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Illustrazione artistica di una stella progenitrice di supernova di tipo Ic. In questo caso vediamo il primo scenario atteso dai ricercatori, una supergigante blu così calda da espellere la maggiorparte dei suoi idrogeno e elio prima di esplodere in supernova. Credits NASA, ESA, and J. Olmsted (STScI)

Le supernove sono sicuramente tra i fenomeni astronomici più affascinanti e spettacolari. L’esplosione di supernova si verifica quando certi tipi di stelle concludono la loro vita in una potente esplosione, scagliando nello spazio circostante i loro strati esterni. Nel corso del tempo gli astronomi hanno classificato le supernove in due categorie (Tipo I e Tipo II) e sono stati in grado di determinare quali tipi di stelle siano le progenitrici di ciascuna tipologia. Tuttavia, nonostante le supernove di Tipo Ic rappresentino circa un quinto di tutte quelle osservate, finora non era mai stata individuata una progenitrice credibile per questa classe. In altre parole, fino ad oggi, era sempre sfuggita agli studiosi la tipologia di stella che porta alle supernovae di tipo Ic – una classe particolare in cui la stella subisce il collasso del nucleo dopo essere stata spogliata dell’idrogeno e dell’elio.
Grazie agli sforzi compiuti da due gruppi di ricercatori che hanno analizzato i dati di archivio del Telescopio Spaziale Hubble, è stato possibile finalmente individuare una stella che potrebbe essere proprio la tanto ricercata causa di questo tipo di supernova.

L’immagine presa dal telescopio Hubble di NGC 3938, la galassia in cui è esplosa la supernova di Tipo Ic. Nel primo riquadro in basso vediamo, ingrandita, l’area con la stella candidata progenitrice in una immagine del 2007, mentre nel secondo riquadro lo zoom sulla supernova, poco dopo l’esplosione, nel 2017. Crediti NASA, ESA, S. Van Dyk (Caltech), and W. Li (University of California).

Nel 2017, una supernova di tipo Ic, la SN 2017ein, è stata osservata nella galassia a spirale NGC 3938, una bellissima galassia a spirale situata a circa 65 milioni di anni luce in direzione dell’Orsa Maggiore. Due gruppi di ricerca si sono quindi messi sulle tracce della stella progenitrice.
Il primo team, guidato da Schuyler D. Van Dyk – ricercatore senior presso il Centro di Elaborazione e Analisi a Infrarossi del Caltech (IPAC) – ha ripreso la giovane supernova nel giugno 2017 utilizzando la Wide Field Camera 3 (WFC 3) dell’Hubble. Hanno quindi utilizzato questa immagine come riferimento per individuare la stella candidata progenitrice nelle foto d’archivio di Hubble, scattate alla galassia NGC 3938 nel dicembre del 2007.
La seconda squadra, guidata da Charles Kilpatrick dell’Università della California, Santa Cruz, ha invece osservato la stessa supernova del giugno 2017 con immagini a infrarossi utilizzando uno dei telescopi da 10 m presso l’Osservatorio Keck alle Hawaii. Il team ha poi analizzato le stesse foto di archivio di Hubble della squadra di Van Dyk per scoprire la possibile fonte.

Entrambe le squadre sono giunte alla stessa conclusione: il progenitore della supernova era probabilmente una stella estremamente calda e blu.
Sulla base della valutazione delle caratteristiche della stella progenitrice, entrambe le squadre hanno offerto due possibilità per l’identità della fonte. La progenitrice potrebbe essere stata una singola stella con una massa compresa tra 45 e 55 volte quella del Sole, oppure avrebbe potuto essere un sistema stellare binario con una componente tra 60 e 80 masse solari e l’altra di circa 48 masse solari. In quest’ultimo scenario le stelle orbiterebbero molto vicine, interagendo tra loro. La stella più massiccia sarebbe stata spogliata degli strati esterni di idrogeno ed elio dalla vicina compagna, mantenendo però una massa sufficiente per dare origine a una supernova di tipo Ic.

«Trovare un progenitore autentico di una supernova Ic è un grande premio per chi cerca questo tipo di oggetti» ha dichiarato Van Dyk. «Ora, per la prima volta, abbiamo un candidato chiaramente identificato».

«Siamo stati fortunati perché la supernova era vicina e molto luminosa, da 5 a 10 volte più luminosa rispetto alle altre supernove di tipo Ic» ha spiegato Kilpatrick, «il che potrebbe aver reso il progenitore più facile da trovare. Sembra che la maggior parte delle supernove di tipo Ic siano meno massicce e quindi meno luminose, e questo è il motivo per cui non siamo stati in grado di trovarle».

Quello che si pensava infatti, era che, essendo le supernovae di Tipo Ic carenti di idrogeno e elio, provenissero da stelle così grosse, in grado di espellere questi materiali con violenti venti stellari, prima di esplodere in supernovae. Cosa che però avrebbe richiesto appunto progenitrici particolarmente massicce e luminose, che invece non sono mai state individuate. Troppo lontane per i nostri telescopi o piuttosto sistemi stellari più modesti ma costituiti da stelle così vicine da permettere alla componente più piccola di spogliare quella più grande da tali materiali?

Purtroppo però l’immagine di Hubble non è a sufficiente risoluzione da dirimere la cosa. Questa scoperta non solo potrebbe colmare alcune lacune nella nostra conoscenza di come le stelle si comportino quando raggiungono la fine della loro vita, ma potrebbe fornire anche agli astronomi l’opportunità di saperne di più sui processi di formazione e di evoluzione delle stelle nel nostro Universo. Quando i telescopi di prossima generazione saranno disponibili, sarà possibile ottenere informazioni vitali per chiarire queste questioni.

«Chiarire questi due possibili scenari che porterebbero alla formazione di supernove di tipo Ic ha un impatto sulla nostra comprensione dell’evoluzione e della formazione stellare, incluso il modo in cui le masse di stelle sono distribuite quando nascono e quante stelle si formano nei sistemi binari interagenti», conclude Ori Fox, ricercatore presso il Space Telescope Science Institute (STScI) di Baltimore.

I condizionali sono però ancora d’obbligo, le due squadre potranno infatti confermare l’identità della stella progenitrice solo quando la supernova affievolirà, nell’arco di circa due anni. In questo momento, la speranza è di poter utilizzare il James Webb Space Telescope (JWST) della NASA, il cui lancio è programmato nel 2021, per riuscire a vedere se la stella progenitrice della SN 2017ein sia svanita oppure se abbia almeno significativamente abbassato la sua luminosità e per poter studiare le stelle nei suoi dintorni per compiere misurazioni più accurate relative alla sua luminosità e massa.


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