Nel precedente appuntamento di queste cronache marziane abbiamo lasciato il rover Perseverance a Krokodillen, la regione al confine occidentale del Cratere Jezero dove era entrato a inizio giugno. Tra abrasioni superficiali alle rocce e un nuovo prelievo complicato, in questi ultimi due mesi il nostro emissario robotico ha proseguito lo studio di Marte macinando tanti altri chilometri e forse scoprendo processi geologici inediti. Vediamo quali analisi l’hanno tenuto impegnato, si parte!
Ritaglio del panorama acquisito da Perseverance nel Sol 1516. Nelle annotazioni sono indicate le distanze dei singoli rilievi che vanno da 12 a 65 km. NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS.
Un panorama Limpidissimo da Fallbreen
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Quando gli astronomi raccontano i loro mondi preferiti
Rappresentazione artistica di Proxima Centauri b, uno dei pianeti in orbita attorno alla stella più vicina al Sole. Crediti: Ramon Andrade 3DCiencia/Science Photo Library
Trent’anni fa, nel 1995, due astronomi svizzeri – Michel Mayor e Didier Queloz – annunciarono la scoperta di 51 Pegasi b, il primo pianeta in orbita attorno a una stella simile al nostro Sole. Fu una rivoluzione che cambiò per sempre l’astronomia moderna. Oggi ne conosciamo oltre 5.600, e ogni mese se ne aggiungono decine.
Per celebrare questo anniversario, Nature ha chiesto a un gruppo di scienziati di scegliere i loro esopianeti del cuore, i mondi che più hanno ispirato, sorpreso o fatto sognare.
Ecco il risultati:
51 Pegasi b – L’inizio di tutto
È impossibile non partire da qui. 51 Pegasi b, scoperto nel 1995, è un pianeta gigante che orbita a distanza ravvicinata dalla sua stella, completando un giro in appena quattro giorni. All’epoca nessuno pensava che un gigante gassoso potesse trovarsi così vicino a una stella: i modelli teorici andavano riscritti da capo. Questo “Giove caldo” fu il primo segnale che l’universo è più creativo di quanto immaginiamo.
TRAPPIST-1e – Sette piccole sorelle
Nel 2017, il telescopio TRAPPIST annunciò la scoperta di un sistema con sette pianeti rocciosi, tutti delle dimensioni della Terra, che orbitano una stella fredda e compatta a soli 40 anni luce da noi. Tra questi, TRAPPIST-1e è il più promettente: riceve una quantità di luce simile a quella che la Terra riceve dal Sole e potrebbe ospitare acqua liquida. Il sistema TRAPPIST è diventato un simbolo della ricerca di mondi abitabili, ma anche un esempio di come la collaborazione tra osservatori e telescopi spaziali (dal JWST al futuro Ariel) stia cambiando il modo di esplorare il cosmo.
Kepler-16b – Il pianeta di Tatooine
Un’alba con due soli: Kepler-16b un vero pianeta circumbinario, che orbita attorno a due stelle. Scoperto nel 2011, ha un’orbita stabile e dimostra che i sistemi binari possono ospitare pianeti in equilibrio dinamico. Per gli astronomi, è una lezione di resilienza cosmica, anche in ambienti complessi, la natura trova modi sorprendenti per creare armonia.
HD 80606 b – L’inferno ellittico
Ci sono pianeti che sfidano la logica. HD 80606 b è uno di questi, la sua orbita estremamente eccentrica lo porta a passare da zone fredde a regioni roventi, con variazioni termiche di centinaia di gradi in poche ore. Ogni passaggio ravvicinato alla stella è una fiammata. Per gli astrofisici è un laboratorio naturale per studiare dinamiche estreme, venti supersonici e cicli termici che mettono a dura prova le teorie del clima planetario.
K2-18 b – Un mondo tra due categorie
Scoperto dal telescopio Kepler e osservato dal James Webb, K2-18 b ha incuriosito la comunità scientifica per la possibile presenza di vapore acqueo nella sua atmosfera. Non è una Terra, ma nemmeno un Nettuno, è un “sub-Nettuno” nella zona abitabile, un ibrido che ci costringe a ridefinire cosa intendiamo per “abitabile”. Nel 2023, il JWST ha individuato tracce di molecole organiche, tra cui il dimetilsolfuro (DMS), possibile segnale di processi biologici, sebbene ancora non confermato. E’ un promemoria che la vita, se esiste altrove, potrebbe manifestarsi in forme molto diverse da quelle che conosciamo.
Come scrive Nature, ogni astronomo ha un pianeta preferito per motivi diversi, ovvero la scoperta che lo ha ispirato, oppure il mistero che ancora lo sfida, o semplicemente la bellezza della sua storia. Ma tutti concordano su una cosa: la vera scoperta non è nei numeri o negli spettri, ma nell’emozione che accompagna ogni scoperta.
E invece qual è il tuo mondo preferito?
These alien planets are astronomers’ favourites: here’s why, Nature News, 2 ottobre 2025.
Ottobre 2025: Encelado ripreso dalla sonda Cassini
Quasi dieci anni dopo la fine della missione, i dati raccolti dalla sonda Cassini continuano ad essere analizzati e a mostrarci sorprese su Encelado, la piccola luna ghiacciata di Saturno. Una nuova analisi dei dati è stata pubblicata sulla rivista Nature Astronomy dal gruppo guidato da Nozair Khawaja (Institute of Geological Sciences, Berlino). Il lavoro ha rivelato la presenza di molecole organiche complesse nel suo oceano sotterraneo.
La scoperta rafforza l’idea che questo mondo piccolo e lontano, di appena 500 chilometri di diametro, possa ospitare forme di vita.
Cassini, missione congiunta NASA–ESA–ASI attiva fino al 2017, aveva effettuato numerosi sorvoli ravvicinati di Encelado, attraversando i getti di vapore e particelle ghiacciate che sgorgano dalle famose “tiger stripes”, le fratture del polo sud del satellite. Quei pennacchi sono generati dall’oceano liquido sotto la crosta ghiacciata.
Oggi, grazie a nuove tecniche di interpretazione, i ricercatori hanno identificato in quei dati tracce di molecole più complesse di quanto si pensasse e che sono considerate mattoncini fondamentali della vita, i precursori degli amminoacidi. I chimici classificano queste sostanze come composti alifatici ed anelli eterociclici.
Già in passato cassini aveva rilevato molecole organiche semplici, ma questa nuova analisi ha rivelato una complessità inattesa, indicando che i processi chimici nell’oceano di Encelado potrebbero essere simili a quelli che, sulla Terra primordiale, hanno favorito la comparsa della vita.
La scoperta ha implicazioni più ampie: conferma che anche corpi celesti relativamente piccoli possono ospitare oceani globali e una chimica complessa.
Gli ingredienti essenziali della vita – acqua liquida, energia e composti organici – sembrano dunque essere tutti presenti. Non è la prova definitiva di un ecosistema, ma un indizio potente che rende Encelado una delle mete più promettenti per la ricerca di vita oltre la Terra.
Dar Al Gani 670. Questa rarissima immagine mostra il meteorite al momento del ritrovamento, spezzatosi in tre parti nell’impatto e rimasto per lungo tempo sulla superficie desertica, esposto all’azione abrasiva della sabbia.
ABSTRACT
L’articolo di Flavio Castellani, “Cronache (di rocce) Marziane”, ripercorre la storia e le caratteristiche delle meteoriti marziane del gruppo SNC — Shergottiti, Nakhliti e Chassigniti — preziose testimoni della geologia e dell’evoluzione di Marte. Dalle prime cadute osservate, come Shergotty e Nakhla, fino alle recenti scoperte di Tissint e NWA 16788, l’autore racconta la loro composizione, origine e significato scientifico, includendo anche il celebre caso di ALH84001 e le ricerche italiane di Giorgio Tomelleri.
Storia, composizione e scoperte delle rare meteoriti marziane del gruppo SNC
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L’ammasso stellare aperto all’interno di NGC 6820, è una piccola nebulosa a riflessione nella Costellazione della Volpetta. La nebulosa a riflessione e il cluster sono incorporati in una grande nebulosa a emissione debole chiamata SH2-86.
NOVOLI (LE) – ITALIA
Rifrattore Apocromatico Tripletto
Tecnosky 130/900 triplet
ASI 294MC PRO
L’ Ammasso Stellare Aperto di Cosimo Seclì entra nel WALL OF FAME di COELUM!
Ogni due mesi, Coelum seleziona l’Astronomical Photo of Coelum (APoC): la più caratteristica e affascinante immagine di astronomia tra quelle inviate alla redazione o caricate su PhotoCoelum, la nostra piattaforma dedicata alla fotografia astronomica.
Non perdere le APOC del 2025: lasciati ispirare dall’immensità dell’universo e dalla creatività della community di Coelum!
📸 Hai una foto da proporre per i prossimi numeri? Caricala su PhotoCoelum e partecipa anche tu alla selezione. Il prossimo APoC potrebbe essere il tuo capolavoro!
Il soggetto è un’esplosione di polveri interstellari: le nebulose a riflessione blu attorno a Rho e IC 4603, le emissioni Hα rosse nella “cresta” (IC 4604), le polveri dorate illuminate da Antares e un groviglio di nubi oscure.
La ripresa è stata effettuata in condizioni rare e fortunate: zero umidità, vento stabile, ottima trasparenza.
Lasco di Picio (territorio GRAG – Monte Romano, VT)
Altezza sull’orizzonte al momento della ripresa: ~18°–22°
Integrazione totale: 3 ore (36 pose da 300 secondi)
Ottica: Askar 180 mm f/4.5
Camera: Omegon veTEC 571C raffreddata
Filtro: Optolong L-Quad Enhance
Montatura: Losmandy G11 modificata con OnStep
La Regione di Rho Ophiuchi di Alessandro Casprini entra nel WALL OF FAME di COELUM!
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La Catena di Markarian è un gruppo striscia di galassie che costituisce parte dell’Ammasso della Vergine, posto a circa 70 milioni di anni luce dalla Terra. È chiamata “catena” per il fatto che, osservata dalla Terra, l’ammasso si dispone lungo una linea vagamente incurvata. Deve il suo nome all’astrofisico armeno Benjamin Markarian, che scoprì il loro moto comune nei primi anni 60. La regione include molteplici galassie, principalmente ellittiche, tra cui spicca la coppia NGC 4435-4438, chiamata “Gli Occhi della Vergine”. Nei riquadri all’esterno, sono indicati i nomi delle principali galassie visibili.
L’immagine è stata realizzata da Casalgrande, in Pianura Padana, una delle zone con più inquinamento luminoso d’Europa e ha richiesto circa 8h di integrazione.
Obiettivo: Nikon Nikkor 400mm f/2.8 (chiuso a f/4) – Camera di ripresa/guida: ZWO ASI 2600 MC Duo
Montatura: ZWO AM5N – Filtro: IDAS LPS D2
Pose: 230x120s
La Catena di Markarian di Alessandro Carrozzi entra nel WALL OF FAME di COELUM!
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Nebulose Testa di Cavallo e Nebulosa di Orione ripresa con rifrattore da 180 mm
e camera monocromatica. Si ringrazia Giovanni Pasquetto per il supporto dell’acquisizione dei dati. Circa 30 ore di segnale raccolto. Elaborazione Pixinsight e Photoshop.
11 Gennaio 2025
M42 di Nicola Bugin entra nel WALL OF FAME di COELUM!
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29 dicembre 2024 – Brillamento Solare da Maserà di Padova Italia
Il Brillamento Solare di Rossana Miani entra nel WALL OF FAME di COELUM!
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La cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas nel suo passaggio nei pressi della Via Lattea.
L’immagine è stata realizzata a Castel Tesino, Loc. Celado.
Canon R8 non modificata su Avalon M-Zero
2 novembre 2024
Condizioni del Cielo SQM 20.70
Ficale 50mm – Obiettivo Samyang 50mm
Reflex Digitale
Cometa C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas e Via Lattea di Cristina Cellini entra nel WALL OF FAME di COELUM!
Astronomy Picture of Coelum n°6 pubblicata in COELUM 271
Ogni due mesi, Coelum seleziona l’Astronomical Photo of Coelum (APoC): la più caratteristica e affascinante immagine di astronomia tra quelle inviate alla redazione o caricate su PhotoCoelum, la nostra piattaforma dedicata alla fotografia astronomica.
Nel prossimo numero, in uscita a fine anno, chiuderemo il 2024 con una APoC speciale: una fotografia che celebra la bellezza del cielo notturno e l’ingegno dei suoi autori, appassionati astrofotografi come te.
Non perdere l’ultima APoC del 2024: lasciati ispirare dall’immensità dell’universo e dalla creatività della community di Coelum!
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Una serata quasi perfetta il 12-13 agosto a Sassotetto (MC – ITALY). Aurora SAR, Perseidi,
cielo favoloso e per finire.. l’ottica grandangolare (14mm su FF) ha catturato il
graffio della meteora più luminosa della notte. Sulla sinistra si nota il bagliore magenta
della SAR.
Serie di scatti realizzati con Reflex Full Frame modificata Baader, posa 60″, 1000 ISO,
ottica 14 mm F2,8.
Un colpo di fortuna sapientemente sfruttato dall’autore che immortala per sempre un momento forse più unico che raro. I complimenti della redazione per il lavoro eccellente!
“Una Serata quasi Perfetta” di Cristian Fattinnanzi entra nel WALL OF FAME di COELUM!
Astronomy Picture of Coelum n°4 pubblicata in COELUM 270
APOC Astronomy Picture of Coelum N°4
IN VOLO PER PRENDERE LA LUNA
DI KATIUSCIA PEDERNESCHI
Aeroporto di Fano (PU)
Olympus E-M10 mark III
F9 1/2000″ 171mm iso640
18 maggio 2024 ore 19.00
L’Astrofotografia racconta il Cielo in tutte le sue forma, anche diurne, anche in volo. Lo scatto di Katiuscia Pederneschi è un omaggio a tre passioni che si fondo: l’Astronomia, la fotografia e il paracadutismo. Tre sguardi diversi per raccontare un sogno: toccare la Luna con un dito.
Il “Volo per prendere la Luna” di Katiuscia Pederneschi entra nel WALL OF FAME di COELUM!
I complimenti della redazione all’autrice per il lavoro eccellente!
Astronomy Picture of Coelum n°4 pubblicata in COELUM 269
APOC Astronomy Picture of Coelum N°3
OCEANO DI CEFEO
DI CHRISTOPHER MASIA
Oceano di Cefeo – Nebulosa Squalo
29 Aprile 2024 alle 22:00
Filtri Utilizzati: IDAS LPS D1
Diametro del Telescopio: 62 mm (2″)
Focale di Acquisizone: 135 mm
Soggetti: Nebulosa Squalo LDN1235
Località Porto Pollo, nel Comune di Palau in Sardegna
La Nebulosa Squalo di Christopher Masia entra nel WALL OF FAME di COELUM!
I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!
Il caricamento originale è pubblicato in PhotoCoelum QUI
Astronomy Picture of Coelum n°3 pubblicata in COELUM 268
APOC Astronomy Picture of Coelum N°2
Cometa 12P/Pons-Brooks
di Federico Pelliccia
12P/Pons-Brooks ripresa nella serata del 7 marzo 2024.
L’immagine è la somma di 44 immagini da 100 secondi ciascuna , per un totale di 73 minuti di esposizione. Grazie alla forte attività solare alla data degli scatti la coda si presenta particolarmente accesa e vivace.
Sony 600mm F/4 GM e una fotocamera Full-Frame Sony A7III modificata per astrofotografia, su montatura equatoriale Skywatcher EQ6.
Località: Appennino Umbro
La Cometa 12P/Pons-Brooks è la seconda ad entrare nel WALL OF FAME di COELUM! I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!
La Cometa 12P/Pons-Brooks è pubblicata in PhotoCoelum QUI
Arp 273 (APG 273) è composta da due galassie interagenti e situata in direzione della costellazione di Andromeda alla distanza di 345 milioni di anni luce dalla Terra
Somma di 4 sessioni: 15-16-17-19 agosto 2023
Configurazione strumentale: Light 101X300″ 8 hours 25″, Filtro Optolong l-pro 2″, Telescope C11, 1680mm f6.3, Camera ASI 2600 MC Pro -10°, 100gain.
Località: Margine Rosso, Quartu, Sardinia, Italy
La Rosa Cosmica di Lorenzo Busilacchi è la prima ad entrare nel WALL OF FAME di COELUM! I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!
La Società Italiana di Astrobiologia (SIA) ha annunciato l’elezione del nuovo Presidente, Giovanni Covone, astrofisico e docente presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II. La nomina segna un passaggio importante nella continuità delle attività dell’associazione, che riunisce ricercatori e studiosi impegnati nello studio dell’origine e della diffusione della vita nell’Universo.
Il profilo scientifico di Giovanni Covone
Giovanni Covone è professore di astrofisica e cosmologia e svolge la propria attività di ricerca nei campi della cosmologia osservativa, dei pianeti extrasolari e della materia oscura. Oltre all’attività accademica, è autore di numerosi articoli scientifici e di testi di divulgazione. Tra questi, il volume Altre Terre. Viaggio alla scoperta di pianeti extrasolari (HarperCollins, 2023), che gli è valso il Premio Asimov 2024 per la divulgazione scientifica.
Covone è inoltre membro del Comitato Scientifico della SIA, ruolo che ha preceduto la sua elezione alla presidenza. Sul sito ufficiale Astrobiologia.it sono riportate le attività dell’associazione e i contributi del Comitato Scientifico, che coordina iniziative di ricerca e divulgazione nel campo dell’astrobiologia.
Il ruolo della SIA
La Società Italiana di Astrobiologia promuove lo sviluppo e la diffusione dell’astrobiologia in Italia, con particolare attenzione all’interazione tra discipline come astronomia, biologia, chimica e geologia. L’associazione favorisce la collaborazione tra enti di ricerca, università e istituzioni internazionali, oltre a sostenere attività di formazione e divulgazione scientifica.
Con la nuova presidenza, la SIA prosegue nel suo impegno di coordinamento e valorizzazione della ricerca nazionale nel settore, mantenendo come riferimento il sito ufficiale astrobiologia.it per comunicazioni e aggiornamenti sulle attività future.
Tre tipologie di telescopi sono necessarie per coprire l’intera gamma di energie del CTAO (20 GeV – 300 TeV): il Large-Sized Telescope (LST), il Medium-Sized Telescope (MST) e il Small-Sized Telescope (SST)— i telescopi grandi, medi e piccoli, rispettivamente. Sebbene i singoli telescopi possano differire per dimensioni e design, tutti sono costituiti da specchi segmentati che riflettono la luce Cherenkov verso una fotocamera ad alta velocità, che la cattura e la converte in dati digitali. Crediti: Gabriel Pérez Díaz, IAC.
Render CTAO-Sud: Questa immagine rappresenta il sito dell’emisfero sud del CTAO, denominato CTAO-Sud. L’array si trova a meno di 10 km a sud-est dell’attuale Osservatorio Paranal dell’European Southern Observatory (ESO) nel deserto di Atacama, in Cile, una delle regioni più aride e isolate della Terra – un vero paradiso per gli osservatori del cielo. Crediti: CTAO.
Padova, 06 ottobre 2025 – Oggi, presso la Sala dei Giganti dell’Università di Padova si è celebrato l’avvio delle attività del Cherenkov Telescope Array Observatory (CTAO) che, una volta completato, sarà il più grande e potente al mondo per l’osservazione dell’Universo nello spettro dei raggi gamma. La cerimonia, voluta dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ha visto la presenza del Ministro Anna Maria Bernini e la partecipazione di autorità e delegati dei Membri Fondatori del CTAO. “Con l’avvio delle attività del Cherenkov Telescope Array Observatory – dichiara il Ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini – celebriamo un momento di grande orgoglio per la ricerca e per l’Italia. Padova, la città dove Galileo trascorse gli anni più proficui per i suoi studi, segnando l’inizio di una nuova stagione per la scienza, oggi rafforza il suo ruolo di protagonista dell’innovazione grazie a questo progetto internazionale di straordinaria portata. Il CTAO conferma la capacità dell’Italia di essere centrale nella costruzione delle più avanzate infrastrutture di ricerca. Il nostro Paese non è soltanto tra i fondatori del CTAO ERIC, ma continua a offrire un contributo decisivo in termini di competenze e tecnologie. Il Veneto concorre così a rafforzare la competitività dell’intero sistema Paese, creando opportunità per i giovani ricercatori e aprendo nuove strade di collaborazione a livello globale. È così che onoriamo la nostra tradizione scientifica, da Galileo a oggi, guardando al futuro con la fiducia di chi sa che la conoscenza è la chiave del progresso”.
Il CTAO ERIC (acronimo di Consorzio Europeo di Infrastrutture di Ricerca CTAO, forma giuridica di diritto comunitario) vede il supporto internazionale di 10 Paesi e di un’organizzazione intergovernativa. Tra essi l’Italia, che, oltre a esserne tra i Membri Fondatori e anche il Paese che ha guidato e ospitato i negoziati per la sua costituzione, ospita la sede centrale del CTAO e contribuisce allo sviluppo tecnologico, alla costruzione e alle operazioni dell’Osservatorio.
Render CTAO-Nord: Questa rappresentazione artistica illustra il sito dell’emisfero nord del CTAO, denominato CTAO-Nord. Il sito ospita già un prototipo completo del Large-Sized Telescope (LST-1) (in alto a sinistra), mentre il progetto prevede la costruzione di quattro LST (attualmente in fase avanzata di realizzazione) e di diversi Medium-Sized Telescopes (MST) per coprire la gamma di energie bassa e media del CTAO. L’array si trova presso l’attuale sede dell’Instituto de Astrofísica de Canarias (IAC), l’Observatorio del Roque de los Muchachos, sull’isola di La Palma, nelle Isole Canarie (Spagna). Situato a 2.200 metri di altitudine, su un altopiano al di sotto del bordo di un cratere vulcanico estinto, il sito ospita attualmente numerosi telescopi operanti a differenti lunghezze d’onda, tra cui il Telescopio Nazionale Galileo (TNG) e il Gran Telescopio de Canarias (GTC), visibili nella parte superiore dell’immagine, oltre ai predecessori del CTAO, i telescopi MAGIC (Major Atmospheric Gamma-Ray Imaging Cherenkov, non raffigurati). Crediti: CTAO.
“Il CTAO è diventato un ERIC, un’organizzazione europea con una portata e un sostegno che si estendono oltre il continente. Con questo passo, siamo stati in grado di avviare attività di costruzione su larga scala nel nostro sito meridionale e di aumentare il nostro supporto per le attività del sito settentrionale. Tutto ciò è stato possibile solo grazie al sostegno di un numero sempre crescente di membri da tutto il mondo, ai quali siamo grati”, spiega Stuart McMuldroch, Direttore Generale del CTAO. “È un piacere essere qui oggi per celebrare questo progresso internazionale che porterà a importanti scoperte scientifiche”.
L’ambizioso progetto scientifico e tecnologico del CTAO prevede la costruzione di una schiera di oltre 60 telescopi di tre differenti dimensioni distribuiti in due siti, presso l’isola di La Palma (arcipelago delle Canarie, Spagna) per l’emisfero boreale e in Cile per quello australe. Presso il sito CTAO-Nord è attualmente in fase di collaudo il prototipo dei telescopi più grandi, cosiddetti Large-Sized Telescope o LST, che hanno uno specchio principale di 23 metri di diametro, insieme ad altri tre LST in diversi stadi di costruzione. Nei prossimi anni saranno costruiti altri tre LST e un telescopio di dimensioni intermedie (Medium-Sized Telescope, MST), con uno specchio principale di circa 12 metri. Presso il sito CTAO-Sud, presto inizieranno i lavori di installazione dei primi cinque telescopi di piccola taglia, denominati Small-Sized Telescopes (SST) e due MST, la cui consegna è prevista il prossimo anno. L’Osservatorio potrà gestire configurazioni intermedie di telescopi già a partire dal 2027. Queste sotto matrici della configurazione finale saranno già più sensibili di qualsiasi analogo strumento oggi operativo, avvicinando l’Osservatorio ai suoi primi risultati scientifici.
Il CTAO studierà le sorgenti cosmiche più violente dell’Universo, come buchi neri, pulsar e supernove, per comprendere i fenomeni fisici ad altissime energie che li governano e fornire una visione senza precedenti dell’Universo. Obiettivi che saranno raggiunti grazie allo sviluppo e all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia e sistemi informatici di raccolta, analisi e archiviazione di enormi quantità di dati di ultima generazione.
“L’Istituto Nazionale di Astrofisica anche in questo caso fa gioco di squadra, sia nella collaborazione internazionale, sia con la continua e proficua collaborazione con Enti e Università italiane” dice Roberto Ragazzoni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Di particolare menzione la collaborazione con l’INFN, coinvolgendo in maniera sinergica le diverse strutture dell’INAF, valorizzandone le specificità e le competenze guadagnate nel tempo. Questo nuovo osservatorio dedicato alla radiazione elettromagnetica di alta energia rappresenta un altro importante tassello nella creazione di infrastrutture con capacità multimessaggera”.
Il CTAO è anche un progetto che produrrà Big Data e genererà centinaia di Petabyte di dati in un anno. Basandosi sul suo impegno verso l’Open Science, il CTAO sarà il primo osservatorio di raggi gamma del suo genere a operare come osservatorio aperto, guidato da proposte, fornendo accesso pubblico ai suoi dati scientifici di alto livello e ai prodotti software. Il trattamento dei dati sarà gestito presso il suo Centro di Gestione dei Dati Scientifici in Germania.
Il CTAO è stato riconosciuto come “Punto di Riferimento” nella Roadmap 2018 del Forum Europeo Strategico sulle Infrastrutture di Ricerca (ESFRI) ed è stato classificato come la principale priorità tra le nuove infrastrutture da terra nella Roadmap 2022-2035 di ASTRONET. I membri del CTAO ERIC sono Austria, Croazia, European Southern Observatory (ESO), Francia, Germania, Italia, Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Spagna e Svizzera. Altri Paesi (Australia, Brasile, Giappone, Stati Uniti e Sudafrica) sono attualmente impegnati nel processo di adesione al CTAO ERIC con lo status di Strategic Partner o Third Party.
La Città Metropolitana di Reggio Calabria annuncia la nuova edizione di COSMOS, il festival e premio dedicato alla divulgazione scientifica che unisce scienza, cultura e creatività. L’edizione 2025 si svolgerà dall’8 al 12 ottobre in diverse sedi cittadine — dal Planetario Pythagoras al Museo Archeologico Nazionale, dall’Università Mediterranea al Teatro Francesco Cilea — e offrirà un programma ricco di conferenze, incontri, laboratori e momenti di partecipazione per studenti e pubblico.
Il cuore del festival è il Premio Cosmos, che ogni anno valorizza i migliori testi di divulgazione scientifica pubblicati in Italia. I finalisti dell’edizione 2025 sono:
Maggie Aderin-Pocock, La scoperta dell’universo (Apogeo)
Chris Impey – trad. Corrado Ghinamo, Mondi senza fine (Apogeo)
Piero Martin, Storie di errori memorabili (Laterza)
Sabrina Mugnos, L’universo che sussurra (Il Saggiatore)
Elisabetta Strickland, Emmy Noether. Vita e opere della donna che stupì Einstein (Carocci)
Accanto al premio principale, si svolgerà il Premio Cosmos degli Studenti, che coinvolge centinaia di giovani delle scuole secondarie, protagonisti nella valutazione delle opere e in attività di divulgazione, esperimenti e laboratori interattivi.
Il programma 2025 prevede:
Incontri con gli autori finalisti, dibattiti e presentazioni ospitati dall’Università Mediterranea;
Laboratori scientifici e dimostrazioni al Planetario Pythagoras e al Castello Aragonese, in collaborazione con università e centri di ricerca;
Osservazioni astronomiche serali e conferenze divulgative dedicate ai temi dell’astrofisica, della fisica delle particelle e delle nuove tecnologie;
Cerimonia di premiazione domenica 12 ottobre al Teatro Cilea, con la partecipazione delle scuole e un evento musicale conclusivo.
Il Festival Cosmos, giunto a una nuova edizione sempre più partecipata, rappresenta un ponte tra mondo scientifico e pubblico, capace di promuovere la curiosità, la conoscenza e il dialogo tra discipline.
This visible-light image, part of the Digitized Sky Survey 2, shows the position in the sky of the rogue planet Cha 1107-7626. The planet (not visible here) is located exactly at the centre of the frame.
Nell’universo esistono pianeti che vivono “solitari”, lontani dalla luce di una stella: i cosiddetti pianeti erranti. Non avendo la luce di una stella vicina, appaiono quasi invisibili e osservarli è difficilissimo. Un team internazionale di astronomi, utilizzando il James Webb Space Telescope (JWST) e il Very Large Telescope (ESO), hanno studiato un oggetto misterioso nella regione di formazione stellare Chamaeleon I, a circa 500 anni luce dalla Terra. Il pianeta si chiama Cha J1107-7626 ed è un corpo con massa compresa tra 5 e 10 volte quello di Giove.
Questa immagine infrarossa, ottenuta con il telescopio VISTA dell’ESO, mostra la posizione nel cielo del pianeta Cha 1107-7626. Il pianeta è un puntino posizionato esattamente al centro dell’immagine.
Tra la primavera e l’estate del 2025, Cha J1107-7626 ha mostrato un fenomeno mai visto prima in un pianeta: un brust di accrescimento. In poche settimane il pianeta è diventato molto più brillante, inghiottendo enormi quantità di materia: circa 6 miliardi di tonnellate al secondo, con un aumento di luminosità di 1,5-2 magnitudini e un incremento del 10-20% nell’infrarosso. L’evento è durato almeno due mesi. Solitamente, fenomeni di questo tipo erano noti solo per le giovani stelle (come le T Tauri) e per le nane brune. È la prima volta nella storia che un evento di accrescimento esplosivo viene osservato in un pianeta errante. Questo significa che anche questi pianeti possono, evidentemente, avere una vita attiva e dinamica e possiamo studiare questi oggetti con la stessa attenzione che dedichiamo alle stelle in formazione. Questa nuova e interessante scoperta apre nuovi interrogativi sull’origine e sul ruolo dei pianeti erranti.
“Essi facevano altrui ciò che non volevano fosse fatto a loro; principio immorale su cui riposa tutta l’arte della guerra” – (Jules Verne, Dalla Terra alla Luna, 1865)
Nel 1865, Jules Verne –considerato uno dei “padri” della fantascienza – pubblicava a Parigi uno dei romanzi più visionari della storia: De la Terre à la Lune (Dalla Terra alla Luna).
ll romanzo racconta l’impresa del Gun Club di Baltimora, un’associazione di artiglieri reduci dalla Guerra Civile americana. Rimasti senza battaglie da combattere, decidono di affrontare una sfida più grande: costruire gigantesco, chiamato Columbiad, capace di lanciare un proiettile fino alla Luna.
All’interno del proiettile-abitacolo salgono tre uomini: il presidente del club, Impey Barbicane, il suo rivale capitano Nicholl e l’avventuroso francese Michel Ardan. L’opera si chiude con la partenza della navicella, rimandando il seguito a “Intorno alla Luna” (1870).
A distanza di 160 anni da quella prima edizione, il libro non ha perso la sua forza profetica. L’idea di un viaggio spaziale, che allora era pura utopia, diventerà realtà solo nel 1969 con l’Apollo 11. Verne studiò calcoli balistici, traiettorie e dati astronomici reali: i suoi numeri non erano del tutto esatti, ma sorprendentemente vicini a quelli che la NASA avrebbe usato un secolo dopo.
Infatti, molte intuizioni di Verne lasciano ancora oggi a bocca aperta: la scelta della Florida come luogo di lancio (vicino a dove oggi sorge Cape Canaveral), inoltre stimò un tempo di viaggio di circa 4 giorni, molto simile alle 3 giornate dell’Apollo 11 e persino la forma cilindrica della navicella.
Illustrazione del romanzo “Dalla Terra alla Luna”. Il proiettile spaziale, lanciato dal gigantesco cannone Columbiad, si dirige verso il nostro satellite.
La “società del cannone” creata da Verne rappresenta lo slancio ottimistico verso il futuro, ma anche l’ambiguità di una tecnologia che nasce dalle guerre (i protagonisti sono ex artiglieri americani reduci dalla guerra civile).
Celebrarne i 160 anni significa riscoprire il potere dell’immaginazione. La stessa immaginazione che ha spinto un romanziere dell’Ottocento a descrivere un futuro in cui la Luna non era più un oggetto lontano da ammirare, ma una meta da raggiungere.
Eppure il romanzo di Verne contiene un messaggio molto potente: quello che nel XIX secolo era un cannone, Verne lo immaginò come un trampolino per la Luna. Il cannone come simbolo di una possibilità diversa.
Curiosità in pillole su Dalla Terra alla Luna (1865)
Florida profetica: Verne immaginò il lancio dalla Florida, vicino a Cape Canaveral.
Capsula moderna: oblò, ventilazione e viveri… come le navicelle Apollo.
Tre viaggiatori: Barbicane, Nicholl e Ardan, proprio come gli equipaggi Apollo,
Ammaraggio: nell’Oceano Pacifico, identico ad Apollo 11 nel 1969.
Il “Columbiad”: un cannone gigantesco che anticipa l’idea del razzo.
Cinema pionieristico: Méliès nel 1902 girò Le Voyage dans la Lune.
E la cosa più interessante: il Gun Club trasforma l’arte bellica in scienza.
Da secoli compagna silenziosa delle notti terrestri, la Luna continua a esercitare su di noi un fascino unico: ispira poeti, scienziati, sognatori… e purtroppo anche fautori di teorie infondate. Nell’era del ritorno all’esplorazione spaziale, tra nuove missioni e obiettivi ambiziosi, il nostro satellite naturale è più che mai al centro dell’interesse collettivo — e, parallelamente, bersaglio di numerose fake news.
C’è ancora chi nega lo sbarco del 1969, chi crede a misteriosi influssi lunari su comportamenti umani o cicli biologici, chi attribuisce alla Luna poteri magici. L’iniziativa “Stregati dalla Luna – Verso la Luna e oltre”, promossa dal CICAP in occasione dell’Observe the Moon Night della NASA, nasce proprio per fare chiarezza su questi temi, sfatando miti e leggende con l’aiuto della scienza e del pensiero critico.
Nelle notti dal 26 settembre al 10 ottobre, eventi in tutta Italia coinvolgeranno il pubblico in incontri, conferenze e attività di osservazione astronomica condotti da esperti, per esplorare la Luna da ogni punto di vista: scientifico, culturale, simbolico.
Non mancheranno contributi extra come articoli dedicati su Query Online, una puntata speciale del podcast Radio CICAP, in uscita proprio il 4 ottobre, con un ospite d’eccezione che ci guiderà “alla scoperta della luna tra letteratura e poetica”, per proseguire il viaggio anche da casa e un’UDA proposta dal CICAP Scuola.
Lombardia, Rozzano (MI) – 2 ottobre
Dove: Civico Osservatorio Astronomico di Rozzano, Via Palmiro Togliatti 105, Rozzano, Milano
Ore 21:00
Verso la Luna ed oltre: Dalle missioni Apollo alle sfide del programma di esplorazione lunare Artemis.
In collaborazione con Gruppo Astrofili Rozzano. A oltre cinquant’anni dal primo allunaggio, l’umanità si prepara a tornare sulla Luna. In questa conferenza divulgativa, Federico Palaia — appassionato di astronomia, collaboratore di Astrospace e attivo nella divulgazione scientifica — guiderà il pubblico in un viaggio affascinante attraverso le tappe fondamentali del programma Apollo, con le sue conquiste scientifiche, tecnologiche e simboliche, fino ad arrivare al presente e al futuro con il programma Artemis della NASA. Attraverso immagini, curiosità e riflessioni, si parlerà anche delle nuove sfide tecniche dell’esplorazione spaziale e del ruolo sempre più attivo dell’Europa in questa nuova fase di esplorazione lunare. La partecipazione è gratuita.
Calabria, Rende (CS) – 2 ottobre
Dove: Aula MT10, Cubo 30B, Dipartimento di Matematica e Informatica, Università della Calabria, Ponte Pietro Bucci, Rende (CS)
Ore 16:30
Stregati dalla Luna: Verso la Luna e oltre @ Unical
In collaborazione con Gruppo Astrofilo Menkalinan, Gruppo Astrofilo D’Amico (CS) e Unical. La Luna tra scienza, cinema e complotti: una serata divulgativa all’Università della Calabria. Una serata dedicata alla Luna, tra scienza, storia del cinema e teorie del complotto: è questo il tema dell’incontro aperto al pubblico che si terrà all’Università della Calabria. L’evento si aprirà con una serie di interventi divulgativi a cura di docenti e esperti: Riccardo Barberi, direttore del Dipartimento di Fisica, e Alfredo Garro, già visiting professor presso il NASA Johnson Space Center, affronteranno il tema dell’esplorazione spaziale; Giovambattista Ianni, docente di Informatica e socio CICAP, analizzerà le teorie cospirazioniste legate allo sbarco sulla Luna; Loredana Ciliberto, presidente dell’associazione culturale Fata Morgana, racconterà come il cinema delle origini ha immaginato il nostro satellite. A seguire, ci si sposterà all’esterno per un’osservazione astronomica e per il banchetto informativo “SOS Complotto”, dove il pubblico potrà porre domande e curiosità sulle più diffuse teorie lunari. Ingresso libero e aperto a tutti, fino a esaurimento posti.
Puglia, Terreni di Valenzano (BA) – 4 ottobre
Dove: Bari, Terreni di Valenzano
Ore 20:30
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – E la luna bussò… ma nessuno aprì
Il CICAP organizza, presso i suggestivi Terreni di Valenzano, un evento speciale che unisce scienza, narrazione e osservazione astronomica: un’occasione unica per vivere un’esperienza coinvolgente sotto il cielo stellato. La serata prevede un percorso astronomico immersivo con l’utilizzo di telescopi per l’osservazione del cielo, arricchito da racconti leggendari che intrecciano mito e realtà, in collaborazione con il collettivo LucidaFollia e con l’accompagnamento di Mario Giliberti. L’iniziativa è pensata per un pubblico di tutte le età e punta a stimolare la curiosità e lo spirito critico attraverso l’incontro tra scienza e immaginario. Un’opportunità per scoprire le meraviglie dell’universo con occhi nuovi, tra stupore e consapevolezza.
Sardegna, Cagliari – 4 ottobre
Dove: Osservatorio Astronomico di Cagliari (INAF), Via della Scienza 5, Cuccuru Angius, Selargius
Ore 19:00
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione Una serata per riscoprire il fascino della Luna tra scienza, storia e osservazione del cielo: è questo l’invito di CICAP Sardegna, INAF Cagliari – Istituto Nazionale di Astrofisica e l’AAS – Associazione Astrofili Sardi, che propongono un evento coinvolgente e adatto a tutte le età.
Il programma della serata prevede un vero e proprio percorso tra realtà e immaginazione: si comincia con lo spettacolo immersivo al Planetario, si prosegue con una suggestiva mostra che raccoglie articoli e copertine originali della rivista Epoca dedicate alle missioni lunari, e si potrà visitare anche l’esposizione museale. A rendere ancora più ricca l’esperienza sarà l’intervento della dott.ssa Silvia Casu, ricercatrice in Astrochimica e Astrobiologia, che ci guiderà alla scoperta della Luna, tra curiosità scientifiche, esplorazioni passate e false credenze ancora oggi diffuse.
E per concludere, meteo permettendo, i partecipanti potranno osservare la Luna da vicino grazie a un’osservazione al telescopio guidata da esperti. L’ingresso è gratuito, ma i posti sono limitati, la prenotazione è quindi obbligatoria. Riserva il tuo posto scrivendo a sardegna@cicap.org .
Sicilia, Catania – 4 ottobre
Dove: Museo Diocesano di Catania, Via Etnea 8
Ore 18:30
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione
La Luna è stata protagonista di una delle più grandi avventure dell’umanità e continua ancora oggi a ispirare sogni, stimolare curiosità e lanciare nuove sfide scientifiche. Il CICAP vi invita al Museo Diocesano di Catania per una serata speciale in compagnia di Giuseppe Cutispoto, primo ricercatore dell’INAF – Osservatorio Astrofisico di Catania . Nel corso della conferenza, Cutispoto racconterà la straordinaria conquista della Luna con il programma Apollo, tra aneddoti, curiosità e riflessioni sulle teorie complottiste, per poi condurre il pubblico verso il presente e il futuro dell’esplorazione spaziale, con un approfondimento sul programma Artemis. Dopo l’incontro, lo sguardo si sposterà verso il cielo: la serata proseguirà infatti con l’osservazione della Luna e di Saturno a cura del Gruppo Astrofili Catanesi, un’occasione unica per vivere insieme la magia del cosmo attraverso i telescopi.
Marche, Colli al Metauro (PU) – 4 ottobre
Dove: Museo del Balì – Via San Martino, Colli al Metauro (PU).
Ore 18:00
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione
La Luna ha da sempre affascinato l’umanità: musa per poeti, oggetto di studio per scienziati, protagonista di miti e missioni spaziali. Oggi, la nostra compagna celeste si prepara a un nuovo capitolo: da oggetto di contemplazione a trampolino verso lo spazio profondo. A raccontarci questa trasformazione sarà Filippo Martelli, fisico sperimentale dell’Università di Urbino e membro della prestigiosa collaborazione internazionale LIGO-Virgo, durante una conferenza che si terrà al Museo del Balì. L’incontro – gratuito e aperto a tutti – guiderà il pubblico in un affascinante viaggio tra le leggi della fisica che regolano il sistema Terra-Luna, le sfide dell’esplorazione spaziale e le più comuni fake news che circondano le missioni lunari. Al centro del racconto anche le nuove frontiere della ricerca, come il progetto Lunar Gateway, che punta a trasformare la Luna in una base scientifica e una piattaforma per raggiungere lo spazio profondo. In occasione della serata, chi lo desidera potrà esplorare il Museo del Balì e l’Osservatorio, acquistando regolare biglietto.
Piemonte, Cuneo – 4 ottobre
Dove: Liceo Statale “S. PELLICO – G. PEANO”, Via Monte Zovetto 8, Cuneo
Ore 20:30
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione
La Luna ha sempre esercitato un fascino irresistibile: c’è chi l’ha cantata, chi l’ha sognata e chi, con coraggio e tecnologia, l’ha raggiunta. Ma cosa sappiamo davvero delle missioni Apollo? E quali sfide ci attendono con i nuovi programmi che vogliono riportare l’uomo sulla sua superficie? A raccontarcelo sarà Andrea Ballario, che ci guiderà in una conferenza di circa un’ora e mezza all’interno del Liceo Classico e Scientifico “Pellico-Peano” di Cuneo, per scoprire i grandi successi e le curiosità del passato, lo stato attuale dell’esplorazione lunare, uno sguardo al futuro con le nuove missioni internazionali. E non finisce qui! Dopo la conferenza, la serata continuerà all’aperto, presso la Specola, con una speciale osservazione astronomica organizzata insieme alll’Associazione Astrofili Bisalta. Un’occasione unica per alzare lo sguardo al cielo e ammirare da vicino la Luna e le sue meraviglie attraverso i telescopi.
Emilia-Romagna, Modena – 4 ottobre
Dove: Planetario Comunale di Modena “F.Martino”, Viale J. Barozzi 31, Modena
Ore 21:00
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione
Il CICAP, in collaborazione con il C.O.S.Mo, il Planetario Comunale di Modena e GAGBA, presenta un evento speciale dedicato alla Luna, ai suoi esploratori e all’immaginario che ancora oggi accompagna l’impresa spaziale più iconica del XX secolo. La conferenza propone un viaggio immersivo tra storia, scienza e cultura: dalle missioni Apollo agli aspetti umani degli astronauti, fino all’influenza culturale che ha cambiato per sempre il nostro modo di guardare il cielo. Nel corso della serata, il racconto sarà arricchito da proiezioni suggestive in cupola e, qualora le condizioni meteo lo permettano, da un’osservazione diretta della Luna con i telescopi. A guidare il pubblico in questo percorso saranno Davide Borghi e Ciro Sacchetti, divulgatori scientifici dell’associazione Il COSMo, che approfondiranno i risvolti scientifici e storici dell’epopea lunare. Insieme a loro, Rita Scaffidi, del Planetario di Modena e del CeSDA, offrirà una riflessione sul significato educativo e culturale di questo tipo di divulgazione, inserendola nel contesto dell’iniziativa internazionale promossa dalla NASA.
L’evento è a ingresso gratuito, ma i posti sono limitati. Prenotazione obbligatoria al sito:www.planetariodimodena.it
Emilia-Romagna, Ravenna – 4 ottobre
Dove: Planetario di Ravenna, Viale Santi Baldini/A, Ravenna
Ore 21:00
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra scienza e poesia
Una conferenza dedicata alla straordinaria avventura dell’esplorazione spaziale, con particolare focus sulle missioni Apollo e la conquista della Luna. L’evento si svolgerà presso la sala conferenze del Planetario di Ravenna, seguito da un’osservazione astronomica della Luna con telescopi all’esterno, se le condizioni meteorologiche lo consentiranno. Il 4 ottobre 1957, con il lancio dello Sputnik 1, ebbe ufficialmente inizio l’era spaziale, che avrebbe portato a una serie di missioni storiche, dai programmi Mercury, Pioneer, Luna fino alle missioni Apollo, con protagonisti come Yuri Gagarin, Alan Shepard, Sergej Korolëv e Wernher von Braun. Questa serata vuole ripercorrere i momenti salienti di questa epopea umana e tecnologica, analizzando non solo i successi ma anche le controversie e le teorie negazioniste riguardanti le missioni lunari. La conferenza sarà tenuta da Maura Sandri e Franco Gàbici (ARAR), che guideranno il pubblico in un percorso tra storia, scienza e spirito critico.
Al termine della presentazione, sarà possibile osservare la Luna attraverso i telescopi messi a disposizione dall’Associazione ARAR, per un’esperienza diretta e suggestiva sotto il cielo di Ravenna.
Toscana, Monsummano Terme (PT) – 4 ottobre
Dove: Biblioteca Comunale G. Giusti, Piazza Ferdinando Martini, 99, Monsummano Terme (PT)
Ore 21:00
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione
Il CICAP, in collaborazione con l’Associazione Astrofili Valdinievole “Alessandro Pieri” , vi invita a una serata speciale dedicata alla Luna e ai suoi affascinanti segreti. L’evento si aprirà con un viaggio coinvolgente tra scienza, storia e immaginario collettivo, alla scoperta dei molteplici volti del nostro satellite. A seguire, se il cielo sarà favorevole, ci sposteremo al vicino Parco Orzali, a Monsummano Terme, per un’osservazione astronomica guidata della Luna. In caso di maltempo, l’osservazione sarà sostituita da una suggestiva lezione sotto il planetario, per continuare a esplorare le meraviglie del cielo, anche quando il cielo non vuole farsi vedere.
Umbria, Perugia – 4 ottobre
Dove: I giardini del Frontone- Borgo XX giugno
Ore 18:30
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – Musica Spaziale
Il CICAP, in collaborazione con “StarLight” e il supporto di “T-Trane” organizza un evento che unisce la meraviglia dell’osservazione del cielo al potere evocativo della musica. Un’occasione per scoprire come il metodo scientifico abbia guidato l’umanità a esplorare l’universo, dalle prime osservazioni a occhio nudo fino all’era spaziale, e come questa conoscenza abbia ispirato la musica attraverso i secoli. A guidarci in questo viaggio saranno l’astrofisica Sara Palmerini, che ci condurrà tra pianeti, stelle e scienza, e Maria Cristina Luchetti, docente e musicologa, che ci accompagnerà nell’ascolto delle tracce lasciate dal cosmo nella creazione musicale. Tra racconti, immagini, esperimenti e suggestioni sonore, l’evento offrirà un’esperienza coinvolgente e accessibile a tutte le età, capace di emozionare, incuriosire e… stregare.
E’ gradita la prenotazione, per riservare il vostro posto scrivete a: info@starlightgroup.it
L’evento è realizzato con il patrocinio del Comune di Perugia e dell’Università degli Studi di Perugia.
Piemonte, Torino – 4 ottobre
Dove: Mausoleo della Bela Rosin, Str. Castello di Mirafiori, 148/7, Torino
Ore 20:30
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – da Apollo ad Artemis
Una serata speciale che unisce divulgazione scientifica, curiosità storiche e suggestioni artistiche. A guidare il pubblico in questo viaggio sarà Andrea Ferrero, ingegnere aerospaziale presso Thales Alenia Space e vicepresidente del CICAP, che racconterà l’avventura dell’esplorazione lunare in due capitoli: quello del passato e quello del futuro. Si partirà con le prime missioni spaziali, in particolare il Programma Apollo, ripercorrendo aneddoti e curiosità poco conosciute e facendo chiarezza su alcune delle più diffuse teorie negazioniste e complottiste. Poi lo sguardo si sposterà verso il domani, con il Programma Artemis: un progetto ambizioso che punta a riportare l’uomo – e per la prima volta una donna – sulla superficie lunare, affrontando sfide tecnologiche e scientifiche di grande portata. A rendere la serata ancora più speciale sarà l’intervento di due attori, che interpreteranno testi scritti dal relatore: vere e proprie cronache di vita di personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nella storia dell’esplorazione spaziale.
E, come ogni viaggio verso le stelle che si rispetti, l’esperienza non si concluderà con le parole: a seguire, il Gruppo Astrofili William Herschel guiderà i partecipanti in un’osservazione astronomica, per poter ammirare dal vivo, attraverso i telescopi, ciò di cui si è parlato. Un appuntamento per chi ama la scienza, le storie e il cielo stellato, e vuole lasciarsi incantare ancora una volta… dalla Luna.
Lombardia, Lecco – 10 Ottobre
Dove: Planetario di Lecco, Corso Giacomo Matteotti 32, Lecco
Ore 21:00
Stregati dalla Luna: verso la Luna ed oltre – tra scienza e complotti, dall’Apollo al programma Artemis
Le missioni Apollo hanno segnato una delle pagine più straordinarie della storia umana. Ma sono ancora oggi al centro di un acceso dibattito: siamo davvero andati sulla Luna? E cosa ci aspetta nei prossimi anni? A guidarci in questo viaggio tra passato e futuro sarà Gianpietro Ferrario, vicepresidente del Astrofili Deep Space e presidente di ISAA – Italian Space and Astronautics Association . L’incontro ripercorrerà le tappe fondamentali dell’esplorazione lunare, affrontando in chiave critica le più diffuse teorie del complotto legate allo sbarco sulla Luna. Sarà l’occasione per distinguere i fatti dalle narrazioni infondate, valorizzando il ruolo della scienza e della tecnologia in queste imprese storiche. La serata si chiuderà con uno sguardo alle prossime sfide: il programma Artemis della NASA, che punta a riportare l’uomo sulla Luna con nuovi mezzi, nuove collaborazioni e nuovi obiettivi scientifici.
La partecipazione è gratuita, ma è richiesta la prenotazione tramite il sito del Gruppo Astrofili Deep Space a questo link
Un’occasione per appassionati, curiosi e scettici di confrontarsi con la scienza e con le straordinarie storie che ci portano… fin sulla Luna.
Veneto, Padova – 10 ottobre
dove: Planetario di Padova, Ex Macello Pubblico, Via A. Cornaro 1, Padova
Ore 20:30
Stregati dalla Luna: verso la Luna e oltre – tra esplorazione e immaginazione
Il CICAP organizza un evento unico dedicato alla Luna e alle tante lune del nostro Sistema Solare, in collaborazione con Associazione Astrofili Vittorio Veneto. La serata sarà un viaggio che ci porterà dalla nostra Luna fino alle lune vulcaniche di Giove e agli oceani nascosti sotto i ghiacci di Saturno. A guidarci saranno Luca Nobili, astrofisico del Planetario di Padova, che ci racconterà tra misteri, scoperte e falsi miti legati al nostro satellite; Matteo Massironi, dipartimento di Geoscienze e Al CISAS dell’Università’ di Padova, che ci porterà a conoscere le frontiere dell’esplorazione robotica e umana; Silvano Tocchet, ingegnere, che curerà l’osservazione guidata del cielo in diretta dall’Osservatorio Astronomico di Piadera (Vittorio Veneto). L’evento è pensato per un pubblico ampio e per tutte le età: un’occasione per riscoprire il fascino del cielo con mente aperta e spirito critico.
Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01 OTT> 23:00 15 OTT> 22:00 31 OTT> 21:00
Cambio Orario Fine Ora Legale Inizio Ora Solare 02:00 del 26 ottobre TU+2 –> TU+1
Il mese si apre con la Luna crescente (Plenilunio il 7, Ultimo Quarto il 13, Novilunio il 21 e Primo Quarto il 29). Tra gli asteroidi, in opposizione (1) Cerere il 2, (779) Nina il 3 e (85) Io il 16. Ricco il panorama cometario: la C/2025 A6 Lemmon raggiunge il perielio l’8 ottobre (visibile a fine mese nei pressi di Beta Virginis), mentre la C/2025 K1 Atlas resta osservabile nell’Ofiuco. Il 6 ottobre la Luna sarà in congiunzione con Saturno e Nettuno, il 10 occultazione delle Pleiadi e congiunzione con Urano, il 14 con Giove. Mercurio avrà il massimo allungamento est il 29, dopo la congiunzione con Marte il 21 e con la Luna il 23. Il 18 spettacolare incontro Venere-Luna. Da segnalare inoltre lo sciame meteorico delle Orionidi, al massimo il 21-22 ottobre.
COSTELLAZIONI NEL CIELO DEL MESE DI OTTOBRE 2025
Il cielo di ottobre ci conduce tra le costellazioni che caratterizzano l’autunno boreale: complici le ore di buio che prendono via via il sopravvento su quelle di luce, potremo volgere lo sguardo verso la volta celeste già in prima serata, con la certezza di poter riconoscere figure mitologiche come principesse e cavalli alati. Tra queste ci soffermiamo sulle costellazioni di Andromeda e Pegaso, che con l’intrecciarsi dei loro astri e delle loro leggende, ci terranno compagnia nei mesi a venire.
I principali eventi di Ottobre 2025 (pubblicati nell’Almanacco 2025 vedi Coelum 271)
Data Ora Cosa Come
02/10/25 13:06 Congiunzione Mercurio-Spica 1.9°N 02/10/25 13:10 Venere Perielio 0.71842 A.U. 05/10/25 11:19 Luna Nodo Ascendente 06/10/25 04:56 Congiunzione Luna-Saturno 3.8°N 06/10/25 09:16 Congiunzione Luna-Nettuno 2.8°N 07/10/25 05:47 Luna Piena 08/10/25 14:35 Luna Perigeo 359818 km 10/10/25 07:56 Congiunzione Luna-Pleiadi 0.9°N 10/10/25 10:36 Congiunzione Luna-Urano 5.3°N 10/10/25 13:48 Mercurio Afelio 0.46671 A.U. 13/10/25 20:12 Ultimo Quarto 14/10/25 00:29 Congiunzione Luna-Giove 4.3°N 14/10/25 02:09 Congiunzione Luna-Polluce 2.5°S 15/10/25 01:32 Congiunzione Luna-Presepe 1.9°N 16/10/25 19:35 Congiunzione Luna-Regolo 1.3°N 18/10/25 06:33 Luna Nodo Discendente 19/10/25 23:38 Congiunzione Luna-Venere 3.7°S 21/10/25 06:52 Congiunzione Luna-Spica 1.1°S 21/10/25 08:16 Congiunzione Mercurio-Marte 2.1°S 21/10/25 14:25 Luna Nuova 22/10/25 06:44 Massimo delle Orionidi 23/10/25 15:27 Congiunzione Luna-Marte 4.5°S 23/10/25 18:14 Congiunzione Luna-Mercurio 2.2°S 24/10/25 01:31 Luna Apogeo 406443 km 25/10/25 02:59 Congiunzione Luna-Antares 0.5°S 29/10/25 17:20 Primo Quarto 29/10/25 22:44 Mercurio Max Elongazione Est 23.9°
TABELLE EFFEMERIDI DEL SOLE E DELLA LUNA
La parte dell’articolo con le tabelle delle effemeridi dei pianeti e i loro moti, è disponibile per i lettori abbonati alla versione digitale o al cartaceo.
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LUNA
Ottobre 2025 offre numerose occasioni di osservazione lunare: dal cratere Plato all’inizio del mese, al plenilunio del 7 ottobre, fino a Tycho il 30 e 31. Non mancano eventi spettacolari come l’occultazione delle Pleiadi, le congiunzioni con Saturno, Giove e Marte, e le sottili falci crescenti e calanti che chiudono il mese, rendendo la Luna protagonista del cielo autunnale.
L’articolo completo dedicato alla Luna è a cura di Francesco Badalotti e disponibile QUI
ASTEROIDI – PICCOLI MONDI
In ottobre tre asteroidi offrono occasioni di osservazione: Cerere, il più grande della fascia principale, raggiunge la settima magnitudine; Nina, scoperto nel 1914, arriva alla decima; e Io, con il suo profilo carbonaceo, si mostra anch’esso di decima magnitudine. Il documento illustra caratteristiche fisiche, dinamica orbitale e tecniche di ripresa per appassionati ed esperti.
L’articolo completo sugli asteroidi del mese di Ottobre è a cura di Marco Iozzi e disponibile QUI
COMETE
Due comete stanno attirando l’attenzione degli astrofili: la C/2025 A6 Lemmon, che raggiungerà la minima distanza dalla Terra a fine ottobre e il perielio l’8 novembre, con stime di luminosità fino alla seconda magnitudine, e la C/2025 R2 SWAN, scoperta a settembre e già brillante, che a metà ottobre passerà a meno di 40 milioni di km dal nostro pianeta.
L’articolo completo sulle comete di Ottobre è a cura di Claudio Pra e disponibile QUI
TRANSITI STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE
I Transiti maggiori nel nostro cielo della ISS International Space Station per il mese di Ottobre a cura di Giuseppe Petricca disponibile QUI
SUPERNOVAE
La rubrica Supernovae di Coelum racconta la straordinaria scoperta di Filipp Romanov, giovane astrofilo russo, che ha individuato SN2025umq a oltre 2 miliardi di anni luce, probabilmente la supernova più lontana mai scoperta da un dilettante. Il numero presenta anche la SN2025wwk, esplosa in NGC83, e i successi record del programma cinese XOSS.
La rubrica completa sulle supernovae è a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini disponibile QUI
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“Last night I saw the rings of Saturn for the first time, that brilliant band of icy crystals and dust. […] The earth from Saturn is a pale blue orb, smaller than the heart of whoever you love.”
Saturn’s ring, Ellen Bass
Come un gioiello incastonato nella volta celeste, Saturno splende nelle notti di questa estate ormai agli sgoccioli. Circondato dagli anelli ci racconta storie del passato, quando il suo nome era Crono e regnava sugli dèi, prima di essere deposto dal figlio Zeus. Era l’Età dell’oro e, anche se non ci sono leggende in tal senso, mi piace immaginare che quella sia stata l’epoca in cui furono forgiati i suoi preziosi anelli.
Le antiche leggende non fanno riferimento agli anelli, perché a occhio nudo non sono percepibili. Fu Galileo a notare qualcosa di strano nella sua forma, che al suo piccolo telescopio appariva allungata, come se ci fossero due protuberanze, due strane orecchie, che celavano forse dei satelliti. Con uno strumento più potente, Huygens nel 1655 scoprì la vera natura di questa “deformazione” della forma di Saturno: un anello di origine ancora sconosciuta circondava il pianeta. Qualche anno dopo, Cassini si accorse di uno spazio che divideva longitudinalmente l’anello in due elementi distinti (battezzato “divisione di Cassini”). Ma oggi possiamo dire che gli anelli in realtà sono 7, con le relative separazioni, e sono stati individuati solo con l’avvento di strumenti osservativi più potenti. Ma anche ora che conosciamo la vera composizione degli anelli, il fascino che Saturno trasmette quando si posa l’occhio al telescopio rimane intatto.
Il 21 settembre Saturno ci riserverà una piccola sorpresa: sarà all’opposizione.
Tutti in riga: l’opposizione
Figura 1: Sole, Terra e Saturno sono allineati, con Saturno a 180° gradi rispetto al Sole
Anzitutto, partiamo dall’assunto ovvio che tutti i pianeti del Sistema solare percorrono la loro orbita (ellittica, più o meno eccentrica) intorno al Sole con tempi molto differenti l’uno dall’altro. La Terra, come sappiamo, impiega 365,2564 giorni solari medi (1 anno), mentre Saturno completa la sua orbita in 29,447 anni terrestri. È chiaro che quindi le posizioni della Terra e di Saturno reciproche e rispetto al Sole differiscono nel tempo e cambiano con tempi diversi.
Nel momento in cui Sole, Terra e Saturno sono allineati in quest’ordine, con Saturno quindi a 180° rispetto al Sole, si parla di opposizione.
Durante l’opposizione Saturno sarà visibile per tutta la durata della notte terrestre, dalla Figura 1 si nota come qualsiasi punto della Terra possa vedere Saturno dal tramonto fino alle prime luci del giorno.
Figura 2: In questa disposizione, Saturno sarà visibile solo per alcune ore durate la notte
Quando Saturno non è in opposizione, la sua visibilità nel corso della notte dipende dalla posizione rispetto alla Terra. Nella disposizione della Figura 2 ad esempio Saturno sarà visibile solo per parte della notte.
Figura 3: Saturno non è visibile di notte, e la luce del Sole ne rende alquanto difficile l’individuazione
La Figura 3 mostra, invece, una configurazione in cui non avremo modo di vedere Saturno di notte, fin quando la Terra non si sarà spostata in una posizione più favorevole.
Il ragionamento per la visibilità in opposizione si può estendere a qualsiasi pianeta esterno (ricordiamo che sono pianeti esterni quelli oltre l’orbita della Terra, ovvero Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno).
Per un pianeta interno, invece ci troveremo di fronte a una situazione come quella illustrata nella figura 4, che rende difficile se non impossibile l’osservazione, a causa della luce del Sole. In questo caso, non si parla di opposizione, ma di congiunzione inferiore.
Figura 4: I pianeti interni non possono essere in opposizione
Questo è il motivo per cui i pianeti interni (Mercurio e Venere) sono visibili solo in prossimità dell’alba e/o del tramonto. Ma questa è un’altra storia…
I dati
Saturno sarà perfettamente in opposizione alle 7:10 del mattino, ora locale, del 21 settembre. Lo potremo trovare nella Costellazione dei Pesci.
Attualmente, la disposizione degli anelli è tale che appaiono quasi di taglio: per chi non ha ancora avuto modo di ammirare Saturno quasi “nudo”, è l’occasione giusta, anche perché piano piano gli anelli torneranno a essere visibili, come siamo abituati a vederli, con l’inclinazione massima che si raggiungerà nel maggio del 2032.
Nell’immagine la posizione degli anelli di Saturno nelle opposizioni dal 2020 al 2031. Al centro la posizione di taglio del 21 settembre 2025.
In occasione dell’opposizione del 21 settembre, la distanza tra Terra e Sole sarà di 150.177.000 km, mentre la distanza tra Saturno e Sole sarà di 1.428.683.000 km. A questo punto, possiamo facilmente calcolare la distanza che ci separerà dal Signore degli anelli:
1.428.683.000 km – 150.177.000 km = 1.278.506.000 km
Considerando che 1 unità astronomica (AU) corrisponde da 149.597.828,68 km, ricaviamo che la distanza Terra – Saturno sarà di circa 8,54 AU. Si noti che la distanza minima possibile è di 8,022 AU, quella massima di 11,36 AU.
È evidente, quindi, che Saturno sarà in condizioni di osservabilità davvero eccezionali, con una magnitudine apparente di 0,62, mentre all’inizio di agosto era di 0,84. Ricordiamo che la scala delle magnitudini non è lineare, ma logaritmica con base 2,512. Questo significa che con una differenza di 0,84-0,62=0,22, Saturno apparirà 1,22 volte più luminoso.
Figura 5. L’immagine mostra la disposizione reale dei pianeti esterni del Sistema solare, fino a Saturno, il giorno dell’opposizione.
Ad aprile la sua magnitudine aveva toccato i valori più bassi dell’anno, introno a 1,21. La differenza rispetto al 21 settembre sarà di 1,21-0,62= 0,59 che corrisponde a una luminosità 1,72 volte maggiore.
E per quanto riguarda la dimensione apparente del disco planetario? In occasione dell’opposizione sarà pari a 19,45”. A inizi agosto era di 18.66” e ad aprile di 15,75”.
Tra luminosità e diametro apparente questa opposizione ci garantirà osservazioni e fotografie sicuramente di grande impatto emozionale.
Nell’immagine la riproduzione delle dimensioni apparenti durante le ultime opposizioni e per le prossime.
Ogni quanto tempo si ripete una opposizione?
Ogni pianeta (esterno) è in opposizione più o meno una volta all’anno, ad accezione di Marte: dal momento che il periodo orbitale del pianeta rosso è di 687 giorni e quello della Terra di 365 giorni, si incontrano ogni 778 giorni circa, che equivalgono a circa 26 mesi.
Quando e come osservare?
Teniamo in considerazione che l’opposizione durerà qualche settimana, per cui potremmo anche prendercela con calma, e comunque non lasciarci trasportare dall’ira più funesta qualora le condizioni meteo non dovessero essere favorevoli. Tuttavia, sicuramente che la maggior parte di noi vorrà approfittare già del primo giorno per dedicarsi alle osservazioni.
Saturno sorgerà intorno alle 19:03 (l’orario di riferimento è quello di Napoli, con piccole variazioni a seconda della propria posizione, rilevabili in Tabella), quando però il Sole sarà appena tramontato, per cui la cosa migliore è attendere che sia sufficientemente buio. Certamente, potrebbe essere stimolante piccola competizione: vince chi lo individua per primo nella luce del crepuscolo! Ricordiamo che il 21 settembre avremo anche il favore della Luna, che sarà nuova. Pertanto, intorno 22:00 Saturno avrà un’altezza di circa 30 gradi e sarà immerso nell’oscurità: le condizioni davvero ottimali per osservazioni e fotografie!
Mappa 1: Posizione di Saturno nei Pesci
Individuarlo non sarà difficile, ma possiamo comunque aiutarci con una cartina.
Saturno apparirà, è il caso di dirlo, in tutto il suo massimo splendore! Come dicevamo, gli anelli sono ancora di taglio, per cui percepibili come una linea che attraversa il pianeta. Anche questa configurazione, così poco inusuale, ha il suo fascino. Inoltre, potremo apprezzare la presenza di alcuni dei suoi numerosi satelliti, come da immagine mostrata.
Mappa 2
Che strumentazione usare?
Figura 6: La disposizione dei satelliti più luminosi di Saturno il giorno dell’opposizione.
Sebbene Saturno sarà decisamente più luminoso del solito, a occhio nudo non sarà facile individuare gli anelli: probabilmente, solo sotto un cielo davvero limpido e a basso inquinamento luminoso, e con una vista di tutto rispetto, si potrebbe percepire una forma leggermente allungata. Con un buon binocolo riusciremo già a vederli, sebbene l’effetto sarà un po’ quello sperimentato da Galileo! Il modo migliore per apprezzare il Signore degli Anelli è un telescopio: un 8” ci permetterà di individuare la separazione di Cassini. Chi è dotato di strumentazione fotografica, abbinata a un telescopio, potrà certamente realizzare degli scatti di tutto rispetto. Infine, gli smart telescope di piccolo ingrandimento non saranno utili per ottenere delle belle riprese: l’apertura e focali ridotte non sono adeguate per riprese planetarie!
Ma non finisce qui!
Questo mese di settembre ci riserva un’altra piccola sorpresa: appena due giorni dopo, il 23 settembre, potremo assistere all’opposizione di Nettuno!
Nettuno, così come Urano, non è identificabile a occhio nudo, e anche con un telescopio non sempre è facile riconoscerlo tra le stelle. Lo troveremo nei Pesci, insieme a Saturno, a una distanza dalla Terra di 28,9 AU, avrà una dimensione apparente di 2,4” d’arco e si mostrerà con una magnitudine di 7,81 (contro il massimo della magnitudine di 7,96 di marzo)
Quella sera, quindi, doppia opposizione!
Figura 7: La Figura mostra le posizioni dei pianeti esterni del Sistema Solare il 23 settembre, quando anche Nettuno sarà in opposizione.
C/2025 R2 SWAN di Rolando Ligustri in remoto dalla Namibia.
L’undici settembre è stata scoperta la C/2025 R2 SWAN, che ha subito sorpreso per la luminosità (tra l’ottava e la settima magnitudine). La sua individuazione è avvenuta per merito dall’ astronomo dilettante Vladimir Bezugly che l’ha scovata nelle immagini fornite della sonda solare SOHO.
Ma come era potuto sfuggire il suo avvicinamento quasi fino al perielio, raggiunto il giorno successivo alla scoperta? Dopo le prime osservazioni, ricostruendo l’orbita, si è capito che la cometa si era precedentemente nascosta tra la luce del Sole, risultando quindi invisibile. Da subito è stato possibile osservarla e riprenderla dall’Emisfero Australe non lontana da Marte e Spica. Bellissime alcune immagini che la ritraevano in compagnia della stella Alfa della Vergine con una coda lunga alcuni gradi.
Da noi invece occorrerà attendere ottobre quando, avvicinandosi alla Terra fino poco meno di quaranta milioni di chilometri, potrebbe riservare sorprese. Quel momento è previsto per il 19 ottobre. Sulla luminosità di picco c’è discussione, anche perché la SWAN potrebbe essersi rivelata da subito così luminosa a causa di un outburst. La cosa non è però sicura e gli appassionati si augurano che non sia così e che le più ottimistiche previsioni che indicano il raggiungimento di un’ottima quarta/quinta magnitudine si avverino.
In alternativa ci dovremmo probabilmente accontentare di una cometa di settima/ottava grandezza, comunque sempre benvenuta in un 2025 poverissimo di “astri chiomati” interessanti.
Ne riparleremo a fine mese nella consueta rubrica online, dove daremo tutte le indicazioni per seguire al meglio la nuova arrivata.
Conferenza di Spettroscopia – Sabato 27 settembre 2025, Specola Vaticana (Albano Laziale)
Una giornata dedicata alla spettroscopia, dalle sue origini con Padre Angelo Secchi fino alle più moderne applicazioni, tra astronomia, arte e scienze applicate. Il programma prevede visite guidate alle storiche sedi della Specola Vaticana, una sessione di conferenze con relatori di primo piano, esperimenti dal vivo durante alcune presentazioni, e momenti musicali a cura del Duo ANXUR, che mostreranno come la luce diventi linguaggio scientifico e strumento di scoperta.
L’evento è organizzato da Adriano Lolli, membro esterno ATS della Specola Vaticana, in collaborazione con la Specola Vaticana. Conduce Molisella Lattanzi direttrice editoriale di Coelum Astronomia.
I relatori e i temi
David A. Brown, S.J. – Il Progetto PEPSI Astronomo della Specola Vaticana, si occupa di evoluzione stellare e spettroscopia ad alta risoluzione.
Claudio Costa – Padre Angelo Secchi e la fondazione dell’Astrofisica Ingegnere, responsabile della manutenzione degli strumenti storici della Specola Vaticana.
Fulvio Mete – Spettroeliografia Digitale Ricercatore indipendente, attivo da anni nella spettroscopia solare e relatore in numerosi convegni nazionali.
Roberto Nesci – Spettroscopia stellare amatoriale senza fenditura Astrofisico, già docente a La Sapienza, oggi all’INAF/IAPS di Roma.
Osvaldo Piersanti – La strumentazione di Euclid: spettroscopia e imaging per un censimento cosmologico Ingegnere di progetto, con lunga esperienza nelle missioni ESA (Hipparcos, Planck, Euclid).
Lorenzo Franco – Spettroscopia: applicazioni per astrofili Astrofilo e divulgatore, coordinatore delle campagne fotometriche UAI.
Roberto Ciabattoni – Analisi multispettrale nell’arte: la verità dietro i colori dei capolavori Professore di Fisica presso la Scuola di Alta Formazione dell’ICR, esperto in diagnostica per l’arte.
Massimo D’Apice – Dispersione spettrale atmosferica Ingegnere nucleare, già ricercatore ENEA, astrofilo esperto nella progettazione di strumenti ottici.
Adriano Lolli – Spettroscopia e fluorescenza: dalla teoria alla pratica Astronomo dilettante dal 1969, titolare di un’azienda specializzata in strumenti scientifici e direttore dell’Osservatorio Astronomico Arrakis, membro esterno ATS della Specola Vaticana.
La conferenza non sarà solo un’occasione di aggiornamento scientifico, ma anche un momento di incontro tra studiosi, astrofili e appassionati. Oltre alle conferenze, sono previste visite guidate agli spazi storici della Specola Vaticana e una cena conviviale facoltativa presso il ristorante AriSentimpo’ di Albano Laziale.
L’evento è a partecipazione limitata, quanti vorranno potranno seguire la diretta di tutti gli interventi sul canale YouTube di Adriano Lolli: https://www.youtube.com/@lolliadriano a partire dalle 15:40.
Con il numero 276 si apre il ventinovesimo anno di pubblicazione di Coelum Astronomia, e lo facciamo con un’edizione particolarmente ricca, che intreccia ricerca scientifica, grandi progetti internazionali, astrofisica di frontiera, strumenti per astrofili, divulgazione culturale e anche racconti per i più piccoli.
I grandi progetti
Ad aprire il numero è un reportage a firma di Gianluca Lombardi dedicato al progetto saudita di un nuovo grande telescopio ad AlUla Manara, che punta a collocarsi tra i giganti mondiali dell’osservazione del cosmo. Un’iniziativa che non riguarda solo la scienza, ma anche la visione culturale e urbanistica di un Paese che vuole imporsi come nuovo polo internazionale.
Astrofisica e cosmologia
Segue il contributo di Antonio Pasqua sulle teorie di gravità modificata. Un tema di grande attualità che guarda oltre la Relatività Generale, alla ricerca di nuove soluzioni per interpretare fenomeni come materia oscura, energia oscura e l’accelerazione cosmica.
Strumenti e osservatori
Ampio spazio viene dedicato alle realtà italiane che coniugano ricerca e divulgazione. Molisella Lattanzi ci porta all’Osservatorio Polifunzionale del Chianti, struttura immersa nella natura che unisce ricerca scientifica, didattica, inclusione e scienza partecipativa, con progetti che spaziano dal monitoraggio ambientale ai lanci stratosferici condotti dagli studenti. Il tutto raccontato sapientemente dal direttore dell’osservatorio Emanuele Pace. Un altro contributo è dedicato all’inaugurazione della sezione INAF di Camerino: un passo importante per lo sviluppo della ricerca astrofisica e spaziale nelle Marche.
Astrofotografia e software
La sezione astrofotografica è particolarmente corposa. Federico Vittorio Mantovani e Alessandro Ravagnin raccontano l’enigma di un oggetto variabile immortalato nella Nebulosa Aquila (M16).
Carlo Mollicone presenta invece una suite di strumenti Python integrati in Siril, vera cassetta degli attrezzi per l’astrofotografo contemporaneo, pensata per ottimizzare l’elaborazione e gestire grandi quantità di dati.
Chiudiamo con il viaggio fotografico di David Sarrocco tra Puglia, Basilicata e Calabria: un astro-tour tra cieli scuri, borghi e paesaggi naturali che si trasformano in scenari privilegiati per osservazione e ripresa.
Tra scienza e cultura
Nella sezione Tra Cielo e Cultura ritroviamo due contributi di grande fascino. Flavio Castellani ripercorre la storia e le caratteristiche delle rare meteoriti marziane del gruppo SNC, frammenti che ci raccontano processi geologici e vulcanici di Marte. Adriano Lolli ci guida invece alla riscoperta del fotometro portatile del 1971 progettato dall’Osservatorio Vaticano, strumento pionieristico per la misura dell’inquinamento luminoso, tema oggi più che mai cruciale.
Spazio ai più giovani
Non manca infine la rubrica dedicata ai più piccoli, con un nuovo episodio delle avventure di GattoBuio. In questa storia, scritta da Laura Saba e illustrata da Guido Marchesini, la Luna si ritrova senza fase e le costellazioni, con l’aiuto del gatto protagonista, partono in cerca di una soluzione
👉 Coelum Astronomia 276 è disponibile in abbonamento, in libreria e in versione digitale, per accompagnarvi in un viaggio tra grandi progetti, astrofisica teorica, osservatori, astrofotografia, storia della scienza e racconti per tutti.
Modalità di Spedizioni Con servizio postale Piego Libri
Per gli abbonamenti digitali visitare Coelum Digitale per gli abbonamenti cartacei il nostro SHOPello a questo quadro in evoluzione, avvicinandoci sempre di più a comprendere i meccanismi più estremi dell’universo.
A circa 55 milioni di anni luce dalla Terra, al centro della galassia ellittica gigante M87 si trova M87*, un buco nero supermassiccio con una massa di oltre sei miliardi di volte quella del Sole. È lo stesso oggetto che, nel 2019, è diventato celebre grazie alla prima immagine della sua “ombra”, catturata dall’Event Horizon Telescope (EHT), la rete globale di radiotelescopi che opera come un unico osservatorio grande quanto la Terra.
Oggi un nuovo passo è stato compiuto: confrontando i dati raccolti nel 2017, 2018 e 2021, gli scienziati hanno dimostrato che i campi magnetici vicino all’orizzonte degli eventi non sono statici ma cambiano nel tempo. La dimensione dell’anello luminoso rimane stabile — confermando le previsioni della relatività generale di Einstein — ma il pattern di polarizzazione, cioè l’orientamento della luce polarizzata generata dal plasma magnetizzato, varia in modo significativo.
Nuove immagini ottenute dalla collaborazione Event Horizon Telescope (EHT) hanno rivelato un ambiente dinamico, con schemi di polarizzazione variabili nei campi magnetici del buco nero supermassiccio M87. Come mostrato nelle immagini sopra, mentre nel 2017 i campi magnetici di M87 apparivano avvolgersi in una direzione, nel 2018 si sono stabilizzati per poi invertirsi nel 2021. Gli effetti cumulativi di questo cambiamento di polarizzazione nel tempo suggeriscono che M87* e il suo ambiente circostante siano in continua evoluzione. Crediti: EHT Collaboration.
«Il fatto che la dimensione dell’anello sia stabile ma il disegno della polarizzazione cambi ci dice che il plasma magnetizzato non è fermo, ma dinamico e complesso», spiega Paul Tiede (Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian), co-responsabile dello studio. Tra il 2017 e il 2021 il pattern di polarizzazione ha addirittura invertito direzione: nel 2017 le linee apparivano spiraleggiare in un senso, nel 2021 nel senso opposto. «Un comportamento del tutto inatteso, che mette alla prova i nostri modelli teorici», ha aggiunto Jongho Park (Kyunghee University).
Il salto qualitativo è stato possibile grazie all’ampliamento della rete EHT: nel 2021 si sono aggiunti il telescopio di Kitt Peak in Arizona e l’array NOEMA in Francia, che hanno migliorato la sensibilità e la qualità delle immagini. Per la prima volta l’EHT ha potuto vincolare l’emissione alla base del getto relativistico di M87, un fascio di particelle che fuoriesce a velocità prossime a quella della luce e che influenza profondamente l’evoluzione della galassia ospite.
Secondo Sebastiano von Fellenberg (University of Toronto / Max Planck Institute for Radio Astronomy), responsabile della calibrazione, «il miglioramento della rete e dei processi di calibrazione ha portato a un notevole aumento della qualità dei dati, permettendo di rivelare segnali di polarizzazione più deboli e di osservare dettagli del getto mai visti prima».
Il nuovo lavoro, pubblicato su Astronomy & Astrophysics con il titolo “Horizon-scale variability of M87 from 2017–2021 EHT observations” e firmato dalla Event Horizon Telescope Collaboration aa55855-25, conferma che l’anello osservato mantiene un diametro stabile di circa 43,9 ± 0,6 microarcosecondi, coerente con un buco nero di 6,5 miliardi di masse solari. Tuttavia, la frazione di polarizzazione lineare è cambiata: circa il 15% nel 2017, scesa al 5% nel 2018 e 2021. Inoltre, durante le osservazioni del 2018 è stata registrata un’intensa attività in raggi gamma nella galassia, segno che i fenomeni vicino all’orizzonte degli eventi sono collegati a processi energetici su larga scala.
Mariafelicia De Laurentis (Università di Napoli Federico II, EHT project scientist e Direttrice Scientifica di Coelum Astronomia) sottolinea: «Questi risultati mostrano come l’EHT stia diventando un vero osservatorio scientifico, capace non solo di ottenere immagini senza precedenti, ma anche di costruire una comprensione progressiva e coerente della fisica dei buchi neri».
La variabilità dei campi magnetici di M87* è dunque una finestra aperta sui processi che regolano l’accrescimento della materia e la formazione dei getti relativistici. Ogni nuova campagna di osservazioni EHT promette di aggiungere un tassello a questo quadro in evoluzione, avvicinandoci sempre di più a comprendere i meccanismi più estremi dell’universo.
La testimonianza della dott.ssa Mariafelicia De Laurentis in esclusiva per i lettori di Coelum: “Le nuove osservazioni ci mostrano che i buchi neri non sono entità statiche, ma sistemi vivi e dinamici, in cui campi magnetici e plasma sono in continua trasformazione. Questo è un passo fondamentale, perché ci consente di collegare ciò che accade a pochi passi dall’orizzonte degli eventi con fenomeni che si estendono su scale galattiche, come i getti relativistici. Per me è un privilegio poter contribuire a questa impresa e, come project scientist, seguire da vicino l’evoluzione di un osservatorio così unico e importante. Ma ciò che conta di più è il lavoro di squadra: una collaborazione internazionale senza precedenti che rende possibile trasformare osservazioni estremamente complesse in nuova conoscenza. La parte che più mi emoziona è poter condividere questi risultati con il pubblico, mostrando come guardare così in profondità nell’universo significhi davvero aprire nuove strade per comprendere le leggi fondamentali che lo governano.”
Dopo una lunga attesa e molti preparativi eravamo finalmente pronti eppure non ci capacitavamo, la Luna avrebbe già dovuto fare capolino, con il suo abito rosso, dalla sagoma del Vesuvio, ma nessuno di noi la vedeva. Telescopi, fotocamere, binocoli: già da qualche ora era tutto pronto negli spazi all’aperto dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte per l’evento organizzato dall’Unione Astrofili Napoletani per i suoi Soci. C’era strumentazione associativa, ma avevamo portato anche tanto materiale personale, da condividere tra tutti i quaranta e più partecipanti all’iniziativa.
L’entusiasmo generale aveva lasciato il posto a uno strano silenzio, quello di un’attesa interminabile, e al dubbio che quella sera la Luna non avrebbe dato spettacolo di sé.
Purtroppo, il meteo è inclemente, e una spessa coltre di foschia, mista a nuvole e umidità, si adagiava sull’orizzonte di Napoli, sovrastando financo il Vesuvio.
La fase di massima oscurità della Luna ormai stava sfumando, e noi quella Luna rossa non eravamo riusciti a vederla.
Poi qualcuno urlò: eccola! Sì, era lei, la Luna spuntava tra lo spesso manto scuro che soffocava il cielo, giocando a nascondino. E un lembo del rosso abito si stava già scostando, lasciando intravedere uno spiraglio di bianca luce.
Non c’era tempo da perdere: occhi al telescopio, fotocamere in azione. E così siamo riusciti a seguire per intero almeno l’uscita di Selene dal cono umbrale, realizzando animazioni, fotografie, video.
Un evento a metà, del quale resterà però il ricordo della condivisione e dell’effimera bellezza di quel rossore che faceva l’occhiolino a chi non si era arreso alle insidie del meteo.
Composizione di 23 fotogrammi a distanza di 3 minuti l’uno dall’altro, a partire dalle 21:05. Crediti Luigi Civita.Elaborazione di 6 fotogrammi a distanza di 15 minuti sempre dalle 21:05 fino alle 22:20. Crediti Luigi Civita.Elaborazione ottenuta con lo stacking di un video di 2 minuti circa a partire dalle 21:49, effettuata con Registax e poi elaborata con Photoshop per far emergere i colori della mineral moon contenuti nel segnale (non è stata fatta alcuna aggiunta di elementi estranei al segnale). Crediti Luigi Civita.
Timelapse realizzato con 198 fotografie dalle 21:05 fino alle 22:20. A cura di Luigi Civita dell’Unione Astrofili Napoletani.
Il mese siderale è il tempo che la Luna impiega a percorrere la propria orbita intorno alla Terra tornando alla posizione iniziale rispetto alle stelle fisse prese come riferimento.
Per effetto del moto di rotazione sincrona della Luna rispetto alla Terra, potremmo anche vedere il mese siderale come il tempo che la Luna impiega per percorrere una rotazione completa intorno al proprio asse.
La sua durata è di 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 12 secondi, ovvero 27,321582 giorni.
Dopo poco più di 27 giorni, la Luna sarà tornata alla sua posizione iniziale rispetto alle stelle fisse.
Il Mese Sinodico
Il tempo che la Luna impiega a percorrere la propria orbita intorno alla Terra tornando alla posizione iniziale rispetto al Sole è il cosiddetto mese sinodico. Ovvero, è il tempo che la Luna impiega per ritornare alla stessa fase iniziale presa come riferimento (da Luna nuova a Luna nuova, ad esempio).
Rispetto al mese siderale, ha una durata maggiore.
Nei 27 giorni circa del mese siderale, il sistema Terra-Luna ha percorso intorno al Sole circa 27°. Quindi la Luna deve percorrere 360°+27° (più altri 2°)=389°.
La sua durata è di 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi, ovvero 29,53059 giorni.
(360 : 27,321582 = 389 : x)
Partendo dalla Luna piena, una volta che sarà trascorso un mese siderale, dal momento che la Terra intanto si sarà spostata intorno al Sole, servirà un’altra piccola rotazione per tornare alla stessa fase.
Il Mese Draconico
Il mese draconico indica il ritorno della Luna allo stesso nodo, ed è pari a 27,21 giorni (inferiore, quindi, per un effetto di retrogradazione dei nodi, al mese siderale, che ricordiamo essere pari a 27,321582 giorni).
Il drago “mangia” il Sole durante un’eclissi
La linea dei nodi, ovvero quella linea immaginaria che collega il nodo discendente e quello ascendente, non è ferma nel tempo, ma a causa delle forze di marea esercitate dalla Terra e, in misura minore, dagli altri pianeti del Sistema e dal Sole, si anticipa ad ogni rivoluzione della Luna intorno al nostro pianeta. Perché si completi un giro intero, occorrono 18,61 anni, ovvero 18 anni e 222 giorni, percorrendo 19,33° (19°19’) all’anno.
Nell’antichità si pensava che un drago, disteso sull’eclittica, divorasse il Sole durante le eclissi solari, che possono verificarsi solo quando la Luna è in prossimità di uno dei nodi.
Riprendiamo le condizioni che abbiamo analizzato nell’articolo dedicato all’eclissi totale di Luna del 7 settembre. Ricordiamo che le prime due sono condizioni necessarie e sufficienti, se prese congiuntamente, e la terza definisce solo alcune caratteristiche visuali dell’eclissi.
Sole, Terra e Luna devono essere allineati proprio in quest’ordine
La Luna deve trovarsi in prossimità di uno dei due nodi
La distanza della Luna dalla Terra.
Il punto 1) è legato alla rivoluzione sinodica, il punto 2 alla rivoluzione draconica, il punto 3) alla rivoluzione anomalistica, che sono descritte nel riquadro di approfondimento. Le tre rivoluzioni, ovviamente, hanno durata differente.
Affinché possa ripetersi un’eclissi esattamente uguale, le tre condizioni devono aver luogo allo stesso modo! Quindi, quanto tempo può passare affinché si verifichi un’eclissi perfettamente uguale, quindi con sizigia, con la Luna nello stesso nodo e nella stessa posizione lungo l’orbita?
Per trovare una soluzione, che in realtà è più semplice di ciò che potrebbe sembrare, facciamo un esempio. Consideriamo tre automobili che corrono in un circuito contemporaneamente, con velocità costanti ma differenti tra loro. Ad esempio, la prima impiega 10 minuti per percorrere l’intero circuito, la seconda 15 minuti e la terza 20 minuti. Supponendo che siano partite insieme, quando ritorneranno tutte e tre esattamente nella stessa posizione?
Si tratta di calcolare semplicemente un minimo comune multiplo. Consideriamo che:
10 = 2×5
15 = 3×5
20 = 22x5
Il m.c.m. è 22x3x5=60 minuti. In 60 minuti la prima automobile avrà percorso 6 giri, la seconda 4 giri e la terza 3 giri, ma saranno tornate alla loro configurazione iniziale.
Le tre automobili rappresentano la rivoluzione sinodica, quella draconica e quella anomalistica
Quindi, affinché possano ripetersi esattamente le stesse condizioni, applicando la medesima procedura di calcolo di cui sopra, la Luna dovrà aver percorso:
223 rivoluzioni sinodiche
242 rivoluzioni draconiche
239 rivoluzioni anomalistiche
E questo accade dopo 6.585 giorni e 12 ore, ovvero 18 anni e 11 giorni.
Questo è il cosiddetto ciclo di Saros.
Durante un ciclo di Saros abbiamo 72 eclissi, distribuite in
43 eclissi di Sole
29 eclissi di Luna
In un anno possono verificarsi da 2 a 7 eclissi, tra lunari e solari.
Volevo approfondire la discussione, c’è da dire che in un Ciclo di Saros, è vero che si ripetono esattamente le stesse condizioni, e quindi avremo le medesime eclissi che si ripeteranno ciclicamente, ma… c’è un ma…
Curiosità: origine del termine Saros
No, Saros non è un mago venuto dalla Terra di Mezzo o da un altro luogo magico. E non è neppure il nome di un astronomo.
I primi ad aver notato una ciclicità nelle eclissi furono probabilmente i Caldei, che hanno lasciato una testimonianza delle loro scoperte su delle tavolette di argilla. Le più antiche sembrano risalire a un periodo compreso tra il 652 a.C. e il 61 a.C.
In epoca moderna il termine “ciclo di Saros” fu adoperato da Edmond Halley nel 1691, durante i suoi studi legati proprio alle eclissi e ai suoi cicli. Scelse il termine Saros (che può essere scritto anche con l’iniziale minuscola, non trattandosi di un nome proprio) da un dizionario enciclopedico bizantino, la Suda:
“[The saros is] a measure and a number among Chaldeans. For 120 saros-cycles make 2222 years according to the Chaldeans’ reckoning, if indeed the saros makes 222 lunar months, which are 18 years and 6 months.”
Probabilmente, il termine saros deriva dall’accadico šāru, che sta a indicare “un lungo periodo”.
Guardami, e ti incanterò con il mio splendore. Ti accompagnerò quando percorrerai irti sentieri di montagna, illuminando la tua strada; oppure, mentre sarai seduto su uno scoglio ad ascoltare il mare, ti ispirerò versi non ancora scritti, che ti faranno sognare e faranno innamorare chi li leggerà. Porterai con te il ricordo di una sera speciale, leggerai di me, ascolterai le musiche che mi hanno dedicato. Una volta al mese indosserò per te una veste luminosa che mi rivela completamente. Selene è il mio nome, quello che mi hanno attribuito nell’antichità i Greci. Sono la Luna piena.
Ma basterà un giorno in più, e diverrò Ecate, la Luna calante. Mi vedrai sempre meno splendente, fino a trasformarmi in Perseide, una Luna nuova e timida che si nasconderà completamente alla tua vista. Ma non temere, presto ci sarà Artemide ad accompagnarti e a mostrarti questa mia trasformazione in Luna crescente.
E in breve mi rivedrai di nuovo come Selene: il cerchio si sarà concluso.
Ma io, Selene, il prossimo 7 settembre, sarò diversa: sorgerò vestita di rosso, allineata con Elio e con Gea. Percorrerò il mio cammino, con questa veste che indosso di rado, per 90 minuti circa. Poi, piano piano mi cambierò d’abito e mari e terre, con i loro crateri, le rimae, le catene montuose riemergeranno dalle ombre e si paleseranno. Io, Selene, tornerò al mio usuale splendore per farmi ammirare da te e da tutti coloro che mi amano.
di Luigi Civita
Selene ci ha raccontato di sé, in questa introduzione un po’ romantica e un po’ fantasiosa: spesso mi piace aprire i miei articoli tingendoli di colori pastello, prima di abbandonare la fantasia ed entrare nel mondo spesso ostico, ma sempre affascinante, dell’Astronomia. Come certamente avrete capito, stiamo parlando dell’eclissi di Luna del prossimo 7 settembre.
La Luna, in questa occasione, sorgerà già eclissata: non avremo modo di osservare il primo contatto con il cono d’ombra della Terra, ma potremo goderci lo spettacolo di una Luna rossa per circa 90 minuti, prima di vedere l’inusuale veste piano piano dissolversi in un candido bagliore.
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I dati dell’eclissi del 7 settembre
A differenza delle eclissi di Sole, dove il cono d’ombra proiettato dalla Luna sulla Terra ha un’estensione limitata e, pertanto, il fenomeno è visibile solo nelle zone del pianeta attraversate dall’ombra, un’eclissi di Luna è visibile in qualsiasi luogo, purché ovviamente la Luna sia sorta. Nello specifico, l’evento sarà visibile in Europa, in Asia, in Africa e in Australia.
Quella del 7 settembre sarà un’eclissi particolare, in quanto in Italia la Luna sorgerà con la totalità già iniziata, poco dopo il tramonto (ricordiamo che la Luna piena sorge al tramonto del Sole). Pertanto, le fasi iniziali di penombra e primo contatto non saranno visibili, mentre potremo apprezzare le fasi finali, con la Luna già abbastanza alta in cielo.
Sarà un’eclissi nel nodo ascendente, con la Luna nella costellazione dell’Aquario e la totalità durerà 82 minuti.
Nella tabella 1 sono mostrati gli orari in cui la Luna sorgerà per alcune città italiane del sud, centro e nord, con inizio e fine della totalità, ma le differenze sono comunque minime. Nel seguito faremo riferimento alla città di Napoli.
Località
Sorge
Inizio totalità
Massimo
Fine totalità
Torino
19:53
19:30
20:11
20:52
Milano
19:46
19:30
20:11
20:52
Roma
19:30
19:30
20:11
20:52
Napoli
19:23
19:30
20:11
20:52
Palermo
19:23
19:30
20:11
20:52
La fase di penombra inizierà alle 17:28, con la Luna a circa 20° sotto l’orizzonte.
Un’ora dopo, intorno alle 18:27, la Luna entrerà nel cono d’ombra, e sarà circa 11° sotto l’orizzonte.
Sfiorerà l’orizzonte intorno alle 19:23, quasi completamente eclissata. Alle 19:30 l’eclissi sarà totale, e potremo iniziare a vedere la Luna laddove l’orizzonte est sarà completamente libero. Il massimo verrà raggiunto intorno alle 20:11, con la Luna a poco meno di 10°, quindi ancora abbastanza bassa. Alle 20:52 la Luna inizierà a uscire dal cono d’ombra, alta circa 15°, per completare l’uscita alle 21:56. A questo punto, resterà solo la penombra, poco apprezzabile, fino alle 22:55 circa, con un’altezza di approssimativamente 34°.
Insomma, un evento a metà, ma non per questo da mancare.
Consigli per l’osservazione
Vi suggeriamo di mettervi in postazione un po’ prima del tramonto del Sole, così da poter osservare o fotografare la Luna appena si renderà visibile sopra l’orizzonte.
A differenza delle eclissi di Sole, quelle lunari non richiedono particolari precauzioni: la Luna piena, anche non eclissata, per quanto possa essere molto luminosa non è pericolosa, in quanto il nostro satellite splende di luce riflessa. Tuttavia, l’utilizzo di un filtro lunare da applicare all’oculare del telescopio è consigliato alla fine dell’eclissi, in quanto permette un’osservazione più prolungata e con una maggiore percezione delle formazioni in superficie.
Munitevi di fotocamera, telescopio (meglio una bassa focale, per non perdere l’effetto d’insieme, a meno che non siate impegnati in particolari attività di ricerca), binocolo su treppiede, smart telescope. Anche se non avremo il piacere di assistere all’entrata della Luna nel cono d’ombra, vederla emergere già eclissata avrà comunque il suo fascino!
Volete evitare imprevisti e rischiare di perdere il momento esatto in cui la Luna sarà visibile? Anticipatevi, simulando già qualche giorno prima il percorso della Luna usando una delle tante app, gratuite o a pagamento, che consentano anche la visione in realtà aumentata. Impostate la data del 7 settembre, un orario antecedente le 19:30 e fatevi aiutare dalla app a trovare il punto esatto in cui vedrete la Luna, sfruttando la realtà aumentata. In questo modo, vi renderete conto dei punti strategici dove puntare anzitempo gli strumenti. Se vi posizionate ad alcuni chilometri di distanza da un monumento o una composizione naturale di particolare fascino, usando una fotocamera con obiettivo a focale spinta, almeno un 250 mm o più, riuscirete a fotografare l’effetto di una Luna rossa gigante che emerge dal soggetto scelto!
Luna piena ed eclissi di Luna
Le eclissi, di Sole e di Luna, hanno sempre affascinato, e anche intimidito se non spaventato, l’Uomo. Si tratta di fenomeni neppure troppo rari, come vedremo in seguito, che per essere compresi a fondo nella loro complessità richiedono una conoscenza almeno di base dei moti dei corpi celesti coinvolti. Affinché si possa avere un’eclissi lunare, Sole, Terra e Luna devono essere disposti in quest’ordine:
Allineamento perché possa esserci un’eclissi di Luna.
Una configurazione in cui tre o più corpi celesti sono approssimativamente allineati secondo una linea retta viene detta “sizigia” (qualche volta si usa anche impropriamente il termine sigizia, forse perché è più facile da pronunciare!). Ma questo allineamento non vi ricorda qualcos’altro? Eh, sì, è lo stesso modello che si ripete ogni 29 giorni circa, quando è visibile la Luna piena.
E allora, perché non si verifica un’eclissi di Luna in occasione di ogni plenilunio? Qui le cose iniziano a complicarsi, ma non troppo.
Dobbiamo considerare che l’orbita della Terra intorno al Sole, ovvero l’eclittica, e quella della Luna intorno alla Terra non sono complanari, ma sfalsate di circa 5°9’. Questo significa che solitamente, in occasione del plenilunio, Terra e Luna sono allineate ma non giacciono sullo stesso piano.
I due piani orbitali che si intersecano. Quello giallo sarà riferito alla Luna e quello grigio alla Terra.
I due piani però si intersecano e l’orbita della Luna incontra il piano orbitale della Terra in due punti, che vengono detti nodi.
Il nodo che la Luna incontra “scendendo” verso il piano orbitale della Terra è detto discendente, mentre è definito ascendente l’altro nodo, che la Luna attraversa dalla parte opposta, “salendo”.
Nodo ascendente e nodo discendente,
È solo in prossimità dei nodi, ovvero quando i due piani orbitali si intersecano, che potrebbe aver luogo un’elissi.
Abbiamo così individuato la seconda condizione necessaria per un’eclissi di Luna.
Riassumendo, affinché si abbia un’eclissi di Luna:
Sole, Terra e Luna devono essere allineati in quest’ordine;
la Luna deve trovarsi in prossimità di uno dei due nodi.
La prima condizione ci dice che, perché ci sia un’eclissi di Luna, la Luna deve essere necessariamente piena: non potremo mai avere un’eclissi lunare durante un’altra fase!
A queste due condizioni, che prese congiuntamente sono necessarie e sufficienti affinché possa verificarsi un’eclissi di Luna, possiamo aggiungere un altro aspetto:
la distanza della Luna dalla Terra.
Sappiamo che la Luna percorre un’orbita ellittica intorno alla Terra, con una distanza minima di 363.300 km al perigeo (punto più vicino) e una massima di 405.500 km all’apogeo (punto più distante). In condizione di eclissi, la Luna potrà essere al perigeo, all’apogeo oppure in una posizione intermedia: ciò determina, ovviamente, la sua dimensione apparente, sebbene le differenze non siano percepibili in maniera apprezzabile; questo parametro diventa però particolarmente importante per le eclissi di Sole, che potrà essere o meno anulare.
Tipologie di eclissi lunari
Sicuramente, la più affascinante delle eclissi lunari è quella totale: la Luna è completamente immersa nel cono d’ombra prodotto dalla Terra. E affinché possa avvenire ciò, la distanza dal nodo non deve essere superiore a 11° circa. Se la Luna si trova a una distanza maggiore, ma inferiore a 18° gradi, allora l’eclissi sarà parziale o solo di penombra. Oltre i 18 gradi la configurazione coincide semplicemente con quella della Luna piena e non si ha alcuna eclissi.
L’eclissi di Luna totale è definita centrale quando la Luna transita proprio al centro del cono d’ombra prodotto dalla Terra; è non centrale quando, pur restando all’interno del cono d’ombra, non ne attraversa la parte centrale. Ovviamente, quelle centrali hanno una durata maggiore. Il grado di centralità di un’eclissi di Luna è definito da un parametro, identificato come gamma (γ) che indica quanto distante il centro della Luna passerà dall’asse centrale del cono d’ombra. Il valore può essere positivo, se la Luna passa a nord dell’asse del cono d’ombra, o negativo se passa a sud. L’eclissi che stiamo attendendo con tanta ansia non sarà centrale, in quanto è stato stimato un valore di γ pari a −0,27521 (quindi, passerà a sud dell’asse del cono d’ombra). La Tabella 2 allegata illustra i diversi valori di γ con la relativa configurazione geometrica.
La Luna è completamente immersa nel cono d’ombra della Terra
L’eclissi totale di Luna del 27/9/2015 – Foto di Luigi Civita
Quando, invece, la Luna non è completamente racchiusa nel cono d’ombra della Terra, come nella figura seguente, abbiamo un’eclissi parziale. In questo caso, solo una parte del disco lunare si mostrerà eclissato, per una porzione che dipende da quanto distante si troverà la Luna dal nodo.
Durante un’eclissi parziale, la Luna è solo in parte immersa nel cono d’ombra della Terra
L’eclissi parziale del 7/8/2017 – Foto di Luigi CivitaUna composizione che racconta l’eclissi parziale del 28/10/2023 nelle varie fasi – Foto di Luigi Civita
Infine, ci sono situazioni in cui la Luna transita all’esterno del cono d’ombra, rimanendo nella zona di penombra. In tal caso di parla di eclissi penombrale, che si manifesta soltanto con una riduzione della luminosità della Luna, non sempre facilmente apprezzabile a occhio nudo, ma sicuramente rilevabile in fotografia. Spesso è solo quando il fenomeno sarà passato e la Luna splenderà di nuovo in tutto il suo bagliore che ci accorgeremo della differenza!
Nel corso di un’eclissi penombrale, la Luna transita solo attraverso la penombra prodotta dalla Terra
L’eclissi di penombra del 27/02/2021 confrontata con una Luna piena non eclissata – Foto di Luigi Civita
Le fasi di un’eclissi totale di Luna
Ecco Selene, vestita di bianco, che nel cammino eterno si sta avvicinando a quel famoso crocevia celeste, dove la sua orbita incontrerà il piano orbitale della Terra. L’abito diventa appena percettibilmente meno luminoso.
La parte marginale dell’ombra della Terra, la cosiddetta penombra, inizia a lambire la Luna. Siamo all’inizio della zona di penombra.
Procede, Selene, con passo sicuro, e a un certo punto un bordo della sua veste si tinge magicamente di scuro.
È il primo contatto con il cono d’ombra, inizia l’eclissi.
Ora il processo è inarrestabile. L’abito di Selene diventa completamente di un rosso scuro, ma potrebbe essere anche quasi completamente nero.
È la fase centrale dell’eclissi.
Un passo dopo l’altro, la veste si schiarisce, Selene sta riprendendo il suo candore. Resta solo un ingrigimento, di quelli che potrebbero andare via usando un famoso detersivo per panni che rende tutto più bianco del bianco, ma non sarà necessario. Presto l’abito di Selene tornerà al suo antico e noto splendore.
Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01 SET > 23:00 15 SET> 22:00 30 SET> 21:00
Equinozio d’Autunno 22 settembre 2025 ore 20:19
Settembre 2025 si presenta ricco di eventi astronomici. La Luna offrirà osservazioni spettacolari: dagli Appennini lunari del 1°, al Plenilunio del 7 con contrasti tra Oceanus Procellarum e Aristarchus, fino alle numerose congiunzioni con Saturno, Nettuno, Giove, Venere, Marte e Antares, oltre all’occultazione delle Pleiadi. Il mese vedrà anche l’opposizione dell’asteroide (22) Kalliope, con magnitudine 10 e satellite Linus, e il passaggio delle comete C/2025 K1 ATLAS e C/2025 A6 Lemmon, entrambe attorno all’11ª magnitudine. Nel cielo boreale dominano Cassiopea e Cefeo con i loro oggetti di profondo cielo, come la Nebulosa Cuore e la Stella Granata. La rubrica supernovae segnala nuove scoperte amatoriali in galassie lontane fino a 900 milioni di anni luce. Infine, la ISS sarà protagonista di transiti luminosi (-3,9 di magnitudine) visibili in tutta Italia tra il 3 e il 28 settembre.
COSTELLAZIONI NEL CIELO DEL MESE DI SETTEMBRE 2025
Nel cielo di settembre 2025 dominano Cassiopea e Cefeo, costellazioni circumpolari legate al mito di Andromeda. Cassiopea, con la sua tipica forma a W, ospita stelle celebri come Shedir e Rho Cassiopeiae, oltre a resti di supernovae e nebulose spettacolari come Cuore e Anima. Cefeo, riconoscibile come una casetta, vanta stelle iconiche come Mu Cephei e Delta Cephei, fondamentali per la misura delle distanze cosmiche, e oggetti suggestivi come la Nebulosa Proboscide d’Elefante e la Galassia Fuochi d’Artificio.
La seconda parte dell’articolo di Francesco Badalotti, dedicato alla Luna di Giugno, con la descrizione delle Congiunzioni e Occultazioni notevoli, le Falci Lunari, e la tabella delle effemeridi è disponibile per i lettori abbonati alla versione digitale o al cartaceo.
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LUNA
Settembre 2025 offre spettacolari condizioni osservative della Luna: dagli Appennini lunari visibili il 1° settembre, al Plenilunio del 7 con forti contrasti geologici, fino all’Ultimo Quarto del 14 e al Novilunio del 21. Numerose congiunzioni e occultazioni coinvolgeranno Saturno, Nettuno, Giove, Venere, Regolo, Marte e Antares, con eventi di grande interesse astronomico.
L’articolo completo dedicato alla Luna è a cura di Francesco Badalotti e disponibile QUI
ASTEROIDI – PICCOLI MONDI
L’asteroide (22) Kalliope, scoperto nel 1852 da John Russell Hind, orbita nella fascia principale con periodo di 4,96 anni. Con un diametro di circa 150 km e un satellite, Linus, mostra una composizione metallico-silicatica e densità elevata. La sua opposizione avverrà il 17 settembre, quando raggiungerà la magnitudine 10, osservabile con esposizioni fino a 5 minuti.
L’articolo completo sugli asteroidi del mese di Settembre è a cura di Marco Iozzi e disponibile QUI
COMETE
Anche settembre ci costringe ad inseguire oggetti molto deboli, in attesa che l’autunno porti finalmente una svolta con la C/2025 K1 ATLAS.
L’articolo completo sulle comete di Settembre è a cura di Claudio Pra e disponibile QUI
TRANSITI STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE
I Transiti maggiori nel nostro cielo della ISS International Space Station per il mese di Settembre a cura di Giuseppe Petricca disponibile QUI
SUPERNOVAE
Nella rubrica supernovae di agosto 2025 spiccano la terza scoperta di Giancarlo Cortini in UGC5700 e i risultati del team cinese XOSS con la SN2025trj in PGC58378. Il nuovo Sumdo Observatory, guidato da Ziyang Mai e Jiaze Fu, annuncia due transienti, tra cui la SN2025uxv, classificata come supernova di tipo Ia. Una stagione ricca di scoperte amatoriali.
La rubrica completa sulle supernovae è a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini disponibile QUI
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Tra i mondi del Sistema Solare potremmo aver trovato un nuovo candidato capace di ospitare la vita, se non ora almeno miliardi di anni fa. Un Mondo che, nel suo passato, avrebbe offerto condizioni adatte alla vita. Si tratta di Cerere, il pianeta nano che orbita nella fascia principale degli asteroidi[1], tra Marte e Giove e che nasconde una storia davvero affascinante.
Questo piccolo corpo celeste, con un diametro di meno di mille chilometri, ha recentemente attirato l’attenzione degli scienziati grazie alla sua complessa e intrigante storia geologica. Una ricerca guidata da Sam Courville dell’Arizona State University ha mostrato che, tra 2,5 e 4 miliardi di anni fa, Cerere non era il mondo freddo e inerte che osserviamo oggi.
Grazie al decadimento radioattivo nel suo nucleo, Cerere avrebbe generato calore interno sufficiente a mantenere un oceano nascosto di acqua liquida e attività idrotermale, ovvero circolazione di acqua calda e minerali nelle sue profondità, creando condizioni chimiche potenzialmente favorevoli alla vita
Questo scenario è emerso grazie alla missione Dawn della NASA[2] che ha fornito dati preziosi, rivelando sorprendenti indizi sulla superficie e sotto la crosta di Ceres. Sono stati scoperti depositi di sali brillanti, particolarmente visibili, nel cratere Occator[3] che suggeriscono un’attività idrotermale passata. In particolare, si tratta di tracce di composti organici: gli elementi essenziali della vita, suggerendo che Ceres potrebbe aver ospitato processi chimici complessi.
Evoluzione interna di Cerere: dall’accrezione alla differenziazione, fino al metamorfismo del nucleo e al congelamento dell’oceano. A destra, una ricostruzione plausibile della struttura attuale, con guscio di ghiaccio, strato salmastro e nucleo roccioso.
I dati suggeriscono che un vasto corpo d’acqua liquida potrebbe aver interagito con la crosta rocciosa nel passato, creando un ambiente dinamico per le reazioni chimiche.
Queste scoperte svelano un mondo che, nonostante le sue piccole dimensioni, ha vissuto una storia geologica ricca e dinamica, in grado di creare ambienti chimicamente attivi e potenzialmente abitabili. Gli astrobiologi considerano questi fattori fondamentali quando valutano la capacità di un ambiente di ospitare microrganismi. Se un oceano sotterraneo è realmente esistito e ha interagito con i minerali e i sali, Cerere avrebbe potuto offrire nicchie ecologiche favorevoli allo sviluppo di comunità microbiche primitive.
Capire Cerere significa comprendere meglio come i piccoli mondi del Sistema Solare possano evolvere e offrire, anche solo per un tempo limitato, ambienti compatibili con la vita. Un tassello importante per la grande domanda che ci accompagna da sempre: siamo soli nell’Universo?
[1] La fascia principale degli asteroidi è la regione tra Marte e Giove dove orbitano migliaia di corpi rocciosi, resti della formazione del Sistema Solare.
[2] La missione Dawn della NASA, lanciata nel 2007, è stata la prima sonda ad entrare in orbita attorno a due mondi diversi: Vesta e Ceres.
[3] Il cratere Occator su Ceres, largo 92 km, è famoso per le sue macchie luminose di sali brillanti.
Ivan Almar e Claudio Maccone all'Osservatorio di Monte Mario a Roma, Italia, per il meeting INAF SETI del 25 settembre 2019.
Foto di Vladimir Philippov. SETI League photo, used by permission.
Il 20 agosto è una data molto significativa per la folta comunità di appassionati dello spazio profondo: proprio in quel giorno, nel 1977, veniva lanciata da Cape Canaveral la sonda Voyager 2. A distanza di 48 anni, questo “occhio umano” sul cosmo è ancora incredibilmente aperto e continua a trasmettere flebili dati. È, di fatto, una sorta di avamposto della nostra specie nell’incommensurabile cosmo che si dischiude al di là del pianeta nano Plutone. A bordo delle Voyager 1 e 2 si trovano anche i celebri dischi d’oro, un distillato di umanità che è una sorta di messaggio in bottiglia che utopicamente abbiamo consegnato ad un destinatario intelligente della cui esistenza al momento non abbiamo alcuna prova.
Forse è anche per questo che Claudio Maccone (Torino, 6 febbraio 1948 – Torino, 20 agosto 2025), che oseremmo definire con affetto il “Frank Drake” italiano, ha scelto proprio una data così astronomicamente significativa per congedarsi dal Pale Blue Dot, quel «pallido puntino azzurro» che chiamiamo casa, come lo definì Carl Sagan. Non è forse questa una sorta di giustizia poetica?
Condensare una lunga carriera come quella di Claudio Maccone, uno dei luminari del progetto SETI, è francamente un compito ingrato, perché saremmo costretti a tralasciare innumerevoli contributi fondamentali. Laureato in fisica (1972) e in matematica (1975) all’Università di Torino, Maccone si dottorò al King’s College di Londra (1980) e poi tornò in Italia. Insegnò al Liceo “Albert Einstein” della città sabauda per un breve periodo nel 1985. In seguito lavorò come scienziato per il gruppo Aeritalia (oggi Thales Alenia) e ricoprì numerosi incarichi prestigiosi in seno all’International Academy of Astronautics (IAA) di Parigi. Dopo il pensionamento anticipato da Alenia S.p.A. nel 2004 si dedicò all’attività accademica presso il Politecnico di Torino (2005-2009). Dal 2010 è stato Director for Scientific Space Exploration dell’IAA e dal 2012 al 2021 ha presieduto lo SETI Permanent Committee dell’IAA.
Dal punto di vista scientifico va evidenziata la geniale visionarietà dei suoi progetti e delle sue idee: la faccia nascosta della Luna è uno dei luoghi più “silenziosi” dell’intero sistema solare per quanto riguarda le lunghezze d’onda radio dello spettro elettromagnetico. Questo, insieme al fatto che la minore gravità lunare rende relativamente più agevole costruire infrastrutture di grandi dimensioni, portò Maccone a ipotizzare la costruzione di un immenso radiotelescopio sulla faccia nascosta della Luna. Il progetto gli valse il Giordano Bruno Award della SETI League nel 2002, conferitogli «per i suoi sforzi volti a istituire un radiotelescopio sulla faccia nascosta della Luna». Oggi, nel rinnovato interesse per l’esplorazione lunare, la discussione sulla protezione della faccia nascosta dall’eccesso di comunicazioni radio è tornata di capitale attualità.
Un altro progetto, ancora più visionario, è FOCAL (1998), basato su un’intuizione di Von R. Eshleman del 1979. L’acronimo sta per Fast Outgoing Cyclopean Astronomical Lens e indica un progetto volto a sfruttare l’effetto lente gravitazionale descritto dalle equazioni di campo di Einstein (1915): la luce proveniente da distanze siderali, passando in prossimità dello spaziotempo curvato dall’enorme massa-energia del Sole, viene “messa a fuoco” a una distanza di circa 550 unità astronomiche. Voyager 2 si trova attualmente a circa 140 unità astronomiche dal Sole e impiegherà un altro secolo circa per raggiungere una distanza dell’ordine prevista da FOCAL. Se mai si riuscisse a portare avanti un’impresa simile, disporremmo di un “telescopio” con uno specchio del diametro pari a quello del Sole.
Negli ultimi anni Maccone si è dedicato alla scrittura, pubblicando numerosi contributi sulla matematica e sulla statistica delle civiltà extraterrestri e chiarendo molti punti critici non ben sviluppati, come quelli impliciti nella celeberrima (ancorché discutibile dal punto di vista operativo) equazione di Drake. Nel 2012 ha pubblicato Mathematical SETI. Statistics, Signal Processing, Space Missions (Springer). Una sintesi matura delle sue riflessioni è arrivata nel 2020 con l’imprescindibileEvo-SETI: Life Evolution Statistics on Earth and Exoplanets (Springer), che consigliamo a ricercatori e curiosi desiderosi di approfondire la scienza dietro alle iniziative SETI. Nel 2025 è uscito infine La galassia vivente. Vincitori e vinti nella Via Lattea (Springer), scritto assieme a Eugenio Mieli e Andrea Maria Francesco Valli: un volume che presenta un’analisi divulgativa, e insieme rigorosa, dei fattori dell’equazione di Drake e della possibilità concreta che la vita, là fuori, abbia avuto anche altri luoghi d’origine indipendenti.
Quando immaginiamo la vita nello spazio, pensiamo subito all’acqua: fiumi, oceani, piogge aliene. Poi aggiungiamo il carbonio, l’azoto, il fosforo: gli ingredienti base di ogni cellula.
Ma c’è un dettaglio meno noto che potrebbe essere la vera chiave della vita nell’Universo: i metalli di transizione. Ferro, rame, molibdeno, manganese…elementi che agiscono come piccoli interruttori nelle reazioni chimiche. Senza di loro, gli enzimi che fanno respirare le cellule e trasformano energia non funzionerebbero. In poche parole: niente metabolismo, niente vita.
Il problema? Questi metalli non sono distribuiti ovunque. La loro presenza dipende da eventi rari e violenti, come l’esplosione delle supernovae o la fusione di stelle di neutroni.
Così, due pianeti gemelli per acqua e dimensioni potrebbero avere destini opposti: uno pullulante di vita, l’altro sterile.
Per questo, alcuni scienziati propongono un nuovo criterio nella ricerca di mondi abitabili: guardare non solo all’acqua o alla posizione di un pianeta nella “zona abitabile”, ma anche alla ricchezza di metalli nella sua stella. Analizzando la luce stellare, infatti, possiamo intuire la composizione chimica dei pianeti che le orbitano attorno.
Lo studio di Giovanni Covone e Donato Giovannelli propone un ampliamento dei criteri con cui oggi si cercano mondi abitabili.
Di solito ci si concentra su:
disponibilità di CHNOPS (carbonio, idrogeno, azoto, ossigeno, fosforo, zolfo),
presenza di acqua liquida,
condizioni di disequilibrio termodinamico (cioè fonti di energia sfruttabili dalla vita).
Gli autori sostengono che manca un tassello fondamentale: la disponibilità di metalli di transizione (ferro, manganese, molibdeno, rame, nichel e altri). Questi elementi sono cofattori indispensabili per gli enzimi ossidoreduttasi, che catalizzano le reazioni di ossidoriduzione su cui si basa il metabolismo di tutti gli organismi conosciuti. Senza di essi, la chimica della vita così come la conosciamo non potrebbe funzionare.
Il problema è che la distribuzione di questi metalli non è uniforme nell’Universo: dipende dall’evoluzione chimica delle galassie e dei sistemi stellari. Perciò, due pianeti simili per acqua e dimensioni potrebbero avere prospettive biologiche molto diverse se la loro “dotazione” di metalli è differente.
Punti chiave
I metalli di transizione sono un parametro ancora poco considerato nella ricerca di vita extraterrestre. La loro abbondanza varia nello spazio e nel tempo, quindi non tutti i sistemi stellari offrono la stessa “ricetta chimica” per la vita.
Le indagini spettroscopiche stellari (come quelle del progetto APOGEE) permettono di stimare il contenuto di metalli di transizione nelle stelle, e quindi nei pianeti che vi orbitano. Questo approccio potrebbe diventare un nuovo filtro astrobiologico: non solo cercare pianeti con acqua liquida, ma cercarli intorno a stelle ricche degli elementi giusti.
Contesto più ampio
Il legame tra metallicità e pianeti è ormai consolidato: le stelle con un’alta concentrazione di elementi pesanti tendono a ospitare un maggior numero di pianeti, in particolare mondi rocciosi come la Terra. Ma la questione non riguarda solo la formazione dei pianeti: ha implicazioni dirette anche per la biologia. Elementi come ferro e molibdeno, ad esempio, sono al cuore di molti enzimi fondamentali nei processi metabolici terrestri; senza di essi, il motore della vita cellulare collasserebbe. La loro disponibilità, però, non è affatto scontata: gli elementi più pesanti del ferro sono rari nell’Universo, perché si formano esclusivamente in eventi catastrofici come le esplosioni di supernovae o le collisioni tra stelle di neutroni. Questo rende l’abbondanza di certi metalli un vero e proprio fattore limitante per lo sviluppo della vita. In questo contesto si inserisce l’ipotesi della “Terra Rara”, secondo cui la vita complessa non è affatto diffusa, ma richiede condizioni eccezionalmente particolari, tra cui proprio la giusta combinazione di elementi chimici.
Perché è importante
Questa ricerca apre una nuova prospettiva in astrobiologia: la presenza di acqua liquida, da sola, non è sufficiente a garantire lo sviluppo della vita. Serve anche la “giusta tavola periodica”, ovvero una combinazione di elementi chimici adeguata a sostenere processi biologici complessi. In quest’ottica, la posizione del nostro Sistema Solare all’interno della Galassia e la particolare composizione chimica del Sole potrebbero aver giocato un ruolo fondamentale nell’emergere della vita sulla Terra. Questo approccio fornisce inoltre un criterio pratico e concreto per orientare le future missioni di ricerca della vita: i telescopi spaziali di nuova generazione non dovranno limitarsi a individuare pianeti nella cosiddetta zona abitabile, ma dovranno anche analizzare la loro “tavolozza chimica”, valutando se possiedono il mix di metalli ed elementi indispensabili perché la vita possa davvero sbocciare.
Ogni giorno milioni di persone in Italia e nel mondo cercano l’oroscopo del giorno per sapere cosa li attende in amore, lavoro e salute. Le rubriche astrologiche sono tra le più lette su giornali e siti web, segno di un interesse costante che unisce curiosità e tradizione. Ma cosa significa davvero leggere l’oroscopo? E qual è la differenza tra astrologia e astronomia, la scienza che studia i corpi celesti?
In questo articolo esploriamo le origini dell’oroscopo, il suo significato culturale, la sua diffusione quotidiana e la distinzione con la scienza moderna, offrendo una panoramica completa e ben indicizzata sul tema.
Cos’è l’oroscopo del giorno
L’oroscopo del giorno è una previsione astrologica che associa i movimenti apparenti del Sole, della Luna e dei pianeti a dodici segni zodiacali. Ogni segno corrisponde a un periodo dell’anno e a precise costellazioni dello zodiaco. Secondo l’astrologia, queste posizioni influenzano gli eventi e la personalità delle persone nate sotto un determinato segno.
Le rubriche di oroscopo quotidiano sono diventate una presenza fissa nei media: dai giornali cartacei ai siti online, fino alle app dedicate, con milioni di consultazioni ogni giorno.
Origini dell’oroscopo
L’oroscopo affonda le sue radici nelle civiltà mesopotamiche, dove l’osservazione del cielo era utilizzata per prevedere eventi collettivi come raccolti e guerre. Successivamente, i Greci e i Romani trasformarono l’astrologia in un sistema che collegava i corpi celesti alla vita degli individui.
Durante il Medioevo, l’astrologia era insegnata nelle università insieme all’astronomia, ma con l’avvento della scienza moderna e del metodo sperimentale, la distinzione si fece netta: l’astronomia divenne una disciplina scientifica, mentre l’astrologia rimase nel campo delle credenze.
Come viene calcolato l’oroscopo del giorno
L’astrologo parte dalla posizione degli astri rispetto alla Terra e li interpreta secondo la tradizione astrologica. I principali elementi considerati sono:
Posizione del Sole nei segni zodiacali.
Fase lunare e posizione della Luna.
Aspetti planetari: angoli tra i pianeti, come congiunzioni, quadrature e trigoni.
Ascendente e case astrologiche, che variano a seconda dell’ora e del luogo di nascita.
È importante sottolineare che non esistono basi scientifiche che colleghino le posizioni dei pianeti al destino umano, ma l’oroscopo resta un linguaggio simbolico e culturale molto diffuso.
Perché l’oroscopo quotidiano è così seguito
L’oroscopo del giorno ha un fascino particolare perché offre:
Un rituale quotidiano: molte persone iniziano la giornata leggendo le previsioni.
Una chiave interpretativa: l’oroscopo propone suggerimenti su come affrontare sfide e opportunità.
Intrattenimento: leggere il proprio segno è percepito come un momento leggero e divertente.
Appartenenza: i segni zodiacali creano identità e comunità (i “leoni” passionali, i “vergine” precisi, ecc.).
Oroscopo e scienza: la differenza con l’astronomia
Spesso l’oroscopo viene associato erroneamente alla scienza del cielo, ma è importante distinguere:
L’astronomia è la scienza che studia l’universo con metodo sperimentale e strumenti avanzati (telescopi, sonde spaziali, osservatori).
L’astrologia è una pratica simbolica che collega i moti celesti alla vita umana senza basi scientifiche.
Per approfondire la differenza, è utile consultare le risorse dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU), che chiariscono la netta separazione tra scienza e astrologia.
L’oroscopo oggi: media e applicazioni
L’oroscopo del giorno è uno dei contenuti più consultati sul web. Esistono:
Portali e riviste online come Oroscopo.it, che offrono previsioni quotidiane gratuite.
Applicazioni mobili dedicate esclusivamente all’oroscopo e alla lettura del tema natale.
Social network: gli oroscopi “brevi e virali” sono tra i contenuti più condivisi.
La popolarità digitale dell’oroscopo conferma il suo ruolo non solo come tradizione, ma anche come fenomeno mediatico moderno.
Conclusione
L’oroscopo del giorno è un fenomeno che unisce tradizione, cultura e intrattenimento. Nonostante la mancanza di basi scientifiche, continua a esercitare fascino perché offre un linguaggio simbolico che interpreta desideri, paure e speranze. È importante, però, distinguere sempre tra l’oroscopo come forma di espressione culturale e l’astronomia come disciplina scientifica.
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Se sei curioso di distinguere scienza e credenze, visita Coelum Astronomia: troverai articoli, guide e rubriche dedicate all’astronomia vera, per passare dall’oroscopo alle scoperte scientifiche che spiegano davvero il cielo.
Stonehenge è uno dei monumenti più iconici e misteriosi dell’antichità. Situato nella piana di Salisbury, nel sud dell’Inghilterra, è costituito da un insieme di grandi blocchi di pietra disposti in cerchi concentrici. Risalente a circa 4.500 anni fa, è diventato Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO nel 1986 e continua a richiamare studiosi, turisti e appassionati di storia da tutto il mondo.
Ma che cos’è Stonehenge? Perché è stato costruito? E soprattutto, quale funzione aveva per le popolazioni preistoriche che vi hanno investito secoli di lavoro e organizzazione?
Caratteristiche e struttura del sito
Stonehenge non è un semplice cerchio di pietre, ma un complesso archeologico articolato che ha richiesto costruzioni in fasi successive:
Primo periodo (circa 3000 a.C.): venne realizzato un fossato circolare con terrapieno e fosse (chiamate “fosse di Aubrey”), probabilmente utilizzate per scopi rituali.
Secondo periodo (2500 a.C.): furono trasportati i primi megaliti, alcuni dei quali provenivano dal Galles, a oltre 200 km di distanza.
Terzo periodo (2000-1500 a.C.): vennero collocate le grandi pietre verticali di sarsen (alcune alte più di 7 metri e pesanti oltre 20 tonnellate), disposte in un anello con architravi di pietra.
Oggi il sito appare come un cerchio incompleto, ma in origine la disposizione era molto più regolare e simmetrica. Le tecniche utilizzate per il trasporto e l’erezione di massi tanto grandi restano ancora oggetto di studi e ipotesi: corde, slitte di legno, rulli e forse l’uso di acqua e ghiaccio come lubrificante naturale.
Allineamenti astronomici
Una delle caratteristiche più affascinanti di Stonehenge è il suo allineamento con il Sole nei solstizi.
Solstizio d’estate: il Sole sorge allineato con la cosiddetta “Heel Stone”, una pietra situata all’ingresso del sito.
Solstizio d’inverno: il Sole al tramonto si allinea con l’asse principale del monumento.
Questi allineamenti fanno pensare a Stonehenge come a un calendario preistorico o a un osservatorio astronomico usato per prevedere stagioni e fenomeni celesti, cruciali per la vita agricola delle comunità neolitiche.
Secondo studi recenti, l’intero complesso potrebbe essere stato progettato come un luogo cerimoniale legato al ciclo della vita e della morte, con le pietre più chiare utilizzate per i rituali in onore dei vivi e quelle più scure per i riti funebri.
Interpretazioni e significati
Non esiste un consenso unico sul significato di Stonehenge, ma sono state avanzate diverse ipotesi:
Luogo rituale religioso: un centro per cerimonie spirituali legate alla natura e al ciclo delle stagioni.
Calendario astronomico: usato per segnare equinozi e solstizi, fondamentali per l’agricoltura.
Necropoli: scavi archeologici hanno rivelato resti umani, suggerendo una funzione funeraria.
Centro sociale: un luogo di incontro e coesione per diverse comunità neolitiche.
Molte di queste ipotesi non si escludono a vicenda: Stonehenge potrebbe aver avuto più funzioni, cambiate nel corso dei secoli.
Stonehenge nella cultura e nella società moderna
Stonehenge è diventato non solo un sito archeologico, ma anche un simbolo culturale universale.
Attira ogni anno milioni di turisti da tutto il mondo.
È al centro di festival e celebrazioni, come il raduno del solstizio d’estate, che richiama migliaia di persone tra druidi moderni, curiosi e appassionati di spiritualità.
È uno dei siti più studiati dalla comunità scientifica internazionale, con continui scavi e nuove tecnologie di indagine (georadar, scansioni 3D).
Il fascino di Stonehenge deriva proprio dal suo mistero irrisolto: a differenza di altri monumenti antichi, non abbiamo testi scritti che ne chiariscano la funzione.
Stonehenge e l’archeoastronomia
Lo studio di Stonehenge è stato fondamentale per lo sviluppo dell’archeoastronomia, una disciplina che unisce archeologia e astronomia per analizzare i rapporti tra monumenti antichi e fenomeni celesti.
Questo approccio ha permesso di comprendere come le società preistoriche avessero già una conoscenza avanzata del cielo, capace di tradursi in architetture complesse. Stonehenge non è un caso isolato: monumenti simili con allineamenti astronomici si trovano anche in altre parti del mondo, come Newgrange in Irlanda o i templi megalitici di Malta.
Stonehenge e l’UNESCO
Dal 1986 Stonehenge è riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO, insieme ad altri siti neolitici della zona. Questo riconoscimento ha permesso di tutelarlo e valorizzarlo come bene culturale unico, garantendo fondi per la conservazione e promuovendo un turismo sostenibile.
Conclusione
Stonehenge è molto più di un insieme di pietre antiche: è un simbolo universale del legame tra uomo e cosmo, un monumento che unisce scienza, spiritualità e comunità. La sua funzione precisa rimane avvolta nel mistero, ma proprio questa ambiguità lo rende affascinante e immortale.
Visitare Stonehenge significa compiere un viaggio nel tempo, alla scoperta delle radici della nostra civiltà e del rapporto millenario che l’uomo ha con il cielo e i suoi cicli.
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Se ti appassionano i temi di astronomia e archeoastronomia, visita Coelum Astronomia: troverai articoli, approfondimenti e rubriche che raccontano il legame tra l’uomo e il cosmo, dall’antichità fino alle missioni spaziali moderne.
La passione per l’astronomia è un sentimento che accomuna da secoli persone di culture e generazioni diverse. Nasce spesso da una semplice osservazione del cielo notturno: un bambino che nota la luminosità della Luna, un adulto che resta affascinato dalla Via Lattea in una notte estiva, o un curioso che si chiede cosa siano quelle luci in movimento che attraversano il firmamento.
L’astronomia, a differenza di altre scienze, ha una peculiarità unica: è visibile a tutti, anche senza strumenti complessi. Basta alzare lo sguardo. Questa immediatezza spiega perché la passione astronomica sia così diffusa e perché abbia un ruolo centrale nella divulgazione scientifica. Ma come nasce questa passione? Quali sono i suoi sviluppi? E perché continua a esercitare un fascino così profondo sull’uomo contemporaneo?
Come nasce la passione astronomica
Molti appassionati raccontano che la scintilla sia scattata in modi diversi, ma quasi sempre attraverso esperienze dirette di osservazione o di contatto con la scienza del cielo.
Osservazione a occhio nudo: riconoscere le costellazioni più note, seguire il movimento della Luna, distinguere i pianeti visibili senza strumenti (Venere, Giove, Saturno, Marte).
Primo telescopio: per molti, ricevere in regalo un piccolo telescopio o binocolo segna il momento in cui l’astronomia diventa una vera passione.
Letture e riviste specializzate: testi divulgativi, manuali pratici e siti come Coelum Astronomia hanno avvicinato generazioni di appassionati.
Eventi astronomici: eclissi solari e lunari, passaggi di comete, transiti di pianeti davanti al Sole sono occasioni che accendono l’interesse collettivo.
Esperienze condivise: serate osservative organizzate da associazioni e planetari offrono un contesto sociale che trasforma la curiosità individuale in passione stabile.
Una passione universale e accessibile
L’astronomia ha una caratteristica speciale: è una scienza democratica. Non serve un laboratorio costoso per iniziare, ma soltanto curiosità e il desiderio di osservare. Questa accessibilità rende l’astronomia una delle scienze più amate dagli amatori, tanto che si parla di una vera e propria comunità internazionale di “astronomi dilettanti”.
Molti fenomeni possono essere osservati senza strumentazione:
Il sorgere e il tramontare delle costellazioni nel corso delle stagioni.
Le fasi lunari, visibili a occhio nudo.
Le piogge di meteore come le Perseidi o le Geminidi.
Questa immediatezza fa sì che la passione astronomica sia un’esperienza intergenerazionale, che unisce nonni e nipoti, genitori e figli.
Passione e conoscenza scientifica
La passione astronomica non è solo contemplazione estetica. Molti appassionati sviluppano col tempo una conoscenza solida, imparando a usare mappe stellari, software di simulazione come Stellarium, e strumenti professionali.
Questa evoluzione trasforma la passione in competenza scientifica amatoriale, tanto che in molti casi gli appassionati hanno contribuito a scoperte importanti:
Rilevazione di nuove comete.
Monitoraggio dell’attività delle macchie solari.
Segnalazione di transiti di asteroidi vicini alla Terra.
Ciò dimostra che la passione per l’astronomia non è un passatempo fine a sé stesso, ma può diventare parte della ricerca scientifica collaborativa.
Il ruolo delle associazioni e delle comunità
Un aspetto centrale nello sviluppo della passione astronomica è l’incontro con altri appassionati. Le associazioni astronomiche locali organizzano osservazioni pubbliche, conferenze e corsi di formazione. In Italia esistono decine di gruppi che fanno parte dell’Unione Astrofili Italiani (UAI), un ente che coordina attività divulgative e progetti osservativi.
Partecipare a una comunità permette di:
Condividere esperienze e strumenti.
Imparare da osservatori più esperti.
Contribuire a progetti di citizen science.
La dimensione comunitaria rende la passione astronomica un’esperienza collettiva che rafforza il senso di appartenenza.
Dalla passione all’esplorazione
Molti giovani che hanno iniziato con un telescopio amatoriale hanno poi intrapreso carriere scientifiche e professionali nell’astronomia e nell’astrofisica. Agenzie come la NASA e l’ESA offrono continuamente nuovi stimoli, con missioni spaziali seguite da milioni di persone.
La passione astronomica non resta quindi confinata al cielo visibile: si alimenta con immagini spettacolari come quelle dell’Astronomy Picture of the Day e con le notizie provenienti dalle sonde spaziali che esplorano il Sistema Solare.
Conclusione
La passione per l’astronomia è un filo che unisce il passato al presente, dal primo uomo che ha alzato gli occhi al cielo fino ai moderni osservatori spaziali. È una passione che nasce facilmente e che può durare tutta la vita, arricchendo la conoscenza e stimolando la curiosità. Che si tratti di osservare la Luna al telescopio o di seguire le ultime scoperte della NASA, ciò che conta è lo sguardo rivolto al cielo, che ci ricorda sempre quanto sia vasto l’universo e quanto piccola, ma significativa, sia la nostra presenza al suo interno.
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L’astrofotografia è la disciplina che unisce scienza e arte, permettendo di immortalare il cielo notturno e gli oggetti celesti attraverso tecniche fotografiche avanzate. Nata già nell’Ottocento con le prime lastre fotografiche applicate ai telescopi, oggi è una passione praticata da migliaia di persone in tutto il mondo, resa possibile dall’evoluzione tecnologica delle fotocamere digitali e dalla diffusione di telescopi sempre più accessibili.
Non si tratta soltanto di scattare immagini suggestive: l’astrofotografia è anche un strumento scientifico che contribuisce alla ricerca, documentando fenomeni astronomici e permettendo agli appassionati di collaborare con osservatori professionali.
Tipi di astrofotografia
L’astrofotografia si divide in diversi ambiti, a seconda del soggetto e della tecnica utilizzata:
Fotografia lunare e planetaria: cattura dettagli della superficie della Luna, dei pianeti e dei satelliti naturali.
Deep sky: immortala oggetti deboli e lontani, come galassie, nebulose e ammassi stellari.
Wide field: mostra porzioni ampie di cielo, come la Via Lattea e congiunzioni planetarie.
Time-lapse e startrail: tecniche che evidenziano il movimento apparente delle stelle e la rotazione terrestre.
Ognuno di questi approcci richiede strumenti e impostazioni specifiche, ma tutti condividono lo stesso obiettivo: mostrare la bellezza del cosmo.
Strumenti principali
L’astrofotografia non richiede necessariamente strumenti complessi, ma alcuni elementi sono essenziali:
Telescopio con montatura equatoriale motorizzata: fondamentale per compensare il movimento terrestre.
Fotocamera digitale (DSLR o CCD/CMOS dedicate): consente lunghe esposizioni e sensibilità elevata.
Software di elaborazione: programmi come DeepSkyStacker, PixInsight o Photoshop permettono di combinare e migliorare le immagini.
Gli appassionati trovano un grande supporto in portali come Astronomy Picture of the Daye in community di astrofotografi che condividono tecniche e risultati.
Astrofotografia amatoriale e ricerca scientifica
L’astrofotografia amatoriale non ha solo un valore estetico. Molti fenomeni astronomici sono stati documentati proprio da appassionati che hanno condiviso i loro scatti con gli astronomi professionisti. Ad esempio:
Scoperte di supernovae in galassie lontane.
Monitoraggio dell’attività delle macchie solari.
Documentazione del passaggio di comete e asteroidi.
Questi contributi dimostrano come l’astrofotografia sia anche una scienza partecipativa, capace di arricchire le conoscenze collettive.
Conclusione
L’astrofotografia è una finestra sull’universo, che permette a chiunque di trasformare una notte serena in un viaggio attraverso le stelle. È una disciplina che educa, emoziona e unisce, creando una comunità globale di appassionati.
Scopri PhotoCoelum – la galleria di astrofotografia di Coelum
Se ti interessa l’astrofotografia e vuoi ammirare scatti realizzati da astrofotografi italiani e internazionali, visita la sezione PhotoCoelum. Troverai una galleria aggiornata con immagini del cielo profondo, della Luna e dei pianeti, accompagnate da schede tecniche e descrizioni. È uno spazio pensato per valorizzare la creatività degli appassionati e per condividere la bellezza del cosmo attraverso l’obiettivo di chi lo osserva.
L’Astronomy Picture of the Day, conosciuta con l’acronimo APOD, è una delle iniziative più longeve e seguite della NASA in ambito divulgativo. Dal 16 giugno 1995, ogni giorno viene pubblicata un’immagine astronomica accompagnata da un testo esplicativo scritto da scienziati professionisti. L’idea nasce grazie agli astrofisici Robert Nemiroff e Jerry Bonnell, che volevano offrire al pubblico un modo semplice e accessibile per avvicinarsi all’astronomia.
Il progetto ha avuto un successo immediato: milioni di persone in tutto il mondo consultano quotidianamente APOD per ammirare il cosmo attraverso fotografie spettacolari e per leggere spiegazioni chiare e accurate. La sua forza risiede proprio nel connubio tra bellezza visiva e contenuto scientifico affidabile, che rende ogni immagine uno strumento educativo e divulgativo.
Come funziona APOD
Ogni giorno sul sito ufficiale compare una nuova immagine. Non si tratta solo di fotografie professionali provenienti dai più grandi telescopi, ma anche di scatti realizzati da astrofotografi amatoriali di alto livello, accuratamente selezionati. Questo approccio inclusivo ha permesso di valorizzare la passione di molti appassionati che, con strumentazione privata, contribuiscono a mostrare il cielo con prospettive originali.
Telescopi terrestri: ad esempio il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO in Cile.
Sonde e rover spaziali: le immagini inviate da missioni come Perseverance su Marte o dalle sonde Voyager.
Astrofotografi amatoriali: che con pazienza e competenza riescono a catturare fenomeni come eclissi, comete e congiunzioni planetarie.
Accanto all’immagine, il cuore del progetto è la spiegazione testuale, che ha uno stile divulgativo: poche righe che condensano concetti complessi in un linguaggio chiaro e comprensibile.
Perché l’APOD è così importante
APOD non è soltanto una galleria fotografica. È una vera e propria enciclopedia visiva dell’universo, che ogni giorno arricchisce il sapere di chiunque sia interessato al cielo.
I punti di forza principali:
Accessibilità universale: gratuito e disponibile online, raggiungibile da chiunque abbia una connessione Internet.
Valore educativo: usato in scuole e università come risorsa didattica per spiegare concetti astronomici attraverso esempi concreti.
Divulgazione scientifica: permette di rendere visibili al grande pubblico scoperte complesse senza rinunciare alla correttezza scientifica.
Archivio storico: dal 1995 a oggi raccoglie migliaia di immagini, costituendo una cronologia visiva dell’evoluzione dell’astronomia moderna.
Molti insegnanti e divulgatori usano l’APOD come strumento quotidiano di formazione, creando percorsi didattici che uniscono scienza e immaginazione.
Esempi celebri di APOD
Tra le migliaia di immagini pubblicate negli anni, alcune sono diventate iconiche:
La fotografia della Pillars of Creation, scattata dal telescopio Hubble, che mostra colonne di gas e polveri nella Nebulosa Aquila.
Gli spettacolari mosaici di galassie catturati dal James Webb Space Telescope, che rivelano oggetti mai osservati prima.
Le immagini a lunga esposizione di comete e eclissi solari, spesso realizzate da astrofotografi amatoriali.
Le mappe del cielo riprese in diverse lunghezze d’onda, dal visibile all’infrarosso e ai raggi X.
Questi contenuti dimostrano come l’APOD riesca a coniugare estetica e rigore scientifico, emozionando e informando allo stesso tempo.
L’impatto culturale e sociale
L’APOD ha creato una vera e propria comunità internazionale di appassionati, studenti e ricercatori. Ogni giorno l’immagine viene condivisa su forum, social network e piattaforme educative, contribuendo alla diffusione globale della cultura scientifica.
Non è raro che persone comuni, incuriosite da un’immagine vista sull’APOD, decidano di approfondire l’astronomia e inizino a praticare l’astrofotografia o a partecipare ad attività di osservazione nei planetari.
Inoltre, il progetto contribuisce a mantenere viva l’idea che la scienza è patrimonio di tutti, non riservata a un’élite di specialisti.
APOD oggi e domani
Dopo quasi trent’anni, APOD è ancora uno dei siti di astronomia più visitati al mondo. Il suo archivio, facilmente consultabile per data, permette di esplorare le immagini pubblicate fin dal 1995, offrendo un patrimonio senza precedenti.
Guardando al futuro, è probabile che il progetto continui a crescere integrando nuovi strumenti di osservazione, immagini sempre più dettagliate e magari contenuti multimediali come video e animazioni 3D.
Conclusione
L’Astronomy Picture of the Day è una finestra quotidiana sull’universo che unisce rigore scientifico e meraviglia estetica. È uno strumento prezioso per educare, emozionare e diffondere la cultura scientifica. Che si tratti di una galassia lontana osservata da un telescopio spaziale o di un’eclissi catturata da un appassionato, ogni immagine APOD racconta una storia dell’universo e ci invita a guardare il cielo con occhi nuovi.
Segui l’APoC – Astronomy Picture of Coelum
Se ti appassiona l’Astronomy Picture of the Day, ti invitiamo a scoprire anche l’APoC – Astronomy Picture of Coelum, la rubrica quotidiana di Coelum Astronomia ispirata al progetto NASA. Ogni giorno pubblichiamo una selezione di immagini astronomiche accompagnate da spiegazioni chiare e approfondite, con particolare attenzione agli scatti realizzati da astrofotografi italiani e alle osservazioni più significative visibili dal nostro cielo. Seguire l’APoC significa avere un appuntamento quotidiano con la bellezza dell’universo e restare aggiornati sulle meraviglie del cosmo con uno sguardo vicino e accessibile.
Quando sentiamo la parola “costellazioni”, pensiamo subito al cielo stellato, ai disegni che le antiche civiltà hanno tracciato per orientarsi e raccontare storie mitologiche. Tuttavia, nel linguaggio moderno, il termine è usato anche in un contesto psicologico, dando vita al concetto di costellazioni familiari. Queste, però, non hanno nulla a che fare con l’astronomia.
Le costellazioni familiari sono un metodo introdotto dallo psicoterapeuta Bert Hellinger negli anni ’90. L’idea è rappresentare dinamiche relazionali tra i membri di una famiglia attraverso una sorta di “messa in scena simbolica”. È importante distinguere chiaramente tra le costellazioni astronomiche, che fanno parte della scienza ufficiale, e quelle familiari, che appartengono a un campo non scientifico.
Cosa sono le costellazioni familiari
Una tecnica di psicoterapia sistemica che mira a mettere in luce conflitti irrisolti o dinamiche nascoste all’interno del nucleo familiare.
Durante una sessione, i partecipanti “interpretano” membri della famiglia del soggetto in esame, ricreando un quadro emotivo e relazionale.
L’obiettivo è offrire nuove prospettive e stimolare consapevolezza interiore.
Non è riconosciuta come scienza, ma è utilizzata da alcuni terapeuti in contesti di counseling.
Le costellazioni familiari non hanno alcun legame con le stelle, e il loro nome è semplicemente metaforico: il termine “costellazione” viene usato per evocare l’idea di un sistema di elementi connessi tra loro.
Differenza con le costellazioni astronomiche
Le costellazioni astronomiche, riconosciute dall’Unione Astronomica Internazionale (IAU), sono raggruppamenti di stelle visibili nel cielo. Queste sono state ufficialmente codificate nel 1922 e rappresentano 88 aree del cielo, utilizzate dagli astronomi per orientarsi nelle osservazioni.
Le costellazioni familiari invece:
Non hanno alcun fondamento scientifico.
Non derivano da osservazioni astronomiche.
Non servono per studiare il cosmo, ma per esplorare simbolicamente dinamiche umane.
Conclusione
Le costellazioni familiari appartengono al linguaggio della psicologia, non all’astronomia. Quando si parla di “costellazioni” in senso scientifico, ci si riferisce esclusivamente a figure celesti, con basi osservative e coordinate precise. Confondere i due termini rischia di generare equivoci, soprattutto online, dove molte persone cercano informazioni scientifiche.
L’astronomia è una delle scienze più antiche dell’umanità, nata migliaia di anni fa dall’osservazione del cielo notturno. Le civiltà mesopotamiche, egizie e maya tracciavano i movimenti delle stelle per misurare il tempo e regolare le attività agricole, mentre in Grecia filosofi come Aristotele e Tolomeo svilupparono i primi modelli cosmologici.
Oggi l’astronomia è una scienza moderna e interdisciplinare, che unisce fisica, matematica, chimica e informatica per comprendere l’universo. Dalla scoperta dei pianeti extrasolari alla fotografia delle prime galassie con il James Webb Space Telescope, questa disciplina continua a rivoluzionare la nostra visione del cosmo.
Ma spesso il termine viene confuso con astrologia, una pratica basata sull’interpretazione simbolica dei movimenti celesti. Per questo è fondamentale distinguere cosa sia davvero l’astronomia e cosa invece non appartenga al suo ambito scientifico.
Cos’è l’Astronomia
L’astronomia è definita come la scienza che studia l’universo e i corpi celesti. Questo include pianeti, stelle, satelliti, asteroidi, comete, galassie e fenomeni come buchi neri o onde gravitazionali.
Caratteristiche principali dell’astronomia:
Scienza sperimentale: utilizza osservazioni ripetibili e verificabili.
Metodo scientifico: si basa su ipotesi, calcoli e conferme sperimentali.
Tecnologia avanzata: sfrutta telescopi ottici, radiotelescopi e strumenti spaziali.
Interdisciplinarietà: dialoga con fisica teorica, geologia planetaria e biologia (astrobiologia).
Grazie a missioni come Hubble e Gaia dell’ESA, oggi conosciamo miliardi di stelle e possiamo mappare il cosmo con una precisione mai raggiunta prima.
Cosa non è Astronomia
Molti confondono l’astronomia con altre discipline o pratiche. In realtà:
Non è astrologia: l’astronomia non si occupa di oroscopi o predizioni del futuro. L’astrologia interpreta i moti celesti come influenze sul destino umano, ma non ha alcuna base scientifica.
Non è superstizione: le credenze popolari (eclissi come segni divini, comete come presagi) appartengono al mito, non alla scienza.
Non è magia: non offre risposte esoteriche, ma spiegazioni basate su osservazioni verificabili.
Non è opinione personale: i dati astronomici possono essere replicati e misurati da chiunque con gli strumenti adatti.
Questa distinzione è cruciale soprattutto nell’era digitale, dove informazioni scientifiche convivono con notizie false o ingannevoli.
Gli strumenti dell’Astronomia moderna
Per comprendere meglio il cosmo, l’astronomia si avvale di tecnologie sempre più sofisticate:
Sonde e rover: missioni come Perseverance su Marte esplorano direttamente i pianeti.
Osservatori gravitazionali: come LIGO e Virgo, che hanno rilevato le onde gravitazionali previste da Einstein.
Questi strumenti hanno trasformato l’astronomia da semplice osservazione visiva a scienza di precisione.
Conclusione
L’astronomia è la scienza del cielo e dell’universo. Non si limita a osservare le stelle, ma cerca di comprendere le leggi che regolano lo spazio e il tempo. Non è astrologia, non è magia, e non è previsione del destino umano: è una disciplina scientifica che unisce l’umanità nella ricerca di risposte.
Brogliaccio relativo alla terza immagine di prediscovery della SN1972E in NGC5253 ripresa al Mount John University Observatory il 9 maggio 1972 da M. Clack.
a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini
Abstract
La supernova SN1972E, scoperta da Charles Thomas Kowal il 13 maggio 1972 nella galassia nana NGC 5253, rappresenta la terza più luminosa extragalattica mai osservata, con una magnitudine di +7,8. Fu la prima supernova classificata in tempo reale come di tipo Ia, grazie agli spettri ottenuti dagli osservatori di Lick e Asiago. La scoperta di Kowal, allora impegnato con Fritz Zwicky al programma di ricerca sistematica delle supernovae al Palomar Observatory, si inserisce in un contesto storico che vede l’uso delle Ia come “candele standard” cosmologiche. Ulteriori prediscovery datate 6 e 9 maggio 1972 hanno anticipato la data ufficiale di individuazione. L’indagine sugli archivi di Palomar, Asiago, Carter e Bamberga ha permesso di ricostruire la cronologia completa di osservazioni e conferme, restituendo un ritratto dettagliato di uno degli eventi più significativi della storia delle supernovae.
SN1972E in NGC 5253
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Il meteorite Nathan di 272 kg, conservato presso il museo di Scienze Planetarie di Prato, scatto a cura di Flavio Castellani
ABSTRACT
A pochi chilometri da Firenze, il Museo di Scienze Planetarie di Prato rappresenta il principale punto di riferimento in Italia per lo studio e l’esposizione di meteoriti. Nato negli anni ’90 e ospitato in una ex caserma, unisce un allestimento moderno e divulgativo a una collezione scientificamente preziosa. Oltre 600 meteoriti, di cui 125 esposti, includono esemplari unici come la siderite Nathan (272 kg, la più grande in Italia), condriti carbonacee celebri come Allende e Gujba, meteoriti marziane e lunari, oltre a rare pallasiti e mesosideriti. Il museo dedica ampio spazio anche a crateri da impatto, impattiti e vetri naturali, affiancando alla funzione espositiva un’attività di ricerca e classificazione riconosciuta a livello internazionale.
Il Museo di Scienze Planetarie di Prato
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L’Associazione Romana Astrofili che gestisce l’Osservatorio Astronomico di Frasso Sabino (RI) riceve per la seconda volta il premio Shoemaker NEO Grant della Planetary Society (USA)
La Planetary Society, ente americano che sostiene e promuove la ricerca in campo astronomico ha attribuito il premio Shoemaker NEO grant 2025 ad alcuni osservatori tra cui l’Associazione Romana Astrofili (delegazione UAI – Unione Astrofili Italiani) che opera presso l’Osservatorio “Virginio Cesarini” di Frasso Sabino (RI).
Il premio, volto a finanziare la ricerca nel campo dell’osservazione degli oggetti NEO (Near Earth Object) cioè quegli asteroidi e comete che hanno un’orbita prossima alla Terra e potenzialmente potrebbero rappresentare un pericolo per un possibile impatto, viene attribuito a seguito di un bando internazionale al quale i partecipanti devono rispondere proponendo un progetto di ricerca sui NEO e presentando una relazione indicando l’attività svolta in questo settore.
L’ARA ha sempre attivamente operato nell’osservazione astrometrica di asteroidi e comete ed in particolare nel monitoraggio dei NEO ed a testimonianza della continuità del lavoro svolto in questo ambito di ricerca, già nel 2021 aveva ricevuto il premio Shoemaker NEO.
Dall’anno della apertura dell’Osservatorio di Frasso Sabino (1995) sono stati più di 7500 le posizioni astrometriche di 1740 oggetti inviate al Minor Planet Center1 (unico centro mondiale per la raccolta e gestione delle osservazioni di asteroidi e comete per definire e migliorare nel tempo la conoscenza delle loro orbite) con alcune scoperte dell’attività cometaria presentata da oggetti inizialmente classificati come asteroidi.
Il premio ricevuto quest’anno consiste nell’erogazione di fondi per sostenere il progetto di ricerca presentato tramite l’acquisto di un nuovo tubo ottico in configurazione RC con diametro degli specchi maggiore e schema ottico più performante di quello attualmente installato in osservatorio che consentirà di seguire oggetti meno luminosi di almeno 2.5 volte rispetto all’attuale.
Il merito di questo successo deve essere condiviso tra coloro che in diversi modi hanno sempre operato per l’Associazione: da chi ha svolto attività osservativa a chi si è occupato della manutenzione del telescopio e di tutti gli strumenti accessori; da chi ha effettuato attività didattica e divulgativa a chi ha svolto le innumerevoli incombenze amministrative. Un ringraziamento particolare deve essere rivolto alle Amministrazioni Comunali che si sono succedute nel tempo e alla cittadinanza di Frasso Sabino che hanno sempre sostenuto le molteplici attività culturali e di ricerca messe in atto dall’ARA presso l’Osservatorio” Virginio Cesarini” di Frasso Sabino.
Alcuni membri dell’associazione in uno scatto del 16 agosto.
1 L’MPC opera presso lo Smithsonian Astrophysical Observatory (USA), sotto l’egida della Divisione F dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU).
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Una recente ricerca ha portato alla luce nuove prove che suggeriscono come le comete possano aver giocato un ruolo fondamentale nel trasporto di acqua sulla Terra. L’acqua proveniente da una cometa si è rivelata sorprendentemente simile a quella presente negli oceani terrestri, supportando l’ipotesi che le comete abbiano contribuito non solo a portare acqua ma anche elementi essenziali per la vita sul nostro pianeta. Questa scoperta apre nuove prospettive su come la vita possa essersi sviluppata sulla Terra, offrendo una comprensione più profonda del ruolo che le comete potrebbero aver avuto nel plasmare il nostro ambiente.
Utilizzando l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA – un osservatorio astronomico internazionale, frutto di una collaborazione tra diversi enti scientifici globali), un gruppo internazionale guidato da Martin Cordiner del Goddard Space Flight Center della NASA ha ottenuto una mappatura dettagliata dell’acqua ordinaria (H₂O) e dell’acqua “pesante” (HDO) nella cometa 12P/Pons-Brooks. Questa ricerca rappresenta la prima mappatura spaziale così dettagliata di queste due forme di acqua in una cometa. Le osservazioni di ALMA sono state combinate con i dati dell’Infrared Telescope Facility (IRTF) della NASA per ottenere un quadro più completo della cometa. Queste osservazioni hanno permesso di misurare con precisione il rapporto deuterio/idrogeno (D/H) nell’acqua della cometa, un parametro chimico cruciale per tracciare le origini dell’acqua nel Sistema Solare.
I risultati della ricerca dimostrano, sorprendentemente, che il rapporto D/H misurato nella cometa 12P/Pons-Brooks è quasi identico a quello degli oceani terrestri.
Le mappe di ALMA mostrano la distribuzione di acqua ordinaria (H₂O) e acqua pesante (HDO)nella cometa 12P/Pons-Brooks. Crediti: M. Cordiner et a. – ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)
Martin Cordiner ha dichiarato: “Comete come questa sono reliquie congelate della nascita del nostro Sistema Solare 4,5 miliardi di anni fa. I nostri nuovi risultati forniscono la prova più solida finora che almeno alcune comete di tipo Halley trasportavano acqua con la stessa firma isotopica di quella terrestre, sostenendo l’idea che le comete potrebbero aver contribuito a rendere abitabile il nostro pianeta”. Questa scoperta non solo avvalora l’ipotesi dell’origine cometaria dell’acqua terrestre, ma alimenta anche il dibattito scientifico sulla possibilità che le comete abbiano portato altri elementi vitali.
Cometa 12P/Pons-Brooks APOD (16 febbraio 2024) Credit: Dan Bartlett
Le comete di tipo Halley, con periodi orbitali intermedi, visitano raramente il Sistema Solare interno. I risultati di questo studio sono significativi perché sfidano le precedenti misurazioni che mostravano un rapporto D/H diverso da quello terrestre, lasciando dubbi sull’origine dell’acqua terrestre. Questa nuova misurazione suggerisce che alcune comete potrebbero effettivamente aver fornito acqua e altri elementi essenziali per la vita su una giovane Terra. Questo studio invita a riconsiderare il ruolo delle comete non solo come portatrici d’acqua, ma come potenziali vettori di composti organici complessi, aprendo nuove strade per future esplorazioni spaziali e ricerche scientifiche.
Questa ricerca non solo conferma l’origine dei gas osservati, ma offre anche un quadro più accurato della composizione delle comete. Le osservazioni di ALMA hanno permesso al team di rilevare tracce di acqua pesante dalle regioni interne della chioma della cometa, qualcosa di mai mappato prima. Questo risultato rappresenta un passo avanti significativo nella nostra comprensione delle comete e del loro ruolo nella storia evolutiva del nostro pianeta. Le tecniche innovative utilizzate in questo studio aprono la strada a ulteriori ricerche che potrebbero svelare altri misteri del nostro Sistema Solare.
Questi risultati non solo rafforzano l’ipotesi che comete come la 12P/Pons–Brooks possano aver contribuito all’origine dell’acqua terrestre, ma aprono anche nuove prospettive per comprendere il ruolo dei corpi ghiacciati nello sviluppo delle condizioni favorevoli alla vita. La corrispondenza tra il rapporto D/H della cometa e quello degli oceani terrestri offre una connessione diretta tra il passato remoto del Sistema Solare e la storia stessa della Terra, suggerendo che le nostre origini siano scritte anche nel ghiaccio antico di questi viaggiatori cosmici.
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