Nel pieno dell’autunno incontriamo sulla volta celeste due costellazioni mitologicamente connesse tra di loro, che rappresentano una coppia di sovrani: Cassiopea e Cefeo.
COSTELLAZIONE DI CASSIOPEA
Subito dopo il tramonto, che avverrà sempre più anticipo, si avrà maggior possibilità di osservare il cielo stellato: a Nord non sarà difficile imbattersi in un’inconfondibile figura a forma di W: si tratta della costellazione di Cassiopea.
L’asterismo è tipico del cielo boreale ed è situato tra le costellazioni di Cefeo e Andromeda; Cassiopea raggiunge la massima altezza proprio nel periodo autunnale, sebbene sia visibile durante tutto l’anno nei pressi della Stella Polare, assumendo la forma di W o M a seconda delle stagioni.
La stella più brillante della costellazione è Shedir (α Cassiopeiae), una gigante arancione di magnitudine apparente di +2,25, posta a 229 anni luce dalla Terra e che viene a volte surclassata in termini di luminosità dalla variabile Gamma Cassiopeiae.
SUPERNOVAE IN CASSIOPEA
Nel 1572 nella costellazione di Cassiopea apparve all’improvviso una stella tanto brillante quanto il pianeta Venere: venne denominata come la “nova di Tycho Brahe”, dal nome dell’astronomo danese che condusse le osservazioni dell’oggetto per oltre un anno, ad occhio nudo, riportando dati molto dettagliati: ciò che aveva osservato era l’apparizione di una supernova.
Ma nella stessa costellazione è apparso anche un altro oggetto di questa categoria, ovvero Cassiopea A, una forte radiosorgente situata a 11 mila anni luce da noi e osservata nel 1680.
Il telescopio spaziale Chandra, nel 2004, ha scoperto anche una sorgente molto compatta di raggi X proprio al centro di Cassiopea A, le cui caratteristiche mostrano che si tratta di una stella di neutroni che con ogni probabilità rappresenta il resto della stella esplosa più di 300 anni fa.
OGGETTI NON STELLARI IN CASSIOPEA
La costellazione di Cassiopea è attraversata dalla Via Lattea, per cui risulta essere molto ricca di oggetti non stellari come nebulose e ammassi, le cui immagini sono una vera delizia per gli occhi.
Uno di questi è IC1805, una nebulosa a emissione nota con il nome di Nebulosa Cuore, distante 7500 anni luce da noi: al suo interno si trova un sistema di piccoli ammassi di cui il più noto è Melotte 15, il quale contiene alcune stelle circa 50 volte più massicce del Sole.
Crediti Marcella Botti
Crediti Marcella Botti
Un altro oggetto davvero sorprendente è Sh2-185, una nebulosa a emissione e riflessione, composta da regioni distinte con diverse caratteristiche; è noto con il nome di Fantasma di Cassiopea.
Crediti Mirko Tondinelli
CASSIOPEA NELLA MITOLOGIA
Vanitosa e presuntuosa come poche, Cassiopea era la sovrana di Etiopia moglie di Cefeo e madre di Andromeda: la donna, pettinando i suoi capelli (la sua occupazione preferita) si vantava di essere la più bella del reame, persino più bella delle Nereidi, le ninfe marine al seguito del dio del mare, Poseidone, al quale non andava proprio giù che la regina etiope osasse affermare che la sua bellezza fosse superiore a quella delle sue ninfe.
Offeso e oltraggiato, Poseidone scatenò la sua ira sull’intero regno, (vedi costellazione di ottobre) e in modo particolare sul punto più debole della vanitosa Cassiopea, ovvero la sua giovane e innocente figlia Andromeda.
La storia è quella che conosciamo già e narra che Andromeda, per colpa di sua madre, fu legata su di una rupe infernale, preda del mostro marino Ceto; a salvarla dalle sue grinfie e della pena che le venne inflitta per scontare le colpe della regina, ci pensò Perseo in groppa al cavallo alato Pegaso, che ruppe le catene e la portò via con sé.
A Cassiopea toccò la sorte di essere collocata in cielo sul trono ma in una posizione poco carina, ovvero a testa in giù, nell’atto di specchiarsi o accarezzarsi i capelli, condannata a roteare per sempre attorno al polo nord.
LA COSTELLAZIONE DI CEFEO
Un’altra costellazione settentrionale da osservare nel periodo autunnale è quella di Cefeo, il mitologico marito di Cassiopea.
Si tratta di una costellazione circumpolare confinante con l’Orsa Minore e Cassiopea, composta da stelle non molto luminose che danno a Cefeo la figura di una casetta un po’ sgangherata che poggia la base sulla Via Lattea settentrionale; Alderamin (α Cephei) è la stella principale dell’asterismo, bianca e di magnitudine 2,45 che dista solo 49 anni luce.
Cefeo possiede una stella molto interessante: si tratta di Mu Cephei (μ Cep / μ Cephei), nota anche come Granatum Sidus (Stella granata): si tratta di una stella supergigante rossa multipla di quarta magnitudine, che l’astronomo Giuseppe Piazzi inserì nel suo “Catalogo di Palermo” proprio con questo nome, che deriva da un’affermazione di William Herschel il quale, nel suo Philosophical transactions, definì Mu Cephei così: «Ha un bellissimo e profondo colore granata, simile a quello della stella periodica Omicron Ceti».
Da un cielo nitido e idoneo all’osservazione la Stella Granata può essere individuata anche ad occhio nudo poco più a sud di Alderamin (α Cephei), con il suo caratteristico colore rosso/arancio.
Ma la stella di certo più importante per gli astronomi, che si trova nella costellazione di Cefeo, è Delta Cephei, una stella variabile multipla capostipite della classe di Cefeidi.
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Il 28 ottobre, nelle prime ore della sera, meteo permettendo, da tutta Italia sarà possibile assistere all’Eclisse Parziale di Luna. Il nostro satellite per l’occasione sarà coperto per una minima parte e vedremo per lo più un’ombra stagliarsi sopra al suo disco.
Appunto la sera di sabato 28 ottobre ore 20 circa italiane per l’inizio dell’eclissi parziale di Luna che si verifica ogni qual volta il nostro satellite viene solo in parte nascosto dal cono di ombra prodotto dalla Terra illuminata dalla parte opposta dal Sole.
Nello schema a seguire una rappresentazione stilizzata della configurazione in cui Sole – Terra – Luna verranno a trovarsi:
credit: TimeAndDate
Nell’immagine sopra la Luna è posizionata al limite del cono di ombra prodotto dalla Terra ed è esattamente in questa configurazione che si verifica quella che viene definita come Eclisse Parziale di Luna. Quando la Luna, per effetto dell’inclinazione del suo asse di rivoluzione intorno alla Terra, finisce invece per cadere completamente nel cono d’ombra si avrà un’Eclisse Totale di Luna.
Tornando alla sera del 28 ottobre innanzi tutto è importante sottolineare che per tutto il giorno saremo ancora effettivamente nell’ora legale, ciò significa che tutti gli orari indicati come TU Universal Time e riferiti a Grennwich dovranno essere tradotti in orario italiano aggiungendo due ore: TU+2. Il cambio di orario è fissato invece subito dopo, nella notte fra il 28 e il 29 alle ore 3 quando dovremo riportare le lancette indietro di un’ora e tornare all’orario solare TU+1.
Ecco il percorso che compirà la Luna nella sera del 28 attraversando il cono di ombra
Il massimo di eclisse è previsto per le ore 20:14 TU ciò significa ore 22:14 in Italia (TU+2).
Nell’immagine si notano alcune fasi differenti che attraverserà la Luna nelle ore precedenti e quelle successive. In particolare la sequenza sarà (espressa in orario valido per l’Italia):
– inizio penombra ore 20:01
– inizio ombra ore 21:35
– Massimo ombra ore 22:14
– fine ombra ore 22:52
– fine penombra ore 00:20
Dopo essere sorta, attorno alle 18:00 per il Centro Italia, potremo però seguire tutte le fasi fino al termine dell’evento.Alle 22:52 la Luna uscirà dal cono d’ombra, concludendo l’eclisse parziale, ma trovandosi però completamente immersa nella penombra, dalla quale uscirà alle 00:20. A questo punto, il nostro satellite, si troverà ormai al di sopra dell’orizzonte in tutte le località italiane, a circa 53° gradi sopra l’orizzonte.
L’area della Luna soggetta alla parzialità sarà il settore più meridionale con l’estrema regione polare sud.
Nella mappa sottostante sono riportate le zone del mondo dove l’eclisse parziale sarà visibile e dove no.
L’Italia e l’Europa tutta è al centro dell’area di visibilità.
Dove guardare
La Luna sarà visibile sin dal suo sorgere a Sud-Est e al massimo dell’ombra sarà ben alta nel cielo, circa 53° sopra l’orizzonte.
Alla sinistra della Luna spiccherà ben visibile l’astro che sta dominando le notti autunnali, Giove, leggermente più basso, distante circa 6° gradi.
Sarà l’occasione idea per scatti importanti e pregni di dettagli e tecnica.
GLI SCATTI dal PASSATO di PHOTOCOELUM e alcune idee di postproduzione.
di Roberto Ortu
di Antonio Ferrettidi Antonio Magnidi Angelo Demauro
CARICA I TUOI SCATTI IN PHOTOCOELUM, I MIGLIORI SARANNO PUBBLICATI SULLA RIVISTA DEL PROSSIMO NUMERO.
Il 28 Ottobre l’Associazione StarAntola Ets promuove un evento speciale con protagonista la nostra Luna e le sue Eclissi, durante la serata sarà possibile osservare un eclissi lunare parziale !!!
L’evento sarà composto da un unico turno partente alle ore 21:15
L’evento si strutturerà in 4 momenti:
1. Presentazione in sala conferenza sulla formazione, sulle missioni spaziale e su tanti altri aspetti del nostro satellite
2. Osservazione dell’eclissi parziale di luna a occhio nudo e tramite proiezione di immagini riprese tramite telescopio.
3. Visita al planetario con proiezioni appositi atte a spiegare la rivoluzione della luna e la conseguente formazione delle eclissi.
4. Osservazione al telescopio da 80cm dell’Osservatorio dell’Antola della luna.
La prenotazione è obbligatoria e può essere effettuata tramite:
1. E-mail all’indirizzo info@starantola.it
2. Chiamata/messaggio o Whatsapp a 389 6331785
3. Messaggio Instagram (Direct) o messaggio Facebook (Messanger) alle pagine dell’ Associazione
4. Tramite l’apposito form sul nostro sito “www.starantola.it”
La partecipazione all’evento è a fronte di un contributo volontario all’Associazione di:
10€
7€ (Under 18)
Gratuito (Under 6)
Vieni anche tu a scoprire di più sul nostro satellite preferito e sul perchè della formazione delle eclissi!
COELUM ASTRONOMIA sarà presente alla Fiera dell’Astronomia
in programma il week end dell’11 e 12 novembre a Cesena
presso l’ente fiera
Nei due giorni della fiera
presso lo stand di Coelum
aggiungendo un like alla pagina FB o all’account Instagram in omaggio un Magnifico Poster Astronomico
soggetti vari – 50×70 cm
Perchè partecipare alla fiera?
Una fiera è l’occasione giusta per conoscersi di persona e scambiare due chiacchiere su temi che accomunano visitatori ed espositori. E’ un modo per riconoscersi, per creare dei legami, per abbattere i muri della comunicazione digitale aggiungendo un volto ed un sorriso alle presentazioni.
Perché passare allo stand di COELUM?
TRE buoni motivi per passare da COELUM:
Presso lo stand di Coelum si potranno sottoscrivere gli abbonamenti annuali alla versione cartacea fruttando le offerte in corso. Sarà possibile vedere l’anteprima del nuovo numero 265 VI bimestre 2023 (dicembre/gennaio).
La direttrice ed alcuni membri dello staff saranno a disposizione per i lettori.
Aggiungendo un like ai canali social di COELUM o lasciando l’indirizzo email per la Newsletter in omaggio verrà consegnato un poster a tema astronomico su carta lucida 50×70 (la disponibilità è limitata ad esaurimento scorte).
INOLTRE
All’AstroShow, potrai scoprire una varietà di produttori e importatori di strumentazione astronomica, che metteranno in mostra una vasta selezione di telescopi, montature, camere CCD e accessori per l’osservazione e la fotografia del cielo notturno. Inoltre, avrai l’opportunità di esplorare le ultime novità degli editori di riviste, libri e software dedicati all’astronomia.
Una sezione speciale della fiera sarà riservata alle associazioni astronomiche amatoriali dove saremo presenti anche noi. Queste associazioni presenteranno al pubblico le loro iniziative, condivideranno la loro passione per l’astronomia e metteranno in mostra gli strumenti autocostruiti che sono il risultato dell’ingegno creativo dei loro membri.
Questa sarà un’opportunità unica per incontrare esperti, vedere attrezzatura di qualità e connettersi con appassionati di astronomia provenienti da tutto il paese.
Orario e costo:
L’Astroshow sarà aperto in entrambi i giorni della manifestazione dalle 9.30 alle 19.30; il biglietto di ingresso costa 5,00 € (i parcheggi sono gratuiti). Con lo stesso biglietto si può visitare anche Fatto a Mano, la fiera della creatività e dell’artigianato che si svolge nella stessa Fiera con gli stessi orari.
Come arrivare:
La fiera di Cesena a Piazzale Vanoni E. 100 – 47522 Pievesestina di Cesena (FC) è facilmente accessibile da diverse direzioni.
Immagine: NASA, ESA, CSA, STScI, R. Hueso (Università dei Paesi Baschi), I. de Pater (Università della California, Berkeley), T. Fouchet (Osservatorio di Parigi), L. Fletcher (Università di Leicester) , M. Wong (Università della California, Berkeley), J. DePasquale (STScI)
Dalle immagini di Giove riprese dal JWST spuntano nubi ad alta quota
Mentre Juno continua il suo viaggio “lento” ma costante sulla via della programmazione e valutazione, gli scienziati della NASA sembrano schegge impazzite in grado di orientare WEBB ove più aggrada in barba, forse, ai programmi di ricerca.
Le immagini di Giove ad opera del James Webb Space Telescope nei mesi scorsi, sembrano quali voler offuscare il fascino delle immagine catturate dalla sonda Juno pochi anni fa e che tanto ci hanno fatto innamorare rivelando un pianeta meno rosso di quanto invece non fossimo abituati ad immaginare.
Il JWST, che doveva essere formalmente utilizzato per le indagini “ai confini dell’Universo” ci stupisce più volte mostrando dettagli dei nostri vicini cosmici.
Crediti: NASA, ESA, CSA, STScI, R. Hueso (Università dei Paesi Baschi), I. de Pater (Università della California, Berkeley), T. Fouchet (Osservatorio di Parigi), L. Fletcher (Università di Leicester) , M. Wong (Università della California, Berkeley), J. DePasquale (STScI)
L’immagine sopra tuttavia non è solo accattivante ma mostra anche dei dettagli di valore scientifico sfuggiti ad altri strumenti.
Si tratta di nubi ad alta quota stazionarie sopra l’equatore (vedi rettangolo nell’immagine di copertina dell’articolo dello scorso luglio 2022), poste a circa 40km dalla superficie di Giove e i cui venti dovrebbero viaggiare alla velocità media di circa 500 km/h, il doppio di un uragano di categoria 5 per intenderci, il massimo.
Le immagini di NirCAM sono state raccolte a distanza di 10 ore su 4 filtri così da evidenziare molti più dettagli come ad esempio le vaste aurore dei due poli.
Grazie all’intervento del telescopio Hubble che ricordiamo lavora nel visibile, si è potuto creare una ricostruzione tridimensionale dell’andamento delle nubi evidenziando quindi moti differenti nei e tra i vari strati dell’atmosfera e moti convettivi simili a getti che sarebbero fondamentali per spiegare i fenomeni temporaleschi sul pianeta.
Nei prossimi mesi dovremo aspettarci altre sorprendenti notizie.
Juno completa il sorvolo di IO più vicino sino ad oggi
Juno, la sonda in orbita intorno a Giove e ai suoi satelliti a cui siamo particolarmente affezionati, ogni tanto torna a far parlare di se durante il suo lunghissimo girovagare intorno al gigante gassoso.
Juno, a cui è stata dedicata la copertina storica del n°254 del ritorno al cartaceo di Coelum Astronomia, lanciata nel 2011 ed in orbita intorno a Giove al 2016 (leggi l’articolo completo con tutta la cronostoria di Juno su Coelum 254 digitale) continua nel suo viaggio programmato seguendo una traiettoria che, opportunamente studiata, le consente di avvicinare di anno in anno i principali satelliti gioviani. Il 15 ottobre scorso è stata la volta di IO, la luna vulcanica di Giove, con un sorvolo a soli 12.000 km di altezza.
Le immagini scattate dalla JunoCam e in seguito rielaborate sono le migliori a disposizione dopo quelle ottenute con la sonda Galileo circa 20 anni fa.
Si conferma su IO l’intensa attività vulcanica, con vulcani alti anche fino ai 400 km sulla superficie media del satellite.
Ricordiamo che IO è la terza luna più grande di Giove e la quarta del Sistema Solare. Riesce ad esercitare una forza di gravità maggiore di qualsiasi altra luna e ha, sempre rispetto agli altri satelliti del Sistema Solare, la minore concentrazione di acqua.
I sorvoli nei pressi di IO però non sono terminati, la sonda infatti si sta progressivamente avvicinando alla luna fino a quando arriverà alla distanza minima di 1500 km. Davvero una distanza minima sorprendente. I due sorvoli più interessanti sono fissati per il 3 dicembre e l’ultimo, il più vicino, il 24 febbraio.
L’anno 2023 è davvero importante per il mondo dei planetari. Il 19 settembre del 1923, infatti, veniva testato nella sua piena operatività il primo planetario moderno, installato sul tetto di un edificio della ditta Carl Zeiss a Jena (allora Germania Orientale). Si trattava dello storico modello Zeiss Mark I, collocato per l’occasione sotto una cupola di 16 metri di diametro. Il 21 ottobre 1923 lo strumento venne mostrato a una platea ristretta al Deutsches Museum di Monaco di Baviera. Dopo un ritorno alla Zeiss per i ritocchi finali, la macchina fu allestita allo stesso museo sotto una cupola di 10 metri, e lì iniziò le proprie attività pubbliche il 7 maggio del 1925.
La comunità dei planetari, sia in Italia sia all’estero, si prepara a festeggiare la ricorrenza del centenario con una serie molto articolata di iniziative, che inizieranno il 21 ottobre 2023 e termineranno il 7 maggio del 2025.
I planetari sono formidabili macchine didattiche, perché consentono di vedere con i propri occhi ciò che nel cielo reale richiederebbe ore, settimane o secoli perché si verifichi. Ci mostrano l’universo, dove viviamo, da dove veniamo e come gli esseri umani influenzano il nostro pianeta.
I planetari svolgono una importante missione educativa e sono luoghi di cultura. Ispirano grandi e piccoli, forniscono una visione globale della Terra e spiegano le diverse visioni di ciò che ci circonda in un contesto storico. Le stelle e il nostro cielo notturno, però, non sono più gli unici argomenti. I planetari sono oggi, allo stesso tempo, teatri della scienza, templi della cultura e luoghi di intrattenimento dove si intrecciano molteplici linguaggi.
In Italia vi sono più di 100 planetari, la maggior parte dei quali fissi, che accolgono più di 400 mila visitatori ogni anno. La tecnologia, la dimensione della cupola e il numero dei posti a sedere è molto variabile. Scopri il planetario a te più vicino nella mappa dei planetari italiani.
L’evento, che avverrà in simultanea dal Deutsches Museum di Monaco e dal Planetario di Jena, potrà essere seguito in diretta streaming da questo indirizzo: https://planetarium100.org/livestream/
il programma pubblicato:
Program
100 Years Planetarium Opening and Gala Event
21 October 2023
Simultaneously in Jena and Munich
Hosted by Dr. Suzanna Randall and Jens Pflüger
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Event Part I
17:00
Welcome
Michael McConville (President International Planetarium Society, IPS)
Dr. Björn Voss (President Society of German-Speaking Planetariums e.V., GDP)
Prof. Dr. Wolfgang Heckl (General Director Deutsches Museum)
Christoph Matschie (Zeiss-Planetarium Jena, Chairman of the Board Ernst-Abbe-Stiftung)
17:25
Greetings
Bettina Stark-Watzinger (Federal Minister of Education and Research)
Bodo Ramelow (Minister-President of Thuringia)
Dr. Karl Lamprecht (President & CEO ZEISS Group)
International Planetarium Representatives
17: 50
Interview
Dr. Suzanna Randall (Astrophysicist and Astronaut Candidate)
18:00
Centennial Arts Contests
18:10
Quo Vadis, Planetarium
Tim F. Horn (President Stiftung Planetarium Berlin)
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Event Part II
18:50
Keynote Speech
Thomas Reiter (Former ESA Astronaut)
19:05
Ghosts among the Stars
Dan Tell
(Manager of Planetarium Engineering at the California Academy of Sciences;
President Great Lakes Planetarium Association)
19:30
Centennial Projects Presentation
IPS/GDP
19:45
Introduction to the New Centennial Fulldome Shows
Tobias Wiethoff (Zeiss Planetarium Bochum)
Dr. Peter Popp (Softmachine Immersive Productions GmbH)
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Event Part III
20:30
Fulldome Show Premiere
“100 Years Eternity”
Tobias Wiethoff
Supported by Zeiss Planetarium Bochum
Fulldome Show Premiere
“Kira”
Softmachine Immersive Productions GmbH
Commissioned by the Society of German-Speaking Planetariums (GDP)
Funded by the Carl-Zeiss-Stiftung
Crediti: Planetario di Milano
Una curiosità: è in arrivo il francobollo celebrativo!
In occasione dell’ormai vicino Centenario dei Planetari, è stato oggi presentato al planetario Zeiss di Jena il francobollo speciale dedicato al centenario.
Alcuni rappresentanti del ministero federale delle finanze hanno consegnato il materiale filatelico al presidente del Associazione dei Planetari Tedeschi e al capo della divisione planetari della Zeiss.
Dal 5 ottobre i francobolli sono disponibili per l’acquisto. Coloro che ne desiderassero acquistare uno o più, inclusivi di speciale timbro postale, potranno farlo in occasione della cerimonia inaugurale del centenario.
Questa rappresentazione artistica (non in scala) illustra il percorso del lampo radio veloce FRB 20220610A, dalla lontana galassia da cui ha avuto origine fino alla Terra, in uno dei bracci a spirale della Via Lattea. La galassia in cui FRB 20220610A ha avuto origine, individuata grazie al VLT (Very Large Telescope) dell'ESO, sembra trovarsi all'interno di un piccolo gruppo di galassie interagenti. È così lontano che la luce ha impiegato otto miliardi di anni per raggiungerci, rendendo FRB 20220610A il lampo radio veloce più distante trovato finora.
Crediti:
ESO/M. Kornmesser
Gli astronomi hanno rilevano il lampo radio veloce FRB con origine finora più distante
Nel numero 262, l’autrice Silvia Casu nella rubrica Radioastronomia a pagina 98 affronta i FRB Fast Radio Bust. Violenti fenomeni celesti sulla cui origine ancora aleggia parecchia incertezza.
Il 19 ottobre, un comunicato ufficiale dell’ESO European Southerned Observatory annuncia che un’equipe internazionale di astronomia ha individuato un’esplosione di onde radio cosmiche della durata di meno di un millisecondo. Questo “lampo radio veloce” (FRB dall’inglese fast radio burst) è il più distante sin ora rilevato. La sua origine è stata individuata dal VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in una galassia così lontana e la sua luce ha impiegato otto miliardi di anni per raggiungerci!
Si tratta che di uno dei FRB più energetici mai osservati: in una minuta frazione di secondo ha rilasciato l’equivalente dell’intera emissione del nostro Sole in 30 anni.
La scoperta dell’esplosione, chiamata FRB 20220610A, è del giugno dello scorso anno e assegnata al radiotelescopio ASKAP in Australia superando del 50% il precedente record di distanza stabilito dallo stesso gruppo.
“Utilizzando la serie di parabole di ASKAP, siamo stati in grado di determinare con precisione da dove provenisse l’esplosione“, afferma Stuart Ryder, astronomo della Macquarie University in Australia e co-autore principale dello studio pubblicato oggi su Science. “Poi abbiamo usato [il VLT dell’ESO] in Cile per cercare la galassia origine del lampo, scoprendo che è più antica e più lontana di qualsiasi altra sorgente di FRB trovata fino a oggi e probabilmente all’interno di un piccolo gruppo di galassie in fusione”.
La scoperta inoltre conferma che gli FRB possono essere utilizzati per misurare la materia “mancante” tra le galassie, fornendo un nuovo modo di “pesare” l’Universo.
Gli attuali metodi di stima della massa dell’Universo danno risposte contrastanti e sfidano il modello standard della cosmologia. “Se contiamo la quantità di materia normale nell’Universo – gli atomi di cui siamo tutti fatti – scopriamo che manca più della metà di ciò che dovrebbe esserci oggi“, aggiunge Ryan Shannon, professore alla Swinburne University Technology in Australia, l’altro co-autore dello studio. “Pensiamo che la materia mancante si nasconda nello spazio tra le galassie, ma potrebbe essere calda e diffusa e impossibile da vedere usando le tecniche usuali.“
“I lampi radio veloci percepiscono questo materiale ionizzato. Anche nello spazio quasi perfettamente vuoto possono ‘vedere’ tutti gli elettroni, e questo ci permette di misurare quanta roba c’è tra le galassie”, dice Shannon.
Trovare FRB distanti è fondamentale per misurare con precisione la materia mancante dell’Universo, come dimostrato dall’astronomo australiano Jean-Pierre (“J-P”) Macquart, purtroppo deceduto nel 2020. “J-P ha dimostrato che quanto più lontano è un FRB, tanto più gas diffuso riesce a rivelare tra le galassie. Ipotesi nota come relazione di Macquart. Alcuni recenti lampi radio veloci sembravano non seguire questa relazione. Le nostre misure confermano che la relazione di Macquart vale fin oltre la metà dell’Universo conosciuto”, afferma Ryder.
“Anche se non conosciamo ancora la causa di queste massicce esplosioni di energia, l’articolo conferma che i lampi radio veloci sono eventi comuni nel cosmo e che saremo in grado di sfruttarli per rilevare la materia tra le galassie e comprendere meglio la struttura dell’Universo”, conclude Shannon.
Il risultato rappresenta il limite di ciò che è ottenibile oggi con i telescopi, anche se gli astronomi avranno presto gli strumenti per rilevare lampi ancora più vecchi e distanti, individuarne le sorgenti e misurare la materia mancante dell’Universo. L’organizzazione SKAO (Square Kilometre Array Observatory) sta attualmente costruendo due radiotelescopi in Sud Africa e Australia che saranno in grado di trovare migliaia di FRB, compresi quelli molto distanti che non possono essere rilevati con gli strumenti attuali. L’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, un telescopio di 39 metri in costruzione nel deserto cileno di Atacama, sarà uno dei pochi telescopi in grado di studiare le galassie in cui si originano lampi ancora più lontani di FRB 20220610A.
Se vuoi sapere di più sui FRB leggi l’articolo di approfondimento di Silvia Casu su Coelum Astronomia n°262.
Prosegue il ciclo di incontri con i grandi divulgatori al Teatro Scientifico Bibiena di Mantova sabato 21 ottobre
ore 21:00 AMEDEO BALBI C’è un futuro per l’umanità fuori dalla Terra?
Giunge al suo terzo incontro SconfinaMENTI, la rassegna di appuntamenti legati alla divulgazione scientifica prodotta e organizzata da Mister Wolf.
Il progetto, che ha inaugurato un nuovo ambito di Mantova Live, ovvero Mantova Live Science, prevede cinque appuntamenti presso il Teatro Scientifico Bibiena ed è patrocinato dal Comune di Mantova.
SconfinaMENTI, la cui partenza è avvenuta lo scorso 30 settembre e ha già ospitato l’astrofisicoMatteo Miluzio, del progetto di divulgazione Chi Ha Paura del Buio, eAdrian Fartade, continua sabato 21 ottobre con Amedeo Balbi, che condurrà la conferenza spettacoloC’è un futuro per l’umanità fuori dalla Terra?
Amedeo Balbi è un saggista scrittore e divulgatore scientifico. È professore associato di astronomia e astrofisica presso il Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”.
Autore di oltre 100 articoli scientifici, la sua attività di ricerca ha toccato una vasta gamma di argomenti, tra cui la fisica dell’universo primordiale, il problema della materia e dell’energia oscura, e la ricerca di vita nel cosmo. Con i suoi studi ha contribuito, tra l’altro, alle prime misure di precisione dei parametri cosmologici e alla determinazione della geometria dell’Universo.
È membro della International Astronomical Union, del Foundational Questions Institute (FQXi), dell’IAA SETI Permanent Committee e del consiglio scientifico della Società Italiana di Astrobiologia.
È da anni molto attivo anche come divulgatore scientifico. Partecipa abitualmente a programmi radiofonici e televisivi, e scrive una rubrica mensile su Le Scienze, oltre a articoli e commenti per numerosi giornali e riviste (tra gli altri, Repubblica, la Stampa, il Post).
È autore di numerosi libri divulgativi, tra cui «Cercatori di meraviglia» (Rizzoli, 2014), vincitore del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2015, e «L’ultimo orizzonte» (UTET, 2019), vincitore del Premio Asimov 2021. Il suo libro più recente è «Su un altro pianeta» (Rizzoli, 2022). ( FONTE SITO www.amedeobalbi.it)
Sul palco del Teatro Scientifico Bibiena presenterà C’è un futuro per l’umanità fuori dalla Terra? Il sogno di lasciare la Terra e di visitare altri mondi è antico quasi quanto l’umanità. Negli ultimi anni, questo sogno è stato alimentato dai piani avveniristici dei nuovi imprenditori spaziali, e offerto come possibile risposta ai cambiamenti climatici e ad altre minacce per l’umanità. In molti, da Stephen Hawking a Elon Musk, hanno espresso la convinzione che la nostra specie debba diventare multi-planetaria, e che la sua stessa sopravvivenza a lungo termine dipenda dalla possibilità di abbandonare la Terra e di stabilirsi in colonie permanenti nello spazio o su altri pianeti. Ma è davvero così? Cosa c’è di realistico in queste idee, e quanto sono a portata di mano? Quali ostacoli dovremmo affrontare per trasferirci su altri mondi, e quali sarebbero le possibili destinazioni? Soprattutto, l’esplorazione dello spazio e dell’universo servono a garantirci una via di fuga su un’altra Terra, o, piuttosto, a comprendere che quella che abbiamo è insostituibile?
Gli incontri successivi ospiteranno Luca Nardi il 27 ottobre e Gabriella Greison il 10 novembre.
SconfinamentiMENTI nasce dalla volontà di proporre un’occasione di incontro con alcuni dei più importanti e noti divulgatori in Italia, con una serie di conferenze-spettacoli che possano essere spunto di approfondimento, ma anche riflessione, scambio e conoscenza di tematiche a carattere scientifico, rese alla portata anche di coloro che si approcciano a questi argomenti per la prima volta; in una sede, il Teatro Scientifico Bibiena, ricca di storia, cultura e di arte sublime. Inaugurato nel 1769, proprio con la finalità di ospitare principalmente adunate scientifiche, ma anche recite e concerti, lo scientifico è riconosciuto come una delle formulazioni architettoniche più significative del tardo Settecento europeo e ricordato per aver ospitato un giovanissimo Wolfgang Amadeus Mozart durante la sua prima tournée italiana.
La rassegna si avvale della collaborazione di Mantova Scienza realtà già esistente in città che da anni promuove seminari, didattica e spettacoli legati alla divulgazione scientifica a cui verrà simbolicamente passato il testimone il 10 di novembre, giorno dell’ultimo appuntamento con SconfinaMENTI.
Coelum Astronomia è media partner della rassegna.
Biglietti disponibili su Ticketone e presso la biglietteria del Teatro Sociale negli orari di apertura.
In questo aggiornamento seguiamo le attività di Perseverance che è arrivato nella nuova unità geologica e di Ingenuity che continua a spingersi sempre più in alto. C’è inoltre un aggiornamento sul destino della Mars Sample Return. Partiamo!
Il primo campione della Marginal Carbonate Unit
Nel precedente appuntamento della rubrica abbiamo lasciato Perseverance all’avvio della sua quarta campagna di esplorazione nel Cratere Jezero, vale a dire la Margin Campaign. L’avvio ideale di questo nuovo capitolo si è avuto con l’abrasione Amherst Point che abbiamo visto nella cronaca testuale e video.
I Sol successivi sono stati dedicati, oltre che alle analisi svolte con gli strumenti di imaging, anche alla documentazione dei panorami circostanti. Segnalo in particolare questo mosaico di 124 immagini che il rover ha scattato il 17 settembre (Sol 916) rivolto verso nord ovest e che copre circa 150 gradi di ampiezza orizzontale.
Ampia panoramica scattata da Perseverance. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Marslife
Come facilmente prevedibile, successivamente alle indagini fotografiche, è stato il momento di mettere al sicuro un campione di queste rocce così importanti dal punto di vista scientifico. Vale la pena ricordare che l’abbondante presenza in quest’area di minerali carbonati, già appurata dalle rilevazioni spettroscopiche effettuate dall’orbita marziana, da una parte avvalora l’ipotesi sulla presenza di abbondante acqua in un lontano passato; dall’altra i carbonati si rivelano un ottimo mezzo per “fotografare” l’ambiente in cui si formano, comprese eventuali tracce di vita microbica.
Il prelievo è stato svolto nel Sol 923 (24 settembre). L’operazione è stata documentata dalle HazCam del rover. Queste camere, quattro anteriori e due posteriori, sono impiegate dal sistema di guida autonoma per individuare gli ostacoli attorno al rover. Ma come possiamo osservare in queste cronache risultano un valido aiuto anche per osservare Perseverance al lavoro. I seguenti video condensano 25 minuti di lavoro da parte del rover.
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La ripresa maggiormente zoomata permette di osservare, sul finale, il momento in cui il trapano aziona il meccanismo eccentrico della fiala ospitata all’interno della punta. Questo viene fatto per spezzare il cilindro di roccia, operazione che avviene per mezzo del centraggio non perfetto tra punta e fiala che risulta evidente dall’immagine seguente.
Sol 923, ripresa frontale della punta del trapano, Left MastCam-Z. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
La fiala, la 22esima in totale, è stata sigillata nella stessa serata, appena sette ore dopo il prelievo. La lunghezza del cilindretto di roccia è di 6.1 cm, misura stimata grazie alla serie di foto eseguite dalla CacheCam e alla sua profondità di campo molto stretta.
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Il fuoco della camera è fisso e la serie di foto viene scattata variando l’altezza del braccio (il Sample Handling Arm) che manipola la fiala. Il confronto tra le foto e la posizione della fiala è ciò che permette di capire il livello di riempimento della stessa e in ultima analisi lunghezza e volume del campione.
Come comunicato dalla NASA nei suoi canali informativi, questo carotaggio è stato battezzato Pelican Point e la roccia di provenienza è la Hans Amundsen Memorial Workspace. Ogni particolare geologico e ogni roccia su cui Perseverance posa il suo occhio robotico acquisisce un nome, necessità dovuta alla comodità di riferirsi in modo rapido e univoco a un dettaglio di interesse.
Due Sol dopo il prelievo…
…il rover ha percorso una decina di metri verso ovest, con un’escursione che i tecnici chiamano bump.Questo breve tratto è visibile nella mappa a fianco al marker rosso, che indica la posizione dove è stata eseguita la raccolta del materiale descritta poco sopra.
Posizione di Perseverance e Ingenuity aggiornata al 12 ottobre (Sol 940)
Lo scopo era eseguire osservazioni più ravvicinate su delle strutture curvilinee presenti nelle rocce sedimentarie, ve le presento nelle immagini acquisite dalle Right NavCam e Right MastCam-Z.
NavCam, Sol 925. NASA/JPL-Caltech/PirasNavCam, Sol 925. NASA/JPL-Caltech/PirasMastCam-Z, Sol 925. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
Queste osservazioni hanno richiesto un singolo giorno e all’indomani Perseverance ha iniziato uno spostamento di circa un km verso nord diretto nella località Jurabi Point.
Visuale d’insieme delle posizioni correnti di rover ed elicottero
I geologi definiscono aree come Jurabi Point una tripla giunzione, ovvero il punto dove tre diverse unità geologiche vengono in contatto. Esse sono l’unità carbonatica marginale a sud ovest, l’unità costellata di grandi rocce a est (esplorata gli scorsi mesi) e l’unità costituita dal cono alluvionale a nord ricco di depositi sedimentari.
L’esplorazione del punto di contatto tra queste tre unità permetterà di analizzarne le interazioni e provare a stabilire una cronologia nella loro formazione e il loro sviluppo.
Un ulteriore zoom out sul cratere Jezero ci aiuta inserire queste regioni nel giusto contesto scientifico e geologico.
A Jurabi Point ci sarà inoltre la possibilità di provare un nuovo prelievo sulle rocce dell’unità a est, in quanto il precedente tentativo sulla roccia Dragon’s Egg era fallito (descritto in https://www.coelum.com/news/news-da-marte-20).
Dal giorno della breve deviazione adiacente al luogo del prelievo Perseverance ha sinora percorso circa 660 metri verso nord. Lo spostamento è stato intervallato da varie riprese fotografiche, come questa eseguita nel Sol 932 (4 ottobre).
Sol 932, panoramica al suolo della MastCam di sinistra. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
La scienza di contatto è ripresa poi nel Sol 935 (5 ottobre) con un’abrasione superficiale di una lastra. L’operazione è durata 15 minuti e ne abbiamo documentazione video ancora una volta grazie alle HazCam frontali.
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Foto dell’abrasione, mosaico di quattro immagini della Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras
L’ultimissimo aggiornamento sulla posizione del rover lo vede localizzato ancora nel punto di quest’ultima operazione, impegnato nell’analisi della roccia esposta. Nei prossimi giorni e le prossime settimane vedremo se Perseverance sarà comandato per proseguire lo spostamento versonord o se prolungherà la permanenza nel luogo corrente per prelevare magari un nuovo campione.
Gli ultimi voli di Ingenuity
Nella precedente news (https://www.coelum.com/news/news-da-marte-21) avevo anticipato la possibilità di osservare il volo numero 59 dal punto di vista di Perseverance che, distante circa 300 metri, aveva catturato l’intera attività.
Nei giorni scorsi la NASA ha rilasciato i fotogrammi in alta risoluzione e, a impreziosire il tutto, ci sono anche i frame della camera di navigazione dell’elicottero. Metà di questi ultimi sono stati ricevuti appena ieri 11 ottobre, costringendo il sottoscritto a revisionare il video che aveva appena confezionato e che vi presento qui in versione completa.
Vi ricordo che con questo volo del 16 settembre Ingenuity testava la possibilità di sollevarsi sino a 20 metri di altezza dal suolo, stabilendo così il nuovo record di quota.
Il 25 settembre l’elicottero marziano ricominciava le attività esplorative spostandosi verso nord ovest per 340 metri con un volo che dura 132.8 secondi. È la 60esima attività aerea per Ingenuity il quale raggiunge gli 8 m/s di velocità: è un nuovo record che supera i 6.5 m/s che aveva stabilito il 2 aprile di quest’anno (Sol 752). L’intero volo è ricostruito nei frame di navigazione e alcune immagini a colori, ve lo mostro qui sotto.
Percorso del volo 60
L’ultima attività da aggiungere alle cronache è stata svolta il 5 ottobre, Sol 933. Non ci sono stati spostamenti orizzontali ma Ingenuity ha ritoccato ulteriormente il suo record di altezza arrivando a 24 metri dal suolo durante un test di 129.5 secondi.
Anche per questo volo, il 61esimo, la NASA ha rilasciato tutti i fotogrammi permettendoci di apprezzarlo nella sua interezza.
L’abbondanza di immagini che Perseverance ha scaricato da Ingenuity in questi ultimissimi giorni è probabilmente legata al fatto che esso si è di nuovo avvicinato all’elicottero, rendendo le comunicazioni radio tra i due più stabili. Inoltre, a giudicare dalla modesta quantità di materiale fotografico prodotto, è possibile che la programmazione delle attività del rover non sia pienissima, lasciando quindi spazio ai tecnici di aprire delle finestre di comunicazione con Ingenuity.
Al momento della chiusura dell’articolo è stato annunciato il volo 62 che potrebbe svolgersi (o essersi svolto) oggi 12 ottobre. I suoi scopi sono la fotografia di alcune aree di interesse per mezzo di uno spostamento verso nord est e ritorno alla posizione di partenza. L’apparato percorrerà 268 metri che espanderanno il profilo di volo con cui il velivolo potrà operare in sicurezza (flight envelope expansion, in termini tecnici). Infatti Ingenuity toccherà addirittura i 10 m/s di velocità a una quota di 18 metri. Ho davvero esaurito i superlativi per aggettivare il lavoro di questo straordinario elicottero…
Il futuro di Mars Sample Return non è roseo
Qualche mese fa avevo descritto in questa rubrica (https://www.coelum.com/news/news-da-marte-18) i dubbi su numerosi punti deboli riguardanti la missione a guida NASA che, all’inizio del prossimi decennio, dovrebbe portare sulla Terra i campioni che Perseverance sta attualmente raccogliendo. Il 21 settembre è stato pubblicato un report indipendente di analisi dell’intera missione che si è focalizzato sugli aspetti più critici e che, se non revisionati, potrebbero portare al fallimento delle operazioni e allo spreco di un’enorme quantità di denaro. Quanto denaro? L’ultima stima è tra 8.4 e 10.9 miliardi di dollari, che lo renderebbero il programma scientifico planetario robotico più costoso dai tempi dei lander Viking.
Per massimizzare le possibilità di successo della missione il rapporto ha raccomandato significative modifiche alla struttura di gestione del programma e ha determinato che il programma nelle sue varie fasi non sarà pronto prima dell’inizio degli anni ‘30.
Nonostante le preoccupazioni relative ai costi, ai tempi e alla gestione, l’Independent Review Board sostiene la rilevanza immensa dei campioni già raccolti e di quelli da raccogliere, e invita fortemente la NASA di riorganizzare il programma per rispettare la priorità principale del Planetary Science Decadal Survey che da tre decenni spinge sulla necessità di portare dei campioni da Marte sulla Terra. La NASA ha rinviato la conferma del design del veicolo spaziale a dopo la pubblicazione di una risposta ufficiale all’inizio del 2024, rimandando così il Key Decision Point-C che era atteso per l’inizio dell’autunno.
L’obiettivo della MSR è restituire campioni scientificamente significativi raccolti nella regione del cratere Jezero dal rover Perseverance per ulteriori studi in laboratori all’avanguardia sulla Terra. Ma, come sottolinea l’IRB, definire questa impresa come una missione singola è scorretto; il programma MSR comprende tre distinti componenti di altissima complessità oltre al rover Perseverance che è già al lavoro:
Sample Retrieval Lander (SRL) – il più grande oggetto mai atterrato su Marte, responsabile della raccolta dei campioni dal rover Perseverance.
Mars Ascent Vehicle (MAV) – il primo razzo a decollare da un altro pianeta, responsabile del trasporto del contenitore Orbiting Sample (OS) in orbita.
Earth Return Orbiter (ERO) – costruito dall’Agenzia Spaziale Europea, con il Capture, Containment and Return System (CCRS) fornito dalla NASA, responsabile del tracciamento, del rendezvous e del ritorno autonomo dell’OS sulla Terra.
La relazione entra anche in alcuni dettagli scientifici, evidenziando il valore superiore delle fiale che Perseverance sta raccogliendo e raccoglierà rispetto alle dieci che ha già rilasciato nel Sample Depot a inizio anno. Indicativamente, la qualità dei campioni (dal punto di vista della varietà e importanza dei materiali) cresce man mano che ci si allontana dal fondo del cratere Jezero, rendendo cruciale il fatto che il rover sia operativo e in grado di raggiungere il lander per “consegnare” le più recenti fiale. Diversamente, i campioni da prelevare nel deposito a Three Forks non offriranno da soli una panoramica completa della diversità geologica osservata dal rover, né sono costituiti da materiali che hanno le potenzialità di aver conservato le tracce di vita microbica.
Alla presenza di un funzionario incaricato e secondo le norme vigenti in termini di Concorso a Premi a valore nazionale, sono stati estratti i numeri vincenti e destinatari dei premi del concorso “Lucky Coelum”.
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This new infrared image of NGC 346 from the NASA/ESA/CSA James Webb Space Telescope’s Mid-Infrared Instrument (MIRI) traces emission from cool gas and dust. In this image blue represents silicates and sooty chemical molecules known as polycyclic aromatic hydrocarbons, or PAHs. More diffuse red emission shines from warm dust heated by the brightest and most massive stars in the heart of the region. Bright patches and filaments mark areas with abundant numbers of protostars. This image includes 7.7-micron light shown in blue, 10 microns in cyan, 11.3 microns in green, 15 microns in yellow, and 21 microns in red (770W, 1000W, 1130W, 1500W, and 2100W filters, respectively). [Image description: The lower half of this image contains arcs of bluish material that form a boat-like shape. One end of these arcs points to the top right of the image, while the other end points toward the bottom left. Another plume of blue filaments expands from the centre to the top left, resembling the mast of a sailboat. Within and extending beyond the boat shape are translucent curtains of pink, which cover most of the image. Stars are noticeably scarce. A couple dozen bright pink patches with six short diffraction spikes are scattered within the blue filaments. Many faint blue dots, or stars, also speckle the background, which is black or dark grey.]
Argomento Hot! 🔥🔥
All’interno di una vicina galassia nana conosciuta come la Piccola Nube di Magellano si trova NGC 346, una regione con un’intensa attività di produzione stellare.
Il soggetto è stato già osservato in precedenza da Hubble nello spettro della luce visibile in grado di mostrare le migliaia di stelle, ed era finito anche nella lente dello stesso JWST, ma solo utilizzando la Near Infrared Camera (NIRCam), oltre alle stelle si sono messe in evidenza sia la polvere fredda che quella calda.
Combinando i dati Webb sia nel vicino che nel medio infrarosso, gli astronomi sono in grado di effettuare un censimento più completo delle stelle e delle protostelle all’interno di questa regione dinamica facendo presupporre che questo piccolo satellite della Via Lattea sia di fatto molto più giovane del suo centro di attrazione, la nostra galassia appunto.
Oltre al fascino dello scatto la ricerca ed i risultati che ne deriveranno avranno implicazioni importanti per la nostra comprensione dell’evoluzione delle galassie, processo che presenta ancora moltissimi misteri.
Draconidi 2023 picco sera dell'8 mattina del 9 ottobre. Crediti https://theskylive.com/
Lo sciame meteorico delle Draconidi è uno di quelli minori dell’anno e risulta poco conosciuto, passando spesso completamente inosservato. Il radiante, il punto da cui sembrano avere origine le meteore, è situato nella testa della costellazione del Drago (da cui deriva il nome dello sciame), tra l’Orsa Minore e la Lira, tra le stelle Ni Draconis e Rastaban.
Il periodo di attività va dal 6 al 10 ottobre, con il suo massimo che si attesta nella notte tra l’8 e il 9 del mese.
Draconidi 2023 picco sera dell’8 mattina del 9 ottobre. Crediti https://theskylive.com/
Questo sciame si mantiene di solito a livelli talmente bassi di attività (poche meteore all’ora) che nel tempo la sua popolarità si è ridotta quasi a zero, fino a scomparire del tutto dai pensieri dell’amatore generico. Tuttavia questo sciame, nel corso della storia, ha riservato spesso delle sorprese, con piogge intense e del tutto inaspettate.
Questa variabilità è dovuta alla cometa progenitrice dello sciame, la 21P/ Giacobini-Zinner, per questo dette anche Giacobinidi, una cometa periodica che compie un’orbita attorno al Sole ogni 6,62 anni.
Il massimo, si attesterà quest’anno fra la notte dell’8, già molto evidente nella sera e prime ore del 9 ottobre, anche se fissato alle 7:00 UTC del 9 appunto consentirà di vedere qualche scia anche nella sera successiva.
Quando osservare: il momento migliore per osservare le Draconidi nel 2023 è dalla sera dell’8 ottobre fino alle prime ore del mattino del 9 ottobre. La falce di luna calante (illuminata al 23%) non interferirà con la maggior parte delle meteore Draconidi.
In meteo al rateo di meteore si stima una decina di scie all’ora.
Alla fine è arrivata la comunicazione ufficiale, altra tripletta per i Nobel della Fisica 2023
A vedersi assegnare il Nobel per la fisica quest’anno sono tre scienziati Pierre Agostini, Ferenc Krausz e Anne L’Huillier per “i metodi sperimentali che generano impulsi di luce ad attosecondi per lo studio della dinamica degli elettroni nella materia”.
Per comprendere il lavoro dei tre fisici è importante innanzi tutto definire l’attosecondo inteso come un trilionesimo di secondo, cioè un milionesimo, di milionesimo di milionesimo secondo ovvero, in termini più matematici 10-18 secondi.
Se siete curiosi di conoscere la scala completa di tutti i sottomultipli del tempo vi consigliamo di visitare questa pagina di Chimica-Online.it è tutto molto chiaro e ben elencato.
Ma torniamo al Nobel. I ricercatori in questione hanno sviluppato metodi sperimentali per la comprensione e la produzione di segnali della durata di “qualche” attosecondo. Ma quanti in realtà? Per ora il limite minimo è di 180 attosecondi (qui la pubblicazione dello studio). Ma grazie al campo magnetico così generato si sono potuti registrare ritardi nei balzi fra le orbite dell’elettrone anche di soli 20 attosecondi.
La tecnica si misurazione non solo è la più veloce al mondo ma permette di registrare il tempo più breve mai visto prima con importanti implicazioni nello studio dei processi chimici e quindi in quelli biologici, per non parlare di ciò che può avvenire nel cuore del computer.
Fra i risultati più immediati dell’esperimento è la ricaduta sulla teoria della fotoemessione, per cui, un elettrone è emesso in maniera istantanea da un atomo quando esso assorbe un fotone. I Nobel per la fisica 2023Oggi si sa che questo processo è invece lievemente, ma molto lievemente ritardato, dell’ordine appunto di qualche attosecondo.
Al via la scorda settimana il festival SconfinaMENTI. A Mantova 5 appuntamenti con la scienza e la divulgazione da non perdere.
Dopo il successo di venerdì scorso dei ragazzi di Chi ha paura del buio? al Festival 𝗦𝗰𝗼𝗻𝗳𝗶𝗻𝗮𝑴𝑬𝑵𝑻𝑰 di Mantova arriva venerdì prossimo 6 ottobre Adrian Fartade di Link2Universe . Ad introdurre la serata ci sarà la direttrice di COELUM AstronomiaMolisella Lattanzi.
Sarà una bella serata all’insegna della scienze parlando di Cerchi nel grano, Alieni fantasma e Leggende Metropolitane Spaziali. Le storie vere dietro i racconti di alieni ed ufo.
𝗦𝗰𝗼𝗻𝗳𝗶𝗻𝗮𝑴𝑬𝑵𝑻𝑰 | La prima rassegna scientifica di Mantova Live Mister Wolf Events è lieta di annunciare cinque grandi incontri con prestigiosi divulgatori, al Teatro Scientifico Bibiena di Mantova!
Il progetto inaugura 𝗠𝗮𝗻𝘁𝗼𝘃𝗮 𝗟𝗶𝘃𝗲 𝗦𝗰𝗶𝗲𝗻𝗰𝗲 – un nuovo ambito di spettacoli di Mantova Live – e nasce dalla volontà di proporre un’occasione d’incontro con alcuni dei più importanti e noti divulgatori in Italia, con una serie di conferenze/spettacoli che possano essere spunto di approfondimento e riflessione riguardo tematiche a carattere scientifico, rese alla portata anche di coloro che si approcciano a questi argomenti per la prima volta.
𝗣𝗿𝗼𝗴𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗖𝗼𝗺𝗽𝗹𝗲𝘁𝗼:
30 SETTEMBRE – CHI HA PAURA DEL BUIO (CHPDB)
Interstellar: le Voyager oltre i confini del nostro tempo.
Gli astrofisici del progetto di divulgazione scientifica “Chi ha paura del buio?” faranno ripercorrere agli spettatori uno dei viaggi più straordinari che gli uomini abbiano mai intrapreso: le missioni della Voyager. L’esplorazione spaziale non rappresenta solamente la necessità umana di oltrepassare i propri limiti. È anche, o forse soprattutto, il desiderio dell’uomo di sopravvivere al proprio tempo. Questo meraviglioso e disperato sentimento umano è incarnato in due piccoli oggetti a cui abbiamo dato il nome di “Voyager”. Entrambe le sonde ora sono nello spazio interstellare dopo aver abbandonato l’eliosfera, a oltre 18 miliardi di km da noi, una distanza che la luce impiega circa 20 ore a percorrere. Dopo oltre 40 anni, dopo averci regalato immagini indimenticabili come le prime immagini assolute di pianeti come Urano e Nettuno, o la celebre “Pale Blue Dot”, le Voyager ancora funzionano. Pochi dati, un segnale debole, ma sono ancora in grado di comunicare con noi. Le missioni Voyager portano con loro anche due dischi d’oro, con incise alcune informazioni sulla specie umana: il DNA, la posizione del nostro pianeta, saluti e messaggi di pace in svariate lingue, musica. Se qualcuno, un giorno, decifrerà questi contenuti scoprirà di un lontano pianeta unito nel segno della pace, della scienza e dell’amore reciproco. Molto probabilmente le Voyager viaggeranno solitarie nell’immensità del cosmo per milioni, forse miliardi di anni. Sopravviveranno all’uomo e alla fine del nostro pianeta.
Uno dei viaggi più straordinari che gli uomini abbiano mai intrapreso, un segno della loro infinita speranza e determinazione e del loro disperato bisogno di sopravvivere al loro tempo in un universo vasto e fantastico.
6 OTTOBRE – ADRIAN FARTADE
Cerchi nel grano, Alieni fantasma e Leggende Metropolitane Spaziali. Le storie vere dietro i racconti di alieni ed ufo.
Siamo sempre stati affascinati dall’idea che ci fossero alieni lì fuori ma nel tempo ci sono state anche numerose segnalazioni di alieni qua giù in mezzo a noi! Quanto sarà vero però? Parliamo di alcuni dei miti più famosi che ancora ci fanno compagnia nella cultura popolare, a tema spaziale!
21 OTTOBRE – AMEDEO BALBI
C’è un futuro per l’umanità fuori dalla Terra?
Il sogno di lasciare la Terra e di visitare altri mondi è antico quasi quanto l’umanità. Negli ultimi anni questo sogno è stato alimentato dai piani avveniristici dei nuovi imprenditori spaziali e offerto come possibile risposta ai cambiamenti climatici e ad altre minacce per l’umanità. In molti, da Stephen Hawking a Elon Musk, hanno espresso la convinzione che la nostra specie debba diventare multi-planetaria, e che la sua stessa sopravvivenza a lungo termine dipenda dalla possibilità di abbandonare la Terra e di stabilirsi in colonie permanenti nello spazio o su altri pianeti. Ma è davvero così? Cosa c’è di realistico in queste idee, e quanto sono a portata di mano? Quali ostacoli dovremmo affrontare per trasferirci su altri mondi, e quali sarebbero le possibili destinazioni? Soprattutto, l’esplorazione dello spazio e dell’universo servono a garantirci una via di fuga su un’altra Terra, o, piuttosto, a comprendere che quella che abbiamo è insostituibile?
27 OTTOBRE – LUCA NARDI
Giganti Ghiacciati: l’esplorazione dei sistemi di Urano e Nettuno.
Nella gelida oscurità ai confini del Sistema Solare si trovano alcuni dei mondi più misteriosi e affascinanti del nostro vicinato planetario. Sono Urano e Nettuno, i giganti ghiacciati. Nonostante il loro incontestabile interesse scientifico, questi pianeti sono i soli ad aver ricevuto un’unica visita, quella sonda Voyager 2 durante il suo Grand Tour planetario. Eppure i giganti ghiacciati sono dei tasselli essenziali nel puzzle dell’evoluzione del Sistema Solare. Non da meno, le loro lune ghiacciate sono corpi planetari incredibili, con croste di ghiaccio e intricate strutture crio-vulcaniche, oceani profondi e possibili luoghi adatti per lo sviluppo della vita. Ne sappiamo poco, ma ciò che sappiamo è stupefacente.
10 NOVEMBRE – GABRIELLA GREISON
Einstein & me
Gabriella Greison ci racconta la storia di una grande donna della scienza, Mileva Maric, dei suoi conflitti, delle sue paure, delle sue lotte contro una società maschilista e le sue stesse scelte di vita.
L’amore con Albert Einstein, nato tra i banchi di scuola, intreccia la disquisizione scientifica con la riflessione sul ruolo e sulla figura della donna nel campo dello studio e della ricerca. Un tema importante, che attualizzato induce a stimolanti ragionamenti.
Grazie ad anni di impegno nella diffusione della cultura scientifica, partecipazione ed organizzazione di eventi e manifestazione, contatti con i maggiori Istituti di Ricerca e associazioni e professionisti sul territorio
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Nel cielo di ottobre sono quasi tangibili le costellazioni tipiche dell’autunno, che troveremo in prossimità della scia di stelle della Via Lattea settentrionale.
Lungo i sentieri siderali incontriamo la costellazione di Pegaso e Andromeda, due figure che condividono un astro,la stella Sirrah, e che sono protagoniste di grandi miti e leggende.
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LUNA
Il decimo mese dell’anno si apre con una gradita congiunzione fra Luna in fase calante (il mese di settembre si è chiuso con la Luna piena del 29) e Giove. I due astri saranno vicini circa 3° gradi, già a partire dal loro sorgere, intorno alle 20 e 30 per il centro Italia, con il satellite che sovrasterà il pianeta per tutta la durata della notte, fino all’alba. Le giornate sempre più corte favoriranno l’osservazione sin da subito con la luce del crepuscolo abbastanza lontana, il Sole tramonterà intorno alle 19.
Mese molto interessante quello che ci aspetta, con due comete periodiche di corto periodo che raggiungono il perielio e con esso un’ottima settima magnitudine, luminosità che sotto buoni cieli permetterà di osservarle anche con piccoli binocoli.
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(29) Amphitrite è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.490 giorni (4.98 anni) ad una distanza compresa tra le 2.37 e le 2.74 unità astronomiche (rispettivamente, 354.546.954 Km al perielio e 409.898.166 Km all’afelio). Deve il suo nome a Anfitrite, divinità marina dei Greci, sposa di Poseidone. Scoperto da Albert Marth il 1 Marzo 1854, con i suoi 200 Kilometri di diametro è uno dei più grandi asteroidi rocciosi (tipo S) conosciuti, il quinto in dimensioni dopo Eunomia, Juno, Iris ed Herculina. (29) Amphitrite sarà in opposizione il 1 di Ottobre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 8.8, il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (29) Amphitrite trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.
(29) Amphitrite traiettoria nella costellazione del Pesci dal 01 al 31 ottobre 2023 Crediti: https://in-the-sky.org/
(14) Irene è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.520 giorni (4.16 anni) ad una distanza compresa tra le 2.16 e le 3.02 unità astronomiche (rispettivamente, 323.131.401 Km al perielio e 451.785.570 Km all’afelio). Deve il suo nome a Irene, Divinità personificazione della pace. Scoperto da John Russel Hind il 19 Maggio 1851, questo grande asteroide roccioso di 152 Kilometri di diametro sarà in opposizione il 4 di Ottobre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.9, il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (14) Irene trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.
(14) Irene Traccia del tragitto percorso dal 01 al 31 ottobre 2023. Crediti https://in-the-sky.org/
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è il termine utilizzato per indicare il liquore prodotto clandestinamente negli Stati Uniti negli anni del proibizionismo. Distillato appunto al chiaro di Luna e non alla luce del Sole in quanto di contrabbando.
Ottobre e Luna subito in congiunzione
Il decimo mese dell’anno si apre con una gradita congiunzione fra Luna in fase calante (il mese di settembre si è chiuso con la Luna piena del 29) e Giove. I due astri saranno vicini circa 3° gradi, già a partire dal loro sorgere, intorno alle 20 e 30 per il centro Italia, con il satellite che sovrasterà il pianeta per tutta la durata della notte, fino all’alba. Le giornate sempre più corte favoriranno l’osservazione sin da subito con la luce del crepuscolo abbastanza lontana, il Sole tramonterà intorno alle 19.
Congiunzione Luna-Giove domenica 01 Ottobre ore 22:00 Roma https://theskylive.com/
Il giorno successivo, 2 ottobre, un’altra configurazione interessante, Luna e Pleiadi nella costellazione del Toro, ben visibile nel periodo autunnale, 3 gradi circa anche per questa opportunità. Il satellite e l’ammasso M45 saranno sin dal sorgere affiancati in orizzontale per avvicinarsi sempre di più durante la notte, il massimo si posiziona intorno alle 3 del mattino successivo. In allineamento con a sinistra le Pleiadi e al centro la Luna, a destra ci sarà Urano, pacifico e sornione.
Congiunzione Luna – Pleiadi ore 22:00 02 ottobre 2023 Roma https://theskylive.com/
Nei giorni successivi la Luna all’ultimo quarto, che sorgerà in ore sempre più tardi, scivolerà nella costellazione del Toro per collocarsi il 7 fra i due gemelli Polluce e Castore.
Giunti all’11 ottobre sarà necessario volgere il telescopio verso est per sorprendere il satellite aggirarsi intorno a Venere. La fase quasi terminata e vicina alla Luna Nuova consentirebbe uno scatto piacevole ma non vi aspettate vicinanze troppe strette, sarà comunque una bella sfida catturare Luna – Venere – Regolo intorno alle 4. Il Sole sorgerà solo 2 ore e mezzo dopo.
Luna- Regolo Venre 11 Ottobre 2023 ore 04:00 Roma molto bassi sull’orizzonte https://theskylive.com/
Intorno al 17 finalmente torneremo a scorgere il satellite verso ovest poco prima e dopo il tramonto e l’accesso agli scatti continuerà a migliorare fino al 19 quando oramai la Luna, in Sagittario e in fase crescente, tornerà ben alta nel cielo già al tramonto.
Evento interessante che vale il tentativo di una foto panoramica la congiunzione fra Luna e Saturno (mag. 0,7) del 24 ottobre. I due astri saranno già alti nel cielo al tramonto e scompariranno sotto l’orizzonte solo a notte inoltrata.
Luna Saturno congiunzione il 24 ottobre ore 00:00 Roma https://theskylive.com/
Nei giorni successivi, la Luna, dopo aver affiancato Nettuno, si dirigerà di nuovo verso Giove, completando il suo periodo. Il 29 Giove e Luna danzeranno uno rispetto all’altro per tutta la notte senza avvicinarsi mai troppo, inoltre la Luna avrà da poco superato la fase piena quindi tanta luminosità in cielo. Condizioni non facili.
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La ISS – Stazione Spaziale Internazionale nel mese di ottobre sarà visibile nei primi giorni del mese ed intorno al 20.
Nel frattempo vi ricordiamo i prossimi passaggi previsti a breve
29 Settembre
Il penultimo passaggio sarà il 29 Settembre, dalle 20:36 verso NO alle 20:41 verso N. Transito parziale, con la ISS che svanirà nell’ombra del pianeta a circa metà cielo, raggiungendo una magnitudine di picco di -3.6.
30 Settembre
L’ultimo transito notevole si avrà il 30 Settembre, osservabile al meglio dal Nord-Est e regioni Adriatiche, dalle 19:47 alle 19:54, da NO ad E. La ISS avrà una magnitudine massima a -3.2.
Ma torniamo ora ad Ottobre
02 Ottobre
Si inizierà il giorno 2 Ottobre, dalle 20:04alle 20:11, osservando da ONO a SSE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, in particolare dall’occidente e Isole Maggiori, con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.5.
03 Ottobre
Si replica il 3 Ottobre, dalle 19:16 verso NO alle 19:25 verso SE. Ancora una volta, visibilità migliore da tutta la nazione con un transito da orizzonte ad orizzonte. Magnitudine di picco a -3.9, osservabile senza problemi anche dai centri delle città più grandi d’Italia.
21 Ottobre
Saltiamo di oltre due settimane, andando al 21 Ottobre, dalle 06:20 da SO alle 06:28 a ENE, con magnitudine massima a -3.7. Visibilità eccellente da tutta la nazione per il miglior transito antelucano del mese.
23 Ottobre
L’ultimo transito del mese sarà visibile al meglio dal Centro Nord Italia il 23 Ottobre. Dalle 06:20 alle 06:27, da O a NE. Magnitudine di picco a -3.3, con la ISS che taglierà l’Orsa Minore, se osservata dal Centro.
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.
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DUE PERIODICHE AL PERIELIO
Mese molto interessante quello che ci aspetta, con due comete periodiche di corto periodo che raggiungono il perielio e con esso un’ottima settima magnitudine, luminosità che sotto buoni cieli permetterà di osservarle anche con piccoli binocoli.
2P/Encke
Giungerà al perielio il 22 ottobre, “brillando” secondo le stime di un’ottima settima magnitudine. Purtroppo però in quel momento e nei giorni precedenti sarà prospetticamente troppo vicina al Sole per essere scorta. Dovremo quindi cercarla nella prima parte del mese, anticipando la sua scomparsa fra le luci dell’alba, scovandola nei pressi dell’orizzonte orientale, dapprima tra le stelle del Leone e poi tra quelle della Vergine. La sua luminosità, specie verso metà mese, non si discosterà molto dai massimi valori previsti raggiunti qualche giorno dopo. Il primo ottobre sarà ancora discretamente alta ma, con il passare dei giorni, si abbasserà sempre più fino divenire inosservabile, come già ricordato,dopo la metà del mese.
Ho avuto modo di osservarla con un binocolo 25×100 a fine settembre trovandola piuttosto elusiva, sia perché relativamente bassa in cielo, ma anche per la non elevata luminosità (mag. 10) e per l’aspetto diffuso e privo di una condensazione convincente.
Cartina della 2P in ottobre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.
103P/Hartley 2
Anche per la 103P è il mese del passaggio al perielio, momento fissato una decina di giorni prima della sorella Encke, ovvero il 12 ottobre.A differenza di quest’ultima però, la Hartley sarà posizionata molto alta in cielo e quindi osservabile al meglio anche nel momento in cui toccherà la minima distanza dal Sole. Le curve di luce indicano una magnitudine picco non distante dalla settima grandezza, quindi alla portata di modesti telescopi o addirittura piccoli binocoli sotto cieli molto bui. Dall’Auriga attraverserà i Gemelli, terminando la sua corsa nel Cancro. La sua osservazione potrà cominciare a notte inoltrata, ma il momento migliore si situa a ridosso del termine della notte astronomica, quando la troveremo ben alta in cielo. Nelle nottate del 12 e 13 ottobre si troverà a transitare a meno di mezzo grado dalla nebulosa planetaria NGC 2392, meglio conosciuta col nomignolo di “Nebulosa Eskimo”.
L’ho vista facilmente a fine settembre in un binocolo 25×100.Una chiazza uniforme piuttosto estesa delle dimensioni di 5/6′, priva di falso nucleo, con un basso grado di condensazione. La luminosità si attestava attorno alla mag. 9.
Cartina della 103P in ottobre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.
Per finire un breve resoconto sul passaggio della C/2023 P1 Nishimura, avvenuto a settembre. Purtroppo, nonostante la buona luminosità raggiunta, le condizioni prospettiche (come già anticipato) sono risultate molto critiche, tanto che la si è potuta seguire per bene solo fino a qualche giorno prima del perielio, comunque molto bassa sull’orizzonte. Dalla sua minuscola testa quasi stellare si è potuta ammirare una notevole coda, esaltante nelle fotografie degli astronomi dilettanti più bravi ed equipaggiati. Ma anche in visuale non è passata inosservata. Personalmente l’8 settembre, una decina di giorni prima del perielio, grazie ad un binocolo 20×90, nonostante fosse alta solo una manciata di gradi sull’orizzonte, sono riuscito a cogliere un grado circa di coda con la cometa che in quel momento era di quinta magnitudine, risultando riconoscibile (almeno nella testa) anche con un modestissimo binocolo 8×40. Ovviamente sotto un ottimo cielo di alta quota. Qualcuno l’ha poi vista anche successivamente l’incontro con il Sole ma limitata a una “stellina” nel chiarore intenso del tramonto.
Nasce da un’idea di Stefano Tognaccini la sedia per l’osservazione stellare attraverso maxi-binocoli: Space Odyssey unica nel suo genere.
AUTOCOSTRUZIONE SPINTA
Prima Parte
Dopo il fortunato articolo comparso nel n°261 di Coelum Astronomia torna a farci compagnia Stefano Tognaccini, astrofilo autocostruttore amante delle sfide e dei binocoli.
Ciao a tutti lettori di Coelum e ben ritrovati! Sono trascorsi alcuni mesi dal racconto della mia prima impresa e, impegni lavorativi permettendo, ho finalmente la gradita occasione di coinvolgervi nella seconda e per ora ultima epopea.
Storia che inizia qualche anno fa quando fui colpito da un articolo dell’astronomo statunitense Don Machholz, o meglio da alcune sue foto che lo ritraevano comodamente agiato su una strana sedia mai vista prima.
Don Machholz sulla sua sedia
La seduta in questione è la Star Chair 3000, un meraviglioso marchingegno pensato e progettato per i binocoli nell’utilizzo verticale.
Optando per i binocoli per l’osservazione astronomica, ogni appassionato avrà avuto modo di notale che a meno che non si tratti di uno strumento leggero, a mano libera, i non angolati con diametri importanti, sono scomodissimi da maneggiare soprattutto puntando alla zona del cielo alta e intorno allo zenit.
La situazione migliora di poco anche volendo sfruttare un treppiede molto alto. Per guardare dentro gli oculari infatti bisogna dimostrarsi abili contorsionisti, con il collo assolutamente flessibile.
Si potrebbe in alternativa pensare ad un sistema montatura a pantografo per binocoli già disponibili sul mercato, ma con un po’ di pratica non è difficile dimostrare che i problemi dell’osservazione in zone alte nel cielo rimangono più o meno irrisolti.
Se consideriamo poi che i binocoli versione dritta con diametri notevoli si trovano a poche centinaia di euro, a differenza di quegli angolati di pari diametro, il rammarico cresce.
La particolare sedia motorizzata vista nell’articolo invece rappresenta ai miei occhi la soluzione ottimale, con l’osservatore che diventa parte integrante del marchingegno. Insomma puntare al cielo notturno in piena comodità doveva essere esperienza insuperabile!
Non c’è neanche bisogno di dire che in pochi secondi la mia mente elaborò un unico desiderio: la voglio!
Con una ricerca online scoprii facilmente che il produttore della starchair era stata un’azienda australiana che ormai da tempo aveva cessato la propria attività, e inoltre già allora il prezzo si mostrava evidentemente proibitivo per la maggior parte degli astrofili, ciò ne giustificherebbe per altro il numero esiguo di esemplari disponibili in tutto il mondo.
Insomma, lettori miei, non restava che l’autocostruzione.
Nella prima impresa raccontata qualche mese fa, avevo già messo alla prova le mie competenze ed ora due nuovi fattori giocavano a mio favore. Del secondo parlerò fra poco mentre per primo si riferisce all’ambito lavorativo. Da anni infatti sono nel campo dell’assistenza dei solarium abbronzanti e come è facile immaginare modelli di poltrona, le così dette lampade facciali, capitano spesso sotto le mie mani.
L’idea fu quindi quella di trovarne una da rottamare per recuperare le parti necessarie per il mio progetto.
Poco tempo dopo recuperai una poltrona con telaio in ferro per fortuna in ottime condizioni, e fornita anche di alcuni cablaggi elettrici interessanti, una pesante piastra con staffe che mi sarebbe servita come culla per l’inclinazione all’indietro e due pistoni motorizzati a 24v.
Come idea generale mi ero ispirato a qualcosa di molto simile ad un telescopio Dobson con una base grande per sostenere il peso e per il movimento azimut, e una culla per l’altezza. Unica differenza: nel mezzo invece del telescopio ci sarebbe stata la poltrona con tanto di osservatore e binocolo.
Un progetto piuttosto complesso ricco di variabili ed incognite che non ero certo di saper affrontare.
Ma un passo alla volta. Iniziai, esattamente come accede per i Dobson, costruendo una base dove poter ruotare in azimut la strumentazione.
A tal scopo feci tagliare da un falegname due tavole, una abbastanza grande per prevenire eventuali ribaltamenti, il cui diametro doveva tuttavia rispettare le dimensioni dello sportello posteriore della mia auto per il trasporto, l’altra più piccola su cui montare la poltrona mentre la rotazione tra le due era assicurata da un perno passante e un cuscinetto.
In seguito fissai la sedia usando alcune parti recuperate dal solarium tra cui una piastra con due robuste staffe per sostenere il telaio della poltrona, un blocco quest’ultimo che si rivelerà poi essenziale essendo quella la zona su cui va a scaricare tutto il peso, persona compresa, tanto che se costruito correttamente tutto il sistema ne uscirà meglio bilanciato.
Per il movimento in altezza invece optai sin da subito per un pistone elettrico pilotato da un interruttore sali/scendi e una batteria, il bilanciamento perfetto con una persona viva, in movimento sopra la poltrona stellare sarebbe quasi impossibile.
Per il movimento in azimut invece scelsi la soluzione manuale, simile al Dobson. Grazie all’ausilio delle braccia, usando dei maniglioni montati sulla base d’appoggio si potevano eseguire dei movimenti abbastanza precisi.
Space Odyssey prima versione
Tutto piuttosto fattibile e in poco tempo la prima versione della starchair fu pronta, per essere testata con un grosso binocolo Wega 25×100 mm montato su una staffa inizialmente fissa ma poi motorizzata, per regolare al meglio l’altezza degli oculari sul viso della persona.
Test Space Odyssey con Wega 25x100mm
La prova sul campo insieme a mio fratello Andrea mi lasciò senza parole(FOTO 5), mai avevo osservato così bene con il Wega da 100mm su treppiede! La comodità segnava una notevole differenza, come se si osservasse con uno strumento più potente e in più con il vantaggio di non stancarsi mai.
Ho utilizzato la mia “sedia stellare” per molti anni durante le osservazioni, e ne sono stato sempre molto orgoglioso e soddisfatto, finché però non ho conosciuto l’oramai amico Marco Mancini in compagnia del suo mostruoso Binocolo Fujinon.
Si tratta di un fenomenale e luminosissimo Fujinon 25×150 mm MT di produzione Giapponese dal peso di 26 kg, forse il binocolo monoblocco più grande al mondo(FOTO 6).
Uno strumento nato per un uso operativo militare: l’osservazione dal ponte delle navi della Marina Militare in situazioni di scarsa luminosità, grazie alla grande apertura e bassi ingrandimenti. Perfetto anche per l’astronomia, soprattutto per la ricerca delle comete.
Marco mi chiese se la mia versione di starchair con qualche modifica avrebbe potuto ospitare il binocolone…ma la risposta era deludente: purtroppo no!
Come me e il mio Wega da 100mm dal modesto peso di 5kg la struttura era già al limite di sopportazione mentre l’enorme mole del Fujinon a sbalzo, oltre a rendere tutto estremamente instabile, avrebbe probabilmente piegato i bracci della staffa d’appoggio.
La Sedia Stellare andava completamente riprogettata sulla base della prima versione.
La decisione quindi era presa, la poltrona doveva essere però questa volta completamente sovradimensionata sia per la persona che per lo strumento.
Ed è in questo momento che entra in gioco il mio secondo fattore fortunato, mio suocero, il quale per anni ha lavorato per un’azienda metalmeccanica operante nel settore aerospaziale e anche piuttosto famosa in campo astronomico avendo partecipato alla realizzazione del nostro TNG Telescopio Nazionale Galileo. Progetto che allora fu tra l’altro seguito proprio da mio suocero, dell’ideazione fino alla costruzione, supervisionato dal Prof. Barbieri dell’Istituto Astronomico di Padova.
Insomma più fortunato di così non è proprio possibile!
A livello amatoriale, se escludiamo il ricercatore giapponese Koichi Itagaki che quest’anno ha messo a segno la scoperta più importante con la famosa supernova SN2023ixf nella galassia Messier 101, gli unici che riescono ancora ad ottenere delle scoperte sono i cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao. Come il giapponese, anche i cinesi dispongono di una strumentazione di prim’ordine sia a livello quantitativo che qualitativo. Il team di Xing Gao nella notte del 3 settembre ha ottenuto la scoperta numero 77, raggiungendo la posizione n. 7 della Top Ten mondiale e scavalcando purtroppo il nostro Fabrizio Ciabattari fermo da diverso tempo a quota 76.
Il nuovo transiente di mag.+17,6 è stato individuato in una piccola galassia anonima posta nella costellazione del Delfino a circa 420 milioni di anni luce di distanza e accompagnata a circa 2” a Sud-Ovest da una galassia a spirale leggermente più grande la PGC1514588. Per i cinesi si tratta dell’undicesima scoperta realizzata quest’anno, che li pone a livello mondiale, come leader indiscussi in fatto di scoperte amatoriali di supernovae. I primi ad ottenere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi americani del Palomar Observatory in California con il telescopio da 1,5 metri, che ha permesso di classificare il transiente come una supernova di tipo Ia scoperta circa 10 giorni prima del massimo di luminosità, a cui è stata assegnata la sigla definitiva SN2023reh. Nei giorni seguenti la scoperta, la supernova ha infatti aumentato la sua luminosità fino a raggiungere la mag.+16,8 intorno al 15/16 settembre.
Telescopi puntati su SN2023rve
Analizziamo adesso una nuova supernova molto interessante e luminosa, ospitata in una bella e fotogenica galassia a spirale, che purtroppo dalle nostre latitudini non è osservabile al meglio in quanto situata a declinazione -30°. Nella notte dell’8 settembre l’astronomo giordano Mohammad Odeh, utilizzando il telescopio da 36cm F.7,7 dell’Al Khatim Observatory posto nel deserto di Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti, ha individuato una luminosa nuova stella di mag.+14 nella bella galassia a spirale barrata NGC1097 posta nella costellazione meridionale della Fornace a circa 50 milioni di anni luce di distanza.
5) Mohammad Odeh in sala controllo dell’Al Khatim Observatory.
Abbiamo contattato Mohammad Odeh per avere dei chiarimenti sul programma di ricerca che sta portando avanti ad Abu Dhabi e ci ha detto che il loro osservatorio automatizzato è stato costruito nel 2021. Eseguono osservazioni fotometriche e seguono le controparti ottiche dei GRB. Dal 26 novembre 2022 hanno iniziato una sistematica ricerca di supernovae ottenendo dalle 70 alle 90 galassie per notte e questa è stata la prima scoperta a poco più di nove mesi dall’inizio del programma.
Ci ha confessato che considera questa scoperta molto fortunata poiché avevano aggiornato il loro elenco di galassie proprio l’8 settembre 2023, e quella notte è stata la prima notte in cui hanno ripreso NGC1097 dal dicembre 2022. Mohammad Odeh è un giovane astronomo giordano, nato nel 1979 in Kuwait ed adesso abitante negli Emirati Arabi Uniti. Non vive di astronomia, ma è laureto in astronomia e collabora costantemente con vari osservatori professionali e con la NASA. Non sappiamo perciò se inquadrare questa scoperta come amatoriale oppure no, però la classificazione di questo transiente è sicuramente amatoriale. Infatti nella notte del 10 settembre, poco prima dell’alba con la galassia a soli 13° sopra l’orizzonte, il nostro Claudio Balcon (ISSP) è stato il primo ad ottenere lo spettro di conferma.
Immagine della SN2023reh in Anonima ripresa da Claudio Balcon con un telescopio Newton 410mm F.5 somma di 7 immagini da 60 secondi.
La SN2023rve, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo II molto giovane. Per onor di cronaca è stata per Claudio Balcon la centesima classificazione di una supernova inserita per primo nel TNS, un vero record assoluto. In un prossimo articolo analizzeremo in modo approfondito lo stupendo lavoro che sta portando avanti il bravo astrofilo bellunese, nell’ambito della spettroscopia. Questa supernova ha molto di italiano ed infatti è italiana anche la primissima immagine con una prediscovery ottenuta il 6 settembre (due giorni prima della scoperta) da Ernesto Guido e Marco Rocchetto in remoto dall’Australia con un telescopio rifrattore Takahashi da 106mm F.3,6. NGC1097 ha visto esplodere al suo interno altre tre supernovae conosciute, tutte di tipo II come l’attuale: la SN1992db scoperta il 12 ottobre 1992 dagli astronomi americani Chris Smith e Lisa Wells, la SN1999eu scoperta il 5 novembre 1999 dall’astrofilo giapponese Masakatsu Aoki e la SN2003B scoperta il 28 dicembre 2003 dal famoso astrofilo australiano Robert Evans, scomparso recentemente. Per chi volesse osservare la supernova, dall’Italia la bella galassia NGC1097 non è un facile oggetto da riprendere perché situato a declinazione -30°. Dal Nord Italia la galassia culmina infatti verso le 4,00 del mattino a soli 15 gradi sopra l’orizzonte. Un po’ meglio la situazione per gli osservatori del Sud Italia dove la galassia culmina a quasi 25 gradi. La supernova di sta mantenendo intorno alla mag.+14,5 sarebbe perciò un facile oggetto da immortalare, situato in una stupenda galassia, peccato solo per la scarsa altezza sull’orizzonte.
Immagine della SN2023rve in NGC1097 ripresa da Massimo Marchini in remoto dal Cile con un telescopio Dall Kirkham da 600mm F.6,5 esposizione LRGB somma di 3 immagini da 120 secondi per filtro.3) Solita immagine della SN2023rve in NGC1097 ripresa da Massimo Marchini in remoto dal Cile con un telescopio Dall Kirkham da 600mm F.6,5 esposizione LRGB somma di 3 immagini da 120 secondi per filtro, dando predominanza al filtro blu.4) Immagine della SN2023rve in NGC1097 ripresa da Rolando Ligustri in remoto dalla Namibia con un telescopio Dall Kirkham da 500mm F.6,8 esposizione RGB da 120 secondi per filtro.7) Strumento principale dell’Al Khatim Observatory, Celestron da 36cm F.7,7 con cui è stata realizzata la scoperta.6) Veduta dell’Al Khatim Observatory al tramonto.8) Mohammad Odeh insieme all’americano Forrest Gasdia durante i preparativi per una missione della NASA.
In COELUM ASTRONOMIA versione cartacea ogni due mesi vieni pubblicato il riepilogo delle Supernovae scoperte e gli scatti più chiari e esaurienti. Per conservare in archivio tutte le novità e lo storico sulle Supernovae visibili dalla Terra
Nel cielo di ottobre sono quasi tangibili le costellazioni tipiche dell’autunno, che troveremo in prossimità della scia di stelle della Via Lattea settentrionale.
Lungo i sentieri siderali incontriamo la costellazione di Pegaso e Andromeda, due figure che condividono un astro,la stella Sirrah, e che sono protagoniste di grandi miti e leggende.
PEGASO NEL CIELO DI OTTOBRE
Facilmente identificabile grazie all’asterismo del Quadrato, quella di Pegaso è una costellazione boreale che transita al meridiano proprio a metà ottobre: la sua stella principale è Markab (α Pegasi), una gigante azzurra con magnitudine 2,49 e distante 140 anni luce, che rappresenta il vertice sud-occidentale del Quadrato.
Nonostante la stella alfa di Pegaso sia Markab è Enif (ε Pegasi) l’astro più brillante della costellazione, una supergigante arancione con magnitudine +2,38.
Seconda alla stella Enif in termini di brillantezza troviamo Scheat (β Pegasi), una gigante rossa di magnitudine 2,44 distante 199 anni luce: essa indica il vertice nord-occidentale del Quadrato di Pegaso.
Nella costellazione sono presenti diverse stelle doppie, alcune anche facilmente risolvibili, come 3 Pegasi e η Pegasi: le due componenti che danno vita a 3 Pegasi sono bianco-giallastre di sesta e settima magnitudine e possono essere risolte anche con modesti ingrandimenti. Nel caso di η Pegasi ognuna delle due componenti è una stella doppia, risolvibili ma non con piccole strumentazioni.
Interessante anche il sistema stellare binario IK Pegasi: esso è composto dalla stella bianca IK Pegasi A e dalla nana bianca IK Pegasi B e diversi studi astronomici lo indicano come un stella doppia che potrebbe esplodere in supernova in tempi non troppo lontani.
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO in PEGASO
La costellazione di Pegaso ospita diversi oggetti non stellari molto interessanti: nel periodo che va da luglio a dicembre è possibile osservare M15, uno degli ammassi globulari più densi della Via Lattea, visibile già con un binocolo in cieli sufficientemente bui e nitidi, mentre sarà necessario l’ausilio di telescopi a ingrandimenti superiori a 350mm per godere di tutti i dettagli di cui l’ammasso è caratterizzato.
Altri interessanti oggetti presenti nella costellazione sono le galassie a spirale NGC 7331 e NGC 7217, ma il vero protagonista è il Quintetto di Stephan, un gruppo visuale di cinque galassie scoperto dall’astronomo francese Édouard Stephan nel 1877.
– JAMES WEBB CREDIT: NASA, ESA, CSA e STScI
L’insieme di galassie è situato a circa 290 milioni di anni luce di distanza da noi ed è considerato dagli astronomi un autentico laboratorio in cui studiare la collisione tra le galassie e come questa impatti sulla materia che costituisce il mezzo intergalattico.
Il 12 luglio 2022 la NASA ha rivelato una straordinaria immagine del Quintetto di Stephan, frutto del superlativo lavoro del telescopio spaziale James Webb: con la sua potente visione a infrarossi e una risoluzione spaziale estremamente elevata, Webb è stato in grado di mostrare dettagli mai visti prima in questo straordinario gruppo di galassie.
La costellazione di Pegaso ospita anche un sistema planetario extrasolare, 51 Pegasi, composto da una stella molto simile al Sole attorno a cui orbita un pianeta extrasolare di tipo gioviano caldo, scoperto nel 1995.
PEGASO NELLA MITOLOGIA
Quella del cavallo alato è certamente una figura che affascina da sempre l’immaginario collettivo: la mitologia ci offre diverse narrazioni riguardo a questa creatura, che fu protagonista di vicende molto movimentate.
MERCURIO E PEGASO part. da Andrea Mantegna, Parnaso, 1497, Parigi, Louvre.
La figura di Pegaso è associata a quella del cavallo alato che nacque da uno zampillo di sangue scaturito dall’uccisione di Medusa da parte di Perseo, l’eroe che si servì proprio della creatura mitologica per salvare Andromeda, figlia di Cefeo e di Cassiopea, dalle grinfie del mostro marino Ceto.
Pegaso era caro a Zeus poiché si occupava di trasportare le folgori del dio fino all’Olimpo e rappresenta altresì la creatura alata di cui si servì Bellerofonte per uccidere la Chimera.
Secondo la mitologia greca Pegaso tornò all’Olimpo dopo la morte di Bellerofonte e successivamente riscese sul Monte Elicona mentre si stava svolgendo una gara di canto tra le Muse e le Pieridi; alle melodie intonate dalle Pieridi il Monte Elicona prese ad innalzarsi verso il cielo e solo lo zoccolo battuto sulla roccia dal cavallo mitologico riuscì ad arrestarne la rapida ascensione.
Nel punto in cui Pegaso sbatté lo zoccolo si aprì una sorgente chiamata così “sorgente del cavallo“.
Portate a termine le sue imprese, il cavallo alato prese il volo verso la volta celeste e qui si trasformò in una manciata di stelle poste a omaggiare le sue virtù per l’eternità.
ANDROMEDA NEL CIELO AUTUNNALE
Affascinante costellazione che brilla nel cielo d’autunno, quella di Andromeda è una figura che investe la volta celeste di miti e leggende concatenate fra loro e ci regala anche uno degli oggetti più belli e conosciuti del profondo cielo: M31, la Galassia di Andromeda.
La costellazione lambisce quasi la scia settentrionale della Via Lattea del Nord ed è individuabile anche grazie all’inconfondibile figura di Cassiopea; la stella più luminosa è Alpheratz (α Andromedae) e insieme alle stelle α, β e λ Pegasi forma un asterismo chiamato Quadrato di Pegaso.
Questa stella un tempo faceva parte della costellazione di Pegaso, con la sigla δ Pegasi, conosciuta anche con il nome Sirrah, dall’arabo “l’ombelico del destriero”.
α Andromedae è situata a 97 anni luce dalla Terra, e anche se ad occhio nudo appare come una stella singola, con una magnitudine apparente pari a +2,06, in realtà è un sistema binario composto da due stelle in orbita stretta tra loro.
OGGETTI NON STELLARI IN ANDROMEDA
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I Paesi Bassi e il bacino padano si contendono la vetta di una poco invidiabile classifica: quella delle regioni con il maggior inquinamento luminoso in Europa. Da questi luoghi con così tante luci artificiali è ancora possibile riuscire a fotografare il cielo stellato? Per il Piemonte la risposta è sì, grazie anche ai monti che lo circondano su tre lati e che permettono di schermare – almeno in parte – il riverbero proveniente dalla pianura. Alcune valli piemontesi, soprattutto quelle che non hanno valichi stradali, mantengono ancora un basso livello di inquinamento luminoso e sono a buon diritto considerate delle oasi del cielo buio, piccoli angoli di paradiso per astrofili e astrofotografi.
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La mia passione
Ho cominciato ad appassionarmi all’astrofotografia paesaggistica nel 2012, quando – in una notte di mezz’estate – ebbi l’idea di fare una passeggiata al chiaro di Luna in compagnia della mia reflex di allora e di un treppiede. Ovviamente molte cose sono cambiate da quella notte, ma in me è rimasto immutato il desiderio di visitare e fotografare luoghi magari familiari, ma resi in qualche modo nuovi dal connubio con il cielo stellato
Figura 1: Rocca Castello e Rocca Provenzale al chiaro di Luna, con il centro della Via Lattea e Saturno. Crediti di Emanuele Balboni
Mi è sempre piaciuto camminare in montagna: è raro che le mie escursioni in notturna si limitino al parcheggiare l’automobile sul ciglio di una strada più o meno asfaltata e, da lì, scattare il panorama messo a punto in fase di progettazione; molto più spesso la meta è a qualche tratto di sentiero di distanza, da percorrere zaino in spalla.
Una scelta che implica conseguenze. La più ovvia è che, così facendo, la scelta del luogo non è limitata dalla rete stradale ma è decisamente più ampia: se ci passa (vicino) un sentiero, allora ci si può andare! Lasciando la strada ci si allontana anche da case e lampioni, e dunque dall’inquinamento luminoso che potrebbe disturbare gli scatti. Per contro, la scelta dell’attrezzatura è limitata da ciò che ciascuno può permettersi di caricare sulle proprie spalle sottolineando che, in caso di incidente, il ritorno alla civiltà o l’arrivo dei soccorsi potrebbero risultare difficoltosi.
Tanti cieli per tutte le stagioni
Non credo esista un momento migliore per fotografare il ciel, in Piemonte. Così come cambiano le costellazioni di riferimento nei vari periodi dell’anno, anche il paesaggio muta con le stagioni, donando varietà allo stesso luogo.
Figura 3: il triangolo estivo sorge dietro rocca la Meja alle ultime luci del crepuscolo. Crediti di Emanuele Balboni
L’estate è caratterizzata dal centro della Via Lattea ben visibile e dal Triangolo Estivo alto in cielo; le montagne sono quasi completamente sgombre di neve e i ghiacciai (ormai sempre meno estesi, purtroppo) sono scoperti, i valichi stradali sono aperti ed è possibile raggiungere anche quote importanti con relativa facilità.
In autunno, i larici infiammano le vallate con i colori del foliage (indicativamente tra metà ottobre e metà novembre) e le prime nevicate imbiancano le cime, mentre in cielo il Grande Carro si abbassa sull’orizzonte a Nord ed è facile fotografarlo riflesso in un laghetto alpino.
Il Grande Carro si specchia nel Lago Nero (val Maira). Panorama al chiaro di Luna. Crediti di Emanuele Balboni
L’inverno porta con sé (o dovrebbe portare) neve copiosa: quasi tutti i valichi stradali sono chiusi e questo limita gli spostamenti, ma Orione domina sui pendii innevati ed è possibile catturarlo alto in cielo.
La primavera porta il disgelo: Orione, Toro e Cane Maggiore sembrano sdraiarsi sulle Alpi in direzione Ovest e tramontano al crepuscolo serale, mentre poco alla volta diventa sempre più visibile la porzione estiva della Via Lattea, che sorge nelle ore prima dell’alba.
Venere e le costellazioni invernali sopra il Monviso, in alta Valle Po. Crediti di Emanuele Balboni
Trovi i migliori scatti a cura di Emanuele Balboni sui cieli perfetti del Piemonte nel n° 264 di Coelum Astronomia V bimestre 2023.
venerdì 6 ottobre 2023: Arrivo degli organizzatori e dei partecipanti, preparazione della sala del Convegno (dalle 18:30)
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sabato 7 ottobre 2023: 10,00 Apertura del XXXI Convegno GAD e presentazione del programma
segue: – Relazioni di Fotometria e Astronomia Digitale e Meeting Nazionale Pianeti Extrasolari – Meeting Nazionale Stelle Variabili (Sezioni di Ricerca UAI) e dell’Aera Tecnica UAI
13,00 pausa pranzo
15,00 – 19,00 – prosegue Meeting Nazionale Pianeti Extrasolari – Meeting Nazionale Stelle Variabili (Sezioni di Ricerc a UAI) e dell’AeraTecnica UAI
20:00 – CENA SOCIALE GAD
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domenica 8 ottobre 2023: 9,30 – 13,00 – prosegue Convegno GAD e Meeting Nazionale Pianeti Extrasolari – Meeting Nazionale Stelle Variabili (Sezioni di Ricerca UAI) e dell’AeraTecnica UAI
Bentornati su Marte!
Nel 21esimo appuntamento di questa rubrica continuiamo a esplorare il Pianeta Rosso con i tre robot della NASA, gli unici apparati al momento attivi sulla superficie marziana.
Ingenuity: sempre più lontano, sempre più in alto Il piccolo elicottero sta lavorando a pieno ritmo, fornendo supporto all’esplorazione via terra svolta in parallelo dal suo compagno rover Perseverance.
In queste ultime settimane Ingenuity ha portato a compimento quattro voli, il primo dei quali è stato il 56esimo eseguito il 25 agosto (Sol 894 della missione Mars 2020).
Percorso del volo numero 56
Lo spostamento (evidenziato in giallo nella mappa) è stato di 410 metri che sono stati percorsi in 2 minuti e 21 secondi, fornendo immagini aeree delle zone che il rover avrebbe raggiunto nelle settimane successive (linea bianca con il percorso di Perseverance).
Facciamo anche cifra tonda: con il volo 56 Ingenuity ha superato i 100 minuti di operatività su Marte!
Poco più di una settimana dopo, il 3 settembre, il drone prosegue la movimentazione verso nord con il volo numero 57 che dura poco più di 2 minuti nel corso dei quali percorre 217 metri.
Percorso del volo 57
Per questo volo i tecnici del JPL hanno scaricato tutti i frame della camera di navigazione che sono stati subito messi a disposizione della community di appassionati. Possiamo così ricostruire l’intero spostamento dal decollo all’atterraggio che vi mostro nel seguente video.
La cronaca di Ingenuity prosegue poi nel Sol 910, 11 settembre, con il volo 58. L’elicottero si sposta verso nord-ovest con un volo più breve rispetto a quelli che l’hanno preceduto. Soli 174 metri sono stati percorsi in 108 secondi, visualmente documentati da dieci fotografie scattate dalla camera a colori ad alta risoluzione e di cui vi presento l’ultima.
Visuale ripresa da Ingenuity da 10 metri di altezza poco prima dell’atterraggio del volo 58.Percorso del volo 58
E infine l’ultima attività di questa intensa sequenza, avvenuta il 16 settembre. Per il volo 59 i tecnici del JPL programmano un test molto particolare, in cui mettono ulteriormente alla prova elettronica e meccanica dell’elicottero portandolo là dove nessun elicottero marziano ha mai osato: 20 metri di quota operativa.
Da circa 300 metri di distanza l’occhio attento di Perseverance, che per l’occasione ha interrotto le attività della nuovissima Margin Campaign (vi racconto tutto nei prossimi paragrafi), ha osservato Ingenuity volare.
Foto a Ingenuity scattata prima del volo 59 (NASA/JPL-Caltech/Piras)
Ci sarà presto anche un video con l’intera sequenza di volo, per il momento disponibile solo attraverso i piccolissimi fotogrammi di anteprima troppo sgranati per meritare queste pagine. Tuttavia, già dalle anteprime si evidenzia che ascesa e discesa siano avvenute in cinque tappe intermedie, probabilmente per monitorare la stabilità dei dati registrati dall’altimetro di bordo. Nella sua totalità il volo è durato 143 secondi e non ha avuto alcuno spostamento orizzontale. Se disponibile, aggiungerò il video in alta risoluzione con la ripresa di Perseverance nella prossima news.
Questo nuovo record di altezza per Ingenuity espande le potenzialità di indagine fotografica della missione perché da quote maggiori le camere dell’elicottero saranno in grado di ampliare la superficie monitorata.
Upper Fan Campaign agli sgoccioli per Perseverance Nelle settimane in cui Ingenuity era impegnato nei voli appena descritti, il rover di Mars 2020 era altrettanto indaffarato.
Nella precedente news l’avevamo lasciato diretto verso sud per studiare delle lastre rocciose di origine sedimentaria, generatesi dal deposito di materiale portato qui dalle acque un tempo abbondanti.
Posizioni di Perseverance e Ingenuity il 18 agosto.
Le analisi sono avvenute come previsto e hanno coinvolto la familiare fresa, il soffiatore ad azoto, lo strumento SHERLOC e numerose altre camere di ripresa.
Immagine immediatamente successiva all’abrasione della lastra sedimentaria, foto della Left NavCam nel Sol 893 (NASA/JPL-Caltech/Piras)
Dopo alcuni giorni marziani di permanenza in quest’area i tecnici hanno programmato il rover per iniziare gli spostamenti verso ovest per raggiungere una nuova regione di grande interesse per gli obiettivi della missione.
Si tratta di quella che gli scienziati della missione hanno battezzato Marginal Carbonate Unit (traducibile come unità di carbonato marginale), visibile già dalle mappe satellitari come l’area di colore più chiaro e con fratture ben visibili a sinistra della mappa qui allegata.
Posizione di Perseverance e Ingenuity aggiornata al Sol 905, 6 settembre. La regione più chiara sul bordo sinistro dell’immagine è l’agognata Marginal Carbonate Unit.
La composizione di queste rocce ha contribuito alla scelta del cratere Jezero come destinazione della missione Mars 2020: la peculiarità risiede nell’abbondante presenza di minerali carbonati.
Sulla Terra i carbonati di solito si formano nelle secche di laghi d’acqua dolce o alcalina. Si ipotizza che lo stesso possa essere accaduto per la marginal carbonate unit su Marte, oltre 3 miliardi di anni fa, quando le acque di un lago nel cratere Jezero lambivano le sue rive depositando gli strati di carbonato. Un’altra ipotesi è che i carbonati si siano formati attraverso un processo chiamato carbonatazione minerale: in questo caso minerali silicati (come l’olivina, la cui presenza è abbondantemente documentata) reagiscono con l’anidride carbonica e si trasformano in carbonati.
Gli scienziati tengono in gran conto la presenza di minerali carbonati per due ragioni.
La prima è che questi composti si formano tramite la reazione della CO₂ atmosferica con l’acqua liquida, perciò lo studio dei carbonati può fornire indicazioni sui passati livelli di anidride carbonica per ricostruire l’evoluzione del clima di Marte.
La seconda ragione va cercata nel modo in cui i carbonati si rivelano un ottimo mezzo per “fotografare” l’ambiente in cui si formano, comprese eventuali tracce di vita microbica. Sulla Terra è stato osservato che i minerali carbonati si formano direttamente attorno alle cellule dei microrganismi, come delle capsule, trasformandole rapidamente in fossili. Un esempio di questo sono le stromatoliti, strutture sedimentarie stratificate create da colonie batteriche e che rappresentano alcune delle prime testimonianze della vita sul nostro pianeta, con alcuni campioni correntemente datati a 3.5 miliardi di anni fa.
La raccolta e l’analisi di queste rocce carbonatiche ci aiuterà a rispondere ad alcune delle domande più importanti che abbiamo sulla storia di Marte. Ma prima di arrivare alla Marginal Carbonate Unit Perseverance ha avuto qualche problema di navigazione.
Un po’ di grane per l’autonavigatore Al termine delle analisi descritte Perseverance inizia il suo viaggio verso ovest diretto verso la parte più orientale della Carbonate Unit, una fascia che si estende da nord a sud battezzata Mandu Wall. Le immagini panoramiche prodotte dalle camere di navigazione rendono l’idea della difficoltà del terreno che il rover si è trovato ad attraversare.
Sol 905, Perseverance si guarda attorno sconfortato. NASA/JPL-Caltech/Piras
Innumerevoli rocce di varia dimensione si alternano a non meno pericolosi depositi di fine sabbia e regolite, che il software di navigazione autonoma è addestrato a evitare ma c’è evidentemente un limite alla complessità che può gestire.
È così che il 6 settembre Perseverance si è ritrovato a fare un giro in tondo di 127 metri per cercare di spostarsi verso ovest, senza però riuscirci! La situazione è ben illustrata sia dalla ripresa della Left NavCam (che mostra le tracce nella sabbia) che dalla mappa nella quale ho aggiunto un cono giallo per mostrare quale fosse all’incirca il punto di vista del rover per scattare la foto. Il percorso evidenziato in giallo è l’intera movimentazione del Sol 905.
Visuale verso sud-ovest della NavCam, Sol 905. NASA/JPL-Caltech/Piras
I piloti di missione sono dovuti necessariamente intervenire con istruzioni mirate che, nel Sol 907, conducono Perseverance qualche decina di metri verso sud in direzione di un’apertura giudicata percorribile.
Foto del Sol 907, Perseverance si guarda indietro (verso nord). Le tracce testimoniano il doppio passaggio del rover su questa morbida sabbia. (NASA/JPL-Caltech/Piras)
In ogni caso non tutti i mali vengono per nuocere perché il rover esegue alcune osservazioni con le sue camere e riprende alcuni scorci che, al di là del valore scientifico, sono bellissime cartoline marziane. Come questo mosaico realizzato dalla Right MastCam-Z che ritrae anche una roccia di forma molto particolare. Lascio decidere a voi se è un avocado o un sombrero.
Sol 907, Right MastCam-Z. NASA/JPL-Caltech/MSSS/PirasSol 907, Right MastCam-Z. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
Il Sol 909 è quello del recupero: Perseverance è libero di avanzare e percorre, in un solo giorno, 474 metri. Lo spostamento lo fa così finalmente giungere a Mandu Wall, le cui foto per mezzo delle camere di navigazione inquadrano anche i lontani rilievi che costituiscono le pareti del cratere Jezero, lontane circa 3 km da qui.
Il lungo spostamento di Perseverance nel Sol 909 (10 settembre)Mandu Wall e, in lontananza, i rilievi del bordo di Jezero. Sol 909 (NASA/JPL-Caltech)
In occasione dell’arrivo nella Marginal Carbonate Unit Perseverance abbandona il confine dell’ellisse di atterraggio (che, con dimensioni di 7.7 x 6.6 km, rappresentava il bersaglio da raggiungere con il sofisticato sistema EDL), supera i 20 km globalmente percorsi ed entra nel quadrilatero Ningaloo. I “quadrilateri” marziani sono aree quadrate di 1.2 km di lato in cui è arbitrariamente suddivisa la superficie, i cui nomi sono tipicamente a tema zona per zona. In particolare i quadrilateri nei pressi del cratere Jezero sono nominati come riserve e parchi naturali, e Ningaloo non fa eccezione trattandosi di un riferimento al Parco Marino Ningaloo nell’Australia occidentale.
Un nuovo capitolo nell’esplorazione del cratere L’arrivo nell’unità marginale carbonatica (sperando che la traduzione non risultati troppo forzata) inaugura una nuova sezione della missione di Perseverance. Dopo la Crater Floor, la Delta Front e la Delta Top, è ora il momento di lanciarci nella Margin Campaign che durerà circa 230 Sol marziani o 8 mesi terrestri. Nel corso della campagna Perseverance attraverserà questi ambienti rocciosi compiendo le usuali osservazioni sia da remoto che a distanza ravvicinata mentre si dirige verso il bordo del cratere. È inoltre previsto di raccogliere sino a quattro nuovi campioni prima di raggiungere i confini di Jezero e avviare la Inner Rim Campaign a cui seguirà la Beyond Jezero Campaign. Ma non anticipiamo troppo le cose, torniamo al presente e alla corrente Margin Campaign!
L’avvio simbolico di questo capitolo di esplorazione si è avuto nel Sol 915 (16 settembre) con il rover che ha messo in funzione la fresa e ha avuto un assaggio delle rocce carbonatiche di Mandu Wall. L’abrasione è stata avviata meno di mezz’ora dopo la ripresa del volo di Ingenuity descritto a inizio articolo, una programmazione di attività estremamente densa per una mattinata marziana.
La fresatura è stata chiamata “Amherst Point” e le HazCam frontali ci offrono un punto di vista ravvicinato dell’operazione mentre veniva svolta. I video seguenti sono accelerati e coprono 19 minuti.
Video Player
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Riusciamo anche a notare un leggero scivolamento della punta appena il trapano cerca di spingere per raschiare la roccia. Come riferimento si consideri che il diametro della fresa è di 5 cm.
Sono seguiti i rilievi fotografici che qui vi presento nelle immagini della Left NavCam e di Watson.
Abrasione Amherst Point, Left NavCam Sol 915. (NASA/JPL-Caltech/Piras)Abrasione Amherst Point, Sherloc Watson Sol 915. (NASA/JPL-Caltech)
Per chiudere la cronaca delle attività di Perseverance, due giorni prima dell’operazione di abrasione appena descritta il rover ha, potremmo dire finalmente, chiuso la fiala con il campione prelevato il 13 agosto dalla roccia Dream Lake e battezzato Pilot Mountain.
Immagine della fiala con il campione Pilot Mountain, foto della CacheCam nel Sol 913. (NASA/JPL-Caltech/Piras)
Si tratta della 21esima fiala che Perseverance sigilla a cui vanno aggiunti i tre tubi testimone di cui ho raccontato nei passati articoli (per esempio https://www.coelum.com/articoli/news-da-marte-10).
La lunga arrampicata di Curiosity
Continuano gli aggiornamenti e i dettagli sull’impegnativa scalata verso il Monte Sharp – o Aeolis Mons – che sta tenendo occupato il veterano dei rover marziani (ho accennato a riguardo nella precedente news).
Dopo tre tentativi falliti nel corso di tre anni, il 14 agosto Curiosity ha raggiunto la cresta della Gediz Vallis, ciò che rimane dei flussi di detriti depositati da impetuosi fiumi che si sono asciugati 3 miliardi di anni fa. Con l’occasione del traguardo raggiunto il rover ha scattato uno splendido mosaico a 360° che combina 136 singole immagini scattate il 19 agosto.
Panoramica di Gediz Vallis Ridge ripresa da Curiosity il 19 agosto (Sol 3928). NASA/JPL-Caltech/MSSS
Il grande rilievo nella parte centrale dell’immagine è la parte più alta della cresta, che si alza per ulteriori 21 metri e che il rover sta continuando a costeggiare mentre prosegue verso sud.
Un po’ di contesto ci è fornito dall’immagine satellitare con sovraimposto il percorso effettuato sino ad ora da Curiosity.
A questo possiamo aggiungere una ricostruzione tridimensionale del paesaggio che il rover si è trovato davanti in questi ultimi km di viaggio, con il tentativo di incursione nell’area verde Greenheugh Pediment che è stato effettuato nel marzo 2021. Il percorso tracciato prosegue rappresentando le opzioni di spostamento che si stima di poter far seguire al rover.
La mappa e l’elaborazione 3D (quest’ultima diffusa il 18 settembre) rappresentano la medesima posizione per Curiosity che ha effettuato la sua ultima movimentazione documentata il 17 settembre.
L’arrivo del rover sulla cresta ha fornito agli scienziati le prime visioni ravvicinate dei resti erosi di una caratteristica geologica conosciuta come conoide di deiezione, dove i detriti che scorrono lungo la pendenza si espandono in una forma a ventaglio. I conoidi di deiezione sono comuni sia su Marte che sulla Terra, ma gli scienziati stanno ancora imparando i loro meccanismi di formazione.
Ogni strato di questa formazione racconta una pagina degli antichi laghi e fiumi che sagomavano il paesaggio. Gediz Vallis, in particolare, è stata probabilmente l’ultima formazione ad essere generata il che la rende una delle più giovani “capsule del tempo” che Curiosity potrà incontrare. Il valore dell’esplorazione della regione è accentuato da materiali e rocce portate qui dall’acqua e provenienti da regioni lontane e ad alta quota del Monte Sharp che il rover non avrebbe mai potuto raggiungere ma che la geologia ha messo comunque alla portata del suo braccio robotico.
La prossima sfida sarà trovare un passaggio nel Gegiz Vallis Channel che inizia dove termina l’ultima parte della cresta. Da lì Curiosity potrà continuare il suo avvicinamento alle pendici dell’Aeolis Mons.
Anche per questo aggiornamento da Marte è tutto, alla prossima.
L’associazione Unione Astrofili Napoletani ha da tempo organizzato un gruppo collaborativo, Gruppo Esopianeti infatti, i cui membri si dedicano con passione allo studio dei pianeti che gravitano intorno a stelle diverse dal nostro Sole. Abbiamo delegato a loro l’introduzione alla sezione di questo numero dedicata agli esopianeti, arricchita dalle testimonianze di Giovanni Covone docente presso l’Università Federico II di Napoli, Isabella Pagano direttrice dell’Osservatorio Astrofisico di Catania, Ennio Poretti ex direttore del Telescopio Nazionale Galileo e Alessandro Sozzetti ricercatore presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino.
AUTOCOSTRUZIONE SPINTA – Space Chair
Dopo il fortunato articolo comparso nel n°261 di Coelum Astronomia torna a farci compagnia Stefano Tognaccini, astrofilo autocostruttore amante delle sfide e dei binocoli.
ShaRA#5 – The BAT
Siamo giunti alla quinta edizione dei progetti di astrofotografia del gruppo ShaRA partiti in tre meno di un anno fa ora sono ben 23 astrofili che in modo democratico decidono cosa fotografare, auto-finanziano le riprese remote con i grandi telescopi cileni, condividono le elaborazioni, si confrontano sulle varie tecniche di processing e, dopo votazione anonima,
generano una foto di gruppo ottenuta prendendo il meglio del contributo di tutti. Per il numero 264 è la volta di The BAT.
Fotografare in PIEMONTE
Dopo il successo della Sardegna per la neo nata rubrica “Top 10 scenari perfetti”, nel 264 di COELUM ASTRONOMIA, arriva il Piemonte. Abbiamo chiesto ad Emanuele Balboni di raccontarci il suo vagabondare e perdersi per le Alpi, dove la natura incontra se stessa.
Filosofia della Scienza
L’idea alla base del principio antropico è che una scintilla di coscienza sia per la “forma” della natura – quello che descriviamo ricorrendo alla grandezza fisica denominata appunto: informazione (e che misuriamo in bit) – ciò che la massa rappresenta per la gravità, ovvero un attrattore.
Torna a scrivere per Coelum Filippo Onoranti.
X LA SEZIONE TECNICA
SPETTROSCOPIA DEL SISTEMA
BINARIO AD ECLISSE SIGMA AQUILAE
Un esempio pratico di applicazione della spettroscopia amatoriale con risultati eccellenti a cura di Lorenzo Franco, Ulisse Quadri e Luca Strabla.
Il VLT un Gioiello in Cima alla Montagna a cura di Anna Wolter e Roberto Volsa
A 25 anni dalla prima luce il VLT dell’ESO resta sulla cresta dell’onda continuando a
servire e a stupire la comunità scientifica. Grazie alle continue innovazioni tecnologiche,
ai nuovi strumenti e soprattutto all’interferometria, il VLT si propone come un osservatorio di inestimabile valore scientifico anche per il futuro.
SELEZIONATE PER LA GALLERIA PHOTOCOELUM
Scatti a mano libera, possibili? Ecco la testimonianza di Filippo La Fauci
Grazie al contributo di Paolo Bardelli, Cristian Fattinnanzi, Antonio Magni, Luciano Milianti, Giancarlo Neccia, Davide Nardulli, Carolina Paoletti, Claudio Pra, Daniele Righetti.
… E POI?
Dal FUTURO arriva FUTURI Che ruolo ha lo Spazio nell’evoluzione dell’economia? E dell’umanità? Quanto è utile anticiparne i possibili sviluppi futuri? UN’INTERA ECONOMIA IN ORBITA: I FUTURI DELLA LOGISTICA SPAZIALE di Pietro Guerrieri e Rocco Scolozzi
Le care rubriche ad opera di Antonio Piras “Bentornati su Marte!”, Barbara Bubbi e Giuseppe Petricca, Stefano Marcellini con le sue note pungenti, il Cielo del Bimestre, Astromiao di Laura Saba, sempre a spasso, Astroquiz, HANC MARGINIS di Paola Giorgini, e molto altro.. Insomma non vi possiamo dire proprio tutto tutto!
Il ricercatore principale di OSIRIS-REx Dante Lauretta esamina una replica della capsula campione, costituita dallo scudo termico (bianco) e dal guscio posteriore (marrone chiaro), dopo aver superato con successo il test di caduta. (Chris Richards/Comunicazioni universitarie)
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Il ritorno della capsula con dentro i campioni dell’asteroide è previsto per il 24 settembre ore 14:00 GMT nello UTAH.
TUTTA LA CRONOSTORIA DELLA MISSIONE RACCONTATA DAGLI AUTORI DI COELUM
Nelle pagine di Coelum e nel sito ogni missione è raccontata dalla sua fase primordiale, la presentazione, fino alla conclusione. Missioni che spesso vivono letteralmente anche più di una decina d’anni. E’ il caso anche di OSIRIS-REx di cui già nel gennaio 2010 si inizia a parlare con il comunicato che decreta l’approvazione del progetto da parte della NASA, dalle parole di allora “Osiris-Rex (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith Explorer) La destinazione della sonda è un asteroide e la missione prevede non solo di studiare accuratamente la morfologia del corpo celeste, ma anche di prelevare almeno mezzo etto di materiale dalla sua superficie e riportarlo sulla Terra”.
Inizia qui un’odissea lunga ben 13 anni che sta per volgere al termine, lasciando spazio a coloro la cui responsabilità sarà cogliere il meglio e il massimo da uno sforzo congiunto a cui hanno partecipato davvero in molti.
La missione è destinata a terminare il 24 settembre alle ore 14:00 nello UTAH. Coelum seguirà la diretta inviando aggiornamenti in tempo reale sul nostro canale TELEGRAM dall’ingresso nell’atmosfera della capsula contenente i campioni fino al recupero nell’area di circa 60km quadrati in cui è previsto l’atterraggio. L’area è poco abitata e gli ingegneri sono in queste ore impegnati in calcoli per migliorare l’approssimazione.
In attesa di aggiornamenti importanti e mentre la sonda sta sfrecciando nello spazio in direzione Terra, ecco l’elenco delle fasi che hanno caratterizzato la missione in ordine temporale dalle notizia più recente alla più datata. Un viaggio a ritroso per conoscere tutto quello che c’è da sapere.
Di Angelo Meduri https://www.coelum.com/photo-coelum/photo/photo_angelomeduri_cometa-hale-bopp
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Il 1997, Come butta?
Ciao belli! Come butta? Siete pronti per un’altra incursione nefasta negli anni 90? Attenzione che potreste rimanere nostalgici per almeno una settimana.
Gli eventi astronomici che hanno caratterizzato il 1997
Oggi si parla del 1997, che ha scardinato le porte del 1996 con l’eleganza sobria delle Spice Girls. 🎼🎤🎧
Perché dovete sapere che nel 1997 iniziava l’era del Girl Power. Ma quell’anno fu epico anche per capolavori del trash come il singolo degli Aqua e per capolavori veri e propri come Truly Madly Deeply dei Savage Garden. Come dicevano loro: “am I asleep, am I awake, or somewhere in between?” Sicuramente stiamo rimembrando. E a quei tempi, nemmeno Achille quando si avvicinava alle mura di Troia per sfidare Ettore non aveva un passo tanto spaccone quanto quello di Richard Ashcroft nel video di Bitter Sweet Symphony.
Anche il cinema a quell’epoca non era niente male. La Vita è Bella di Benigni, Sette anni in Tibet e l’avvocato del Diavolo facevano saltare il botteghino e Titanic, oltre ad essere campione di incassi, diede lavoro ad analisti per anni a venire nella ricerca di tutte le permutazioni spaziali grazie alle quali Jack si sarebbe potuto sistemare sulla zattera di Rose senza finire a picco come l’iceberg.
Perché il 1997 fu l’anno mistico in cui 10000 persone videro delle strane luci apparire sulla città di Phoenix e Man in Black e Flubber fecero la loro uscita al botteghino. Un caso? Non credo proprio. Il 1997 fu il triste anno in cui morirono anche Maria Teresa di Calcutta e Gianni Versace. E per stare in tema di epidemie (e poi non mi dire che gli anni ’90 non erano attuali), nello stesso anno a Hong Kong ci fu la famosa aviaria. E via che il consumo di nuggets scendeva in picchiata, dimenticando la mucca pazza di qualche anno prima! E le macchine cominciavano a prendere il controllo di questo pianeta. Infatti, nella sfida tra Deep Blue della IBM e Garry Kasparov, per la prima volta un computer batteva a scacchi il grande maestro.
Nell’universo i pianeti continuavano a ruotare e le stelle ad esplodere ma nel nostro piccolo, il cielo si adornava proprio in quell’anno della cometa Hale-Bopp che, proprio in quell’anno, passava alla sua minima distanza dalla Terra: 196 milioni di km.
Sempre nel 1997, il veicolo spaziale della NASA della missione Pathfinder atterrava su Marte, liberando un piccolo modulo a ruote, Sojourner, che avrebbe esplorato la geologia della sua superficie.
Crediti NASA
Nel frattempo, sei anni prima, a Cambridge avveniva la scommessa del secolo, quasi epica come quella dei fratelli Duke in “una poltrona per due”. Stephen W. Hawking i colleghi John P. Preskill e Kip S. Thorne, del California Institute of Technology, a Pasadena avevano scommesso sull’esistenza o meno nell’Universo di ‘singolarità nude’.
Esse sono punti dello spazio, presenti al centro dei buchi neri, nei quali lo spazio e il tempo sono infinitamente distorti e la materia è infinitamente densa. Qui vengono meno tutte le regole della relatività e della meccanica quantistica. Hawking dubitava di tale esistenza, ma nel 1997 dovette riconoscere di avere parzialmente perso la scommessa, ammettendo che quelle singolarità possono esistere, anche se non come fenomeno generale. Nel 1997 ci fu la conferma dell’azione quantistica a distanza o entanglement quantistico. Questa teoria prevede che due particelle molto distanti siano interconnesse, in modo tale che una misurazione su una di esse condiziona le proprietà misurate dell’altra.
Altri fatti degni di nota furono l’esplosione di un razzo Delta II che trasportava un GPS militare poco dopo il decollo da Cape Canaveral, la messa a punto e riparazione del telescopio spaziale Hubble e il famoso GRB 970228, un lampo molto luminoso di raggi gamma, che colpì la Terra per 80 secondi.
Nuvole di gas di scarico si formano attorno a un veicolo di lancio Delta II mentre fa esplodere la navicella spaziale Swift della NASA nella sua missione dal Launch Complex 17A presso la stazione aeronautica di Cape Canaveral in Florida. Crediti: NASA
Fu la prova concreta che i lampi di raggi gamma si verificano ben oltre la Via Lattea. Nel 1997 ci fu anche una eclissi solare completa e due eclissi lunare totali Venne anche lanciata la sonda Cassini-Huygens verso Saturno che ci ha donato delle foto immense del Signore degli Anelli. Ora vi lascio perché mi è venuta una idea su come risolvere il secondo enigma di The Curse of Monkey Island dove mi sono piantato la scorsa notte. Cordiali saluti e a presto.
Questa nuova immagine del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA mostra Herbig-Haro 211 (HH 211), un jet bipolare che viaggia attraverso lo spazio interstellare a velocità supersoniche. A circa 1.000 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Perseo, l’oggetto è uno dei flussi protostellari più giovani e vicini, il che lo rende un bersaglio ideale per Webb.
Gli oggetti Herbig-Haro sono regioni luminose che circondano le stelle appena nate e si formano quando venti stellari o getti di gas emessi da queste stelle appena nate formano onde d’urto che collidono con gas e polvere vicini ad alta velocità. Questa spettacolare immagine di HH 211 rivela un deflusso da una protostella di Classe 0, un analogo infantile del nostro Sole quando aveva non più di poche decine di migliaia di anni e con una massa pari solo all’8% di quella attuale (e alla fine diventerà una stella come il Sole).
L’imaging a infrarossi è potente nello studio delle stelle appena nate e dei loro deflussi, perché tali stelle sono invariabilmente ancora immerse nel gas della nube molecolare in cui si sono formate. L’emissione infrarossa dei deflussi della stella penetra nel gas oscurante e nella polvere, rendendo un oggetto Herbig-Haro come HH 211 ideale per l’osservazione con i sensibili strumenti a infrarossi di Webb. Le molecole eccitate dalle condizioni turbolente, tra cui l’idrogeno molecolare, il monossido di carbonio e il monossido di silicio, emettono luce infrarossa che Webb può raccogliere per mappare la struttura dei deflussi.
L’immagine mostra una serie di shock d’arco a sud-est (in basso a sinistra) e nord-ovest (in alto a destra), nonché lo stretto getto bipolare che li alimenta. Webb rivela questa scena con dettagli senza precedenti: una risoluzione spaziale circa da 5 a 10 volte superiore rispetto a qualsiasi immagine precedente di HH 211. Il getto interno viene visto “oscillare” con simmetria speculare su entrambi i lati della protostella centrale. Ciò è in accordo con le osservazioni su scala più piccola e suggerisce che la protostella potrebbe in effetti essere una stella binaria irrisolta.
Precedenti osservazioni di Webb cattura il deflusso con telescopi a terra hanno rivelato giganteschi bow shock che si allontanavano da noi (nord-ovest) e si muovevano verso di noi (sud-est) e strutture simili a cavità rispettivamente nell’idrogeno e nel monossido di carbonio, nonché un getto bipolare nodoso e oscillante, nel monossido di silicio. I ricercatori hanno utilizzato queste nuove osservazioni per determinare che il deflusso dell’oggetto è relativamente lento rispetto a protostelle più evolute con tipi simili di deflussi.
Il team ha misurato che la velocità delle strutture di deflusso più interne era compresa tra 80 e 100 chilometri al secondo. Tuttavia, la differenza di velocità tra queste sezioni del deflusso e il materiale principale con cui entrano in collisione – la velocità dell’onda d’urto – è molto più piccola. I ricercatori hanno concluso che i deflussi dalle stelle più giovani, come quella al centro di HH 211, sono per lo più costituiti da molecole, perché le velocità relativamente basse delle onde d’urto non sono abbastanza energetiche da spezzare le molecole in atomi e ioni più semplici.
Utilizzando il potente telescopio spaziale JWST, gli astronomi hanno osservato il raffreddamento estivo settentrionale del pianeta Saturno mentre si approssima ad un autunno lungo 7,5 anni.
Gli astronomi hanno osservato in dettaglio l’estate che lascia il posto all’autunno sul pianeta Saturno.
Utilizzando le osservazioni di Saturno del James Webb Space Telescope (JWST) effettuate nel novembre 2022, un team guidato dagli scienziati dell’Università di Leicester ha osservato una tendenza al raffreddamento sul gigante gassoso causata da flussi d’aria di dimensioni planetarie che invertono la direzione mentre le lunghe stagioni di Saturno cambiano.
“La qualità dei nuovi dati del JWST è semplicemente mozzafiato: con una breve serie di osservazioni, siamo stati in grado di portare avanti l’eredità della missione Cassini in una stagione saturniana completamente nuova, osservando come i modelli meteorologici e la circolazione atmosferica rispondono a la luce del sole che cambia.” Ha affermato Leigh Fletcher della Scuola di fisica e astronomia dell’Università di Leicester.
Il pianeta gigante gassoso, che è il sesto pianeta dal Sole ed è noto per i suoi suggestivi anelli di ghiaccio, sperimenta le stagioni proprio come la Terra perché, come il nostro pianeta, ha l’asse inclinato rispetto all’eclittica. Sebbene l’inclinazione assiale di Saturno di 26,7 gradi sia simile a quella del nostro pianeta, che è di 23,5 gradi, ha un’orbita molto il più ampia così le stagioni sul gigante gassoso sono molto più lunghe di quelle della Terra.
Saturno impiega 29,4 anni terrestri per orbitare attorno al sole, il che porta a stagioni che durano circa 7,5 anni terrestri. Queste nuove osservazioni del JWST offrono agli scienziati nuove informazioni su quelle stagioni prolungate e sui fenomeni in gioco quando iniziano a cambiare. Le osservazioni del JWST completano inoltre i dati raccolti dalla sonda spaziale Cassini-Huygens (Cassini) della NASA , che ha osservato il pianeta gigante gassoso per 13 anni durante le sue stagioni invernali e primaverili.
Parte meccanica del telescopio dedicata alla movimentazione del tubo ottico per l’inseguimento di oggetti celesti secondo la loro diversa velocità annullandone l’apparente moto nel corso dell’osservazione.
La montatura deve obbedire al requisito della rigidità, i frizionamenti fra le masse debbono essere ridotti senza nulla concedere alla stabilità strumentale, per evitare qualsiasi stress meccanico altrimenti notevole in telescopi anche con obiettivi di soli 300 mm di diametro che non appartengano alla categoria dei «giocattoli»; di conseguenza negli strumenti in cui il tubo ottico abbia dimensioni superiori al metro (e l’obiettivo sia quindi di una buona lunghezza focale) particolare accortezza va usata nella scelta dei
materiali per evitare che le escursioni termiche possano variare sensibilmente la distanza fra le componenti ottiche di primo e secondo ordine: obiettivo e oculare o sistema elettronico di ripresa.
La montatura equatoriale: lavoro rispetto alla latitudine locale; disegno di R. Porter da Amateur Telescope Making [7, volume I, pag. 23]Tecnicamente una montatura, trascurando il pilastro (supporto) ove posa, si compone di tre parti: a) un sostegno suscettibile di microaggiustamenti in piano (sistemazione a bolla) o in declinazione a seconda del tipo di montatura (altazimutale o equatoriale) con un breve excursus di gradi per aggiustamenti alla latitudine locale in quest’ultimo
caso. Sul sostegno è installato l’asse orario destinato all’inseguimento siderale (da Est ad Ovest) che sostiene a sua volta b) l’asse secondario o di declinazione strumentale a questo ortogonale; c) un tubo o traliccio metallico che asserve la componente ottica alle due movimentazioni: oraria e in declinazione. Completano la montatura varie parti meccaniche addette al trascinamento (ruote dentate e viti senza fini o rulli a frizione), cuscinetti a sfera e a rulli, frizioni, blocchi, regolazioni fini nonché la la motorizzazione per il puntamento rapido dell’oggetto ed il suo inseguimento.
Le parti maggiormente soggette a sollecitazione meccanica vanno costruite in ferro e l’alluminio usato nelle parti ove la tensione meccanica è moderata, mai per gli assi per i quali occorre ricorrere ad acciaio di qualità. Telescopi costruiti in multistrato o addirittura in cartone pressato come i diffusissimi → dobson non appartengono alla categoria degli strumenti con i quali si possa svolgere ricerca, e qui non saranno trattati.
Particolare attenzione va posta a che tutte le parti della montatura abbiano una frequenza di risonanza estremamente bassa: il valore ottimale è inferiore ai 10 Hz: essendo notevoli le masse in gioco, è necessario evitare specie nelle montature altazimutali soggette a bruschi e notevoli mutamenti di velocità, che l’intera massa strumentale inizi a vibrare per le sollecitazioni cui è sottoposta, sollecitazioni che diventano un problema quando si tratta
di muovere qualche tonnellata e anche più. Per evitare che la montatura entri in risonanza comportandosi in modo elastico, secondo i principi di costruzione meccanica le strutture più imponenti presentano nei punti di massima sollecitazione strutture secondarie di rinforzo atte ad interrompere la continuità della tensione di lavoro.
In un telescopio la montatura non assolve un ruolo inferiore all’ottica che rappresenta il cuore dello strumento.
Avere un’ottica eccellente su un supporto meccanico che non sia in grado di compiere ogni movimento senza che la minima vibrazione si trasmetta alla parte ottica è perfettamente
inutile: le immagini risulteranno traballanti, afflitte da un tremolio costante, rendendo inutile qualsiasi attività.
Evoluzione delle montature
Tipologie di montature
Montature equatoriali
Montatura altazimutale
Montatura alt-alt
Montature sperimentali
Montatura per telescopi solari: rinvio
Il tubo ottico
Motorizzazione
Trasmissione del moto
⊗ Evoluzione delle montature.
Sin dall’applicazione galileiana all’indagine astronomica delle proprietà delle lenti rifrangenti, il primo supporto strumentale per l’osservazione (e l’inseguimento) di un corpo celeste fu a lungo altazimutale. L’osservatore doveva muovere in continuazione lo strumento in azimuth (da Est ad Ovest) ed in declinazione dall’orizzonte al massimo punto di altezza dell’astro (e viceversa), a seconda che l’oggetto fosse transitato o meno al meridiano locale.
Continua..
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𝐼𝑙 𝐷𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝐴𝑠𝑡𝑟𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎 𝑛𝑎𝑠𝑐𝑒 𝑑𝑎 𝑢𝑛’𝑖𝑑𝑒𝑎 𝑑𝑖 𝐻𝑒𝑖𝑛𝑟𝑖𝑐ℎ 𝐹𝑙𝑒𝑐𝑘. L’opera a cura dell’autore, sarà riportata nelle pagine di Coelum.com per gentile concessione con diritti di utilizzo.
Non si tratta di UN VOLUME completo e solo i termini considerati esaustivi saranno di volta in volta caricati a disposizione dei lettori, inizialmente non sarà seguito alcun ordine alfabetico ma si darà priorità agli argomenti più interessanti per poi passare a voci di minor peso.
In seguito sarà possibile navigare e fare una ricerca.
Si invitano i lettori, qualora fossero interessati, a partecipare all’ambiziosa stesura. La redazione e l’autore stesso, saranno lieti di ricevere i contributi, anche a titolo di integrazione.
L’opera maestosa, il cui obiettivo finale è produrre un dizionario completo dello scibile in astronomia, raggiunto un certo grado di completezza sarà pubblicata e distribuita.
Per partecipare e ricevere le istruzioni su come contribuire scrivere a coelumastro@coelum.com
Tutti stanno parlando della nuova luminosa cometa che in questi giorni sta per transitare al perielio, raggiungendo il suo massimo splendore.
Il suo scopritore è un astronomo dilettante giapponese, che ha potuto cosi darle il suo cognome. La cometa C/2023 P1 Nishimura è attualmente visibile nell’ultima parte della notte, a ridosso dell’alba, molto bassa sull’orizzonte di orientale. Purtroppo la presenza della Luna calante e la limitata altezza in cieli non rendono agevoli le osservazioni, ma la sua luminosità permette comunque di distinguerla bene in un piccolo binocolo.
Nei prossimi giorni potrebbe raggiungere la soglia della visibilità ad occhio nudo ma, abbassandosi ulteriormente, sarà immersa sempre più nelle luci del crepuscolo mattutino ed il binocolo rimarrà indispensabile per distinguerla. Nel corso della prossima settimana e fino al giorno 15, quando raggiungerà il perielio, si avvicinerà ulteriormente al Sole aumentando di luminosità, rendendosi nel contempo meglio visibile un pó dopo il tramonto dal 12 settembre. Trovarla però nell’intenso chiarore del cielo sarà un’impresa e solo una cometa luminosissima potrebbe risultare ancora osservabile. L’ imprevedibilità delle comete è comunque proverbiale e dunque staremo a vedere. Il consiglio è comunque di provarci il prima possibile, prima che le condizioni prospettiche diventino estreme.
Cometa Nishimura di Claudio Pra
Termino con un mio report datato 9 settembre, quando da Passo Giau l’ho osservata con un binocolo 20×90 scattando anche un paio di foto tramite reflex e astroinseguitore:
la cometa è penalizzata dalla scarsa altezza sull’orizzonte (5-6 gradi) e dalla presenza della Luna poco al di sotto dell’ultimo quarto. Ciò nonostante è facilmente visibile anche nel piccolo binocolo 8×40. Al 20×90 la sua testa è molto piccola, brillante e stellare (D.C.=9), appena più luminosa in centro. La coda sottile è abbastanza ben rilevabile per circa un grado. La sua magnitudine si aggira attorno alla quinta. grandezza.
La zona molecolare centrale; il cuore della Via Lattea. Credito: Henshaw/MPIA
C’è un oggetto insolito vicino al cuore della Via Lattea che gli astronomi chiamano “Il Mattone“. È un’enorme nube di gas Infrared Dark Cloud (IDC). Il Mattone è denso e turbolento come altri del suo tipo, ma stranamente mostra pochi segni di formazione stellare.
Perché?
La Zona Molecolare Centrale (CMZ) della Via Lattea può essere una regione difficile da studiare. Lì risiedono nubi molecolari oscure, che danno vita a nuove stelle. La CMZ è un enorme complesso di nubi molecolari contenente circa 60 milioni di masse solari di gas. The Brick, il mattone appunto, è una di quelle nuvole. Gli astronomi desiderano comprendere meglio questa regione e il JWST ha la capacità di scrutare la densa regione, rivelandone alcuni dettagli.
Il Mattone è una delle nubi molecolari più massicce e dense della Galassia priva di segni di diffusa formazione stellare. Ma nonostante il suo nome solido, non è un’unica struttura coerente. Si tratta invece di un sistema di strutture annidate ad elevata complessità. Credito immagine: JD Henshaw et al., 2019.
Un team di ricercatori ha utilizzato il JWST per studiare il Mattone, la cui sigla è G0.253+0.015 affidandosi alla distribuzione di monossido di carbonio. L’idrogeno è certamente più abbondante, ma il monossido di carbonio è molto luminoso e visibile a determinate lunghezze d’onda. In genere viene sfruttato per tracciare il movimento e la densità delle nubi interstellari.
L’autore principale di questo nuovo studio è Adam Ginsburg, professore assistente di astronomia presso l’Università della Florida. Ci sono diverse spiegazioni proposte per la mancanza di apparente formazione stellare nel Mattone. Potrebbe essere giovane, potrebbe essere troppo turbolento, potrebbe essere vincolato da campi magnetici, o potrebbero effettivamente essere molte nuvole lungo la stessa linea di vista. “Ognuna di queste spiegazioni probabilmente gioca un ruolo nello stato e nell’evoluzione del cloud”, spiegano gli autori.
Sebbene il suo tasso di formazione stellare possa essere inferiore a quello di altre nubi simili, lì si trovano ancora oltre 56.000 stelle.
Gli astronomi si sono impegnati molto per comprendere la presenza, la distribuzione e il comportamento del gas nella Via Lattea, inclusa la CMZ. Ma sin ora sono rimaste escluse dallo studio le gas gelate di CO2 che necessitano di potenti strumenti ad infrarossi per essere individuate. Ed ecco che entra in gioco NIRCam di JWST e i suoi filtri potenti e versatili.
In questa immagine del Mattone, i ricercatori hanno utilizzato i filtri del JWST per rimuovere tutte le stelle. L’immagine mostra la nuvola scura al centro, con il blu che rappresenta il monossido di carbonio. Il potente sistema di filtri del JWST rende possibili immagini come questa. Crediti Ginsburg et al. 2023.
Con l’aiuto della NirCAM gli scienziati hanno scoperto che il mattone contiene più ghiaccio di CO2 all’interno di quanto si pensasse.
Un fenomeno che non aiuta a far chiarezza, saremmo infatti tentati di credere che le temperature più basse si misurassero alla periferia delle nubi, mentre al centro le temperature più alte dovrebbero sciogliere la CO2 e trasformarla in gas. Le riprese mostrano esattamente il contrario!
Inoltre alle stelle piace formarsi quando il gas è freddo, quindi trovare così tanta CO dovrebbe indicare un alto tasso di formazione stellare. Ma il gas all’interno del mattone è più caldo di quello delle altre nubi nonostante la presenza di tutto quel ghiaccio.
Il Brick è una struttura complessa. Questa immagine tratta da uno studio separato mostra un guscio di gas in espansione, o bolla, all’interno del mattone. Gli scienziati presumono che sia il vento proveniente da una stella massiccia a guidare l’espansione. Credito immagine: Henshaw/MPIA
Insomma sono ancora molti i nubi che avvolgono il centro galattico ma passo dopo passo si riescono a determinare alcune caratteristiche ad esempio modificando la nostra comprensione sia dell’abbondanza standard di CO nel GC sia del rapporto gas/polvere nella stessa regione. Secondo questi risultati, entrambi i valori stimati in precedenza sarebbero troppo bassi.
Se venisse confermato che nel Mattone e nel centro galattico ci fosse più CO2 di quanto ipotizzato le implicazioni sarebbero diverse per i modelli di formazione stellare influenzando al ribasso il tasso di formazione stellare..
Esistono modelli standard per la distribuzione della CO2 nelle nuvole, ma come per altri ambiti in astronomia e astrofisica, il JWST sta fornendo agli astronomi informazioni più dettagliate di quelle che avevano prima e ribaltano alcune idee consolidate. Il team dietro questa ricerca sottolinea che se la regione centrale della Via Lattea contiene così tanta CO2, allora probabilmente lo fanno anche le altre galassie.
Come molte delle notizie che ci raggiungono dal JWST di tratta di studi preliminari, addirittura embrionali, che non traggono alcuna conclusione sebbene confermino già qualche informazione in più sulla distribuzione dei gas nel Mattone.
Un futuro articolo la ricerca attingerà anche ai dati raccolti con MIRI (Mid-Infrared Instrument) e le osservazioni MIRI e NIRCam della Nuvola C, un’altra struttura nella Zona Molecolare Centrale.
Se anche voi vi sentite più alienati di Spud di Trainspotting e vi fate più pippe mentali di tutti i protagonisti di Settimo Cielo messi assieme, allora siete dei nostri. Siamo nel 1996 e, ad oggi, c’è gente che ancora non si è ripresa dal trauma per lo scioglimento dei Take That. Parliamone.
Cominciando così, c’era già il sentore che quest’anno fosse un anno non proprio al top. Per la serie anno bisesto anno funesto, il 1996 arrivò spaccone come Indipendence Day e inquietante come Scream, portando l’incendio che distrusse il Teatro La Fenice di Venezia.
E mentre il Volo ValuJet 592 si schiantava nelle Everglades in Florida, sempre per un incendio nella stiva, facendo perdere la vita a tutti i 110 occupanti, alcuni tornado e tempeste sterminavano circa 600 persone in Bangladesh. E siamo solo a Maggio.
A Giugno, il razzo Ariane 5 esplose 40 secondi dopo aver lasciato la Guyana francese. Viene da pensare: “ok, chiudiamo tutto e passiamo direttamente al ‘97”. E invece no, perché i reduci dagli anni ’90 sono quelli che ce l’anno fatta, nonostante tutto. E furono i primi a vedere il singolo Wannabe delle Spice Girls (adoro), Braveheart, che quell’anno vinse cinque premi Oscar ed i Pink Floyd entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame. Il 1996 fu l’anno di Tomb Rider, Resident Evil e Quake e vide anche l’inaugurazione del Telescopio Keck II delle Hawaii, un gigantesco occhio da 10 metri di diametro col quale poter scrutare i follicoli dei peli dell’Universo.
Vi è caduta a terra la mandibola? Sapete cosa ha ceduto? E’ il muscolo sfenomandibolare, un piccolo muscolo che lega il cranio alla mandibola. Prima non lo sapevate perché l’hanno scoperto proprio nel 1996.
Il 1996 fu quell’anno che, per quanto tu possa raccontare, tutti si ricordano per una cosa sola: la pecora Dolly. La prima clonazione di un mammifero. Vivo. E mantenendo la stessa espressione intelligente della sua progenitrice. Ian Wilmut, del Roslin Institute di Edimburgo, era riuscito nell’impresa partita l’anno precedente che aveva visto clonare due agnelli da un embrione di 9 giorni. Ma stavolta, usando il DNA ricavato da una cellula del tessuto mammario di una pecora adulta, venne mostrato come il differenziamento cellulare non produce modifiche irreversibili nel genoma. Inutile dire che la pecora apparve su tutti i giornali e nelle televisioni di tutto il mondo, sollevando polveroni che neanche nel film Twister, che usciva in quell’anno.
Nello stesso anno venne anche lanciato il satellite ‘Beppo SAX‘, il nome è ispirato a Giuseppe Occhialini, uno dei fondatori dell’astronomia a raggi X, ideato e realizzato da astronomi e astrofisici dell’Istituto di Astrofisica Spaziale (IAS) di Frascati del CNR, in collaborazione con ricercatori della Space Research Organization of the Netherlands (SRON) e della sezione olandese dell’ESA. Si trattava del primo laboratorio spaziale in grado di registrare radiazioni X con uno spettro energetico molto ampio: stiamo parlando di energie comprese fra 0,1 e 200 keV. Un capolavoro della tecnologia che ci ha permesso di saperne di più sui misteriosi lampi di raggi gamma (o gamma ray bursts GRB), ancora non del tutto stati spiegati.
SAX [ASI]Nel 1996 ci fu anche il passaggio della cometa Yakutake, con un fardello pesante come il Nintendo 64 aveva nei confronti del Nintendo classico: ansia da prestazione. La cometa fece visita il 31 gennaio e sfrecciò nel cielo a 16 milioni di km dalla Terra, facendosi osservare per molte notti. E come se non bastasse, fu risolto l’annoso dilemma ghiaccio sì, ghiaccio no sulla superficie del nostro satellite. Le analisi effettuate grazie alle immagini riprese dalla sonda spaziale statunitense Clementine, decretarono infatti la presenza di ghiaccio sul fondo di un cratere lunare.
A proposito di cicli, nel 1996 venne accertato lo sfasamento delle stagioni, con un anticipo di circa 7 giorni nell’inizio della primavera meteorologica e causato molto probabilmente dal generale riscaldamento che l’atmosfera terrestre inizia a mostranre e che, a dirla tutta, sta ancora perdurando. Nello stesso anno, venne prodotto l’idrogeno metallico sottoponendo un campione di idrogeno liquido a una pressione di oltre un milione di atmosfere, tramite un getto di gas che scaldava il fluido fino a circa 3000 K. Se non volete spegnervi come il veicolo spaziale International Ultraviolet Explorer che dopo 19 anni di onorata carriera e 100.000 spettri raccolti da circa 9300 oggetti venne messo a riposo dopo, mantenete il cervello attivo, rimanete frizzanti come gli Skittles, che sono già passati sedici anni dal 1996! E il topo? Beh, il topo balla, e se è degli anni ’90 non gliene frega nulla, nemmeno del gatto!
Dopo lo stop forzato dello scorso anno che ha obbligato ad annullare l’evento destinato ai festeggiamenti per i 25 anni di pubblicazioni, finalmente arriva la nuova data in un’occasione davvero speciale!
Indice dei contenuti
Appuntamento
DOMENICA 15 OTTOBRE 2023
ore 10:00
Sala Anziani – Palazzo Moroni
PADOVA
Nel mese di settembre 2022 Coelum Astronomia, nato nel 1997 ha tagliato un traguardo importante arrivando ai 25 anni di pubblicazioni. Un risultato di valore che avremmo voluto festeggiare subito ma il maltempo abbattutosi sulle Marche proprio in quei giorni e i significativi danni da esso arrecati, hanno costretto la direzione a rinviare l’evento a data da destinarsi.
A distanza di un anno finalmente si presenta una nuova occasione cogliendo l’invito dell’organizzazione del prestigioso festival CICAF FEST e contribuendo al ricchissimo programma.
I festeggiamenti per i 25 anni di Coelum Astronomia si terranno quindi il 15 ottobre a Padova.
L’evento sarà aperto dal dibattito “Quali domande ha senso porsi?”. Un confronto senza veli fra varie discipline culturali per tastare il futuro della strada della ricerca astronomica.
Interverranno esponenti noti ai lettori di Coelum
Seguiranno i festeggiamenti ufficiali per i 25 anni di COELUM ASTRONOMIA con le parole delle Istituzioni Nazionali e alle figure che hanno contribuito al successo di Coelum in tutta Italia.
ed infine
la consegna dei premi del Concorso Lucky Coelum!
L’evento sarà soprattutto un modo per ritrovarsi, dopo anni difficili, o per conoscersi finalmente di persona.
TI ASPETTIAMO!
NB: L’evento sarà aperto al pubblico nei limiti dei posti che lo spazio consentirà. Nelle prossime settimane saranno comunicati i dettagli fra cui gli orari, lo spazio assegnato, eventuali prenotazioni disponibili e i nomi dei protagonisti.
E in più!
In omaggio per tutti coloro che parteciperanno: la SPILLA di Coelum Astronomia
Mappa del cielo il 15 Settembre ore 12:00 CEST location Roma. Credit: in-the-sky.org
COSTELLAZIONI DI SETTEMBRE 2023
Dei residui di cielo estivo potremo ancora scorgere verso Ovest le costellazioni di Aquila, Cigno e Lira che con le loro stelle principali hanno dato vita all’asterismo del Triangolo Estivo. In questa regione di cielo incontriamo tre costellazioni minori: la Volpetta,la Freccia e il Delfino. Tutte le descrizioni sono in Le Costellazioni del mese di Settembre
a cura di @teresamolinaro
I principali eventi di Settembre 2023
Data
Orario
Oggetto/i
Evento
01/09/2023
08:19:14
Luna-Nettuno
Congiunzione
03/09/2023
08:43:57
Luna
Nodo Ascendete
04/09/2023
12:50:36
Giove
Stazionario Moto Retrogrado
04/09/2023
20:46:39
Luna-Giove
Congiunzione
05/09/2023
09:44:59
Luna-Urano
Congiunzione
05/09/2023
21:01:41
Luna-Pleiadi
Congiunzione
06/09/2023
12:02:40
Mercurio
Congiunzione Inferiore
06/09/2023
23:21:01
Luna
Ultimo Quarto
10/09/2023
05:11:51
Luna-Polluce
Congiunzione
11/09/2023
06:54:12
Luna-Presepe
Congiunzione
12/09/2023
16:42:27
Luna
Apogeo
13/09/2023
03:39:37
Luna-Regolo
Congiunzione
13/09/2023
18:38:43
Luna-Mercurio
Congiunzione
15/09/2023
02:39:46
Luna
Nuova
16/09/2023
20:18:51
Luna-Marte
Congiunzione
17/09/2023
16:50:32
Luna-Spica
Congiunzione
17/09/2023
20:17:38
Luna
Nodo Discendete
19/09/2023
10:54:02
Nettuno
Opposizione
21/09/2023
09:27:32
Luna-Antares
Congiunzione
22/09/2023
20:31:47
Luna
Primo Quarto
23/09/2023
07:49:55
Equinozio
Autunno
23/09/2023
19:03:28
Mercurio
Perielio
27/09/2023
02:29:18
Luna-Saturno
Congiunzione
28/09/2023
02:05:05
Luna
Perigeo
28/09/2023
17:57:54
Luna-Nettuno
Congiunzione
29/09/2023
10:57:29
Luna
Piena
29/09/2023
11:13:57
Eclisse
Lunare
30/09/2023
17:49:03
Luna
Nodo Ascendente
Tutte le effemeridi del mese di Settembre 2023 sono disponibili in file csv
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LUNA
Meno spettacolare il primo dei mesi autunnali per la Luna ma che sarà darci comunque delle soddisfazioni. Primo appuntamento interessante il 4 settembre nella tarda notte quando Luna e Giove, si avvicineranno quasi allineati in orizzontale. Fase delle Luna 80%, altezza sull’orizzonte alle 23 circa 12° e distanza fra gli astri poco più di 3°. Nel corso della notte però essi tenderanno ad allontanarsi sempre di più, meglio cercare di riprenderli appena sorti.
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale nel mese di settembre i migliori saranno visibili nei giorni centrali dal 13 al 16, auspicando come sempre in cieli sereni.
(88) Thisbe è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.32 e le 3.22 unità astronomiche (rispettivamente, 347.067.060 Km al perielio e 481.705.144 Km all’afelio). Deve il suo nome a Thisbe, personaggio della mitologia babilonese. Scoperto da Christian Heinrich Friedrich Peters il 15 Giugno 1866, questo imponente asteroide che con i suoi 229 Kilometri di diametro è annoverato tra i più grandi asteoridi della fascia, quest’anno sarà in opposizione il 20 Settembre brillando di magnitudine 10.3. Il suo moto sarà di 0,57 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (88) Thisbe trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.
Il tragitto di (88) Thisbe dal 01 al 30 settembre 2023. Crediti: https://in-the-sky.org/
(97) Klotho è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 1.98 e le 3.36 unità astronomiche (rispettivamente, 296.203.784 Km al perielio e 502.648.846 Km all’afelio). Deve il suo nome a Cloto, una delle tre dee del destino nella mitologia greca. Scoperto da Ernst Tempel il 17 Febbraio 1868, (97) Klotho misura 85 Kilometri di diametro e quest’anno sarà in opposizione il 19 Settembre raggiungendo la magnitudine di 10.5. Il suo moto sarà di 0,68 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 4/5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (97) Klotho trasformarsi in una bella striscia luminosa di 27 secondi d’arco.
Il tragitto di (97) Klotho dal 01 al 30 settembre 2023. Crediti: https://in-the-sky.org/
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