PROMO NUOVI ABBONATI IN OMAGGIO N°3 ARRETRATI
PROMO NUOVI ABBONATI IN OMAGGIO N°3 ARRETRATI
Home Blog Pagina 7

Euclid svela il primo tassello della grande mappa dell’Universo

La prima parte della mappa, un enorme mosaico da 208 gigapixel, è stata svelata oggi al Congresso Astronautico Internazionale di Milano dal Direttore Generale dell’ESA Josef Aschbacher e dalla Direttrice Scientifica Carole Mundell

 

Il mosaico contiene 260 osservazioni effettuate tra il 25 marzo e l’8 aprile 2024. In sole due settimane, Euclide ha coperto 132 gradi quadrati del cielo australe con dettagli incontaminati, più di 500 volte l’area della Luna piena.

La spiegazione del mosaico di Euclid
La spiegazione del mosaico di Euclid. Crediti ESA

Si tratta dell’1% dell’ampia indagine che Euclid svolgerà in sei anni, osservando le forme, le distanze e i movimenti di miliardi di galassie fino a 10 miliardi di anni luce di distanza. L’obiettivo e creare la più grande mappa cosmica 3D mai realizzata.

Il tassello reso pubblico oggi montato sulle rilevazioni GAIA e su mappa del Planck project
Il tassello reso pubblico oggi montato sulle rilevazioni GAIA e su mappa del Planck project. Crediti ESA

Il lembo contiene circa 100 milioni di fonti: stelle nella nostra Via Lattea ma anche molte galassie lontane. Circa 14 milioni delle quali potrebbero essere utilizzate per studiare l’influenza nascosta della materia oscura e dell’energia oscura sull’Universo.

“Questa straordinaria immagine è il primo pezzo di una mappa che in sei anni rivelerà più di un terzo del cielo. Si tratta solo dell’1% della mappa, eppure è piena di una varietà di fonti che aiuteranno gli scienziati a scoprire nuovi modi per descrivere l’Universo”, afferma Valeria Pettorino, Euclid Project Scientist presso l’ESA.

Le telecamere sensibili  del telescopio hanno catturato un numero incredibile di oggetti in grande dettaglio. Zoomando molto in profondità nel mosaico (questa immagine è ingrandita 600 volte rispetto alla vista completa), si riesce a vedere chiaramente la struttura intricata di una galassia a spirale.

Una caratteristica speciale visibile nel mosaico sono le nubi fioche tra le stelle nella nostra galassia, che appaiono in azzurro chiaro sullo sfondo nero dello spazio. Sono un mix di gas e polvere, chiamate anche “cirri galattici” perché sembrano nubi cirri . Euclid è in grado di vedere queste nubi con la sua telecamera super sensibile alla luce visibile perché esse riflettono la luce ottica della Via Lattea. Le nubi brillano anche nella luce infrarossa lontana, come a sua volta visto dalla missione Planck dell’ESA.

Il mosaico rilasciato oggi è un’anticipazione di ciò che verrà dalla missione Euclid. Da quando la missione ha iniziato le sue osservazioni scientifiche di routine a febbraio è stato completato il 12% dello scandaglio. Il rilascio del blocco corposo dei primi 53 gradi quadrati della scansione, inclusa un’anteprima delle aree di Euclid Deep Field, è previsto per marzo 2025. Il primo anno di dati cosmologici della missione sarà rilasciato alla comunità nel 2026. Restiamo quindi in strepitante attesa!

Un dettaglio dello stand ESA allo IAC. Crediti Coelum
Un dettaglio dello stand ESA allo IAC. Crediti Coelum

Fonte ESA

 

ASTROSHOW 2024 – Fiera dell’Astronomia

Il mondo dell’astronomia si prepara a un nuovo ed entusiasmante appuntamento: il 2 e 3 novembre 2024, Cesena ospiterà la seconda edizione di Astroshow, un evento pensato per tutti coloro che condividono la passione per l’universo e desiderano esplorare le meraviglie del cosmo. L’iniziativa, nata nel 2023 con l’obiettivo di creare un momento di incontro annuale per appassionati di astronomia, scuole e curiosi, si ripropone quest’anno con un programma ancora più ricco, rafforzato dal successo della prima edizione. Il fascino dell’astronomia non è mai stato così accessibile, grazie anche al contributo fondamentale degli astronomi amatoriali.

Questi appassionati svolgono un ruolo essenziale nel campo dell’astronomia moderna, apportando contributi significativi agli studi scientifici e alla comprensione di fenomeni celesti complessi. Ma la loro funzione va oltre la scoperta scientifica: sono anche attivi divulgatori, portatori di una conoscenza che affascina e coinvolge le nuove generazioni, stimolando l’interesse per il cielo e per le sue infinite possibilità.

Astroshow nasce proprio con l’intento di rispondere a queste esigenze di condivisione e aggiornamento. Oltre a essere un’opportunità per gli astronomi amatoriali di incontrarsi e scambiarsi idee ed esperienze, l’evento è anche una vetrina per le ultime novità tecnologiche in campo astronomico. Ogni anno, infatti, vengono presentate nuove soluzioni e strumenti sempre più avanzati, pensati per migliorare l’osservazione del cielo e rendere l’astronomia alla portata di tutti.

L’edizione 2024 sarà l’occasione perfetta per scoprire i prodotti più innovativi e confrontarsi con esperti e aziende del settore. Quest’anno, tra i numerosi espositori, troveremo alcune delle più importanti aziende italiane che operano nel settore astronomico. Tra queste spiccano nomi di primo piano come Auriga, Skypoint, Unitron, Tecnosky, Artesky, Astroottica e Geoptik, leader nella produzione e commercializzazione di articoli astronomici. Ogni azienda porterà una selezione delle sue migliori novità, dagli strumenti più sofisticati per l’osservazione e la fotografia del cielo fino agli accessori essenziali per chi vuole iniziare a esplorare l’universo. Saranno disponibili telescopi, montature, camere astronomiche e numerosi altri articoli che renderanno l’esperienza dell’osservazione ancora più affascinante e accurata. Ma Astroshow non è solo una fiera di prodotti astronomici.

Sarà anche un’occasione per entrare in contatto con alcune delle associazioni italiane più attive nel mondo dell’astronomia amatoriale. Tra le associazioni partecipanti, figurano Astro Amici Forlivesi, Astrofili Rheyta A.P.S. di Ravenna, Associazione Deeplab ETS di Bologna, N.A.S.A. Associazione Astrofili di Senigallia, Associazione Astrofili Bolognesi, Astrofili Saludecio di Rimini e Associazione Astrofili Forca Canapine, che animeranno l’evento con attività di divulgazione e workshop dedicati a chi desidera avvicinarsi all’osservazione del cielo. Queste associazioni rappresentano il cuore pulsante della passione astronomica in Italia, offrendo un supporto fondamentale a chiunque voglia approfondire la conoscenza dell’universo.

Un’attenzione particolare sarà riservata ai più giovani, grazie alla presenza di un planetario che sarà operativo per tutta la durata della fiera. Il planetario offrirà spettacoli immersivi dedicati all’esplorazione del sistema solare e delle galassie lontane, rendendo la scienza astronomica più accessibile e divertente. Sarà un momento magico per i bambini, che potranno vivere un’esperienza unica e interattiva, immergendosi nelle meraviglie dell’universo in un contesto educativo e allo stesso tempo coinvolgente. Parallelamente, ci saranno numerosi momenti di divulgazione e approfondimento, con conferenze e incontri che tratteranno temi di grande interesse per il pubblico, dai misteri del cosmo alle tecnologie di osservazione più avanzate. Saranno presenti esperti del settore che condivideranno le loro conoscenze e ricerche, fornendo spunti per un dibattito stimolante e approfondito.

Con onore siamo lieti di anticipare anche l’intervento del Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica Roberto Ragazzoni. Per chi è alle prime armi, questo sarà un modo per entrare in contatto con il mondo dell’astronomia, mentre per i più esperti sarà l’occasione di scoprire nuove metodologie e tecniche. L’evento avrà una risonanza significativa anche grazie alla partecipazione di importanti riviste specializzate fra cui Coelum, che offriranno copertura mediatica all’evento, raccontando i momenti più salienti e offrendo interviste esclusive con gli espositori e i protagonisti della fiera. La loro presenza contribuirà a rafforzare la visibilità dell’evento, consolidandolo come uno degli appuntamenti di riferimento nel panorama astronomico italiano.

Con un’offerta così variegata, Astroshow 2024 rappresenta una straordinaria opportunità per tutti gli appassionati di astronomia, per le famiglie e per chiunque voglia avvicinarsi al mondo dell’osservazione del cielo. Un fine settimana all’insegna della scoperta, del divertimento e della condivisione, dove sarà possibile conoscere nuove persone, scambiare opinioni e immergersi nel meraviglioso mondo dell’astronomia.

Perchè partecipare alla fiera?

Una fiera è l’occasione giusta per conoscersi di persona e scambiare due chiacchiere su temi che accomunano visitatori ed espositori. E’ un modo per riconoscersi, per creare dei legami, per abbattere i muri della comunicazione digitale aggiungendo un volto ed un sorriso alle presentazioni.

Perché passare allo stand di COELUM?

TRE buoni motivi per passare da COELUM:

  1. Presso lo stand di Coelum si potranno sottoscrivere gli abbonamenti annuali alla versione cartacea  fruttando le offerte in corso. Sarà possibile acquistare il numero in corso, il 270 di Coelum Astronomia
  2. La direttrice ed alcuni membri dello staff saranno a disposizione per i lettori.
  3. Aggiungendo un like ai canali social di COELUM o lasciando l’indirizzo email per la Newsletter in omaggio verrà consegnato un poster a tema astronomico su carta lucida 50×70 (la disponibilità è limitata ad esaurimento scorte).

INOLTRE

In collaborazione con Latitude 44.5 presso lo stand di Coelum saranno programmate delle interviste ai protagonisti del mondo amatoriale e professionale. Le interviste, trasmesse in diretta sui canali social di Coelum e Latitude 44.5, potranno essere seguite in presenza grazie all’allestimento di un piccolo spazio conferenze con sedute. A breve pubblicheremo il programma.

Omaggi e gadget gratuiti a quanti interverranno.

Orario e costo:

L’Astroshow sarà aperto in entrambi i giorni della manifestazione dalle 9.30 alle 19.30; il biglietto di ingresso costa 10,00 € (i parcheggi sono gratuiti).

Come arrivare:

La fiera di Cesena a Piazzale Vanoni E. 100 – 47522 Pievesestina di Cesena (FC) è facilmente accessibile da diverse direzioni.

Galleria Anteprima IAC Milano 2024

Benvenuti nella nostra galleria fotografica dedicata all’edizione milanese dello IAC 2024. In questa selezione di scatti di anteprima, potrete esplorare gli stand dei principali enti spaziali del mondo, che hanno portato le loro più recenti innovazioni e tecnologie all’attenzione del pubblico internazionale. Troverete anche alcune delle aziende italiane più dinamiche e interessanti, che stanno contribuendo con soluzioni all’avanguardia al settore aerospaziale. Un viaggio visivo tra tecnologia, innovazione e il futuro dello spazio.


In Coelum 271 (prossimo numero) il report completo con gli scatti e le interviste ai protagonisti.

AGGIORNAMENTO: Europa Clipper in viaggio verso Giove

Europa Clipper verso Giove
Lanciata la sonda Europa Clipper in direzione di Giove

La missione Europa Clipper della NASA è stata lanciata con successo il 14 ottobre 2024 alle 12:10 PDT (Pacific Daylight Time) dal Kennedy Space Center in Florida. Il razzo utilizzato per il lancio è stato un Falcon Heavy di SpaceX.

Il lancio, previsto per il 10 ottobre, era stato rinviato il 7 ottobre a causa dell’uragano Milton (leggi gli aggiornamenti in coda a questo stesso articolo). Il team è riuscito a tempo di record a individuare una nuova finestra di lancio e predisporre tutto il necessario per l’operazione.

Circa cinque minuti dopo il decollo, il secondo stadio del razzo si è acceso e la carenatura del carico utile, o il cono anteriore del razzo, si è aperta per rivelare Europa Clipper. Circa un’ora dopo il lancio, la navicella spaziale si è separata dal razzo. I controllori di terra hanno ricevuto un segnale poco dopo e alle 13:13 è stata stabilita una comunicazione bidirezionale con la struttura Deep Space Network della NASA a Canberra, in Australia. I primi rapporti di telemetria hanno mostrato che Europa Clipper è in buona salute e funziona come previsto.

La missione esplorerà la luna Europa di Giove, con l’obiettivo di raccogliere dati sull’oceano nascosto sotto la superficie ghiacciata e studiare le potenziali condizioni per la vita. Maggiori dettagli sono disponibili sul sito della [NASA JPL]

Il video del lancio

Articolo completo NASA

Aggiornamento del 7 ottobre: Europa Clipper lancio RINVIATO

Con un comunicato congiunto a NASA e SpaceX hanno annunciato di aver sospeso il tentativo di lancio di giovedì 10 ottobre della missione Europa Clipper dell’agenzia a causa delle condizioni di uragano previste nella zona. Si prevede che l’uragano Milton si sposterà dal Golfo del Messico questa settimana, dirigendosi verso est verso la Space Coast. Sono previsti forti venti e forti piogge nelle regioni di Cape Canaveral e Merritt Island sulla costa orientale della Florida. I team di lancio hanno messo al sicuro la navicella nell’hangar di SpaceX presso il Launch Complex 39A del Kennedy Space Center dell’agenzia in Florida prima delle condizioni meteorologiche avverse, e il centro ha iniziato i preparativi per l’uragano domenica.

“La sicurezza del personale del team di lancio è la nostra massima priorità e saranno prese tutte le precauzioni per proteggere la navicella spaziale Europa Clipper”, ha affermato Tim Dunn, direttore senior del lancio presso il Launch Services Program della NASA.

Una volta conclusa l’emergenza il team di lancio valuterà la nuova finestra utile per il lancio.

EUROPA CLIPPER lancio il 10 Ottobre: il programma della giornata

Confermato il tentativo di lancio della sonda Europa Clipper per giovedì 10 Ottobre alle 12:31 pm EDT (alle 18:31 ora locale italiana UTC+02), su un razzo SpaceX Falcon Heavy dal Launch Complex 39A presso il Kennedy Space Center della NASA in Florida.

La NASA fornirà la copertura in diretta delle attività di pre-lancio e lancio per Europa Clipper, la missione dell’agenzia per esplorare la luna ghiacciata di Giove Europa.

Oltre alla Terra, la luna di Giove Europa è considerata uno degli ambienti potenzialmente abitabili più promettenti del Sistema Solare. Dopo un viaggio di circa 2,8 miliardi di km, Europa Clipper entrerà in orbita attorno a Giove nell’aprile 2030, dove la sonda condurrà un’indagine dettagliata di Europa per determinare l’esistenza delle condizioni adatte alla vita. Europa Clipper è la più grande sonda spaziale planetario che la NASA abbia mai sviluppato. Trasporterà ben nove strumenti insieme a un esperimento sulla gravità che esaminerà l’oceano sotto la superficie, nel quale dovrebbe trovarsi il doppio dell’acqua liquida degli oceani della Terra.

La copertura della missione della NASA inizia ben due giorni prima, l’8 ottobre e prosegue fino al lancio. Come sempre in questi casi il programma può subire variazioni in base all’andamento delle operazioni.

Martedì 8 ottobre

15:30 EDT (21:30 UTC+02) – Briefing scientifico della sonda Europa Clipper della NASA con i seguenti partecipanti:

  • Gina DiBraccio, direttore ad interim, Planetary Science Division, NASA Headquarters
  • Robert Pappalardo, scienziato del progetto Europa Clipper, Jet Propulsion Laboratory della NASA
  • Haje Korth, vice scienziato del progetto, Europa Clipper, Applied Physics Laboratory (APL)
  • Cynthia Phillips, scienziata dello staff del progetto, Europa Clipper, NASA JPL

La copertura della conferenza stampa scientifica sarà trasmessa in diretta su NASA+ e sul sito web dell’agenzia . Scopri come trasmettere in streaming i contenuti della NASA attraverso diverse piattaforme, compresi i social media.

Mercoledì 9 ottobre

14:00 EDT (20:30 UTC+02) – NASA Social panel presso la NASA Kennedy con i seguenti partecipanti:

  • Kate Calvin, scienziata capo e consulente senior per il clima, sede centrale della NASA
  • Caley Burke, analista di progettazione di volo, programma di servizi di lancio della NASA
  • Erin Leonard, scienziata dello staff del progetto, Europa Clipper, NASA JPL
  • Juan Pablo León, ingegnere di test dei sistemi, Europa Clipper, NASA JPL
  • Elizabeth Turtle, ricercatrice principale, strumento Europa Imaging System, Europa Clipper, APL

Il panel sarà trasmesso in streaming live sugli account YouTube , X e Facebook della NASA Kennedy . I membri del pubblico possono porre domande online pubblicando sui live streaming di YouTube, X e Facebook o utilizzando #AskNASA.

15:30 EDT (21:30 UTC+02) – Conferenza stampa pre-lancio dell’Europa Clipper della NASA (al termine della Launch Readiness Review), con i seguenti partecipanti:

  • Amministratore associato della NASA Jim Free
  • Sandra Connelly, vice amministratore associato, Science Mission Directorate, sede centrale della NASA
  • Tim Dunn, direttore del lancio, Launch Services Program della NASA
  • Julianna Scheiman, direttore, missioni scientifiche della NASA, SpaceX
  • Jordan Evans, responsabile del progetto Europa Clipper, NASA JPL
  • Mike McAleenan, ufficiale meteorologo di lancio, 45th Weather Squadron, US Space Force

La conferenza stampa pre-lancio verrà trasmessa in diretta streaming su NASA+ , sul sito web dell’agenzia , sull’app NASA e su YouTube .

17:30 EDT (23:30 UTC+02) – Spettacolo di lancio dell’Europa Clipper della NASA. La copertura sarà trasmessa in diretta su NASA+ , sul sito web dell’agenzia , sull’app NASA e su YouTube .

Giovedì 10 ottobre

11:30 EDT (17:30 UTC+02) – Inizia la copertura in inglese del lancio della NASA su NASA+ e sul sito web dell’agenzia .

11:30 EDT (17:30 UTC+02) – Inizia la copertura del lancio della NASA in spagnolo su NASA+, sul sito web dell’agenzia e sul canale YouTube spagnolo della NASA .

12:31 pm EDT (18:30 UTC+02) – Lancio

Copertura video in diretta prima del lancio

La NASA fornirà un feed video in diretta del Launch Complex 39A circa 18 ore prima del decollo pianificato della missione sul canale YouTube della NASA Kennedy Newsroom . Il feed non verrà interrotto fino all’inizio della trasmissione del lancio su NASA+ .

Copertura del lancio del sito Web della NASA

La copertura della missione il giorno del lancio sarà disponibile sul sito web dell’agenzia . La copertura includerà link allo streaming live e aggiornamenti del blog a partire non prima delle 10:00 del 10 ottobre, quando si verificheranno le pietre miliari del conto alla rovescia. Video e foto in streaming on-demand del lancio saranno disponibili poco dopo il decollo.

Segui la copertura del conto alla rovescia sul blog Europa Clipper .

Partecipa virtualmente al lancio

I membri del pubblico possono registrarsi per partecipare virtualmente a questo lancio. Il programma virtuale per gli ospiti della NASA per questa missione include anche risorse di lancio curate, notifiche su opportunità o cambiamenti correlati e un timbro per il passaporto virtuale per gli ospiti della NASA dopo il lancio.

Per il programma degli eventi live e le piattaforme su cui verranno trasmessi in streaming, visita:

https://go.nasa.gov/europaclipperlive

Per maggiori informazioni sulla missione, visita:

https://science.nasa.gov/mission/europa-clipper/

La Filosofia è Scienza: incontro al Cicap Fest

Nello scatto una splendida veduta della Sala

Al Cicap Fest di quest’anno, a Padova, tra gli eventi più seguiti spicca l’intervento di Filippo Onoranti e Molisella Lattanzi, rispettivamente autore e direttrice editoriale di Coelum Astronomia, che ha offerto una riflessione profonda sul legame indissolubile tra filosofia e scienza. Durante il dialogo, tenuto nella splendida cornice della sala consiliare del Palazzo Santo Stefano, sede della provincia di Padova, Onoranti ha provocatoriamente suggerito che non si dovrebbe parlare di “filosofia e scienza”, ma piuttosto di “filosofia è scienza”, sottolineando l’idea che queste due discipline non siano separabili, ma siano anzi due facce della stessa medaglia.

Una veduta della sala del consiglio di Palazzo Santo Stefano prima dell’inizio dell’evento.

I due relatori hanno affrontato temi centrali per esplorare questo connubio, tra cui il concetto di verità, descritto come un “bias collettivo molto funzionale”. Questa visione, lontana dall’idea di verità assoluta, è stata presentata come un filtro attraverso cui l’umanità costruisce la propria comprensione del mondo, utilizzando concetti e teorie per creare una realtà condivisa e praticabile, pur rimanendo consapevoli dei limiti della conoscenza umana. In questo contesto, sia la scienza che la filosofia vengono viste come strumenti fondamentali per esplorare e ridefinire costantemente questa “verità operativa”.

Un altro tema centrale del dibattito è stato il concetto di “nulla”, affrontato sia da una prospettiva scientifica che filosofica. Mentre la scienza tenta di definire il nulla attraverso l’assenza di materia o energia, la filosofia cerca di esplorarne i significati esistenziali e concettuali, sollevando interrogativi profondi sulla natura dell’esistenza e del vuoto. Questo tema, sebbene astratto, ha stimolato un confronto interessante su come entrambe le discipline, pur partendo da approcci diversi, cerchino risposte a domande fondamentali sulla realtà.

L’evento ha attratto una folta rappresentanza di insegnanti, molti dei quali erano alla ricerca di spunti per avvicinare i giovani alla filosofia attraverso il dialogo con la scienza. In particolare, gli insegnanti hanno mostrato interesse verso l’idea di utilizzare il pensiero scientifico come strumento per rendere la filosofia più accessibile e stimolante per gli studenti. Anche diversi appassionati di scienza erano presenti, affascinati dall’opportunità di esplorare nuove connessioni tra queste discipline apparentemente distinte ma profondamente interconnesse.

L’intervento di Onoranti e Lattanzi ha offerto un’importante riflessione sulla necessità di abbattere le barriere tra le materie umanistiche e scientifiche, promuovendo una visione integrata della conoscenza che può arricchire sia l’insegnamento che il dibattito culturale.

Il Cicap Fest è uno degli eventi più importanti in Italia dedicati alla divulgazione scientifica e al pensiero critico. Organizzato dal Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (CICAP), il festival si tiene annualmente a Padova e riunisce scienziati, filosofi, divulgatori e giornalisti per affrontare temi di grande attualità legati alla scienza, alla razionalità e al contrasto delle pseudoscienze. Attraverso conferenze, dibattiti e laboratori interattivi, il Cicap Fest si pone l’obiettivo di promuovere il pensiero critico, l’educazione scientifica e la diffusione della cultura del dubbio.

Vedi il programma dell’edizione 2024 QUI

Aurore boreali: ieri, oggi … e non solo !

Aurora a ventaglio descritta e disegnata dalla città di Kioto in Giappone nel 1770
Aurora a ventaglio descritta e disegnata dalla città di Kioto in Giappone nel 1770

Nel 2022 tra i comuni di Assisi e Bastia, paesi della regione Umbria, è stato oggetto di studio un manoscritto del XVIII secolo. Come non di rado accade, le scoperte significative, grandi o piccole che siano, avvengono per una straordinaria concomitanza di fattori, che in un momento ed un luogo precisi emergono inaspettati in maniera di assegnare a buon diritto l’etichetta di “scoperte per caso”.

In realtà qui il caso non è il protagonista o almeno nel limite in cui uno studioso di storia territoriale, sia anche un fisico che ha lavorato in astronomia.

Difficile che si coniughino due settori così distanti, ma può accadere; si pensi alle cattedre universitarie di storia della scienza.

Fig.1 - Frontespizio del Diario di Don Pietro Lari – Costano 1756-1784
Fig.1 – Frontespizio del Diario di Don Pietro Lari – Costano 1756-1784

L’antico manoscritto in oggetto è il Diario di Don Pietro Lari da Camajore (figura 1), Parroco di Costano, un paese tra Bastia ed Assisi che ha visto il martirio di San Rufino Vescovo di Assisi, morto tra il 238-239 per mano del Proconsole Aspasio, che lo fece gettare nel Fiume Chiascio con una macina al collo, dopo averlo torturato.

Il Diario di Don Pietro Lari, conservato presso l’Archivio Diocesano di Assisi, annota le vicende più rimarchevoli avvenute in loco tra il 1756 ed il 1784.

Tra queste ve ne sono due che saltano all’occhio dell’astrofisico-storico.

La prima è la descrizione manoscritta di una delle comete di Charles Messier, il quale la scoprì l’8 Agosto del 1769 nell’Ariete.

La cometa, che tanto piaceva ai sostenitori di Napoleone Bonaparte nato  il 15 Agosto 1769, ribattezzò addirittura l’anno in oggetto, che diventò per i francesi “L’anno della stella”, col chiaro intento di dare un senso mistico alla nascita del futuro imperatore.

l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

 

Uragani: comprenderli con il programma OPAL

Otto immagini di Hubble che mostrano la Grande Macchia Rossa di Giove. La GRS appare come un ovale rosso brillante al centro di bande di nubi color crema. Le immagini tracciano i cambiamenti nelle dimensioni, nella forma, nella luminosità, nel colore e nella torsione della GRS, in un periodo di 90 giorni tra dicembre 2023 e marzo 2024.

Il Programma Outer Planet Atmospheres Legacy (OPAL) è un’iniziativa della NASA che ha lo scopo di monitorare e studiare a lungo termine le atmosfere dei pianeti giganti del Sistema Solare: Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Lanciato nel 2014, OPAL utilizza il telescopio spaziale Hubble per raccogliere immagini ad alta risoluzione di questi pianeti su base regolare. Questa attività fornisce una preziosa banca dati che permette agli scienziati di comprendere le dinamiche atmosferiche dei pianeti giganti e i cambiamenti che avvengono nel tempo.

Lo scopo principale di OPAL è creare un archivio di osservazioni a lungo termine, che consenta di rilevare e analizzare fenomeni atmosferici come tempeste, variazioni nei sistemi di nubi e cambiamenti nei venti planetari. Grazie a questo approccio continuativo, OPAL fornisce una visione globale delle evoluzioni atmosferiche che sarebbe impossibile ottenere con osservazioni a breve termine o missioni spaziali occasionali. Questo programma permette anche di identificare eventi rari o transitori, come grandi tempeste o formazioni di vortici.

Nell’ambito di questa ricerca si colloca anche le ultime immagini arrivate dal team Hubble dedicate alla Grande Macchia Rossa GRS.

Le nuove osservazioni di Hubble sulla famosa tempesta rossa, raccolte in 90 giorni tra dicembre 2023 e marzo 2024, rivelano che la GRS non è stabile come potrebbe sembrare anzi la GRS che ondeggia come una ciotola di gelatina.

Il video mostra le immagini del movimento combinate in un time-lapse

“Sebbene sapessimo che il suo moto varia leggermente in longitudine, non ci aspettavamo di vedere oscillare anche le dimensioni.” ha affermato Amy Simon del Goddard Space Flight Center della NASA a Greenbelt, nel Maryland. “Questa è davvero la prima volta che abbiamo avuto la giusta cadenza di imaging del GRS. Con l’alta risoluzione di Hubble possiamo dire che la GRS pulsare mentre si muove a diverse velocità. È un effetto inaspettato e al momento non ci sono spiegazioni idrodinamiche”.

otto immagini del pianeta gigante Giove che abbracciano circa 90 giorni tra dicembre 2023 e marzo 2024. Il pianeta appare a strisce, con bande orizzontali di nuvole marroni e bianche. Queste strisce sono chiamate cinture (aria discendente) e fasce (aria ascendente). Le regioni polari appaiono più screziate.
otto immagini del pianeta gigante Giove che abbracciano circa 90 giorni tra dicembre 2023 e marzo 2024. Il pianeta appare a strisce, con bande orizzontali di nuvole marroni e bianche. Queste strisce sono chiamate cinture (aria discendente) e fasce (aria ascendente). Le regioni polari appaiono più screziate.

Comprendere i meccanismi delle tempeste più grandi del Sistema Solare inserisce la teoria degli uragani sulla Terra in un contesto cosmico più ampio, che potrebbe chiarire ancora aspetti irrisolti della dinamica ed essere applicato per capire anche la meteorologia sui pianeti attorno ad altre stelle.

Per approfondire: https://esawebb.org/news/weic2324/

Verità e altre umili amenità

Indice dei contenuti

ABSTRACT

L’articolo intitolato “Verità e altre umili amenità” esplora il concetto di verità partendo dall’idea che siamo animali con bisogni concreti e storici, pertanto anche la verità assume una dimensione storica. L’autore confronta due principali scuole filosofiche: il realismo, che considera la verità un assoluto, e il nominalismo, che invece nega il significato del termine. La scienza, fortemente radicata nel realismo, cerca di tradurre la complessità del mondo in modelli comprensibili attraverso la matematica. Tuttavia, l’assolutismo della verità può portare a pericoli morali e sociali, come dimostrato nella storia.

Il nominalismo, pur negando la verità assoluta, è visto come un antidoto contro l’arroganza intellettuale e politica. L’autore conclude che la verità è uno strumento utile per comprendere la realtà e comunicare tra di noi, pur riconoscendo che essa è incompleta e storicamente determinata. La ricerca della verità, dunque, non riguarda l’assoluto, ma procedure che ci avvicinano ad essa, come accade nella scienza, la quale evolve nel tempo migliorando le sue approssimazioni della realtà.

La Verità

Siamo animali. Questo è vero; questo è un fatto; dimenticarlo quindi è un errore. O meglio, ragionare senza tenere in considerazione questo fatto (vero) è un errore…

Questa evidente – ma non ovvia – considerazione sarà la guida del ragionamento che tenteremo di svolgere da qui in poi.

Per il fatto che siamo animali, che abbiamo esigenze, bisogni di ordine squisitamente pratico, concreto e proprio per questo persino (anche se non solamente) la “verità” è per noi un qualcosa di profondamente storico. Radicato per così dire nella nostra coscienza; a mezza via tra abitudine e memoria, tra istinto e apprendimento.

Tale giudizio circa la storicità della verità, farebbe rabbrividire una buona parte dei – cosiddetti – filosofi. Che in buona sostanza si dividono, volendo semplificare una diatriba millenaria, in due grandi scuole: quelli che pensano alla verità come ad un assoluto, che la scrivono con la “V” rigorosamente maiuscola e che – nel corso della storia di cui sopra – ne hanno fatto anche uno dei nomi del Dio del monoteismo; possiamo ricondurre questa visione teoretica sotto l’etichetta di realismo. Sull’altro fronte, quelli che irridono la verità e negano quasi il senso stesso del termine, che per loro non designa alcunché. Addirittura sostengono che nemmeno possa attribuirsi a questa o a quella cosa, poiché le cose sono solo cose e non possono essere né vere né false; e le parole, sono come le altre cose, e niente altro, in fondo, che aria della bocca; questa seconda visione può rientrare sotto la qualifica di nominalismo.

Con la prima prospettiva il rischio è quello di ignorare la realtà; di fare della teoria, delle idee, cose più sostanziose, cose più vere del supporto fisico su cui state leggendo che avete proprio ora davanti agli occhi. Ma come tutte le medaglie ha anche un’altra faccia, e questa è fertile per la scienza; in particolare l’animo della matematica è profondamente radicato in questa visione realista del mondo. Lo si potrebbe definire – almeno a giudizio di chi vi scrive – un gioco così magnifico e capace di così raffinata bellezza, che avrebbe valore anche se non fosse di altra utilità. Eppure di utilità ne ha e non poca. Ci permette, in buona sintesi, di tradurre la complessità infinita della natura che siamo e nella quale siamo immersi, entro approssimazioni, non perfette (come il matematico sogna) ma utili a sufficienza da comunicare a distanza di spazio e di tempo. Dall’agrimensura degli antichi sumeri, alla triangolazione GPS gentilmente offerta dalla relatività generale di Einstein, è difficile trovare un angolo di mondo che non leggiamo grazie alla scienza della quantità: la matematica. Il Vero le sfugge, ma la sua indefessa ostinazione nel cercarlo, nel sognarlo appena oltre l’orizzonte, ci ha offerto buona parte di quel che oggi chiamiamo “progresso”.

Nel farlo siamo passati per le crociate, l’inquisizione e tutte le forme di dispotismo che ancora oggi ammorbano questo puntino blu a spasso nel cosmo. Non certo la matematica in sé, ma quell’idea secondo la quale esiste “La Verità”; e conseguentemente che qualcuno che la conosce, quasi fosse un suo possesso, è legittimato nelle sue azioni più di chi, a suo dire, non la conosce. Se esiste un Vero esiste un Falso. Il Vero assoluto è una discriminante impietosa. Un confine. Nella pratica, cioè in un ambito che non ha più a che fare con il pensiero ma con le azioni; su un fronte che non è più teoretico ma morale e quindi sociale e politico, si traduce in Bene e Male. Ma anche questi, scritti come nomi propri, non esistono nella realtà; non esiste un fatto che è Il Bene o uno che è Il Male; esistono però cose buone o cose cattive, che sono nei fatti niente altro di ciò che per noi – che siamo animali – è desiderabile o indesiderabile.

Un salto abbastanza lungo all’apparenza. Dal sogno del Vero che spinge un antico matematico a cercare il rapporto tra il diametro e la circonferenza, alla scelta di un gruppo umano di eleggere a proprio valore un certo precetto o di adottare di principio un determinato comportamento.

A questo punto ecco che può tornare in scena la scuola nominalista. Perché se irridendo la verità e negandole ogni possibilità non si fa molta scienza e si rischia di vivere in un mondo di casualità; di eventi singoli ed irrelati tra loro. Un mondo di accidenti senza regole, la negazione è anche un formidabile antidoto ad ogni presunzione – pratica, quindi sociale e politica – di poter distinguere senza il minimo indugio tra il bene ed il male. Dice un moderno nominalista – chissà se avrebbe accettato l’epiteto – come Oscar Wilde: “preferisco le persone ai principi, e le persone senza principi a tutto il resto.”.

Ecco sono le due sponde tra cui si vuole quella verità, che non accetta di non esistere, ma che rifiuta la presunzione di potersi firmare con la lettera maiuscola. Che accetta la sua minorità, la sua parzialità; in un certo senso, se l’argomento vi ha in qualche modo coinvolti, che accetta, riconosce e persino ricerca la sua storicità. La verità della scienza, quella che non cerca “Il Vero” ma le cose vere, quella che cerca i fatti. Ecco un altro elemento che accomuna tutte le scienze alla storia, scienza a sua volta anche se non siamo abituati a pensarla come tale.

Chiarito – almeno chi vi scrive lo spera – cosa si possa molto sommariamente intendere con la parola che suona “verità” e quali sfide porti con se il semplice pronunciarla, a noi umani, quando serve? Si è azzardato poco sopra a sostenere che sia una faccenda storica e pratica in quanto noi umani come animali abbiamo bisogni storici e pratici. Se ciò è vero… allora la verità deve avere una qualche utilità. E quale potrebbe essere?

L’intendersi. Vero è ciò che ci permette di approdare alla stessa baia seguendo le medesime indicazioni; di ottenere la stessa torta applicando una comune ricetta. Ma come sanno tutti coloro che hanno tentato il secondo esperimento rispolverando il vecchio quaderno della nonna… non viene mai come ce la ricordavamo. Perché le nonne hanno sempre un qualche ingrediente segreto, un piccolo trucco che non scrivono, spesso anche soltanto perché lo danno per scontato, al punto che non vale la pena perdere tempo ad annotarlo. In fisica Einstein ha chiamato “l’ingrediente segreto” della natura variabili nascoste. Sulla scorta di Laplace, altro grande scienziato ed altro grande realista, l’idea alla base di questa concezione è che, dietro le verità alla nostra portata, quelle minuscole, ne esista una maiuscola: La Verità, e che sia ciò che ricerchiamo, ciò di cui lo scienziato è incessantemente al seguito. Un segreto celato a cui sia possibile togliere il velo.

Ci serve per fidarci dei nostri reciproci discorsi. Per così dire, torna utile per perdonarci i piccoli errori che – come sentiamo – puntano in una medesima direzione. E’ l’orizzonte che unifica i nostri tentativi di intenderci. Invisibile ed evanescente, nondimeno funge da pietra angolare di ogni studio e ricerca, e ci porta a costruire, nella storia, modelli di interpretazione della realtà sempre meno approssimativi; capaci di previsioni sempre più soddisfacenti. Dall’oroscopo di Galileo al suo telescopio al James Webb; dalla teoria degli umori di Galeno alla mappatura del genoma. Gli esempi sono innumerevoli, ma tutti radicalmente lontani dallo scorgere l’assoluto oltre, l’orizzonte.

Eppure, e questo non può essere dimenticato, tra l’oroscopo ed il James Webb la differenza c’è ed è radicale. Non tanto quanto quella tra questi due e il sogno dell’assoluto, nondimeno radicale.

La verità ci serve quando ci poniamo una domanda come metro della fiducia che è desiderabile riporre nelle possibili risposte. Da questo si può chiarire la sua stretta parentela con il metodo della scienza: le verità delle scienze non sono “cose”, non sono inamovibili monoliti e meno che mai dogmi, bensì procedure per giungere il più vicini possibile all’orizzonte. Algoritmi, ovvero ricette – un po’ come quelle delle nonne – che ci permettono di avvicinarci a quel risultato ideale, che la memoria di profumi e sentimenti d’infanzia forse renderanno irraggiungibile nella maturità, e che tuttavia avranno comunque la forza di consegnare il testimone a chi proseguirà la storia accanto e dopo di noi.

Una procedura che non si limita a dire il cosa, ma tenta di condividere i come ed i perché; che non sono scientifici in senso proprio, ed appartengono forse più alla sfera delle – impropriamente dette – scienze umane, ma che innegabilmente sono il contesto in cui la ricerca muove i suoi passi. Per questo non possono non farne parte ed occorrono alle generazioni che verranno per capire noi e le nostre umili verità, così come a noi servono i contesti dei grandi del passato per capire le loro.

La verità diventa così quel comune anello mancante ad ogni epoca, ad ogni stirpe, ad ogni singolo essere umano capitato all’esistenza, indipendentemente da quando egli accadrà. E proprio in questa mancanza comune diviene un comune denominatore dell’esperienza e parte integrante di quel legame che ci permette quella “social catena” che è il viaggio della conoscenza.

FILIPPO ONORANTI E MOLISELLA LATTANZI Direttrice Editoriale di Coelum VI ASPETTANO IL 13 OTTOBRE AL CICAP FEST DI PADOVA

Appuntamento alle 14:30 presso il Palazzo Santo Stefano (dietro il Palazzo del Bo) per il dialogo sul tema della Verità e come introdurre questi argomenti anche in ambiente scolastico.

L’evento non ha bisogno di prenotazione ma per partecipare al Cicap Fest è indispensabile registrarsi QUI

L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

FILIPPO ONORANTI E MOLISELLA LATTANZI Direttrice Editoriale di Coelum VI ASPETTANO IL 13 OTTOBRE AL CICAP FEST DI PADOVA.

MESSIER 18 – Ammasso Globulare

© The Two Micron All Sky Survey at IPAC

Indice dei contenuti

ABSTRACT

Dopo Messier 11, torniamo agli ammassi stellari definiti “aperti”. A differenza degli ammassi globulari, questa tipologia di oggetti celesti è formata da un gruppo (che può essere anche di migliaia) di stelle nate nello stesso periodo da una gigante nube molecolare. Un esempio facile da ricordare per questa categoria è l’ammasso delle Pleiadi (M45) nella costellazione del Toro.

Ne sono stati scoperti più di mille solo nella nostra galassia e rimangono oggetti molto interessanti da un punto di vista scientifico, dato che offrono una visione chiave nello studio dell’evoluzione stellare. In media, un ammasso aperto risulta essere un oggetto celeste giovane (in termini astronomici), che riesce a mantenere la sua coesione per almeno mezzo miliardo di anni. Passata questa soglia, interferenze gravitazionali esterne causate dall’orbitare intorno al centro della galassia, causano disturbi che, con il passare del tempo, sono in grado di sfaldare l’ammasso aperto stesso.

Storia delle osservazioni

La prima osservazione registrata di Messier 18 è attribuita proprio a Charles Messier, che il 3 Giugno del 1764 scriveva a tal proposito: “Un ammasso di piccole stelle, poco sotto la nebulosa numero 17, circondato da una lieve nebbia, meno apparente del precedente numero 16; appare confuso in un telescopio da 3 piedi e mezzo; con un telescopio migliore si possono osservare singole stelle.”

Anche John Herschel, figlio dell’astronomo inglese William Herschel, osservò lo stesso ammasso stellare intorno al 1840, descrivendolo come: “Un ammasso povero e grezzo. Contiene circa una dozzina di stelle di decima magnitudine, e da 15 a 20 stelle dalla dodicesima alla quindicesima magnitudine.”

L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

Coelum Astronomia al IAC 2024 di Milano: Media Accreditato per il Congresso di Importanza Mondiale

Siamo entusiasti di annunciare che Coelum Astronomia, la rivista di divulgazione scientifica leader in Italia nel campo dell’astronomia e dell’esplorazione spaziale, parteciperà ufficialmente come media accreditato al 75° International Astronautical Congress (IAC), che si terrà a Milano dal 14 al 18 ottobre 2024. l’evento rappresenta uno degli appuntamenti più importanti a livello globale per la comunità astronautica, un’occasione unica per confrontarsi su tematiche di avanguardia legate allo spazio, alla scienza e alla tecnologia.

Che cos’è l’IAC?

L’International Astronautical Congress è un evento annuale che riunisce migliaia di esperti del settore spaziale, rappresentanti delle agenzie spaziali più importanti del mondo, accademici, professionisti del settore, imprenditori e studenti. Organizzato dalla International Astronautical Federation (IAF) in collaborazione con enti come l’European Space Agency (ESA), la NASA, e altre istituzioni internazionali, l’IAC 2024 rappresenterà un’importante piattaforma di discussione e networking per tutti coloro che sono interessati all’evoluzione dell’esplorazione spaziale e delle tecnologie associate.

Milano avrà l’onore di ospitare questa edizione speciale, e l’evento si prospetta come un vero e proprio catalizzatore per nuove idee, collaborazioni e sviluppi nel campo dell’astronomia, delle missioni spaziali e delle scienze applicate allo spazio. Le sessioni previste includeranno discussioni su missioni spaziali recenti, esplorazione lunare e marziana, tecnologie emergenti, e l’impatto delle attività spaziali sulla società e l’economia globale.

Tutte le informazioni dettagliate sull’evento sono disponibili sul sito ufficiale: www.iac2024.org.

La missione di Coelum Astronomia al IAC

Coelum Astronomia, con la sua storica tradizione nella divulgazione scientifica, è stata scelta come media accreditato per coprire l’evento, assicurando ai suoi lettori una visione approfondita e di prima mano di ciò che accadrà durante il congresso.

Essere presenti all’IAC 2024 significa avere l’opportunità di dialogare con i principali attori del mondo spaziale: dalle agenzie governative ai nuovi protagonisti del settore privato, dalle università agli istituti di ricerca. Coelum si impegna a raccogliere testimonianze, opinioni e approfondimenti che saranno successivamente pubblicati sia sul sito web che sulle pagine della rivista cartacea. La nostra redazione sarà attivamente coinvolta in interviste esclusive, incontri con esperti di fama internazionale e nella raccolta di informazioni direttamente dai protagonisti dell’evento.

Sarà un’occasione unica per approfondire tematiche come l’esplorazione di Marte, le future missioni lunari, le innovazioni tecnologiche nel campo dell’astrofisica e della navigazione spaziale, nonché per capire come le nuove frontiere dello spazio possono influenzare la nostra vita quotidiana.

Programma delle Attività

Nel corso della presenza di Coelum all’IAC, saranno programmate una serie di interviste con le aziende e gli istituti protagonisti del congresso. Tra i partecipanti, ricordiamo alcuni dei nomi più importanti del settore spaziale, come NASA, ESA, ASI e molte altre. Il nostro obiettivo sarà quello di fornire ai lettori una panoramica completa sugli sviluppi più recenti nel settore, le tendenze future e le prospettive per l’esplorazione umana e robotica dello spazio.

Inoltre, la redazione seguirà con attenzione le sessioni scientifiche e tecniche, partecipando ai dibattiti più accesi e alle presentazioni delle nuove scoperte e tecnologie. Sarà un’occasione per riportare non solo i successi delle missioni spaziali recenti, ma anche le sfide e i traguardi che ci attendono nei prossimi anni.

Coelum in Diretta

Durante l’IAC, Coelum offrirà aggiornamenti in tempo reale tramite i propri canali digitali. Sul sito web di Coelum Astronomia e sui profili social della rivista.

Inoltre, la redazione produrrà un report finale approfondito che sarà pubblicato nella successiva edizione di Coelum, includendo una sintesi degli argomenti trattati, le opinioni degli esperti e una visione d’insieme delle nuove prospettive nel mondo della ricerca e delle tecnologie spaziali.

L’importanza della divulgazione scientifica

La partecipazione di Coelum all’IAC 2024 riflette la nostra missione di promuovere la divulgazione scientifica e di rendere accessibile a tutti l’affascinante mondo dell’astronomia e delle scienze spaziali. In un’epoca in cui lo spazio sta assumendo un ruolo sempre più centrale nella nostra vita quotidiana, è essenziale fornire informazioni accurate, aggiornate e comprensibili anche per i non addetti ai lavori.

L’IAC rappresenta una vetrina globale per la scienza e la tecnologia, e Coelum è orgogliosa di farne parte, portando ai lettori italiani le voci e le storie dei protagonisti dello spazio. Grazie alla nostra presenza, vogliamo offrire un’opportunità unica per conoscere le novità del settore, scoprire come le tecnologie spaziali stanno evolvendo e cosa ci riserva il futuro dell’esplorazione cosmica.

Conclusione

Non perdete l’occasione di seguire Coelum Astronomia durante l’IAC 2024! Dal 14 al 18 ottobre, Milano diventerà il centro del mondo astronautico, e noi saremo lì per raccontarvi ogni momento saliente. Vi invitiamo a seguirci sui nostri canali e a non perdere gli aggiornamenti quotidiani, le interviste esclusive e i contenuti speciali che pubblicheremo durante e dopo il congresso.

Per ulteriori informazioni su Coelum Astronomia, vi invitiamo a visitare il nostro sito Coelum.com dove potrete trovare una vasta gamma di articoli, approfondimenti e risorse dedicate all’astronomia e allo spazio.

Preparatevi per una settimana all’insegna della scienza, dell’innovazione e della scoperta, con Coelum Astronomia sempre in prima linea!

 

Incontri ravvicinati in Sardegna (seconda parte)

Nelle uscite astrofotografiche notturne specie in solitudine può capitare di vivere delle situazioni di disagio, una sensazione che in alcuni casi può tramutarsi in paura o addirittura terrore di incontri ravvicinati. A giocare un ruolo fondamentale è il buio che mina la nostra zona di comfort: riuscire a vedere solo con il fascio luminoso della nostra torcia suscita inconsciamente una insicurezza che ci fa sentire inermi e indifesi, esposti ai pericoli e a possibili attacchi da parte di estranei.
Posso affermare con assoluta certezza che il 99% dei momenti in cui percepiamo un senso di paura nelle attività notturne non è dovuto ad un reale pericolo che minaccia la nostra incolumità ma è esclusivamente una questione psicologica, una battaglia interiore, da combattere con calma e razionalità. Diciamoci la verità: nel mondo reale imbattersi in un malintenzionato che si aggira in luoghi remoti ed isolati per “accoppare” fotografi notturni è piuttosto improbabile tuttavia essere in due o più avvolte non è poi così sbagliato. La mia esperienza è che siano più frequenti invece gli incontri con personaggi curiosi.
A Masua mentre studiavo la composizione con la Pentax su cavalletto, un altro fotografo si piazza 10 metri davanti a me; alla Torre di Piscinnì un altro pretendeva l’esclusiva per essere arrivato prima. A Piscinas un gruppo di ragazzi durante le proprie sessioni dispensava di urla e minacce chiunque accendesse una torcia in spiaggia. Può capitare di ricevere visite dalle forze dell’ordine ma il più delle volte il tono è amichevole e cordiale. I curiosi non mancano mai e una serata di acquisizione può tramutarsi in una lezione di astronomia con tanto di puntatore laser. Il nostro tipo di passione ci spinge su luoghi isolati e poco battuti che ci espone però spesso ad altri pericoli, più subdoli e celati, senza scrupoli o rimorsi, il cui unico motivo di vita magari in quel momento è nutrirsi.
Curiosi a Masua
È ormai noto il fenomeno degli avvistamenti di cinghiali o maiali selvatici nelle spiagge di tutta Italia e della Sardegna. Non è mai stato raro nell’isola percorrere di notte una strada extraurbana secondaria, specie nell’entroterra, e avvistare dei cinghiali attraversare la carreggiata o nel ciglio della strada fuggendo dai fari abbaglianti delle auto. È consigliabile, a tal proposito, in questi tipi di vie moderare sempre la velocità e porre attenzione per evitare di investirli. Mi é capitato tantissime volte di avvistarne, a Is Arutas, Siris, Sardara, Ingurtosu, Masua, nel montearci, sempre comunque dove presente una ricca vegetazione. La novità è stata trovarli dove da almeno 2 anni faccio acquisizioni deepsky, in un piccolo altipiano nel comune di Villanovaforru, nei pressi dell’Antenna, lontano da boschi o foreste. La sorpresa è stata sentirli per vari giorni consecutivi, fino al giorno della loro apparizione in pubblico a 5 metri dal mio telescopio: ci siamo guardati nelle tenebre, smorzate solo dai led del setup, 3 secondi di indecisione, non so proprio chi abbia avuto più timore di chi..alla luce poi della torcia frontale mamma cinghiale ha “sgommato” nell’asfalto attraversando la stradina, seguita poi dai suoi 4 cuccioli che intanto facevano capolino tra gli arbusti.
scatto in zona Pistis
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

Incontri ravvicinati (prima parte)

Introduzione

L’osservazione del cielo notturno è un’esperienza affascinante che porta spesso l’appassionato di astronomia a spingersi in luoghi remoti, lontano dalle luci della città, dove il buio è più profondo e le stelle brillano con maggiore intensità. Ma in queste zone incontaminate, il silenzio della notte è spesso interrotto dai rumori della natura, e non è raro imbattersi in creature che popolano il buio, svolgendo la loro vita lontano dagli occhi dell’uomo. Nella raccolta di testimonianze di questo articolo esploreremo gli incontri notturni di diversi astrofili, che durante le loro osservazioni sotto il cielo stellato hanno avuto la fortuna – o talvolta la sorpresa – di incrociare il cammino di animali selvatici. L’esperienza narrata dall’autore che segue è solo uno dei tanti esempi di come la contemplazione del cosmo possa offrire un contatto ravvicinato con la natura più selvaggia, in un intreccio tra il mondo terrestre e quello celeste che lascia sempre un’impronta indelebile nella memoria di chi lo vive.

Incontri Ravvicinati

Molti astrofili, e io sono uno di quelli, quando possibile amano andare a fare osservazioni e fotografie sul campo, ed è veramente emozionante riuscire a vedere un cielo molto più buio di quello che abbiamo normalmente nelle nostre città. Si percorrono decine e a volte centinaia di km sulla propria auto con tutta la pesante attrezzatura per andare in luoghi specialmente montani, ma una volta arrivati a destinazione si è “carichi” perché il paesaggio con poco inquinamento luminoso permetterà di catturare scatti unici.
Quando ancora c’è un po’ di luce solare si inizia a montare il set-up astrofotografico e poi seguono lunghe ore di riprese fino quasi all’albeggiare. Ma a volte le emozioni non arrivano solo dal cielo. Col buio alcuni animali selvatici si possono avvicinare curiosi, attratti dalle lucine della nostra attrezzatura e dal computer collegato al telescopio. Se siamo poco distanti da qualche paesino è facile trovare qualche gatto o cane girovagare. Ma voglio raccontarvi una mia esperienza che in un secondo si è tramutata da motivo di spavento a bellissima sorpresa. Una sera estiva ho trovato una postazione tranquilla vicino alle cave di marmo di Carrara e mentre stavo riprendendo col telescopio ho piazzato anche il cavalletto con l’astro inseguitore e reflex per fotografare la Via Lattea ben visibile. Dopo qualche minuto ho sentito uno strano odore ma non capivo cosa fosse, prima non c’era. Finita la sessione con la reflex smonto il cavalletto. Nel toccarlo noto che è molto appiccicoso e sento ancora quello strano odore. Boh, mi risiedo in postazione telescopio e dopo un attimo mi sento “toccare” la sedia da dietro. Con un salto e un urlo mi alzo, accendo la luce frontale e chi trovo? Una bellissima volpe che naturalmente si è spaventata più di me! L’odore acre che sentivo era la sua urina, io avevo invaso il suo territorio, e per farmelo capire aveva bagnato il cavalletto (e anche un po’ smangiucchiato). Ma poi la sua curiosità ha preso il sopravvento e da lì è nata la nostra amicizia con diverse visite nelle sere successive, puntuale verso mezzanotte, veloce giretto e poi via nella boscaglia. L’urina di volpe ha un odore molto acre e per questo è usata (venduta anche dal più noto sito di vendite online) per tenere lontani altri animali.
L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

Indice dei contenuti

QUIZ TIME COELUM 06-10-2024

Quiz Time COELUM del 06-10-2024

Segui @coelumastronomia su Facebook e Instagram o su www.coelum.com partecipa ai quiz

 e vinci immediatamente una copia di Coelum!

La rapidità è fondamentale: scrivi le risposte giuste nei commenti solo il più veloce

si aggiudicherà il premio!

*I Quiz sono a cura di Francesco Veltri
  • lo stesso utente potrà vincere una sola copia per ogni uscita di Coelum
  • le copie saranno spedite con servizio Postale Piego Libri
  • le risposte devono essere scritte nei commenti sotto i post (social e sito)
  • il vincitore sarà contattato dalla redazione

Il Meteorite di Renazzo

Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite
Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite

1824-2024

200 anni dalla caduta del più importante meteorite italiano

Renazzo è un piccolo, tranquillo borgo, frazione del comune di Cento, a cavallo tra la provincia di Ferrara e quella di Bologna. Questo villaggio, immerso nella pianura padana, ha dato i natali a Ferruccio Lamborghini, fondatore dell’omonima casa automobilistica. Basterebbe questo per dare al paese il suo ruolo nella storia, ma 200 anni fa, in una fredda sera invernale (il 15 o il primo gennaio: le cronache non sono concordi)  i paesani furono spaventati da forti boati, descritti come “scoppi di cannone” e diversi meteoriti (o com’erano allora chiamati “aeroliti”) caddero nei campi ed uno in vicinanza della chiesa.  Informato dell’accaduto, un professore dell’università bolognese, Mons. Ranzani, arrivò una quindicina di giorni dopo e raccolse (o acquistò) diversi frammenti per analizzarli. Uno di questi meteoriti, del peso di 307 grammi è attualmente esposto al museo Luigi Bombicci di Bologna, ma molti altri frammenti sono conservati in una quindicina di musei sparsi per il mondo e da alcuni collezionisti privati, con una massa totale conosciuta, attorno al chilo.
La caduta di meteoriti, non è una cosa così comune ma ciò non basterebbe a rendere questo oggetto così particolare. La sua importanza sta nel fatto che ha dato il nome ad un tipo di meteoriti;  le CR (Condriti “tipo” Renazzo) e che lo studio di questo meteorite ha dato l’avvio ad una nuova branca dell’astrofisica, l’astrofisica nucleare che indaga sulle prime fasi della formazione del Sistema Solare e della nebulosa pre-solare, che interagiva con lo spazio circostante, arricchita da elementi provenienti dal mezzo interstellare. Sappiamo, che molti elementi si formano all’interno di stelle massicce, venendo poi dispersi per il cosmo nelle esplosioni di Supernova e che nei gusci delle stesse supernove si formano ulteriori elementi pesanti. Anche i venti stellari delle giganti rosse inseminano   lo spazio di materiali elaborati nelle loro tenui e fredde atmosfere. Tutto ciò arricchisce le nebulose che vanno a formare le generazioni successive di stelle e i loro pianeti (vedi nello stesso numero articolo “Esplosioni Stellari in 3D”).
Tutto ciò accadeva anche alla nebulosa che 4,5 miliardi di anni fa stava formando  il Sistema Solare, ma la quasi totalità di questa “materia interstellare” è andata perduta nei processi di riscaldamento che hanno portato alla formazione di pianeti ed asteroidi, rimanendo nascosta, “segregata”, all’interno di corpi che conservavano quasi inalterate le loro primitive caratteristiche; le condriti carbonacee, come la condrite di Renazzo.
Le condriti, sono brecce[1] e sono classificate in vari gruppi, basati sulla loro composizione chimica, mineralogica e sul grado di alterazione dovuto a episodi di idratazione o riscaldamento. Nelle condriti di tipo Renazzo (CR) le alterazioni dovute alla presenza di acqua dimostrano che questi oggetti non sono stati sottoposti a forti riscaldamenti (<70 C°), conservando così il materiale primitivo. La struttura del meteorite è formata da due costituenti fondamentali. Le condrule (o condri) e la matrice, all’interno della quale si distinguono dei clasti neri, irregolari.
Il campione di Renazzo conservato al museo Luighi Bombacci di Bologna (Foto Paolo Mazzi, su permesso UNIBO SMA)
Il campione di Renazzo conservato al museo Luighi Bombacci di Bologna (Foto Paolo Mazzi, su permesso UNIBO SMA)
I condri sono strutture sferoidali composte principalmente da silicati, in particolare olivina e pirosseni, con abbondanti inclusioni metalliche di ferro-nichel (Fe-Ni inoltre sono caratterizzati da una composizione povera di ossidi di ferro e ricchi di metallo. La simmetria sferica e struttura a strati sovrapposti mostra che si sono formati nel vuoto, attraverso diverse fasi di accrescimento e raffreddamento. Le dimensioni dei condri variano generalmente tra 0,1 e 1 mm di diametro, ma possono essere presenti anche esemplari più grandi.
In termini di abbondanza, i condri del meteorite Renazzo rappresentano una frazione significativa rispetto alla matrice in cui sono inseriti. La matrice è costituita principalmente da silicati ricchi di ferro e materiali carboniosi. I clasti neri irregolari presenti nella matrice, sono ricchi di materiali carboniosi e contengono microcondri. Essi testimoniano una storia di alterazione idrotermale e impatti multipli, che hanno rimescolato e amalgamato materiali di diversa origine all’interno del corpo parentale del meteorite Renazzo.
Fin qui abbiamo parlato di materiale primitivo sì, ma pur sempre appartenente alla nebulosa solare.  Per cercare la materia interstellare, è necessaria una “firma” che la contraddistingua. Questa firma fu cercata, nel 1964 da Reynolds e Turner della Berkeley, che identificarono, in campioni di Renazzo, anomalie isotopiche in gas rari come lo xenon. Lo xenon è formato da una miscela di isotopi stabili, che si mantiene omogenea all’interno del Sistema solare così presenza di anomalie isotopiche in questa miscela si rifletterebbe su un diverso peso atomico del gas ed indicherebbe che il campione contiene materiali di provenienza extra solare.
Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite
Il francobollo emesso per l’anniversario dei 200 anni dalla caduta del meteorite
Il successo della loro ricerca, mostrò come le condriti carbonacee fossero “scrigni” che custodivano al loro interno materia proveniente da altre stelle, forse dalla stessa supernova che aveva dato l’avvio alla formazione nostro sistema solare. Il passo successivo fu trovare della “polvere di stelle”, identificata a partire dal 1987, in “grani presolari”: minuscoli agglomerati di carburo di silicio, grafite, diamante o ossidi di alluminio.  Si tratta di particelle solide (da pochi namometri a qualche micrometro) che provengono dai gusci di supernova o dalle fredde atmosfere di giganti rosse e sono distribuiti all’interno della matrice del meteorite, spesso associati ai componenti più fini e primitivi, come le inclusioni ricche di carbonio.
Ma le condriti carbonacee non finiscono ancora di stupire. L’ultima sorpresa è la presenza in alcuni meteoriti di questo gruppo di composti organici.  Tale materia organica è principalmente costituita da composti carboniosi complessi, inclusi idrocarburi aromatici policiclici, acidi carbossilici, amminoacidi e altre molecole organiche. La sua origine è da collocare in parte in nubi molecolari interstellari ed in parte da processi all’interno del disco protoplanetario o da quelli mediati dalla circolazione idrotermica, sul corpo progenitore del meteorite. Gli amminoacidi trovati nelle meteoriti differiscono però da quelli terrestri, per la mancanza di una chiara chiralità[2]. Inoltre la materia organica nelle Carbonacee e più ricca di isotopi pesanti rispetto ai composti organici terrestri, indicando una formazione in zone lontane dal sole.
[1] Un meteorite brecciato è un tipo di meteorite che è composto da frammenti di rocce e minerali preesistenti, cementati insieme da una matrice più fine. La formazione delle brecce avviene a seguito di impatti.
[2] E’ detta chirale una molecola di non sovrapponibile alla propria immagine riflessa. 
Nome Renazzo
Anno e luogo del ritrovamento Renazzo (BO)
Massa 1000g . (307.55 g. custoditi presso Museo Bombacci BO)
Classificazione CR2  (Condrite tipo Renazzo 2)
Storia della classificazione Grady, M.M. (2000) Catalogue of Meteorites 5th edition -Cambridge Univ. Press Edimburg UK
Letture consigliate Meteoriti storiche (Un metodo per indagare il passato) In Riga edizioni  Astronomia
Link Meteoritical Bullettin: https://www.lpi.usra.edu/meteor/metbull.php?code=22586

L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

IL CATALOGO MESSIER DENTRO UN BINOCOLO 25X100

L'autore Claudio Pra con il suo binocolo 25x100
L'autore Claudio Pra con il suo binocolo 25x100

Il catalogo Messier rappresenta un universo di meraviglie celesti che, attraverso il binocolo 25×100, regala emozioni uniche. In questo viaggio di sette mesi, l’autore riscopre 110 oggetti del profondo cielo, da galassie a nebulose, vivendo la bellezza della volta celeste con passione autentica. Nonostante le difficoltà, l’esperienza ha mostrato come anche strumenti semplici possano offrire spettacoli indimenticabili.

Introduzione

Tra gli appassionati è risaputo che gli oggetti più belli e luminosi del profondo cielo (con poche esclusioni) appartengono al Catalogo Messier, pubblicato nel diciottesimo secolo. In esso sono contenuti 27 ammassi aperti, 29 ammassi globulari, 40 galassie (considerando anche la discussa M 102), 5 nebulose ad emissione, 4 nebulose planetarie, 1 nebulosa a riflessione, 1 resto di supernova, 1 nube stellare, una stella doppia (scambiata nei modesti strumenti dell’epoca per un oggetto nebulare), 1asterismo formato da quattro deboli stelle ravvicinate (a sua volta scambiato per un oggetto nebulare). Sicuramente tutti avranno osservato in più occasioni il più bel ammasso globulare dell’emisfero boreale ovvero il Grande Ammasso dell’Ercole, oppure la enorme e luminosa galassia di Andromeda, la Nebulosa Anello (celebre planetaria della Lira) o la splendida nebulosa ad emissione che ha preso il nome di Grande nebulosa di Orione. E poi M1, il famoso residuo di supernova del Toro e ancora la coppia di luminose galassie ravvicinate M 81-82 dell’Orsa Maggiore. Tutte perle del cielo che insieme ad altre contenute nel catalogo deliziano chi alza occhi e strumenti al cielo. Oltre a tanti gioielli ce ne sono molti altri meno pregiati ed altri ancora di “poco valore”, snobbati dai più, cosa che mi fa sorgere spontanea una domanda: ­ “Quanti hanno osservati tutti e centodieci gli oggetti Messier?”. Personalmente l’osservazione dell’intero catalogo fu uno tra i miei primi obbiettivi. Due Maratone Messier mi permisero poi di riosservarli praticamente tutti ed in seguito mi dedicai alla loro fotografia. In 25 anni di attività ho avuto comunque modo di guardarli e riguardarli con diversi strumenti, dal piccolo telescopio fino ad uno molto grande. Ma spesso ho usato il binocolo, da un piccolo 10×50 fino ad arrivare ad apertura doppia.

L'autore Claudio Pra con il suo binocolo 25x100
L’autore Claudio Pra con il suo binocolo 25×100

Nel dicembre scorso ho deciso di ripercorrere tutto il catalogo usando unicamente un binocolo 25×100 (25 ingrandimenti e 10 cm. di apertura delle lenti), progetto completato in circa sette mesi, più di quelli previsti a causa del meteo davvero sfavorevole che ha colpito il nord Italia dalla primavera ad inizio estate. È estata una bellissima esperienza che voglio condividere soprattutto, ma non solo, con chi si accosta o si è accostato da poco all’osservazione del cielo. Un “binocolone” come quello usato ha ovviamente diversi limiti rispetto al telescopio, soprattutto l’apertura tutto sommato modesta e gli ingrandimenti bassi, ma per contro ha anche indubbi vantaggi (comodità, intuibilità e facilità d’uso, campo visivo ampio). Ed un prezzo alla portata, a meno che non si vada a scegliere modelli sofisticati e di grande qualità. A fare una grande differenza sarà però il cielo sotto il quale si osserva che, se preservato dall’inquinamento luminoso, regalerà grandi soddisfazioni pur se scrutato con uno piccolo strumento.

Segue il report dei risultati

L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
 

L’articolo è pubblicato in COELUM 270 VERSIONE CARTACEA

NON SOLO TSUCHINSHAN-ATLAS, IN ARRIVO UN’ALTRA POTENZIALE COMETA LUMINOSA: C/2024 S1 ATLAS

Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all'eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.
Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all'eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.

NOTIZA FLASH

NON SOLO TSUCHINSHAN-ATLAS, IN ARRIVO UN’ALTRA POTENZIALE COMETA LUMINOSA: C/2024 S1 ATLAS

Ottobre potrebbe essere un mese da ricordare per gli appassionati di comete. Della promettente C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS, che attendiamo con impazienza di veder uscire dalla luce solare verso metà ottobre, abbiamo già ampiamente scritto. Doveva essere l’unico “astro chiomato” brillante del mese ed invece a fine settembre è giunta notizia di una nuova scoperta da parte del sistema automatizzato ATLAS (Asteroid Terrestrial impact Last Alert System) designata come C/2024 S1 ATLAS. Il calcolo della sua orbita ha svelato la sua appartenenza alla famiglia Kreuz Sungrazer, ovvero di comete originatesi dalla frammentazione di un corpo più grande con un’orbita che le porta a sfiorare il Sole. Spesso il loro passaggio ravvicinatissimo è per loro letale ma in qualche caso, se sopravvivono, possono rivelarsi luminosissime offrendo spettacoli indimenticabili. È il caso della famosissima C/1965 Ikeya-Seky, che raggiunse la mostruosa magnitudine di -10! Più recentemente, la C/2011 W3 Lovejoy raggiunse il valore di -4 mag. deliziando gli osservatori australi.
Questo nuovo oggetto transiterà al perielio il 28 ottobre, momento in cui si troverà a poco più di un milione di chilometri dal Sole. Un incontro talmente ravvicinato da far temere seriamente per la sua sorte. Ma d’altra parte, come abbiamo già ricordato, questa è una caratteristica delle Kreuz e la prerogativa che le porta, se sopravvivono, a rivelarsi così brillanti. Da noi il periodo migliore per osservarla, che durerà pochi giorni, sarà dopo il passaggio al perielio, quindi gli ultimissimi giorni di ottobre e i primissimi di novembre all’alba, pur in un contesto sfavorevolissimo data la vicinanza al Sole. Occorrerà quindi che sia davvero molto brillante per sperare di poterla scorgere con molta fatica. Le previsioni in merito sono molto incerte e condizionate dall’aspetto al momento della scoperta quando, sia pur ancora distante, è risultata piuttosto luminosa e dotata di una bella chioma, il che potrebbe far pensare ad un oggetto non proprio piccolo e ricco di polvere. Ma in altri casi membri della stessa famiglia, luminosi al momento dell’avvicinamento, si sono in seguito affievoliti a causa delle loro reali ridotte dimensioni, non lasciando traccia del loro passaggio. Ad ogni modo alcune curve di luce per questa nuova cometa indicano un picco che la porterà a brillare più di Venere, sempre che sopravviva alla pressione del Sole. Di certo, se anche lo farà, le condizioni prospettiche e il ridottissimo lasso di tempo in cui dovrebbe risultare luminosissima, non offrono purtroppo grandi speranze.
Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all'eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.
Nella mappa il percorso della cometa C/2024 S1 ATLAS che durante il mese di ottobre si avvicinerà sempre più all’eclittica tanto a incontrare il Sole negli ultimi giorni del mese.

Obbligatorio però seguirla perché con le comete non si sa mai…Ne riparleremo comunque più avanti.

Luce che va, luce che viene con i retroriflettori

0
Figg. 7 e copertina articolo: Scatti ottenuti il 20 agosto del 2024 eseguiti con montatura Skywatcher EQ5 SynScan ad inseguimento motorizzato, al fuoco di Telescopio solare Lunt LS60T (D=60 mm, F. 500 mm.) con filtro di bloccaggio B1200 in Halfa, camera di acquisizione ASI 178 MM (monocromatica risoluzione 3096x2080 pixel pari a 6,4 MP), elaborata con AutoStakkert 2.6.8 e Photoshop CS6 (64bit). Al momento dello scatto l’evelazione del Sole era di circa 4 gradi sopra l’orizzonte teorico.
Figg. 7 e copertina articolo: Scatti ottenuti il 20 agosto del 2024 eseguiti con montatura Skywatcher EQ5 SynScan ad inseguimento motorizzato, al fuoco di Telescopio solare Lunt LS60T (D=60 mm, F. 500 mm.) con filtro di bloccaggio B1200 in Halfa, camera di acquisizione ASI 178 MM (monocromatica risoluzione 3096x2080 pixel pari a 6,4 MP), elaborata con AutoStakkert 2.6.8 e Photoshop CS6 (64bit). Al momento dello scatto l’evelazione del Sole era di circa 4 gradi sopra l’orizzonte teorico.

Abstract

L’articolo “Luce che va luce che viene” di Roberto Ragazzoni e Marco Barella esplora il fenomeno del retroriflettore, un dispositivo capace di riflettere la luce esattamente verso la fonte da cui proviene, indipendentemente dall’angolazione d’incidenza. L’analisi parte da un concetto semplice, l’effetto creato da due specchi posti ad angolo retto, per poi estendere la discussione ai retroriflettori a tre specchi, utilizzati comunemente nei catarifrangenti e in altre applicazioni industriali e scientifiche.

Gli autori mostrano come questi dispositivi siano utilizzati in vari contesti, dai segnali stradali alle giacche ad alta visibilità, fino alle missioni spaziali come quelle lunari e marziane. L’articolo evidenzia come, nonostante il principio sia lo stesso, i retroriflettori impiegati in contesti spaziali presentino piccole ma fondamentali differenze. Ad esempio, le superfici riflettenti non sono montate esattamente a 90 gradi, ma leggermente inclinate per compensare l’effetto di aberrazione della luce, un fenomeno ben noto in astronomia.

Ragazzoni e Barella arricchiscono l’articolo con un racconto personale, descrivendo un esperimento effettuato presso l’AeroClub di Rovigo per catturare immagini dell’antisole. Dopo mesi di tentativi, gli autori riescono finalmente a ottenere una sequenza di scatti spettacolari che mostrano questo raro fenomeno celeste. Questo esperimento, che combina astronomia e passione per il volo, riflette lo spirito di curiosità e perseveranza degli autori.

Fig. 5: Gli autori riflessi dal retroriflettore costruito per l’occasione. Con i suoi 60cm di lato è facilmente visibile di giorno da una decina di kilometri quando si consegue il dovuto allineamento con la nostra stella.

Articolo di Roberto Ragazzoni e Marco Barella


l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.


Spenti altri strumenti scientifici sonda Voyager 2

Gli ingegneri lavorano sulla Voyager 2 della NASA al JPL nel marzo 1977, prima del lancio della navicella spaziale di agosto. La sonda trasporta 10 strumenti scientifici, alcuni dei quali sono stati spenti nel corso degli anni per risparmiare energia. Credito: NASA
Gli ingegneri lavorano sulla Voyager 2 della NASA al JPL nel marzo 1977, prima del lancio della navicella spaziale di agosto. La sonda trasporta 10 strumenti scientifici, alcuni dei quali sono stati spenti nel corso degli anni per risparmiare energia. Credito: NASA

Gli ingegneri della missione Voyager 2 della NASA hanno spento lo strumento scientifico al plasma a bordo della sonda spaziale a causa della progressiva riduzione dell’alimentazione elettrica.

Viaggiando per oltre 20,5 miliardi di chilometri dalla Terra, la sonda spaziale continua a utilizzare quattro strumenti scientifici per studiare la regione al di fuori della nostra eliosfera, la bolla protettiva di particelle e campi magnetici creata dal Sole. L’obiettivo è mantenere abbastanza potenza per continuare ad esplorare questa regione con almeno uno strumento scientifico operativo fino al 2030.

Lo strumento che misura la quantità di plasma (atomi elettricamente carichi) ha raccolto dati limitati negli ultimi anni a causa del suo orientamento rispetto alla direzione in cui scorre il plasma nello spazio interstellare.

La sonda è alimentata dal plutonio in decadimento e perde, come la sua sorella Voyager 1, circa 4 watt di potenza ogni anno. Dopo che le due sonde Voyager completarono l’esplorazione dei pianeti giganti negli anni ’80, il team della missione spense diversi strumenti scientifici che non sarebbero stati utilizzati nello studio dello spazio interstellare. Un gesto che diede subito alla sonda un sacco di potenza extra fino di cui può aver goduto fino a qualche anno fa ma da allora, il team ha continuato a spegnere altri sistemi fra cui tutti i sistemi di bordo non essenziali per il funzionamento delle sonde, compresi alcuni riscaldatori. 

Risultati del monitoraggio

Il 26 settembre, gli ingegneri hanno impartito il comando di spegnere lo strumento scientifico al plasma. Il segnale inviato dal Deep Space Network della NASA, ha impiegato19 ore per raggiungere Voyager 2, e il segnale di ritorno ha impiegato altre 19 ore per raggiungere la Terra. Il team ha confermato che il comando di spegnimento è stato eseguito senza incidenti e che la sonda sta funzionando normalmente.

Nel 2018, lo strumento scientifico del plasma si è rivelato fondamentale per determinare l’abbandono della eliosfera da parte di Voyager 2. Lo strumento scientifico del plasma è costituito da quattro “coppe”. Tre coppe puntano nella direzione del Sole e hanno osservato il vento solare mentre si trovavano all’interno dell’eliosfera. Una quarta punta ad angolo retto rispetto alla direzione delle altre tre e ha osservato il plasma nelle magnetosfere planetarie, nell’eliosfera e ora nello spazio interstellare.

Quando la Voyager 2 uscì dall’eliosfera, il flusso di plasma nelle tre coppe rivolte verso il Sole crollò drasticamente. I dati più utili della quarta coppa finirono per arrivare solo una volta ogni tre mesi, quando la sonda di fatto compie una virata di 360 gradi sull’asse puntato verso il Sole. Proprio questo il fattore quindi che ha influito sulla decisione della missione di spegnere prima questo strumento rispetto ad altri.

Il team della Voyager continua a monitorare lo stato di salute della sonda e le risorse disponibili per prendere decisioni ingegneristiche che massimizzino i risultati scientifici della missione.

Per maggiori informazioni sulle missioni Voyager della NASA, visitare: https://www.jpl.nasa.gov/news/nasa-turns-off-science-instrument-to-save-voyager-2-power 

NASA Space Apps Challenge torna a Napoli: si comincia da Capodimonte

Innovazione e spazio: conto alla rovescia per il NASA Space Apps Challenge


5-6 ottobre presso il Polo tecnologico dell’Università di Napoli Federico II a San Giovanni a Teduccio 

Dopo 2 anni torna in città NASA Space Apps Challenge, l’hackathon più grande del mondo. L’obiettivo dell’evento, dedicato a innovatori, programmatori, scienziati, designer, artisti, narratori, tecnologi, studenti e appassionati, è proporre idee e soluzioni innovative alle 20 sfide globali selezionate dalla NASA per la vita sulla terra e nello spazio, utilizzando i dati messi a disposizione dall’Agenzia spaziale americana e da 13 agenzie spaziali partner, tra cui l’europea ESA e l’italiana ASI.


La sessione napoletana dell’hackathon NASA Space Apps Challenge 2024 è organizzata dal Consolato Generale degli Stati Uniti d’America a Napoli e dal Distretto Aerospaziale della Campania – DAC, in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte dell’INAF, il Center for Near Space dell’Italian Institute for the Future, il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università Federico II e l’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del CNR, con il sostegno della Camera di Commercio Irpinia-Sannio, la partecipazione di UNINA Rockets e Intesa Sanpaolo, sotto il patrocinio della Regione Campania.


Giovedì 3 ottobre gli partecipanti all’hackathon si ritroveranno all’Osservatorio Astronomico di Capodimonte per il local bootcamp e riceveranno l’incitamento di Pietro Schipani, Direttore dell’Osservatorio di Capodimonte, Tracy Roberts-Pounds, Console Generale degli Stati Uniti a Napoli, Luigi Carrino, presidente del Distretto Aerospaziale della Campania e Valeria Fascione, Assessore alla Ricerca, Innovazione e Startup della Regione Campania; special guest del bootcamp John Mankins, Vicepresidente della Moon Village Association e già direttore dell’Office of Advanced Concepts and Technology della NASA e Madhu Thangavelu della Southern California University. Gli sfidanti del Nasa Space Apps Challenge potranno osservare il cielo di Napoli ai telescopi con gli astronomi di Capodimonte e l’Unione Astrofili Napoletani.


In Italia le città dove si svolgerà l’hakathon sono Napoli, Roma, Torino e Venezia e i partecipanti dovranno ritrovarsi nelle sedi per realizzare un progetto/ prodotto relativo alla sfida scelta, rispetto a quelle proposte dalla Nasa
I partecipanti sia singoli che in team saranno ospitati in presenza delle relative sedi in cui sono scritti. Gli iscritti in maniera singola possono scegliere se associarsi o meno ad altri team.

 
È ancora possibile registrare all’hackathon il proprio team di progetto al link https://www.spaceappschallenge.org/nasa-space-apps-2024/2024-local-events/napoli scegliendo una delle 20 sfide identificate dalla NASA. Ogni skill e competenza conta! Non ci sono limiti di età.

 

I numeri dell’edizione 2024 di Nasa Space Apps Challenge sono da record: più di 280.000 registrazioni in oltre 185 paesi, con 2400 eventi locali in 600 città nel mondo, in Italia partecipano Napoli, Roma, Torino e Venezia, e il partenariato di 15 Agenzie spaziali. A Napoli si sono già registrati oltre 130 sfidanti costituiti in 10 team.

NASA Space Apps fornisce una piattaforma per i problem solver in tutto il mondo per usare dati gratuiti e aperti dalla NASA e dalle agenzie spaziali partner. I team di NASA Space Apps Challenge usano queste risorse per risolvere sfide scritte da esperti della NASA, che trattano argomenti che spaziano dalla narrazione allo sviluppo di software, astrofisica, esplorazione spaziale e altro ancora.


Ogni anno migliaia di team inviano progetti che dimostrano creatività, collaborazione e potenziale per risolvere le sfide che affrontiamo sulla Terra e nello spazio. I progetti vengono sottoposti a più round di valutazione per determinare in una prima fase i vincitori locali;

L’organizzazione di Napoli mette in palio 3 premi in denaro offerti dal Consolato americano e dal DAC, e un premio speciale offerto dal Center for Near Space al team che meglio interpreterà la prospettiva di una Città Cislunare di mille abitanti entro la fine del secolo. I team vincitori a livello locale saranno candidati alla competizione internazionale e potrebbero essere selezionati come vincitori globali della NASA International Space Apps Challenge con partecipazione alla cerimonia finale nel quartier generale della NASA a Washington.

 

Barnard B un esopianeta molto vicino

Rappresentazione grafica delle distanze relative tra le stelle più vicine e il Sole. La stella di Barnard è il secondo sistema stellare più vicino al Sole e la stella singola più vicina a noi.
Rappresentazione grafica delle distanze relative tra le stelle più vicine e il Sole. La stella di Barnard è il secondo sistema stellare più vicino al Sole e la stella singola più vicina a noi.

È notizia di poche ore fa la conferma di un esopianeta intorno alla nota e vicina Stella di Barnard: il pianeta è stato denominato Barnard B

La Stella di Barnard, situata a soli sei anni luce dal nostro Sistema Solare, è una delle stelle più studiate dagli astronomi, grazie alla sua vicinanza e alle caratteristiche uniche. Si tratta di una nana rossa con una massa pari a circa il 14% di quella del Sole e, nonostante la sua luminosità molto bassa, è stata al centro dell’attenzione per diverse scoperte scientifiche. Tra queste, è di oggi il comunicato che annuncia la scoperta di un esopianeta orbitante attorno a essa, noto come Barnard’s Star b o Barnard B, un mondo con una temperatura superficiale di 125°C e poco più piccolo della nostra Terra. La scoperta è stata ottenuta grazie all’utilizzo di due strumenti noti installati preosso il telescopio VLT dell’ESO. Si tratta di ESPRESSO spettroscopio dedicato proprio alla ricerca di pianeti rocciosi successore dello storico HARPS-N. 

La storia della Stella di Barnard risale a inizio Novecento, quando l’astronomo Edward Emerson Barnard identificò il movimento proprio di questa stella, che risultava essere il più veloce tra tutte le stelle conosciute. Nonostante sia più vecchia del nostro Sole, con un’età stimata di circa 10 miliardi di anni, la Stella di Barnard è notevolmente stabile, il che la rende un oggetto di studio particolarmente interessante per comprendere l’evoluzione stellare.

La scoperta di Barnard’s Star b ha alimentato il dibattito scientifico sulla possibile esistenza di altri pianeti attorno alle nane rosse. Queste stelle, più piccole e meno luminose del Sole, rappresentano circa il 70% delle stelle nella nostra galassia, e la scoperta di pianeti attorno a esse è considerata un’opportunità per esplorare nuovi territori nella ricerca di esopianeti abitabili. Nonostante la bassa temperatura di Barnard’s Star b, la sua scoperta ha dimostrato che pianeti massicci possono formarsi anche attorno a stelle di piccola massa e che le nane rosse potrebbero ospitare un numero significativo di esopianeti, alcuni dei quali potrebbero trovarsi nella cosiddetta zona abitabile.

La prima ipotesi sulla presenza di esopianeti intorno alla stella fu annunciata nel 2018 e dopo 6 anni circa finalmente arriva la scoperta.

La Stella di Barnard, quindi, rappresenta non solo una pietra miliare nella storia dell’astronomia per il suo movimento proprio unico, ma anche un laboratorio naturale per lo studio degli esopianeti. La scoperta di Barnard’s Star b ha aperto nuove prospettive nello studio delle atmosfere planetarie e nella ricerca di pianeti potenzialmente abitabili attorno alle nane rosse, confermando che l’esplorazione del cosmo è ancora ricca di sorprese e scoperte.

Barnard b [2], come viene chiamato l’esopianeta appena scoperto, è venti volte più vicino alla stella di Barnard di quanto Mercurio lo sia al Sole. Orbita intorno alla stella in 3,15 giorni terrestri e ha una temperatura superficiale di circa 125 °C. “Barnard b è uno degli esopianeti di massa più piccola trovati finora e uno dei pochi noti con una massa inferiore a quella della Terra. Ma il pianeta è troppo vicino alla stella ospite, più vicino rispetto alla zona abitabile“, spiega González Hernández. “Anche se la stella è circa 2500 gradi più fredda del Sole, in quella posizione fa troppo caldo perché si possa mantenere acqua liquida sulla superficie“.

L’annuncio della scoperta è stato accolto con entusiasmo dalla comunità scientifica internazionale, poiché rappresenta una prova ulteriore che i sistemi planetari attorno a stelle diverse dal Sole sono comuni. In particolare, i telescopi dell’ESO hanno svolto un ruolo chiave nel rilevamento del pianeta, dimostrando ancora una volta la loro importanza nella ricerca astronomica avanzata.

Fonte: ESO

Le Meraviglie del Sole: macchie solari e ponti di luce

Tutti sappiamo che il Sole, questo astro grandioso, dietro il suo aspetto apparentemente immutabile è incredibilmente dinamico. Un gigantesco motore che con la sua prodigiosa quantità di calore e luce mette in azione le macchina della vita terrestre.

Le macchie solari (sunspots, in inglese) sono la manifestazione più evidente della sua dinamicità: in sintesi, si tratta di concentrazioni del campo magnetico solare nella fotosfera.

Sono state monitorate e osservate dagli astronomi per secoli ma la svolta nella nostra comprensione della natura delle macchie solari avvenne solo con l’avvento della fisica atomica, all’inizio del XX secolo George Ellery Hale – astronomo americano interessato all’evoluzione del Sole e delle stelle – misurò per la prima volta un campo magnetico nelle macchie solari.

George Ellery Hale utilizzò l’effetto Zeeman (fenomeno in cui avviene la separazione delle linee spettrali di atomi e molecole in presenza di un campo magnetico) con uno spettroelioscopio modificato per dimostrare che le macchie solari presentano campi magnetici forti e concentrati.

Da allora, il campo magnetico è stato riconosciuto come il processo centrale che determina le proprietà delle macchie solari.

George Ellery Hale e una divisione Zeeman indotta magneticamente nello spettro di una macchia solare

L’osservazione del Sole ci ha permesso di scoprire costantemente nuove e affascinanti caratteristiche che ci aiutano a comprendere meglio la sua struttura. Un esempio sono gli affascinanti ponti di luce che attraversano le macchie solari. 

Le macchie solari formano il cuore di una regione attiva, al cui interno si osservano una serie di fenomeni dinamici come i ponti di luce (in inglese, light bridges). L’indagine sui ponti di luce ci aiuta a comprendere gli aspetti chiave delle macchie solari.

4 maggio 2024 Alberto Civiello Unione Astrofili Napoletani. Newton 150/750, barlow 3x, camera planetaria Asi 585mc, astrosolar filtro.

Francesco Berrilli, professore ordinario di Fisica solare e Climatologia spaziale presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ci spiega la loro natura:

I ponti di luce sono strutture brillanti lunghe e strette che dividono in una o più parti l’ombra di una macchia solare. L’ombra è la regione più scura di una macchia dove l’intenso campo magnetico solare emerge quasi perpendicolare alla superficie e inibisce la convezione dall’interno stellare. I ponti di luce spesso mostrano strutture filamentose o granulari simili alla granulazione del sole quieto. Si pensa che queste strutture siano manifestazioni di convezione turbolenta all’interno del forte campo magnetico dell’ombra. Infatti, se osservate ad alta risoluzione, esse mostrano una sottile linea scura centrale, con moti di plasma verso l’alto, e strutture granulari laterali associate a moti di plasma verso il basso.

Immagine dettagliata della superficie del sole catturata Alberto Civiello socio dell’ Unione Astrofili Napoletani mostra un ponte di luce che attraversa la macchia solare  AR 3780

Un ponte di luce attraversa la macchia AR 3838 Rossana Miani  Daystar Quark cromosfera, ERF,80ED Skywatcher, Player One Filtro ERF, ASI174MM ZWO AM5,

I ponti di luce sono tra le sottostrutture più sorprendenti sulla superficie solare. A volte mostrano comportamenti dinamici come espulsioni di plasma, aumenti di intensità e rapidi flussi di gas nella fotosfera e nella cromosfera inferiore. La loro durata è più breve di quella delle macchie solari che li ospitano e sono molto dinamici. Possono essere categorizzati in base alla forma geometrica, alla luminosità o alla polarità magnetica dei nuclei d’ombra circostanti. Possono svilupparsi come un’intrusione di un filamento penombrale all’interno dell’ombra oppure possono essere di natura granulare. Spesso sono associati alla rottura delle macchie solari nel decadimento o nel processo di unione di regioni magnetizzate che porta alla formazione di una nuova macchia.

7 settembre 2023 AR 3423 ripresa in varie lunghezze d’onda. Foto di  Rossana Miani  Daystar Quark Calcium H-Line, 100ED Skywatcher, Optolong luminance filter, Barlow 5x ASI174MM, Skywatcher  AZEQ5

Il Sole è l’unica stella di cui possiamo osservare in dettaglio la mutevole superficie. La conoscenza di fenomeni peculiari come i ponti di luce può aiutarci ad approfondire la nostra comprensione dell’Universo e delle forze che lo governano.

Coelum Astronomia 270 V/2024 Digitale

0
Questo contenuto è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l'abbonamento Clicca qui . Se sei già abbonato accedi al tuo account dall' Area Riservata

Vita da Astrofilo

Introduzione 

Dal numero 258 al numero 262, Coelum Astronomia ha ospitato la rubrica “Vita da Astrofilo” di Cristian Fattinnanzi. Fattinnanzi con il suo ricco bagaglio di esperienze maturato sapientemente in tanti anni di paziente preparazione e pratica, ha messo a disposizione dei tanti lettori, suggerimenti e trucchi per alimentare le tecniche per l’osservazione e l’astrofotografia, partendo dalle basi acquisite ancora giovane e inesperto fino a giungere alle sofisticate tecniche e soluzioni implementate oggi, dopo oltre trent’anni di operatività per una passione che non sembra mostrare segni di cedimento. 

Riproponiamo qui la serie completa delle cinque puntate a disposizione degli abbonati che in tal modo possono tornare a consultare la miniserie anche in formato responsive.

Per i non abbonati o per quanti volessero la versione completa impaginata e stampabile, il pdf è prenotabile QUI


L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

La serie completa è comparsa nei numeri 258, 259, 260, 261 e 262

ARRIVA LA TSUCHINSHAN-ATLAS

Arriva la cometa che tutti gli appassionati stanno attendendo al varco da un anno, la Tsuchinshan-ATLAS, che transiterà al perielio il 27 settembre passando a meno di sessanta milioni di chilometri dal Sole per poi avvicinarsi alla Terra fino a “toccare” la distanza minima di 70 milioni di chilometri dal nostro pianeta il 12 ottobre.

Sarà proprio da questo momento in poi che la Tsuchinshan-ATLAS dovrebbe dare il meglio di sé uscendo gradualmente dalla luce solare che in precedenza tenterà di nascondercela.

L’ “astro chiomato” andrà però tenuto d’occhio poco prima dell’alba già da fine settembre, pur in un contesto prospettico sfavorevole a causa della scarsa altezza sull’orizzonte e della minima elongazione dal Sole perché la coda, sorgendo prima della chioma, potrebbe se ben sviluppata fare capolino ed in ogni caso anche la testa, se particolarmente luminosa, potrebbe mostrarsi pur nel cielo ancora chiaro. L’ottimismo comunque cresce dopo i tanti dubbi dei mesi scorsi. La Tsuchinshan-ATLAS si sta infatti già mostrando tra le luci del crepuscolo serale nell’emisfero australe e le riprese di tanti amatori testimoniano il suo buon stato di salute.

Al momento in cui scriviamo (24 settembre) la sua luminosità in costante aumento è stata stimata attorno alla magnitudine 3,5 con la coda che, pur non ancora non particolarmente sviluppata, pare a sua volta promettere bene.

La fiducia deriva soprattutto dal grado di emissioni delle polveri che pare essere molto buono. Se il nucleo reggerà all’incontro con il Sole lo spettacolo nel periodo seguente potrebbe essere davvero notevole, consegnandoci una cometa facilmente visibile ad occhio nudo dopo il tramonto. Stampa, tivù e social vari l’hanno frettolosamente definita “la cometa del secolo”. Come sempre nel nostro paese, quando si parla di astronomia, si cerca il sensazionalismo ed i titoli “acchiappa like” e attenzione si sprecano, quasi sempre senza motivo. Da parte nostra ci auguriamo davvero che stavolta abbiano ragione (anche se alla fine del secolo manca ancora parecchio), ma le certezze non vanno molto d’accordo con le comete, notoriamente gli oggetti più imprevedibili del Sistema Solare. Quindi preferiamo stare con i piedi ben piantati per terra ed attendere gli eventi con la speranza, quella sì, di assistere a qualcosa di indimenticabile.

Nell’immagine tratta dal sito in-the-sky.org la posizione della cometa Tsuchinshan-ATLAS all’alba alle 06:00 del 25 settembre 2024. Località Roma.

Ulteriori dettagli a fine mese nella rubrica on-line pubblicata su www.coelum.com e soprattutto nel numero di ottobre della rivista.

JWST ARP 107 nuova occhiata alle collisioni galattiche

Arp 107 catturata dalla telecamera MIRI del JWST. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI
Arp 107 catturata dalla telecamera MIRI del JWST. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI

Un’interazione tra una galassia ellittica e una galassia a spirale più grande, note collettivamente come Arp 107, sembra aver dato alla spirale una prospettiva più felice grazie ai due ‘occhi’ luminosi e all’ampio ‘sorriso’ semicircolare che ne sono derivati. Questa immagine è un composito, che combina osservazioni del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) e della NIRCam (Near-InfraRed Camera) di Webb.

Arp 107
Questa immagine composita di Arp 107, creata con i dati della NIRCam (Near-InfraRed Camera) e del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) del telescopio spaziale James Webb. Coppia di galassie interagenti. La più grande delle due galassie è leggermente a destra del centro ed è composta da un centro bianco nebbioso e luminoso e da un anello di filamenti gassosi, che sono diverse tonalità di rosso e arancione. Verso il basso a sinistra e in basso a destra dell’anello ci sono filamenti di gas che si muovono a spirale verso il nucleo. In alto a sinistra dell’anello c’è un notevole spazio vuoto, delimitato da due grandi sacche arancioni di polvere e gas. La galassia più piccola è composta da gas e polvere nebbiosi e bianchi, che diventano più diffusi allontanandosi dal suo centro. In basso a sinistra di questa galassia, c’è una nuvola di gas più piccola e diffusa che si diffonde verso i bordi dell’immagine. Molte galassie rosse, arancioni e bianche sono sparse ovunque, alcune hanno un aspetto più nebuloso e altre hanno schemi a spirale più definiti. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI

NIRCam evidenzia le stelle all’interno di entrambe le galassie e rivela la connessione tra di esse: un ponte trasparente e bianco di stelle estratte da entrambe le galassie durante il loro passaggio. I dati MIRI , rappresentati in rosso-arancio, mostrano regioni di formazione stellare e polvere composta da molecole organiche simili a fuliggine note come idrocarburi aromatici policiclici. MIRI fornisce anche un’istantanea del nucleo luminoso della grande spirale, sede di un buco nero supermassiccio.

La galassia a spirale è classificata come galassia di Seyfert, uno dei due gruppi più grandi di galassie attive, insieme alle galassie che ospitano quasar. Le galassie di Seyfert non sono luminose o distanti come i quasar, quindi sono posti migliori per studiare fenomeni simili in luce a bassa energia, come l’infrarosso.

Questa regione è molto simile alla galassia Cartwheel, una delle prime galassie interagenti osservate da Webb. Arp 107 potrebbe essersi rivelata molto simile nell’aspetto alla Cartwheel, ma poiché la galassia ellittica più piccola ha avuto una collisione decentrata anziché un colpo diretto, la galassia a spirale se l’è cavata con solo i suoi bracci a spirale disturbati.

La collisione non è così brutta come sembra. Sebbene prima si verificasse molta formazione stellare, le collisioni tra galassie possono comprimere il gas, migliorando le condizioni necessarie alla formazione di più stelle. D’altro canto, come rivela Webb, le collisioni disperdono anche molto gas, privando potenzialmente le nuove stelle del materiale di cui hanno bisogno per formarsi.

Webb ha catturato queste galassie nel processo di fusione, che richiederà centinaia di milioni di anni. Mentre le due galassie si ricostruiscono dopo il caos della loro collisione, Arp 107 potrebbe perdere il suo sorriso, ma inevitabilmente si trasformerà in qualcosa di altrettanto interessante da studiare per i futuri astronomi.

Arp 107 si trova a 465 milioni di anni luce dalla Terra, nella costellazione del Leone Minore.

Arp 107 schema dati
Credit: NASA, ESA, CSA, STScI

 

Fonte: https://esawebb.org/news/weic2324/

Quando ti assegnano i superpoteri avanzati

Esistono gli esseri umani normali, come la maggior parte di noi, e poi esistono i Supereroi. I Supereroi sono quella categoria ristretta di esseri speciali che nella quotidianità, per la maggior parte del tempo, appaiono come tutti noi, con i soliti pregi e difetti, ma poi, all’occasione, sfoderano i loro superpoteri, di cui sono stati misteriosamente dotati da forze sconosciute. Ed ecco che c’è chi è capace di leggere nella mente, passare attraverso i muri, compiere balzi prodigiosi, sprigionare raggi laser potentissimi dai polpastrelli, o trasformarsi in esseri muscolosissimi come Hulk, che a causa di questo superpotere ha dilapidato un patrimonio in camicie strappate e non più aggiustabili.


Non sappiamo come avvenga la distribuzione dei superpoteri agli umani da parte dell’Ente Supremo che li gestisce. Non sappiamo come questo misterioso Comitato decida di affidare al signor Brambilla la capacità di superare la velocità della luce, e alla signora Luisa quello dell’invisibilità. Sappiamo però che a volte la Cupola dei Supereroi si trova a raschiare il fondo della pentola dei superpoteri rimasti ancora disponibili, e quindi può capitare che una mattina un tranquillo signore qualunque si svegli e si ritrovi con un superpotere che – diciamo – difficilmente gli tornerà utile per salvare il mondo. È il caso di una signora italiana (le cui generalità sono state giustamente occultate dal Gruppo di Coordinamento Mondiale dei Supereroi) che, alcuni anni fa, ha avuto in dono il superpotere di mummificare le uova.


Ebbene sì, c’è chi riesce a passare attraverso i muri, chi diventa invisibile, chi fonde l’acciaio con la mente, e chi invece ha il superpotere di mummificare le uova con la sola imposizione delle mani. Questa signora, resasi improvvisamente conto di avere acquisito questo inaspettato dono, presa da un reale sconcerto ha contattato il Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, con l’intento di capire cosa le stava succedendo. Della serie: why me?!


La signora ha raccontato agli esperti del Cicap che le bastava rompere un uovo su un piattino, imporre le mani, lasciare l’uovo a riposare per qualche giorno, e incredibilmente, alla fine, invece di marcire e produrre l’insopportabile puzza di uovo marcio, l’uovo vetrificava e si seccava senza puzzare, come la mummia di Similaun.


A parte che ci sarebbe da discutere su cosa scatti nella mente di un essere umano quando decide di rompere un uovo e, invece che friggerlo mettendoci sopra due fette di pancetta, imporci le mani e lasciarlo su una mensola per vedere se marcisce, ma non stiamo a farci domande a cui non è possibile dare risposta. Fatto sta che, ancor prima di capire in che modo il mondo avrebbe potuto essere salvato da questo inaspettato dono che le era stato assegnato, la signora voleva capire cosa le fosse realmente successo, e per questo si è rivolta al Cicap.


Gli esperti del Cicap (tutta gente serissima e noiosissima che non ride mai e non crede mai a niente), invece di stupirsi di questo incredibile superpotere, hanno chiesto alla signora di poter fare una prova semplicissima: accanto alle uova sulle quali la signora aveva imposto le mani, hanno chiesto di poter mettere altre uova, rotte da un socio Cicap che non aveva ricevuto nessun dono speciale se non quello di essere uno scettico rompiballe.

Le uova sono restate buone buone per alcuni giorni, sia quelle a cui erano state imposte le mani, sia quelle del Cicap, identiche in tutto e per tutto escluso il fatto di non aver ricevuto la speciale infusione. Infine, dopo alcuni giorni – magia! – tutte le uova si erano mummificate allo stesso modo, sia quelle benedette, che quelle del Cicap.


Il motivo, spiegato dalla chimica e dalla fisica, è che in un ambiente secco quale era quello dove la signora aveva riposto le uova, l’acqua in esse contenuta evapora velocemente, prima ancora che i batteri riescano a far partire il processo che creerebbe muffa e cattivo odore. Il risultato è che le uova si vetrificano direttamente, senza passare per lo stadio di uova marce e puzzolenti. Un semplice effetto dei fenomeni naturali, che ha illuso un Supereroe mancato.


Cosa ci insegna tutto questo? Ci insegna l’importanza del campione di controllo, un ingrediente fondamentale della metodologia scientifica, sia che si ricerchi il bosone di Higgs, la cura per la sciatica o la mummificazione delle uova. Ovvero, andare a verificare se il fenomeno cercato si manifesta  anche in situazioni in cui non dovrebbe verificarsi, ovvero quando è assente la causa che si ritiene faccia accadere il fenomeno (in questo caso l’imposizione delle mani). E per colpa del Cicap, della metodologia scientifica e di un briciolo di razionalità, il mondo è stato privato di un potenziale Supereroe. Che comunque – diciamocelo – non avrebbe ricevuto chiamate urgenti molto spesso. Magari, al limite, da qualche chef che voleva stupire con un menù di tendenza.


L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

Is There Anybody Out There?

ABSTRACT

“Is There Anybody Out There?” esplora la possibilità dell’esistenza di altre civiltà nell’universo e se sia possibile rilevarle attraverso le onde radio. Partendo da un’analogia con la celebre canzone dei Pink Floyd, il testo descrive i limiti delle tecnologie attuali, le distanze astronomiche e la potenza necessaria per trasmettere e ricevere segnali nello spazio.

Con un approccio scientifico, vengono presentate formule e calcoli per spiegare quanto sia complesso captare segnali alieni, anche tenendo conto del rumore di fondo della nostra galassia. Si discute anche dell’importanza della frequenza di campionamento e della digitalizzazione delle trasmissioni. Nonostante la difficoltà di intercettare segnali alieni, il documento incoraggia comunque a mantenere la speranza e la curiosità scientifica, concludendo che, pur essendo estremamente improbabile, la possibilità di trovare altre forme di vita non è completamente esclusa.

Se sei affascinato dalla possibilità di vita extraterrestre e dalle sfide tecnologiche nel rilevarla, ti invito a leggere questo approfondimento che unisce scienza, matematica e riflessioni sulla nostra posizione nell’universo!


Introduzione

La citazione nel titolo, per chi non è vecchietto come me, è dei Pink Floyd, brano presente nel loro famosissimo album “The Wall”, e ci sta tutta con l’argomento di oggi.

Nella Via Lattea, la galassia in cui viviamo, ci sono centinaia di miliardi di stelle, e attorno a molte di esse orbitano sicuramente dei pianeti che oggi non riusciamo ancora a scorgere se non in minima parte a causa dei primitivi metodi che utilizziamo a tale scopo (tipicamente il metodo del transito se abbiamo la fortuna che stella e pianeta siano allineati, oppure il metodo della velocità radiale che però mal si adatta a trovare terre in regione abitabile); ma con tanti pianeti presenti, è possibile che noi si sia davvero soli nell’Universo?


Là fuori, da qualche parte, c’è qualcuno con cui dialogare?

Oggi vedremo se c’è la possibilità di scoprirlo, e lo faremo grazie a uno strumento che tutti noi conosciamo: le onde radio.

Fin dal 12 dicembre 1901, da quando Guglielmo Marconi effettuò la prima trasmissione radio transatlantica, l’uomo riempie l’etere con le sue trasmissioni radio, che hanno quindi superato oramai la bella distanza di 120 anni luce, visto che le onde radio si propagano attraverso il vuoto alla stessa velocità.


Questo significa che, dotati di apparati particolarmente sensibili, orecchie aliene potrebbero ascoltare i nostri discorsi sintonizzandosi sulle stazioni commerciali così come potremmo fare noi, a parti invertite.

Vedremo però che non è esattamente così, anzi, credo proprio di no, e adesso vi spiego il perché.


Punto uno: la potenza di trasmissione e le distanze


L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

ShaRA#7 – Iras Vera Shell

The Shell il risultato finale del Super Stacking
The Shell il risultato finale del Super Stacking

Abstract

Per il progetto ShaRA#7, il team ShaRA, composto da Alessandro Ravagnin, Andrea Iorio e altri membri ha utilizzato un nuovo telescopio situato nella valle di Rio Hurtado, in Cile, di proprietà di un membro del gruppo, assumendo vantaggi come la possibilità di effettuare esposizioni più lunghe senza limiti economici o vincoli sulle fasi lunari. Questa libertà ha permesso di optare per un target poco noto: il complesso nebulare IRAS Vela Shell, che include l’oggetto BBW56.

L’elaborazione delle immagini è stata complessa a causa della densità stellare e della difficoltà di calibrare i colori, poiché il target non è classificato in letteratura. Il gruppo ha utilizzato strumenti come StarNet++ e PixInsight per ottenere risultati ottimali, anche se ha incontrato difficoltà con la gestione dei dati a causa dell’elevata risoluzione delle immagini. Il progetto ha visto la partecipazione di 13 membri su 21 e ha prodotto elaborazioni molto diverse tra loro, segno di una sperimentazione avanzata del metodo di “superstacking”.

di ShaRA Team

Introduzione

Con il settimo progetto, il team ShaRA ha cambiato leggermente paradigma. Il team infatti ha operato sempre virtualmente dal Cile, sotto uno dei cieli più bui e belli del mondo sfruttando i telescopi del servizio Chilescope, questa volta tuttavia la scelta è ricaduta su un telescopio di recente installazione nel complesso ObsTech, sempre nella famosa valle di Rio Hurtado, di proprietà di un membro del gruppo. Sfruttare un telescopio di proprietà di un membro del gruppo offre svariati vantaggi fra i quali ad esempio nessun esborso economico per l’affitto del telescopio. Nessun limite anche nella gestione delle esposizioni tanto da calcare la mano allungandole a piacere senza particolari vincoli, cade anche il vincolo dovuto alla schedulazione dalle fasi lunari e, quindi, il team ha goduto di una maggiore flessibilità anche nella scelta del target finale.  Inoltre, una volta deciso il soggetto, abbiamo anche potuto eseguire delle pose di prova per verificare il campo inquadrato e le emissioni al variare dei filtri della rastrelliera, test proibitivi in caso di affitto dello strumento e spesso sacrificati in favore di una maggiore disponibilità di tempo per l’acquisizione.

Vista del complesso ObsTech. Crediti: YURIY BELETSKIY
Vista del complesso ObsTech. Crediti: YURIY BELETSKIY

Normalmente infatti questi test non sono consigliabili con i telescopi remoti per una mera questione economica: ogni minuto speso per fare tentativi, costa tempo e quindi denaro! Inoltre i telescopi spesso non sono disponibili per brevi sessioni di prova; le sessioni minime prenotabili non possono essere inferiori ad un certo minutaggio (intorno ai 20 o 30 minuti a seconda del telescopio). Per tutti i motivi di cui sopra, per i precedenti progetti ShaRA, il team ha lavorato pianificando a tavolino in anticipo e in maniera rigorosa le riprese, documentandosi in rete sui vari target scelti, usando a riferimento le immagini di altri astrofotografi, e programmando le osservazioni minuziosamente in modo da prenotare tempestivamente i telescopi del servizio prenotato. La novità del nuovo strumento invece per ShaRA#7 ci ha consentito di lavorare in modo, diciamo, molto più smart e comodo, decidendo di giorno in giorno come procedere con le sessioni di ripresa e, nel caso, apportare modifiche anche all’ultimo secondo.

Localizzazione del telescopio nel complesso ObsTech nella valle di Rio Hurtado
Localizzazione del telescopio nel complesso ObsTech nella valle di Rio Hurtado

ShaRA#7: il target


l’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

 

Contributi dei partecipanti

 

L’articolo è pubblicato in COELUM 267 IN VERSIONE CARTACEA


ERG CHECH 002 all’Origine del Sistema Solare

A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario

 

ABSTRACT

Erg Chech 002, una delle meteoriti più importanti scoperte, risale a circa 4,565 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione del Sistema Solare. Erg Chech 002, una rarissima acondrite non raggruppata, fornisce importanti informazioni sull’evoluzione dei protopianeti e sul calore generato dall’isotopo Al26, fondamentale nella formazione planetaria. La scoperta ha aperto nuove prospettive sugli eventi magmatici del primissimo Sistema Solare.


È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.


ERG CHECH 002 Campione di meteorite
ERG CHECH 002 Campione di meteorite

 


Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari.
Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.


L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA

 
 

A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario

 

ABSTRACT

Erg Chech 002, una delle meteoriti più importanti scoperte, risale a circa 4,565 miliardi di anni fa, poco dopo la formazione del Sistema Solare. Erg Chech 002, una rarissima acondrite non raggruppata, fornisce importanti informazioni sull’evoluzione dei protopianeti e sul calore generato dall’isotopo Al26, fondamentale nella formazione planetaria. La scoperta ha aperto nuove prospettive sugli eventi magmatici del primissimo Sistema Solare.


È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.


ERG CHECH 002 Campione di meteorite
ERG CHECH 002 Campione di meteorite

 


Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari.
Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.


L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

L’articolo è pubblicato in COELUM 269 VERSIONE CARTACEA

 
 

UGC 11105 DEBOLE ma solo in apparenza

La ripresa del telescopio Hubble di UGC 11105 circondata da stelle più brillanti.
La ripresa del telescopio Hubble di UGC 11105 circondata da stelle più brillanti. Credit: ESA/Hubble& NASA, R. J. Foley (UC Santa Cruz)

ABSTRACT

UGC 11105 è una spirale fotografata dal telescopio Hubble. Con una magnitudine apparente di 13,6, UGC 11105 appare fioca e pervasa da un bagliore evanescente, ma è una galassia ricca di fenomeni cosmici. I suoi due bracci a spirale contengono ammassi di giovani stelle blu, mentre il nucleo ospita un buco nero supermassiccio. Nel 2019, una supernova (SN2019pjs) esplose in uno dei bracci, aumentando temporaneamente la luminosità della galassia. L’immagine cattura anche altre stelle della Via Lattea e galassie distanti sullo sfondo.

Il periodo migliore per l’osservazione e la ripresa è l’estate.

UGC 11105 Debolezza Apparente

L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

 
 

Eclisse lunare parziale di penombra il 18 Settembre 2024

Pubblichiamo il trafiletto dedicato all’evento del 18 settembre comparso in COELUM 269 nella sezione il Cielo del Bimestre Considerando come riferimento la zona di Roma tale evento avrà inizio alle ore 02:41 con la Luna a +39°, la cui fase massima si verificherà alle ore 04:44 con la Luna ad un’altezza di +23°. L’eclisse avrà termine alle 06:47 con la Luna ormai in prossimità dell’orizzonte ad un’altezza di soli +2° con una “magnitudine di penombra” di 1.037 (valore che indica la frazione della Luna oscurata con l’ingresso della penombra della Terra). Inoltre si avrà una “magnitudine umbral” di 0.085 che sta ad indicare la frazione della Luna che viene oscurata dal cono d’ombra della Terra.
Luna penombra 18 settembre 2024
Eclisse lunare penombra 18 settembre 2024
La fase iniziale di questa eclisse parziale sarà perfettamente visibile da tutto il territorio nazionale con la Luna ad un’altezza superiore ai 30/35°, mentre in Sardegna e Sicilia raggiungerà addirittura i 40/42° di altezza. Anche la fase massima di questo evento si renderà visibile da tutta Italia anche se con una minore altezza della Luna comunque sempre intorno ai +20/22°, mentre la Sardegna vedrà il massimo dell’eclisse in condizioni leggermente migliori (Luna fino a +26°). La fase terminale di questo evento invece avverrà in condizioni non ottimali e col nostro satellite ad un’altezza diffusamente intorno ai +3/5°, mentre in Basilicata, Molise, Campania, Puglia e Sicilia la Luna sarà ormai alcuni gradi sotto l’orizzonte. L’occasione è imperdibile per organizzare sessioni fotografiche per immortalare questo sempre interessante evento.

Vuoi essere sempre aggiornato sul Cielo del Mese?

ISCRIVITI alla NEWSLETTER!

Corso di Astronomia Fondamentale e Sorprendente

    0

    Si terrà a Roma ma si potrà seguire ovunque in streaming il Corso di Astronomia Fondamentale e Sorprendente.

    Rivolto a tutti, comprende sia gli argomenti fondamentali di astronomia che tutti dovrebbero conoscere, sia una quantità di approfondimenti illuminanti solitamente esclusi dalla divulgazione.

    Per dare un’idea della ricchezza e varietà di argomenti coperti dal corso, ecco alcune DOMANDE a cui il corso risponde:

    • Perché il centro della Terra è caldo come la superficie del Sole?
    • Come facciamo a conoscere le distanze delle stelle?
    • Perché la Luna ci mostra sempre la stessa faccia?
    • Se l’Universo è nato da un’esplosione, quale ne è il centro?
    • Fino a quanti km d’altezza un oggetto può ricadere a terra anziché galleggiare nello spazio?
    • Qual è la stella che si vede sempre vicina alla Luna?
    • Perché ogni tanto si vede la Luna di giorno?
    • Perché ad agosto vediamo ritornare sempre le stelle cadenti?
    • È vero che si possono vedere le stelle di giorno osservando dal fondo di un pozzo?
    • Si può assistere a due tramonti nello stesso giorno?
    • Come fanno a brillare le protostelle che non hanno ancora innescato le reazioni nucleari?
    • Quanti “quarti di Luna” servono per eguagliare in luminosità una Luna piena, e perché?
    • Di che colore è realmente il Sole (e le stelle)?
    • Quanto è facile stabilire l’età dell’Universo?
    • Perché le stelle scintillano (e i pianeti no)?
    • Di quali astri riusciamo a vedere l’ombra?
    • Quali scoperte sensazionali alla sua portata si è fatto sfuggire Galileo?
    • Quale è stato (sempre lo stesso fin dall’Antichità!) il peggior nemico dei cosmologi?
    • Chi ha tentato per primo di stimare la distanza delle stelle?
    • Qual è lo strumento essenziale della moderna indagine astronomica?
    • Chi è stato il primo astronomo? (E cosa scoprì?)..
      …..

    Ospitato da Accademia delle Stelle e tenuto da un astrofisico, il corso si può acquistare qui: https://accademiadellestelle.org/corso-di-astronomia-sorprendente/

     

     

    Cos’è che fa splendere il Sole?

    Abstract

    Ritengo che chiedersi quale possa essere il meccanismo che permette al Sole di brillare sia una domanda spontanea e quasi inevitabile. Ai nostri giorni, pur con le indispensabili semplificazioni, anche chi frequenta la scuola primaria ha modo di conoscere la risposta scientificamente corretta. Ma non è sempre stato così. Che all’origine di questa energia vi fosse una sequenza di reazioni nucleari che, coinvolgendo atomi di idrogeno, producono atomi di elio è parte del nostro sapere scientifico solamente dal 1939. Proviamo dunque a ripercorrere a grandi linee le risposte che, nel corso del tortuoso cammino che spesso caratterizza la scienza, sono state proposte.

    Il Sole che produce tutta l’energia necessaria

    Facile comprendere come il Sole occupi da sempre un posto particolare nella società umana. Fin dall’antichità non solo gli viene riconosciuto un ruolo chiave nel garantire una situazione climatica favorevole alla vita, ma le periodicità del suo cammino in cielo (alternanza giorno/notte e ciclo stagionale) si rivelano anche un ottimo strumento per tener traccia dello scorrere del tempo. Inevitabile che – sia per la potenza che mostra di avere, sia per la sua costante presenza fin dalla notte dei tempi – nelle civiltà del passato venga identificato con una divinità e adorato come tale. Poco importa definire quali siano la vera natura e l’origine dello splendore e del calore del Sole. L’idea di Aristotele (384 – 322 a.C.) che le leggi della natura valide sulla Terra non siano necessariamente vincolanti per gli oggetti celesti taglia la testa al toro: a differenza dei fuochi terrestri, quel mondo ardente può bruciare per quanto tempo vuole senza creare nessun problema. Per Aristotele la Terra è costituita da materiali che decadono e la luce che qui viene prodotta non può durare a lungo: le fiamme sussultano e cambiano continuamente di forma, il combustibile si esaurisce e la luce si spegne. Sul Sole, però, le cose funzionano in modo differente e quel fuoco che lo alimenta si comporta in modo differente dai roghi a noi famigliari. Nel 1833, anno in cui l’astronomo britannico John Herschel (1792 – 1871) pubblica il suo Trattato sull’Astronomia, affrontando brevemente la questione della fonte dell’energia solare non può che ammettere che si è di fronte a un grande mistero e che gli astronomi sono in grandissima difficoltà. «Se si potessero azzardare congetture per l’origine della radiazione solare – scrive Herschel – dovremmo guardare piuttosto alla nota possibilità di una generazione indefinita di calore per attrito, oppure alla sua eccitazione per scarica elettrica, piuttosto che a qualsiasi combustione di combustibile ponderabile, sia solido che gassoso». La grandissima difficoltà proviene soprattutto dal fatto che chiedersi come il Sole produca la sua energia è strettamente collegato alla domanda relativa alla sua età: due facce di una medesima medaglia. Infatti, se riusciamo a determinare quanta energia produce il Sole, possiamo verificare se le fonti di energia proposte sono in grado di sostenere tale produzione per tutto il tempo dell’esistenza del Sistema Solare. A proposito di quest’ultimo valore, nel 1650 il vescovo irlandese James Ussher (1581 – 1656) nel suo Annales Veteris Testamenti aveva suggerito, basandosi sui suoi conteggi della cronologia biblica, che la nascita della Terra e dell’intero cosmo fosse avvenuta intorno al 4000 a.C. Con neppure 6000 anni di vita alle spalle, trovare per il Sole una fonte di energia adeguata non sembrava poi così impegnativo. È pur vero che, poco più di un secolo dopo la stima di Ussher, James Hutton (1726 – 1797) pubblica quello che viene considerato il primo trattato di geologia moderna in cui non solo si afferma che la Terra è di gran lunga più antica, ma anche che i processi geologici attuali sono gli stessi che si sono verificati nel passato. Dalle considerazioni geologiche emerge con sempre maggiore evidenza che la Terra deve avere almeno qualche centinaio di milioni di anni. Quando poi, nel 1838, il fisico francese Claude Servais Pouillet (1790 – 1868) determina per la prima volta il valore della costante solare (praticamente, quanta energia arriva sulla Terra dal Sole), appare subito piuttosto evidente che, invocando anche il più efficiente tra i meccanismi di combustione chimica, si giungerebbe comunque a valori dell’età del Sole assolutamente incompatibili con le datazioni geologiche. Se si voleva risolvere il problema della produzione di energia del Sole, insomma, era necessario abbandonare la chimica e guardare altrove.

    Energia Meteoritica

    La prima teoria meccanica del calore solare, pubblicata nel 1841 dal tedesco Julius Robert von Mayer (1814 – 1878), chiama in causa una continua cattura da parte del Sole di asteroidi dallo spazio circostante. Mayer ritiene che gli asteroidi che colpiscono il Sole ad alta velocità siano in grado di generare da 4.600 a 9.200 volte più calore di quanto ne genera la combustione di un’uguale massa di carbone. Più che una caduta diretta, suggerisce un graduale movimento su spirali sempre più strette dovuto alla resistenza dell’etere che, stando alle idee del tempo, riempiva lo spazio. Secondo i suoi calcoli, ogni minuto cadrebbe sul Sole una massa intorno ai 2×1014 kg, vale a dire una massa terrestre ogni 56.800 anni. La valutazione, però, mette in luce un problema piuttosto spinoso: Mayer si rende conto, infatti, che un simile aumento della massa del Sole comporterebbe un accorciamento dell’anno siderale dell’ordine di mezzo secondo, un effetto in disaccordo con le osservazioni. La teoria meteoritica del calore solare viene suggerita una decina d’anni più tardi anche dal fisico scozzese John James Waterston (1811 – 1883). Ignaro del lavoro di Mayer, tradotto in inglese solo nel 1863, Waterston sostiene che il calore del Sole ha la sua origine dall’afflusso di un gran numero di oggetti che, provenendo principalmente dall’esterno del Sistema Solare, colpiscono il Sole perpendicolarmente alla sua superficie. Le sue stime indicano che, imputando il calore del Sole interamente a tali cadute, il raggio solare aumenterebbe di circa cinque metri all’anno. Mentre Mayer era seriamente preoccupato dal problema dell’aumento di massa del Sole per le sue conseguenze astronomiche, Waterston lo ignorava o, probabilmente, non ne era consapevole.
    Lord William Thomson
    Lord William Thomson, comunemente noto come Lord Kelvin, svolse la sua indagine in molti settori della fisica (termodinamica, costituzione della materia, struttura dell’Universo,elettromagnetismo, …). La sua fama è legata in particolare a una delle formulazioni del Secondo principio della termodinamica e all’introduzione della scala termodinamica assoluta delle temperature. In suo onore l’unità di misura di tale scala venne chiamata kelvin.
    L’idea, in modo indipendente, viene proposta nel 1854 anche da William Thomson (1824 – 1907): i calcoli del futuro Lord Kelvin, però, lo portano a ipotizzare una pioggia meteoritica decisamente più intensa, suggerendo che si deve mettere in conto la caduta di 100 masse terrestri ogni 4.750 anni. Una quantità di materia davvero importante, ma – secondo le sue parole – «non più di quanto è perfettamente possibile che cada sul Sole». Per quanto riguarda la provenienza, Thomson nega esplicitamente l’ipotesi basata su oggetti provenienti dal Sistema Solare esterno, ma sostiene che i meteoroidi percorrono orbite interne all’orbita della Terra. I calcoli di Lord Kelvin, convinto assertore che lo stesso meccanismo meteoritico fosse responsabile anche della rotazione del Sole attorno al proprio asse, lo portano a concludere che è improbabile che il Sole riesca a mantenere l’attività attuale per molto più di 300.000 anni nel futuro. Si tratta del primo tentativo di calcolare la durata della vita del Sole sulla base di una teoria fisica. L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
    Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
    L’articolo è pubblicato in COELUM 266 VERSIONE CARTACEA

    [GrAG] 14 settembre, Notte Internazionale dell’Osservazione della Luna 2024 – Lazio

    il 14 settembre 2024 è una data speciale per gli amanti dell’astronomia del Lazio, poiché segna la Notte Internazionale dell’Osservazione della Luna. Questo evento, nato grazie all’organizzazione della NASA, celebra la bellezza e il mistero del nostro satellite naturale ed offre un’occasione unica per osservare la Luna e Saturno con gli anelli quasi di taglio in questo periodo, attraverso potenti telescopi. Ecco tre appuntamenti straordinari, tutti ad ingresso libero e gratuito, che avranno luogo in concomitanza in diverse località del Lazio: Viterbo – Giardini Colle del Duomo – Palazzo dei Papi Organizzato dal Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS, con il patrocinio del Comune di Viterbo, questo evento si terrà nei Giardini Colle del Duomo – Palazzo dei Papi, con ingresso dal Polo Monumentale Colle Del Duomo. L’osservazione avrà inizio alle 19:00 e terminerà alle 23:00. L’ingresso è libero e gratuito, senza necessità di prenotazione. Gli astrofili forniranno spiegazioni sulle caratteristiche della Luna. Inoltre, sarà possibile ammirare Saturno. Roma – Villa Carpegna (XIII Municipio Roma Aurelio). Anche a Roma, il Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS sarà presente con un evento simile sul prato di Villa Carpegna. L’appuntamento inizierà alle ore 19:00 con i soci del Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS che metteranno a disposizione i loro strumenti per una serata divulgativa. Oltre all’osservazione della Luna, sarà possibile ammirare Saturno, il gigante del nostro Sistema Solare, attraverso i telescopi. Le spiegazioni e le curiosità condivise dai soci renderanno l’evento ancora più affascinante. Tarquinia – Campo Cialdi – Parco Palombini, entrata via della Ripa, 25. Il Gruppo Astrofili Galileo Galilei APS di Tarquinia ospita un evento straordinario. Dalle 19:00 alle 23:00, i telescopi del Gruppo saranno a disposizione dei visitatori per osservare la Luna e Saturno. I soci dell’associazione offriranno spiegazioni dettagliate sul nostro satellite naturale. Questo evento è organizzato in collaborazione con la Società Tarquiniese di Arte e Storia nonché con il patrocinio del Ministero della Cultura e prima dell’osservazione, alle ore 18.00, c’è la possibilità di partecipare ad una visita guidata gratuita, a cura della Società Tarquiniense d’Arte e Storia, dei monumenti più significativi della Corneto medievale con una guida autorizzata. Appuntamento in Piazza Cavour alle ore 17.45. Questi eventi offrono un’opportunità unica di esplorare il cielo notturno e approfondire la comprensione delle meraviglie astronomiche. Gli astrofili condivideranno la loro passione per l’astronomia, ispirando curiosità e interesse nei cuori di giovani e adulti. In caso di maltempo, l’evento potrebbe essere annullato, quindi assicuratevi di verificare le informazioni di contatto fornite per ogni evento. Unisciti a queste straordinarie serate di osservazione lunare e celeste e scopri l’affascinante mondo dell’astronomia!   Altre informazioni ed aggiornamenti sul sito dell’associazione:

    Criovulcanesimo: eruzioni gelate

    Figura 7. Encelado a colori, fotografato dalla camera della sonda NASA/ESA/ASI Cassini nel luglio 2005. In questa immagine, si nota la dicotomia tra l’emisfero nord, intensamente craterizzato e l’emisfero sud, con le freschissime “tiger stripes”, lineamenti blu dai quali è stata osservata l’emissione di geyser. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute.
    Figura 7. Encelado a colori, fotografato dalla camera della sonda NASA/ESA/ASI Cassini nel luglio 2005. In questa immagine, si nota la dicotomia tra l’emisfero nord, intensamente craterizzato e l’emisfero sud, con le freschissime “tiger stripes”, lineamenti blu dai quali è stata osservata l’emissione di geyser. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute.

    Abstract

    L’articolo Criovulcanesimo: Eruzioni Gelate,  di Valentina Galluzzi dell’INAF, ci porta in un viaggio affascinante attraverso un fenomeno geologico fuori dal comune: il criovulcanesimo, ovvero le “eruzioni fredde”. Mentre il vulcanesimo terrestre coinvolge magma incandescente, il criovulcanesimo avviene su corpi ghiacciati del Sistema Solare, dove l’acqua, il metano e altre sostanze “criomagmatiche” eruttano a temperature bassissime. Un fenomeno controintuitivo e affascinante, che ha lasciato tracce evidenti su oggetti come Cerere, Europa e Encelado. L’articolo esplora in dettaglio queste eruzioni gelate, analizzando come geyser di vapore acqueo e colate di ghiaccio possano modellare paesaggi alieni e offrire indizi sulla possibile esistenza di vita extraterrestre. Se sei incuriosito da un fenomeno così insolito, dove il gelo prende il posto del fuoco, questo articolo ti sorprenderà e ti inviterà a scoprire di più sulle misteriose profondità del nostro Sistema Solare.

    Cosa si Intende per Criovulcanesimo

    Spesso utilizziamo la Terra ed i suoi fenomeni geologici come analogo fondamentale per la comprensione dei fenomeni osservabili su superfici planetarie extra-terrestri. Esiste però un fenomeno geologico extra-terrestre che è quanto di più controintuitivo si possa immaginare e che difficilmente trova qualcosa di comparabile sul nostro pianeta: il criovulcanesimo. Mentre il vulcanesimo tradizionale sula Terra comporta l’eruzione di roccia fusa (magma) ed è quindi la conseguenza di un magmatismo silicatico, il criovulcanesimo comporta l’eruzione di sostanze come acqua, ammoniaca, metano o altro “criomagma” (materiale fuso freddo) a temperature molto più basse su corpi ghiacciati del Sistema Solare, in particolare, quello esterno. Come noto, infatti, il Sistema Solare esterno è particolarmente ricco di queste sostanze in quanto la distanza dal Sole, non solo ha comportato il concentramento dei composti più leggeri (detti appunto “volatili”, cioè che sfuggono facilmente alla gravità), ma ne ha causato anche il raffreddamento ed il congelamento. Pertanto, ne deriva che il criovulcanesimo ed il criomagmatismo sono fenomeni derivanti dalla mobilitazione e dalla migrazione dei fluidi generati nel sottosuolo dei corpi ghiacciati. L’energia che alimenta il criovulcanesimo, cioè che fonde parzialmente i gusci ghiacciati dei corpi planetari freddi, può provenire da diverse fonti, tra cui il calore interno del corpo celeste, le forze mareali esercitate da altri corpi, o dalla collisione con altri oggetti (craterizzazione). Le eruzioni fredde dei criovulcani possono formare geyser, colate di ghiaccio e deposizioni di brine e rappresentano un fenomeno importante che può aiutare a fornire indizi sulla possibile presenza di vita o materiale organico in ambienti estremi. Tra i vari corpi che mostrano criovulcanesimo, degni di nota sono il pianeta nano Cerere e le lune ghiacciate Europa (Giove) ed Encelado (Saturno). Il criovulcanesimo svolge un ruolo cruciale nel modellare le superfici di questi corpi ghiacciati e i materiali espulsi contribuiscono alla formazione e alla modifica dei loro paesaggi, un po’ come è stato sulla Terra con il magmatismo, in particolare durante i suoi primi stadi evolutivi. Vediamoli quindi più da vicino.

    Le faculae di Cerere

    Cerere, pianeta nano, è il più grande oggetto della fascia di asteroidi tra Marte e Giove. La sonda Dawn della NASA, che ha orbitato intorno ad esso dal 2015 al 2018, ha fornito dati ed immagini preziose che accennavano alla presenza di aree localizzate molto chiare e luminose rispetto al resto della superficie, denominate faculae (parola latina per “torcia”, “punto luminoso”). Ad oggi, sono state individuate più di 300 faculae (vedi Stein et al., 2019), ognuna con caratteristiche diverse, ma le più peculiari sono ormai interpretate come fenomeni criovulcanici. Cerealia Facula e le Vinalia Faculae ad esempio, si trovano sul fondo del cratere Occator (fig. 1).
    Figura 1:Questa immagine di Cerere e delle faculae nel cratere Occator (92 km) è stata una delle ultime viste ottenute dalla sonda Dawn della NASA il 1° settembre 2018 da un'altitudine di 3.370 km. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA.
    Figura 1:Questa immagine di Cerere e delle faculae nel cratere Occator (92 km) è stata una delle ultime viste ottenute dalla sonda Dawn della NASA il 1° settembre 2018 da un’altitudine di 3.370 km. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA.
    In questo caso, la craterizzazione ha causato la fratturazione della crosta di Cerere rendendola così permeabile alla risalita di fluidi generati dall’energia dell’impatto stesso. Le formazioni bianche visibili dentro Occator sono quindi il probabile risultato di eruzioni e colate fredde di materiali ricchi in acqua mista a sali e silicati (fig. 2). L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
    Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
    L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

    UAI e CICAP lanciano l’iniziativa “Stregati dalla Luna” 

    UAI e CICAP lanciano l’iniziativa “Stregati dalla Luna”

    per contrastare la diffusione delle fake news

    L’Unione Astrofili Italiani (UAI) e il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (CICAP) – da sempre in prima linea contro le fake news e la disinformazione in ambito scientifico – uniscono le forze e organizzano l’iniziativa di divulgazione “Stregati dalla Luna” con il duplice obiettivo di avvicinare alla conoscenza del nostro meraviglioso satellite naturale il pubblico di adulti e bambini e di scardinare tutte le false credenze relative alla Luna. L’iniziativa prenderà il via nel mese di settembre 2024 con una rassegna di eventi in molte città italiane, puntate speciali del podcast Radio CICAP e articoli dedicati su queryonline.it, in concomitanza con l’“International Observe the Moon Night”, la manifestazione internazionale che tutti gli anni punta i riflettori sulla Luna.  Da sempre fonte di grande fascino e meraviglia e oggetto di studio da parte dell’uomo, la Luna è purtroppo anche protagonista di false notizie, ormai ampiamente dilaganti sul web. Soprattutto nei tempi recenti, caratterizzati da un rinnovato entusiasmo per l’esplorazione spaziale grazie alla missione lunare “Artemis”, la Luna è sempre più al centro di fake news. C’è chi crede che lo sbarco dell’uomo sulla Luna non sia mai avvenuto, chi pensa che la Luna abbia effetti sulle nascite dei bambini o sulla crescita delle piante e dei capelli e tanto altro. La collaborazione tra la UAI e il CICAP, in occasione dell’iniziativa “Stregati dalla Luna”, mira proprio a mettere in guardia tutti sulle principali bufale astronomiche e a gettare le basi per una corretta informazione scientifica. Per l’iniziativa “Stregati dalla Luna” scendono in campo le delegazioni e associazioni dell’UAI e il CICAP. Dal 7 al 20 settembre 2024 sono in programma ben sedici eventi lungo tutto lo stivale dedicati alla fascinosa Luna. Negli eventi ci sarà ampio spazio per conferenze dedicate alla scoperta dei segreti della Luna e all’illustrazione e all’analisi critica di leggende metropolitane a essa collegate, a cura di esperti del settore astronomico; per spettacoli sotto la cupola del planetario – formidabile strumento di simulazione del cielo – per vivere un’esperienza di full immersion nel mondo dell’astronomia, e naturalmente per le osservazioni all’oculare del telescopio per cogliere tutti i dettagli del nostro satellite naturale.  In particolare, l’iniziativa “Stregati dalla Luna” – appuntamento irrinunciabile per tutti i curiosi e gli appassionati di astri – vede il coinvolgimento dell’Associazione Astronomica Umbra, del Parco astronomico “La Torre del Sole”, del Gruppo Astrofili Rozzano, dell’Associazione Astrofili Bisalta, dell’Associazione Tuscolana di Astronomia “Livio Gratton”, dell’Associazione Astrofili Vittorio Veneto, del Gruppo Astrofili Deep Space, del Gruppo Astrofili William Herschel, del Centro Ibleo Studi Astronomici “Pleiades”, dell’Associazione Ravennate Astrofili Rheyta, del Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino, dell’Associazione Astrofili “Alpha Gemini”, dell’Associazione Astrofili Valdinievole “A. Pieri”, del Gruppo Astrofili Beneventani e dell’Organizzazione Ricerche e Studi di Astronomia.  Tra gli esperti coinvolti negli appuntamenti scientifici dedicati alla Luna, in qualità di relatori delle conferenze, la ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sara Cutini, l’ingegnere Luca Boschini, socio del CICAP ed esperto di strumentazione elettronica applicata all’astronomia, il Direttore del Parco astronomico “La Torre del Sole” Davide Dal Prato, l’ingegnere e vicepresidente del CICAP Andrea Ferrero, il fisico Luigi Fontana, il fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana Ettore Perozzi, il matematico e informatico Luca Antonelli, il giornalista e autore del blog “Il Disinformatico” Paolo Attivissimo, il ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino – Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) Alberto Vecchiato, l’astrofotografa Marcella Giulia Pace, il responsabile della Commissione “Ricerca” dell’UAI Salvo Pluchino, l’astrofisico e direttore del Planetario de L’Unione Sarda Manuel Floris, la storica della scienza Maria Giulia Andretta, l’astronomo dell’Osservatorio Astrofisico di Arcetri – INAF Gianni Comoretto, l’astronoma e direttrice di Coelum Molisella Lattanzi, il filosofo Filippo Onoranti, il Professore di Elettronica dell’Università di Pisa e astrofilo Massimo Macucci, il Professore di Astronomia e Astrofisica dell’Università “Federico II” di Napoli Giovanni Covone.  A ospitare gli eventi dell’iniziativa “Stregati dalla Luna” saranno le città di Magione (PG), Brembate di Sopra (BG), Cuneo, Rozzano (MI), Rocca di Papa (RM), Vittorio Veneto (TV), Lecco (LC), Torino, Ragusa, Cagliari, Ravenna, Montelupo Fiorentino (FI), Castellano (FM), Monsummano Terme (PT), San Giorgio del Sannio (BN) e Ventimiglia di Sicilia (PA).  “Il fascino ancestrale dell’astronomia e, in particolare, della Luna è spesso l’elemento che fa avvicinare molti di noi alla scienza, come semplici curiosi, come appassionati, come ricercatori. D’altro canto, la dimensione scientifica, con la curiosità e il pensiero critico che la caratterizzano, è un elemento essenziale della cultura umana in generale. Ci è sembrato quindi naturale unire le forze con il CICAP per promuovere l’astronomia, la scienza e il pensiero critico partendo dalla nostra vicina di casa: la Luna”, afferma il Presidente dell’UAI Luca Orrù. “Le leggende metropolitane e le teorie del complotto relative alla Luna da sempre danno molto lavoro al CICAP. Con questa iniziativa cercheremo di fare chiarezza su alcuni dei falsi miti che la riguardano, con l’aiuto dei nostri esperti, e approfitteremo dell’occasione per raccontare che cosa dice davvero sull’argomento la ricerca scientifica. Insomma, terremo lo sguardo rivolto al cielo ma i piedi ben saldi a terra e il nostro obiettivo come sempre sarà quello di promuovere la curiosità, lo spirito critico e la mentalità scientifica”, dichiara il Vicepresidente del CICAP Andrea Ferrero. Coelum Astronomia è Media partner dell’iniziativa “Stregati dalla Luna”. 

    Programma delle iniziative

    7 settembre: Magione (PG)

    Dalla Terra alla Luna La ricercatrice Sara Cutini ci accompagnerà in un viaggio affascinante alla scoperta dei tanti volti della Luna. Dallo sbarco dell’uomo alle tante credenze che le ruotano attorno potremo anche noi partire alla volta di questo meraviglioso satellite. L’evento vuol essere un invito a dotarsi di spirito critico per non svegliarsi più con la Luna storta e avvicinarsi alla sua conoscenza con razionalità. Modererà Raffaele Silvani, Fisico della Materia e ricercatore presso il Dipartimento di Fisica e Geologia dell’università degli studi di Perugia. Ti aspettiamo il 7 settembre 2024 dalle 16.00 presso il Museo della Pesca del Lago Trasimeno (Lungolago Della Pace e Del Lavoro 20, San Feliciano, Magione -PG-) per attività nel planetario e osservazione del sole. Dalle 18.00 conferenza con Sara Cutini, seguita per chi vuole da un apericena in attesa delle osservazioni della Luna e del cielo notturno Si consiglia l’iscrizione al seguente link: https://bit.ly/SDLMagione Si ringrazia il Comune di Magione, Terre del Perugino Trasimeno Musei, L’orologio BU Sistema Museo, Proloco San Feliciano e Lega Navale Italiana sezione Trasimeno.

    11 settembre

    Brembate di Sopra (BG)

    La Luna tra scienza e credenze La Luna, cosa sappiamo del nostro satellite naturale? Come si è formata ed evoluta, secondo le più moderne conoscenze astronomiche e le più recenti missioni scientifiche, la compagna che rischiara le nostre notti? Ed è proprio vero che fu visitata dagli astronauti americani mezzo secolo fa o fu una ricostruzione girata in studio a Hollywood? Perché non ci siamo più tornati da allora e quando ci torneremo? Davide Dal Prato e Luca Boschini ci aiuteranno a rispondere a queste e ad altre domande. Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura dell’associazione astrofila La Torre del Sole. Ti aspettiamo l’11 settembre 2024 alle ore 20.30 presso il Parco Astronomico “La Torre Del Sole” – Via Caduti sul Lavoro 2 (ang. Via B. Locatelli) – 24030 Brembate di Sopra (BG) Partecipazione gratuita senza prenotazione.

    12 settembre

    Rozzano (MI)

    “Complotti e credenze… al chiaro di Luna”  Sulla Luna non ci siamo mai stati, lo sbarco è un falso girato da Kubrick. Con la Luna piena nascono più bambini. La super Luna provoca i terremoti. La Luna influenza l’imbottigliamento del vino. Oppure no? In questa chiacchierata con Luigi Fontana esamineremo queste ed altre “”dicerie”” legate al nostro satellite, e scopriremo alcuni strumenti da inserire nella nostra cassetta degli attrezzi per orientarci tra miti e leggende. A seguire si terrà l’osservazione del cielo in collaborazione con il Gruppo Astrofili Rozzano. Ti aspettiamo il 12 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Civico Osservatorio Astronomico di Rozzano – via Palmiro Togliatti 105, Rozzano, Milano Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria ai link: https://bit.ly/CICAP-UAI-Rozzano oppure https://www.eventbrite.it/e/biglietti-conferenza-complotti-e-credenze-al-chiaro-di-luna-933239724137 “

    13 settembre

    Rocca di Papa (RM)

    “Cosa hanno in comune la luna e la musica? Non possiamo dirtelo subito ma ti aspettiamo al “Rock Around the Moon” per una serata indimenticabile dove sarai tu il protagonista! In questo evento, il pubblico avrà un ruolo fondamentale e sarai tu a scegliere le canzoni che accompagneranno la nostra esplorazione della Luna insieme al fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana Ettore Perozzi. Ogni brano selezionato guiderà una discussione su affascinanti temi astronomici legati al nostro satellite naturale. Ma non finisce qui! Infatti, potrai alzare lo sguardo al cielo per osservazioni dirette della Luna e delle stelle, accompagnato da esperti che ti sveleranno i “misteri” dell’universo. Non perdere l’occasione di vivere la magia della musica e dell’astronomia in un evento dove le tue scelte faranno brillare la notte! Ti aspettiamo il 13 settembre a partire dalle ore 20.00 presso il Parco Astronomico “Livio Gratton”, via Lazio 14 località Domatore, Rocca di Papa (RM) Ingresso: gratuito con prenotazione. Turno A (20,00): https://bit.ly/SDLLazioTurnoA Turno B (21.00): https://bit.ly/SDLLazioTurnoB

    Vittorio Veneto (TV)

    Le tante facce della Luna La Luna accompagna da sempre le vicende umane, e gli uomini si sono convinti che questa compagnia non possa essere casuale, associando alle fasi lunari i fenomeni più svariati, dalle nascite alla crescita dei capelli, alle operazioni da effettuare nell’orto. Queste presunte correlazioni sono state oggetto di studi scientifici, ma possiamo veramente dire di aver trovato qualcosa? Ne parleremo con Luca Antonelli. A seguire ci sarà l’osservazione del cielo con i telescopi messi a disposizione dall’Associazione Astrofili Vittorio Veneto.  Vi aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 20.45 presso l’Area Parco Fenderl, via San Gottardo 91, Vittorio Veneto.  Partecipazione libera.

    Lecco (LC)

    “Balle spaziali” C’è chi dice che lo sbarco sulla Luna fu simulato in uno studio a Hollywood, che i russi hanno nascosto la morte di tanti cosmonauti, che un asteroide ci colpirà nel 2036 e che la NASA nasconde le prove degli extraterrestri che sono su Marte e sulla nostra Terra. L’esplorazione spaziale ha generato miti e leggende che è necessario smontare per poter scoprire il fascino e i drammi delle avventure reali, spesso più incredibili di qualunque leggenda. Paolo Attivissimo, giornalista scientifico, autore del libro “Luna? Sì, ci siamo andati!” e del documentario spaziale “Moonscape”, mette da parte scientificamente i miti e ci porta nello spazio vero insieme ai pionieri del cosmo. Seguirà l’osservazione del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili Deep Space. Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Planetario Città di Lecco – C.so Matteotti, 32 – 23900 Lecco (LC) La partecipazione all’evento è gratuita con prenotazione obbligatoria. Prenota qui: https://bit.ly/CICAP-UAI-Lecco oppure https://forms.gle/hMd5GW8dFPrWpsVq9 

    Torino

    “Un mondo lunatico! Le bufale lunari non sono affatto un fenomeno nuovo e, anzi, nel passato siamo riusciti a fare molto di meglio! Un cambiamento, però, c’è stato, perché le bufale ora sono improntate ad un senso di sfiducia e di pessimismo. Alcune idee invece sono rimaste le stesse nel tempo, come per esempio la supposta influenza della Luna sulle nascite e sull’agricoltura. Ma è tutto veramente una bufala? E anche se lo fosse, come mai hanno così successo? Lo scopriremo insieme ad Alberto Vecchiato, Primo Ricercatore dell’Osservatorio Astrofisico di Torino. Ti aspettiamo il 13 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il Mausoleo della Bela Rosin – Str. Castello di Mirafiori, 148/7, Torino. Ingresso libero e gratuito. A seguire osservazioni del cielo notturno a cura del Gruppo Astrofili William Herschel

    14 settembre

    Ragusa Ibla

    “Luna e l’altra: verità e false congetture sul nostro satellite”  Con Marcella Giulia Pace e Salvo Pluchino esploreremo i misteri del nostro satellite naturale, svelando curiosità scientifiche e sfatando le più comuni leggende metropolitane e fake news. Attraverso un intreccio di divulgazione e rigore scientifico, impareremo a distinguere i fatti dalle falsità, rendendo omaggio alla bellezza e complessità della Luna. A seguire osservazione con i telescopi a cura del CISA di Ragusa. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 18.30 presso l’Antico Convento (Giardini Iblei), viale Margherita 41, Ragusa Ibla Per assistere alla conferenza è necessaria la prenotazione al seguente link: https://www.centroibleostudiastronomici.it/pages/contact/

    Cagliari

    Stregati dalla Luna La Luna, da sempre musa ispiratrice di poeti e narratori, suggerisce però anche bufale e complotti. Il Planetario di Cagliari, con il patrocinio del CICAP e della UAI, organizza una conferenza sulla Luna e sulle bufale che nascono intorno ad essa. L’astrofisico Manuel Floris ci parlerà della teoria del complotto secondo cui lo sbarco sulla Luna non sarebbe mai avvenuto. Alla conferenza seguirà il momento di osservazione della Luna attraverso il telescopio del Planetario.  Ti aspettiamo il 14 settembre 2024, alle ore 20.00 presso il Planetario de L’Unione Sarda (Piazza L’Unione Sarda) a Cagliari.  La partecipazione all’evento prevede un costo di 6,50€ Per ulteriori informazioni e prenotazioni chiamare al numero 0706013552

    Cuneo

    “Dalla Terra alla Luna – Le leggende metropolitane sull’esplorazione del nostro satellite” La Luna è da sempre oggetto di superstizioni e credenze popolari, ma con lo sviluppo dell’era spaziale è finita al centro anche di una serie di leggende metropolitane e teorie del complotto, da quella più famosa che vede nello sbarco sulla Luna del 1969 una messinscena ordita dalla NASA, a quella meno nota che al contrario riferisce di varie missioni lunari segrete alla caccia di manufatti alieni. In questo incontro con Andrea Ferrero esamineremo alcune di queste leggende con l’obiettivo di fare chiarezza in merito e di capire che cosa ci riserva davvero in futuro l’esplorazione del nostro satellite.  Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 20.30 presso il Liceo Scientifico Peano, Corso Giolitti 11, Cuneo. A seguire osservazione della Luna al telescopio presso la specola del Liceo. Ingresso libero e gratuito.

    Ravenna

    Per secoli l’umanità ha sognato di raggiungere la Luna aiutandosi, in primis con la fantasia, e poi con cannocchiali e telescopi per poterla osservare più da vicino. Tuttavia, a qualche anno dalla sua conquista, si iniziano ad avere dubbi sulle imprese spaziali, risultato di una serie di incertezze che intrecciano cronaca, cinema e immaginario sci-fi.  Se vuoi scoprire come sono avvenute le prime osservazioni del nostro satellite, come ha avuto origine la prima bufala scientifica, come e quali sono stati i presupposti dello sbarco dell’uomo sulla Luna ti aspettiamo sabato 14 settembre 2024, alle ore 21:00, presso il Planetario di Ravenna, Viale Santi Baldini 4/a. Dalle ore 22.00 osservazione del cielo al telescopio a cura della delegazione UAI Associazione Ravennate Astrofili Rheyta (ARAR). Ingresso libero Programma della serata Introduzione e saluti istituzionali  “Breve storia delle osservazioni lunari” a cura di Paolo Morini (ARAR-UAI)   “Le origini del complotto più costoso della storia dell’uomo” a cura di Maria Giulia Andretta (CICAP) Sessione con domande del pubblico  Ore 22: – Osservazione guidata della Luna al telescopio. In caso di condizioni meteo avverse sarà proiettato e commentato il cortometraggio “”Le Voyage dans la Lune”” di Georges Méliès (1902)

    Montelupo Fiorentino (FI)

    “La Luna storta” Alla Luna da sempre sono attribuiti effetti su moltissimi aspetti della nostra vita: nascite, umore, crescita degli ortaggi, vino, terremoti…ma cosa c’è di vero? Esistono meccanismi plausibili per cui la Luna potrebbe avere questi effetti? Qualcuno ha provato a controllare, ad esempio, se nascono più bambini, se il vino viene migliore, se ci sono più ricoveri in psichiatria con la Luna in determinate fasi? In realtà sì, anche se si tratta di un terreno talmente sconfinato che si può solo grattarne la superficie. Vedremo insieme all’astronomo Gianni Comoretto quello che si sa, gli effetti reali, e quello che magari ci piacerebbe continuare a credere. Al termine della conferenza, negli spazi antistanti l’osservatorio, si terrà l’osservazione lunare in collaborazione con il Gruppo Astrofili Montelupo Fiorentino. Ti aspettiamo il 14 settembre 2024, alle ore 21.00, presso l’Osservatorio astronomico “Beppe Forti” Via di San Vito, SNC, 50056 – Montelupo F.no (FI) Ingresso libero.

    Castellano (FM)

    “Tutta la verità sulla Luna”  Prima Parte. I miti e le leggende legate alla Luna. Perché, nonostante la vicinanza che ne favorisce uno studio approfondito, circolano ancora false credenze sull’astro argentato che dall’inizio dei tempi ci accompagna?  Seconda parte. Alla scienza serve la filosofia? E se sì, perché? La risposta è più scandalosa di quanto non si possa immaginare: alla scienza serve la filosofia poiché “la scienza” si occupa di ciò che possiamo conoscere, e questo tocca da vicino il vero ed il falso. La filosofia ha scoperto, o anche soltanto compreso, che la verità è in se stessa una china scivolosa, e che per ragionare occorre metterla fra parentesi e circoscriverla. La filosofia ha per così dire imparato nei secoli a sognare una Verità, maiuscola e assoluta, ma ad agire nel mondo dei fenomeni traducendola in verità locali; alla cui natura minuscola non segue alcun depotenziamento ma che anzi proprio da ciò trae la sua esistenza.  Il dialogo che Molisella Lattanzi e Filippo Onoranti intrecceranno avrà l’ambizione di individuare i nodi determinati di quanto accennato e di farne oggetto della più libera e insieme rigorosa disamina. Contestualmente alla conferenza ci sarà l’opportunità di fare delle osservazioni della Luna a cura dell’Associazione Astrofili Alpha Gemini.  Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 21:00 presso l’Osservatorio astronomico elpidiense, Via Pier Paolo Pasolini, 63811 Castellano (FM)  Ingresso libero.

    Monsummano Terme (PT)

    “Realtà e fantasie sulla Luna” Cosa sappiamo davvero sulla Luna e sui suoi effetti? Cercheremo di scoprirlo insieme a Massimo Macucci. Dopo una breve introduzione sulla Luna, sulla morfologia della sua superficie, sul suo moto orbitale e sulle maree, passeremo a discutere le teorie del complotto che intenderebbero negare la realtà delle missioni NASA sulla Luna ed esamineremo le ragioni per cui tali teorie sono prive di fondamento. Successivamente prenderemo in esame un’altra credenza abbastanza diffusa: i presunti effetti negativi della cosiddetta “”superluna””, vale a dire del plenilunio che si verifica quando la Luna è in prossimità del perigeo, per cui appare un po’ più grande, e vedremo quale sia la vera entità delle differenze rispetto a una qualunque altra condizione di plenilunio. Concluderemo poi parlando delle molto diffuse convinzioni sull’effetto che le fasi lunari avrebbero sulla semina e su un’altra serie di attività umane, esaminando quali sono le conclusioni degli studi scientifici al riguardo. Al termine della conferenza ci sposteremo insieme a Parco Orzali (di fronte al parcheggio della Coop), a circa 10 minuti a piedi, per le osservazioni della Luna a cura dell’Associazione Astrofili Valdinievole A. Pieri Ti aspettiamo il 14 settembre alle ore 21.00 presso la Biblioteca comunale Giuseppe Giusti, Piazza Martini 10, Monsummano Terme (PT) Ingresso libero

    San Giorgio del Sannio (BN)

    “Stregati dalla Luna”  La Luna è nata da un catastrofico evento fortuito, miliardi di anni fa, eppure ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione della vita, nella stabilità dell’asse di rotazione terrestre e oggi nell’esplorazione umana del cosmo. Con Giovanni Covone parleremo del nostro rapporto con la Luna, delle scoperte e avventure spaziali da Parmenide alla missione Artemide, dei misteri che ancora nasconde, e anche delle bufale che (paradossalmente) nella nostra era confusa si accompagnano sempre ai progressi della scienza. Seguirà l’osservazione della Luna a cura del Gruppo Astrofili Beneventani Ti aspettiamo il 14 settembre 2024 alle ore 21.00 presso il FatBoy Pub, via Fontananaisi 21, San Giorgio del Sannio (BN). Ingresso libero.

    20 settembre

    Ventimiglia di Sicilia (PA)

    “Luna e stelle tra miti e leggende” Siamo stati davvero sulla Luna? Oppure è tutta una finzione architettata da registi visionari? Se l’allunaggio c’è stato davvero allora perché non ci siamo più tornati? Cercheremo le risposte a queste e ad altre domande insieme a Luca Boschini. Dopo la conferenza seguiranno osservazioni da diversi telescopi dislocati nel piazzale e da quello nella cupola dell’Osservatorio. I Divulgatori dell’associazione ORSA ci mostreranno la Luna e le costellazioni visibili raccontando i miti ad esse collegati.  Ti aspettiamo il 20 settembre 2024 alle ore 21.00 presso l’Osservatorio Astronomico Giorgio Puglia, via dell’Orto 7, Ventimiglia di Sicilia (PA) Per info e iscrizioni: orsapalermo1984@gmail.com

    UNIONE ASTROFILI ITALIANI

    L’Unione Astrofili Italiani (UAI) è l’Associazione nazionale che riunisce tutti coloro che amano il cielo, dal 1967 un punto di riferimento culturale, organizzativo e motivazionale per tutti gli astrofili. L’UAI conta tra le sue fila oltre 60 Delegazioni e relativi Osservatori astronomici e Planetari pubblici diffusi su tutto il territorio nazionale, in prima linea nella promozione e diffusione della cultura scientifica. Le attività portate avanti da oltre 50 anni dalla UAI ricadono in diversi ambiti: della didattica, della formazione, della divulgazione e della ricerca amatoriale in campo astronomico e della lotta all’inquinamento luminoso. L’attività culturale prodotta dalla UAI aiuta la comunità scientifica nazionale e internazionale ed è da questa valutata come un significativo contributo all’avanzamento delle conoscenze e alla diffusione dell’astronomia.  Per seguire la UAI www.uai.it 

    COMITATO ITALIANO PER IL CONTROLLO DELLE AFFERMAZIONI SULLE PSEUDOSCIENZE

    Il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) è un’associazione di promozione sociale, scientifica ed educativa, che promuove un’indagine scientifica e critica nei confronti delle pseudoscienze, del paranormale, dei misteri e dell’insolito con l’obiettivo di diffondere il metodo scientifico e lo spirito critico. Il CICAP nasce nel 1989 per iniziativa di Piero Angela e di un gruppo di scienziati, intellettuali e appassionati, ed è oggi presieduto dal professor Lorenzo Montali. Il CICAP svolge un’attività costante di formazione e divulgazione, con appuntamenti, incontri, convegni e corsi di formazione. Per seguire il CICAP www.cicap.org Facebook @cicap.org | Instagram @cicap_it | X @cicap |Telegram @cicap

    SDM: il “Buiometro” fai-da-te

    di Luca Bonardi

    ABSTRACT

    Fin da giovane, il mio interesse per la meccanica, l’elettronica e l’ingegneria, è cresciuto di pari passo con la mia inesausta curiosità di capire il funzionamento delle cose, smontando e rimontando – per la gioia dei miei genitori – ogni sorta di oggetto che mi capitasse tra le mani: un approccio sperimentale, un’attitudine alimentata dall’ammirazione che nutrivo per mio nonno e per la sua “arte di arrangiarsi”. Oggi abbiamo la fortuna di avere l’accesso gratuito ad una quantità di informazioni e risorse praticamente illimitate, possiamo costruire e creare qualcosa partendo quasi da zero e tutto è diventato molto più facile, a patto di sapere dove e cosa cercare. In queste pagine vi racconterò l’ avventura che ha portato alla creazione di questo mio SDM (Sky Darkness Meter), o “Buiometro” per gli amici, esplorando le idee, le sfide affrontate, le soluzioni adottate sia per lo strumento sia per cercare di prendere sonno la notte senza pensarci troppo.

    Perché costruire un “SDM”?

    Risposta breve: per curiosità. Risposta non ufficiale: perché ritengo che l’unica alternativa simile disponibile sul mercato, seppure affidabile, sia ormai un po’ obsoleta, oltre che non particolarmente economica. Confesso che da quando ho iniziato a fare osservazione e poi astrofotografia ho desiderato avere un qualcosa che, più che dare un valore “assoluto” alle condizioni di buio del cielo, mi permettesse di fare confronti fra le diverse situazioni… fidarmi del buon vecchio “occhio” non mi bastava più. Ho trovato molti spunti in rete, nessuno dei quali mi ha mai convinto fino in fondo: progetti pronti, smart, molto articolati e ben fatti, nei quali però ho sempre trovato qualche pecca: errori di conversione fra le grandezze, superficialità nelle misure, scarsa ripetibilità, algoritmi poco convincenti. Da qui la decisione di tentare – per l’ennesima volta – la più impegnativa strada dell’autocostruzione.

    Un po’ di teoria

    L’acronimo comunemente utilizzato, “Sky Quality Meter“, potrebbe fuorviare: il valore SQM rappresenta la luminanza del cielo in mag/arcsec^2 (o MPSAS, Magnitude Per Square Arc Second), e varia da 16.00 per i cieli più chiari a 22.00 per quelli più bui. Questo numero non riflette direttamente la qualità del cielo e, oltre a non essere propriamente definibile una grandezza in senso stretto, è influenzato da vari fattori come la trasparenza o il seeing; semplicemente fornisce un’indicazione di “quanto è buio” l’angolo di cielo che misuriamo, da qui la scelta del nome Sky Darkness Meter. Non esistendo sensori in grado di rilevare direttamente l’oscurità del cielo, si deriva la misura semplicemente valutandone la luminosità attraverso un piccolo miracolo dell’optoelettronica.

    Il sensore

    Sensore Buiometro
    Sensore Buiometro
    Per il mio strumento mi sono affidato allo stesso sensore utilizzato nello strumento SQM di Unihedron, il TSL237: questo componente, combinando un fotodiodo con un convertitore di corrente, genera un segnale elettrico digitale sotto forma di onda quadra ad una data frequenza. Tale frequenza è direttamente proporzionale proprio all’irradianza (flusso luminoso radiante per unità di superficie) sul fotodiodo; misurando la frequenza del segnale, con una formula abbastanza semplice, si arriva al valore SQM che ci interessa. Perchè proprio il TSL237? Studiandone le caratteristiche e confrontandole con altri componenti simili ho capito che è perfetto per lo scopo: molto sensibile alle basse luminosità, stabile in un ampio range di temperature (da -40 a +85°C), ha un bassissimo “rumore” di misura (dark frequency), è un sensore digitale pronto all’uso e soprattutto è molto veloce. A tal proposito, giusto per fare un esempio, vi descrivo la stessa situazione con una delle alternative disponibili sul mercato, il TSL235:
    grafici irradianza Buiometro
    grafici irradianza Buiometro
    Osservando i due grafici in figura, a parità di irradianza, per esempio a 0.001 μW/cm2  (valore che corrisponde a un SQM di 18.00), il sensore TSL237 genererebbe un segnale a 2.3 Hz, leggendo un valore in 0.5”, mentre il TSL235 si fermerebbe a 0.8Hz … in pratica impiegherebbe quasi il triplo del tempo per avere la stessa misura e, prevedendo di fare una media di più valori, si arriva a parecchi minuti per avere un risultato sotto cieli molto bui, impensabile. Nella versione digitale formato sfogliabile a questo link: https://www.coelum.com/coelum-digitale/coelum-astronomia-267-2024-digitale  è disponibile il box “LA MATEMATICA DEL BUIO” con le espressioni necessarie al calcolo matematico dei valori di buio (riservato utenti QUASAR).

    I primi test e prototipi

    L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata
    Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.
    L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

    CHARGE BANK per Astrofotografi Itineranti

    Charge Bank di Carmelo Algeri
    Charge Bank di Carmelo Algeri

    ABSTRACT

    Ti è mai capitato che nel momento più bello si spegnesse tutto? Proprio quando stai per catturare l’immagine perfetta del cielo stellato, l’energia si esaurisce, lasciandoti al buio e senza possibilità di continuare. È esattamente per evitare queste situazioni frustranti che l’autore ha deciso di costruire un alimentatore da campo personalizzato, progettato per garantire autonomia energetica durante le sessioni di astrofotografia. Utilizzando una potente batteria LIFEPO4 da 100Ah, ha creato una power box leggera, efficiente e capace di alimentare tutta l’attrezzatura per oltre 20 ore. Con questo progetto, non solo si risolvono i miei problemi di alimentazione, ma si può sperimentare la soddisfazione di costruire qualcosa su misura per le proprie esigenze, evitando costose soluzioni preconfezionate. Se anche tu hai bisogno di un sistema di alimentazione affidabile e vuoi cimentarti in un progetto fai-da-te, questa guida ti mostrerà come fare.

    ALIMENTATORE DA CAMPO AUTOCOSTRUITO

    Nel mio percorso di astrofotografo itinerante ho sempre avuto la necessità di possedere una fonte di energia che mi garantisse un’autonomia per almeno due sessioni fotografiche. Da qui è nata l’idea di autocostruire una power box fatta su misura per le mie esigenze, e quindi affidandomi alla mia scarsa conoscenza dell’elettronica ma consapevole di essere un grande smanettone, ho messo in pratica un progetto che avevo in testa da diverso tempo e che ho ultimato con l’acquisto di una batteria LIFEPO4, la quale a differenza delle classiche batterie al piombo, può garantire delle prestazioni maggiori e cicli di carica/scarica almeno 10 volte superiori.

    Charge Bank per Astrofotografia
    Charge Bank per Astrofotografia

    Per la realizzazione mi sono avvalso di una classica cassetta degli attrezzi reperibile in qualsiasi ferramenta o centro di bricolage, ho preferito prenderne una molto capiente in modo da poterci inserire eventuali accessori o cavetterie varie e inoltre che avesse degli scomparti in cui inserire i vari connettori e display.

    Il suo funzionamento è molto semplice, la tensione 12V CC parte ovviamente dalla batteria principale una lifepo4 da 100AH e arriva ad un display digitale che mi consente di monitorare la corrente che assorbe tutto il carico. Da qui in serie fino ad un piccolo convertitore booster che la trasforma e la mantiene costante; può essere impostato agendo tramite una piccola vite da un minimo di 3V ad un massimo di 35V, (Figura 1) io lo mantengo intorno ai 13,3V questo consente alla montatura, una EQ6 di funzionare senza alcun problema anche durante i goto.

    Display della Charge Bank
    Display digitale per il controllo dell’assorbimento corrente, convertitore booster, presa accendi sigari e prese USB per ricarica rapida

    Successivamente l’uscita del booster viene inviata a due morsettiere (una per il polo positivo ed una per il negativo) dalle quali parte l’alimentazione per ogni singolo connettore (Figura 2):

    Morsettiere di distribuzione della Charge Bank
    Morsettiere di distribuzione

    • 1 presa accendisigari per il collegamento del notebook (Figura 1)
    • 6 prese DC da pannello per il collegamento di fasce anticondensa, montatura, camera di ripresa, focheggiatore (Figura 3)
    • 1 HUB USB 3.0 per il collegamento di camera guida, camera di ripresa, focheggiatore (Figura 3)
    • 2 prese USB per la ricarica rapida di un telefono o tablet (Figura 1)

    Prese per Charge Bank
    Prese DC da pannello e USB 3.0 per Charge Bank

    Sulla parte laterale della cassetta ho ricavato due connettori: uno serve per la ricarica della batteria, ad esso infatti è collegato un carica batterie da 20A che mi consente una ricarica completa in circa 5 ore (Figura 4), accanto un altro connettore collegato direttamente ai poli positivo/negativo consente l’aggiunta di un ulteriore eventuale batteria in parallelo (Figura 5).

    Ho misurato che in media tutto il setup con ogni componente collegato e simulando una sessione di ripresa in funzione assorbe circa 5Ah per cui con una batteria da 100A dovrei poter alimentare tutto per circa 20 ore.

    Connettore per ulteriore batteria in parallelo

    Carica Batterie da 20A

    Prezzi

    Devo dire che ho costruito questo alimentatore da campo in diversi step e in svariati mesi quindi dal punto di vista economico la spesa non ha inciso molto avendo aggiunto un pezzetto per volta. L’unico componente che incide per circa la metà del costo totale è sicuramente la batteria. Facendo due conti il costo di tutta la componentistica si aggira intorno ai 400 euro, ma nulla vieta ovviamente di poter utilizzare batterie dalle prestazioni inferiori con costi praticamente dimezzati.

    Vantaggi

    • Il peso di tutta la powerbox risulta essere circa 1/3 rispetto a quelle tradizionali con batterie al piombo
    • Cicli di carica/scarica una batteria lifepo4 può eseguire fino a 2000 cicli contro i 300 di quelle classiche
    • Infatti può essere scaricata fino al 95% della sua capacità nominale, contro il 50% di una batteria al piombo

    Svantaggi

    • L’unico svantaggio che al momento mi viene in mente è sicuramente il costo della batteria visto che ancora il prezzo di una LIFEPO4 non si può considerare proprio economico.

    Conclusioni

    Sicuramente per la costruzione di questa stazione di alimentazione occorre un minimo di manualità con strumenti tipo saldatore a stagno, multimetro, o minidremel, non credo bisogna essere dei grandi esperti di elettronica, io non lo sono affatto, e ho fatto tutto seguendo qualche tutorial qua e là. Ovviamente in giro per la rete si possono trovare delle soluzioni già pronte al costo di meno di 1000 euro ma vuoi mettere la soddisfazione di costruirsi qualcosa secondo le proprie esigenze?

    Spero quindi di aver fatto cosa gradita a chi intende cimentarsi nella costruzione e ringrazio la rivista Coelum per avermi dato la possibilità di condividere il mio progetto.

    L’articolo è pubblicato in Coelum 267

    ARP 122 Quando Uno + Uno (alla fine) fa UNO

    Arp 122 immagine Hubble
    L'immagine mostra le due galassie NGC 6040 e LEDA 59642 in collisione nel formare Arp 122. Crediti: ESA/Hubble & NASA, J. Dalcanton, Dark Energy Survey/DOE/FNAL/DECam/CTIO/NOIRLab/NSF/AURA Acknowledgement: L. Shatz

    ABSTRACT

    Arp 122, distante circa  570 milioni di anni luce dalla Terra e nella Costellazione di Ercole, descrive la collisione di due galassie. Le galassie coinvolte sono NGC 6040, una spirale distorta visibile di taglio, e LEDA 59642, una spirale tondeggiante. Durante la collisione, il disco di NGC 6040 si è inclinato e i suoi bracci si sono deformati, estendendosi verso LEDA 59642. Questo evento cosmico provoca variazioni nelle orbite delle stelle, gas e polveri all’interno delle galassie, spesso portando alla formazione di una nuova galassia ellittica. Nonostante le significative perturbazioni, le stelle raramente collidono tra loro a causa delle immense distanze. Tuttavia, il materiale interstellare può comprimersi, accelerando la formazione stellare, come osservato in NGC 6040. Oltre alla fusione, le galassie stanno precipitando verso il centro dell’Ammasso di Ercole, subendo un processo noto come “ram-pressure stripping“, che priva le galassie del gas necessario per la formazione di nuove stelle. Si prevede che i buchi neri supermassicci al centro delle due galassie si avvicineranno fino a fondersi, generando intense onde gravitazionali. Le interazioni e le collisioni tra galassie, più comuni nell’Universo primordiale, sono state fondamentali nell’evoluzione delle galassie moderne.

    Durante i mesi estivi, grazie alla sua elevata posizione nel cielo, questa zona è favorevole per l’osservazione in Italia, anche se la breve durata delle notti estive limita il tempo per accumulare sufficiente segnale luminoso.

    Collisione Galattica : due Galassie in Una

    L’ARTICOLO COMPLETO è riservato agli abbonati alla versione digitale. Per sottoscrivere l’abbonamento Clicca qui. Se sei già abbonato accedi al tuo account dall’Area Riservata

    Questo contenuto non è accessibile al tuo livello di iscrizione.

    L’articolo è pubblicato in COELUM 267 VERSIONE CARTACEA

     
     

    OVERALL PHOTONS cresce la voglia di condivisione

    M101 nella versione di Andrea Iorio del progetto Overall Photons
    M101 nella versione di Andrea Iorio del progetto Overall Photons

    Il 17 agosto scorso tre giovani astrofotografi hanno lanciato nuovo progetto “OVERALL PHOTONS” partorito dalla desiderio di condividere i dati amatoriali per lavorare in comune su specifici target.

    Passano gli anni e nuove generazioni si affacciano alla grande passione per l’Astronomia e l’Astrofotografia, inondando il settore con nuova vitalità ma anche ispirando nuovi approcci. Il più significativo da un punto di vista (POV come direbbero loro!) puramente sociale è la smisurata propensione alla condivisione. Un modus operandi quello della condivisione che già si è fatto notare nei progetti di Science Citizen oppure nel più nostrano e più volte citato ShaRA. Tutti volti a migliorare la qualità dei risultanti partendo dall’esigenza comune di dove raccogliere molti e molti dati spendendo ore e ore di tempo tutti. E allora perché non unire le forze? Non solo economiche oppure amatoriali-professionali ma anche capacitive, riporre i tanti giga di dati raccolti sullo stesso soggetto in un unico database e metterli poi a disposizione di tutti per l’elaborazione. Certo più facile a dirsi che a farsi ma intanto la prima pietra è stata posata. I protagonisti dell’impresa sono Andrea Iorio, Fernando Linsalata ed Elisa Cuccu intendi a condividere alcuni dati per una lavoro a sei mani e da li l’idea: aprire il lavoro ad altri contributi e menti sia nazionali che internazionali. Le adesioni non sono tardate e inventare un nuovo nome si è resa subito necessario. Overall Photons, nome che rimanda ai fotoni catturati dai sensori delle camere astronomiche che poi vengono unificati durante l’integrazione dei dati derivanti da diversi astrofotografi. Gli obiettivi di questo nuovo progetto sono molteplici: 1) unione delle forze, per raggiungere centinaia, ma anche migliaia, di ore di integrazione di segnale su specifici target deepsky in modo da ottenere risultati altrimenti complicati da raggiungere 2) condivisione, per permettere a chiunque di avere a disposizione dati cumulativi di buona qualità anche non disponendo di attrezzatura di alto livello o vivendo in località con inquinamento luminoso 3) fare community astrofotografica, per permettere a chiunque di partecipare e contribuire a progetti condivisi e per apportare cambiamento e novità nel modo di fare e concepire l’astrofotografia Il metodo è ovviamente in una fase testing ed è indispensabile mettersi all’opera su campioni reali per individuare tutte le criticità di una simile idea. Primo soggetto scelto su cui cimentarsi: M101, un target molto fotografato e quindi che offre una discreta quantità di dati su cui metter mano. Il primo test ha consentito non solo di sondare l’interesse nel condividere dati da parte di altri astrofotografi ma anche valutare alcuni processi elaborativi per integrare dati che, non dimentichiamo, hanno origini estremamente differenti. Contattati privatamente sono stati in tutto 11,  inclusi i tre ideatori, gli astrofotografi che hanno messo a disposizione i propri dati grezzi  riuscendo a raggiungere così ben 260 ore di integrazione in HaLRGB sulla galassia M101. Lavorare concretamente su M101 ha subito messo in evidenza le potenzialità indiscusse del lavoro di squadra, ma, allo stesso tempo, ha fatto emergere alcune difficoltà tecniche chiave su cui Andrea, Elisa e Fernando sono impegnati per ottimizzare al meglio l’integrazione dei dati e la selezione del materiale grezzo condiviso. Si sta già pensando al prossimo target che vedrà come protagonista la nebulosa Helix. Le modalità e le tempistiche per la partecipazione verranno condivise sui profili social dei tre ragazzi nelle prossime settimane, oltre che nei principali gruppi social di astrofotografia sia nazionali che internazionali. Si respira molto ottimismo anche se la strada di Overall Photons è solo all’inizio ed è ancora molto lunga. Lunga vita alla condivisione! Per qualsiasi informazione su Overall Photons potete contattare e seguire i profili Instagram di: Andrea Iorio: https://www.instagram.com/a_glimpse_of_universe/ Elisa Cuccu: https://www.instagram.com/lislisette_/ Fernando Linsalata: https://www.instagram.com/ostespaceobservatory/ Ecco invece i contatti dei primi 11 pionieri: Elisa Cuccu (Elisa Cuccu) , Fernando Linsalata (Fernando Linsalata), Andre Vilhena (the.cosmic.arena), Gianluca Beccani (Gianluca Beccani), Francesco Radici (Francesco Radici), Reza Hakimi (IG: @rezzolution_), Kyle Fish (IG: @ak.astrophoto), Federico Boninsegna (Federico Boninsegna), Benjamin Rideout (Benjamin Rideout), Andrea Arbizzi (Andrea Arbizzi).
    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

    There was an error while trying to send your request. Please try again.

    Autorizzo Coelum Astronomia a contattarmi via e-mail utilizzando le informazioni che ho fornito in questo modulo sia per fini informativi (notizie e aggiornamenti) che per comunicarmi iniziative di marketing.