Grazie ad anni di impegno nella diffusione della cultura scientifica, partecipazione ed organizzazione di eventi e manifestazione, contatti con i maggiori Istituti di Ricerca e associazioni e professionisti sul territorio
Indice dei contenuti
COELUM ASTRONOMIA è in grado di assistere chiunque, dalla pubblica amministrazione fino al privato, nella progettazione e realizzazione di un evento a tema astronomico
Eventi di una serata, un fine settimana, una serie di incontri, specifici per una determinato pubblico oppure generici e studiato per le famiglie con:
interventi di relatori provenienti dall’ambito della ricerca
laboratori per bambini e scuole
eventi per i centri commerciali
installazioni multimediali e mostre
esperienze interattive
strumenti per l’osservazione
corsi di apprendimento
e molto molto altro.
COELUM Astronomia ti assiste dalla fase progettuale studiando con te le soluzioni più adatte alla tua esigenza fino alla gestione del contatto finale e il suo coinvolgimento.
COELUM è SPECIALIZZATA NELLA PROGETTAZIONE DI EVENTI A TEMA ASTRONOMICO RIVOLTO A
FAMIGLIE, APPASSIONATI, ADULTI E SCUOLE
La diffusione della cultura scientifica è uno degli obiettivi che ogni amministrazione comunale, in collaborazione con famiglie, scuole e proloco, deve perseguire.
Per raggiungere tali obiettivi è necessaria una programmazione sistematica, costante ma con la giusta frequenza per lasciare i tempi di apprendimento. Ogni iniziativa deve però essere pensata con mezzi di comunicazione ed apprendimento divertenti e coinvolgenti. COELUM ASTRONOMIA grazie al suo completo data base di contatti è in grado di formulare la soluzione perfetta tarata in base a budget, tempi e pubblico finale.
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Coelum Astronomia, in collaborazione con i referenti all’istruzione, può fornire progetti didattici, schede e personale giovane e qualificato da coinvolgere nella realizzazione e nel contatti con studentesse e studenti.
Gli ambiti di approfondimento dell’astronomia sono: Geologia Planetaria, Astrobiologia, Geografia Astronomica, Cosmologia, Filosofia della Scienza, Astrofisica, Radioastronomia ed Esplorazione Spaziale.
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Nel cielo di ottobre sono quasi tangibili le costellazioni tipiche dell’autunno, che troveremo in prossimità della scia di stelle della Via Lattea settentrionale.
Lungo i sentieri siderali incontriamo la costellazione di Pegaso e Andromeda, due figure che condividono un astro,la stella Sirrah, e che sono protagoniste di grandi miti e leggende.
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LUNA
Il decimo mese dell’anno si apre con una gradita congiunzione fra Luna in fase calante (il mese di settembre si è chiuso con la Luna piena del 29) e Giove. I due astri saranno vicini circa 3° gradi, già a partire dal loro sorgere, intorno alle 20 e 30 per il centro Italia, con il satellite che sovrasterà il pianeta per tutta la durata della notte, fino all’alba. Le giornate sempre più corte favoriranno l’osservazione sin da subito con la luce del crepuscolo abbastanza lontana, il Sole tramonterà intorno alle 19.
Mese molto interessante quello che ci aspetta, con due comete periodiche di corto periodo che raggiungono il perielio e con esso un’ottima settima magnitudine, luminosità che sotto buoni cieli permetterà di osservarle anche con piccoli binocoli.
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(29) Amphitrite è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.490 giorni (4.98 anni) ad una distanza compresa tra le 2.37 e le 2.74 unità astronomiche (rispettivamente, 354.546.954 Km al perielio e 409.898.166 Km all’afelio). Deve il suo nome a Anfitrite, divinità marina dei Greci, sposa di Poseidone. Scoperto da Albert Marth il 1 Marzo 1854, con i suoi 200 Kilometri di diametro è uno dei più grandi asteroidi rocciosi (tipo S) conosciuti, il quinto in dimensioni dopo Eunomia, Juno, Iris ed Herculina. (29) Amphitrite sarà in opposizione il 1 di Ottobre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 8.8, il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (29) Amphitrite trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.
(29) Amphitrite traiettoria nella costellazione del Pesci dal 01 al 31 ottobre 2023 Crediti: https://in-the-sky.org/
(14) Irene è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.520 giorni (4.16 anni) ad una distanza compresa tra le 2.16 e le 3.02 unità astronomiche (rispettivamente, 323.131.401 Km al perielio e 451.785.570 Km all’afelio). Deve il suo nome a Irene, Divinità personificazione della pace. Scoperto da John Russel Hind il 19 Maggio 1851, questo grande asteroide roccioso di 152 Kilometri di diametro sarà in opposizione il 4 di Ottobre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.9, il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (14) Irene trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.
(14) Irene Traccia del tragitto percorso dal 01 al 31 ottobre 2023. Crediti https://in-the-sky.org/
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è il termine utilizzato per indicare il liquore prodotto clandestinamente negli Stati Uniti negli anni del proibizionismo. Distillato appunto al chiaro di Luna e non alla luce del Sole in quanto di contrabbando.
Ottobre e Luna subito in congiunzione
Il decimo mese dell’anno si apre con una gradita congiunzione fra Luna in fase calante (il mese di settembre si è chiuso con la Luna piena del 29) e Giove. I due astri saranno vicini circa 3° gradi, già a partire dal loro sorgere, intorno alle 20 e 30 per il centro Italia, con il satellite che sovrasterà il pianeta per tutta la durata della notte, fino all’alba. Le giornate sempre più corte favoriranno l’osservazione sin da subito con la luce del crepuscolo abbastanza lontana, il Sole tramonterà intorno alle 19.
Congiunzione Luna-Giove domenica 01 Ottobre ore 22:00 Roma https://theskylive.com/
Il giorno successivo, 2 ottobre, un’altra configurazione interessante, Luna e Pleiadi nella costellazione del Toro, ben visibile nel periodo autunnale, 3 gradi circa anche per questa opportunità. Il satellite e l’ammasso M45 saranno sin dal sorgere affiancati in orizzontale per avvicinarsi sempre di più durante la notte, il massimo si posiziona intorno alle 3 del mattino successivo. In allineamento con a sinistra le Pleiadi e al centro la Luna, a destra ci sarà Urano, pacifico e sornione.
Congiunzione Luna – Pleiadi ore 22:00 02 ottobre 2023 Roma https://theskylive.com/
Nei giorni successivi la Luna all’ultimo quarto, che sorgerà in ore sempre più tardi, scivolerà nella costellazione del Toro per collocarsi il 7 fra i due gemelli Polluce e Castore.
Giunti all’11 ottobre sarà necessario volgere il telescopio verso est per sorprendere il satellite aggirarsi intorno a Venere. La fase quasi terminata e vicina alla Luna Nuova consentirebbe uno scatto piacevole ma non vi aspettate vicinanze troppe strette, sarà comunque una bella sfida catturare Luna – Venere – Regolo intorno alle 4. Il Sole sorgerà solo 2 ore e mezzo dopo.
Luna- Regolo Venre 11 Ottobre 2023 ore 04:00 Roma molto bassi sull’orizzonte https://theskylive.com/
Intorno al 17 finalmente torneremo a scorgere il satellite verso ovest poco prima e dopo il tramonto e l’accesso agli scatti continuerà a migliorare fino al 19 quando oramai la Luna, in Sagittario e in fase crescente, tornerà ben alta nel cielo già al tramonto.
Evento interessante che vale il tentativo di una foto panoramica la congiunzione fra Luna e Saturno (mag. 0,7) del 24 ottobre. I due astri saranno già alti nel cielo al tramonto e scompariranno sotto l’orizzonte solo a notte inoltrata.
Luna Saturno congiunzione il 24 ottobre ore 00:00 Roma https://theskylive.com/
Nei giorni successivi, la Luna, dopo aver affiancato Nettuno, si dirigerà di nuovo verso Giove, completando il suo periodo. Il 29 Giove e Luna danzeranno uno rispetto all’altro per tutta la notte senza avvicinarsi mai troppo, inoltre la Luna avrà da poco superato la fase piena quindi tanta luminosità in cielo. Condizioni non facili.
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La ISS – Stazione Spaziale Internazionale nel mese di ottobre sarà visibile nei primi giorni del mese ed intorno al 20.
Nel frattempo vi ricordiamo i prossimi passaggi previsti a breve
29 Settembre
Il penultimo passaggio sarà il 29 Settembre, dalle 20:36 verso NO alle 20:41 verso N. Transito parziale, con la ISS che svanirà nell’ombra del pianeta a circa metà cielo, raggiungendo una magnitudine di picco di -3.6.
30 Settembre
L’ultimo transito notevole si avrà il 30 Settembre, osservabile al meglio dal Nord-Est e regioni Adriatiche, dalle 19:47 alle 19:54, da NO ad E. La ISS avrà una magnitudine massima a -3.2.
Ma torniamo ora ad Ottobre
02 Ottobre
Si inizierà il giorno 2 Ottobre, dalle 20:04alle 20:11, osservando da ONO a SSE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, in particolare dall’occidente e Isole Maggiori, con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.5.
03 Ottobre
Si replica il 3 Ottobre, dalle 19:16 verso NO alle 19:25 verso SE. Ancora una volta, visibilità migliore da tutta la nazione con un transito da orizzonte ad orizzonte. Magnitudine di picco a -3.9, osservabile senza problemi anche dai centri delle città più grandi d’Italia.
21 Ottobre
Saltiamo di oltre due settimane, andando al 21 Ottobre, dalle 06:20 da SO alle 06:28 a ENE, con magnitudine massima a -3.7. Visibilità eccellente da tutta la nazione per il miglior transito antelucano del mese.
23 Ottobre
L’ultimo transito del mese sarà visibile al meglio dal Centro Nord Italia il 23 Ottobre. Dalle 06:20 alle 06:27, da O a NE. Magnitudine di picco a -3.3, con la ISS che taglierà l’Orsa Minore, se osservata dal Centro.
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.
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Ben tornati alla periodica rubrica dedicata alle comete
DUE PERIODICHE AL PERIELIO
Mese molto interessante quello che ci aspetta, con due comete periodiche di corto periodo che raggiungono il perielio e con esso un’ottima settima magnitudine, luminosità che sotto buoni cieli permetterà di osservarle anche con piccoli binocoli.
2P/Encke
Giungerà al perielio il 22 ottobre, “brillando” secondo le stime di un’ottima settima magnitudine. Purtroppo però in quel momento e nei giorni precedenti sarà prospetticamente troppo vicina al Sole per essere scorta. Dovremo quindi cercarla nella prima parte del mese, anticipando la sua scomparsa fra le luci dell’alba, scovandola nei pressi dell’orizzonte orientale, dapprima tra le stelle del Leone e poi tra quelle della Vergine. La sua luminosità, specie verso metà mese, non si discosterà molto dai massimi valori previsti raggiunti qualche giorno dopo. Il primo ottobre sarà ancora discretamente alta ma, con il passare dei giorni, si abbasserà sempre più fino divenire inosservabile, come già ricordato,dopo la metà del mese.
Ho avuto modo di osservarla con un binocolo 25×100 a fine settembre trovandola piuttosto elusiva, sia perché relativamente bassa in cielo, ma anche per la non elevata luminosità (mag. 10) e per l’aspetto diffuso e privo di una condensazione convincente.
Cartina della 2P in ottobre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.
103P/Hartley 2
Anche per la 103P è il mese del passaggio al perielio, momento fissato una decina di giorni prima della sorella Encke, ovvero il 12 ottobre.A differenza di quest’ultima però, la Hartley sarà posizionata molto alta in cielo e quindi osservabile al meglio anche nel momento in cui toccherà la minima distanza dal Sole. Le curve di luce indicano una magnitudine picco non distante dalla settima grandezza, quindi alla portata di modesti telescopi o addirittura piccoli binocoli sotto cieli molto bui. Dall’Auriga attraverserà i Gemelli, terminando la sua corsa nel Cancro. La sua osservazione potrà cominciare a notte inoltrata, ma il momento migliore si situa a ridosso del termine della notte astronomica, quando la troveremo ben alta in cielo. Nelle nottate del 12 e 13 ottobre si troverà a transitare a meno di mezzo grado dalla nebulosa planetaria NGC 2392, meglio conosciuta col nomignolo di “Nebulosa Eskimo”.
L’ho vista facilmente a fine settembre in un binocolo 25×100.Una chiazza uniforme piuttosto estesa delle dimensioni di 5/6′, priva di falso nucleo, con un basso grado di condensazione. La luminosità si attestava attorno alla mag. 9.
Cartina della 103P in ottobre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.
Per finire un breve resoconto sul passaggio della C/2023 P1 Nishimura, avvenuto a settembre. Purtroppo, nonostante la buona luminosità raggiunta, le condizioni prospettiche (come già anticipato) sono risultate molto critiche, tanto che la si è potuta seguire per bene solo fino a qualche giorno prima del perielio, comunque molto bassa sull’orizzonte. Dalla sua minuscola testa quasi stellare si è potuta ammirare una notevole coda, esaltante nelle fotografie degli astronomi dilettanti più bravi ed equipaggiati. Ma anche in visuale non è passata inosservata. Personalmente l’8 settembre, una decina di giorni prima del perielio, grazie ad un binocolo 20×90, nonostante fosse alta solo una manciata di gradi sull’orizzonte, sono riuscito a cogliere un grado circa di coda con la cometa che in quel momento era di quinta magnitudine, risultando riconoscibile (almeno nella testa) anche con un modestissimo binocolo 8×40. Ovviamente sotto un ottimo cielo di alta quota. Qualcuno l’ha poi vista anche successivamente l’incontro con il Sole ma limitata a una “stellina” nel chiarore intenso del tramonto.
Nasce da un’idea di Stefano Tognaccini la sedia per l’osservazione stellare attraverso maxi-binocoli: Space Odyssey unica nel suo genere.
AUTOCOSTRUZIONE SPINTA
Prima Parte
Dopo il fortunato articolo comparso nel n°261 di Coelum Astronomia torna a farci compagnia Stefano Tognaccini, astrofilo autocostruttore amante delle sfide e dei binocoli.
Ciao a tutti lettori di Coelum e ben ritrovati! Sono trascorsi alcuni mesi dal racconto della mia prima impresa e, impegni lavorativi permettendo, ho finalmente la gradita occasione di coinvolgervi nella seconda e per ora ultima epopea.
Storia che inizia qualche anno fa quando fui colpito da un articolo dell’astronomo statunitense Don Machholz, o meglio da alcune sue foto che lo ritraevano comodamente agiato su una strana sedia mai vista prima.
Don Machholz sulla sua sedia
La seduta in questione è la Star Chair 3000, un meraviglioso marchingegno pensato e progettato per i binocoli nell’utilizzo verticale.
Optando per i binocoli per l’osservazione astronomica, ogni appassionato avrà avuto modo di notale che a meno che non si tratti di uno strumento leggero, a mano libera, i non angolati con diametri importanti, sono scomodissimi da maneggiare soprattutto puntando alla zona del cielo alta e intorno allo zenit.
La situazione migliora di poco anche volendo sfruttare un treppiede molto alto. Per guardare dentro gli oculari infatti bisogna dimostrarsi abili contorsionisti, con il collo assolutamente flessibile.
Si potrebbe in alternativa pensare ad un sistema montatura a pantografo per binocoli già disponibili sul mercato, ma con un po’ di pratica non è difficile dimostrare che i problemi dell’osservazione in zone alte nel cielo rimangono più o meno irrisolti.
Se consideriamo poi che i binocoli versione dritta con diametri notevoli si trovano a poche centinaia di euro, a differenza di quegli angolati di pari diametro, il rammarico cresce.
La particolare sedia motorizzata vista nell’articolo invece rappresenta ai miei occhi la soluzione ottimale, con l’osservatore che diventa parte integrante del marchingegno. Insomma puntare al cielo notturno in piena comodità doveva essere esperienza insuperabile!
Non c’è neanche bisogno di dire che in pochi secondi la mia mente elaborò un unico desiderio: la voglio!
Con una ricerca online scoprii facilmente che il produttore della starchair era stata un’azienda australiana che ormai da tempo aveva cessato la propria attività, e inoltre già allora il prezzo si mostrava evidentemente proibitivo per la maggior parte degli astrofili, ciò ne giustificherebbe per altro il numero esiguo di esemplari disponibili in tutto il mondo.
Insomma, lettori miei, non restava che l’autocostruzione.
Nella prima impresa raccontata qualche mese fa, avevo già messo alla prova le mie competenze ed ora due nuovi fattori giocavano a mio favore. Del secondo parlerò fra poco mentre per primo si riferisce all’ambito lavorativo. Da anni infatti sono nel campo dell’assistenza dei solarium abbronzanti e come è facile immaginare modelli di poltrona, le così dette lampade facciali, capitano spesso sotto le mie mani.
L’idea fu quindi quella di trovarne una da rottamare per recuperare le parti necessarie per il mio progetto.
Poco tempo dopo recuperai una poltrona con telaio in ferro per fortuna in ottime condizioni, e fornita anche di alcuni cablaggi elettrici interessanti, una pesante piastra con staffe che mi sarebbe servita come culla per l’inclinazione all’indietro e due pistoni motorizzati a 24v.
Come idea generale mi ero ispirato a qualcosa di molto simile ad un telescopio Dobson con una base grande per sostenere il peso e per il movimento azimut, e una culla per l’altezza. Unica differenza: nel mezzo invece del telescopio ci sarebbe stata la poltrona con tanto di osservatore e binocolo.
Un progetto piuttosto complesso ricco di variabili ed incognite che non ero certo di saper affrontare.
Ma un passo alla volta. Iniziai, esattamente come accede per i Dobson, costruendo una base dove poter ruotare in azimut la strumentazione.
A tal scopo feci tagliare da un falegname due tavole, una abbastanza grande per prevenire eventuali ribaltamenti, il cui diametro doveva tuttavia rispettare le dimensioni dello sportello posteriore della mia auto per il trasporto, l’altra più piccola su cui montare la poltrona mentre la rotazione tra le due era assicurata da un perno passante e un cuscinetto.
In seguito fissai la sedia usando alcune parti recuperate dal solarium tra cui una piastra con due robuste staffe per sostenere il telaio della poltrona, un blocco quest’ultimo che si rivelerà poi essenziale essendo quella la zona su cui va a scaricare tutto il peso, persona compresa, tanto che se costruito correttamente tutto il sistema ne uscirà meglio bilanciato.
Per il movimento in altezza invece optai sin da subito per un pistone elettrico pilotato da un interruttore sali/scendi e una batteria, il bilanciamento perfetto con una persona viva, in movimento sopra la poltrona stellare sarebbe quasi impossibile.
Per il movimento in azimut invece scelsi la soluzione manuale, simile al Dobson. Grazie all’ausilio delle braccia, usando dei maniglioni montati sulla base d’appoggio si potevano eseguire dei movimenti abbastanza precisi.
Space Odyssey prima versione
Tutto piuttosto fattibile e in poco tempo la prima versione della starchair fu pronta, per essere testata con un grosso binocolo Wega 25×100 mm montato su una staffa inizialmente fissa ma poi motorizzata, per regolare al meglio l’altezza degli oculari sul viso della persona.
Test Space Odyssey con Wega 25x100mm
La prova sul campo insieme a mio fratello Andrea mi lasciò senza parole(FOTO 5), mai avevo osservato così bene con il Wega da 100mm su treppiede! La comodità segnava una notevole differenza, come se si osservasse con uno strumento più potente e in più con il vantaggio di non stancarsi mai.
Ho utilizzato la mia “sedia stellare” per molti anni durante le osservazioni, e ne sono stato sempre molto orgoglioso e soddisfatto, finché però non ho conosciuto l’oramai amico Marco Mancini in compagnia del suo mostruoso Binocolo Fujinon.
Si tratta di un fenomenale e luminosissimo Fujinon 25×150 mm MT di produzione Giapponese dal peso di 26 kg, forse il binocolo monoblocco più grande al mondo(FOTO 6).
Uno strumento nato per un uso operativo militare: l’osservazione dal ponte delle navi della Marina Militare in situazioni di scarsa luminosità, grazie alla grande apertura e bassi ingrandimenti. Perfetto anche per l’astronomia, soprattutto per la ricerca delle comete.
Marco mi chiese se la mia versione di starchair con qualche modifica avrebbe potuto ospitare il binocolone…ma la risposta era deludente: purtroppo no!
Come me e il mio Wega da 100mm dal modesto peso di 5kg la struttura era già al limite di sopportazione mentre l’enorme mole del Fujinon a sbalzo, oltre a rendere tutto estremamente instabile, avrebbe probabilmente piegato i bracci della staffa d’appoggio.
La Sedia Stellare andava completamente riprogettata sulla base della prima versione.
La decisione quindi era presa, la poltrona doveva essere però questa volta completamente sovradimensionata sia per la persona che per lo strumento.
Ed è in questo momento che entra in gioco il mio secondo fattore fortunato, mio suocero, il quale per anni ha lavorato per un’azienda metalmeccanica operante nel settore aerospaziale e anche piuttosto famosa in campo astronomico avendo partecipato alla realizzazione del nostro TNG Telescopio Nazionale Galileo. Progetto che allora fu tra l’altro seguito proprio da mio suocero, dell’ideazione fino alla costruzione, supervisionato dal Prof. Barbieri dell’Istituto Astronomico di Padova.
Insomma più fortunato di così non è proprio possibile!
A livello amatoriale, se escludiamo il ricercatore giapponese Koichi Itagaki che quest’anno ha messo a segno la scoperta più importante con la famosa supernova SN2023ixf nella galassia Messier 101, gli unici che riescono ancora ad ottenere delle scoperte sono i cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao. Come il giapponese, anche i cinesi dispongono di una strumentazione di prim’ordine sia a livello quantitativo che qualitativo. Il team di Xing Gao nella notte del 3 settembre ha ottenuto la scoperta numero 77, raggiungendo la posizione n. 7 della Top Ten mondiale e scavalcando purtroppo il nostro Fabrizio Ciabattari fermo da diverso tempo a quota 76.
Il nuovo transiente di mag.+17,6 è stato individuato in una piccola galassia anonima posta nella costellazione del Delfino a circa 420 milioni di anni luce di distanza e accompagnata a circa 2” a Sud-Ovest da una galassia a spirale leggermente più grande la PGC1514588. Per i cinesi si tratta dell’undicesima scoperta realizzata quest’anno, che li pone a livello mondiale, come leader indiscussi in fatto di scoperte amatoriali di supernovae. I primi ad ottenere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi americani del Palomar Observatory in California con il telescopio da 1,5 metri, che ha permesso di classificare il transiente come una supernova di tipo Ia scoperta circa 10 giorni prima del massimo di luminosità, a cui è stata assegnata la sigla definitiva SN2023reh. Nei giorni seguenti la scoperta, la supernova ha infatti aumentato la sua luminosità fino a raggiungere la mag.+16,8 intorno al 15/16 settembre.
Telescopi puntati su SN2023rve
Analizziamo adesso una nuova supernova molto interessante e luminosa, ospitata in una bella e fotogenica galassia a spirale, che purtroppo dalle nostre latitudini non è osservabile al meglio in quanto situata a declinazione -30°. Nella notte dell’8 settembre l’astronomo giordano Mohammad Odeh, utilizzando il telescopio da 36cm F.7,7 dell’Al Khatim Observatory posto nel deserto di Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti, ha individuato una luminosa nuova stella di mag.+14 nella bella galassia a spirale barrata NGC1097 posta nella costellazione meridionale della Fornace a circa 50 milioni di anni luce di distanza.
5) Mohammad Odeh in sala controllo dell’Al Khatim Observatory.
Abbiamo contattato Mohammad Odeh per avere dei chiarimenti sul programma di ricerca che sta portando avanti ad Abu Dhabi e ci ha detto che il loro osservatorio automatizzato è stato costruito nel 2021. Eseguono osservazioni fotometriche e seguono le controparti ottiche dei GRB. Dal 26 novembre 2022 hanno iniziato una sistematica ricerca di supernovae ottenendo dalle 70 alle 90 galassie per notte e questa è stata la prima scoperta a poco più di nove mesi dall’inizio del programma.
Ci ha confessato che considera questa scoperta molto fortunata poiché avevano aggiornato il loro elenco di galassie proprio l’8 settembre 2023, e quella notte è stata la prima notte in cui hanno ripreso NGC1097 dal dicembre 2022. Mohammad Odeh è un giovane astronomo giordano, nato nel 1979 in Kuwait ed adesso abitante negli Emirati Arabi Uniti. Non vive di astronomia, ma è laureto in astronomia e collabora costantemente con vari osservatori professionali e con la NASA. Non sappiamo perciò se inquadrare questa scoperta come amatoriale oppure no, però la classificazione di questo transiente è sicuramente amatoriale. Infatti nella notte del 10 settembre, poco prima dell’alba con la galassia a soli 13° sopra l’orizzonte, il nostro Claudio Balcon (ISSP) è stato il primo ad ottenere lo spettro di conferma.
Immagine della SN2023reh in Anonima ripresa da Claudio Balcon con un telescopio Newton 410mm F.5 somma di 7 immagini da 60 secondi.
La SN2023rve, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo II molto giovane. Per onor di cronaca è stata per Claudio Balcon la centesima classificazione di una supernova inserita per primo nel TNS, un vero record assoluto. In un prossimo articolo analizzeremo in modo approfondito lo stupendo lavoro che sta portando avanti il bravo astrofilo bellunese, nell’ambito della spettroscopia. Questa supernova ha molto di italiano ed infatti è italiana anche la primissima immagine con una prediscovery ottenuta il 6 settembre (due giorni prima della scoperta) da Ernesto Guido e Marco Rocchetto in remoto dall’Australia con un telescopio rifrattore Takahashi da 106mm F.3,6. NGC1097 ha visto esplodere al suo interno altre tre supernovae conosciute, tutte di tipo II come l’attuale: la SN1992db scoperta il 12 ottobre 1992 dagli astronomi americani Chris Smith e Lisa Wells, la SN1999eu scoperta il 5 novembre 1999 dall’astrofilo giapponese Masakatsu Aoki e la SN2003B scoperta il 28 dicembre 2003 dal famoso astrofilo australiano Robert Evans, scomparso recentemente. Per chi volesse osservare la supernova, dall’Italia la bella galassia NGC1097 non è un facile oggetto da riprendere perché situato a declinazione -30°. Dal Nord Italia la galassia culmina infatti verso le 4,00 del mattino a soli 15 gradi sopra l’orizzonte. Un po’ meglio la situazione per gli osservatori del Sud Italia dove la galassia culmina a quasi 25 gradi. La supernova di sta mantenendo intorno alla mag.+14,5 sarebbe perciò un facile oggetto da immortalare, situato in una stupenda galassia, peccato solo per la scarsa altezza sull’orizzonte.
Immagine della SN2023rve in NGC1097 ripresa da Massimo Marchini in remoto dal Cile con un telescopio Dall Kirkham da 600mm F.6,5 esposizione LRGB somma di 3 immagini da 120 secondi per filtro.3) Solita immagine della SN2023rve in NGC1097 ripresa da Massimo Marchini in remoto dal Cile con un telescopio Dall Kirkham da 600mm F.6,5 esposizione LRGB somma di 3 immagini da 120 secondi per filtro, dando predominanza al filtro blu.4) Immagine della SN2023rve in NGC1097 ripresa da Rolando Ligustri in remoto dalla Namibia con un telescopio Dall Kirkham da 500mm F.6,8 esposizione RGB da 120 secondi per filtro.7) Strumento principale dell’Al Khatim Observatory, Celestron da 36cm F.7,7 con cui è stata realizzata la scoperta.6) Veduta dell’Al Khatim Observatory al tramonto.8) Mohammad Odeh insieme all’americano Forrest Gasdia durante i preparativi per una missione della NASA.
In COELUM ASTRONOMIA versione cartacea ogni due mesi vieni pubblicato il riepilogo delle Supernovae scoperte e gli scatti più chiari e esaurienti. Per conservare in archivio tutte le novità e lo storico sulle Supernovae visibili dalla Terra
Nel cielo di ottobre sono quasi tangibili le costellazioni tipiche dell’autunno, che troveremo in prossimità della scia di stelle della Via Lattea settentrionale.
Lungo i sentieri siderali incontriamo la costellazione di Pegaso e Andromeda, due figure che condividono un astro,la stella Sirrah, e che sono protagoniste di grandi miti e leggende.
PEGASO NEL CIELO DI OTTOBRE
Facilmente identificabile grazie all’asterismo del Quadrato, quella di Pegaso è una costellazione boreale che transita al meridiano proprio a metà ottobre: la sua stella principale è Markab (α Pegasi), una gigante azzurra con magnitudine 2,49 e distante 140 anni luce, che rappresenta il vertice sud-occidentale del Quadrato.
Nonostante la stella alfa di Pegaso sia Markab è Enif (ε Pegasi) l’astro più brillante della costellazione, una supergigante arancione con magnitudine +2,38.
Seconda alla stella Enif in termini di brillantezza troviamo Scheat (β Pegasi), una gigante rossa di magnitudine 2,44 distante 199 anni luce: essa indica il vertice nord-occidentale del Quadrato di Pegaso.
Nella costellazione sono presenti diverse stelle doppie, alcune anche facilmente risolvibili, come 3 Pegasi e η Pegasi: le due componenti che danno vita a 3 Pegasi sono bianco-giallastre di sesta e settima magnitudine e possono essere risolte anche con modesti ingrandimenti. Nel caso di η Pegasi ognuna delle due componenti è una stella doppia, risolvibili ma non con piccole strumentazioni.
Interessante anche il sistema stellare binario IK Pegasi: esso è composto dalla stella bianca IK Pegasi A e dalla nana bianca IK Pegasi B e diversi studi astronomici lo indicano come un stella doppia che potrebbe esplodere in supernova in tempi non troppo lontani.
OGGETTI DEL PROFONDO CIELO in PEGASO
La costellazione di Pegaso ospita diversi oggetti non stellari molto interessanti: nel periodo che va da luglio a dicembre è possibile osservare M15, uno degli ammassi globulari più densi della Via Lattea, visibile già con un binocolo in cieli sufficientemente bui e nitidi, mentre sarà necessario l’ausilio di telescopi a ingrandimenti superiori a 350mm per godere di tutti i dettagli di cui l’ammasso è caratterizzato.
Altri interessanti oggetti presenti nella costellazione sono le galassie a spirale NGC 7331 e NGC 7217, ma il vero protagonista è il Quintetto di Stephan, un gruppo visuale di cinque galassie scoperto dall’astronomo francese Édouard Stephan nel 1877.
– JAMES WEBB CREDIT: NASA, ESA, CSA e STScI
L’insieme di galassie è situato a circa 290 milioni di anni luce di distanza da noi ed è considerato dagli astronomi un autentico laboratorio in cui studiare la collisione tra le galassie e come questa impatti sulla materia che costituisce il mezzo intergalattico.
Il 12 luglio 2022 la NASA ha rivelato una straordinaria immagine del Quintetto di Stephan, frutto del superlativo lavoro del telescopio spaziale James Webb: con la sua potente visione a infrarossi e una risoluzione spaziale estremamente elevata, Webb è stato in grado di mostrare dettagli mai visti prima in questo straordinario gruppo di galassie.
La costellazione di Pegaso ospita anche un sistema planetario extrasolare, 51 Pegasi, composto da una stella molto simile al Sole attorno a cui orbita un pianeta extrasolare di tipo gioviano caldo, scoperto nel 1995.
PEGASO NELLA MITOLOGIA
Quella del cavallo alato è certamente una figura che affascina da sempre l’immaginario collettivo: la mitologia ci offre diverse narrazioni riguardo a questa creatura, che fu protagonista di vicende molto movimentate.
MERCURIO E PEGASO part. da Andrea Mantegna, Parnaso, 1497, Parigi, Louvre.
La figura di Pegaso è associata a quella del cavallo alato che nacque da uno zampillo di sangue scaturito dall’uccisione di Medusa da parte di Perseo, l’eroe che si servì proprio della creatura mitologica per salvare Andromeda, figlia di Cefeo e di Cassiopea, dalle grinfie del mostro marino Ceto.
Pegaso era caro a Zeus poiché si occupava di trasportare le folgori del dio fino all’Olimpo e rappresenta altresì la creatura alata di cui si servì Bellerofonte per uccidere la Chimera.
Secondo la mitologia greca Pegaso tornò all’Olimpo dopo la morte di Bellerofonte e successivamente riscese sul Monte Elicona mentre si stava svolgendo una gara di canto tra le Muse e le Pieridi; alle melodie intonate dalle Pieridi il Monte Elicona prese ad innalzarsi verso il cielo e solo lo zoccolo battuto sulla roccia dal cavallo mitologico riuscì ad arrestarne la rapida ascensione.
Nel punto in cui Pegaso sbatté lo zoccolo si aprì una sorgente chiamata così “sorgente del cavallo“.
Portate a termine le sue imprese, il cavallo alato prese il volo verso la volta celeste e qui si trasformò in una manciata di stelle poste a omaggiare le sue virtù per l’eternità.
ANDROMEDA NEL CIELO AUTUNNALE
Affascinante costellazione che brilla nel cielo d’autunno, quella di Andromeda è una figura che investe la volta celeste di miti e leggende concatenate fra loro e ci regala anche uno degli oggetti più belli e conosciuti del profondo cielo: M31, la Galassia di Andromeda.
La costellazione lambisce quasi la scia settentrionale della Via Lattea del Nord ed è individuabile anche grazie all’inconfondibile figura di Cassiopea; la stella più luminosa è Alpheratz (α Andromedae) e insieme alle stelle α, β e λ Pegasi forma un asterismo chiamato Quadrato di Pegaso.
Questa stella un tempo faceva parte della costellazione di Pegaso, con la sigla δ Pegasi, conosciuta anche con il nome Sirrah, dall’arabo “l’ombelico del destriero”.
α Andromedae è situata a 97 anni luce dalla Terra, e anche se ad occhio nudo appare come una stella singola, con una magnitudine apparente pari a +2,06, in realtà è un sistema binario composto da due stelle in orbita stretta tra loro.
OGGETTI NON STELLARI IN ANDROMEDA
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I Paesi Bassi e il bacino padano si contendono la vetta di una poco invidiabile classifica: quella delle regioni con il maggior inquinamento luminoso in Europa. Da questi luoghi con così tante luci artificiali è ancora possibile riuscire a fotografare il cielo stellato? Per il Piemonte la risposta è sì, grazie anche ai monti che lo circondano su tre lati e che permettono di schermare – almeno in parte – il riverbero proveniente dalla pianura. Alcune valli piemontesi, soprattutto quelle che non hanno valichi stradali, mantengono ancora un basso livello di inquinamento luminoso e sono a buon diritto considerate delle oasi del cielo buio, piccoli angoli di paradiso per astrofili e astrofotografi.
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La mia passione
Ho cominciato ad appassionarmi all’astrofotografia paesaggistica nel 2012, quando – in una notte di mezz’estate – ebbi l’idea di fare una passeggiata al chiaro di Luna in compagnia della mia reflex di allora e di un treppiede. Ovviamente molte cose sono cambiate da quella notte, ma in me è rimasto immutato il desiderio di visitare e fotografare luoghi magari familiari, ma resi in qualche modo nuovi dal connubio con il cielo stellato
Figura 1: Rocca Castello e Rocca Provenzale al chiaro di Luna, con il centro della Via Lattea e Saturno. Crediti di Emanuele Balboni
Mi è sempre piaciuto camminare in montagna: è raro che le mie escursioni in notturna si limitino al parcheggiare l’automobile sul ciglio di una strada più o meno asfaltata e, da lì, scattare il panorama messo a punto in fase di progettazione; molto più spesso la meta è a qualche tratto di sentiero di distanza, da percorrere zaino in spalla.
Una scelta che implica conseguenze. La più ovvia è che, così facendo, la scelta del luogo non è limitata dalla rete stradale ma è decisamente più ampia: se ci passa (vicino) un sentiero, allora ci si può andare! Lasciando la strada ci si allontana anche da case e lampioni, e dunque dall’inquinamento luminoso che potrebbe disturbare gli scatti. Per contro, la scelta dell’attrezzatura è limitata da ciò che ciascuno può permettersi di caricare sulle proprie spalle sottolineando che, in caso di incidente, il ritorno alla civiltà o l’arrivo dei soccorsi potrebbero risultare difficoltosi.
Tanti cieli per tutte le stagioni
Non credo esista un momento migliore per fotografare il ciel, in Piemonte. Così come cambiano le costellazioni di riferimento nei vari periodi dell’anno, anche il paesaggio muta con le stagioni, donando varietà allo stesso luogo.
Figura 3: il triangolo estivo sorge dietro rocca la Meja alle ultime luci del crepuscolo. Crediti di Emanuele Balboni
L’estate è caratterizzata dal centro della Via Lattea ben visibile e dal Triangolo Estivo alto in cielo; le montagne sono quasi completamente sgombre di neve e i ghiacciai (ormai sempre meno estesi, purtroppo) sono scoperti, i valichi stradali sono aperti ed è possibile raggiungere anche quote importanti con relativa facilità.
In autunno, i larici infiammano le vallate con i colori del foliage (indicativamente tra metà ottobre e metà novembre) e le prime nevicate imbiancano le cime, mentre in cielo il Grande Carro si abbassa sull’orizzonte a Nord ed è facile fotografarlo riflesso in un laghetto alpino.
Il Grande Carro si specchia nel Lago Nero (val Maira). Panorama al chiaro di Luna. Crediti di Emanuele Balboni
L’inverno porta con sé (o dovrebbe portare) neve copiosa: quasi tutti i valichi stradali sono chiusi e questo limita gli spostamenti, ma Orione domina sui pendii innevati ed è possibile catturarlo alto in cielo.
La primavera porta il disgelo: Orione, Toro e Cane Maggiore sembrano sdraiarsi sulle Alpi in direzione Ovest e tramontano al crepuscolo serale, mentre poco alla volta diventa sempre più visibile la porzione estiva della Via Lattea, che sorge nelle ore prima dell’alba.
Venere e le costellazioni invernali sopra il Monviso, in alta Valle Po. Crediti di Emanuele Balboni
Trovi i migliori scatti a cura di Emanuele Balboni sui cieli perfetti del Piemonte nel n° 264 di Coelum Astronomia V bimestre 2023.
venerdì 6 ottobre 2023: Arrivo degli organizzatori e dei partecipanti, preparazione della sala del Convegno (dalle 18:30)
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sabato 7 ottobre 2023: 10,00 Apertura del XXXI Convegno GAD e presentazione del programma
segue: – Relazioni di Fotometria e Astronomia Digitale e Meeting Nazionale Pianeti Extrasolari – Meeting Nazionale Stelle Variabili (Sezioni di Ricerca UAI) e dell’Aera Tecnica UAI
13,00 pausa pranzo
15,00 – 19,00 – prosegue Meeting Nazionale Pianeti Extrasolari – Meeting Nazionale Stelle Variabili (Sezioni di Ricerc a UAI) e dell’AeraTecnica UAI
20:00 – CENA SOCIALE GAD
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domenica 8 ottobre 2023: 9,30 – 13,00 – prosegue Convegno GAD e Meeting Nazionale Pianeti Extrasolari – Meeting Nazionale Stelle Variabili (Sezioni di Ricerca UAI) e dell’AeraTecnica UAI
Bentornati su Marte!
Nel 21esimo appuntamento di questa rubrica continuiamo a esplorare il Pianeta Rosso con i tre robot della NASA, gli unici apparati al momento attivi sulla superficie marziana.
Ingenuity: sempre più lontano, sempre più in alto Il piccolo elicottero sta lavorando a pieno ritmo, fornendo supporto all’esplorazione via terra svolta in parallelo dal suo compagno rover Perseverance.
In queste ultime settimane Ingenuity ha portato a compimento quattro voli, il primo dei quali è stato il 56esimo eseguito il 25 agosto (Sol 894 della missione Mars 2020).
Percorso del volo numero 56
Lo spostamento (evidenziato in giallo nella mappa) è stato di 410 metri che sono stati percorsi in 2 minuti e 21 secondi, fornendo immagini aeree delle zone che il rover avrebbe raggiunto nelle settimane successive (linea bianca con il percorso di Perseverance).
Facciamo anche cifra tonda: con il volo 56 Ingenuity ha superato i 100 minuti di operatività su Marte!
Poco più di una settimana dopo, il 3 settembre, il drone prosegue la movimentazione verso nord con il volo numero 57 che dura poco più di 2 minuti nel corso dei quali percorre 217 metri.
Percorso del volo 57
Per questo volo i tecnici del JPL hanno scaricato tutti i frame della camera di navigazione che sono stati subito messi a disposizione della community di appassionati. Possiamo così ricostruire l’intero spostamento dal decollo all’atterraggio che vi mostro nel seguente video.
La cronaca di Ingenuity prosegue poi nel Sol 910, 11 settembre, con il volo 58. L’elicottero si sposta verso nord-ovest con un volo più breve rispetto a quelli che l’hanno preceduto. Soli 174 metri sono stati percorsi in 108 secondi, visualmente documentati da dieci fotografie scattate dalla camera a colori ad alta risoluzione e di cui vi presento l’ultima.
Visuale ripresa da Ingenuity da 10 metri di altezza poco prima dell’atterraggio del volo 58.Percorso del volo 58
E infine l’ultima attività di questa intensa sequenza, avvenuta il 16 settembre. Per il volo 59 i tecnici del JPL programmano un test molto particolare, in cui mettono ulteriormente alla prova elettronica e meccanica dell’elicottero portandolo là dove nessun elicottero marziano ha mai osato: 20 metri di quota operativa.
Da circa 300 metri di distanza l’occhio attento di Perseverance, che per l’occasione ha interrotto le attività della nuovissima Margin Campaign (vi racconto tutto nei prossimi paragrafi), ha osservato Ingenuity volare.
Foto a Ingenuity scattata prima del volo 59 (NASA/JPL-Caltech/Piras)
Ci sarà presto anche un video con l’intera sequenza di volo, per il momento disponibile solo attraverso i piccolissimi fotogrammi di anteprima troppo sgranati per meritare queste pagine. Tuttavia, già dalle anteprime si evidenzia che ascesa e discesa siano avvenute in cinque tappe intermedie, probabilmente per monitorare la stabilità dei dati registrati dall’altimetro di bordo. Nella sua totalità il volo è durato 143 secondi e non ha avuto alcuno spostamento orizzontale. Se disponibile, aggiungerò il video in alta risoluzione con la ripresa di Perseverance nella prossima news.
Questo nuovo record di altezza per Ingenuity espande le potenzialità di indagine fotografica della missione perché da quote maggiori le camere dell’elicottero saranno in grado di ampliare la superficie monitorata.
Upper Fan Campaign agli sgoccioli per Perseverance Nelle settimane in cui Ingenuity era impegnato nei voli appena descritti, il rover di Mars 2020 era altrettanto indaffarato.
Nella precedente news l’avevamo lasciato diretto verso sud per studiare delle lastre rocciose di origine sedimentaria, generatesi dal deposito di materiale portato qui dalle acque un tempo abbondanti.
Posizioni di Perseverance e Ingenuity il 18 agosto.
Le analisi sono avvenute come previsto e hanno coinvolto la familiare fresa, il soffiatore ad azoto, lo strumento SHERLOC e numerose altre camere di ripresa.
Immagine immediatamente successiva all’abrasione della lastra sedimentaria, foto della Left NavCam nel Sol 893 (NASA/JPL-Caltech/Piras)
Dopo alcuni giorni marziani di permanenza in quest’area i tecnici hanno programmato il rover per iniziare gli spostamenti verso ovest per raggiungere una nuova regione di grande interesse per gli obiettivi della missione.
Si tratta di quella che gli scienziati della missione hanno battezzato Marginal Carbonate Unit (traducibile come unità di carbonato marginale), visibile già dalle mappe satellitari come l’area di colore più chiaro e con fratture ben visibili a sinistra della mappa qui allegata.
Posizione di Perseverance e Ingenuity aggiornata al Sol 905, 6 settembre. La regione più chiara sul bordo sinistro dell’immagine è l’agognata Marginal Carbonate Unit.
La composizione di queste rocce ha contribuito alla scelta del cratere Jezero come destinazione della missione Mars 2020: la peculiarità risiede nell’abbondante presenza di minerali carbonati.
Sulla Terra i carbonati di solito si formano nelle secche di laghi d’acqua dolce o alcalina. Si ipotizza che lo stesso possa essere accaduto per la marginal carbonate unit su Marte, oltre 3 miliardi di anni fa, quando le acque di un lago nel cratere Jezero lambivano le sue rive depositando gli strati di carbonato. Un’altra ipotesi è che i carbonati si siano formati attraverso un processo chiamato carbonatazione minerale: in questo caso minerali silicati (come l’olivina, la cui presenza è abbondantemente documentata) reagiscono con l’anidride carbonica e si trasformano in carbonati.
Gli scienziati tengono in gran conto la presenza di minerali carbonati per due ragioni.
La prima è che questi composti si formano tramite la reazione della CO₂ atmosferica con l’acqua liquida, perciò lo studio dei carbonati può fornire indicazioni sui passati livelli di anidride carbonica per ricostruire l’evoluzione del clima di Marte.
La seconda ragione va cercata nel modo in cui i carbonati si rivelano un ottimo mezzo per “fotografare” l’ambiente in cui si formano, comprese eventuali tracce di vita microbica. Sulla Terra è stato osservato che i minerali carbonati si formano direttamente attorno alle cellule dei microrganismi, come delle capsule, trasformandole rapidamente in fossili. Un esempio di questo sono le stromatoliti, strutture sedimentarie stratificate create da colonie batteriche e che rappresentano alcune delle prime testimonianze della vita sul nostro pianeta, con alcuni campioni correntemente datati a 3.5 miliardi di anni fa.
La raccolta e l’analisi di queste rocce carbonatiche ci aiuterà a rispondere ad alcune delle domande più importanti che abbiamo sulla storia di Marte. Ma prima di arrivare alla Marginal Carbonate Unit Perseverance ha avuto qualche problema di navigazione.
Un po’ di grane per l’autonavigatore Al termine delle analisi descritte Perseverance inizia il suo viaggio verso ovest diretto verso la parte più orientale della Carbonate Unit, una fascia che si estende da nord a sud battezzata Mandu Wall. Le immagini panoramiche prodotte dalle camere di navigazione rendono l’idea della difficoltà del terreno che il rover si è trovato ad attraversare.
Sol 905, Perseverance si guarda attorno sconfortato. NASA/JPL-Caltech/Piras
Innumerevoli rocce di varia dimensione si alternano a non meno pericolosi depositi di fine sabbia e regolite, che il software di navigazione autonoma è addestrato a evitare ma c’è evidentemente un limite alla complessità che può gestire.
È così che il 6 settembre Perseverance si è ritrovato a fare un giro in tondo di 127 metri per cercare di spostarsi verso ovest, senza però riuscirci! La situazione è ben illustrata sia dalla ripresa della Left NavCam (che mostra le tracce nella sabbia) che dalla mappa nella quale ho aggiunto un cono giallo per mostrare quale fosse all’incirca il punto di vista del rover per scattare la foto. Il percorso evidenziato in giallo è l’intera movimentazione del Sol 905.
Visuale verso sud-ovest della NavCam, Sol 905. NASA/JPL-Caltech/Piras
I piloti di missione sono dovuti necessariamente intervenire con istruzioni mirate che, nel Sol 907, conducono Perseverance qualche decina di metri verso sud in direzione di un’apertura giudicata percorribile.
Foto del Sol 907, Perseverance si guarda indietro (verso nord). Le tracce testimoniano il doppio passaggio del rover su questa morbida sabbia. (NASA/JPL-Caltech/Piras)
In ogni caso non tutti i mali vengono per nuocere perché il rover esegue alcune osservazioni con le sue camere e riprende alcuni scorci che, al di là del valore scientifico, sono bellissime cartoline marziane. Come questo mosaico realizzato dalla Right MastCam-Z che ritrae anche una roccia di forma molto particolare. Lascio decidere a voi se è un avocado o un sombrero.
Sol 907, Right MastCam-Z. NASA/JPL-Caltech/MSSS/PirasSol 907, Right MastCam-Z. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
Il Sol 909 è quello del recupero: Perseverance è libero di avanzare e percorre, in un solo giorno, 474 metri. Lo spostamento lo fa così finalmente giungere a Mandu Wall, le cui foto per mezzo delle camere di navigazione inquadrano anche i lontani rilievi che costituiscono le pareti del cratere Jezero, lontane circa 3 km da qui.
Il lungo spostamento di Perseverance nel Sol 909 (10 settembre)Mandu Wall e, in lontananza, i rilievi del bordo di Jezero. Sol 909 (NASA/JPL-Caltech)
In occasione dell’arrivo nella Marginal Carbonate Unit Perseverance abbandona il confine dell’ellisse di atterraggio (che, con dimensioni di 7.7 x 6.6 km, rappresentava il bersaglio da raggiungere con il sofisticato sistema EDL), supera i 20 km globalmente percorsi ed entra nel quadrilatero Ningaloo. I “quadrilateri” marziani sono aree quadrate di 1.2 km di lato in cui è arbitrariamente suddivisa la superficie, i cui nomi sono tipicamente a tema zona per zona. In particolare i quadrilateri nei pressi del cratere Jezero sono nominati come riserve e parchi naturali, e Ningaloo non fa eccezione trattandosi di un riferimento al Parco Marino Ningaloo nell’Australia occidentale.
Un nuovo capitolo nell’esplorazione del cratere L’arrivo nell’unità marginale carbonatica (sperando che la traduzione non risultati troppo forzata) inaugura una nuova sezione della missione di Perseverance. Dopo la Crater Floor, la Delta Front e la Delta Top, è ora il momento di lanciarci nella Margin Campaign che durerà circa 230 Sol marziani o 8 mesi terrestri. Nel corso della campagna Perseverance attraverserà questi ambienti rocciosi compiendo le usuali osservazioni sia da remoto che a distanza ravvicinata mentre si dirige verso il bordo del cratere. È inoltre previsto di raccogliere sino a quattro nuovi campioni prima di raggiungere i confini di Jezero e avviare la Inner Rim Campaign a cui seguirà la Beyond Jezero Campaign. Ma non anticipiamo troppo le cose, torniamo al presente e alla corrente Margin Campaign!
L’avvio simbolico di questo capitolo di esplorazione si è avuto nel Sol 915 (16 settembre) con il rover che ha messo in funzione la fresa e ha avuto un assaggio delle rocce carbonatiche di Mandu Wall. L’abrasione è stata avviata meno di mezz’ora dopo la ripresa del volo di Ingenuity descritto a inizio articolo, una programmazione di attività estremamente densa per una mattinata marziana.
La fresatura è stata chiamata “Amherst Point” e le HazCam frontali ci offrono un punto di vista ravvicinato dell’operazione mentre veniva svolta. I video seguenti sono accelerati e coprono 19 minuti.
Video Player
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Riusciamo anche a notare un leggero scivolamento della punta appena il trapano cerca di spingere per raschiare la roccia. Come riferimento si consideri che il diametro della fresa è di 5 cm.
Sono seguiti i rilievi fotografici che qui vi presento nelle immagini della Left NavCam e di Watson.
Abrasione Amherst Point, Left NavCam Sol 915. (NASA/JPL-Caltech/Piras)Abrasione Amherst Point, Sherloc Watson Sol 915. (NASA/JPL-Caltech)
Per chiudere la cronaca delle attività di Perseverance, due giorni prima dell’operazione di abrasione appena descritta il rover ha, potremmo dire finalmente, chiuso la fiala con il campione prelevato il 13 agosto dalla roccia Dream Lake e battezzato Pilot Mountain.
Immagine della fiala con il campione Pilot Mountain, foto della CacheCam nel Sol 913. (NASA/JPL-Caltech/Piras)
Si tratta della 21esima fiala che Perseverance sigilla a cui vanno aggiunti i tre tubi testimone di cui ho raccontato nei passati articoli (per esempio https://www.coelum.com/articoli/news-da-marte-10).
La lunga arrampicata di Curiosity
Continuano gli aggiornamenti e i dettagli sull’impegnativa scalata verso il Monte Sharp – o Aeolis Mons – che sta tenendo occupato il veterano dei rover marziani (ho accennato a riguardo nella precedente news).
Dopo tre tentativi falliti nel corso di tre anni, il 14 agosto Curiosity ha raggiunto la cresta della Gediz Vallis, ciò che rimane dei flussi di detriti depositati da impetuosi fiumi che si sono asciugati 3 miliardi di anni fa. Con l’occasione del traguardo raggiunto il rover ha scattato uno splendido mosaico a 360° che combina 136 singole immagini scattate il 19 agosto.
Panoramica di Gediz Vallis Ridge ripresa da Curiosity il 19 agosto (Sol 3928). NASA/JPL-Caltech/MSSS
Il grande rilievo nella parte centrale dell’immagine è la parte più alta della cresta, che si alza per ulteriori 21 metri e che il rover sta continuando a costeggiare mentre prosegue verso sud.
Un po’ di contesto ci è fornito dall’immagine satellitare con sovraimposto il percorso effettuato sino ad ora da Curiosity.
A questo possiamo aggiungere una ricostruzione tridimensionale del paesaggio che il rover si è trovato davanti in questi ultimi km di viaggio, con il tentativo di incursione nell’area verde Greenheugh Pediment che è stato effettuato nel marzo 2021. Il percorso tracciato prosegue rappresentando le opzioni di spostamento che si stima di poter far seguire al rover.
La mappa e l’elaborazione 3D (quest’ultima diffusa il 18 settembre) rappresentano la medesima posizione per Curiosity che ha effettuato la sua ultima movimentazione documentata il 17 settembre.
L’arrivo del rover sulla cresta ha fornito agli scienziati le prime visioni ravvicinate dei resti erosi di una caratteristica geologica conosciuta come conoide di deiezione, dove i detriti che scorrono lungo la pendenza si espandono in una forma a ventaglio. I conoidi di deiezione sono comuni sia su Marte che sulla Terra, ma gli scienziati stanno ancora imparando i loro meccanismi di formazione.
Ogni strato di questa formazione racconta una pagina degli antichi laghi e fiumi che sagomavano il paesaggio. Gediz Vallis, in particolare, è stata probabilmente l’ultima formazione ad essere generata il che la rende una delle più giovani “capsule del tempo” che Curiosity potrà incontrare. Il valore dell’esplorazione della regione è accentuato da materiali e rocce portate qui dall’acqua e provenienti da regioni lontane e ad alta quota del Monte Sharp che il rover non avrebbe mai potuto raggiungere ma che la geologia ha messo comunque alla portata del suo braccio robotico.
La prossima sfida sarà trovare un passaggio nel Gegiz Vallis Channel che inizia dove termina l’ultima parte della cresta. Da lì Curiosity potrà continuare il suo avvicinamento alle pendici dell’Aeolis Mons.
Anche per questo aggiornamento da Marte è tutto, alla prossima.
L’associazione Unione Astrofili Napoletani ha da tempo organizzato un gruppo collaborativo, Gruppo Esopianeti infatti, i cui membri si dedicano con passione allo studio dei pianeti che gravitano intorno a stelle diverse dal nostro Sole. Abbiamo delegato a loro l’introduzione alla sezione di questo numero dedicata agli esopianeti, arricchita dalle testimonianze di Giovanni Covone docente presso l’Università Federico II di Napoli, Isabella Pagano direttrice dell’Osservatorio Astrofisico di Catania, Ennio Poretti ex direttore del Telescopio Nazionale Galileo e Alessandro Sozzetti ricercatore presso l’Osservatorio Astrofisico di Torino.
AUTOCOSTRUZIONE SPINTA – Space Chair
Dopo il fortunato articolo comparso nel n°261 di Coelum Astronomia torna a farci compagnia Stefano Tognaccini, astrofilo autocostruttore amante delle sfide e dei binocoli.
ShaRA#5 – The BAT
Siamo giunti alla quinta edizione dei progetti di astrofotografia del gruppo ShaRA partiti in tre meno di un anno fa ora sono ben 23 astrofili che in modo democratico decidono cosa fotografare, auto-finanziano le riprese remote con i grandi telescopi cileni, condividono le elaborazioni, si confrontano sulle varie tecniche di processing e, dopo votazione anonima,
generano una foto di gruppo ottenuta prendendo il meglio del contributo di tutti. Per il numero 264 è la volta di The BAT.
Fotografare in PIEMONTE
Dopo il successo della Sardegna per la neo nata rubrica “Top 10 scenari perfetti”, nel 264 di COELUM ASTRONOMIA, arriva il Piemonte. Abbiamo chiesto ad Emanuele Balboni di raccontarci il suo vagabondare e perdersi per le Alpi, dove la natura incontra se stessa.
Filosofia della Scienza
L’idea alla base del principio antropico è che una scintilla di coscienza sia per la “forma” della natura – quello che descriviamo ricorrendo alla grandezza fisica denominata appunto: informazione (e che misuriamo in bit) – ciò che la massa rappresenta per la gravità, ovvero un attrattore.
Torna a scrivere per Coelum Filippo Onoranti.
X LA SEZIONE TECNICA
SPETTROSCOPIA DEL SISTEMA
BINARIO AD ECLISSE SIGMA AQUILAE
Un esempio pratico di applicazione della spettroscopia amatoriale con risultati eccellenti a cura di Lorenzo Franco, Ulisse Quadri e Luca Strabla.
Il VLT un Gioiello in Cima alla Montagna a cura di Anna Wolter e Roberto Volsa
A 25 anni dalla prima luce il VLT dell’ESO resta sulla cresta dell’onda continuando a
servire e a stupire la comunità scientifica. Grazie alle continue innovazioni tecnologiche,
ai nuovi strumenti e soprattutto all’interferometria, il VLT si propone come un osservatorio di inestimabile valore scientifico anche per il futuro.
SELEZIONATE PER LA GALLERIA PHOTOCOELUM
Scatti a mano libera, possibili? Ecco la testimonianza di Filippo La Fauci
Grazie al contributo di Paolo Bardelli, Cristian Fattinnanzi, Antonio Magni, Luciano Milianti, Giancarlo Neccia, Davide Nardulli, Carolina Paoletti, Claudio Pra, Daniele Righetti.
… E POI?
Dal FUTURO arriva FUTURI Che ruolo ha lo Spazio nell’evoluzione dell’economia? E dell’umanità? Quanto è utile anticiparne i possibili sviluppi futuri? UN’INTERA ECONOMIA IN ORBITA: I FUTURI DELLA LOGISTICA SPAZIALE di Pietro Guerrieri e Rocco Scolozzi
Le care rubriche ad opera di Antonio Piras “Bentornati su Marte!”, Barbara Bubbi e Giuseppe Petricca, Stefano Marcellini con le sue note pungenti, il Cielo del Bimestre, Astromiao di Laura Saba, sempre a spasso, Astroquiz, HANC MARGINIS di Paola Giorgini, e molto altro.. Insomma non vi possiamo dire proprio tutto tutto!
Il ricercatore principale di OSIRIS-REx Dante Lauretta esamina una replica della capsula campione, costituita dallo scudo termico (bianco) e dal guscio posteriore (marrone chiaro), dopo aver superato con successo il test di caduta. (Chris Richards/Comunicazioni universitarie)
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Il ritorno della capsula con dentro i campioni dell’asteroide è previsto per il 24 settembre ore 14:00 GMT nello UTAH.
TUTTA LA CRONOSTORIA DELLA MISSIONE RACCONTATA DAGLI AUTORI DI COELUM
Nelle pagine di Coelum e nel sito ogni missione è raccontata dalla sua fase primordiale, la presentazione, fino alla conclusione. Missioni che spesso vivono letteralmente anche più di una decina d’anni. E’ il caso anche di OSIRIS-REx di cui già nel gennaio 2010 si inizia a parlare con il comunicato che decreta l’approvazione del progetto da parte della NASA, dalle parole di allora “Osiris-Rex (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith Explorer) La destinazione della sonda è un asteroide e la missione prevede non solo di studiare accuratamente la morfologia del corpo celeste, ma anche di prelevare almeno mezzo etto di materiale dalla sua superficie e riportarlo sulla Terra”.
Inizia qui un’odissea lunga ben 13 anni che sta per volgere al termine, lasciando spazio a coloro la cui responsabilità sarà cogliere il meglio e il massimo da uno sforzo congiunto a cui hanno partecipato davvero in molti.
La missione è destinata a terminare il 24 settembre alle ore 14:00 nello UTAH. Coelum seguirà la diretta inviando aggiornamenti in tempo reale sul nostro canale TELEGRAM dall’ingresso nell’atmosfera della capsula contenente i campioni fino al recupero nell’area di circa 60km quadrati in cui è previsto l’atterraggio. L’area è poco abitata e gli ingegneri sono in queste ore impegnati in calcoli per migliorare l’approssimazione.
In attesa di aggiornamenti importanti e mentre la sonda sta sfrecciando nello spazio in direzione Terra, ecco l’elenco delle fasi che hanno caratterizzato la missione in ordine temporale dalle notizia più recente alla più datata. Un viaggio a ritroso per conoscere tutto quello che c’è da sapere.
Di Angelo Meduri https://www.coelum.com/photo-coelum/photo/photo_angelomeduri_cometa-hale-bopp
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Il 1997, Come butta?
Ciao belli! Come butta? Siete pronti per un’altra incursione nefasta negli anni 90? Attenzione che potreste rimanere nostalgici per almeno una settimana.
Gli eventi astronomici che hanno caratterizzato il 1997
Oggi si parla del 1997, che ha scardinato le porte del 1996 con l’eleganza sobria delle Spice Girls. 🎼🎤🎧
Perché dovete sapere che nel 1997 iniziava l’era del Girl Power. Ma quell’anno fu epico anche per capolavori del trash come il singolo degli Aqua e per capolavori veri e propri come Truly Madly Deeply dei Savage Garden. Come dicevano loro: “am I asleep, am I awake, or somewhere in between?” Sicuramente stiamo rimembrando. E a quei tempi, nemmeno Achille quando si avvicinava alle mura di Troia per sfidare Ettore non aveva un passo tanto spaccone quanto quello di Richard Ashcroft nel video di Bitter Sweet Symphony.
Anche il cinema a quell’epoca non era niente male. La Vita è Bella di Benigni, Sette anni in Tibet e l’avvocato del Diavolo facevano saltare il botteghino e Titanic, oltre ad essere campione di incassi, diede lavoro ad analisti per anni a venire nella ricerca di tutte le permutazioni spaziali grazie alle quali Jack si sarebbe potuto sistemare sulla zattera di Rose senza finire a picco come l’iceberg.
Perché il 1997 fu l’anno mistico in cui 10000 persone videro delle strane luci apparire sulla città di Phoenix e Man in Black e Flubber fecero la loro uscita al botteghino. Un caso? Non credo proprio. Il 1997 fu il triste anno in cui morirono anche Maria Teresa di Calcutta e Gianni Versace. E per stare in tema di epidemie (e poi non mi dire che gli anni ’90 non erano attuali), nello stesso anno a Hong Kong ci fu la famosa aviaria. E via che il consumo di nuggets scendeva in picchiata, dimenticando la mucca pazza di qualche anno prima! E le macchine cominciavano a prendere il controllo di questo pianeta. Infatti, nella sfida tra Deep Blue della IBM e Garry Kasparov, per la prima volta un computer batteva a scacchi il grande maestro.
Nell’universo i pianeti continuavano a ruotare e le stelle ad esplodere ma nel nostro piccolo, il cielo si adornava proprio in quell’anno della cometa Hale-Bopp che, proprio in quell’anno, passava alla sua minima distanza dalla Terra: 196 milioni di km.
Sempre nel 1997, il veicolo spaziale della NASA della missione Pathfinder atterrava su Marte, liberando un piccolo modulo a ruote, Sojourner, che avrebbe esplorato la geologia della sua superficie.
Crediti NASA
Nel frattempo, sei anni prima, a Cambridge avveniva la scommessa del secolo, quasi epica come quella dei fratelli Duke in “una poltrona per due”. Stephen W. Hawking i colleghi John P. Preskill e Kip S. Thorne, del California Institute of Technology, a Pasadena avevano scommesso sull’esistenza o meno nell’Universo di ‘singolarità nude’.
Esse sono punti dello spazio, presenti al centro dei buchi neri, nei quali lo spazio e il tempo sono infinitamente distorti e la materia è infinitamente densa. Qui vengono meno tutte le regole della relatività e della meccanica quantistica. Hawking dubitava di tale esistenza, ma nel 1997 dovette riconoscere di avere parzialmente perso la scommessa, ammettendo che quelle singolarità possono esistere, anche se non come fenomeno generale. Nel 1997 ci fu la conferma dell’azione quantistica a distanza o entanglement quantistico. Questa teoria prevede che due particelle molto distanti siano interconnesse, in modo tale che una misurazione su una di esse condiziona le proprietà misurate dell’altra.
Altri fatti degni di nota furono l’esplosione di un razzo Delta II che trasportava un GPS militare poco dopo il decollo da Cape Canaveral, la messa a punto e riparazione del telescopio spaziale Hubble e il famoso GRB 970228, un lampo molto luminoso di raggi gamma, che colpì la Terra per 80 secondi.
Nuvole di gas di scarico si formano attorno a un veicolo di lancio Delta II mentre fa esplodere la navicella spaziale Swift della NASA nella sua missione dal Launch Complex 17A presso la stazione aeronautica di Cape Canaveral in Florida. Crediti: NASA
Fu la prova concreta che i lampi di raggi gamma si verificano ben oltre la Via Lattea. Nel 1997 ci fu anche una eclissi solare completa e due eclissi lunare totali Venne anche lanciata la sonda Cassini-Huygens verso Saturno che ci ha donato delle foto immense del Signore degli Anelli. Ora vi lascio perché mi è venuta una idea su come risolvere il secondo enigma di The Curse of Monkey Island dove mi sono piantato la scorsa notte. Cordiali saluti e a presto.
Questa nuova immagine del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA mostra Herbig-Haro 211 (HH 211), un jet bipolare che viaggia attraverso lo spazio interstellare a velocità supersoniche. A circa 1.000 anni luce dalla Terra, nella costellazione del Perseo, l’oggetto è uno dei flussi protostellari più giovani e vicini, il che lo rende un bersaglio ideale per Webb.
Gli oggetti Herbig-Haro sono regioni luminose che circondano le stelle appena nate e si formano quando venti stellari o getti di gas emessi da queste stelle appena nate formano onde d’urto che collidono con gas e polvere vicini ad alta velocità. Questa spettacolare immagine di HH 211 rivela un deflusso da una protostella di Classe 0, un analogo infantile del nostro Sole quando aveva non più di poche decine di migliaia di anni e con una massa pari solo all’8% di quella attuale (e alla fine diventerà una stella come il Sole).
L’imaging a infrarossi è potente nello studio delle stelle appena nate e dei loro deflussi, perché tali stelle sono invariabilmente ancora immerse nel gas della nube molecolare in cui si sono formate. L’emissione infrarossa dei deflussi della stella penetra nel gas oscurante e nella polvere, rendendo un oggetto Herbig-Haro come HH 211 ideale per l’osservazione con i sensibili strumenti a infrarossi di Webb. Le molecole eccitate dalle condizioni turbolente, tra cui l’idrogeno molecolare, il monossido di carbonio e il monossido di silicio, emettono luce infrarossa che Webb può raccogliere per mappare la struttura dei deflussi.
L’immagine mostra una serie di shock d’arco a sud-est (in basso a sinistra) e nord-ovest (in alto a destra), nonché lo stretto getto bipolare che li alimenta. Webb rivela questa scena con dettagli senza precedenti: una risoluzione spaziale circa da 5 a 10 volte superiore rispetto a qualsiasi immagine precedente di HH 211. Il getto interno viene visto “oscillare” con simmetria speculare su entrambi i lati della protostella centrale. Ciò è in accordo con le osservazioni su scala più piccola e suggerisce che la protostella potrebbe in effetti essere una stella binaria irrisolta.
Precedenti osservazioni di Webb cattura il deflusso con telescopi a terra hanno rivelato giganteschi bow shock che si allontanavano da noi (nord-ovest) e si muovevano verso di noi (sud-est) e strutture simili a cavità rispettivamente nell’idrogeno e nel monossido di carbonio, nonché un getto bipolare nodoso e oscillante, nel monossido di silicio. I ricercatori hanno utilizzato queste nuove osservazioni per determinare che il deflusso dell’oggetto è relativamente lento rispetto a protostelle più evolute con tipi simili di deflussi.
Il team ha misurato che la velocità delle strutture di deflusso più interne era compresa tra 80 e 100 chilometri al secondo. Tuttavia, la differenza di velocità tra queste sezioni del deflusso e il materiale principale con cui entrano in collisione – la velocità dell’onda d’urto – è molto più piccola. I ricercatori hanno concluso che i deflussi dalle stelle più giovani, come quella al centro di HH 211, sono per lo più costituiti da molecole, perché le velocità relativamente basse delle onde d’urto non sono abbastanza energetiche da spezzare le molecole in atomi e ioni più semplici.
Utilizzando il potente telescopio spaziale JWST, gli astronomi hanno osservato il raffreddamento estivo settentrionale del pianeta Saturno mentre si approssima ad un autunno lungo 7,5 anni.
Gli astronomi hanno osservato in dettaglio l’estate che lascia il posto all’autunno sul pianeta Saturno.
Utilizzando le osservazioni di Saturno del James Webb Space Telescope (JWST) effettuate nel novembre 2022, un team guidato dagli scienziati dell’Università di Leicester ha osservato una tendenza al raffreddamento sul gigante gassoso causata da flussi d’aria di dimensioni planetarie che invertono la direzione mentre le lunghe stagioni di Saturno cambiano.
“La qualità dei nuovi dati del JWST è semplicemente mozzafiato: con una breve serie di osservazioni, siamo stati in grado di portare avanti l’eredità della missione Cassini in una stagione saturniana completamente nuova, osservando come i modelli meteorologici e la circolazione atmosferica rispondono a la luce del sole che cambia.” Ha affermato Leigh Fletcher della Scuola di fisica e astronomia dell’Università di Leicester.
Il pianeta gigante gassoso, che è il sesto pianeta dal Sole ed è noto per i suoi suggestivi anelli di ghiaccio, sperimenta le stagioni proprio come la Terra perché, come il nostro pianeta, ha l’asse inclinato rispetto all’eclittica. Sebbene l’inclinazione assiale di Saturno di 26,7 gradi sia simile a quella del nostro pianeta, che è di 23,5 gradi, ha un’orbita molto il più ampia così le stagioni sul gigante gassoso sono molto più lunghe di quelle della Terra.
Saturno impiega 29,4 anni terrestri per orbitare attorno al sole, il che porta a stagioni che durano circa 7,5 anni terrestri. Queste nuove osservazioni del JWST offrono agli scienziati nuove informazioni su quelle stagioni prolungate e sui fenomeni in gioco quando iniziano a cambiare. Le osservazioni del JWST completano inoltre i dati raccolti dalla sonda spaziale Cassini-Huygens (Cassini) della NASA , che ha osservato il pianeta gigante gassoso per 13 anni durante le sue stagioni invernali e primaverili.
Parte meccanica del telescopio dedicata alla movimentazione del tubo ottico per l’inseguimento di oggetti celesti secondo la loro diversa velocità annullandone l’apparente moto nel corso dell’osservazione.
La montatura deve obbedire al requisito della rigidità, i frizionamenti fra le masse debbono essere ridotti senza nulla concedere alla stabilità strumentale, per evitare qualsiasi stress meccanico altrimenti notevole in telescopi anche con obiettivi di soli 300 mm di diametro che non appartengano alla categoria dei «giocattoli»; di conseguenza negli strumenti in cui il tubo ottico abbia dimensioni superiori al metro (e l’obiettivo sia quindi di una buona lunghezza focale) particolare accortezza va usata nella scelta dei
materiali per evitare che le escursioni termiche possano variare sensibilmente la distanza fra le componenti ottiche di primo e secondo ordine: obiettivo e oculare o sistema elettronico di ripresa.
La montatura equatoriale: lavoro rispetto alla latitudine locale; disegno di R. Porter da Amateur Telescope Making [7, volume I, pag. 23]Tecnicamente una montatura, trascurando il pilastro (supporto) ove posa, si compone di tre parti: a) un sostegno suscettibile di microaggiustamenti in piano (sistemazione a bolla) o in declinazione a seconda del tipo di montatura (altazimutale o equatoriale) con un breve excursus di gradi per aggiustamenti alla latitudine locale in quest’ultimo
caso. Sul sostegno è installato l’asse orario destinato all’inseguimento siderale (da Est ad Ovest) che sostiene a sua volta b) l’asse secondario o di declinazione strumentale a questo ortogonale; c) un tubo o traliccio metallico che asserve la componente ottica alle due movimentazioni: oraria e in declinazione. Completano la montatura varie parti meccaniche addette al trascinamento (ruote dentate e viti senza fini o rulli a frizione), cuscinetti a sfera e a rulli, frizioni, blocchi, regolazioni fini nonché la la motorizzazione per il puntamento rapido dell’oggetto ed il suo inseguimento.
Le parti maggiormente soggette a sollecitazione meccanica vanno costruite in ferro e l’alluminio usato nelle parti ove la tensione meccanica è moderata, mai per gli assi per i quali occorre ricorrere ad acciaio di qualità. Telescopi costruiti in multistrato o addirittura in cartone pressato come i diffusissimi → dobson non appartengono alla categoria degli strumenti con i quali si possa svolgere ricerca, e qui non saranno trattati.
Particolare attenzione va posta a che tutte le parti della montatura abbiano una frequenza di risonanza estremamente bassa: il valore ottimale è inferiore ai 10 Hz: essendo notevoli le masse in gioco, è necessario evitare specie nelle montature altazimutali soggette a bruschi e notevoli mutamenti di velocità, che l’intera massa strumentale inizi a vibrare per le sollecitazioni cui è sottoposta, sollecitazioni che diventano un problema quando si tratta
di muovere qualche tonnellata e anche più. Per evitare che la montatura entri in risonanza comportandosi in modo elastico, secondo i principi di costruzione meccanica le strutture più imponenti presentano nei punti di massima sollecitazione strutture secondarie di rinforzo atte ad interrompere la continuità della tensione di lavoro.
In un telescopio la montatura non assolve un ruolo inferiore all’ottica che rappresenta il cuore dello strumento.
Avere un’ottica eccellente su un supporto meccanico che non sia in grado di compiere ogni movimento senza che la minima vibrazione si trasmetta alla parte ottica è perfettamente
inutile: le immagini risulteranno traballanti, afflitte da un tremolio costante, rendendo inutile qualsiasi attività.
Evoluzione delle montature
Tipologie di montature
Montature equatoriali
Montatura altazimutale
Montatura alt-alt
Montature sperimentali
Montatura per telescopi solari: rinvio
Il tubo ottico
Motorizzazione
Trasmissione del moto
⊗ Evoluzione delle montature.
Sin dall’applicazione galileiana all’indagine astronomica delle proprietà delle lenti rifrangenti, il primo supporto strumentale per l’osservazione (e l’inseguimento) di un corpo celeste fu a lungo altazimutale. L’osservatore doveva muovere in continuazione lo strumento in azimuth (da Est ad Ovest) ed in declinazione dall’orizzonte al massimo punto di altezza dell’astro (e viceversa), a seconda che l’oggetto fosse transitato o meno al meridiano locale.
Continua..
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𝐼𝑙 𝐷𝑖𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑟𝑖𝑜 𝑑𝑖 𝐴𝑠𝑡𝑟𝑜𝑛𝑜𝑚𝑖𝑎 𝑛𝑎𝑠𝑐𝑒 𝑑𝑎 𝑢𝑛’𝑖𝑑𝑒𝑎 𝑑𝑖 𝐻𝑒𝑖𝑛𝑟𝑖𝑐ℎ 𝐹𝑙𝑒𝑐𝑘. L’opera a cura dell’autore, sarà riportata nelle pagine di Coelum.com per gentile concessione con diritti di utilizzo.
Non si tratta di UN VOLUME completo e solo i termini considerati esaustivi saranno di volta in volta caricati a disposizione dei lettori, inizialmente non sarà seguito alcun ordine alfabetico ma si darà priorità agli argomenti più interessanti per poi passare a voci di minor peso.
In seguito sarà possibile navigare e fare una ricerca.
Si invitano i lettori, qualora fossero interessati, a partecipare all’ambiziosa stesura. La redazione e l’autore stesso, saranno lieti di ricevere i contributi, anche a titolo di integrazione.
L’opera maestosa, il cui obiettivo finale è produrre un dizionario completo dello scibile in astronomia, raggiunto un certo grado di completezza sarà pubblicata e distribuita.
Per partecipare e ricevere le istruzioni su come contribuire scrivere a coelumastro@coelum.com
Tutti stanno parlando della nuova luminosa cometa che in questi giorni sta per transitare al perielio, raggiungendo il suo massimo splendore.
Il suo scopritore è un astronomo dilettante giapponese, che ha potuto cosi darle il suo cognome. La cometa C/2023 P1 Nishimura è attualmente visibile nell’ultima parte della notte, a ridosso dell’alba, molto bassa sull’orizzonte di orientale. Purtroppo la presenza della Luna calante e la limitata altezza in cieli non rendono agevoli le osservazioni, ma la sua luminosità permette comunque di distinguerla bene in un piccolo binocolo.
Nei prossimi giorni potrebbe raggiungere la soglia della visibilità ad occhio nudo ma, abbassandosi ulteriormente, sarà immersa sempre più nelle luci del crepuscolo mattutino ed il binocolo rimarrà indispensabile per distinguerla. Nel corso della prossima settimana e fino al giorno 15, quando raggiungerà il perielio, si avvicinerà ulteriormente al Sole aumentando di luminosità, rendendosi nel contempo meglio visibile un pó dopo il tramonto dal 12 settembre. Trovarla però nell’intenso chiarore del cielo sarà un’impresa e solo una cometa luminosissima potrebbe risultare ancora osservabile. L’ imprevedibilità delle comete è comunque proverbiale e dunque staremo a vedere. Il consiglio è comunque di provarci il prima possibile, prima che le condizioni prospettiche diventino estreme.
Cometa Nishimura di Claudio Pra
Termino con un mio report datato 9 settembre, quando da Passo Giau l’ho osservata con un binocolo 20×90 scattando anche un paio di foto tramite reflex e astroinseguitore:
la cometa è penalizzata dalla scarsa altezza sull’orizzonte (5-6 gradi) e dalla presenza della Luna poco al di sotto dell’ultimo quarto. Ciò nonostante è facilmente visibile anche nel piccolo binocolo 8×40. Al 20×90 la sua testa è molto piccola, brillante e stellare (D.C.=9), appena più luminosa in centro. La coda sottile è abbastanza ben rilevabile per circa un grado. La sua magnitudine si aggira attorno alla quinta. grandezza.
La zona molecolare centrale; il cuore della Via Lattea. Credito: Henshaw/MPIA
C’è un oggetto insolito vicino al cuore della Via Lattea che gli astronomi chiamano “Il Mattone“. È un’enorme nube di gas Infrared Dark Cloud (IDC). Il Mattone è denso e turbolento come altri del suo tipo, ma stranamente mostra pochi segni di formazione stellare.
Perché?
La Zona Molecolare Centrale (CMZ) della Via Lattea può essere una regione difficile da studiare. Lì risiedono nubi molecolari oscure, che danno vita a nuove stelle. La CMZ è un enorme complesso di nubi molecolari contenente circa 60 milioni di masse solari di gas. The Brick, il mattone appunto, è una di quelle nuvole. Gli astronomi desiderano comprendere meglio questa regione e il JWST ha la capacità di scrutare la densa regione, rivelandone alcuni dettagli.
Il Mattone è una delle nubi molecolari più massicce e dense della Galassia priva di segni di diffusa formazione stellare. Ma nonostante il suo nome solido, non è un’unica struttura coerente. Si tratta invece di un sistema di strutture annidate ad elevata complessità. Credito immagine: JD Henshaw et al., 2019.
Un team di ricercatori ha utilizzato il JWST per studiare il Mattone, la cui sigla è G0.253+0.015 affidandosi alla distribuzione di monossido di carbonio. L’idrogeno è certamente più abbondante, ma il monossido di carbonio è molto luminoso e visibile a determinate lunghezze d’onda. In genere viene sfruttato per tracciare il movimento e la densità delle nubi interstellari.
L’autore principale di questo nuovo studio è Adam Ginsburg, professore assistente di astronomia presso l’Università della Florida. Ci sono diverse spiegazioni proposte per la mancanza di apparente formazione stellare nel Mattone. Potrebbe essere giovane, potrebbe essere troppo turbolento, potrebbe essere vincolato da campi magnetici, o potrebbero effettivamente essere molte nuvole lungo la stessa linea di vista. “Ognuna di queste spiegazioni probabilmente gioca un ruolo nello stato e nell’evoluzione del cloud”, spiegano gli autori.
Sebbene il suo tasso di formazione stellare possa essere inferiore a quello di altre nubi simili, lì si trovano ancora oltre 56.000 stelle.
Gli astronomi si sono impegnati molto per comprendere la presenza, la distribuzione e il comportamento del gas nella Via Lattea, inclusa la CMZ. Ma sin ora sono rimaste escluse dallo studio le gas gelate di CO2 che necessitano di potenti strumenti ad infrarossi per essere individuate. Ed ecco che entra in gioco NIRCam di JWST e i suoi filtri potenti e versatili.
In questa immagine del Mattone, i ricercatori hanno utilizzato i filtri del JWST per rimuovere tutte le stelle. L’immagine mostra la nuvola scura al centro, con il blu che rappresenta il monossido di carbonio. Il potente sistema di filtri del JWST rende possibili immagini come questa. Crediti Ginsburg et al. 2023.
Con l’aiuto della NirCAM gli scienziati hanno scoperto che il mattone contiene più ghiaccio di CO2 all’interno di quanto si pensasse.
Un fenomeno che non aiuta a far chiarezza, saremmo infatti tentati di credere che le temperature più basse si misurassero alla periferia delle nubi, mentre al centro le temperature più alte dovrebbero sciogliere la CO2 e trasformarla in gas. Le riprese mostrano esattamente il contrario!
Inoltre alle stelle piace formarsi quando il gas è freddo, quindi trovare così tanta CO dovrebbe indicare un alto tasso di formazione stellare. Ma il gas all’interno del mattone è più caldo di quello delle altre nubi nonostante la presenza di tutto quel ghiaccio.
Il Brick è una struttura complessa. Questa immagine tratta da uno studio separato mostra un guscio di gas in espansione, o bolla, all’interno del mattone. Gli scienziati presumono che sia il vento proveniente da una stella massiccia a guidare l’espansione. Credito immagine: Henshaw/MPIA
Insomma sono ancora molti i nubi che avvolgono il centro galattico ma passo dopo passo si riescono a determinare alcune caratteristiche ad esempio modificando la nostra comprensione sia dell’abbondanza standard di CO nel GC sia del rapporto gas/polvere nella stessa regione. Secondo questi risultati, entrambi i valori stimati in precedenza sarebbero troppo bassi.
Se venisse confermato che nel Mattone e nel centro galattico ci fosse più CO2 di quanto ipotizzato le implicazioni sarebbero diverse per i modelli di formazione stellare influenzando al ribasso il tasso di formazione stellare..
Esistono modelli standard per la distribuzione della CO2 nelle nuvole, ma come per altri ambiti in astronomia e astrofisica, il JWST sta fornendo agli astronomi informazioni più dettagliate di quelle che avevano prima e ribaltano alcune idee consolidate. Il team dietro questa ricerca sottolinea che se la regione centrale della Via Lattea contiene così tanta CO2, allora probabilmente lo fanno anche le altre galassie.
Come molte delle notizie che ci raggiungono dal JWST di tratta di studi preliminari, addirittura embrionali, che non traggono alcuna conclusione sebbene confermino già qualche informazione in più sulla distribuzione dei gas nel Mattone.
Un futuro articolo la ricerca attingerà anche ai dati raccolti con MIRI (Mid-Infrared Instrument) e le osservazioni MIRI e NIRCam della Nuvola C, un’altra struttura nella Zona Molecolare Centrale.
Se anche voi vi sentite più alienati di Spud di Trainspotting e vi fate più pippe mentali di tutti i protagonisti di Settimo Cielo messi assieme, allora siete dei nostri. Siamo nel 1996 e, ad oggi, c’è gente che ancora non si è ripresa dal trauma per lo scioglimento dei Take That. Parliamone.
Cominciando così, c’era già il sentore che quest’anno fosse un anno non proprio al top. Per la serie anno bisesto anno funesto, il 1996 arrivò spaccone come Indipendence Day e inquietante come Scream, portando l’incendio che distrusse il Teatro La Fenice di Venezia.
E mentre il Volo ValuJet 592 si schiantava nelle Everglades in Florida, sempre per un incendio nella stiva, facendo perdere la vita a tutti i 110 occupanti, alcuni tornado e tempeste sterminavano circa 600 persone in Bangladesh. E siamo solo a Maggio.
A Giugno, il razzo Ariane 5 esplose 40 secondi dopo aver lasciato la Guyana francese. Viene da pensare: “ok, chiudiamo tutto e passiamo direttamente al ‘97”. E invece no, perché i reduci dagli anni ’90 sono quelli che ce l’anno fatta, nonostante tutto. E furono i primi a vedere il singolo Wannabe delle Spice Girls (adoro), Braveheart, che quell’anno vinse cinque premi Oscar ed i Pink Floyd entrare a far parte della Rock and Roll Hall of Fame. Il 1996 fu l’anno di Tomb Rider, Resident Evil e Quake e vide anche l’inaugurazione del Telescopio Keck II delle Hawaii, un gigantesco occhio da 10 metri di diametro col quale poter scrutare i follicoli dei peli dell’Universo.
Vi è caduta a terra la mandibola? Sapete cosa ha ceduto? E’ il muscolo sfenomandibolare, un piccolo muscolo che lega il cranio alla mandibola. Prima non lo sapevate perché l’hanno scoperto proprio nel 1996.
Il 1996 fu quell’anno che, per quanto tu possa raccontare, tutti si ricordano per una cosa sola: la pecora Dolly. La prima clonazione di un mammifero. Vivo. E mantenendo la stessa espressione intelligente della sua progenitrice. Ian Wilmut, del Roslin Institute di Edimburgo, era riuscito nell’impresa partita l’anno precedente che aveva visto clonare due agnelli da un embrione di 9 giorni. Ma stavolta, usando il DNA ricavato da una cellula del tessuto mammario di una pecora adulta, venne mostrato come il differenziamento cellulare non produce modifiche irreversibili nel genoma. Inutile dire che la pecora apparve su tutti i giornali e nelle televisioni di tutto il mondo, sollevando polveroni che neanche nel film Twister, che usciva in quell’anno.
Nello stesso anno venne anche lanciato il satellite ‘Beppo SAX‘, il nome è ispirato a Giuseppe Occhialini, uno dei fondatori dell’astronomia a raggi X, ideato e realizzato da astronomi e astrofisici dell’Istituto di Astrofisica Spaziale (IAS) di Frascati del CNR, in collaborazione con ricercatori della Space Research Organization of the Netherlands (SRON) e della sezione olandese dell’ESA. Si trattava del primo laboratorio spaziale in grado di registrare radiazioni X con uno spettro energetico molto ampio: stiamo parlando di energie comprese fra 0,1 e 200 keV. Un capolavoro della tecnologia che ci ha permesso di saperne di più sui misteriosi lampi di raggi gamma (o gamma ray bursts GRB), ancora non del tutto stati spiegati.
SAX [ASI]Nel 1996 ci fu anche il passaggio della cometa Yakutake, con un fardello pesante come il Nintendo 64 aveva nei confronti del Nintendo classico: ansia da prestazione. La cometa fece visita il 31 gennaio e sfrecciò nel cielo a 16 milioni di km dalla Terra, facendosi osservare per molte notti. E come se non bastasse, fu risolto l’annoso dilemma ghiaccio sì, ghiaccio no sulla superficie del nostro satellite. Le analisi effettuate grazie alle immagini riprese dalla sonda spaziale statunitense Clementine, decretarono infatti la presenza di ghiaccio sul fondo di un cratere lunare.
A proposito di cicli, nel 1996 venne accertato lo sfasamento delle stagioni, con un anticipo di circa 7 giorni nell’inizio della primavera meteorologica e causato molto probabilmente dal generale riscaldamento che l’atmosfera terrestre inizia a mostranre e che, a dirla tutta, sta ancora perdurando. Nello stesso anno, venne prodotto l’idrogeno metallico sottoponendo un campione di idrogeno liquido a una pressione di oltre un milione di atmosfere, tramite un getto di gas che scaldava il fluido fino a circa 3000 K. Se non volete spegnervi come il veicolo spaziale International Ultraviolet Explorer che dopo 19 anni di onorata carriera e 100.000 spettri raccolti da circa 9300 oggetti venne messo a riposo dopo, mantenete il cervello attivo, rimanete frizzanti come gli Skittles, che sono già passati sedici anni dal 1996! E il topo? Beh, il topo balla, e se è degli anni ’90 non gliene frega nulla, nemmeno del gatto!
Dopo lo stop forzato dello scorso anno che ha obbligato ad annullare l’evento destinato ai festeggiamenti per i 25 anni di pubblicazioni, finalmente arriva la nuova data in un’occasione davvero speciale!
Indice dei contenuti
Appuntamento
DOMENICA 15 OTTOBRE 2023
ore 10:00
Sala Anziani – Palazzo Moroni
PADOVA
Nel mese di settembre 2022 Coelum Astronomia, nato nel 1997 ha tagliato un traguardo importante arrivando ai 25 anni di pubblicazioni. Un risultato di valore che avremmo voluto festeggiare subito ma il maltempo abbattutosi sulle Marche proprio in quei giorni e i significativi danni da esso arrecati, hanno costretto la direzione a rinviare l’evento a data da destinarsi.
A distanza di un anno finalmente si presenta una nuova occasione cogliendo l’invito dell’organizzazione del prestigioso festival CICAF FEST e contribuendo al ricchissimo programma.
I festeggiamenti per i 25 anni di Coelum Astronomia si terranno quindi il 15 ottobre a Padova.
L’evento sarà aperto dal dibattito “Quali domande ha senso porsi?”. Un confronto senza veli fra varie discipline culturali per tastare il futuro della strada della ricerca astronomica.
Interverranno esponenti noti ai lettori di Coelum
Seguiranno i festeggiamenti ufficiali per i 25 anni di COELUM ASTRONOMIA con le parole delle Istituzioni Nazionali e alle figure che hanno contribuito al successo di Coelum in tutta Italia.
ed infine
la consegna dei premi del Concorso Lucky Coelum!
L’evento sarà soprattutto un modo per ritrovarsi, dopo anni difficili, o per conoscersi finalmente di persona.
TI ASPETTIAMO!
NB: L’evento sarà aperto al pubblico nei limiti dei posti che lo spazio consentirà. Nelle prossime settimane saranno comunicati i dettagli fra cui gli orari, lo spazio assegnato, eventuali prenotazioni disponibili e i nomi dei protagonisti.
E in più!
In omaggio per tutti coloro che parteciperanno: la SPILLA di Coelum Astronomia
Mappa del cielo il 15 Settembre ore 12:00 CEST location Roma. Credit: in-the-sky.org
COSTELLAZIONI DI SETTEMBRE 2023
Dei residui di cielo estivo potremo ancora scorgere verso Ovest le costellazioni di Aquila, Cigno e Lira che con le loro stelle principali hanno dato vita all’asterismo del Triangolo Estivo. In questa regione di cielo incontriamo tre costellazioni minori: la Volpetta,la Freccia e il Delfino. Tutte le descrizioni sono in Le Costellazioni del mese di Settembre
a cura di @teresamolinaro
I principali eventi di Settembre 2023
Data
Orario
Oggetto/i
Evento
01/09/2023
08:19:14
Luna-Nettuno
Congiunzione
03/09/2023
08:43:57
Luna
Nodo Ascendete
04/09/2023
12:50:36
Giove
Stazionario Moto Retrogrado
04/09/2023
20:46:39
Luna-Giove
Congiunzione
05/09/2023
09:44:59
Luna-Urano
Congiunzione
05/09/2023
21:01:41
Luna-Pleiadi
Congiunzione
06/09/2023
12:02:40
Mercurio
Congiunzione Inferiore
06/09/2023
23:21:01
Luna
Ultimo Quarto
10/09/2023
05:11:51
Luna-Polluce
Congiunzione
11/09/2023
06:54:12
Luna-Presepe
Congiunzione
12/09/2023
16:42:27
Luna
Apogeo
13/09/2023
03:39:37
Luna-Regolo
Congiunzione
13/09/2023
18:38:43
Luna-Mercurio
Congiunzione
15/09/2023
02:39:46
Luna
Nuova
16/09/2023
20:18:51
Luna-Marte
Congiunzione
17/09/2023
16:50:32
Luna-Spica
Congiunzione
17/09/2023
20:17:38
Luna
Nodo Discendete
19/09/2023
10:54:02
Nettuno
Opposizione
21/09/2023
09:27:32
Luna-Antares
Congiunzione
22/09/2023
20:31:47
Luna
Primo Quarto
23/09/2023
07:49:55
Equinozio
Autunno
23/09/2023
19:03:28
Mercurio
Perielio
27/09/2023
02:29:18
Luna-Saturno
Congiunzione
28/09/2023
02:05:05
Luna
Perigeo
28/09/2023
17:57:54
Luna-Nettuno
Congiunzione
29/09/2023
10:57:29
Luna
Piena
29/09/2023
11:13:57
Eclisse
Lunare
30/09/2023
17:49:03
Luna
Nodo Ascendente
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LUNA
Meno spettacolare il primo dei mesi autunnali per la Luna ma che sarà darci comunque delle soddisfazioni. Primo appuntamento interessante il 4 settembre nella tarda notte quando Luna e Giove, si avvicineranno quasi allineati in orizzontale. Fase delle Luna 80%, altezza sull’orizzonte alle 23 circa 12° e distanza fra gli astri poco più di 3°. Nel corso della notte però essi tenderanno ad allontanarsi sempre di più, meglio cercare di riprenderli appena sorti.
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale nel mese di settembre i migliori saranno visibili nei giorni centrali dal 13 al 16, auspicando come sempre in cieli sereni.
(88) Thisbe è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.32 e le 3.22 unità astronomiche (rispettivamente, 347.067.060 Km al perielio e 481.705.144 Km all’afelio). Deve il suo nome a Thisbe, personaggio della mitologia babilonese. Scoperto da Christian Heinrich Friedrich Peters il 15 Giugno 1866, questo imponente asteroide che con i suoi 229 Kilometri di diametro è annoverato tra i più grandi asteoridi della fascia, quest’anno sarà in opposizione il 20 Settembre brillando di magnitudine 10.3. Il suo moto sarà di 0,57 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (88) Thisbe trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.
Il tragitto di (88) Thisbe dal 01 al 30 settembre 2023. Crediti: https://in-the-sky.org/
(97) Klotho è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 1.98 e le 3.36 unità astronomiche (rispettivamente, 296.203.784 Km al perielio e 502.648.846 Km all’afelio). Deve il suo nome a Cloto, una delle tre dee del destino nella mitologia greca. Scoperto da Ernst Tempel il 17 Febbraio 1868, (97) Klotho misura 85 Kilometri di diametro e quest’anno sarà in opposizione il 19 Settembre raggiungendo la magnitudine di 10.5. Il suo moto sarà di 0,68 secondi d’arco al minuto, quindi, utilizzando tempi di esposizione fino a 4/5 minuti manterremo l’oggetto di aspetto puntiforme. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (97) Klotho trasformarsi in una bella striscia luminosa di 27 secondi d’arco.
Il tragitto di (97) Klotho dal 01 al 30 settembre 2023. Crediti: https://in-the-sky.org/
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Congiunzione Luna-Saturno 30 agosto ore 22:00 di Roma
Indice dei contenuti
I Nomi della Luna per gli indiani d’America
Gennaio: Wolf Moon, Luna del lupo. Febbraio: Snow Moon, Luna della neve. Marzo: Worm Moon, Luna tiepida. Aprile: Pink Moon, Luna rosa. Maggio: Flower, Luna dei fiori. Giugno: Strawberry Moon, Luna delle fragole. Luglio: Buck Moon, Luna del cervo. Agosto: Sturgeon Moon, Luna dello storione. Settembre: Harvest Moon, Luna del raccolto. Ottobre: Hunter’s Moon, Luna dei cacciatori. Novembre: Beaver Moon, Luna del castoro. Dicembre: Cold Moon, Luna fredda.
Ma c’è ancora un 13esimo plenilunio, che si verifica all’incirca ogni 2 anni e mezzo, poiché la Luna termina il suo ciclo più o meno 11 giorni prima che la Terra completi la sua orbita intorno al Sole. Questa speciale luna piena è definita ‘Blue Moon‘, Luna Blu.
La Luna Blu, la Congiunzione Luna – Saturno e la Luna di Settembre
La Luna Blu
Al contrario di ciò che si potrebbe pensare la Luna Blu non ha nulla a che vedere con il suo colore, sono rarissimi i casi in cui le condizioni atmosferiche favoriscono un colore freddo all’altro al sorgere.
Quindi seconda Luna Piena il 31 agosto prevista per le 03:35 per questo sarà più facile ammirarla già dal giorno precedente (30 agosto).
Congiunzione Luna-Saturno
Solo 3° e 21′ primi di distanza fra Luna e Saturno il 30 agosto. Già dal sorgere di entrambi, intorno alle 21:00 orario di Roma, i due astri saranno molto vicini, ma probabilmente abbastanza lontani per consentire la vista di entrambi.
La Luna sarà al 97% di fase, quindi particolarmente luminosa.
Al culmine, intorno alle 01:35 i due astri saranno a circa 35° gradi sopra l’orizzonte.
Sguardo a SudSudEst nella costellazione dell’Acquario.
Congiunzione Luna-Saturno 30 agosto ore 22:00 di Roma
La Luna di Settembre
Meno spettacolare il primo dei mesi autunnali per la Luna ma che sarà darci comunque delle soddisfazioni. Primo appuntamento interessante il 4 settembre nella tarda notte quando Luna e Giove, si avvicineranno quasi allineati in orizzontale. Fase delle Luna 80%, altezza sull’orizzonte alle 23 circa 12° e distanza fra gli astri poco più di 3°. Nel corso della notte però essi tenderanno ad allontanarsi sempre di più, meglio cercare di riprenderli appena sorti.
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LE SUPERNOVAE ITALIANE NELLE GALASSIE MESSIER
SN2012aw IN M95
Siamo giunti alla fine della rassegna sulle supernovae italiane scoperte nelle galassie del catalogo di Messier.
Analizzeremo pertanto la decima ed ultima, in ordine cronologico, di queste importanti supernovae.
Siamo partiti dalla prima supernova la SN1957B scoperta nel lontano 1957 dal Prof. Giuliano Romano nella galassia M84 e completiamo questo interessante percorso, arrivando al 2012 con la SN2012aw scoperta il 16 marzo dall’astrofilo umbro Paolo Fagotti nella bella galassia a spirale barrata M95, posta nella costellazione del Leone a circa 32 milioni di anni luce di distanza ed accompagnata in cielo da un’altra bella galassia a spirale del catalogo di Messier M96.
1) Immagine di scoperta della SN2012aw in M95 ripresa da Paolo Fagotti con il riflettore da 500mm F.4 dell’Osservatorio di Porziano.
Paolo Fagotti, nato e residente ad Assisi, che oggi ha 68 anni, aveva iniziato la ricerca di supernovae extragalattiche nel 2004 utilizzando un telescopio Newton autocostruito da 50cm F.4 presso l’Osservatorio di Porziano, vicino ad Assisi, gestito dal Gruppo Astrofili Monte Subaro.
Ogni notte che il meteo lo permetteva, venivano riprese e controllate immediatamente diverse galassie. Finalmente nella notte del 16 marzo 2012 arriva il tanto sospirato “colpaccio”. Paolo Fagotti nota subito una stella nuova intorno alla mag.+15 nei bracci della bella galassia a spirale M95. Dopo aver fatto i dovuti accertamenti del caso, l’amico Daniele Capezzali inserisce per conto di Paolo la comunicazione di scoperta al Central Bureau for Astronomical Telegrams, a quei tempi non esisteva ancora il Transient Name Server dove vengono attualmente inserite le varie comunicazioni di scoperta.
9) Paolo Fagotti.
Si trattava per Paolo Fagotti della sua prima scoperta ottenuta niente meno che in una stupenda galassia del catalogo di Messier, una gioia pertanto davvero unica ad irripetibile. Anche altri astrofili comunicarono la scoperta di questa supernova, ma cronologicamente dopo Paolo Fagotti e perciò a loro fu riconosciuta solo la scoperta indipendente come riportato nella CBET n. 3054 emessa il 20 marzo dal responsabile Daniel Green. Gli altri astrofili furono rispettivamente Alessandro Dimai che ottenne la primissima immagine della supernova circa 15 minuti prima di Fagotti, realizzata in osservatorio al Col Drusciè a Cortina D’Ampezzo, non per una solita sessione di ricerca supernovae, ma per una serata divulgativa aperta al pubblico dove fu fatto osservare il pianeta Marte, che si trovava in quei giorni molto vicino alla coppia di galassie M95 e M96.
2) Immagine di scoperta della SN2012aw in M95 ripresa da Alessandro Dimai con il telescopio Schmidt-Cassegrain da 280mm.8) Immagine del pianeta Marte in transito vicino alla coppia di galassie M95 e M96 con la SN2012aw, ripresa dall’astrofilo spagnolo Oscar Martin Mesonero.
Altro astrofilo che vanta la scoperta indipendente, con un’immagine ottenuta circa 4 ore dopo Fagotti e Dimai (poco dopo la mezzanotte fra il 16 e il 17 marzo), fu un altro italiano Luigi Fiorentino in provincia di Bari, utilizzando un piccolo rifrattore da 80mm…
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GLI APPROFONDIMENTI E GLI INEDITI SULLE ULTIME SUPERNOVAE SONO PUBBLICATI SU COELUM ASTRONOMIA.
Di questi tempi fa sicuramente scalpore la scoperta di una cometa da parte di un astronomo dilettante. Eppure, specie in determinate condizioni prospettiche, i vari sistemi automatici di ricerca possono essere beffati da chi il cielo lo osserva per diletto. In questo caso a riuscirci è stato un amatore giapponese, Hideo Nishimura, che l’11 agosto ha scovato un nuovo” astro chiomato” piuttosto luminoso (mag. 10,4) tra le stelle dei Gemelli. Complimenti dunque a Hideo che può dare per la seconda volta (ha già all’attivo una scoperta) il suo nome a una cometa. L’oggetto passerà al perielio, ad una distanza di 0,22 U.A. dal Sole, il 18 settembre brillando, secondo le previsioni, di una ottima seconda magnitudine. Purtroppo in quel momento sarà, per noi osservatori boreali, troppo vicina all’ astro diurno per sperare concretamente di poterla avvistare. Occorrerà giocoforza tentare prima, preferibilmente a inizio mese o comunque entro la prima decade di settembre, perché in seguito l’oggetto sarà decisamente immerso tra le luci dell’alba. A disturbare inoltre ci si metterà la scarsa altezza sull’orizzonte ed anche la Luna (il plenilunio si è verificato il 31 agosto). Non certo condizioni ottimali dunque, ma vale sicuramente la pena tentare. Chi volesse provare a seguirla anche in seguito e fino al perielio, contando magari sul fatto che la luminosità vada oltre le previsioni, dovrà farlo poco dopo il tramonto, così da poter tentare si “estrarla” da un cielo ancora piuttosto chiaro. Nel periodo considerato la Nishimura si muoverà dal Cancro verso il Leone, non troppo distante da Venere.
Personalmente ho già avuto modo di osservarla con un binocolo 20×90 poco prima dell’alba del 21 agosto, portandomi agli oltre 2200 metri di Passo Giau (Dolomiti Bellunesi). Era alta meno di dieci gradi e si trovava nei Gemelli, vicina alla famosa nebulosa planetaria Eskimo (NGC 2392). Brillava di mag. 8,5 e non spiccava di certo in quelle condizioni. Testa molto piccola e uniforme, niente coda. Insomma, ancora molto distante da quel che dovrebbe trasformarsi in settembre. Ma ogni cometa porta con sé un’emozione, che sia appariscente o appena percepibile, e non mi sono certo pentito delle ore di sonno perse per cercarla.
Cartina della P1 Nishimura per la prima quindicina di settembre. Le stelle più deboli sono di magnitudine 8.
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Il cielo di settembre è un diario le cui pagine raccontano ancora delle stelle d’estate, con appunti sugli astri d’autunno che, imminente, si prepara a svelarci nuove storie già scritte nel firmamento.
Verso occidente vedremo ormai tramontare le costellazioni che ci hanno accompagnato nelle serate estive, ovvero il Sagittario, Ofiuco, Scorpione, Ercole.
A Nord-Ovest si accinge al tramonto anche il Boote, con la brillante stella Arturo e nelle vicinanze anche la Corona Boreale si appresta gradualmente a scomparire all’orizzonte.
Da Est vedremo apparire le costellazioni dell’Ariete, Acquario, Pesci mentre a Sud-Est incrociamo Pegaso; a Nord-Est possiamo ammirare Andromeda e Perseo, mentre volgendo lo sguardo a Nord non sarà per nulla difficile notare Cassiopea e poi ancora Perseo, mentre guardando a Nord troveremo Orsa Maggiore ed Orsa Minore.
Dei residui di cielo estivo potremo ancora scorgere verso Ovest le costellazioni di Aquila, Cigno e Lira che con le loro stelle principali hanno dato vita all’asterismo del Triangolo Estivo. In questa regione di cielo incontriamo tre costellazioni minori: la Volpetta,la Freccia e il Delfino.
Si tratta di tre piccole figure celesti, due delle quali (Volpetta e Delfino) passano per il meridiano proprio nel mese di settembre.
COSTELLAZIONE DELLA VOLPETTA
Al centro dell’area celeste del Triangolo Estivo, in una regione fortemente oscurata dalla Fenditura dell’Aquila, è presente la piccola costellazione della Volpetta: essa possiede una sola stella brillante visibile, denominata Anser (Alpha Vulpeculae).
Si tratta di una stella gigante rossa, classificata come doppia (apprezzabile con un binocolo) con magnitudine apparente di 4,4.
Se la costellazione non possiede particolari caratteristiche in compenso viene ricordata per una delle scoperte astronomiche più interessanti: proprio all’interno della Volpetta, nel 1967,Antony Hewish e Jocelyn Bell, da Cambridge, identificarono la prima pulsar conosciuta, oggi noto come oggi noto come PSR 1919+21.
IMMAGINE A LARGO CAMPO VOLPETTA CREDIT: MARCELLA BOTTI
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OGGETTI NON STELLARI NEL DELFINO
Fra i pochi oggetti del profondo cielo nel Delfino ci sono gli ammassi globulare NGC 7006, NGC 6934 e la nebulosa planetaria NGC 6891.
Nel cielo serale di settembre è possibile osservare la stella 18 Delphini (o Musica), una gigante gialla situata appunto nella costellazione del Delfino, la cui peculiarità è quella di avere un pianeta che ruota intorno ad essa.
Si tratta di Arion, un gigante gassoso scoperto nel 2018,che completa un’orbita quasi circolare in circa 993 giorni terrestri, ad una distanza media dalla stella di 2,6 UA.
Il nome è stato scelto dai partecipanti al concorso NameExoWorlds.
Crediti: Marcella Botti
IL DELFINO NELLA MITOLOGIA
Incontrare un delfino in mare aperto era una consuetudine per gli antichi marinai greci, e le leggende ci raccontano diverse versioni in cui queste creature sono protagoniste.
Secondo Eratostene il delfino era il messaggero d’amore del dio del mare, Poseidone, che invaghitosi di una delle ninfe marine Nereidi, decise che doveva averla a tutti i costi, nonostante il suo rifiuto.
Un giorno Poseidone inviò un delfino a prelevare la fanciulla dal suo nascondiglio e a portarla nel suo castello sottomarino, dove ne fece la sua sposa.
Pieno di gratitudine il dio del mare pose la figura del delfino tra le stelle.
Un’altra leggenda ci ricollega al nome dell’ esopianeta Arion che prende il nome dal cantore greco Arione il quale, di ritorno in Grecia dalla Sicilia, dove si era esibito con la sua cetra, fu minacciato da un gruppo di marinai che volevo sottrargli il suo denaro; preso dalla paura di morire chiese come ultimo desiderio di poter suonare ancora una volta la sua amata cetra, il cui suono armonioso attirò un delfino che lo prese sul suo groppone e lo trasse in salvo.
Arrivati in Grecia il dio della musica Apollo collocó il delfino tra le costellazioni del cielo.
La ISS – Stazione Spaziale Internazionale nel mese di settembre i migliori saranno visibili nei giorni centrali dal 13 al 16, auspicando come sempre in cieli sereni.
Indice dei contenuti
La ISS Stazione Spaziale Internazionale per il mese di settembre finalmente si renderà più accessibile. Occhio ai transiti dei giorni centrali con passaggi da ovest ad est ed ottima visibilità.
07 Settembre
Si inizierà il giorno 7 Settembre, dalle 05:38 verso NO alle 05:47 verso ESE. Visibilità perfetta da tutta la nazione, con magnitudine di picco a -3.5. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.
09 Settembre
Si replica il 9 Settembre, dalle 05:39 in direzione ONO alle 05:48 in direzione SE. Questo sarà un transito ottimale per le regioni occidentali della nazione. Magnitudine massima di -3.4.
13 Settembre
Il transito successivo, parziale, si avrà il 13 Settembre, con la Stazione Spaziale che transiterà dalle20:41 alle 20:47, da SO ad ESE. Un transito ottimale per il Sud Italia, con magnitudine massima a -3.5 poco prima di svanire nell’ombra della Terra.
15 Settembre
Un nuovo transito della ISS il 15 Settembre, dalle 20:41 verso OSO alle 20:48 verso NE, con magnitudine di picco nuovamente a -3.5. Un passaggio osservabile da tutta la nazione.
16 Settembre
Il giorno dopo, 16 Settembre, nuovo transito ottimale per tutto il paese, il miglior serale del mese. Dalle 19:52 alle 20:02, da SO ad ENE, la ISS avrà una magnitudine massima di -3.8.
29 Settembre
Il penultimo passaggio sarà il 29 Settembre, dalle 20:36 verso NO alle 20:41 verso N. Transito parziale, con la ISS che svanirà nell’ombra del pianeta a circa metà cielo, raggiungendo una magnitudine di picco di -3.6.
30 Settembre
L’ultimo transito notevole si avrà il 30 Settembre, osservabile al meglio dal Nord-Est e regioni Adriatiche, dalle 19:47 alle 19:54, da NO ad E. La ISS avrà una magnitudine massima a -3.2.
Tabella costruita con le informazioni ricavate da https://www.heavens-above.com/
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.
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Perfetta per l’astrofotografia
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*I premi potranno essere sostituiti con strumenti di valore simile secondo disponibilità e valore di mercato al momento dell’estrazione
Verranno considerati ammissibili solo gli abbonamenti che alla data ed ora di scadenza risulteranno correttamente saldati, in particolare per chi paga con bonifico bancario è importante anticipare la distinta di predisposizione inviandola a assistenza.vendite@coelum.com.
L’abbonamento annuale prevede l’iscrizione a n°6 copie della rivista. Chi con l’invio del numero 263 di agosto/settembre avesse completato la raccolta (ricevendo i sei numeri) deve considerare il proprio abbonamento scaduto. Una mail sarà inviata a tutti gli abbonati il cui abbonamento scadrà proprio con il numero 263 di agosto/settembre 2023.
Congresso Internazionale di fisica solare, Solarnet-S3 che si terrà a Mestre (Venezia) dall’11 al 15 settembre prossimi
Indice dei contenuti
Solarnet-S3
Sun in Science and Society
11–15 Settembre 2023
M9 – MUSEO DEL ‘900
Mestre, Venezia
M9-Museo del ‘900 di Mestre, Venezia, ospita dall’11 al 15 settembre p.v., l’appuntamento internazionale Solarnet-S3. Obiettivo di questo attesissimo congresso: creare e rafforzare i legami tra eliofisici, scienziati, ingegneri, parti interessate ed economisti.
Solarner-S3, Sun in Science and Society è l’occasione, per gli scienziati solari di tutto il Mondo, per presentare ed illustrare lo stato dell’arte della fisica solare, la connessione Sole-Terra e le capacità tecnologiche sulle quali si sta facendo ricerca. Scienziati, ingegneri, stakeholder ed economisti esamineranno le connessioni della fisica solare con l’astrofisica, la scienza e la nostra società.
Cinque giorni di incontri per approfondire tematiche di varia natura, legate al mondo della ricerca solare, che spaziano dall’attività solare ed i suoi driver o dell’impatto della fisica solare su economia e società, dati per la società civile, istruzione e sensibilizzazione o si parlerà del Sole come Stele di Rosetta per l’astrofisica e per la fisica. Di estrema importanza socio-economica internazionale gli approfondimenti più tecnici, dove si tratterà ditelescopi terrestri ad alta risoluzione e tecnologia per la fisica solare. Il 12 settembre M9-Museo del ‘900 ospiterà un evento pubblico con brevi seminari e la proiezione del docufilm Reaching for the Sun di Emilio J. García. Per info: https://solarnet-s3.com/.
Il congresso, patrocinato dalla Regione Veneto e dalla Camera di Commercio di Venezia Rovigo, che vede come gold sponsor INAF ed EIE GroupSrl e come sponsor ADS e l’European Solar Physics Division,è organizzato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dall’Università di Catania nell’ambito del progetto SOLARNET H2020. Questo progetto ha ricevuto finanziamenti dal programma di ricerca e innovazione European Union’s Horizon 2020 nell’ambito della convenzione di sovvenzione n. 824135.
L’India diventa la quarta potenza a sbarcare sulla Luna con dei rover mentre la Russia fallisce il medesimo obiettivo soltanto pochi giorni prima
A poche ore di distanza dal clamoroso fallimento della missione Luna-25 con cui la Russia, a distanza di 47 anni puntava a tornare sul nostro satellite, scorre su tutti i media internazionali la notizia dell’allunaggio ad opera della sorprendente India.
L’India, che a passi da gigante sta recuperando il gap tecnologico con le superpotenze, mette a segno un duro colpo all’immagine sovietica con un sorpasso prestigioso messo a segno proprio nell’agosto 2023.
Ma andiamo per gradi e riepiloghiamo cosa è accaduto sia sul fronte russo che su quello indiano.
Luna-25, l’apripista di una serie di sonde russe destinate ad una nuova era di studio della Luna, viene lanciata il 10 agosto alla volta del nostro satellite. Meta di atterraggio, o meglio di allunaggio, la regione denominata Boguslawsky Crater. Rapidamente al sonda entra nell’orbita lunare, è il 16 agosto scorso. Durante il suo tragitto la sonda rimanda anche diversi scatti selfie con la Terra nello sfondo. Il team di controllo è euforico, tutto procede al meglio.
La navicella spaziale russa Luna-25 viene vista durante i preparativi pre-lancio. La sonda si è schiantata sulla Luna questo fine settimana.(Credito immagine: Roscosmos)
Di contro la sonda indiana, Chandrayaan-3, era già stata lanciata a bordo di un razzo LVM3 il 14 luglio precedente dallo spazio porto di Sriharikota, sulla costa orientale dell’India, entrando in orbita lunare nei primi giorni del mese di agosto.
Il 18 Agosto la sonda indiana si stacca dal suo modulo di propulsione ed il 20 inizia a frenare. Nei giorni successivi, il 21 e 22 agosto la sonda entra in contatto anche con l’orbiter della sonda Chandrayaan-2, il precedente tentativo dell’India di approdare sul suolo lunare fallito nel 2019. L’orbiter per oltre 4 anni ha atteso l’arriva della seconda missione.
Contemporaneamente in Russia i colleghi sovietici sono alle prese con il controllo della sonda ma il 19 agosto alle 14:57 ora russa, il lander ha smesso di inviare segnali a Terra. I successivi tentativi di ripristinare i contatti non hanno riportato esiti positivi. Gli scienziati russi hanno comunicato la notizia attraverso Telegram annunciando che “una manovra sbagliata avrebbe indirizzato in maniera errata la sonda verso la superficie lunare causandone lo schianto”. E’ il 21 agosto quando la voce viene ufficializzata e rimbalza su tutti i canali mediatici.
Immagini della Terra (a sinistra) e della Luna (a destra) scattate dalla navicella spaziale russa Luna-25 durante il suo volo sulla Luna il 13 agosto 2023, da una distanza di circa 310.000 km dalla Terra.(Credito immagine: DUE RAS)
Gli scienziati indiani però non si sono fatti scoraggiare o influenzare e ieri, 23 agosto, appena il Sole ha illuminato il sito di atterraggio sono iniziate le manovre di atterraggio. Lo storico sbarco è stato seguito in diretta nazionale dal popolo indiano e trasmesso dall’emittente nazionale Doordarshan. Uno storico successo dovuto al totale rifacimento del sistema di atterraggio montato sul lander Vikram.
Ora che il lander è pacificamente adagiato sul suolo lunare il piccolo rover Pragyan dovrebbe iniziare a scarrozzare fra rocce e polveri alla raccolta di campioni.
E’ importante notare come i due lander, quello russo e quello indiano, fossero destinati entrambi a raggiungere due zone molto vicine del suolo lunare poste ai bordi del polo sud che rimane il target più ambito in questa nuova ora di esplorazione lunare.
Un’immagine dal vivo dalla luna scattata da Chandrayaan-3 e un grafico della sua posizione durante l’atterraggio.(Credito immagine: ISRO)
La sonda Luna-25 era destinata ad aprire una nuova era l’esplorazione lunare russa, seguendo le orme della oramai storica Luna-24 atterrata nel 1976 nel Mare Crisium ed in grado di riportare sulla Terra dei campioni di suolo lunare. Da allora l’attenzione del colosso sovietico per la Luna è rimasta sopita fino a questo nuovo slancio. Nulla di sprecato ovviamente, come per i colleghi indiani, lo studio dei dati raccolti sulle fasi di controllo della sonda e sugli errori, consentiranno di migliorare le progettazione dei modelli successivi già previsti. Tuttavia è da immaginare che tutto il programma subirà dei ritardi, così come accaduto per le sonde Chandrayaan che ha visto slittare di ben 4 anni il secondo tentativo.
Insomma nella nuova corsa alla prezioso miniera, come oggi viene considerata la Luna, per oggi segna un vincitore: l’India, ma la gara è lunga e le sorprese non mancheranno.
Se anche voi come in Jumanji, state ancora cercando di uscire dagli anni ’90 ma non riuscite perché un lancio di dadi sbagliato vi riporta sempre al punto di partenza, allora questa rubrica fa per voi.
Ma poi, perché uscire dagli anni ’90? Guardate che poi negli anni 2000 vengono gli effetti di tangentopoli, i millennials e i risvoltini! Siete sicuri? No? Ok, allora muoviamoci all’interno di questi meravigliosi e sfolgoranti anni come otarie in uno schiuma party! Oggi si parla del 1995, l’anno in cui nasceva per la prima volta il linguaggio C e la playstation faceva il suo debutto in società, sfondando di prepotenza le vetrine di ogni negozio ed entrando a far parte, a sua insaputa, dell’olimpo delle console. Il 1995 fu anche l’anno in cui vene fondata ebay.
Tautologicamente parlando, oggi voi acquistate gadget anni ’90 sulla stessa piattaforma. Se ci pensate, non vi esplode il cervello? Vi sentite vecchi come Zio Tibia? No? Avete mai guardato come sono ridotti Xena e Hercules oggi? Su su, non disperate. In fondo sono solo…27 anni fa.
Il 1995 arriva così, di punto in bianco, più provvidenziale degli accordi di Shengen, più appiccicoso delle manine di gomma delle patatine e più tossico del crystalball. Nel 1995 arriva l’individuazione della causa del morbo della mucca pazza. Vi ricordate? Quel periodo in cui non si mangiava più carne di bovini, tutti parlavano di prioni anche senza capirne una cippa e la psicosi era salita a livelli tali che il mondo si divideva fra chi se ne fregava e chi tacciava di follia i carnivori. Mi sembra ricordare qualcosa…ah, sì. I giorni d’oggi E il Covid 19. Questo morbo in realtà fu diagnosticato per la prima volta nel 1986 in Gran Bretagna, ed era particolarmente sibillino perché, appunto, mangiando carni di animali colpiti da BSE, specialmente parti in contatto con il midollo spinale, gli esseri umani potevano contrarre la malattia di Creuzfeldt-Jacob. Quindi niente più pearà veronese e ossibuchi per due anni! Come se non bastasse in Africa centrale si scatenò il virus Ebola, che prendeva il suo nome dall’affluente del fiume Congo dove si manifestò per la prima volta. Più letale dell’AIDS nel 1976, provocò un morbo caratterizzato da violente emorragie che rapidamente portavano a morte. Il 1995 fu anche l’anno delle pecore clonate. Erano due agnelli, chiamati Megan e Morag, ottenuti a partire da due embrioni il cui nucleo era stato ottenuto da cellule di altri embrioni di nove giorni e che furono poi trapiantati nell’utero di altre due pecore per portare a termine la gestazione.
E anche l’astronomia in quell’anno fissò dei paletti niente male. Venne infatti scoperto 51 Pegasi B, il primo pianeta extrasolare in assoluto, orbitante attorno ad una stella, 51 Pegasi appunto, che con una massa pari a circa la metà di quella di Giove.
Rappresentazione artistica dell’esopianeta 51 Pegasi b | ESO Italia
Venne scoperto usando le deboli oscillazioni stellare procurate dalla forza gravitazionale esercitata dal pianeta e misurando l’effetto Doppler che si ha quando la stella oscilla avanti e indietro, in direzione della Terra. Curioso che nello stesso anno uscisse waterworld, se pensate che negli anni successivi vennero scoperti pianeti interamente fatti di acqua. Ma meno tamarri. In quest’anno i due telescopi Keck delle Hawaii permisero anche di scoprire la galassia più distante allora e tuttora conosciuta, posta a circa 13.4 miliardi di anni luce di distanza da noi.
I due telescopi KECK https://keckobservatory.org/
Mentre i cinema rilasciavano una delle pietre miliari del cinema americano di fantascienza, Apollo 13, la sonda Galileo bucava l’atmosfera di Giove e la Pioneer 11 chiudeva i battenti a causa di un guasto al sistema di alimentazione. Ancora, ci fu il lancio del Rossi X-ray Timing Explorer (RXTE), un satellite della nasa usato per osservare la variazione nel tempo delle sorgenti astronomiche di raggi X come buchi neri, stelle di neutroni, pulsar a raggi X e lampi X. Nello stesso anno, per non farsi mancare nulla, il matematico inglese Andrew Wiles sblocca l’ultimo ostacolo verso la soluzione definitiva del problema posto da Pierre de Fermat nel XVII secolo che dice che l’equazione xn+yn=zn non ha soluzioni intere positive per n>2.
Alla Terra questa cosa non importava più di tanto, infatti il buco dell’ozono continuava ad espandersi ed il suo nucleo interno solido continuava a ruotare nel nucleo esterno fluido in modo debolmente più rapido del resto del pianeta. Ma questo gli scienziati lo scoprirono proprio in quell’anno, mentre i climatologi erano tutti concordi nell’attribuire il riscaldamento del clima all’inquinamento chimico dell’atmosfera determinato da alcune attività umane. L’effetto dell’inquinamento è quello di alterare le proprietà dell’atmosfera e di trattenere parte del calore reirradiato dalla superficie terrestre.
E sapete cosa? Ancora oggi siamo qui a raccontarcela che il pianeta si sta riscaldando ma nessuno muove un dito.
Ciao bamboli, ci vediamo la settimana prossima per un tuffo nel 1996!
Bentornati su Marte! Questo 20esimo appuntamento della rubrica è particolarmente ricco di immagini e video prodotti su Marte da tutti e tre gli apparati robotici messi in campo dalla NASA: Curiosity, Perseverance e Ingenuity.
Iniziamo con quest’ultimo, si parte!
Tre nuovi voli per Ingenuity e un’emergenza in volo Durante la lunga sosta iniziata il 27 aprile, data del suo 52esimo volo, l’elicottero aveva sperimentato un blackout radio totale che si era risolto solo il 28 giugno quando Perseverance ha superato alcune collinette che bloccavano le comunicazioni radio tra i due apparati.
Il via libera per un nuovo volo è arrivato finalmente il 22 luglio con uno spostamento programmato verso nord di 203 metri da percorrere in circa 135 secondi. Il piano di volo era moderatamente complesso e prevedeva per Ingenuity una variazione di quota da 5 a 2.5 metri per dei rilievi fotografici mirati, e un’ascesa finale a 10 metri per permettere alla camera di navigazione di eseguire la consueta procedura di selezione dell’area di atterraggio. Ma le cose non sono andate come previsto.
Dopo soli 74 secondi di volo e 142 metri percorsi Ingenuity ha sperimentato un’anomalia che ha fatto avviare, per la prima volta da quando l’elicottero sta lavorando su Marte, il sotto-programma LAND_NOW che ha iniziato una sequenza di atterraggio d’emergenza.
L’elicottero ha toccato il suolo come da attese e senza rischi, dimostrando la robustezza dei software di volo.
Le analisi preliminari condivise dal team che gestisce le attività dell’elicottero portano a pensare che il computer abbia rilevato una discrepanza nellasincronizzazione tra le immagini della camera di navigazione e i dati rilevati dall’unità inerziale, cioè quell’insieme di sensori che permette di calcolare la posizione e orientazione del velivolo nello spazio circostante.
Un’anomalia simile era già avvenuta nel corso del volo numero 6 del 22 maggio 2021, quando un analogo disallineamento dei fotogrammi aveva portato Ingenuity ad oscillare pericolosamente avanti e indietro a 10 metri dal suolo. Da allora i programmatori hanno aggiunto una correzione al software di volo per gestire problemi simili, ma stavolta il numero di frame “fuori controllo” ha superato la quantità gestibile dalla patch.
Ingenuity fotografato nel Sol 871 da Perseverance il giorno prima del volo 54 da soli 50 metri di distanza. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
In seguito all’anomalia, per ragioni non chiarite del tutto, Ingenuity ha perso i frame acquisiti durante lo spostamento. Si è così reso necessario un nuovo breve volo finalizzato all’acquisizione di immagini attorno alla zona di atterraggio per determinare con sicurezza la posizione.
La nuova attività, la 54esima, ha avuto luogo il 3 agosto o Sol 872. A soli 50 metri di distanza si trovava Perseverance, così i tecnici non si sono fatti sfuggire l’occasione sia di fotografare l’elicottero che di filmarlo durante il breve volo in hovering sul posto.
Vi presento così il risultato della combinazione di quattro flussi video: due delle camere di Ingenuity e due dalle camere MastCam-Z di Perseverance. Ho incluso anche qualche sequenza prima del volo dove le pale dei rotori vengono fatte oscillare per modificare l’angolo di attacco.
Sicuramente degno di menzione anche un particolare dell’unica immagine a colori acquisita da Ingenuity, che nella parte superiore ha inquadrato il rover. Si notano anche le tracce lasciate sulla sabbia marziana dalle ruote.
Perseverance visto da Ingenuity durante il volo 54, Sol 872. NASA/JPL-Caltech/Piras
Una volta appurato che l’elicottero era perfettamente operativo, è stato possibile riprendere i piani di esplorazione con il volo 55 che ha avuto luogo il 12 agosto. Nel corso di esso Ingenuity ha volato verso ovest per 264 metri in 143 secondi eseguendo una serie di fotografie delle aree sorvolate. Non ci sono molti fotogrammi a disposizione ma con i 32 sinora rilasciati ho potuto comporre un altro video che, a velocità tripla di quella reale, mostra il terreno esplorato dall’elicottero.
Con questo più recente spostamento Ingenuity raggiunge i 12503 metri volati, con una vita operativa di quasi 98 minuti. Questo piccolo elicottero raggiungerà mai i suoi limiti? Speriamo di no!
Perseverance: dure rocce, una punta rotta ma un prelievo nel sacco Nella precedente News abbiamo lasciato Perseverance impegnato con lo studio della roccia esposta dall’abrasione eseguita a Ypsilon Lake. Le analisi sono proseguite per 4 Sol, sino a quando il rover è stato fatto spostare di circa 80 metri verso est in direzione di un altro dei grandi massi che si trovano in questa regione. I geologi ritengono che queste pesanti rocce siano state trasportate da impetuosi flussi d’acqua che scorrevano qui miliardi di anni fa, fornendo così il potenziale per osservare materiali formatisi molto lontani dalle aree esplorabili dal rover.
Nel Sol 856 (18 luglio) Perseverance raggiunge il grosso masso Dragon’s Egg, eccolo nelle immagini seguenti fotografato prima in gran dettaglio con un mosaico della MastCam-Z e poi con un po’ di contesto sul paesaggio circostante grazie alla NavCam.
Visuale di Dragon’s Egg da parte della Left MastCam-Z, Sol 857. NASA/JPL-Caltech/MSSS/PirasSol 856, ripresa di Dragon’s Egg della Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras
Le attività di contatto con la roccia hanno inizio nel Sol 858, quando il rover “assaggia” la pietra con la sua fresa producendo un’abrasione superficiale. Possiamo vedere l’azione nel seguente video che coglie una sequenza di 20 minuti.
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Come mostrato nel video, dopo circa 7 minuti l’operazione viene interrotta forse perché il software ha rilevato un insufficiente avanzamento nella roccia a causa della sua durezza. L’abrasione risultante, oltre a esporre gli strati superficiali della roccia, frattura la zona attorno alla fresatura portando alla luce delle aree con una colorazione molto scura. Queste risulteranno più evidenti dopo la pulizia della roccia tramite il soffiatore ad azoto.
Dragon’s Egg immediatamente dopo l’operazione di fresatura, Left NavCam nel Sol 859. NASA/JPL-Caltech/PirasOsservazione dell’abrasione per mezzo della camera Watson, Sol 859. NASA/JPL-Caltech
Rocce del genere, con stratificazioni e rivestimenti superficiali, si formano per l’azione dell’acqua e di particelle minerali che vengono fissate. Sulla Terra sono coinvolti, talvolta, anche processi biologici attuati da batteri sebbene il loro ruolo non sia completamente chiaro.
Le osservazioni tramite la camera Watson sono ripetute anche di notte illuminando il target tramite i led che circondano l’obiettivo.
Un’altra immagine di Watson ma in luce artificiale, Sol 859. NASA/JPL-Caltech
Il Sol 863 (25 luglio) è il momento di sfoderare la punta vera e propria e tentare un prelievo che sarà eventualmente battezzato Lost Lake.
Anche questa operazione viene documentata dalle HazCam anteriori e possiamo condensare in pochi secondi i 30 minuti di lavoro sulla roccia.
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Il risultato delude però le attese. Dragon’s Egg si conferma un target estremamente duro: la punta non riesce a penetrare nella roccia e uno dei suoi quattro denti addirittura si spezza (ma non temete, il rover è dotato di un ampio set di punte intercambiabili).
Zoom sulla punta danneggiata dal tentativo di prelievo. NASA/JPL-Caltech/MSSS/PirasSu Dragon’s Egg si aggiunge l’abrasione della punta di Perseverance appena pochi cm a sinistra dell’ampia fresatura, Sol 864. NASA/JPL-Caltech/Piras
Il team che controlla il rover accetta di buon grado che Dragon’s Egg non vuole svelare troppo dei propri segreti, quindi dopo un ulteriore giorno di analisi il rover viene fatto spostare verso nord-ovest per indagare altre rocce, stavolta dei basamenti sedimentari già adocchiati da Ingenuity nel corso del volo 52, che si spera si rivelino più amichevoli.
Un po’ di contesto per comprendere gli spostamenti del rover e dell’elicottero ci viene fornito dalla mappa della missione. NASA/JPL-Caltech
Nel corso di cinque giorni, tra i Sol 866 e 871, Perseverance percorre circa 420 metri giungendo nella località Dream Lake (nei pressi della quale era probabilmente destinato ad atterrare l’elicottero nel corso dell’incompleto volo 53). E a proposito di Ingenuity: nel Sol 871, alla vigilia del volo di verifica del posizionamento raccontato nel precedente paragrafo, il rover si trova a circa 50 metri dall’elicottero. La posizione è ottima per fotografarlo e ciò viene fatto nel Sol 871 con la MastCam-Z (producendo la foto che vi ho mostrato nel paragrafo precedente) e qualche tempo dopo, Sol 879, con il piccolo telescopio della SuperCam.
Mosaico di cinque immagini della SuperCam, Sol 879. NASA/JPL-Caltech/Piras
Ma torniamo al nostro rover.
Con l’arrivo a Dream Lake Perseverance inizia a dedicare le proprie attenzioni a un’ampia lastra rocciosa che viene ripulita per mezzo del soffiatore ad azoto gDRT portando alla luce strutture molto interessanti insieme a conglomerati di minerali.
Confronto di porzioni di Dream Lake prima e dopo la pulizia superficiale. NASA/JPL-Caltech
Osservazioni più dettagliate rivelano la presenza di piccole gemme incluse nella roccia il cui colore verde fa presumere si tratti di olivina, un minerale già incontrato in precedenza da Perseverance.
Sol 879, visuale ravvicinata della camera Watson che rivela alcune probabili inclusioni di olivina. NASA/JPL-Caltech
Questa stessa roccia qualche giorno più tardi (Sol 877, 8 agosto) viene raschiata con la fresa esponendo materiali freschi che vengono in seguito analizzati dagli strumenti.
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La Right NavCam osserva l’abrasione appena eseguita, Sol 877. NASA/JPL-Caltech/PirasL’abrasione è stata ripulita con il soffiatore gDRT e viene qui fotografata in grande dettaglio dalla camera Watson, Sol 877. NASA/JPL-Caltech
Gli scienziati si mostrano soddisfatti delle analisi e interessati alla roccia Dream Lake, così nel Sol 882 (13 agosto) il rover viene comandato per tentare un prelievo.
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Sol 882, al centro dell’immagine il foro appena eseguito dal trapano di Perseverance. NASA/JPL-Caltech/Piras
Il prelievo stavolta ha successo, il rover riesce a estrarre il campione di roccia da Dream Lake! Poche ore dopo il carotaggio è già stato consegnato al Sample Handling Arm per le foto di verifica.
La Left MastCam-Z conferma visivamente il successo del prelievo di roccia. NASA/JPL-Caltech/PirasLa CacheCam riprende la sommità del campione, qui contenuto nella fiala e in attesa di essere sigillato. NASA/JPL-Caltech
Nel frattempo la movimentazione del rover non è ostacolata, tant’è che nel Sol 884 Perseverance ha iniziato uno spostamento verso sud dove studierà un nuovo affioramento roccioso. Potrebbe essere una variante di quello appena studiato o presentare un’origine geologica completamente diversa. Inoltre non sono terminate le investigazioni sui grandi massi portati qui dalla forza dell’acqua in quanto gli scienziati sono ancora desiderosi di mettere le mani sopra uno di questi campioni.
Posizioni di Perseverance e Ingenuity aggiornate al 18 agosto. NASA/JPL-Caltech
Al termine di questi piani il rover si dirigerà verso ovest nella zona di confine tra il letto dell’antico fiume e il suo bordo in un luogo chiamato “Mandu Wall”. Questo segnerà la conclusione della corrente Upper Fan Campaign (che possiamo tradurre come ‘Campagna dell’alveo superiore’) e l’inizio di una nuova campagna per investigare le formazioni rocciose ricche di carbonati lungo il bordo interno del Cratere Jezero.
Deviazioni e scalate per Curiosity Nonostante abbia raggiunto a inizio agosto gli 11 anni di lavoro su Marte il veterano dei rover marziani non conosce riposo.
Le passate settimane l’hanno visto impegnato per ben due mesi in una scalata molto ripida, la più difficile mai affrontata, che attraverso dislivelli sino a 23° l’hanno portato a giungere sano e salvo nella località “Jau”, caratterizzata da numerosi crateri da impatto larghi sino a 25 metri.
Ma per farlo i tecnici in controllo del rover hanno dovuto lavorare duramente dopo che sette tentativi di superamento del dislivello erano falliti, bloccando anticipatamente l’esecuzione programmata degli spostamenti a causa dell’eccessivo slittamento delle ruote.
I tentativi di scalata di Curiosity a cavallo tra i Sol 3839 e 3857 (circa tra fine maggio e inizio giugno). NASA/JPL-Caltech
Si è così dovuta cercare di una via alternativa percorribile per il rover che in ogni caso, a fronte di un notevole allungamento della distanza (la deviazione è stata di circa 150 metri), non avrebbe garantito la riuscita della traversata. Questo perché nella pianificazione del percorso le immagini satellitari aiutano solo sino a un certo punto, le particolarità del terreno da attraversare possono essere valutate solo una volta che siano osservabili direttamente da Curiosity.
Non è la prima volta che gli ingegneri si sono trovati davanti sabbia, rocce e salite, ma Marte non aveva mai posto queste tre difficoltà al rover contemporaneamente.
Il lavoro congiunto dei programmatori del percorso con la loro conoscenza del rover, dei geologi per distinguere le aree sicure e quelle pericolose, persino di figure specializzate che valutano la copertura satellitare nel caso di attraversamento di canyon particolarmente ripidi, ha reso un successo i due mesi di lavoro per guidare Curiosity verso una via sicura.
L’arrivo di Curiosity a fianco a un grande cratere nella località “Jau”. NASA/JPL-Caltech/MSSSVisione d’insieme degli ultimi spostamenti di Curiosity. Ben evidente nella parte superiore la larga deviazione oggetto di questa cronaca. NASA/JPL-Caltech
Le strane crepe nel fango viste da Curiosity Meritano di essere riportati qui alcuni dettagli su un paper pubblicato sulla rivista Nature il 9 agosto con prime firme di Rapin, Dromart e Clark. In esso viene analizzato un curioso pattern esagonale che Curiosity ha osservato nel giugno del 2021 in una cosiddetta regione di transizione argilla-solfato che è stata denominata “Pontours”.
Ci troviamo di fronte a delle crepe preservate nell’antico fango che gli scienziati ritengono si siano formate in seguito a lunghi cicli di ambienti umidi e secchi che si sono alternati nel corso del tempo. Questo tipo di spaccature assume dapprima una forma a T i cui angoli, con successive reidratazioni, vengono smussati e addolciti sino a raggiungere la forma a Y attualmente visibile.
Mosaico di immagini della Mastcam di Curiosity, Sol 3154. NASA/JPL-Caltech/MSSSZoom e analisi del pattern. Rapin, W., Dromart, G., Clark, B.C. et al. Sustained wet–dry cycling on early Mars. NatureNel sol 1566 (31 dicembre 2016) Curiosity documenta un esempio di fratturazione del terreno che non ha subìto cicli di umidità. Gli angoli tra le spaccature sono di circa 90°. NASA/JPL-Caltech/MSSS
La possibilità che Marte, come la Terra, in passato abbia attraversato dei cicli stagionali di clima umido e secco, è elettrizzante per gli scienziati. Si ritiene infatti che questa alternanza sia utile, o forse persino indispensabile, alla creazione delle molecole biologiche complesse (si parla di polimerizzazione prebiotica) che definiamo i “mattoni della vita”, i quali avrebbero poi permesso la formazione di vita microbica.
Mentre 11 anni di osservazioni di Curiosity stanno confermando l’esistenza di un ambiente che avrebbe potenzialmente potuto sostenere la vita, questa nuova ricerca potrebbe aver individuato le prove di un ambiente che ne potesse addirittura favorirel’origine in un’epoca tra 3.6 e 3.8 miliardi di anni fa, in un’era geologica nota come transizione Noachiana-Esperiana. Per maggiori dettagli vi rimando all’articolo completo e di libero accesso disponibile a questo link https://www.nature.com/articles/s41586-023-06220-3
Anche per questo aggiornamento da Marte è tutto, alla prossima!
La spettroscopia astronomica ha l’obiettivo di registrare e misurare la distribuzione nel flusso luminoso delle stelle nei vari colori.
I colori rappresentano le lunghezze d’onda e quindi l’energia dei fotoni emessi dalla sorgente. I fotoni si possono considerare come dei messaggeri e la spettroscopia rappresenta lo strumento che permette di estrarre dalla luce le informazioni fisiche sulla sorgente, come una sorta di impronta digitale. L’articolo si prefigge di fornire al lettore gli elementi introduttivi e di base necessari per orientarsi dentro l’affascinante mondo della spettroscopia.
Requisiti
E’ inutile negarlo, chi affronta la spettroscopia deve affrontare un percorso ad ostacoli che potrà risultare più semplice per gli astrofili che avranno già maturato esperienze di astrofotografia e (meglio) di fotometria. L’approdo alla spettroscopia di solito arriva al termine di un percorso evolutivo ed apre improvvisamente scenari sconfinati che portano naturalmente a porsi domande sulla tipologia delle stelle che si sta osservando. Tutti questi stimoli hanno una valenza fortemente didattica che faranno crescere la voglia di conoscere ed approfondire i fondamenti dell’astrofisica. Certo non è mia intenzione scoraggiare i neofiti, anzi. Si possono fare esperienze di spettroscopia anche in visuale, montando un reticolo di diffrazione direttamente sull’oculare. Si potranno così distinguere le differenze spettrali tra le varie stelle. Non dimentichiamo che padre Angelo Secchi, fondatore dell’astrofisica, fece così la prima classificazione delle stelle in classi spettrali
Star Analyser
Il modo più semplice ed economico per iniziare a praticare la spettroscopia è quello di dotarsi di un reticolo di diffrazione Star Analyser 100, montato come un filtro sulla camera di ripresa (Fig. 1). La versione SA 200, con una maggiore dispersione, può essere montata più vicina al sensore all’interno della ruota porta-filtri.
Figura 1: Il reticolo di diffrazione Star Analyser 100 ed il suo montaggio sul naso della camera di ripresa. La tacca di riferimento aiuta ad orientare correttamente il reticolo.
Il reticolo produce l’immagine delle stelle (ordine 0) con il loro spettro diffratto (ordine 1). Il filtro va ruotato opportunamente, cercando di mantenere lo spettro delle stelle a destra e in orizzontale (Fig. 2)
Figura 2: Immagine della stella (a sinistra) ed il suo spettro orizzontale (a destra).
Le dimensioni dello spettro diffratto dipenderanno dalla focale del telescopio, dalla distanza del reticolo rispetto al sensore e dalla dimensione dei pixel di quest’ultimo. Occorrerà trovare il giusto compromesso per la propria configurazione, evitando di ottenere spettri troppo piccoli, a scapito della risoluzione, o spettri troppo dispersi, a scapito della sensibilità.
Acquisizione degli spettri
Le immagini degli spettri andranno acquisite con le stesse modalità operative utilizzate nella fotografia astronomica. Particolarmente critica è la fase di focheggiamento, da farsi su una stella luminosa di tipo A. In prima approssimazione si può mettere bene a fuoco la stella per poi cercare di migliorare il fuoco osservando le righe di assorbimento dello spettro. Spettri di stelle luminose potranno essere acquisiti con pose brevi di pochi secondi, mentre per spettri di stelle poco luminose saranno necessarie pose guidate anche di diversi minuti. Occorre porre molta attenzione al livello massimo del segnale per cercare di tenerlo al di sotto del livello di saturazione del sensore. Per i migliori risultati le immagini vanno pre-trattate con dark e flat frame e mediate per massimizzare il rapporto segnale/rumore finale.
Possiamo farci un’idea del risultato raggiungibile con l’esempio di Fig. 3 sul campo stellare intorno alla variabile DY Peg (10a mag) ripreso con Star Analyser dall’autore con una posa di 300s ed un telescopio da 20cm. Si vedono le stelle di campo con i rispettivi spettri diffratti. Notare come i due spettri evidenziati siano diversi già ad una prima visione della strisciata, proprio in ragione della diversa tipologia delle due stelle che li hanno prodotti. Si tratta infatti di una stella bianca di tipo A e di una stella rossa di tipo M.
Figura 3: (sopra) Campo stellare intorno alla variabile pulsante DY Peg.(sotto a sinistra) Spettro della stella variabile DY Peg di tipo A. (sotto a destra) Spettro della stella di campo GSC 01712-01246 di tipo M.
Una sessione spettroscopica minimale consiste nell’osservazione del target di interesse assieme ad una stella di riferimento di tipo A, collocata entro pochi gradi dal target, che servirà per la calibrazione in lambda e per la correzione della risposta strumentale, concetti che approfondiremo tra poco.
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Le “Lacrime di San Lorenzo” sono uno degli eventi astronomici più attesi dell’anno, lo sciame meteorico che illumina le nostre notti estive!
Le Perseidi, una delle piogge meteoriche più spettacolari dell’anno e tra le più semplici da osservare, complice il periodo delle vacanze estive.
Scopriamo cosa sono e come osservarle al meglio!
Il radiante, il punto da cui sembrano partire tutte le scie luminose, guardando verso Nord Nord Est alle 23 circa del giorno 13 agosto. Crediti: https://theskylive.com/
Le Lacrime di San Lorenzo
Il nome popolare dello sciame deriva dalla ricorrenza del martirio di San Lorenzo, avvenuto il 10 agosto del 238, le cui lacrime sono nella tradizione riconducibili alle “stelle cadenti” che vediamo nel cielo. In Italia l’evento è conosciuto dalla popolazione anche per la celebre poesia di Pascoli, 10 agosto (E tu, Cielo, dall’alto dei mondi… d’un pianto di stelle lo innondi quest’atomo opaco del Male!).
Quest’anno scopriamo anche qualcosa in più. Storia vuole che anche per le stelle cadenti di San Lorenzo o del 10 agosto, i miti pagani di fondino con quelli cristiani ed ecco improvvisamente tornare alla ribalta il mito di Priapo, dio della fertilità, i cui molti nomi richiamano all’organo genitale maschile. Il 10 di agosto per le popolazioni pagane si chiedeva a Priapo di benedire i raccolti e il dio diffondeva il suo sperma sulle campagne.
Nella storia molte festività inizialmente pagane sono state poi sostituite da riti cristiani, ne è un esempio anche il natale, e così da Laurentia, protettrice delle prostitute e un tempo definita come la madre terra che si rendeva disponibile alla fertilità dei campi, la controparte femminile di Priapo, si RRIVA a San Lorenzo forse anche per la somiglianza dei nomi.
In realtà lo sciame di meteore è attivo per un periodo molto più ampio, tra il 17 luglio e il 24 agosto, con un importante diminuzione di visibilità dopo il picco.
La cometa Swift-Tuttle
Il picco delle lacrime di San Lorenzo, meglio note come Perseidi, non cade precisamente il 10 Agosto ma nella notte tra il 12 ed il 13. Nella sua orbita intorno al Sole il nostro pianeta interseca il passaggio della cometa Swift-Tuttle, scoperta nel 1862 dall’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli.
Le meteore che vediamo in cielo sono il residuo di comete ed asteroidi che rilasciano una scia di polvere al loro passaggio intorno alla nostra stella. Ogni anno la Terra attraversa questa scia di particelle che, a contatto con la nostra atmosfera e a causa dell’attrito, produce il fenomeno tanto ammirato nelle calde notti estive. Il colore dello sciame è determinato dalla composizione dei detriti rilasciati in combinazione con elementi presenti nella nostra atmosfera, anche se è difficile distinguerli ad occhio nudo.
Come osservarlo al meglio?
Come osservare le Perseidi
La cometa Swift-Tuttle ha un passaggio periodico ogni 135 anni: l’ultimo transito risale al 1992, momento in cui ha “rifornito” l’incrocio con la nostra orbita di nuovi detriti spaziali. Il picco di osservazione, come detto in precedenza, ricade nella notte tra il 12 e il 13 agosto, anzi a dire il vero quest’anno alle 07 del mattino del 13 ma con il Sole oramai alto. In compenso tutta la notte con il naso in su sarà favorita da una Luna quasi nuova, impercettibile, che favorirà il buio, luci artificiali consentendo!
Ricordiamo che il nome delle Perseidi deriva dal radiante, il punto da cui sembrano provenire nel cielo le meteore, che si trova nella costellazione di Perseo. Individuate dunque la traccia di stelle dell’eroe mitologico, dopo le 22 verso nord-est, e godetevi la magia ad occhio nudo: lontani dall’inquinamento quest’anno se ne vedranno almeno 100 50 ogni ora (100 ZHR).
Buon osservazione!
Concetto artistico che mostra la navicella spaziale Voyager della NASA su uno sfondo di stelle. Credito: NASA/JPL-Caltech
Indice dei contenuti
Allarme Rientrato: la Voyager 2 è ancora con noi!
Nei giorni scorsi la Voyager 2 è tornata ad occupare le prime pagine (termine oramai arcaico ce ne rendiamo conto, ma il gergo è duro da perdere) della stampa internazionale.
Post e homepage di tutto il mondo si soffermati sulle sorti delle cara e oramai “vecchietta” sonda, partita nel lontano 20 agosto 1977 e da allora intenta ad esplorare l’ignoto fino ai confini del Sistema Solare.
Si lo sappiamo, a parlare della Voyager, di entrambi le sonde a dire il vero, si diventa inevitabilmente nostalgici ma tant’è che neanche il nostro caro @sergiastro nella sua rubrica prima dedicata agli ’80 e poi ai famosi ’90 è andato tanto indietro nel tempo da riuscire ad occuparsene.
Va bene, torniamo ai nostri giorni e in sintesi a raccontare cosa è successo.
Il 28 luglio scorso la NASA rende noto che il segnale della sonda è perso. PERSO! Insomma, la sonda che tanto ci ha fatto sognare potrebbe essere semplicemente e definitivamente spenta per sempre. Non esattamente notizia da poco, certo non cambierà le nostre vite, ma come si accennava in precedenza, c’è chi è affezionato.
Ma i tecnici sono subito abbastanza ottimisti, infondo la sonda potrebbe solo essersi girata. Ma torniamo all’inizio.
Una serie di comandi pianificati inviati alla navicella spaziale Voyager 2 della NASA il 21 luglio ha inavvertitamente fatto puntare l’antenna a 2 gradi dalla Terra. Di conseguenza, Voyager 2 era più in grado di ricevere comandi o trasmettere dati sulla Terra.
Voyager 2 si trova a più di 12,3 miliardi di miglia (19,9 miliardi di chilometri) dalla Terra e questo cambiamento ha interrotto la comunicazione tra Voyager 2 e le antenne terrestri del Deep Space Network (DSN) della NASA. Ma tutto risulta sotto controllo.
Voyager 2 infatti è programmata per ripristinare il suo orientamento più volte all’anno per mantenere la sua antenna puntata verso la Terra ed il ripristino successivo automatico è programmato per il 15 ottobre, momento che avrebbe sancito la ripresa della comunicazione.
Diciamo che la calma e la rassegnazione non caratterizzano gli scienziati in genere, figuriamoci alla NASA.
Il 1 agosto la NASA diffonde un nuovo annuncio. Utilizzando più antenne, il Deep Space Network (DSN) della NASA è stato in grado di rilevare un segnale portante dalla Voyager 2. Un segnale portante è ciò che il veicolo spaziale utilizza per inviare i dati sulla Terra. Il segnale è molto debole, ma esso conferma che il veicolo spaziale è ancora operativo e che continua sulla traiettoria prevista. L’annuncio prosegue perchè, sebbene la missione preveda che il veicolo spaziale torni a puntare la sua antenna verso la Terra a metà ottobre, il team farà un tentativo di comandare la Voyager prima, utilizzando un’antenna DSN per “gridare” il comando a Voyager di girare la sua antenna.
Tutto è bene quel che finisce bene, la Voyager 2 è ancora in contatto con noi!
Il 4 agosto arriva l’ultimo aggiornamento: la NASA ha ristabilito le comunicazioni.
La struttura Deep Space Network dell’agenzia a Canberra, in Australia, ha inviato l’equivalente di un “urlo” interstellare a più di 19,9 miliardi di chilometri alla Voyager 2, istruendo la navicella a riorientarsi e riportare la sua antenna verso la Terra. Con un tempo luce di sola andata di 18,5 ore affinché il comando raggiungesse la Voyager, i controllori della missione hanno impiegato 37 ore per attendere il segnale di ritorno e conferma dell’esito dell’operazione. Alle 00:29 EDT del 4 agosto, il veicolo spaziale ha iniziato a restituire dati scientifici e di telemetria, indicando che sta funzionando normalmente e che rimane sulla traiettoria prevista.
Dal 09 al 19 agosto i servizi di segreteria e di redazione andranno in pausa per concedere a tutto lo staff qualche giorno di riposo.
Tutte le attività informative torneranno operative al 100% a partire dal giorno 20 agosto.
Sono garantiti i servizi di assistenza clienti ed abbonamenti per le comunicazioni inviate a assistenza.vendite@coelum.com. Tutte le richieste saranno evase il prima possibile.
Ciao! Come butta? Siete pronti per una nuova avventura negli anni ’90? Avete finito il latte con lo Sprint?
Se vi sentite un senso di rilassatezza, probabilmente è perché lo Xanax sta facendo effetto oppure perché Bill Clinton e Boris Yeltsin hanno appena firmato gli accordi del Cremlino per fermare il puntamento dei missili nucleari verso obiettivi random.
Se invece sentite una insofferenza che serpeggia sapete cos’è?
E’ che manca solo un anno al giro di boa che porterà irrimediabilmente verso lo scivolo che condurrà all’era dei MILLENNIAL! Ora vi sentite vecchi? BENE! Avete già cominciato a inveire sui giovanotti dicendo: “eh, negli anni ’90’…”. Beh, avete ragione!
Negli anni ’90 c’erano le serie belle, quelle come Friends e Cinque in famiglia! Per non parlare di E.R., che ha generato orde di adulti oggi ormai o medici o ipocondriaci. Gli anni ’90 erano il regno del “cavalca l’onda”, già iniziato negli anni ’80, dove tutto subiva un merchandising talmente aggressivo da far stampare anche i copri-gabinetti con le immagini di The Mask e i kleenex con la faccia di Mufasa del Re Leone. Lo tiravi fuori per soffiarti il naso e ti veniva da piangere: così ne consumavi di più.
Nel 1994 uscì persino un videogame picchiaduro chiamato Shaq-fu! SHAQ-FU! Il protagonista era Shaquille O’Neal! Ma vi rendete conto? Poi due disgrazie a caso: il 1994 vide la morte del cantante dei Nirvana Kurt Kobain e, per stare in tema (poi non dite che gli anni ’90 non sono attuali!), a Surat, in India, dilagò un’epidemia di peste polmonare che mietette centinaia di vittime. Però il 1994 ci ha dato anche cose buone, come gli immensi Stargate e Schindler’s List, lo Yo-Yo e le ciambelline Mister Day.
In quell’anno venne anche scoperta una biosfera batterica nelle profondità oceaniche a profondità di 500 m e oltre nell’oceano Atlantico. Il 1994 fu anche l’anno in cui vennero gettate le basi del primo computer quantistico grazie a Peter Shor, che trovò un algoritmo efficiente di fattorizzazione per descrivere la somma di stati con coefficienti complessi usata per ridurre i tempi di calcolo.
Sempre nello stesso anno venne anche pubblicata la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat ad opera di Andrew Wiles.
In attesa della costruzione dell’acceleratore di particelle più potente mai realizzato, quello del CERN, vennero scoperti i quark top, le particelle elementari di cui si cercava conferma già da una ventina d’anni ed il Darmstadtio e il Roentgenio, gli elementi chimici transuranici con numeri atomici rispettivamente 110 e 111. E mentre i paleontologi e gli antropologi continuavano a dissotterrare animali estinti, balene con capacità deambulatorie e ominidi come se non ci fosse un domani (venne scoperta una nuova specie di ominide, l’Australopithecus anamnensis, grazie a Mary Leakey), veniva individuata la regione del cervello che regolava le capacità di gestire il futuro negli umani.
E nell’Universo cosa accadeva? Beh, per cominciare, il 16 luglio, 20 frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9 si schiantarono su Giove, producendo forti emissioni di raggi X innescati dall’impatto. Altri brillamenti si verificarono anche nelle regioni aurorali del pianeta alle alte latitudini settentrionali, per ragioni che non sono ancora completamente comprese.
In this striking image we see the comet fragments of Shoemaker-Levy 9.
Mi ricordo che avevo ritagliato gli articoli di giornale che ne parlavano. Una volta c’era il vero taglia e incolla, mica oggi! Lo stesso anno ci fu anche la scoperta della galassia più vicina alla nostra, una galassia nana, la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, posta a 50000 anni luce dal centro della nostra Galassia, nella costellazione omonima.
Per un inizio ecco ora una fine. Venne lanciato GGS-WIND con a bordo il Transient Gamma Ray Spectrometer (TGRS) e lo strumento Konus gamma-ray burst, che è ancora operativo oggi e si concluse la missione Magellano su Venere, servita per realizzare le mappe più dettagliate di questo pianeta grazie alle tecniche più avanzate di imaging radar.
Diagram of WIND spacecraft.
La Luna faceva da Star per un set fotografico operato dal satellite lunare statunitense Clementine, lanciato nel gennaio dello stesso anno. Il risultato fu un book ad altissima risoluzione di tutta la sua superficie composto da due milioni di immagini in 7 differenti lunghezze d’onda, dall’ultravioletto vicino al vicino infrarosso. Insomma, anche il 1994 fu denso di eventi astronomici, la scienza continuava a piantare pietre miliari e molte sarebbero continuate a sorgere. A dispetto di tutto. Perché, come diceva il buon vecchio Forrest Gump: “la vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita!”. Ora vi lascio perché ho voglia da mettermi le cuffie e spararmi a palla Basket Case dei Green Day.
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