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OSIRIS-REx sta per tornare con i campioni dallo spazio

Il ricercatore principale di OSIRIS-REx Dante Lauretta esamina una replica della capsula campione, costituita dallo scudo termico (bianco) e dal guscio posteriore (marrone chiaro), dopo aver superato con successo il test di caduta. (Chris Richards/Comunicazioni universitarie)
Tempo di lettura: 35 minuti

Il ritorno della capsula con dentro i campioni dell’asteroide è previsto per il 24 settembre ore 14:00 GMT nello UTAH.

TUTTA LA CRONOSTORIA DELLA MISSIONE RACCONTATA DAGLI AUTORI DI COELUM

Nelle pagine di Coelum e nel sito ogni missione è raccontata dalla sua fase primordiale, la presentazione, fino alla conclusione. Missioni che spesso vivono letteralmente anche più di una decina d’anni. E’ il caso anche di OSIRIS-REx di cui già nel gennaio 2010 si inizia a parlare con il comunicato che decreta l’approvazione del progetto da parte della NASA, dalle parole di allora “Osiris-Rex (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith Explorer) La destinazione della sonda è un asteroide e la missione prevede non solo di studiare accuratamente la morfologia del corpo celeste, ma anche di prelevare almeno mezzo etto di materiale dalla sua superficie e riportarlo sulla Terra”.

Inizia qui un’odissea lunga ben 13 anni che sta per volgere al termine, lasciando spazio a coloro la cui responsabilità sarà cogliere il meglio e il massimo da uno sforzo congiunto a cui hanno partecipato davvero in molti.

La missione è destinata a terminare il 24 settembre alle ore 14:00 nello UTAH. Coelum seguirà la diretta inviando aggiornamenti in tempo reale sul nostro canale TELEGRAM dall’ingresso nell’atmosfera della capsula contenente i campioni fino al recupero nell’area di circa 60km quadrati in cui è previsto l’atterraggio. L’area è poco abitata e gli ingegneri sono in queste ore impegnati in calcoli per migliorare l’approssimazione.
In attesa di aggiornamenti importanti e mentre la sonda sta sfrecciando nello spazio in direzione Terra, ecco l’elenco delle fasi che hanno caratterizzato la missione in ordine temporale dalle notizia più recente alla più datata. Un viaggio a ritroso per conoscere tutto quello che c’è da sapere.
  1. 21 Ottobre 2020 OSIRIS-REx. Svolta con successo la manovra di touch-and-go
  2. 20 Ottobre 2020 Osiris-Rex. A mezzanotte circa, toccata e fuga sull’asteroide
  3. 17 Giugno 2020 OsirisRex. Un mosaico per Nightingale
  4. 16 Dicembre 2019 Nightingale preparati, OSIRIS-REx arriva!
  5. 24 Maggio 2019 Chiamata a raccolta dalla NASA in aiuto di Osiris-Rex
  6. 21 Marzo 2019 Osiris-Rex. Nuove sorprese da Bennu
  7. 20 Marzo 2019 Tutto quello che volevate sapere su Bennu
  8. 4 Febbraio 2019 Osiris-Rex. Prove di guida a distanza ravvicinata.
  9. 5 Dicembre 2018 Osiris-Rex ha raggiunto Bennu
  10. 27 Agosto 2018 Osiris-REx: Bennu in vista!
  11. 15 Dicembre 2016 OSIRIS-REx va a caccia di asteroidi troiani della Terra
  12. 7 Settembre 2016 La NASA dà il via libera a OSIRIS-REx
  13. 7 Gennaio 2016 L’esplorazione del Sistema solare nel 2016
  14. 25 Agosto 2015 Alla conquista dell’asteroide: pronti gli “occhi” di OSIRIS-Rex
  15. 13 Gennaio 2010  E i tre finalisti sono…

21 Ottobre 2020 OSIRIS-REx. Svolta con successo la manovra di touch-and-go

 

Alle 19:50 ora italiana, la sonda ha acceso i suoi propulsori per uscire dall’orbita attorno a Bennu e avvicinarsi alla superficie. Dopo aver esteso il suo braccio robotico, TAGSAM (Touch-and-Go Sample Acquisition Mechanism), lungo 3,35 metri, ha iniziato una discesa di oltre 4 ore. Si è avvicinata a tal punto da lambire l’insidioso masso grande come un edificio, chiamato Mount Doom, per raggiungere il sito prescelto nell’emisfero settentrionale dell’asteroide, Nightingale. Intorno alle 00:12 ora italiana, TAGSAM è rimasto diversi secondi in contatto con la superficie dell’asteroide, smuovendone la superficie con un flusso di azoto per immagazzinare polvere e piccoli sassi prima che la sonda si allontanasse di nuovo. Dalle prime informazioni filtrate stamattina, il touchdown sarebbe avvenuto a soli 74 cm dal punto nominale previsto.

Se la raccolta dei campioni, nota come manovra Touch-and-Go (TAG) ha fornito materiale sufficiente, il team della missione ordinerà a OSIRIS-REx di stivare il prezioso carico per iniziare il viaggio di ritorno verso la Terra, dove arriverà nel 2023. L’obiettivo è di avere almeno 60 grammi di asteroide. Altrimenti, sarà programmato un secondo tentativo per il 12 gennaio 2021, nel sito di backup vicino all’equatore chiamato Osprey.

«Dopo oltre un decennio di pianificazione, il team è felicissimo del successo del tentativo di campionamento di oggi», ha detto Dante Lauretta, ricercatore principale di OSIRIS-REx presso l’Università dell’Arizona a Tucson. «Anche se abbiamo del lavoro da fare per determinare l’esito dell’evento, il successo del contatto, l’accensione del gas TAGSAM e l’allontanamento da Bennu, questi sono risultati importanti per noi. Non vedo l’ora di analizzare i dati per determinare la massa del campione raccolto».

La telemetria ricevuta indica che il TAGSAM è entrato correttamente in contatto con Nightingale. Il meccanismo ha quindi sparato gas di azoto per sollevare polvere e ciottoli dalla superficie, alcuni dei quali dovrebbero essere stati aspirati dal dispositivo di raccolta.
«È difficile esprimere a parole quanto sia stato emozionante ricevere la conferma che il veicolo spaziale ha toccato con successo la superficie e ha sparato gas», ha detto Michael Moreau, vice project manager di OSIRIS-REx presso il Goddard Space Flight Center della NASA nel Maryland . «Il team non vede l’ora di ricevere le immagini dell’evento TAG questa sera tardi e vedere come la superficie di Bennu ha risposto all’evento TAG».

Il filmato della manovra che arriverà nelle prossime ore, sarà la prima testimonianza di quanto materiale è stato raccolto. «Se TAG ha prodotto un disturbo significativo della superficie, probabilmente abbiamo raccolto molto materiale», ha detto Moreau.
Successivamente, il team cercherà di determinare la quantità del campione. Lo farà scattando foto della testa TAGSAM con la fotocamera SamCam, dedicata a documentare il processo di raccolta dei campioni. Un’indicazione indiretta sarà la quantità di polvere intorno alla testa del collettore. Gli ingegneri di OSIRIS-REx tenteranno anche di riprendere l’interno del raccoglitore, se le condizioni di illuminazione lo permetteranno, in modo da ottenere riscontro chiaro del materiale al suo interno.
Come ulteriore prova, si tenterà di determinare anche il cambiamento nel “momento di inerzia” della sonda per cercare di determinare se è presente una massa in più, seppur piccola.  Questa manovra viene eseguita estendendo il TAGSAM e facendo ruotare lentamente il veicolo spaziale attorno a un asse perpendicolare al braccio. Come una persona che gira con un braccio steso mentre tiene una corda con una palla attaccata all’estremità: la persona può percepire la massa della palla dalla tensione nella corda.

Se tutto sarà andato per il verso giusto, gli ingegneri ordineranno alla sonda di immagazzinare il campione. Quindi, il braccio robotico porterà la testa del raccoglitore nella Sample Return Capsule (SRC), situata nel corpo della navicella. Il SRC si chiuderà ed il veicolo spaziale si preparerà per la partenza da Bennu nel marzo 2021: questa sarà la prima occasione in cui Bennu sarà allineato correttamente con la Terra per un volo di ritorno più efficiente in termini di consumo di carburante.

Bennu si trova ora a 321 milioni di chilometri dalla Terra. Il team aveva comunicato alla sonda tutti i comandi necessari nella giornata di ieri e la manovra si è svolta in completa autonomia.

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20 Ottobre 2020 Osiris-Rex. A mezzanotte circa, toccata e fuga sull’asteroide

l sito primario di campionamento Nightingale sulla superficie dell’asteroide Bennu con l’illustrazione in scala del veicolo spaziale OSIRIS-REx. Crediti: Nasa/Goddard/University of Arizona.

Ci siamo. Nella notte fra martedì 20 e mercoledì 21 ottobre assisteremo al touch-and-go della missione Nasa Osiris-Rex. La sonda spaziale scenderà sulla superficie dell’asteroide Bennu a raccogliere un campione di materiale per poi riportarlo a Terra – un’impresa tentata (con successo) solo dalla sonda giapponese Hayabusa 2 con il prelievo di materiale dall’asteroide 162173 Ryugu nel 2019.

L’obiettivo della missione è recuperare un campione incontaminato di regolite carbonacea dalla superficie dell’asteroide, per rispondere a diverse domande sulla composizione e sulla formazione del Sistema solare.

Già dalle prime immagini ravvicinate della superficie di Bennu erano emersi dettagli sorprendenti: non una spiaggia sabbiosa come ci si aspettava in un primo momento ma una superficie rocciosa disseminata di massi delle dimensioni di una casa. Tutt’altro che una passeggiata, quindi.

Fin dal suo arrivo nei pressi dell’asteroide, il 3 dicembre 2018, Osiris-Rex ha fotografato e scansionato in lungo e in largo la sua superficie. Grazie a Ola, un altimetro laser, e la camera 3D PolyCam, sono state ottenute mappe della superficie con un livello di dettaglio mai raggiunto per qualsiasi altro corpo planetario visitato da una sonda spaziale. È grazie a queste mappe che è stato possibile individuare Nightingale (“usignolo”), il sito da cui verrà prelevato il campione del materiale.

Ecco cosa succederà

Poco prima delle ore 20 (ora italiana) si accenderanno i propulsori del veicolo spaziale per portare Osiris-Rex fuori dalla sua orbita attorno a Bennu e condurlo con grande precisione verso la superficie. Queste manovre daranno inizio a una sequenza di eventi meticolosamente pianificate dal team della missione.

Una volta iniziata la discesa verso il suo obiettivo, a guidare la navicella sarà la cosiddetta “mappa dei rischi”: una rappresentazione dettagliata del sito di campionamento con le aree che possono presentare un rischio per il veicolo spaziale, a causa della presenza di grandi rocce o terreno irregolare.

La mappa dei rischi del sito Nightingale sulla superficie di Bennu. Le aree verdi sono le zone ottimali per il touchdown, le aree rosse invece sono le più pericolose. Le zone più promettenti per la raccolta del materiale sono invece evidenziate in viola. Crediti: Nasa/Goddard/University of Arizona.

Poco prima del contatto con la superficie, il veicolo confronterà le immagini ottenute da una delle sue camere con la mappa archiviata nella sua memoria. Se il percorso di discesa portasse il veicolo spaziale ad atterrare in un punto potenzialmente pericoloso, il sistema si attiverebbe in automatico innescando un dietrofront. In base alla simulazioni questo scenario ha una probabilità di verificarsi inferiore al 6 per cento.

Se tutto andrà come previsto, la sonda estrarra il suo meccanismo di acquisizione dei campioni Tagsam (Touch-And-Go-Sample Acquisition Mechanism), agganciato all’estremità di un braccio lungo oltre tre metri. Tagsam – che ricorda vagamente il filtro dell’aria di una vecchia auto – è progettato per raccogliere materiale a grana fine ma è anche in grado di prelevare sassolini di quasi due centimetri. È inoltre capace di raccogliere una quantità di materiale di circa 150 grammi, e in condizioni ottimali potrebbe arrivare addirittura a 1,8 kg.

Il momento clou è previsto poco dopo la mezzanotte, alle 00:12 (ora italiana) del 21 ottobre. Il campione verrà raccolto nel corso di una manovra – chiamata, appunto, di touch-and-go – durante la quale il contatto con la superficie di Bennu durerà circa dieci secondi. Non appena la sonda rileverà l’avvenuto contatto con la superficie, si attiverà una delle tre bombole di azoto a bordo e, proprio come un grande aspirapolvere, il materiale – regolite – verrà sollevato dalla superficie  e aspirato al suo interno prima che la navicella arretri nuovamente. Lo strumento è dotato alla sua estremità anche di una sorta di “pastiglie appiccicose”: una serie di piccoli dischi progettati per raccogliere la polvere qualora non bastasse il potere aspirante dello strumento alimentato dal gas.

Il team monitorerà passo passo tutte le manovre di contatto con la superficie attraverso la camera dedicata proprio alle operazioni di campionamento, SamCam, una delle tre telecamere a bordo del veicolo spaziale. Grazie all’articolazione snodabile con cui SamCam è agganciata al braccio principale, i ricercatori potranno prendere in esame l’ambiente circostante da angolazioni diverse, riuscendo a osservare anche polvere o materiale su un’area del Tagsam diversa dall’estremità, per esempio sul braccio meccanico o sul rivestimento delle bombole del gas.

Dispiegamento del braccio di Tagsam, il “Touch-and-Go Sample Acquisition Mechanism” di Osiris-Rex. Còiccare sull

«Avremo un’ottima indicazione della posizione esatta del contatto con la superficie nel sito Nightingale e potremo confrontarla con la nostra mappa di campionamento, per valutare se siamo atterrati in un’area in cui è presente abbondante materiale campionabile o in una delle posizioni più rocciose», spiega il principal investigator della missione, Dan Lauretta, del Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona.

Dopo aver valutato eventuali danni al veicolo e agli strumenti di raccolta a seguito del touch-and-go, il team di ricercatori trascorrerà circa una settimana a valutare la quantità di campione raccolto, utilizzando diversi metodi a partire da un’ispezione visiva. Con il braccio di campionamento esteso, il veicolo spaziale effettuerà una manovra di rotazione attorno a un asse perpendicolare a Tagsam per poter misurare la variazione di massa prima e dopo la raccolta.

«L’obiettivo è raccogliere almeno sessanta grammi effettivi di materiale», dice Lauretta. «Nel caso il quantitativo fosse inferiore, valuteremo con la Nasa lo stato del veicolo e la possibilità di effettuare un secondo touch and go».

In caso di risultato non soddisfacente, la navicella spaziale potrebbe infatti effettuare più tentativi di campionamento, poiché è dotata di tre bombole di azoto gassoso. Se per esempio dovesse atterrare in un luogo sicuro ma senza riuscire a raccogliere un campione sufficiente di materiale, si potrebbe ricorrere ad alcune misure di emergenza sviluppate dai ricercatori per garantire l’obiettivo scientifico primario della missione: raccogliere, appunto, almeno sessanta grammi di materiale dalla superficie di Bennu e portarlo a Terra. In questo caso, il veicolo spaziale sarebbe riportato in orbita e verrebbero effettuate una serie di manovre per rimetterlo in posizione adatta a un nuovo touch and go.

Se invece il campione raccolto dovesse andare bene, la capsula con il prezioso materiale verrà sigillata e preparata per il ritorno sulla Terra, previsto nel 2023.


 

17 Giugno 2020 OsirisRex. Un mosaico per Nightingale

Credits: Credits: NASA/Goddard/University of Arizona

Ecco nei minimi dettagli tutta l’asperità di Nightingale, il sito prescelto dalla NASA da cui la sonda OSIRIS-REx raccoglierà i campioni da riportare a Terra di Bennu, l’asteroide target della missione. L’immagine è un mosaico creato con le immagini raccolte dalla sonda lo scorso 3 marzo, durante il suo avvicinamento alla superficie per la ricognizione della zona.

345 immagini riprese dalla PolyCam, combinate assieme come in un puzzle, per produrre il mosaico che ci mostra il sito di campionamento con una risoluzione di 4 mm per pixel! Riusciamo cioè a vedere sassetti di 4 millimetri… L’area Nightingale è la zona che appare relativamente più chiara, appena sopra il cuore del cratere visibile al centro dell’immagine, mentre il grande masso scuro in alto a destra misura 13 metri nel suo asse più lungo.

Durante la ricognizione, la sonda si trovava a 250 metri dalla superficie dell’asteroide. Si è trattato del passaggio, il più vicino mai effettuato fino a quel momento, che ha dato modo al team di identificare la posizione migliore, all’interno dell’area scelta, per la raccolta del campione.

Ad aprile, infatti, per testare le manvore di avvicinamento e allontanamento e l’estensione del braccio robotico per la raccolta del campione, Osiris-Rex si è avvicinata fino a una distanza minima ancora più bassa, 75 metri, prima di scattare via e rientrare con successo nell’orbita di attesa. Qui a destra vedete il montaggio delle immagini riprese in quell’occasione, dal momento in cui si trovava a circa 125 metri (durante la manovra di checkpoint, la quota da cui iniziare la discesa verticale), al simulato touch-and-go (letteralmente “toccata e fuga”), in quel caso a una distanza di sicurezza di 75 metri.

Tutto è pronto per la fase principale della missione ma, per motivi di sicurezza dovuti all’epidemia di Covid-19, il momento del prelievo è stato rimandato di un paio di mesi, ed è previsto, al momento, per il 20 ottobre di quest’anno. Ad agosto, mese in cui si sarebbe dovuto effettuare, verrà invece eseguito un altro test di avvicinamento, questa volta alla quota di soli 40 metri.

La pianificazione di questa operazione è infatti delicata, difficoltosa e ad alto rischio, e richiede tutta la tranquillità e il tempo necessario per prevedere, studiare e mettere in sicurezza qualsiasi problema possa sorgere, in ogni passaggio. Una volta lanciata la sonda verso la sua toccata e fuga, non si potrà infatti intervenire in alcun modo. La NASA ha quindi deciso di dare al team tempo extra per svolgere al meglio questa delicata fase della missione.

Una ripresa in cui è visibile un getto di particelle e sassi dalla superficie di Bennu. E’ una somma di due immagini raccolte il 19 gennaio scorso, elaborate per evidenziare il dettaglio dello “sbuffo”. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona/Lockheed Martin

Il problema principale è che Bennu si è dimostrato un ambiente più ostile di quanto ci si poteva immaginare. Oltre alla sua particolare asperità (non ipotizzabile dalle osservazioni a distanza), la superficie ha anche mostrato una caratteristica di Bennu del tutto inaspettata: getti di particelle e rocce sparati dalla sua superficie! Un asteroide quindi ancora attivo, anche se ancora non se ne è compresa la causa.

La sonda ha tre possibilità di tentare la raccolta di campioni, se già ad ottobre la raccolta verrà giudicata soddisfacente, è però già pronta a rientrare, e potrebbe riportare i campioni a Terra a settembre del 2023.


 

16 Dicembre 2019 Nightingale preparati, OSIRIS-REx arriva!

Il sito selezionato, fotografato da OSIRIS-REx con l’indicazione del punto di prelievo e delle dimensioni della sonda.Credits: NASA/Goddard/University of Arizona – Processing: Marco Di Lorenzo

Dopo un anno di esplorazione della superficie disseminata di massi dell’asteroide Bennu, il team che ha guidato la missione “Origins, Spectral Interpretation, Identification, Security, Regolith Explorer” (OSIRIS-Rex) ha ufficialmente selezionato il sito designato “Nightingale” come luogo di raccolta dei campioni di superficie.

Il sito, situato in un cratere ampio 140 metri nell’emisfero settentrionale di Bennu, è stato giudicato il luogo migliore tra i quattro candidati selezionati l’estate scorsa e illustrati nell’immagine seguente; tutti prendono il nome da altrettante specie di uccelli e rappresentano zone con un rischio contenuto per la sicurezza del veicolo spaziale offrendo, al tempo stesso, l’opportunità di raccogliere un campione di massa sufficientemente grande.

Credits: NASA/Goddard/University of Arizona – Processing: Marco Di Lorenzo

«Dopo aver valutato attentamente tutti e quattro i siti candidati, abbiamo preso la nostra decisione finale in base a quale sito ha la maggior quantità di materiale a grana fine e con quale facilità il veicolo spaziale può accedere a quel materiale mantenendo in sicurezza il veicolo spaziale», ha affermato Dante Lauretta, dell’ Università dell’Arizona e ricercatore principale della missione. «Dei quattro candidati, il sito Nightingale soddisfa al meglio questi criteri e, in definitiva, garantisce il successo della missione».

La regolite di Nightingale appare scura e le immagini mostrano che il cratere è relativamente pianeggiante; poiché si trova nell’emisfero nord, le temperature sono più basse che altrove e il materiale superficiale è ben conservato. Si ritiene inoltre che il cratere sia relativamente giovane e che la regolite sia stata esposta da poco. Ciò significa che il sito probabilmente contiene materiale relativamente “primordiale” e incontaminato e questo può fornire una visione migliore della storia di Bennu.

Tuttavia, il sito pone anche sfide per la raccolta del campione. Il piano di missione originale prevedeva una zona di raccolta con un diametro di 50 metri, mentre ora l’area abbastanza sicura per essere toccata dal veicolo è molto più piccola: 16 metri di diametro, solo un decimo della superficie originariamente prevista. Ciò significa che il veicolo spaziale deve calarsi in modo molto preciso sulla superficie di Bennu, cercando di evitare soprattutto l’enorme masso delle dimensioni di un edificio situato sul bordo orientale del cratere (in basso a destra nell’immagine di apertura) che potrebbe rappresentare un pericolo per la sonda nella fase di risalita, subito dopo aver toccato la superficie.

Il braccio robotico con il dispositivo di campionamento TAGSAM sulla destra, durante i test prima del lancio – Credit: Lockheed Martin Corporation

a manovra “touch-and-go” è prevista per l’agosto 2020; per effettuarla, Osiris-REX utilizzerà il suo meccanismo di campionamento TAGSAM, un contenitore a forma di tamburo montato all’estremità di un braccio robotico. Il braccio posizionerà l’estremità aperta del tamburo sulla superficie dell’asteroide, quindi sparerà un getto di azoto sulla superficie per sollevare il materiale e farlo ricadere nel contenitore di stoccaggio, come illustrato in questo video. TAGSAM ha abbastanza azoto gassoso per fare tre tentativi di campionamento, se necessario.
La missione Osiris-REX mira a raccogliere 60 grammi di regolite, il più massiccio prelievo di materiale da un altro mondo dopo le missioni Apollo.

Dopo la raccolta e la misura della massa del campione, il braccio posizionerà il contenitore con il suo prezioso carico nella capsula di rientro, dove rimarrà sigillato. Osiris-REX ripartirà da Bennu nel marzo del 2021 e, quattro ore prima del massimo avvicinamento con la Terra, rilascerà la piccola capsula contenente il campione che entrerà nell’atmosfera terrestre posandosi nel campo di addestramento dello Utah il 24 settembre 2023. Per due anni, i campioni verranno analizzati a fondo ma il 75% del materiale verrà preservato per ulteriori indagini da parte delle generazioni successive, come si è fatto con i campioni lunari.

Nel frattempo, la sonda si trova nel mezzo di una nuova fase detta “Orbital-R”, durante la quale orbiterà per due mesi a poco più di 1 km sopra il terminatore di Bennu (per ulteriori dettagli si veda il Mission Log). Nei prossimi mesi, il sito Nightingale verrà sottoposto un “campionamento climatico” per studiarne in dettaglio le caratteristiche al variare delle condizioni di illuminazione.


 

24 Maggio 2019 Chiamata a raccolta dalla NASA in aiuto di Osiris-Rex e per un viaggio su Marte con Mars 2020

«CITTADINI SCIENZIATI A RACCOLTA!  LA MISSIONE OSIRIS-REX DELLA NASA SULL’ASTEROIDE BENNU HA BISOGNO DI COPPIE DI OCCHI EXTRA PER AIUTARE A SCEGLIERE IL SITO DI RACCOLTA DEI CAMPIONI SULL’ASTEROIDE – E PER CERCARE QUALSIASI ALTRA COSA CHE POTREBBE ESSERE SCIENTIFICAMENTE INTERESSANTE».

Comincia così l’appello rilasciato qualche giorno fa, in cui la NASA chiede appunto un aiuto agli appassionati per velocizzare il processo di selezione del sito di raccolta dei campioni. In pratica si tratta di dare una mano a costruire una mappa “contando i sassi” che si riescono a individuare su singoli fotogrammi della superficie dell’asteroide. Un vero ago in un pagliaio per i componenti del team, ma se si è in tanti, ognuno avrà solo una manciata di erba secca da spulciare… e contare!

Una immagine della superficie di Bennu, ripresa da Osiris-Rex il 21 marzo scorso quando si trovava a circa 3,5 chilometri di altezza. L’immagine ricopre un campo di poco meno di 50 metri di larghezza, come riferimento, il masso chiaro in alto a sinistra ha una lunghezza di circa 7,4 metri. Credits: NASA/Goddard/University of Arizona

Poi, come per la missione Juno ad esempio, o per i tanti progetti della piattaforma di citizen science Galaxy Zoo, ci sarà la possibilità di notare strutture particolari, o anomale, che possano essere target di studio per la missione.

«Per la sicurezza del veicolo spaziale, il team di missione ha bisogno di un catalogo completo di tutti i sassi vicini ai potenziali siti di raccolta campioni e invito i membri del pubblico ad assistere il team di OSIRIS-REx nel portare a termine questo compito essenziale», spiega Dante Lauretta, PI di OSIRIS-REx presso l’Università dell’Arizona, a Tucson.

Per questo appello, la NASA si è appoggiata a CosmoQuest, un progetto del Planetary Science Institute che sostiene iniziative di citizen science. I volontari svolgeranno gli stessi compiti che fanno gli scienziati planetari – misurando i massi di Bennu e mappando rocce e crateri – attraverso l’uso di una semplice interfaccia web, segnando anche caratteristiche di possibile interesse scientifico sull’asteroide per ulteriori indagini.

Un lavoro di precisione ma non così difficile, basta avere a disposizione un computer con un buono schermo, e un mouse in grado di fare spostamenti precisi (o una mano ferma). Si parte con un tutorial interattivo e si hanno a disposizione canali di assistenza e discussione grazie a una comunità su Discord e sessioni in live streaming su Twitch.

Meglio di un videogioco insomma…

«Siamo molto lieti ed entusiasti di rendere disponibili le immagini di OSIRIS-REx per questo importante progetto di scienza dei cittadini», ha dichiarato Rich Burns, project manager di OSIRIS-REx presso il NASA Goddard Space Flight Center. «Bennu ci ha sorpreso con un’abbondanza di massi. Chiediamo l’aiuto degli scienziati cittadini per valutare questo terreno accidentato in modo da poter tenere al sicuro il nostro veicolo spaziale durante le operazioni di raccolta dei campioni».


21 Marzo 2019 Osiris-Rex. Nuove sorprese da Bennu

Una ripresa in cui è visibile un getto di particelle e sassi dalla superficie di Bennu. E’ una somma di due immagini raccolte il 19 gennaio scorso, elaborate per evidenziare il dettaglio dello “sbuffo”. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona/Lockheed Martin

Abbiamo da poco rilanciato una news Media INAF sui tanti risultati pubblicati su Nature dai dati della missione Osiris-Rex, che già dalla NASA arriva un ulteriore sorpresa che il piccolo asteroide Bennu ci ha riservato.

Un’immagine del 7 marzo che mostra un bordo dell’emisfero sud ripreso da una distanza di 5 chilometri. Il sasso più grande di colore chiaro, più o meno al centro dell’immagine, è largo circa sette metri e mezzo. Salta all’occhio l’asperità del terreno, praticamente ricoperto da grossi massi. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona

In orbita attorno al NEO (Bennu è uno degli asteroidi classificati come vicini alla Terra, Near Earth Objects), la sonda Osiris-Rex, dopo avercene mostrato la natura aspra dal terreno fortemente accidentato e costellato di massi – ben oltre le previsioni del team di missione che ha quindi dovuto modificare i suoi piani iniziali per la raccolta di un campione da riportare a Terra – ci mostra ora una caratteristica di Bennu del tutto inaspettata: getti di particelle sparati dalla sua superficie!

Che ci sia a volte una commistione tra comete e asteroidi era già successo, ma nulla del genere ci si aspettava accadesse su Bennu.
«La scoperta dei pennacchi è una delle più grandi sorprese della mia carriera scientifica», ha dichiarato Dante Lauretta, PI della missione OSIRIS-REx presso l’Università dell’Arizona. «E il terreno così aspro va contro tutte le nostre previsioni. Bennu ci sta già sorprendendo, e il nostro entusiasmante viaggio è solo agli inizi».

Poco dopo la scoperta del pennacchio di particelle, il 6 gennaio mentre la sonda si trovava a poco più di un chilometro e mezzo dalla superficie, il team scientifico della missione ha aumentato la frequenza delle osservazioni, rilevando la presenza di ulteriori emissioni nell’arco dei due mesi successivi. Sebbene molte di queste particelle siano state chiaramente espulse da Bennu, ne sono state invece individuate altre che orbitavano attorno all’asteroide come mini satelliti, per poi ricadere sulla sua superficie.

Dopo una iniziale cautela, si è verificato che il tutto non rappresenta un pericolo per la sonda, e quindi si sta continuando a studiare le particelle e a ricercare nuovi sbuffi per comprendere come e perché si formino.

«I primi tre mesi di indagine ravvicinata su Bennu di OSIRIS-REx ci hanno ricordato cosa significa andare alla scoperta: sorprese, rapidità di pensiero e flessibilità», ha commentato Lori Glaze, direttore della Divisione di Scienze Planetarie presso la sede della NASA a Washington. «Studiamo asteroidi come Bennu per comprendere l’origine del Sistema Solare. I campioni raccolti da OSIRIS-REx ci aiuteranno a rispondere ad alcune delle più grandi domande su da dove veniamo».

Dalle osservazioni terrestri non ci si è nemmeno avvicinati a quella che è risultata essere la morfologia della superficie dell’asteroide. Ci si aspettava una superficie per lo più liscia con alcuni massi di grandi dimensioni, mentre si è rivelata ruvida e densa di massi. Le previsioni erano state fatte in base sia alle rilevazioni radar, che in base a studi e modelli di inerzia termica dell’asteroide (la sua capacità di condurre e immagazzinare calore). I modelli utilizzati finora per gli asteroidi di questo tipo si sono quindi dimostrati inadeguati, e andranno migliorati in base ai dati raccolti a distanza ravvicinata.

Un mosaico gobale della superficie di Bennu, ottenuto dalle immagini raccolte durante la survey preliminare dalla camera PolyCam a lungo raggio (OCAMS). Anche senza poterne apprezzare i dettagli delle ultime immagini a distanza ravvicinata, è già evidente quanto complesso sia il compito di chi deve individuare una zona pulita e senza massi per la… “toccata e fuga”. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona

Questo significa anche che i piani per la raccolta dei campioni – il Touch-and-Go (TAG), già rinominato Bullseye TAG (occhio di bue) – andranno modificati. A causa del terreno accidentato, così come è successo per la missione giapponese Hayabusa 2 su Ryugu, non sarà possibile individuare un terreno libero dalle asperità di almeno 25 metri di raggio, e si dovrà, sempre come per la cugina giapponese, ripiegare su aree più piccole, con maggiori rischi e necessità di operazioni più precise.

«Durante le operazioni di OSIRIS-REx nelle vicinanze di Bennu, il nostro team di volo ha dimostrato che possiamo raggiungere prestazioni di sistema che superano i requisiti di progettazione», ha dichiarato Rich Burns, project manager di OSIRIS-REx presso il Goddard Space Flight Center della NASA. «Bennu ci ha lanciato una sfida per affrontare il suo terreno accidentato, e siamo certi che OSIRIS-REx è all’altezza del compito». Accidentato e… sbuffante, aggiungiamo noi.


 

20 Marzo 2019 Tutto quello che volevate sapere su Bennu

Questa serie di immagini (cliccare sull’immagine se non parte l’animazione) è stata realizzata dalla sonda Osiris-Rex e ci mostra l’asteroide Bennu in una rotazione completa da 80 km di distanza. La fotocamera PolyCam della sonda ha ottenuto i trentasei frame da 2.2 millisecondi per un periodo osservativo di 4 ore e 18 minuti. Crediti: Nasa Goddard Space Flight Center/University of Arizona

Il piccolo asteroide Bennu oggi è protagonista nel mondo scientifico. Sono infatti sette i diversi articoli – pubblicati oggi su Nature, Nature Astronomy, Nature Geoscience e Nature Communications – che vanno a comporre una sorta di numero speciale interamente dedicato ai risultati delle ricerche svolte sull’asteroide, per indagarne l’evoluzione e capire il ruolo dei corpi celesti primordiali nella nascita della vita sul nostro pianeta.

Le analisi sono frutto delle indagini svolte grazie agli strumenti scientifici a bordo della sonda della Nasa Osiris-Rex, in cui l’Istituto nazionale di astrofisica partecipa con i ricercatori Maurizio Pajola, Elisabetta Dottoe John Robert Brucato, cui abbiamo chiesto un commento sui principali risultati ottenuti fino ad oggi, di cui si parla nei diversi articoli. Lo studio di Bennu, della sua forma e della sua evoluzione, ci aiuterà a raggiungere una maggiore comprensione di quella che è stata l’evoluzione del Sistema solare. Gli asteroidi, come le comete, sono dei residui rimasti del suo processo di formazione, e quello che si cerca di capire è se un asteroide come Bennu possa aver introdotto sulla Terra materiale contenente acqua e ricco di carbonio, contribuendo quindi anche alla nascita della vita.

«Bennu è uno dei numerosi piccoli corpi che, ruotando intorno al Sole, intersecano l’orbita del nostro pianeta», ricorda Elisabetta Dotto, dell’Inaf di Roma, membro dello science team di Osiris-Rex. «Gli impatti che questi oggetti hanno avuto con la Terra hanno modificato il corso della vita e, ancora oggi, costituiscono un potenziale pericolo per il nostro pianeta. Dal 1999, anno della sua scoperta, a oggi Bennu è stato oggetto di una campagna internazionale di osservazione da telescopi a Terra. Sulla base delle informazioni acquisite sappiamo che si tratta di un oggetto scuro e primitivo, simile ai piccoli corpi che si ritiene abbiano creato le condizioni adatte per l’innesco della vita sulla sul nostro pianeta, rilasciando con i loro impatti acqua e materiale organico appena formato».

Queste tre immagini acquisite dalla sonda Osiris-Rex della Nasa mostrano un’ampia inquadratura e due primi piani di una regione dell’emisfero settentrionale di Bennu. Le immagini sono state scattate il 25 febbraio mentre la navicella spaziale era in orbita intorno a Bennu, a circa 1,8 km dalla superficie dell’asteroide. Crediti: Nasa Goddard/University of Arizona

Le prime osservazioni provenienti dagli strumenti di bordo di Osiris-Rex confermano la presenza di minerali idrati diffusi e abbondanti. Le osservazioni hanno anche identificato la presenza inaspettata di numerosi grandi massi. Diverse caratteristiche, come la mancanza di piccoli crateri e l’aspetto eterogeneo della superficie, suggeriscono che essa comprenda diverse regioni appartenenti a epoche diverse, alcune residue dal corpo progenitore e altre frutto di attività più recente. Gli autori stimano che Bennu abbia un’età tra i 100 milioni e un miliardo di anni, quindi più vecchio di quanto previsto, e abbia avuto origine nella Cintura degli asteroidi.

«Non appena abbiamo iniziato a osservare Bennu da vicino», dice Maurizio Pajola, dell’Inaf di Padova, «abbiamo visto che la sua superficie è caratterizzata da una miriade di massi di svariate dimensioni. Questo aspetto era atteso dalla comunità scientifica visto che Bennu, con i suoi 500 metri di diametro, è quello che viene definito un asteroide ‘rubble-pile’, cioè non monolitico, ma costituito da parte dei frammenti rocciosi che formavano l’asteroide genitore, dal quale si è formato in seguito ad un impatto distruttivo. Prima dell’arrivo a Bennu le osservazioni radar fatte da Terra tra il 1999 ed il 2012 avevano indicato che avremmo trovato un unico masso di dimensione non superiore ai 10 metri. In realtà, grazie ad immagini ad alta risoluzione prese dallo strumento PolyCam di Osiris-Rex, abbiamo misurato questo masso scoprendo che è lungo 56 metri. In aggiunta, abbiamo scoperto che ci sono altri 3 massi con dimensioni che superano i 40 metri ed una densità per chilometro quadrato di più di 200 massi grandi 10 metri. Questi massi enormi non possono essersi formati tutti a seguito degli impatti che hanno formato i crateri presenti su Bennu, perché per dare origine a materiale di risulta di tali dimensioni l’asteroide sarebbe stato totalmente disintegrato. Sono quindi gli antichi frammenti dell’asteroide padre da cui Bennu è nato».

«Le osservazioni condotte dagli strumenti a bordo della sonda Osiris-Rex», aggiunge John Robert Brucato, esobiologo dell’Inaf di Firenze, in riferimento alle analisi spettroscopiche fatte su Bennu, «stanno mostrando un’inaspettata eterogeneità del materiale che costituisce l’asteroide: si sono osservate regioni molto scure, dove solo il 3 per cento della radiazione solare viene riflessa, e altre molto brillanti associate a massi di dimensione di qualche metro. Bennu è l’unico asteroide osservato fino ad oggi in cui è stata rivelata sulla superficie la presenza di magnetite, materiale che si forma quando l’idrossido di ferro è ossidato dalla presenza di acqua, e, cosa ancor più sorprendente, l’enorme abbondanza di silicati idrati, ovvero minerali che hanno subito una profonda alterazione dovuta alla presenza di acqua liquida. Le osservazioni spettroscopiche ottenute dagli spettrometri Ovirs, che indaga nel visibile e nel vicino infrarosso, e Otes, che osserva invece nell’infrarosso termico, hanno mostrato l’affinità di Bennu con meteoriti condriti carbonacee di un tipo molto raro, ricche di carbonio e materiale organico. Un’affinità che, quindi, pone fortemente l’accento sul ruolo degli asteroidi primitivi come Bennu nell’origine della vita sulla Terra. Inoltre, sono già state identificate alcune aree sulla superficie di Bennu dove la sonda Osiris-Rex dovrà atterrare per raccogliere il materiale che verrà riportato a Terra nel 2023 e studiato nei laboratori di tutto il mondo».

A fine luglio 2020 Osiris-Rex si poserà sulla superficie di Bennu per prelevare dei campioni, e chissà quali e quante altre informazioni riuscirà a darci su questo piccolo grande oggetto celeste.


4 Febbraio 2019 Osiris-Rex. Prove di guida a distanza ravvicinata.

Immagine ripresa dalla TAGCAMS (NavCam 1), con una esposizione di 1,4 millisecondi. Cliccare sull’immagine per ingrandire i dettagli. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona/Lockheed Martin

La missione NASA ha compiuto il suo primo mese a distanza ravvicinata attorno a Bennu, l’asteroide prescelto per questo primo tentativo dell’agenzia spaziale americana di avvicinarsi alla superficie di un asteroide apollo, raccogliere del materiale e riportarlo a Terra. Gli asteroidi apollo sono asteroidi cosidetti near earth (NEA), vicini alla Terra, potenzialmente pericolosi perché con un orbita esterna alla nostra, ma che li porta molto vicini all’orbita terrestre nel suo punto più vicino al Sole (un perielio inferiore a 1,017 UA).

In questo momento la missione si trova nella fase Orbital A, dedicata a fare esperienza sulla navigazione ravvicinata in prossimità di un corpo così piccolo come Bennu, un asteroide NEA. Per questo motivo al momento la suite scientifica non è necessaria ed è spenta. Crediti: University of Arizona

Per festeggiare questo suo primo mese di test di guida ravvicinata all’asteroide, ci invia due straordinarie immagini della sua superficie, che si è rivelata estremamente frastagliata, forse anche più di quanto accaduto alla simile missione giapponese Hayabusa 2, pronta a scendere per raccogliere il suo primo campione dall’asteroide Ryugu. Trovandosi in una fase di “test di guida”, la camera della suite scientifica (OCAMS) non è al lavoro, ma la camera dedicata alla navigazione (NavCam 1) non si è arrestata un attimo, e continua a inviare a terra immagini sempre più dettagliate di questo piccolo mondo.

Qui vediamo l’emisfero sud dell’asteroide ripreso a una distanza di soli 1,6 km, e la struttura più grande che si riesce a individuare (al centro nell’immagine di sinistra e proprio sul terminatore tra ombra e luce in quella di destra), è un masso della dimensione di circa 50 metri.

Le immagini sono state riprese il 17 gennaio, e il contrasto è stato enfatizzato per mettere in evidenza proprio le strutture della frastagliata superficie.

Questo tipo di immagini, di navigazione appunto, servono e sono servite alla missione per il controllo dell’avvicinamento e dell’inserimento in orbita, e nell’ultimo mese hanno monitorato questa fase di orbita stretta, di soli 1,75 km di media dal centro (!) dell’asteori

Un dettaglio dell’immagine di sinistra, sopra, che mostra il masso di circa 50 metri, la più grossa struttura di questo settore dell’asteroide. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona/Lockheed Martin

de. Volare a distanza ravvicinata attorno a un corpo così piccolo come Bennu è infatti più difficoltoso e imprevedibile di come sia invece entrare in orbita attorno a un pianeta, ma è probabilmente il futuro delle missioni di esplorazione del nostro Sistema solare, anche per quello che potrebbe interessare un programma di sfruttamento delle risorse asteroidali o di controllo di asteroidi pericolosi.

La sonda, dal nome più che esaustivo “Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer” (OSIRIS-REx) della NASA è arrivata a destinazione il 3 novembre scorso, mentre è entrata nella sua orbita stretta, il 31 dicembre, poco più di un mese fa appunto.

Impiegherà quasi un anno a esaminare l’asteroide con cinque strumenti scientifici, con l’obiettivo di selezionare un luogo che sia sicuro e scientificamente interessante per raccogliere il campione di materiale superficiale. Se tutto va come previsto, OSIRIS-REx recapiterà il campione alla Terra nel settembre 2023.


 

5 Dicembre 2018 Osiris-Rex ha raggiunto Bennu

Il manifesto celebrativo dell’arrivo della sonda su Bennu.

Dopo aver viaggiato nello spazio per più di due anni e oltre 3 miliardi di km, intorno alle 18 del 3 novembre, il veicolo “Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer” (OSIRIS-REx) della NASA è arrivato a destinazione, l’asteroide Bennu. La sonda spaziale impiegherà quasi un anno a esaminare l’asteroide con cinque strumenti scientifici, con l’obiettivo di selezionare un luogo che sia sicuro e scientificamente interessante per raccogliere il campione di regolite (polvere superficiale). OSIRIS-REx recapiterà il campione alla Terra nel settembre 2023, nel deserto dello Utah.

La manovra di arrivo è consistita nell’accensione dei motori per circa 20 sec, variando la velocità del veicolo di 23 cm/s; la sonda dovrebbe essere giunta a soli 17 km da Bennu. Il giorno dopo ha sorvolato il polo Nord dell’asteroide a meno di 8 km, per poi spostarsi sull’equatore e infine sul polo sud, eseguendo una serie di tratti rettilinei. Questo servirà anche a fare una stima preliminare della massa di Bennu, in vista di una immissione in orbita a circa 1 km di altezza.

Per l’occasione, è stata rilasciata una spettacolare animazione che mostra Bennu in rotazione da una distanza di 80 km (presumibilmente lo scorso 25 novembre), con una risoluzione di poco superiore a 1m/pixel. La versione rimpicciolita l’avete vista qui in alto a destra, in apertura, mentre l’originale è visionabile nel sito del Goddard Media Studio.

È anche possibile ammirare una sequenza animata con tutte le immagini raccolte durante la fase di approccio, da cui è stata ottenuta la seguente selezione di fotogrammi, che rendono l’idea del cambiamento mentre ci si avvicinava da 2,2 milioni di km a 65 km (17 agosto – 27 novembre).

Sequenza di 14 immagini PolyCam durante l’intera fase di approccio – Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center/University of Arizona – Processing: Marco Di Lorenzo

La fase di approccio, che abbiamo seguito costantemente nel Mission Log dedicato, è durata oltre 3 mesi durante i quali la sonda ha effettuato quattro manovre correttive che hanno ridotto la velocità relativa tra asteroide e sonda da 491 m/s iniziali a soli 4 cm/s. La diretta NASA si è conclusa con una serie di applausi e subito dopo è passata a seguire lo spettacolare aggancio della Soyuz con la stazione spaziale internazionale, sopra l’oceano Atlantico meridionale.


27 Agosto 2018 Osiris-REx: Bennu in vista!

Montaggio dei 5 frames ripresi dalla PolyCam, con Bennu (cerchiato di verde) che si muove rispetto alle stelle fisse. Crediti: NASA/Goddard/University of Arizona – Processing: M. Di Lorenzo

Il 17 agosto, mentre entrava ufficialmente nella fase di approccio a Bennu, la sonda OSIRIS-REx (Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer ) ha ottenuto le prime immagini del suo asteroide bersaglio da una distanza di 2,2 milioni di km, quasi sei volte la distanza Terra-Luna. I cinque fotogrammi sono stati registrati dalla fotocamera telescopica PolyCam nell’arco di un’ora, per fini di calibrazione e di navigazione ottica. Bennu è visibile come un oggetto in movimento davanti alle stelle della costellazione del Serpente. A questa distanza, Bennu appare ancora puntiforme; infatti, secondo le misure radar, il suo diametro medio è intorno a 510 metri e quindi, alla distanza attuale, sottintende un angolo di 0,05 secondi d’arco, 20 volte più piccolo della risoluzione della PolyCam, che è un vero e proprio telescopio con apertura di 20 cm.

Un’impressione artistica della sonda OSIRIS-REx. Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center

«Ora che OSIRIS-REx è abbastanza vicino da poter osservare Bennu, il team della missione passerà i prossimi mesi ad apprendere il più possibile sulle dimensioni, la forma, le caratteristiche della superficie e i dintorni dell’asteroide prima che la sonda arrivi a destinazione», ha detto Dante Lauretta, Investigatore principale di OSIRIS-REx presso l’Università dell’Arizona. «Dopo aver passato così tanto tempo a pianificare questo momento, non vedo l’ora di vedere cosa ci rivela Bennu».

Partita l’8 settembre 2016, un anno dopo Osiris Rex effettuò un “gravity assist” con la Terra. La sonda, che ha percorso 1,8 miliardi di km, ha effettuato l’ultima correzione di rotta (la Deep Space Maneuver o DSM-2) lo scorso 28 giugno; attualmente, si avvicina all’asteroide con una velocità di circa 0,55 km/s. Il payload scientifico del veicolo spaziale comprende l’insieme di fotocamere OCAMS (PolyCam, MapCam e SamCam), lo spettrometro termico OTES, lo spettrometro OVIRS visibile e infrarosso, l’altimetro laser OLA e lo spettrometro a raggi X REXIS.

Durante la fase di avvicinamento appena iniziata, OSIRIS-REx osserverà regolarmente la regione attorno all’asteroide per cercare eventuali pennacchi di polvere o satelliti naturali e studierà le proprietà fotometriche e spettrali di Bennu. Il 1 Ottobre, poi, eseguirà la prima di quattro manovre dette “Asteroid Approach Maneuver” per ridurre la sua velocità; questa prima manovra AAM-1 ridurrà il moto relativo a Bennu da 506 a 144 m/s.

A metà ottobre, poi, verrà espulsa la copertura protettiva del braccio destinato a raccogliere campioni dell’asteroide da riportare a Terra; successivamente esso verrà esteso e fotografato per la prima volta dopo il lancio. Giunta a meno di 100mila km da Bennu, OCAM comincerà a rivelare la forma generale dell’asteroide verso la fine di ottobre e a metà novembre inizierà a rilevarne le caratteristiche superficiali. Dopo l’arrivo, il veicolo spaziale trascorrerà il primo mese sorvolando rispettivamente il polo nord, l’equatore e il polo sud di Bennu, a distanze comprese tra 19 e 7 km. Analogamente a quanto ha appena fatto Hayabusa-2 con Ryugu, queste manovre consentiranno la prima misurazione diretta della massa dell’asteroide e permetteranno osservazioni ravvicinate della sua superficie.

Le tappe fondamentali della missione, dall’avvicinamento all’asteroide alla raccolta del campione da riportare a Terra. Crediti: University of Arizona

Il veicolo spaziale esaminerà estensivamente l’asteroide prima che il team di missione identifichi due possibili siti di raccolta. La raccolta dei campioni su uno di questi due siti è programmata per l’inizio di luglio 2020, dopo di che il veicolo spaziale tornerà verso la Terra; la capsula che conserva tali campioni si separerà dal veicolo principale e atterrerà nel deserto dello Utah nel settembre 2023.


15 Dicembre 2016 OSIRIS-REx va a caccia di asteroidi troiani della Terra

Il 17 febbraio, nel suo viaggio verso Bennu, la sonda OSIRIS-REx si impegnerà nella ricerca di asteroidi troiani della Terra. Si tratta di asteroidi che viaggiano nell’orbita terrestre rimanendo vicini ad un punto stabile a 60° più avanti o più indietro rispetto alla Terra. Nell’immagine in arancione il percorso della sonda e in verde l’orbita terrestre. Credit: University of Arizona/Heather Roper

ra il 9 e il 20 febbraio, OSIRIS-REx attiverà le sue tre fotocamere e andrà alla ricerca degli elusivi asteroidi troiani.

Sei degli otto pianeti del Sistema Solare, ovvero Giove, Nettuno, Marte, Venere, Urano e la Terra, hanno almeno un asteroide troiano — oltre seimila, nel caso di Giove. Questi asteroidi condividono l’orbita del pianeta a cui sono legati gravitazionalmente, ma lo precedono lungo la sua traiettoria eliocentrica (oppure lo seguono) di circa 60 gradi, ovvero stazionano nei pressi dei punti lagrangiani L4 ed L5.

Una vista dall’alto del percorso della sonda all’interno dell’orbita terrestre, di passaggio vicino al punto lagrangiano dove potrebbero trovarsi altri troiani.

A febbraio 2017, OSIRIS-REx sarà in una posizione perfetta per effettuare un censimento della popolazione di asteroidi troiani situati lungo l’orbita del nostro pianeta. Al momento delle osservazioni, infatti, la sonda si troverà tra il Sole e il punto L4.

In una finestra di 12 giorni, la sonda userà la sua fotocamera MapCam per studiare le regioni dove questi asteroidi potrebbero nascondersi. La fotocamera userà una tecnica molto simile per cercare eventuali satelliti naturali in orbita attorno a Bennu durante il suo avvicinamento all’asteroide.

«La ricerca di asteroidi troiani della Terra offre un grande vantaggio alla missione,» spiega Dante Lauretta, a capo di OSIRIS-REx. «Non solo avremo l’opportunità di scoprire nuovi membri di una famiglia asteroidale, ma potremo anche fare le prove per alcune operazioni critiche prima del nostro arrivo attorno a Bennu».

OSIRIS-REx si trova attualmente a 74.1 milioni di chilometri dalla Terra.


7 Settembre 2016 La NASA dà il via libera a OSIRIS-REx

La missione OSIRIS-REx sta per entrare nel vivo. La NASA e la United Launch Alliance hanno dato oggi il loro permesso a procedere con il primo tentativo di lancio, che avverrà all’interno di una finestra di due ore che si aprirà all’1:05 ora italiana nella notte tra l’8 e il 9 settembre.La Launch Readiness Review, tenutasi oggi, non ha portato alla luce alcun problema che potrebbe compromettere il lancio da Cape Canaveral. Il decollo di OSIRIS-REx inaugurerà un lungo viaggio interplanetario di andata e ritorno alla volta dell’asteroide Bennu.

La recente esplosione di un Falcon 9 della SpaceX, avvenuta a meno di due chilometri dalla sonda, ha allungato i processi di approvazione del lancio di OSIRIS-REx. Nonostante sia la sonda che il razzo Atlas V 411 fossero situati all’interno di un edificio al momento dell’esplosione e dunque non abbiano subito danni, gli ingegneri hanno dovuto effettuare delle pulizie straordinarie nei dintorni del sito di lancio, per scongiurare qualunque sorta di contaminazione. Inoltre, sono state eseguite approfondite analisi per individuare eventuali sistemi in comune tra la piattaforma di lancio di OSIRIS-REx e quella ormai distrutta del Falcon 9.
Il trasferimento dell’Atlas V 441 con OSIRIS-REx alla piattaforma di lancio inizierà attorno alle 15 del 7 settembre ora italiana. Nelle ore successive, i serbatoi di cherosene del primo stadio verranno riempiti. I serbatoi dei carburanti criogenici – l’ossigeno liquido e l’idrogeno liquido – verranno riempiti giovedì 8, durante il conto alla rovescia che inizierà circa sette ore prima dell’apertura della finestra di lancio.L’ultimo bollettino diffuso dall’Air Force parla di un 80% di probabilità di condizioni favorevoli al momento del lancio. In seguito al passaggio dell’uragano Hermine la scorsa settimana, le condizioni nei cieli della Florida si sono stabilizzate e dovrebbero mantenersi costanti per i prossimi giorni. L’unica preoccupazione, al momento, è un ponte di cumuli tra uno e tre chilometri di quota. Le due finestre di lancio successive, previste per le due notti seguenti, mostrano un 70% di probabilità di condizioni favorevoli.

OSIRIS-REx raggiungerà l’asteroide carbonaceo Bennu (1999 RQ3) a fine 2018. Dopo aver completato una ricognizione globale dell’asteroide, la sonda si calerà verso la superficie e raccoglierà tra 60 grammi e 2 kg di materiale. I campioni faranno ritorno sulla Terra nel 2023.

Degli oltre 500 mila asteroidi conosciuti, più di 7000 sono oggetti near-Earth, ovvero con orbite che li portano di tanto in prossimità della Terra; tra questi, 192 hanno orbite che rendono una missione di andata e ritorno possibile; di essi, 26 hanno un diametro di oltre 200 metri. L’asteroide Bennu è uno dei cinque asteroidi carbonacei appartenenti a questi famiglia. La sua scoperta, risalente all’11 settembre 1999, porta la firma del programma LINEAR. Le analisi eseguite dalla Terra suggeriscono che si tratti di un asteroide di tipo B e che sia caratterizzato da una albedo molto bassa. Con un diametro stimato intorno ai 575 metri, Bennu è un obiettivo perfetto per OSIRIS-REx: finora, nessuna sonda ha mai visitato un asteroide di tipo B. L’unica missione ad essersi avvicinata ad un asteroide carbonaceo fu NEAR, che il 27 giugno 1997 sfiorò l’asteroide Mathilde.

Un’impressione artistica della sonda OSIRIS-REx. Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center

Gli obiettivi della missione includono la raccolta di campioni di regolite dalla superficie dell’asteroide per caratterizzarne la natura, la storia e la distribuzione dei vari minerali e di eventuali materiali organici. Mappando le proprietà chimiche e mineralogiche globali, OSIRIS-REx sarà in grado di ricostruire la storia geologica e l’evoluzione dinamica di Bennu, facendo luce sulla formazione dell’intera popolazione asteroidale.

Inoltre, Bennu è di particolare interesse in quanto potrebbe minacciare la Terra in un lontano futuro. Le analisi orbitali mostrano almeno otto potenziali collisioni con la Terra tra il 2169 e il 2199; quasi sicuramente, lo studio dell’orbita di Bennu azzererà le probabilità di impatto, ma l’interesse scientifico rimane.

In questo senso, gli studi di OSIRIS-REx saranno rivoluzionari, in quanto per la prima volta ci permetteranno di misurare l’effetto Yarkovsky in un asteroide potenzialmente pericoloso.
Questo effetto è dovuto al riscaldamento del Sole: le radiazioni della nostra stella riscaldano la superficie di Bennu fino a 6 gradi centigradi. Poi, però, la rotazione dell’asteroide porta inevitabilmente alcune regioni a tornare nell’ombra; a questo punto, le aree non più illuminate iniziano a perdere il loro calore nello spazio profondo. Questa differenza tra l’angolo di assorbimento dei fotoni e quello di emissione provoca un leggero ma continuo rallentamento dell’asteroide che può influenzare notevolmente l’evoluzione orbitale futura di un corpo così piccolo. Ad esempio, l’asteroide Golveka, largo 1.4 chilometri, è stato osservato deviare di 15 chilometri rispetto alla posizione prevista nell’arco di 12 anni a causa dell’effetto Yarkovsky.

Studiando i meccanismi che regolano questo fenomeno, OSIRIS-REx permetterà agli scienziati di generare modelli molto precisi sull’evoluzione orbitale futura di Bennu e di centinaia di altri asteroidi potenzialmente pericolosi.


7 Gennaio 2016 L’esplorazione del Sistema solare nel 2016

Abbiamo dato l’addio a un anno davvero sensazionale per l’esplorazione spaziale.

Abbiamo effettuato la prima ricognizione di un pianeta nano, con l’inserimento orbitale della sonda Dawn attorno a Cerere. Ci siamo goduti, seppur di sfuggita, i panorami ghiacciati di Plutone, l’ultimo dei pianeti classici ad essere rimasto inesplorato, grazie a New Horizons. Abbiamo trovato tracce di acqua liquida sulla superficie marziana con MRO, abbiamo scortato una cometa attraverso il suo perielio con Rosetta, abbiamo iniziato a far luce sui meccanismi della perdita atmosferica di Marte con MAVEN, ci siamo disintegrati nell’atmosfera di Venere con Venus Express e poi siamo tornati in orbita con Akatsuki, ci siamo schiantati contro la superficie di Mercurio con MESSENGER, abbiamo assaggiato le acque dell’oceano alieno che si nasconde sotto la crosta ghiacciata di Encelado con Cassini, abbiamo scoperto nuovi pianeti abitabili oltre i confini del nostro sistema solare con Kepler, abbiamo preparato il terreno per la propulsione a raggi solari con LightSail, e molto altro.

Per fortuna, il 2016 promette di essere un anno altrettanto importante per l’esplorazione del sistema solare: ecco tutti gli eventi spaziali dei prossimi 365 giorni da non perdersi, pianeta dopo pianeta.

Asteroidi

La sonda giapponese Hayabusa 2, che recentemente ha eseguito con successo una manovra di fionda gravitazionale con la Terra, continuerà il suo cammino verso l’asteroide Ryugu. Hayabusa raggiungerà Ryugu nel 2018 e farà rientro sulla Terra tra il il 2020 e il 2021 con dei campioni prelevati dall’asteroide. Tra il 3 Settembre e il 12 Ottobre 2016, un’altra sonda decollerà su un viaggio di andata e ritorno verso un asteroide: si tratta dell’americana OSIRIS-REx, che raggiungerà l’asteroide Bennu nel 2018 e rientrerà sulla Terra nel 2023. Poche settimane fa, la sonda della NASA ha ricevuto il suo ultimo strumento.

 


25 Agosto 2015 Alla conquista dell’asteroide: pronti gli “occhi” di OSIRIS-Rex

E’ l’asteroide Bennu l’obiettivo della missione della NASA OSIRIS-REx (missione coordinata dall’Università dell’Arizona) il cui lancio è previsto nell’autunno del 2016. Dopo due anni di viaggio arriverà sull’asteroide dal quale estrarrà campioni di materiale e li riporterà sulla Terra per analizzarli, dopo aver orbitato per un periodo previsto di sei mesi/un anno (potrà orbitare al massimo per un periodo di 505 giorni) durante il quale mapperà l’asteroide cercando il luogo migliore per il prelievo.

Un nuovo passo avanti nella realizzazione della missione è avvenuto di recente con la consegna al Lockheed Martin Space Systems di Denver delle tre camere che verranno montate sulla sonda – Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer della NASA – che mapperanno la roccia gigante (circa 500 metri di larghezza).

L’array si chiama OCAMS (OSIRIS-REx Camera Suite) ed è stato progettato dal Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona. La più grande di queste tre camere è la PolyCam, un piccolo telescopio che scatterà le prime immagini di Bennu da una distanza di “soli” 2 milioni di chilometri, fornendo anche dettagli ad alta risoluzione del sito da dove verrà prelevato il campione di roccia. La MapCam si dedicherà invece alla ricerca di satelliti e getti di polvere attorno all’asteroide, fotografando l’oggetto a colori per poi costruire una mappa topografica. Infine la SamCam documenterà l’acquisizione del campione.

«Si tratta di un altro grande passo in avanti nella preparazione della nostra missione», ha detto Mike Donnelly, il project manager di OSIRIS-REx presso il Goddard Space Flight Center di Greenbelt, Maryland. Dante Laurettaprincipal investigator della missione ha poi spiegato: «PolyCam, MapCam e SamCam saranno i nostri occhi su Bennu. Le OCAMS forniranno le immagini di cui abbiamo bisogno per completare la nostra missione mentre la sonda è ancora nell’orbita dell’asteroide».

La suite OCAMS: MapCam (sinistra), PolyCam e SamCam. Crediti: University of Arizona/Symeon Platts

«L’obiettivo principale di queste tre camere è quello di massimizzare la nostra abilità di raccogliere con successo un campione e riportarlo sulla Terra», ha aggiunto Bashar Rizk, scienziato che si occupa delle OCAMS. «Questa missione richiede molte attività per un solo viaggio – navigazione, mappatura, riconoscimento, selezione del sito di raccolta e la raccolta del campione. Mentre siamo lì, abbiamo bisogno di vedere continuamente cosa sta accadendo attorno all’asteroide, in modo da poter prendere decisioni in tempo reale».

OSIRIS-REx è la prima missione finalizzata alla raccolta di un campione di roccia da un asteroide e riporterà a casa il più grande campione dopo la missione lunare Apollo. Servirà anche a definire missioni future volte a prevedere, ed evitare, un impatto con un asteroide, qualora dovesse essere necessario.


13 Gennaio 2010  E i tre finalisti sono…

Nei giorni scorsi la NASA ha reso pubblici i tre progetti che, dopo New Horizons (già in viaggio verso Plutone) e Juno (il cui lancio con destinazione Giove è previsto per l’agosto 2011), si contenderanno il privilegio di essere la terza missione del programma New Frontiers.

Davvero ben assortite le missioni finaliste. La prima, proposta dal Jet Propulsion Laboratory, è SAGE (Surface and Atmosphere Geochemical Explorer) e ha come destinazione Venere. Una sonda dovrà attraversare le spesse nubi del pianeta raccogliendo dati meteorologici e informazioni sulla composizione atmosferica e, giunta al suolo, strappare a Venere anche qualche segreto sulla composizione della sua superficie.

Il secondo progetto è stato presentato dal Goddard Space Flight Center e si chiama Osiris-Rex (Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith Explorer). La destinazione della sonda è un asteroide e la missione prevede non solo di studiare accuratamente la morfologia del corpo celeste, ma anche di prelevare almeno mezzo etto di materiale dalla sua superficie e riportarlo sulla Terra.

Destinazione decisamente più vicina per il terzo finalista. La missione MoonRise, infatti, è rivolta verso il nostro satellite.
Anche questo progetto è gestito dal JPL e prevede che un lander si posi in un ampio bacino in prossimità del Polo Sud lunare, raccolga un chilo di materiale e lo riporti a Terra per uno studio dettagliato.

Ora ognuno dei tre progetti riceverà oltre 3 milioni di dollari per condurre un anno di studi dettagliati sulla fattibilità, i costi, la gestione della missione e tutti gli aspetti tecnici coinvolti. Gli studi serviranno alla NASA per scegliere nel 2011 il progetto vincitore che potrà disporre di un budget di 650 milioni di dollari (escluso il costo della messa in orbita) per diventare realtà.

E’ già stato comunque fissato il termine massimo entro cui la sonda prescelta dovrà iniziare il suo viaggio: il lancio dovrà avvenire entro il 30 dicembre 2018.


Il ricercatore principale di OSIRIS-REx Dante Lauretta esamina una replica della capsula campione, costituita dallo scudo termico (bianco) e dal guscio posteriore (marrone chiaro), dopo aver superato con successo il test di caduta. (Chris Richards/Comunicazioni universitarie)

I membri del team di recupero campioni di asteroidi OSIRIS-REx della NASA si sono riuniti questa settimana nel deserto occidentale dello Utah per partecipare ai preparativi finali per l’arrivo del primo campione di asteroidi raccolto negli Stati Uniti, previsto per atterrare sulla Terra alla fine di questo mese.

Il team comprende il ricercatore principale della missione Dante Lauretta , professore di scienze planetarie dell’Università dell’Arizona Regents, e Anjani Polit , un ingegnere di sistema senior presso il Lunar and Planetary Laboratory dell’università che funge da ingegnere di sistema di implementazione della missione OSIRIS-REx.

Un modello della capsula campione OSIRIS-REx è stato sganciato da un aereo mercoledì ed è atterrato nella zona di rilascio dello Utah Test and Training Range del Dipartimento della Difesa, nel deserto fuori Salt Lake City. Questo faceva parte dell’ultimo importante test della missione prima dell’arrivo, il 24 settembre, della capsula vera e propria contenente un campione dell’asteroide Bennu raccolto nello spazio quasi tre anni fa.

“Siamo ormai a poche settimane dal ricevere un pezzo di storia del sistema solare sulla Terra, e questo test di caduta riuscito garantisce che siamo pronti”, ha affermato Nicola Fox, amministratore associato del Science Mission Directorate della NASA a Washington, DC.

Il test di caduta ha fatto seguito a una serie di prove precedenti – incentrate sul recupero della capsula, sulle operazioni di ingegneria dei veicoli spaziali e sulle procedure di conservazione dei campioni – condotte in primavera e all’inizio di questa estate.

La navicella spaziale OSIRIS-REx della NASA ha raccolto un campione dall’asteroide Bennu nell’ottobre 2020. Riposta in modo sicuro all’interno della capsula di ritorno del campione della navicella spaziale, atterrerà nello Utah tramite paracadute.

I ricercatori studieranno il campione nei prossimi anni per scoprire come si sono formati il ​​nostro pianeta e il sistema solare e l’origine delle sostanze organiche che potrebbero aver portato alla vita sulla Terra.

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