sono aspetti che rappresentano una sfida sia per l’analisi che per la visualizzazione dei dati prodotti dai moderni modelli scientifici.
Figura 2. A sinistra un esempio di supercomputer usato anche per la ricerca scientifica. Si tratta di Leonardo, uno tra i più potenti computer al mondo ospitato e gestito dal consorzio Cineca. Il supercomputer è stato installato nel 2022 nel nuovo data center situato nel Tecnopolo di Bologna, ed è uno dei tre precursori di sistemi di classe exascale annunciati da Euro HPC Undertaking. Crediti: CINECA.
Ed è qui che entra in gioco la Realtà Virtuale, emergendo come uno strumento potente e innovativo per l’analisi e la visualizzazione di modelli scientifici complessi. Originariamente sviluppata per scopi di intrattenimento, la VR (ndr Virtual Reality) sta trovando applicazioni sempre più significative nella ricerca scientifica.
Gli scienziati dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Palermo e dell’Università degli Studi di Palermo contribuiscono attivamente a questa rivoluzione, sviluppando nuovi strumenti che consentono di esplorare e studiare modelli 3D in un ambiente immersivo. Un approccio che non solo sta migliorando la comprensione dei fenomeni astrofisici, ma rende la scienza più accessibile e coinvolgente per un pubblico più ampio anche di non addetti ai lavori.
Le Potenzialità della Realtà Virtuale nella Ricerca Scientifica
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
DIVENTA AUTORE O AUTRICE PER UN GIORNO – COELUM TI REGALA UN MAPPA-MARTE E UN MAPPA-LUNA
Iniziativa estiva e nuovo concorso per i lettori di COELUM
RISERVATO AGLI ABBONATI ALLA VERSIONE CARTACEA
Sei preparato sugli argomenti di Astronomia e magari ti cimenti già in piccole attività di divulgazione locali? Oppure se in gamba ad utilizzare gli strumenti di editing video e media in genere e ti piacerebbe far conoscere al pubblico la tua tecnica applicata alla promozione della cultura scientifica?
Allora questa è l’occasione giusta per te
Scegli il tema da approfondire: Marte o Luna
Invia il tuo contributo alla Redazione
l’autore o l’autrice dell’elaborato giudicato più interessante
riceverà in regalo un MAPPA-marte e un MAPPA-luna
Gli elaborati dovranno pervenire tramite mail a redazione@coelum.com completi di dati anagrafici (nome e cognome) e presentazione (breve testo descrittivo) del progetto che:
non dovrà superare i 3 minuti in caso di video,
non dovrà essere più di un link in caso di blogger,
deve essere di una sola puntata breve in caso di podcast,
deve essere uno short in caso di video o cortometraggio.
non dovrà essere più breve di 1000 parole in caso di testo o articolo
Non saranno presi in considerazione i progetti arrivati oltre la mezzanotte del 31 agosto 2024 e saranno selezionati solo progetti di divulgazione scientifica a tema astronomico o aerospaziale.
La giuria è costituita dalla redazione affiancata da esponenti del mondo scientifico, accademico, della ricerca, della comunicazione e della società.
Ogni componente del comitato valuterà con un punteggio le candidature per ciascuna delle due categorie, dalla somma dei punteggi emergerà il vincitore o la vincitrice per il tema Marte e per il tema Luna.
Sono ammessi anche i lavori di gruppi o associazioni.
I vincitori saranno annunciati il 5 settembre
I premi
Colore
Bianco
Marchio
TECNODIDATTICA
Materiale
Plastica
Peso articolo
1,2 Chilogrammi
Global Trade Identification Number
08007239977211
Informazioni su questo articolo
Mappamondo lunare innovativo ed elegante, con piedistallo e asta in alluminio, diametro 30 cm e sfera che ruota sul proprio asse
Cartografia ufficiale National Geographic, ricca di informazioni in latino sulla geografia della luna: crateri, rilievi, mari e punti di allunaggio delle missioni spaziali
Un raffinato oggetto di design progettato dai noti designer danesi Claus Jensen & Henrik Holbaek dello Studio Tools Design
Grazie alla lampadina LED interna in dotazione, si trasforma da risorsa per appassionati di scienza e astronomia a suggestiva lampada di atmosfera
I mappamondi Tecnodidattica fanno uso di tecnologie avanzate e di materiali pregiati, realizzati secondo gli alti standard di sicurezza e qualità Made in Italy
Colore
Rosso
Marchio
TECNODIDATTICA
Materiale
Plastica
Tipo di mappa
fisico
Peso articolo
1 Chilogrammi
Informazioni su questo articolo
Mappamondo del pianeta Marte, innovativo ed elegante, con piedistallo e asta in nylon, diametro 30 cm e sfera che ruota sul proprio asse
Cartografia ufficiale National Geographic, ricca di informazioni in latino sulla geografia fisica del pianeta rosso e le sue formazioni geologiche, osservate con telescopi e missioni spaziali
Un raffinato oggetto di design progettato dai noti designer danesi Claus Jensen & Henrik Holbaek dello Studio Tools Design
Grazie alla lampadina LED interna in dotazione, si trasforma da risorsa per appassionati di scienza e astronomia a suggestiva lampada di atmosfera
I mappamondi Tecnodidattica fanno uso di tecnologie avanzate e di materiali pregiati, realizzati secondo gli alti standard di sicurezza e qualità Made in Italy
PARTECIPA ANCHE TU!
DIVERTITI CON NOI!
Inviando il contributo e in caso di vincita si concede a COELUM i diritti d’opera sull’elaborato e l’autorizzazione alla pubblicazione dello stesso su tutti i canali in essere. Qualsiasi altro utilizzo dovrà essere da COELUM approvato.
Tutti i contributi dovranno essere originali e mai stati distribuiti in maniera gratuita né attraverso il web né su altri canali. Fatto salvo che per i vincitori, il vincolo di pubblicazione decadrà il giorno 5 settembre dopo l’annuncio dei premi assegnati.
Nel figura tratta dal libro di Covone "altre Terre" lo schema della sistema stella Gamma Cephei, con due stelle e un pianeta gigante
Sembra solo un puntino luminoso e privo di struttura, come tutte le altre stelle del Cosmo. Ma ogni stella ha una sua storia, una sua individualità che si nasconde dietro quel piccolo bagliore di luce. La storia di Gamma Cephei è tra le più interessanti del cielo.
Gamma Cephei dista circa 45 anni luce dalla nostra stella ed è in realtà un sistema stellare binario. La componente principale, Gamma Cephei A, è circa 1,4 volte la massa del Sole, ma è cinque volte più grande. È una subgigante classificata come K1 III-IV, ovvero una stella arrivata quasi alla fine della sua splendente vita percorrendo i vari gradini della serie spettrale e giungendo allo stadio di una lunga vecchiaia. La sua compagna Gamma Cephei B è una nana rossa circa tre volte meno massiva e molto meno luminosa, del tipo spettrale M4V. La piccola compagna fu scoperta da Gordon Walker e Bruce Campbell nel 1987 utilizzando misure di velocità radiali tramite osservazioni spettroscopiche. I due astronomi determinano che la nana rossa si muove intorno alla compagna più luminosa su un’orbita fortemente ellittica con un periodo di circa sei anni, ad una distanza media di circa 20 unità astronomiche.
Gamma Cephei ripresa dall’autrice
Poco mesi dopo, come racconta Giovanni Covone nelle pagine di “Altre Terre”, Walker e Campbell trovarono gli indizi del primo pianeta fuori dal Sistema Solare. Ulteriori misure mostravano la possibile presenza di un pianeta più grande di Giove, in orbita intorno alla stella maggiore, su un’orbita di circa due anni. Sarebbe stata una scoperta storica (infatti il primo pianeta estrapolare confermato fu scoperto sette anni dopo, nel 1995). Al candidato pianeta fu perfino dato un nome proprio, Tadmor, ma le prove non erano ancora sufficienti per dichiarare una scoperta.
“Tra i pianeti perduti, quello intorno a Gamma Cephei A occupa un posto particolare. Non era un pianeta inventato, non era un falso segnale nei dati immaginato da un astronomo troppo speranzoso. Era un vero pianeta, ma non era stato riconosciuto. Oggi è uno dei pochi tra gli oltre cinquemila noti che ha persino un nome: Tadmor, l’antico nome semitico della città di Palmira, in Siria, patrimonio dell’umanità.” (“Altre Terre”, pag. 187).
Al gruppo di Gordon e Campbell mancarono le risorse per compiere ulteriori osservazioni. Lo stesso Bruce Campbell, all’età di quarant’anni era ancora un astronomo precario presso la Victoria University (Toronto): in assenza di certezze sul suo futuro e preso dallo sconforto, “a un metro dal suo traguardo decise di lasciare il gruppo e l’astronomia.”
Nel figura tratta dal libro di Covone “altre Terre” lo schema della sistema stella Gamma Cephei, con due stelle e un pianeta gigante
Nuove osservazioni nel 2003 confermarono la presenza del pianeta nel sistema binario, sulla stessa orbita misurata quindici anni prima da Campbell e Gordon. Chissà: con un pizzico di fortuna e di determinazione di più, la storia avrebbe potuto essere diversa. Ma è una storia che merita di essere ricordata perché, come ricorda Covone, “il lavoro degli scienziati poggia sulle generazioni dei giganti che ci hanno preceduto e ci permettono di guardare un po’ più lontano. Bruce Campbell, Gordon Walker sono tra i giganti verso cui tutti gli odierni cacciatori di pianeti hanno un debito.”
Luna piena che sorge tra le nuvole rosa 26 dicembre 2023 ore 16:30 Sila piccola, Calabria Nikon D7500
f /9 1/320s ISO 200 obiettivo 70-300 mm treppiedi Manfrotto. Credito Teresa Molinaro
Indice dei contenuti
Introduzione
La vista di un bel cielo azzurro preannuncia una notte carica di stelle. Ma non bisogna per forza aspettare l’arrivo del buio per cominciare, perché oltre al Sole, gli astri più luminosi del cielo come Luna e pianeti, possono essere visti e fotografati, talvolta con maggior profitto, anche con ancora la luce del Sole nella pratica comunemente chiamata Osservazione Diurna.
La Luna stessa passa praticamente la metà del suo tempo nel cielo diurno, per cui può capitare facilmente di trovarla in congiunzione con altri corpi celesti, anche quando l’atmosfera è ancora rivestita d’azzurro o di oro. Ecco allora alcuni consigli per provare ad ammirare e a riprendere al meglio questi spettacoli celesti, di giorno, all’alba o al tramonto che sia.
Spunti per l’osservazione visuale di Paolo Palma
Seppure nelle ore diurne il Sole pare rubare praticamente la scena, la sua abbagliante luce non riesce a cancellare totalmente alla vista gli altri oggetti del Sistema Solare: è molto facile ad esempio individuare la Luna, soprattutto quando è alta sull’orizzonte, non è troppo sottile ed è abbastanza lontana dal Sole. Ma con un po’ di allenamento, è possibile rintracciare anche Venere, che dopo il Sole e la Luna, è l’astro più luminoso del cielo.
Figura 6: Venere di giorno all’oculare. Huawei p30 pro ISO50. Napoli, 11 agosto 2023 14:50 UT. Singolo scatto. Credito: Paolo Palma
Spunti per la ripresa fotografica a cura di Teresa Molinaro
Quando si parla di astrofotografia si pensa inevitabilmente alla ripresa di oggetti celesti in un contesto quasi sempre notturno; ma la cosa sorprendente è che si può fotografare una modesta quantità di oggetti anche in pieno giorno, o nei momenti che precedono l’alba e seguono il tramonto, quando il cielo è avvolto nel bagliore solare.
Ovviamente non ci si improvvisa astrofotografi, è invece fondamentale avere solide conoscenze sia nelle basi della fotografia, sia nel sapersi orientare nel cielo riconoscendo i vari fenomeni astronomici che in esso si manifestano.
Luna calante di mezzogiorno settembre 2022 di Teresa Molinaro
Osservare e fotografare nelle ore crepuscolari o in pieno giorno
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Il velocissimo 1086 GANYMED ripreso da Paolo Campaner il 17 ottobre 2011
Indice dei contenuti
Nel mese di agosto avremo l’opportunità di osservare GANYMED in opposizione il più grande asteroide Near-Earth Object fino ad oggi scoperti.
(1036) Ganymed è un asteroide near-Earth appartenente al gruppo Amor, una sottocategoria di NEA la cui orbita li porta ad avvicinarsi a quella terrestre ma senza attraversarla. Scoperto dall’astronomo tedesco Walter Baade il 23 ottobre 1924 presso l’Osservatorio di Bergedorf, con un diametro di 37,7 chilometri è il più grande degli asteroidi near-Earth ad oggi conosciuti. Ganymed orbita attorno al Sole a una distanza che varia da 1.25 unità astronomiche (186.997.338 Km) al perielio, a 4,09 unità astronomiche (611.855.291 Km) all’afelio, completando un’orbita ogni 4.35 anni (1.587 giorni) con un’eccentricità di 0,53 e un’inclinazione di 27° rispetto all’eclittica.
A causa dell’elevata eccentricità dell’orbita Ganymed appartiene anche ai cosiddetti “Mars Crossers”, un gruppo di asteroidi le cui orbite attraversano l’orbita del pianeta rosso. Ganymed è classificato di tipo S con una superficie composta principalmente da silicati e metalli. Questo pianetino deve il suo nome a Ganimede, figura mitologica greca, giovinetto rapito da Zeus per la sua bellezza e divenuto poi coppiere alla mensa degli dei.
(1036) Ganymed sarà in opposizione l’8 Agosto, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 10.6. Il suo moto angolare sarà di gli 0,88 secondi d’arco al minuto.
Il velocissimo 1086 GANYMED ripreso da Paolo Campaner il 17 ottobre 2011
Consigli per le riprese
Per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini dovremo utilizzare tempi di esposizione fino ad un massimo di 3,5 minuti. Per ottenere invece una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (1036) Ganymed trasformarsi in una bella striscia luminosa di 35 secondi d’arco.
Continuando lungo la scia della Nebulosa Aquila, vista nello scorso numero, approdiamo a Messier 17, la Nebulosa Omega (o del Cigno). Scoperta, come vedremo, nel 1746, questa nebulosa ad emissione offre viste affascinanti di regioni di formazione stellare (una delle più luminose dell’intera Via Lattea) insieme ad un locale ammasso aperto di giovani stelle calde.
Storia delle osservazioni
Come annunciato, questa nebulosa venne inizialmente scoperta dall’astronomo e matematico svizzero Jean-Philippe Loys de Chéseaux nel 1746. La descrisse come avente “una perfetta forma a raggiera, o a coda di cometa, con bordi ben definiti e gradienti luminosi ed oscuri tra la porzione centrale ed i suoi bordi”.
Dato che questa scoperta non venne mai annunciata pubblicamente (ritrovata solo dopo ulteriori letture degli scritti di de Chéseaux), la nebulosa venne riscoperta indipendentemente da Charles Messier nel 1764 che scriveva: “Un treno luminoso senza stelle con una forma distinta rassomigliante quella della Nebulosa di Andromeda [Messier 31] ma molto più debole. Si possono distinguere alcuni astri paralleli all’equatore della nebulosa”.
L’astronomo e fisico tedesco naturalizzato inglese William Herschel e suo figlio John riuscirono ad osservare molto di più, rispettivamente nel 1783 e nel 1833. Il primo descrisse la nebulosa come meravigliosa ed estesa e annotando, come Messier, che il suo aspetto ricordava quello di M31. John, invece, fu il primo a provare a disegnare accuratamente questo astro, aggiungendo: “La figura di questa nebulosa è quasi quella di una capitale greca omega, Ω, un po’ distorta e molto disegualmente luminosa. … Messier percepì solo il brillante ramo orientale della nebulosa ora in questione, senza nessuna delle circonvoluzioni annesse che furono notate per la prima volta da mio padre. Le principali peculiarità che ho osservato in esso sono: Il nodo risolvibile nella parte orientale del ramo luminoso ed il nodo molto più debole e più piccolo all’estremità nord-occidentale”.
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
Grandi novità dal mondo della Fisica Nucleare e per il telescopio Einstein
NASCE LA BOLOGNA QUANTUM ALLIANCE
Il futuro delle scienze e delle tecnologie quantistiche trova a Bologna un nuovo punto di riferimento a livello nazionale ed europeo. È la Bologna Quantum Alliance (BOQA): un’intesa che riunisce Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, Consorzio Interuniversitario CINECA, Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV).
Siglato alla vigilia del G7 Scienza e Tecnologia, ospitato al Tecnopolo di Bologna, l’accordo mette a sistema le tante competenze distribuite sul territorio nazionale legate a temi d’avanguardia della scienza quantistica, dalla ricerca fondamentale alle applicazioni scientifiche e industriali.
In questo modo, grazie al ruolo di coordinamento svolto dall’Alma Mater, la Bologna Quantum Alliance potrà dare un forte impulso allo sviluppo dell’intera filiera quantistica, promovendo ambiti strategici come quello dei computer quantistici, delle comunicazioni quantistiche sicure e della sensoristica quantistica di precisione. Un nuovo fondamentale tassello che va ad arricchire l’ecosistema dell’innovazione bolognese e dell’Emilia-Romagna.
EINSTEIN TELESCOPE: ACCORDO ITALIA-SPAGNA PER LA CANDIDATURA DELLA SARDEGNA
Si rafforza la candidatura italiana per la costruzione di Einstein Telescope in Sardegna. Il ministro dell’università e della ricerca, Anna Maria Bernini, ha firmato oggi, 2 luglio, a Olbia, in Sardegna, un’intesa con il viceministro spagnolo della scienza, ricerca e innovazione, Juan Cruz Cigudosa, che prevede il sostegno della Spagna alla proposta italiana.
“L’accordo firmato oggi con la Spagna – ha detto il ministro Bernini – rafforza la proposta italiana di realizzare Einstein Telescope nel nostro Paese, in Sardegna, al centro del Mediterraneo. Ringrazio il viceministro Cigudosa per essere venuto a Olbia per firmarlo proprio nella Regione dove vogliamo realizzare l’infrastruttura. Il Governo sta sostenendo convintamente il progetto come dimostra l’impegno finanziario di 950 milioni già assunto nei mesi scorsi. Si tratta di una scelta strategica per un Paese che vogliamo sempre più ambizioso e attrattivo. L’Italia è leader nel mondo per la fisica e questa intesa dimostra l’altissima credibilità scientifica a livello internazionale di cui gode il nostro Paese. ET – ha concluso il ministro – darà un impulso decisivo al programma di rafforzamento dell’ecosistema della ricerca che vogliamo sempre più attrattivo”.
“La candidatura della Sardegna a ospitare Einstein Telescope diventa sempre più forte”, sottolinea anche il presidente dell’INFN Antonio Zoccoli. “La sottoscrizione dell’accordo di cooperazione scientifica tra Italia e Spagna rappresenta un importantissimo riconoscimento internazionale del valore della nostra proposta, che si fonda da un lato sulla qualità, unica nel panorama europeo, del sito sardo, dall’altro sulla comprovata competenza ed esperienza della comunità scientifica italiana nella ricerca sperimentale delle onde gravitazionali, da Edoardo Amaldi ai successi dell’attuale interferometro europeo Virgo, che si trova proprio in Italia. Ringraziamo il Ministro Bernini e tutto il Governo per il loro grande impegno, e siamo fiduciosi che la nostra proposta raccoglierà un sempre più ampio consenso internazionale”, conclude Zoccoli.
26 luglio 2024 – 24 novembre 2024 Centro Comunale Castello di San Michele – Cagliari
Una collaborazione di Orientare srl e INFN, con il patrocinio del Comune di Cagliari
La mostra Einstein Telescope, in ascolto dell’universo offre un affascinante viaggio alla scoperta del cosmo e di uno dei più importanti progetti di ricerca dei prossimi decenni: studiare l’universo con le onde gravitazionali, risalendo indietro nel tempo fino all’epoca in cui è comparsa la luce, è l’obiettivo dell’ambizioso progetto scientifico, raccontato lungo un percorso che, grazie anche a contenuti multimediali, farà alzare ai visitatori gli occhi al cielo per guardare con nuova curiosità lo spazio profondo, ancora così sconosciuto. Partendo da Albert Einstein e dalla sua teoria della Relatività Generale, l’esposizione cercherà di presentare in modo semplice la scienza e le prospettive del progetto di ricerca.
T Coronae Borealis è una stella nota anche come la “Blaze Star”, dove il termine “blaze” si riferisce a una fiamma intensa o ad un bagliore brillante e descrive in modo poetico e evocativo la natura esplosiva e brillante delle eruzioni periodiche di questa stella.
T Coronae Borealis (T CrB) è infatti delle poche Novae Ricorrenti ad oggi note, ècioè una stella che presenta esplosioni periodiche molto energetiche che provocano un brusco e deciso innalzamento della sua luminosità.
Tutte le analisi scientifiche finora effettuate portano alla conclusione che, molto probabilmente, la prossima “esplosione ricorrente” di T CrBavverrà entro pochi mesi o al più tardi entro il prossimo anno. Sebbene l’evento avrà un impatto visivo modesto, dal punto di vista scientifico rappresenterà un’opportunità straordinaria per approfondire la nostra comprensione della dinamica dei sistemi stellari complessi, stimolando l’interesse e l’entusiasmo degli astronomi di tutto il mondo.
C’è anche un altro motivo di interesse per gli astronomi non professionisti: T CrB è uno dei casi in cui l’astronomia amatoriale ha fornito e continuerà a fornire un contributo rilevante e di prim’ordine.
Molti sono gli aspetti di interesse che riguardano T CrB: in questo articolone analizzeremo alcuni, spingendoci ad un livello di dettaglio leggermente più spinto rispetto a quello di analoghi articoli apparsi sui quotidiani e web, nell’intento di raggiungere una comprensione maggiore di quanto sta accadendo e di quanto sta per accadere.
Inizieremo richiamando brevemente la natura delle Novae e delle Novae ricorrenti. Ci concentreremo poi su T CrB, ripercorrendo un po’ la storia delle sue osservazioni più antiche, descrivendo poi quali sono i segni premonitori della grande esplosione prossima ventura. Esamineremo quindi la natura della curva di luce di T CrB ed analizzeremo alcuni dei principali fenomeni che la riguardano e che non sono ancora completamente spiegati, fino a toccare uno degli aspetti più intriganti tra quelli non ancora compresi appieno: la possibilità che T CrB divenga una supernova di tipo Ia.
DESCLAIMER:
nei giorni in cui stavamo chiudendo questo articolo le notizie su un’imminente esplosione sembravano confermate. Avremmo potuto attendere per la pubblicazione ma crediamo che informare il lettore su ciò che sta per accadere possa offrire un giusto strumento per valutare le notizie che si diffonderanno proprio in seguito all’evento significativo. Per fortuna ad oggi T Coronae Borealis è ancora in stato di allerta e non mostra evidenti esplosioni per cui vi invitiamo a godervi l’accurato articolo a cura del GrAG con le curve di luce e i riferimenti storici così da avere il possesso di un quadro completo della situazione.
Verso la Prossima Esplosione: Previsioni e Misteri
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
La raccolta fondi è terminata non raggiungendo purtroppo la quota di investimento necessaria per supportare l’espansione di Coelum oltre i confini nazionali. Chi conosce la storia della rivista però sa bene che ciò non può essere considerato un ostacolo.
Negli anni Coelum ha saputo cambiare più volte forma per adattarsi alle richieste dei lettori Ha sperimentato, sempre tra i primi, tutte le nuove soluzioni tecnologiche, aperto canali e avviato collaborazioni anche quando forse gli strumenti non erano esattamente maturi. Chi ricorda Coelum Stream? Ottima piattaforma video con contributi valutati con cura, ora a pensarci sembra preistoria. Ora che puoi andare live sul telefono di mezzo mondo per dire qualsiasi cosa come pensare al consumo di banda, webcam da applicare ai pc, microfoni e pochissima post produzione e zero filtri.. ok erano altri tempi però non più di 20 anni a pensare bene!
COELUM PARLERA’ SPAGNOLO
Il punto è che oltre a considerare i tempi più che maturi per portare i contenuti di Coelum ad un pubblico più ampio, la raccolta fondi ha generato una serie di azioni a catena fra cui contatti diretti con appassionati e professionisti ispanofoni europei ma anche di oltre oceano. Bene o male quindi l’idea è piaciuta e cavalcheremo l’onda fino a trovare anche il sostegno finanziario indispensabile.
Continuate a seguire le notizie e detto fra noi aspettatevi qualcosa già dal prossimo numero!
Il Sogno di Espandersi
Coelum Astronomia è nata in Italia e ha conquistato il cuore di tanti appassionati di astronomia con contenuti di alta qualità, articoli approfonditi e un linguaggio accessibile. Ora, immaginiamo un futuro in cui questa eccellenza italiana possa essere condivisa con la comunità ispanofona. Pensate al piacere di vedere un progetto editoriale italiano estendersi oltre i nostri confini, rappresentando l’Italia su un palcoscenico internazionale.
Coelum Astronomía para el Mundo Hispano
Un’Opportunità per i Nostri Autori
Per i nostri stimati autori, questa espansione significa ancora di più. Gli articoli che oggi sono scritti solo per un pubblico italiano saranno tradotti e adattati per i lettori ispanici. Questo offre agli autori l’opportunità di vedere i propri contenuti apprezzati e valorizzati da un pubblico nuovo e diverso, aumentando la loro visibilità e impatto. Non è solo un’evoluzione della rivista, ma un riconoscimento del talento e della passione che i nostri autori mettono in ogni singolo articolo.
Perché Abbiamo Bisogno di Voi
Realizzare questa visione richiede risorse significative. Dobbiamo tradurre e adattare i contenuti, sviluppare la nuova piattaforma web e promuovere il sito tra i lettori ispanici. Con il vostro sostegno su Kickstarter, possiamo coprire questi costi e fare in modo che Coelum en Español diventi una realtà. Il vostro contributo non è solo un aiuto economico, ma un atto di fiducia e di amore verso la scienza e la divulgazione.
Unitevi a noi in questa avventura e aiutateci a portare l’eccellenza italiana nel mondo
Ogni contributo è un passo avanti verso un futuro in cui la conoscenza e la passione per l’astronomia non conoscono confini. Pensate alla gioia e all’orgoglio di sapere che la vostra rivista preferita sta ispirando nuovi appassionati dall’altra parte del mondo. Questa è un’opportunità unica per essere parte di un progetto che celebra la nostra eredità e la nostra visione di un mondo più connesso e informato.
Questo contenuto è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l'abbonamento Clicca qui . Se sei già abbonato accedi al tuo account dall' Area Riservata
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.