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L’Universo in una foto 3 edizione – Contest Fotografico

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Tempo di lettura: 3 minuti

Ami scattare fotografie? Partecipa alla 3a edizione del concorso “L’Universo in una foto” in cui luna, pianeti, stelle, ma anche nebulose e galassie la fanno da padrone.

Il concorso, a partecipazione gratuita e giunto alla sua terza edizione, è rivolto a tutti i fotografi del cielo notturno, sia astrofotografi professionisti che semplici appassionati, e vuole stimolare l’interesse per l’astronomia tramite l’uso creativo della fotografia.

Tre i temi in cui si articola il concorso:


1. Skyscapes: immagini di paesaggi naturali o soggetti architettonici urbani nelle quali il cielo notturno è un elemento significativo


2. Solar System: immagini di pianeti e oggetti celesti facenti parte del Sistema Solare;


3. Deep Sky: immagini di soggetti astronomici o eventi ad essi collegati, ripresi con fotocamera.


Per partecipare al contest è necessario inviare il materiale tramite il servizio WeTransfer all’indirizzo di posta elettronica sichardtcafe@gmail.com a partire dal 15 giugno ed entro e non oltre il 15 settembre 2024 – ore 23:59.

La Giuria sarà formata da Martina De Maio, astrofisica – Area Astronomia della Fondazione Museo Civico; Gianni Pasquali, astrofilo dedito alla divulgazione, affiliato all’Associazione Internazionale Astronomers Without Borders ed a Volunteer Translator ESO Science Outreach Representative; Adriano Frisanco, fotografo professionista che si occupa di fotografia pubblicitaria, industriale editoriale e di documentazione; Aldo Frisinghelli del Circolo Fotografico l’Immagine di Rovereto e Molisella Lattanzi direttrice della rivista Coelum Astronomia.

Le foto premiate potranno avere abbonamenti omaggio alla rivista Coelum o ingresso gratuito e visite guidate al Planetario del Museo Civico, unico in Italia a unire la precisione della visione del cielo notturno grazie al sistema analogico e i viaggi interplanetari e interstellari garantiti dai più recenti proiettori digitali fulldome.

Il concorso si concluderà con l’allestimento di una mostra temporanea a ingresso gratuito al Museo della Città di Rovereto nella quale saranno esposte le astrofotografie più meritevoli.

ORGANIZZATORI

Sichardt Cafè di Canta Mattia con la collaborazione della Fondazione Museo Civico di Rovereto, dell’associazione CCF Centro Cultura Fotografica @Trento, del Circolo Fotografico l’Immagine di Rovereto e media partner ufficiale la rivista Coelum Astronomia.

TEMA DELLA MANIFESTAZIONE

Dopo il successo della precedenti edizioni, ispirate dalle novità che hanno coinvolto il Planetario della Fondazione Museo Civico di Rovereto, il Sichardt Cafè ha maturato l’idea di rilanciare questo concorso volto a stimolare l’interesse per l’astronomia tramite l’uso creativo della fotografia, coinvolgendo nuovamente la stessa Fondazione Museo Civico.
I partecipanti sono invitati a fotografare la volta celeste in tutte le sue meraviglie… Luna, pianeti, stelle ma anche nebulose e galassie, cercando di coglierli in maniera creativa ed emozionale.
In particolare il contest si articola in tre sezioni:

  1. Skyscapes: immagini di paesaggi naturali o soggetti architettonici urbani nelle quali il cielo notturno è un elemento significativo;
  2. Solar System: immagini di pianeti e oggetti celesti facenti parte del Sistema Solare;
  3. Deep Sky: immagini di soggetti astronomici o eventi ad essi collegati, ripresi con fotocamera.

PARTECIPANTI

Possono partecipare al contest: fotografi, appassionati di fotografia, ma anche semplici utenti che vogliano cimentarsi con l’argomento proposto, che cercano nelle loro notti insonni di catturare la bellezza del cielo. I partecipanti che non hanno compiuto la maggiore età alla data di inizio del contest dovranno avere l’autorizzazione dei genitori o di chi ne fa le veci.
La partecipazione è gratuita.
Sono esclusi dal contest i membri della giuria.

Requisiti e caratteristiche tecniche delle immagini

Ogni partecipante potrà presentare solo una fotografia in b/n o a colori con inquadratura verticale, orizzontale o panoramica per ogni categoria.
È possibile presentare immagini trattate in post produzione con mezzi digitali o analogici purché, alla base, abbiano una o più immagini di natura fotografica (esibibile in originale RAW, JPEG, TIFF, su semplice richiesta della giuria – la mancata esibizione dell’originale comporterà l’esclusione dal concorso).
Le foto dovranno essere in formato jpg (o jpeg) a 300dpi, con il lato lungo di 3000 px e peso non superiore a 10Mb per ciascuna foto.
Le foto non dovranno contenere alcun “watermark” o riferimenti all’autore dello scatto (ad esempio nei dati EXIF), in modo da garantire la completa imparzialità della giuria.
Previo accordo con l’autore potranno essere richieste altre versioni dello scatto (formato del file, dimensioni, risoluzione) se questo verrà selezionato per altri utilizzi (stampe, promozione pubblicitaria).
Attenzione: non saranno ritenute valide le fotografie già inviate nelle precedenti edizioni.

Il REGOLAMENTO completo è disponibile QUI

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ANDES, VIA LIBERA ALLO STRUMENTO CHE CI DIRÀ DOVE C’È VITA SU ALTRI MONDI

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ANDES
Roberto Ragazzoni, the President of Italy’s National Institute for Astrophysics (INAF), and Xavier Barcons, ESO’s Director General, signed an agreement for the design and construction of the ANDES instrument. ANDES, the ArmazoNes high Dispersion Echelle Spectrograph, will be installed on ESO’s Extremely Large Telescope (ELT), and it will tackle a variety of astronomical questions, from searching for signs of life in exoplanets to testing variations of physical constants.

Tempo di lettura: 4 minuti

ANDES, VIA LIBERA ALLO STRUMENTO CHE CI DIRÀ DOVE C’È VITA SU ALTRI MONDI

L’ESO ha firmato l’accordo con un consorzio internazionale guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) per la progettazione e la costruzione di ANDES, uno strumento di altissima tecnologia che sarà installato sull’ Extremely Large Telescope (ELT) dell’ESO, in costruzione sulle Ande cilene. ANDES verrà utilizzato per cercare segni di vita negli esopianeti e studiare le prime stelle che si sono accese nell’Universo, ma anche per testare le variazioni delle costanti fondamentali della fisica e misurare l’accelerazione dell’espansione dell’Universo.

 

L’accordo è stato firmato dal Direttore Generale dell’European Southern Observatory (ESO) Xavier Barcons e da Roberto Ragazzoni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Ente che guida il consorzio ANDES. Alla cerimonia della firma erano presenti anche Sergio Maffettone, Console Generale d’Italia a Monaco di Baviera, e Alessandro Marconi dell’Università di Firenze e associato INAF, Principal Investigator di ANDES, oltre ad altri rappresentanti dell’ESO, dell’INAF e del consorzio ANDES, che vede la partecipazione di Istituti, Università ed Enti di Ricerca di 13 Paesi. La firma ha avuto luogo presso il quartier generale dell’ESO a Garching, in Germania.

“ANDES è una macchina che sfrutta molte delle tecnologie sviluppate in Italia e che complementa gli sforzi che come INAF stiamo facendo per individuare mondi alieni” commenta Roberto Ragazzoni, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Poterne analizzare chimicamente la composizione delle atmosfere è uno di quei problemi formidabili che mettono a dura prova la filiera tecnologica sia della ricerca che industriale. Anche se al limite delle sue capacità, potrebbe riuscire a fornire misure dirette della espansione dell’universo, ma certamente aprire nuovi quesiti che solleciteranno ulteriori sviluppi tecnologici, in un circolo virtuoso che l’INAF porta avanti da tempo”.

ANDES
Lo strumento ELT ad alta risoluzione ANDES (precedentemente noto come HIRES) consentirà agli astronomi di studiare oggetti astronomici che richiedono osservazioni altamente sensibili. Verrà utilizzato per cercare segni di vita negli esopianeti simili alla Terra, trovare le prime stelle nate nell’Universo, testare possibili variazioni delle costanti fondamentali della fisica e misurare l’accelerazione dell’espansione dell’Universo.

Precedentemente denominato HIRES, ANDES (ArmazoNes high Dispersion Echelle Spectrograph) è un sofisticato spettrografo, uno strumento che divide la luce nelle lunghezze d’onda che la compongono in modo che gli astronomi possano determinare importanti proprietà degli oggetti astronomici, come la loro composizione chimica. Lo strumento avrà prestazioni senza precedenti nelle osservazioni in luce visibile e nel vicino infrarosso e, in combinazione con il potente sistema di specchi ed ottica adattiva che costituiscono ELT, consentirà enormi passi in avanti nello studio dell’Universo.

“ANDES è uno strumento con un enorme potenziale per scoperte scientifiche rivoluzionarie, che possono influenzare profondamente la nostra percezione dell’Universo ben oltre la comunità di scienziati”, afferma Alessandro Marconi.

ANDES permetterà di realizzare indagini dettagliate delle atmosfere di esopianeti simili alla Terra, consentendo agli astronomi di analizzare la loro composizione, alla ricerca di tracce legate alla presenza di vita. Sarà anche in grado di analizzare elementi chimici in oggetti lontani nell’Universo primordiale, rendendolo probabilmente il primo strumento in grado di rilevare le firme delle stelle di Popolazione III , le prime stelle in assoluto che si sono formate nell’Universo. Inoltre, gli astronomi saranno in grado di utilizzare i dati ANDES per verificare se le costanti fondamentali della fisica variano nel tempo e nello spazio. I suoi dati saranno utilizzati anche per misurare direttamente l’accelerazione dell’espansione dell’Universo, uno degli enigmi ancora insoluti dell’astrofisica.

Il contributo di INAF ad ANDES, oltre alla responsabilità di gestione manageriale e ingegneristica del progetto a livello di sistema e di sviluppo software (con le sedi coinvolte di Trieste per il management, Milano per l’ingegneria del sistema e Bologna per la parte di collegamento scientifico), copre anche la progettazione e la successiva realizzazione opto-meccanica e software, di alcuni moduli che compongono ANDES. In particolare, la sede INAF di Firenze con i contributi di quelle di Trieste e Brera è responsabile sia del collegamento in fibra ottica che consentirà il passaggio della luce tra i vari moduli di ANDES che del modulo di ottica adattiva. Oltre all’aspetto tecnologico, quello scientifico vede la partecipazione di ricercatrici e ricercatori di quasi tutte le sedi INAF, con quella di Trieste responsabile anche del coordinamento del pacchetto scientifico che studierà le galassie ed il mezzo intergalattico.

ANDES
L’Extremely Large Telescope (ELT) sarà posizionato sulla cima del Cerro Armazones, a circa 3.046 metri di altezza nel deserto cileno di Atacama, circondato da viste mozzafiato sulle pianure sottostanti. Questa immagine (un rendering artistico) mostra come apparirà il telescopio in cima alla montagna. Il livellamento della cima del Cerro Armazones, in preparazione alla costruzione dell’ELT, è stato completato nel 2015.

Il telescopio ELT dell’ESO è attualmente in costruzione nel deserto di Atacama, nel nord del Cile. Quando entrerà in funzione alla fine di questo decennio, l’ELT sarà il più grande telescopio mai costruito al mondo, che aprirà letteralmente una nuova era nell’astronomia da Terra.

Per maggiori informazioni

https://andes.inaf.it/

https://elt.eso.org/

L’articolo completo a cura di Alessandro Sozzetti sullo strumento ANDES è su COELUM ASTRONOMIA N°264

Chang’e-6: La Cina Conquista la Faccia Nascosta della Luna

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Tempo di lettura: 5 minuti

Chang’e-6: La Cina Conquista la Faccia Nascosta della Luna

La missione Chang’e-6, lanciata il 3 maggio 2024 dalla base di Wenchang con un razzo Long March 5, rappresenta un ulteriore passo avanti per la Cina nell’esplorazione lunare.

Dopo un viaggio di quattro giorni, la sonda ha raggiunto l’orbita lunare, dove ha iniziato a studiare il sito di atterraggio previsto. Il 1° giugno 2024, Chang’e-6 ha effettuato un atterraggio morbido nel cratere Apollo, situato nella regione del bacino Polo Sud-Aitken (SPA) sulla faccia nascosta della Luna. Questa zona è particolarmente interessante per gli scienziati, poiché si ritiene che possa contenere indizi cruciali sulla storia e l’evoluzione della Luna e del sistema solare.

Le attività della sonda

Il lander di Chang’e-6 ha iniziato immediatamente le operazioni di raccolta dei campioni. Entro 48 ore dall’atterraggio, ha esteso un braccio robotico per prelevare materiali dalla superficie e ha utilizzato un trapano per raccogliere campioni da una profondità di circa 2 metri. Il 3 giugno 2024, il modulo ascendente, contenente circa 2 kg di campioni di suolo e rocce, si è sollevato dalla superficie lunare e ha raggiunto l’orbita, dove si è agganciato al modulo orbitante. I campioni saranno trasferiti al modulo di rientro, progettato per proteggere il materiale durante il rientro nell’atmosfera terrestre, e saranno riportati sulla Terra, con l’atterraggio previsto nella regione di Siziwang Banner, in Mongolia Interna, Cina, il 25 giugno 2024.

La missione Chang’e-6 durerà complessivamente 53 giorni e prevede diverse fasi complesse, simili a quelle della missione Chang’e-5 del 2020, che ha riportato campioni dalla faccia visibile della Luna. Tuttavia, Chang’e-6 affronta sfide uniche, essendo la prima missione a riportare campioni dalla faccia nascosta della Luna, che non è visibile direttamente dalla Terra e richiede l’uso del satellite di comunicazione Queqiao-2 per trasmettere i dati tra la sonda e il centro di controllo missione sulla Terra.

Dettagli tecnici

Dal punto di vista tecnico, la missione Chang’e-6 è un capolavoro di ingegneria. La sonda è composta da quattro elementi principali: un orbiter, un lander, un ascender e un modulo di rientro. L’orbiter rimane in orbita lunare per facilitare le comunicazioni e le operazioni di navigazione, mentre il lander, equipaggiato con strumenti scientifici avanzati, effettua le operazioni di campionamento. L’ascender è responsabile del trasporto dei campioni in orbita, dove saranno trasferiti all’orbiter per il viaggio di ritorno verso la Terra. Il modulo di rientro è progettato per proteggere i campioni durante il rientro nell’atmosfera terrestre e garantire un atterraggio sicuro.

Chang'e-6 lato nascosto luna
La sonda ultimata prima del lancio. Crediti CNSA

Gli strumenti a bordo del lander includono un braccio robotico per la raccolta dei campioni, un trapano capace di raggiungere una profondità di circa 2 metri per prelevare campioni sotterranei, e vari sensori e analizzatori per esaminare le proprietà fisiche e chimiche del suolo lunare. Questi strumenti permettono agli scienziati di raccogliere dati preziosi che contribuiranno a una migliore comprensione della storia e dell’evoluzione della Luna.

Le Comunicazioni

Un altro aspetto cruciale della missione è la comunicazione. Utilizzando il satellite Queqiao-2, la missione supera le difficoltà di comunicazione dovute alla mancanza di linea diretta di vista tra la faccia nascosta della Luna e la Terra. Queqiao-2 funge da ponte di comunicazione, trasmettendo i dati raccolti dal lander al centro di controllo missione sulla Terra.

Il satellite Queqiao-2 in una riproduzione artistica in orbita intorno alla Luna

I progetti dell’esplorazione lunare cinese

La missione Chang’e-6 rappresenta un notevole avanzamento nelle capacità esplorative della Cina, posizionandola come uno dei leader globali nell’esplorazione spaziale. Con il successo delle sue missioni lunari, la Cina continua a prepararsi per future missioni con equipaggio umano e la costruzione di una stazione di ricerca lunare internazionale entro la fine degli anni ’30. Il programma lunare Chang’e, iniziato con le missioni orbitali Chang’e-1 e Chang’e-2, e proseguito con le missioni di atterraggio Chang’e-3 e Chang’e-4, ha mostrato una progressione costante in termini di complessità e ambizione.

Oltre a raccogliere campioni e dati scientifici, la missione Chang’e-6 ha anche l’obiettivo di testare tecnologie chiave per future missioni con equipaggio umano. La Cina ha piani ambiziosi per l’esplorazione spaziale, con missioni programmate per valutare le risorse potenziali nella regione polare sud della Luna e per costruire una stazione di ricerca lunare internazionale entro la fine degli anni ’30. Questi sforzi sono parte di un piano più ampio che prevede la collaborazione internazionale e lo sviluppo di tecnologie avanzate per l’esplorazione spaziale.

In sintesi, la missione Chang’e-6 è un passo significativo verso una nuova era di esplorazione spaziale. Con il successo delle sue missioni lunari, la Cina sta costruendo le basi per una presenza sostenibile sulla Luna e oltre, aprendo la strada a nuove scoperte scientifiche e a un futuro di esplorazione interplanetaria.

Riepilogo della Missione Chang’e-6

Lancio e Arrivo:

  • La sonda Chang’e-6 è stata lanciata il 3 maggio 2024, utilizzando un razzo Long March 5 dalla base di lancio di Wenchang.
  • Ha raggiunto l’orbita lunare dopo circa quattro giorni di viaggio.

Fase di Atterraggio:

  • Dopo aver orbitato e studiato la superficie per alcune settimane, la sonda ha effettuato un atterraggio morbido il 1° giugno 2024, all’interno del cratere Apollo, situato nel bacino Polo Sud-Aitken (SPA) sulla faccia nascosta della Luna.
  • Questa regione è particolarmente interessante per gli scienziati poiché si ritiene possa contenere indizi cruciali sulla storia e l’evoluzione della Luna e del Sistema Solare.

Operazioni di Raccolta Campioni:

  • Il lander ha iniziato le operazioni di raccolta campioni entro 48 ore dall’atterraggio.
  • Utilizzando un braccio robotico e un trapano, ha prelevato campioni di suolo e rocce sia dalla superficie sia da una profondità di circa 2 metri.
  • I campioni raccolti sono stati trasferiti al modulo ascendente, che si è sollevato dalla superficie lunare il 3 giugno 2024 e ha raggiunto l’orbita lunare per l’aggancio con l’orbiter​.

Ritorno sulla Terra:

  • Il modulo di rientro, contenente i campioni, sarà lanciato verso la Terra e si prevede che atterri nella regione di Siziwang Banner, in Mongolia Interna, Cina, il 25 giugno 2024.
  • La missione avrà una durata totale di 53 giorni​.

Aspetti Tecnici della Missione

Componenti Principali della Sonda:

  • Orbiter: Resta in orbita lunare per facilitare le comunicazioni e le operazioni di navigazione.
  • Lander: Equipaggiato con strumenti scientifici avanzati per la raccolta e l’analisi dei campioni.
  • Ascender: Trasporta i campioni raccolti in orbita lunare per il trasferimento all’orbiter.
  • Modulo di Rientro: Progettato per proteggere i campioni durante il rientro nell’atmosfera terrestre e garantire un atterraggio sicuro​​.

Strumenti a Bordo:

  • Braccio Robotico: Utilizzato per raccogliere campioni dalla superficie.
  • Trapano: Perforatore capace di raggiungere una profondità di circa 2 metri per prelevare campioni sotterranei.
  • Sensori e Analizzatori: Per esaminare le proprietà fisiche e chimiche del suolo lunare​​.

Comunicazioni:

  • Utilizzo del satellite Queqiao-2 per la trasmissione dei dati tra la faccia nascosta della Luna e la Terra, superando le difficoltà di comunicazione dovute alla mancanza di linea diretta di vista​​.

Per ulteriori dettagli, puoi consultare l’articolo completo su SpaceNewsSpace.com


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Problemi per Hubble Space Telescope, l’età avanza

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Problemi Hubble Space Telescope
Un membro dell'equipaggio della STS-125 a bordo dello Space Shuttle Atlantis ha catturato questa immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA il 19 maggio 2009. La NASA ha detto che il telescopio è entrato in uno stato di ibernazione più di una settimana fa quando uno dei suoi giroscopi -- parte del sistema di puntamento -- è risultato malfunzionante. Hubble è rimasto al sicuro ma inattivo fino a martedì 4 giugno 2024 quando i tecnici hanno stabilito che Hubble continuerà a funzionare ma con un unico giroscopio. Credit: NASA

Tempo di lettura: 2 minuti

Problemi Recenti per Hubble Space Telescope

Negli ultimi mesi, l’Hubble Space Telescope ha affrontato diversi problemi tecnici che hanno portato alla sospensione temporanea delle sue operazioni scientifiche. Il principale tra questi problemi riguarda uno dei giroscopi, strumenti fondamentali per mantenere l’orientamento e la stabilità del telescopio nello spazio. Questo articolo esamina le recenti difficoltà tecniche di Hubble, le possibili soluzioni, e il futuro di questo strumento iconico.

Problemi Principali

Il 24 maggio 2024, Hubble è entrato in modalità sicura a causa di letture errate da parte di uno dei suoi tre giroscopi operativi. I giroscopi sono cruciali per determinare la direzione in cui il telescopio è puntato e per mantenerlo stabile durante le osservazioni. Questa non è la prima volta che Hubble affronta problemi con i giroscopi; una situazione simile si era verificata a novembre 2023, quando un altro giroscopio aveva causato l’interruzione delle operazioni scientifiche​​.

Durante l’ultima missione di servizio dello Space Shuttle nel 2009, furono installati sei nuovi giroscopi. Attualmente, tre di questi sono ancora funzionanti, inclusa l’unità che ha recentemente mostrato problemi. Anche se Hubble può operare con un solo giroscopio, questa configurazione ridurrebbe la sua efficienza e capacità di osservazione.

Soluzioni e Piani Futuri

Il team di ingegneri della NASA sta lavorando per identificare soluzioni a breve termine, tra cui la possibilità di riconfigurare Hubble per operare con un solo giroscopio, mantenendo gli altri come riserva. Questa soluzione permetterebbe al telescopio di continuare a funzionare, sebbene con alcune limitazioni operative con un’incidenza pari al circa il 12%. Inoltre, è in corso uno studio di fattibilità per una possibile missione di servizio privata che potrebbe coinvolgere SpaceX. Tale missione avrebbe l’obiettivo di riparare o ri-boostare Hubble, mantenendolo in un’orbita più stabile e prolungandone la vita operativa​​.

La collaborazione con SpaceX, nell’ambito del programma Polaris, potrebbe vedere l’utilizzo della Crew Dragon per un intervento sul telescopio. Questa possibilità è ancora in fase di valutazione, e non ci sono ancora dettagli specifici sui passi successivi. Tuttavia, questa missione rappresenterebbe un’opportunità per dimostrare le capacità di servizio satellitare in orbita da parte di aziende private​.

Contesto Storico e Significato

Lanciato nel 1990, Hubble ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo, fornendo immagini straordinarie e dati scientifici di inestimabile valore. Durante i suoi oltre trent’anni di servizio, Hubble ha subito cinque missioni di manutenzione da parte degli astronauti dello Space Shuttle, che hanno permesso di aggiornarne gli strumenti e prolungarne la vita operativa​.

Nonostante la sua età, Hubble continua a essere un asset scientifico di grande valore. Le sue osservazioni hanno contribuito a scoperte fondamentali in astrofisica, dall’espansione accelerata dell’universo alla caratterizzazione di pianeti extrasolari. NASA prevede che Hubble continuerà a fare scoperte significative collaborando con altri osservatori, come il telescopio spaziale James Webb, almeno per il prossimo decennio​.

Conclusione

In conclusione, nonostante i recenti problemi tecnici, il Telescopio Spaziale Hubble rimane uno strumento insostituibile per l’astronomia e dovrebbe arrivare ancora operativo al 2035 anno previsto per l’interruzione delle sue funzioni. Le soluzioni in corso di studio, inclusa la possibilità di una missione di servizio privata, offrono speranze per la continuazione delle operazioni scientifiche di Hubble. Con il supporto di nuove tecnologie e collaborazioni, Hubble potrebbe continuare a esplorare l’universo per molti anni a venire, affermando ancora una volta il suo ruolo centrale nella ricerca astronomica.

Fonti


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WASP-77 A b: migliorati i dati grazie alla Citizen Science

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Il grafico è la rappresentazione di curve di luce impilate derivante dall'analisi di adattamento globale descritta in Global Fits of Citizen Science e TESS Transit Data for Comparison Sezione 4.3 e 5.1 di WASP-77 A b.

Tempo di lettura: 4 minuti

Migliorare le effemeridi degli esopianeti sfruttando i dati scientifici dei professionisti e dei cittadini: un caso di Citizen Science con WASP-77 A b

 

Grazie all’aumento della capacità di trasferimento dati delle nostre reti, la Citizen Science è oramai da diversi anni uno strumento solido e confermato per assistere ed aiutare la ricerca professionale. Un intervento che si dimostra deciso soprattutto quando ogni indagine richiede di miscelare molti dati raccolti da più fonti.

L’articolo, suggerito alla redazione da Nicoletta Iannascoli, coautrice dello studio, illustra come con il giusto impegno sia oggi possibile contribuire alla ricerca mondiale addirittura facilitando il lavoro del colossale James Webb Space Telescope JWST.

Lo studio aiuta a definire meglio i parametri dell’esopianeta WASP-77A b così da facilitare e ottimizzare in termini di precisione le osservazioni future.

Complimenti dalla Redazione di COELUM a tutti i coautori dell’articolo per l’ottimo risultato e l’espressione di grande professionalità!

Abstract

Presentiamo le effemeridi aggiornate e i parametri fisici per l’esopianeta WASP-77A b combinando 64 osservazioni di transito da terra e dallo spazio, 6 osservazioni di eclissi dallo spazio e 32 osservazioni di velocità radiale così da produrre la soluzione orbitale più precisa per questo target fino ad oggi raggiunta. Una simile ottimizzazione aiuterà la pianificazione del James Webb Space Telescope (JWST) e le osservazioni di Ariel negli studi atmosferici.

In risultato dei nuovi calcoli emerge:

  • un nuovo periodo orbitale pari a 1.360029395±5.7×10-8 giorni,
  • un nuovo tempo di transito intermedio di2459957.337860±4.3×10-5 BJDTDB (data giuliana baricentrica nella scala temporale dinamica baricentrica; Eastman et al. (2010) )
  • un nuovo tempo di metà eclissi di2459956.658192±6.7×10-5 BJDTDB.

I metodi utilizzati inoltre contribuiscono a ridurre le incertezze sulla massa del pianeta di 1.6654±4.5×10-3𝑀𝐽⁢⁢𝑃⁢ e periodo orbitale 1.360029395±5.7×10-8 giorni rispettivamente per fattori pari a 15,1 e 10,9.

Attraverso un confronto congiunto dell’analisi di adattamento dei dati di transito presi da iniziative spaziali e guidate dalla ricerca amatoriale, il nostro studio dimostra il potere di includere i dati raccolti dagli cittadini rispetto all’adattamento dei soli dati spaziali. Inoltre, includendo una vasta gamma di dati di citizen science provenienti da ExoClock, Exoplanet Transit Database (ETD) e Exoplanet Watch, è possibile aumentare la base di osservazioni e quindi migliorare costantemente il calcolo delle effemeridi rispetto a ciò che sarebbe ottenibile con i soli dati TESS.

Introduzione

Determinare correttamente le effemeridi di transito di un pianeta è essenziale per la pianificazione efficiente delle osservazioni di follow-up (Zellem et al.,2020) con telescopi come il telescopio spaziale James Webb (JWST), il telescopio spaziale Hubble (HST) o l’imminente missione Ariel, il cui lancio è previsto per il 2029, e che osserverà le atmosfere di 1.000 esopianeti.

Effemeridi accurate aiutano a garantire che questi telescopi spaziali altamente competitivi siano utilizzati nel modo più efficiente possibile per massimizzare la loro produzione scientifica contribuendo a ridurre le spese generali.

I tempi medi di transito precisi dell’esopianeta, per cui un pianeta passa direttamente davanti alla sua stella ospite, sono cruciali per caratterizzare l’atmosfera di un esopianeta attraverso la spettroscopia di trasmissione.

A causa delle incertezze delle effemeridi, i buffer del tempo di osservazione devono essere inclusi prima e dopo il tempo di transito intermedio previsto per garantire che l’intero transito venga catturato oltre alle misurazioni di base pre e post transito del solo flusso della stella ospite. Man mano che un pianeta completa orbite aggiuntive attorno alla sua stella ospite, le incertezze sul suo tempo di transito intermedio aumentano, creando la necessità di ripetute osservazioni di follow-up e nuove analisi.

Poiché il numero di esopianeti e candidati esopianeti confermati continua ad aumentare, le previsioni dicono che supereranno i 10.000 esemplari solo dalla missione TESS della NASA, ci sarà una forte domanda di effemeridi aggiornate sugli esopianeti per consentire analisi ottimizzate.

Studi precedenti hanno dimostrato che è possibile aggiornare con successo il tempo di transito medio di un esopianeta attraverso collaborazioni con professionisti e “scienziati cittadini” che utilizzano piccoli telescopi terrestri.

Fra gli esempi quello degli studenti iscritti a un corso di ricerca completamente online presso l’Arizona State University che hanno acquisito osservazioni del pianeta WASP-104 b effettuate con un telescopio robotico da 6 pollici a terra. Gli studenti sono stati in grado di migliorare l’incertezza sul tempo di transito intermedio per questo particolare obiettivo del 2,7% rispetto alla pubblicazione più recente. Sforzi come questi gettano le basi per continue collaborazioni scientifiche tra professionisti e cittadini che possono aiutare con il mantenimento delle effemeridi degli esopianeti.

Insieme al tempo di transito medio di un pianeta, anche il tempo di metà eclissi è un parametro cruciale per gli astronomi che caratterizzano le atmosfere esoplanetarie.

Durante l’eclissi, il pianeta passa dietro la stella che così ne blocca temporaneamente la luce riflessa e l’emissione termica. Le eclissi, quando il pianeta passa dietro la sua stella ospite, consentono agli astronomi di misurare la luce riflessa e l’emissione termica di un pianeta. Determinare il tempo di metà eclissi di un pianeta quando un’eclissi ancora non è stata osservata in precedenza, richiede non solo di conoscere bene il suo tempo di transito medio, ma anche di sapere qual è l’eccentricità della sua orbita e quanto passa al periastro, parametri che possono essere dedotti dalle misurazioni della velocità radiale. Pertanto, l’inclusione dei dati di velocità radiale nell’analisi migliora significativamente la precisione nella previsione del transito e dei tempi dell’eclissi, e l’orbita del pianeta per la pianificazione delle osservazioni JWST e Ariel.

In questo sforzo, utilizziamo WASP-77 A b per dimostrare la potenza della combinazione di un’ampia gamma di dati fotometrici di transito ed eclissi (raccolti sia da scienziati cittadini che da telescopi spaziali) con dati di archivio sulla velocità radiale per acquisire parametri orbitali e planetari precisi. WASP-77 A b, un Giove caldo in orbita attorno a una stella di tipo spettrale G8 V con V-mag = 10,294 ± 0,007.

WASP-77A b: migliorati i dati grazie alla Citizen Science

Vi invitiamo a leggere l’articolo completo e relativi riferimenti su arXiv:2405.19615v1

 

News da Marte #29: tempeste solari e di sabbia

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Tempo di lettura: 10 minuti

Bentornati su Marte nella sezione News da Marte!

Questo aggiornamento sulle attività dei rover NASA sarà un po’ più mirato del solito e si focalizzerà principalmente su due tipi di tempeste, di sabbia e solari, e le loro conseguenze. Nella seconda parte ci divertiremo poi a indagare il Sole grazie all’occhio acutissimo di Perseverance. Si parte!

Il massimo del ciclo solare

Maggio è stato un mese di grandissimo interesse per chi si occupa di scienza del Sole. Ci avviciniamo al picco di attività della nostra stella all’interno del ciclo di 11 anni, e gli strepitosi fenomeni di aurore e SAR osservati sulla Terra sino a latitudini tropicali ne sono stati la prova.

Su Marte la NASA non si farà trovare impreparata in quanto ha due apparati pronti non solo per rilevare ma anche misurare l’intensità delle eruzioni solari e i fenomeni che ne conseguono.

MAVEN

Il primo di questi apparati si trova in orbita ed è la sonda MAVEN, acronimo di Mars Atmosphere and Volatile Evolution. La missione del satellite, iniziata nel settembre 2014, è focalizzata sulla misurazione della fuga dell’atmosfera di Marte, cercare di comprenderne l’evoluzione nel tempo e da qui dedurre quale fosse il clima del pianeta nel suo passato.

NASA/GFSC

Non è poi un caso che MAVEN sia progettata anche per rilevare radiazioni e influenza del vento solare; infatti i picchi di attività della nostra stella, su un pianeta privo di campo magnetico globale come Marte, riescono a soffiare via l’atmosfera durante tempeste solari particolarmente violente.

I modelli climatici prevedono che le stagioni marziane più calde, oltre a produrre le celebri tempeste di sabbia che talvolta arrivano ad avvolgere l’interno pianeta, riscaldino e “gonfino” significativamente l’atmosfera. In essa si trova miscelato anche il vapore acqueo che sublima dai ghiacci e che viene così investito dal vento solare e disperso nello spazio. Questo processo, ripetuto nel corso di miliardi di anni, potrebbe aver avuto il potenziale di trasformare un mondo umido nell’attuale deserto arido che è Marte.

Un cruciale fattore di riscaldamento globale del pianeta giunge dal suo posizionamento in perielio, punto di massima vicinanza al Sole. L’orbita di Marte ha una marcata eccentricità e questo fa sì che nel punto di perielio il pianeta riceva quasi il 50% di radiazione e calore in più rispetto all’afelio.

La stagione delle tempeste di sabbia è attualmente in corso. Siamo infatti a ridosso del perielio (avvenuto l’8 maggio) e quest’anno in concomitanza, come detto, di un periodo di intensa attività solare. MAVEN sta sfruttando questa sovrapposizione di eventi per compiere studi alla ricerca di conferme sperimentali sulla validità delle teorie attuali sulla fuga dell’atmosfera.

Curiosity

Il secondo apparato messo in campo dalla NASA per studiare gli attuali picchi di attività solare è il rover Curiosity. Insieme agli strumenti per l’analisi chimica delle rocce e le numerose camere, il robot monta sulla propria plancia uno strumento chiamato RAD. Il nome è l’acronimo di Radiation Assessment Detector e si tratta di un rilevatore di particelle altamente energetiche.

NASA/JPL-Caltech/MSSS

RAD studia la radiazione solare che filtra nell’atmosfera e colpisce la superficie di Marte. Queste particelle hanno sufficiente energia per spezzare le molecole organiche, inducendo dei processi che danneggiano le eventuali tracce fossili di vita batterica che rappresentano gli attuali obiettivi di studio sul Pianeta Rosso. Ma gli scopi di RAD non si fermano qui: lo strumento sta fornendo indicazioni sulle schermature di cui i futuri habitat umani dovranno essere dotati per fornire un sufficiente livello di sicurezza ai primi astronauti che metteranno piede su Marte. Prima ancora dell’atterraggio sul pianeta nel 2012 a bordo di Curiosity, RAD ha misurato la radiazione nello spazio interplanetario, anche in questo caso con lo scopo di quantificare la pericolosità di un viaggio spaziale per un equipaggio.

Gli strumenti di MAVEN e il RAD di Curiosity si completano a vicenda, potremmo dire: i detector del satellite sono sensibili alle radiazioni a bassa energia mentre RAD rileva quelle estremamente più energetiche che riescono a penetrare l’atmosfera e arrivare sino alla superficie. Per questa ragione capita che i team del rover e della sonda lavorino fianco a fianco per caratterizzare da prospettive differenti un medesimo evento solare.

Vedremo probabilmente in uscita nei prossimi mesi qualche news o paper scientifico basato sulle rilevazioni che questi due apparati stanno portando avanti.

A caccia dell’aurora

Il 14 maggio la macchia solare AR3664, balzata ai proverbiali onori delle cronache in quanto responsabile pochi giorni prima delle aurore più potenti dal 2003 a oggi, era ormai sul bordo orientale del Sole. Forse intenzionata a dare un saluto memorabile alla Terra, quel giorno ha prodotto un flare di classe X8.79, il più potente del Ciclo Solare 25.

news da marte
Immagine a 131 Å del satellite Solar Dynamics Observatory. NASA/SDO/AIA team

Ma mentre la conseguente espulsione di massa coronale non ha interessato la Terra a causa della posizione al confine del disco solare, AR3664 era orientata in direzione di Marte.

Sul Pianeta Rosso, a causa dell’assenza di un campo magnetico, l’interazione tra le particelle cariche del vento solare e l’atmosfera non è concentrata sui poli come sulla Terra ma appare come un’aurora diffusa globale. Gli aggiornamenti NASA sulle attività del rover Curiosity riportano che i tecnici abbiano deciso qualche giorno dopo la CME di svolgere un’osservazione notturna del cielo con le MastCam del rover alla ricerca dell’elusivo bagliore aurorale. L’attività è stata eseguita nella tarda serata del Sol 4189, producendo complessivamente 24 immagini a lunga esposizione (12 per ciascuna camera) a intervalli di 105 secondi che sono state rese disponibili nelle pagine dedicate alle foto grezze.

Nel database NASA non ho purtroppo trovato disponibili dei dark frame per rimuovere il rumore digitale dei sensori e provare così a ripulire le immagini. Ogni tentativo di elaborazione di queste foto è stato inutile e tutto ciò che si vede è il disturbo di acquisizione che sovrasta anche l’eventuale segnale prodotto dalle stelle. Da parte mia non posso fare assunzioni se queste riprese abbiano avuto successo, vedremo in future news ufficiali quali siano stati i risultati.

News da Marte
Una delle 24 immagini notturne acquisite da Curiosity nel Sol 4189. Right MastCam. NASA/JPL-Caltech/MSSS

C’è da aggiungere che, nonostante queste foto siano state scattate sia dalla MastCam di destra che da quella di sinistra, probabilmente solo la Left ci avrebbe permesso di apprezzare il fenomeno astronomico dell’aurora grazie alla lunghezza focale di 34 mm opposta al 100 mm della Right. Dal punto di vista della tecnica fotografica un teleobiettivo è estremamente limitante qualora si vogliano osservare ampie parti del cielo come sarebbe stato opportuno in questo caso.
Ma da settembre 2023 la Left MastCam continua a presentare il problema della ruota portafiltri bloccata a metà del filtro trasparente L0 (problema descritto per la prima volta in News da Marte #23). Attualmente i tecnici stanno continuando a impiegare la camera con l’accorgimento di scaricare perlopiù solo dei ritagli delle foto per non sprecare risorse con le porzioni oscurate delle immagini.

Foto del Sol 4191 della Left MastCam di Curiosity. NASA/JPL-Caltech/MSSS

Simulazione del ritaglio a cui le immagini della Left MastCam vengono attualmente sottoposte. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

News da Marte
Recente immagine della Left MastCam con il ritaglio descritto. NASA/JPL-Caltech/MSSS

Nuove osservazioni solari di Perseverance

Curiosity non è stato l’unico rover che a maggio ha guardato il cielo di Marte. Anche Perseverance è stato impegnato in osservazioni con il naso all’insù, sia solari che stellari.

Come visto in passato su queste pagine, le rilevazioni solari sono permesse dalle MastCam-Z, la coppia di camere montate sulla testa (da qui il termine Mast) del rover e dotate di uno zoom (da qui la lettera Z) con escursione 26-110 mm che si differenziano dalle focali fisse di Curiosity. Ciascuna camera monta una ruota di filtri con cui isolare specifiche lunghezze d’onda nello spettro, in modo da capire esattamente quali specie minerali siano più abbondanti in determinate rocce.

Tra questi filtri ce ne sono anche due solari, con i quali il rover osserva quasi quotidianamente il Sole per studiare quante polveri siano presenti in sospensione nell’atmosfera e di conseguenza stimare il parametro dello spessore ottico indicato con la lettera greca tau.

Alle migliaia di foto scattate da scienziati e semplici appassionati alla macchia AR3664 menzionata nelle cronache di Curiosity, è doveroso per noi esploratori marziani aggiungere le riprese eseguite da Perseverance. Questa macchia, talmente grande da essere stata visibile persino a occhio nudo (ma sempre, ricordo, con gli opportuni filtri), alla sua massima dimensione si è estesa su una lunghezza pari a quasi 18 Terre una a fianco all’altra.

Il Sole visto da Marte il 12 maggio

Tra le immagini che ho selezionato per l’articolo la prima è stata acquisita il 12 maggio (Sol 1147) quindi all’indomani dei fenomeni aurorali estremi. Quando ormai sulla Terra AR3664 si accingeva a tramontare sul lato orientale del disco solare (come illustrato nell’immagine di SDO) su Marte la macchia aveva da poco iniziato a dare bella mostra di sé.

News da Marte
Foto della Left MastCam-Z del 12 maggio, Sol 1147. NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS/Piras

Il Sole del 12 maggio visto dallo strumento Helioseismic Magnetic Imager a bordo del satellite SDO. NASA/SDO/HMI team/SpaceWeatherLive

Vale la pena tornare un po’ indietro nel tempo con le immagini del satellite SDO della NASA e ripescare un’acquisizione dello strumento Helioseismic Magnetic Imager datata 4 maggio. In essa si riconosce quasi perfettamente la configurazione di macchie solari che 8 giorni dopo, in seguito alla rotazione della superficie della nostra stella, era rivolta verso Marte.

Immagine del 4 maggio. NASA/SDO/HMI team/SpaceWeatherLive

Il Sole visto da Marte il 14 maggio

11 ore prima che AR3664 producesse l’impressionante brillamento con intensità X8.79 menzionato a inizio articolo, Perseverance aveva fotografato ancora una volta il Sole. L’immagine risultante conferma l’ottimo allineamento della macchia solare in direzione di Marte e ci lascia a fantasticare su quali aurore l’eruzione avrebbe potuto produrre sulla Terra se fosse avvenuta pochi giorni prima!

NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS/Piras

Rotazione solare: animazione

Le ultime immagini sul tema che desidero mostrarvi sono due animazioni realizzate a partire dalle foto solari di Perseverance dal 30 aprile al 22 maggio.

I frame della prima gif sono quelli originali così come scaricati dalle pagine NASA, con l’unico accorgimento di aver centrato l’inquadratura sul Sole. Si notano i pixel colorati dovuti al rumore digitale del sensore, l’inclinazione variabile del Sole in base all’ora a cui le foto sono state scattate e soprattutto la mutevole luminosità legata a quanta polvere fosse presente in atmosfera.

NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Ho quindi sottoposto i frame alla pulizia dagli hot pixel, uniformato l’esposizione e corretto l’inclinazione del disco in modo da rendere fluida la rotazione. Questo è il ben più gradevole risultato.

NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Ma questa polvere nell’aria che la sta facendo da padrona…si riesce a vedere? Come spesso avviene, un’immagine vale più di mille parole. Ecco una foto realizzata dalla camera di navigazione di Perseverance che illustra come i rilievi all’orizzonte quasi svaniscano a causa dell’oscuramento atmosferico.

Ripresa con la Left NavCam nel Sol 1158, 23 maggio. In basso c’è un ritaglio della porzione superiore della stessa foto. NASA/JPL-Caltech/Piras

Astrofotografia da Marte

Apparentemente non legato all’osservazione di particolari fenomeni nei cieli marziani, nella notte del Sol 1153 Perseverance ha eseguito uno scatto a lunga esposizione con la MastCam-Z di sinistra.

Stavolta, a differenza delle immagini notturne di Curiosity, i tecnici hanno prodotto anche dei rudimentali dark frame eseguendo preliminarmente degli scatti con il filtro solare che, grazie all’oscuramento estremo che fornisce, ha bloccato a sufficienza ogni potenziale luce in ingresso alla camera. Ho potuto utilizzare queste particolari immagini per provare a migliorare il light frame, ovvero la foto notturna vera e propria.

L’immagine è rimasta comunque rumorosa perché ho aumentato molto il contrasto con lo scopo di evidenziare sia la scia delle stelle che parte del paesaggio. Ebbene sì, Perseverance ha osservato delle stelle all’orizzonte.

Left MastCam-Z, Sol 1153. NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS/Piras

I metadati dell’immagine grezza ci aiutano a collocare lo scatto esattamente in direzione ovest e questo è coerente con l’inclinazione delle stelle le quali, viste dall’emisfero nord di Marte, stanno tramontando.

Con l’ausilio del software di simulazione Stellarium possiamo ricostruire il cielo visto da Perseverance inserendo data e ora della foto (le 2:49 italiane del 18 maggio). Se con un po’ di pazienza inseriamo anche le specifiche del sensore, la lunghezza focale impiegata per quest’acquisizione e inseriamo un correttivo che tenga conto dell’inclinazione del rover rispetto al terreno, troviamo un’ottima corrispondenza con il campo inquadrato dalla MastCam-Z e scopriamo l’esatta zona di cielo puntata.

Simulazione della foto notturna di Perseverance. Stellarium/Piras

Costellazione australe della Gru vista da Marte

Andando a indagare nelle immagini diurne delle NavCam acquisite in quei giorni Sol (quando Perseverance è rimasto fermo alcuni giorni nella stessa posizione) troviamo il rilievo che compare nella foto e che, dopo un’opportuna compensazione della distorsione della lente, si sovrappone abbastanza bene con lo scatto notturno.

La foto notturna del Sol 1153 è qui sovrapposta a un’immagine della Right NavCam del Sol 1151. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Anche per questo appuntamento è tutto, alla prossima.

Tutte le News su Marte sono disponibili QUI

UNIVERSO IN FORTEZZA – Festival dell’Astronomia

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universo in fortezza

Tempo di lettura: 5 minuti

FORTEZZA NUOVA

presenta

 

UNIVERSO IN FORTEZZA
Venerdì 14 giugno H 18-24
Sabato 15 giugno H 10-24
Domenica 16 giugno H 10-24

Fortezza Nuova, Scali della Fortezza nuova, Livorno

Seconda edizione del festival di astronomia

Dal 14 al 16 giugno 2024, alla Fortezza Nuova, torna “Universo in Fortezza”, seconda edizione del festival di astronomia che nel 2023 ha riscosso grande successo. Organizzato dall’Alsa, Associazione livornese scienze astronomiche attiva sul territorio da oltre trent’anni, il festival promuove la divulgazione scientifica con un format coinvolgente, rivolto a  a un pubblico generico e appassionato, trasversale per età. Con l’obiettivo di spostare l’asticella oltre le 3000 presenze accorse da tutta Italia per assistere conferenze tenute da luminari della scienza, per immergersi nelle suggestive mostre a tema astronomico e per le emozionanti serate osservative al telescopio, quest’anno sono previsti anche laboratori per bambini e realtà virtuale.

Patrocinata dal Comune di Livorno e dal Museo di storia naturale del Mediterraneo, la manifestazione continuerà a godere della partecipazione di importanti enti, come l’Osservatorio gravitazionale europeo Ego-Virgo, insignito del premio Nobel per la fisica nel 2017 per aver contribuito alla scoperta delle onde gravitazionali, l’azienda aerospaziale Kayser Italia, specializzata nella ricerca scientifica e tecnologica a bordo di piattaforme spaziali, l’Osservatorio astrofisico di Arcetri Inaf, la rivista Coelum, il progetto Cultura immersiva, il laboratorio teatrale Manifattura Lizard, @TOMOSpodcast e, come media partner, PuntoRadio.


“Da sempre l’umanità si interroga sul proprio posto all’interno dell’universo e l’astronomia accende passione e curiosità in persone di ogni età e cultura. La meraviglia che genera in noi il cielo stellato e la bellezza affascinante dell’universo fanno da guida in questo festival dove appassionati, bambini e adulti incontrano astronomi e astrofili e scoprono la passione che anima la ricerca e la divulgazione scientifica. Questa manifestazione di astronomia costituisce, quindi, una novità nel territorio livornese e si colloca all’interno di un percorso divulgativo della astronomia e della scienza in generale, che rientra nello statuto Alsa”
affermano gli organizzatori Alessio Biondi, Daniele Righetti. E proseguono: “Ci piacerebbe che l’evento continuasse ad essere riproposto ogni anno, creando un appuntamento fisso per la cittadinanza, in modo da contribuire all’offerta culturale sul territorio livornese e alla valorizzazione di una struttura come la Fortezza Nuova, che costituisce un “salotto” per la città”.

Universo in fortezza
Locandina Universo in Fortezza Festival dell’Astronomia

La mostra di astrofotografia

Per tutta la durata del festival, nella Sala degli archi, circa 50 fotografie astronomiche in grande formato scattate dai soci Alsa ai cieli livornesi condurranno il visitatore tra i corpi celesti dalla luna ai quasar. Si tratta di un continuum con la mostra dell’anno precedente e con “Immagini dall’Universo” del 2022, che prevede diversi scatti inediti.

Le conferenze

Perla del festival, le conferenze raduneranno scienziati dell’Osservatorio di onde gravitazionali Ego-Virgo, ricercatori dell’Osservatorio di Arcetri Inaf e di Kayser Italia, esponenti culturali della rivista astronomica Coelum  per approfondire appassionanti temi astronomici come le esplorazioni spaziali e si svolgeranno tra la sala del forno durante le ultime ore di sole e il palco all’aperto di sera.

Le videoproiezioni

Parallelamente, durante l’arco della giornata, affascinanti videoproiezioni di galassie e nebulose curate dai soci Alsa saranno diffuse sulle pareti del tunnel ad accogliere i visitatori e proseguiranno nella sala del forno.

La realtà virtuale

Nella sala degli archi, saranno installati alcuni visori che, con la supervisione di personale specializzato, condurranno il pubblico in un emozionante viaggio immersivo nell’universo. L’attrazione, proposta dalla startup “Cultura immersiva”, è stata selezionata tra i primi 5 migliori progetti culturali dall’Unione Europea ed è presente in più di 10 città italiane dove ha raccolto, assieme all’expo di Dubai, più di 50 mila utenti. L’esperienza, a pagamento, è prenotabile sul sito del progetto www.culturaimmersiva.it

I laboratori per bambini

Grande novità di quest’anno sarà l’estensione della proposta divulgativa ai bambini. Sotto la tensostruttura, dalle 17, “Le costellazioni raccontano” Valentina Lisi (Manifattura Lizard) coinvolgerà il giovane pubblico con una narrazione di teatro di carta incentrata sulla mitologia delle costellazioni. L’iniziativa è gratuita, consigliata dai 6 anni in poi a gruppi di massimo 12 bambini e richiede la prenotazione a manifatturalizard@gmail.com.

Le serate osservative al telescopio

Per chiudere in bellezza l’offerta, anche quest’anno sarà possibile tutto il weekend dalle 21:30 osservare la luna, le stelle doppie e gli ammassi stellari con i potenti telescopi in dotazione all’Alsa. Saranno, inoltre, proiettati su schermo i risultati della visione per i presenti che intendano assistere, guidati dagli esperti.

I servizi bar e ristorazione

Fortezza Nuova ospita, durante tutta la stagione estiva, servizi bar e ristorazione. È possibile in loco, per gli avventori della rassegna, scegliere in un ampio ventaglio di attività commerciali che vanno dal beverage allo street food ai cibi caratteristici per colazioni, merende, caffè, gelati, stuzzichini, aperitivi, pasti e dopo cena.

PROGRAMMA COMPLETO

Venerdì 14 giugno

18:00 | Apertura e presentazione del festival con ospiti e autorità

19:00 | Apertura mostra astrofotografia, opere olio su vela di Paola Turio e video proiezioni

21:00 | Conferenza “Il lato oscuro dell’universo. Dai buchi neri alla materia oscura: esplorare il cosmo che non vediamo” con: Barbara Patricelli (ricercatrice di Virgo, UniPi), Federico Lelli (Inaf – Osservatorio astrofisico di Arcetri). Modera: Vincenzo Napolano (Osservatorio gravitazionale Europeo)

Dalle 21:30 | Osservazione al telescopio  della luna, delle stelle doppie e degli ammassi stellari

 

Sabato 15 giugno

10:00-24:00 | Sala degli archi | Mostra astrofotografia, opere olio su vela di Paola Turio e video proiezioni

10:00-24:00 | Sala del forno | Video proiezioni curate da Damiano Esposito (Alsa) con i soci Silvia Porciani, Virginia Gnan, Michele Scardigli, Gabriele Comandi

10:00- 24:00 | @TOMOSpodcast, curato da Iramar Amaral

11:00-19:00  | Sala degli archi | Realtà virtuale, su prenotazione a pagamento: https://culturaimmersiva.it/livorno/

17:00-19:00 | Sotto la tensostruttura | Laboratori per bambini, su prenotazione, gratuito: manifatturalizard@gmail.com

18:00 | Sala del forno | Conferenza “Alla scienza serve la filosofia? Sì. E perché mai?!” con Molisella Lattanzi (direttrice di Coelum Astronomia) e Filippo Onoranti (filosofo)

21:00 | Palco esterno | Conferenza  “Ottica adattiva: perchè gli astronomi  hanno bisogno di specchi deformabili,  piramidi di vetro e laser per vedere più  chiaramente l’universo”. Relatore: Runa Briguglio (Inaf – Osservatorio astrofisico di Arcetri).

Dalle 21:30 | Osservazione al telescopio  della luna, delle stelle doppie e degli ammassi stellari

 

Domenica 16 giugno

10:00-24:00 | Sala degli archi | Mostra astrofotografia, opere olio su vela di Paola Turio e video proiezioni

10:00-24:00 | Sala del forno | Video proiezioni curate da Damiano Esposito (Alsa) con i soci Silvia Porciani, Virginia Gnan, Michele Scardigli, Gabriele Comandi

10:00- 24:00 | @TOMOSpodcast, curato da Iramar Amaral

11:00-19:00  | Sala degli archi | Realtà virtuale, su prenotazione a pagamento: https://culturaimmersiva.it/livorno/

17:00-19:00 | Sotto la tensostruttura | Laboratori per bambini, su prenotazione, gratuito: manifatturalizard@gmail.com

18:00 | Sala del forno | Conferenza | “L’immensità dell’universo. Dai sistemi solari alle galassie remote” con Armado Bracci (socio Alsa ed ex professore del liceo scientifico Cecioni)

21:00 | Palco esterno | Conferenza  “Misure impossibili. Tecnologie all’avanguardia da Virgo all’esplorazione dello Spazio” con Federico Lavorenti (Kayser), Fiodor Sorrentino (ricercatore Virgo, Infn). Modera: Giada Rossi (Osservatorio gravitazionale Europeo)

Dalle 21:30 | Osservazione al telescopio  della luna, delle stelle doppie e degli ammassi stellari

Ingresso gratuito
Orari:
Venerdì 14 giugno H 18:00-24:00
Sabato 15 giugno H 10:00-24:00
Domenica 16 giugno H:00-24:00

Info:

www.alsaweb.it
FB: ALSALivorno
Evento Fb: https://www.facebook.com/events/3828165977462025/
Instagram: https://www.instagram.com/p/C6odJKUIbnF/

QUIZ TIME COELUM – 02-06-2024

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Quiz Time COELUM del 02-06-2024

Segui @coelumastronomia su Facebook e Instagram o su www.coelum.com partecipa ai quiz

 e vinci immediatamente una copia di Coelum!

La rapidità è fondamentale: scrivi le risposte giuste nei commenti solo il più veloce

si aggiudicherà il premio!

 

*I Quiz sono a cura di Francesco Veltri

  • lo stesso utente potrà vincere una sola copia per ogni uscita di Coelum
  • le copie saranno spedite con servizio Postale Piego Libri
  • le risposte devono essere scritte nei commenti sotto i post (social e sito)
  • il vincitore sarà annunciato nei medesimi canali e contattato dalla redazione

Congresso 2024 della Società Astronomica Italiana a Capodimonte

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Capodimonte capitale dell’astronomia con il congresso della Società Astronomica Italiana

Astrofisici di fama internazionale provenienti da tutta Italia saranno a Napoli dal 3 al 7 giugno per il LXV Congresso Nazionale della Società Astronomica Italiana.

Nata nel 1871 come Società degli Spettroscopisti Italiani, è stata la prima società professionale specializzata in “astronomia fisica”. Da sempre i suoi congressi sono apprezzati come straordinaria occasione di incontro e confronto per tutti gli astrofisici italiani attivi nei vari ambiti scientifici e tecnologici.

“Un incontro importante che vuole fare il punto sui risultati raggiunti nei vari campi dell’astrofisica, con uno sguardo al futuro e alla crescita di nuovi talenti” sottolinea Marcella Marconi, organizzatrice della conferenza.

Il congresso, che ritorna a Napoli dopo 14 anni, ha per titolo “Dagli Universi isola all’astronomia multimessaggera: 100 anni di rivoluzioni” e intende celebrare i successi e i progressi che hanno caratterizzato la ricerca astrofisica. E’ infatti trascorso solo un secolo da quando l’astronomo americano Edwin Hubble dimostrò che Andromeda non faceva parte della Via Lattea, ma era una diversa, seppur vicina, galassia distante circa due milioni di anni luce da noi e che pertanto la nostra galassia non era la sola nell’Universo.

La scoperta degli Universi isola aprì la strada alla misura dell’espansione dell’Universo, alla scala delle distanze cosmiche, alla cosmologia e all’astrofisica moderna. Tali scoperte e i paralleli sviluppi tecnologici hanno rivoluzionato lo stato delle conoscenze del cosmo a partire dal Sistema solare, fino alla recente rivelazione delle onde gravitazionali con la nascita dell’astronomia multimessaggera.


Il congresso è ospitato dall’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, sede napoletana dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, il principale ente di ricerca italiano per lo studio dell’universo. “Un privilegio ospitare a Napoli colleghi da tutta Italia per porre le basi delle nuove scoperte che saranno possibili con i telescopi e gli strumenti del futuro” commenta orgoglioso il direttore dell’Osservatorio di Capodimonte Pietro Schipani.
Una sessione del congresso è dedicata alla diffusione della cultura astronomica e alla didattica dell’astrofisica nelle scuole con la partecipazione di personale docente delle scuole secondarie superiori per sottolineare lo stretto legame tra lo sviluppo delle conoscenze e la formazione.

Il sito ufficiale del congresso: https://indico.ict.inaf.it/e/sait2024

Il Cielo del Mese

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Tempo di lettura: 7 minuti

IL CIELO DEL MESE DI GIUGNO 2024

il cielo del mese giugno

Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01 Giu > 23:00   15 Giu > 22:00  31 Giu > 21:00

 

COSTELLAZIONI NEL CIELO DEL MESE DI GIUGNO 2024

Quando c’è una bella notte stellata, il signor Palomar dice:  – Devo andare a guardare le stelle -. Dice proprio: – Devo, – perchè odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.

Palomar, I.Calvino

Nel mese che conduce all’estate incontriamo sulla volta celeste le costellazioni di Ercole e la costellazione del Drago.

Tutte le descrizioni sono in Le Costellazioni del mese di Giugno

a cura di @teresamolinaro

I principali eventi di Giugno 2024 (pubblicati nell’Almanacco 2024 distribuito in omaggio a tutti gli abbonati)

Data Ora Cosa Come
01/06/2024 04:52 Congiunzione Luna-Nettuno
02/06/2024 05:07 Luna Nodo Ascendente
02/06/2024 09:22 Luna Perigeo
02/06/2024 22:18 Congiunzione Mercurio-Pleiadi
03/06/2024 01:36 Congiunzione Luna-Marte
04/06/2024 17:11 Venere Congiunzione Sup.
05/06/2024 02:37 Congiunzione Luna-Urano
05/06/2024 10:50 Congiunzione Luna-Pleiadi
05/06/2024 16:25 Congiunzione Luna-Giove
05/06/2024 20:28 Congiunzione Luna-Mercurio
06/06/2024 14:37 Luna Nuova
06/06/2024 16:29 Congiunzione Luna-Venere
09/06/2024 03:42 Mercurio Nodo Ascendente
12/06/2024 05:40 Congiunzione Luna-Regolo
13/06/2024 17:51 Mercurio Perielio
14/06/2024 07:18 Luna Primo Quarto
14/06/2024 15:35 Luna Apogeo
14/06/2024 18:15 Mercurio Congiunzione Sup.
15/06/2024 22:16 Luna Nodo Discendente
16/06/2024 20:09 Congiunzione Luna-Spica
17/06/2024 14:39 Congiunzione Mercurio-Venere
20/06/2024 22:50 Solstizio Estate
22/06/2024 03:07 Luna Piena
27/06/2024 13:45 Luna Perigeo
27/06/2024 16:58 Congiunzione Luna-Saturno
28/06/2024 23:53 Luna Ultimo Quarto
29/06/2024 06:26 Luna Nodo Ascendente
29/06/2024 17:34 Saturno Staz. Moto Retrogrado

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LUNA

cielo del mese la luna

I pianeti tutti in elongazione ovest rispetto al Sole sorgeranno a partire dall’una di notte all’inizio del mese. Il primo a uscire dall’orizzonte è Saturno ma la Luna lo avrà già incontrato il 31 del mese di maggio. Perciò il giorno 1 la prima congiunzione sarà con Nettuno, il secondo in ordine ad uscire dall’orizzonte.

Tutto nella rubrica Luna di Giugno 2024

Librazioni a cura di Francesco Badalotti

COMETE

cielo del mese comete

Le Comete del Mese di Giugno

13P/OLBERS AL PERIELIO, C/2023 A3 TSUCHINSHAN-ATLAS AI (MOMENTANEI) SALUTI

Per approfondire: le comete di Giugno 2024 a cura di @claudiopra

ASTEROIDI

GLI ASTEROIDI IN OPPOSIZIONE in Giugno

Nel cielo del mese di giugno gli asteroidi del mese saranno: (43) Ariadne, (68) Leto, (42) Isis e (471) Papagena.

Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Giugno 2024 a cura di @mioxzy

TRANSITI NOTEVOLI ISS

cielo del mese i transiti

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei cielo del mese di giugno in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo sei transiti notevoli con magnitudini elevate ma solo durante gli ultimi giorni del mese di giugno, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Giugno 2024 a cura di @stormchaser

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Grandi scoperte nel cielo del mese di maggio, @fabio-briganti e Riccardo Mancini ce le raccontano sapientemente qui!

Cieli sereni a tutti!


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Coelum Astronomia 268 III/2024 Digitale

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AllSkyCam integrazioni

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Tempo di lettura: 6 minuti

La preparazione del software di sistema

E’ necessario disporre di una microSD Card (32GB è già sufficiente). La card va preparata con il sistema operativo Bullseye. Per far questo, occorre utilizzare il Raspberry PiImager (disponibile al sito www.raspberry.com/software), un tool molto semplice da usare.

Una volta installato sul PC/Mac, prima di scrivere l’immagine sulla microSD, vanno configurate le opzioni base (es. Hostname, WiFi/LAN, layout tastiera, time zone, username/password), ma questa configurazione esula dallo scopo di questo articolo. Va detto che il software AllSkyCam non necessita del sistema operativo completo di desktop. La versione “Lite” va più che bene. Anzi, è raccomandata.

Procediamo ora con il primo avvio del sistema. Inseriamo la scheda microSD nel Raspberry Pi, colleghiamo un monitor e, una volta avviato il sistema, procediamo all’aggiornamento del sistema operativo, digitando, al prompt dei comandi:

sudo apt update

sudo apt upgrade(alla eventuale domanda, rispondere y)

Adesso bisogna installare alcuni pacchetti software. E’ necessaria la connessione ad internet.

  • pip (per l’installazione di pacchetti Python, dovrebbe già essere presente nel sistema)

sudo aptinstall python3-pip

  • ImageMagick (libreria pythonper la gestione delle immagini)

sudo apt-get install libmagickwand-dev

  • ffmpeg (software per la generazione video, nel nostro caso, timelapse)

sudo aptinstallffmpeg

Procediamo adesso con la messa a fuoco della camera, digitando:

libcamera-vid -t 100000

Ora vedremo, al monitor locale, il video trasmesso dalla Pi HQ Cam. Possiamo quindi mettere a fuoco ruotando la ghiera della camera, avendo cura di inquadrare il cielo. Possiamo aumentare la durata del video aumentando il valore 100000 della riga di comando. Nota: se non abbiamo un monitor da collegare al Raspberry Pi, possiamo comunque generare uno stream video e renderlo disponibile sulla rete:

libcamera-vid -t 0 —inline —listen -o tcp://0.0.0.0:8888

Dopodiché, da un’altra postazione sulla stessa rete, possiamo usare, ad esempio un client VLC ed aprire il network stream, indicando l’indirizzo IP del Raspberry Pi e la porta sulla quale il Raspberry sta generando lo streaming (es. tcp/h264://raspberrypi.local:8888). La messa a fuoco tramite streaming video non è il massimo. Bisogna tener conto di qualche secondo di ritardo introdotto dalla trasmissione. Per cui bisogna procedere con piccole rotazioni della ghiera di messa a fuoco ed attendere di vedere l’effetto sul client video.

Una volta terminata la messa a fuoco, possiamo inserire nella scatola il sacchetto di silica gel e chiudere la AllSkyCam.

Nota: frankAllSkyCam utilizza il software libcamera (incluso nell’ultimo sistema operativo Raspberry). La versione precedente (raspistill) non è supportata.

Le funzionalità del software frankAllSkyCam

Prima di procedere con l’installazione, mi soffermo sulle funzionalità di questo software, scritto da me (da cui il nome frankAllSkyCam). Oltre a fornire l’immagine del cielo in tempo reale, fornisce le seguenti informazioni:

  • Immagine fase della Luna (fase, %illuminazione, orari di alba e tramonto, prossima luna nuova)
  • Sole (orari di alba e tramonto)
  • Orari di inizio e fine del buio astronomico
  • SQM (calcolato dall’analisi dell’immagine, oppure letto dal lettore SQM-LE, se disponibile)
  • Indicazione dei pianeti principali presenti in cielo, con le rispettive icone
  • Valori provenienti da eventuali sensori sia collegati al Raspberry Pi, sia disponibili tramite rete (es. Temperatura, Umidità, dati di stazioni meteo, …)

Tali dati vengono riportati sull’immagine insieme con 2 loghi a scelta (es. Bussola e logo personale) e nome della location. Le posizioni di queste informazioni, la dimensione del testo, il colore del font (diurno e notturno) sono customizzabili da un file di configurazione.

Ogni mattina, questo software genera automaticamente:

  • Timelapse delle ultime 24 ore
  • Timelapse della notte appena trascorsa
  • Startrail della notte precedente

Inoltre, attraverso l’interfaccia web, visualizza le costellazioni in overlap all’immagine del cielo. In questo modo, accedendo – tramite browser – alla AllSkyCam è possibile vedere, tutte insieme, le informazioni utili a pianificare e gestire una eventuale osservativa.

Altra funzionalità è la gestione automatica anticondensa, ma questa verrà trattata più avanti, in un paragrafo dedicato.

Una nota a parte la merita la misurazione dell’SQM. Il software frankAllSkyCam comunica con un SQM LE leggendo i valori SQM ed adeguando, di conseguenza, il tempo di esposizione dell’immagine del cielo. Qualora non fosse disponibile un SQM-LE, il software fornisce una ottima stima del valore SQM, analizzando i dati del fotogramma. Per raggiungere questo risultato ho scritto un algoritmo “machine learning” addestrato con le letture reali dell’SMQ-LE. Il training è durato una settimana ed i valori di SQM calcolati sono quasi sovrapponibili a quellirilevati dall’SQM-LE.

Se si intende usare il Raspberry Pi anche come server web, è necessario che installare Apache (o altro server web). Per installare Apache, basta digitare questo comando:

sudo aptinstall apache2 -y

dopodiché occorrerà creare la cartella che ospiterà l’immagine allskycam.jpg:

sudo mkdir /var/www/html/img

A questo punto, occorre spostare il file index.html, generato durante l’installazione, nel server web locale:

sudo mv /home/pi/frankAllSkyCam/index.html /var/www/html/

In questo modo, potremo vedere la nostra immagine del cielo usando semplicemente questo indirizzo:

http://<indirizzo_IP raspberry/

Se vogliamo un vero e proprio sito web, questo viene fornito a corredo del software frankAllSkyCam, ed è immediatamente utilizzabile e personalizzabile.Una delle sue particolarità è la possibilità di mostrare l’overlay della mappa celeste sull’immagine del cielo, grazie ad un codice javascript open source disponibile in Rete. Un esempio reale è visibile qui:

http://www.meteobrallo.com/webcam/allsky/

Ultimo punto da considerare: dobbiamo decidere se la nostra AllSkyCam sarà destinata ad essere accessibile da utenti esterni oppure no. Se si, come credo, dovremo scegliere se utilizzare un sito web esterno alla nostra rete locale, oppure se usare il Raspberry Pi come web server pubblico. Nel primo caso, il software frankAllSkyCam esporterà l’immagine del cielo (via FTP) sul sito esterno. Questa soluzione potrebbe essere preferibile, sia per ragioni di sicurezza (in modo da evitare di esporre il Raspberry Pi su una rete pubblica), sia per evitare sovraccarico di richieste http che potrebbero degradare le prestazioni della nostra rete locale. Fare leva su un sito esterno è la mia preferenza personale. Ma comunque, qualora lo volessimo, è ovviamente possibile usare il Raspberry Pi come web server pubblico. In tal caso, sul nostro router, sarebbe necessaria una configurazione di “port forwarding” per esporre il servizio http del Raspberry Pi (su porta 80) su rete pubblica, associandolo ad una porta esterna (es. 8080). Il router si occuperà di reindirizzare le richieste in arrivo sulla porta 8080 verso la AllSkyCam che risponderà sulla porta 80. Dall’esterno bisognerà usare un indirizzo tipo questo:

http://<IP pubblico del mio router>:8080/

al posto dell’indirizzo IP pubblico del mio router è preferibile usare un servizio DNS (dinamico o statico, a seconda della natura del mio IP pubblico.

Naturalmente, frankAllSkyCam è gratuito e presente su GitHub.

Installazione del software frankAllSkyCam

L’installazione è davvero immediata. Assicurarsi di essere connessi ad internet e, dal prompt dei comandi del Raspberry Pi, digitare:

pip3 installfrankAllSkyCam

Se non si rilevano messaggi di errore, l’installazione è terminata, ma è necessario configurare ancora alcuni parametri, in base alle proprie preferenze. Per fare ciò, bisogna avviare il programma digitando:

python3 -m frankAllSkyCam

Verranno create alcune cartelle:

/home/pi/frankAllSkyCam cartella principale del programma
/home/pi/frankAllSkyCam/img cartella delle immagini generate. Conterrà delle sottocartelle, ognuna relativa alle immagini di 24 ore. Il nome delle sottocartelle conterrà la data delle riprese. Queste cartelle verranno automaticamente cancellate dopo un numero “x” di giorni, definito nel file di configurazione
/home/pi/frankAllSkyCam/log

 

Cartella contenente i log del software
/home/pi/frankAllSkyCam/mq

 

Cartella contenente i file di supporto per il calcolo dell’SQM, quando il dispositivo SQM-LE non è disponibile
/home/pi/frankAllSkyCam/png

 

Cartella contenente il proprio logo, la bussola (entrambi personalizzabili), le immagini di luna e pianeti.

 

edalcuni file, tra cui:

/home/pi/frankAllSkyCam/config.txt

/home/pi/frankAllSkyCam/index.html

config.txtcontiene la configurazione di frankAllSkyCam.

index.txt è una pagina web semplice che mostra l’immagine AllSky

Ora non resta che configurare le preferenze.

Configurazione di frankAllSkyCam

È possibile configurare diversi aspetti, dalla risoluzione dell’immaginealla dimensione del font di caratteri, alla posizione del testo sull’immagine, etc. Ma concentriamoci sugli aspetti più importanti, lasciando gli altri settings con i valori predefiniti.

Il file di configurazione è situato in:

/home/pi/frankAllSkyCam/config.txt

Per modificarlo,è possibile utilizzare l’editor nano:

nano /home/pi/frankAllSkyCam/config.txt

Parametri base:

inte = AstroBrallo.com #nome della AllSkyCam

latitude = 44,73#latitudine del sito di osservazione

longitude = 9.31   #longitudine del sito di osservazione

time_zone = Europe/Rome   #time zone

 

nel caso in cui si possegga un SQM-LE, bisogna abilitarlo in questo modo:

use_sqm = y   #y = ho un SQM-LE; n=non ho un SQM-LE

ip_addess = 192.168.1.10 #indirizzoipdel dispositivo SQM_LE

port = 10001  #porta di comunicazione del SQM LE

write_log = n #abilitazione ai log

 

Se si vuole utilizzare un sito web esterno su cui pubblicare l’immagine AllSky, bisogna configurare i seguenti parametri FTP:

isFTP=True   #True = attivo il trasferimento verso sito web esterno. False=no

FTP_server = tuo_ftpserver.com

FTP_login = tuo_nomeutente

FTP_pass = tua_password

FTP_uploadFolder =tua_upload_dir

FTP_filenameAllSkyImgJPG = allskycam   #solo nome file. Non aggiungere “.jpg”

FTP_fileNameStarTrailJPG = /startrails/starTrail.jpg  #nome file startrail

FTP_fileNameTimelapseMP4 = /videos/frankAllSkycam  #cartella dei video timelapse

 

In base alla configurazione di cui sopra, la allskycam, le immagini startrail e i video timelapse verranno caricati su un sito remoto, tramite FTP. Naturalmente, se non si desidera usare un FTP remoto basta impostare isFTP=False

Due ulteriori parametri abilitano/disabilitano la generazione dei timelapse:

nightTL = True   #True = viene generato il timelapse notturno; False = no

fullTL = True#True = viene generato il timelapse 24h; False = no

 

Il file allskycam_night.mp4 mostrerà solo il timelapse notturno, dal tramonto all’alba e verrà generato se nightTL = True

Analogamente, allskycam_24h.mp4 mostrerà le 24 ore e verrà generato se fullTL = True

Ci sono alcune altre opzioni. Il file config.txt è autoesplicativo ed è possibile personalizzare molti aspetti, incluso il logo, l’immagine della bussola, e “dati extra” che potremmo decidere di scrivere sulla nostra immagine AllSkyCam, ad esempio informazioni provenienti da sensori esterni,quali la velocità del vento, l’umidità, la temperatura e/o altro.

Una volta completata la configurazione, è necessario verificare se il tutto funziona. Dalla riga di comando, basta digitare:

python3 -m frankAllSkyCam

Per verificare il funzionamento facciamo attenzione ad eventuali messaggi di errore (quasi sempre sono dovuti ad errori di configurazione. Quindi controlliamo bene il file config.txt)abbiamo diverse opzioni:

  1. tramite browser, provarehttp://<your_raspberry_IP>
  2. Sul disco locale del Raspberry Pi, verificare l’esistenza del file jpeg (nome del file contiene data ed ora): /home/pi/frankAllSkyCam/img/<img_folder_with_date>/
  3. Sul sito web remoto (nel caso sia stato configurato) dovrebbe essere visibile l’immagine AllSkyCam

Se tutto funziona, rendiamo tutto automatico. Basta digitare questo comando:

python3 -m frankAllSkyCam.crontab

T Coronae Borealis l’esplosione della stella torna dopo 80 anni

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Esplosione della stella

Tempo di lettura: 3 minuti

L’Esplosione della Stella T Coronae Borealis: Un Fenomeno Celeste Straordinario

In questo periodo si sente parlare spesso della nuova imminente esplosione che interesserà la stella T Coronae Borealis, o la “Stella della Corona Boreale”. Si tratta di un evento astronomico di rara bellezza e potenza ma non molti sanno che fra i primi a scoprirla ci fu il signor Giovanni Bernasconi, un distinto dilettante di Como.

Ma andiamo con ordine.

La stella è situata nella costellazione della Corona Boreale, ed è nota per le sue esplosioni ricorrenti, che si verificano circa ogni 80 anni.

Il Meccanismo dell’Esplosione della Stella

La T Coronae Borealis è un sistema binario composto da una nana bianca e una gigante rossa. La nana bianca, un residuo stellare denso e caldo, raccoglie materiale dalla sua compagna più grande. Quando la pressione e la temperatura raggiungono un punto critico, si verifica un’esplosione termonucleare, una nova, che causa un aumento drammatico della luminosità della stella.

Osservare la Stella Dopo l’Esplosione

Dopo l’esplosione, la T Coronae Borealis diventa visibile ad occhio nudo e può essere osservata senza l’ausilio di telescopi. Il periodo di massima luminosità dura alcuni giorni, dopodiché la stella inizia a sbiadire, ma rimane osservabile con binocoli per circa una settimana.

Testimonianze dell’Evento di 80 Anni fa

L’ultima esplosione della stella T Coronae Borealis documentata risale al 1946. Gli astronomi dell’epoca osservarono con stupore l’aumento di luminosità, registrando un evento che non si ripeteva dal 1866. Queste osservazioni storiche forniscono preziose informazioni sul comportamento di questa intrigante stella.

esplosione della stella
Nel sito https://articles.adsabs.harvard.edu/ è disponibile l’articolo sullo studio dello spettro della Nova T Coronae Borealis nell’esplosione del febbraio 1946.

Nell’archivio SAO/NASA Astrophysics Data System ad opera dello Smithsonian Astrophysical Observatory sostenuto da un contratto cooperativo con la NASA, è conservato l’articolo “lo Spettro della Nova T Coronae Borealis nell’Esplosione del Febbraio 1946” a cura di L. Gratton e E. C. Kruger del Centro di Fisica Stellare del CNR Osservatorio di Merate. Nell’articolo è descritto lo spettro misurato ben 80 anni fa e le ipotesi individuate al tempo alla base del fenomeno.

La notizia dell’esplosione della Nova pervenne a Merate il mattino dell’11 Febbraio per comunicazione diretta di uno degli scopritori, il signor Giovanni Bernasconi, un distinto dilettante di Como, ed è stata immediatamente telegrafata all’estero ed ai principlai Osservatori Italiani“.

Nel documento l’evento viene descritto come:

I fenomeni descritti si possono interpretare con il seguente modello per la Nova T Cr B:

a. una stella nuova che nel febbraio 1946 subì una esplosione tipica, con un massimo al febbraio 8.5;
b. una gigante di tipo spettrale M;
c. una nebulosa che circonda ambedue le stelle e del diametro apparente dell’ordine di alcuni secondi.”

Nel testo si cita: “si sottolinea l’eccezionale importanza di questa esplosione della TcrB, in relazione al problema generale della Nove e delle variabili cicliche tipo SS Cygni.

Scarica l’articolo in allegato

Consigliamo ai più volenterosi ed appassionati di scaricare l’articolo completo per conoscere i risultati dell’indagine sull’esplosione della stella avvenuta 80 anni fa. Il pdf è disponibile in download QUI

Conclusione

I nuovi dati raccolti durante l’esplosione della stella che si attende nei prossimi mesi, saranno utili e necessari per confermare le deduzioni formulate 80 anni fa e comprendere meglio il fenomeno.

 

 

Le Comete del Mese

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cielo del mese comete

Tempo di lettura: 2 minuti

Le Comete del Mese di Giugno

13P/OLBERS AL PERIELIO, C/2023 A3 TSUCHINSHAN-ATLAS AI (MOMENTANEI) SALUTI

Giugno ci propone due le comete al di sotto della decima magnitudine, la 13P/Olbers, che a fine mese raggiunge il perielio e la C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS che ci saluterà per poi tornare in autunno.

Comete del mese: 13P/Olbers

Il 30 giugno la 13P/Olbers transita al perielio raggiungendo secondo le previsioni un valore interessante, non distante dalla settima magnitudine. Purtroppo la sua altezza sull’orizzonte migliorerà solo leggermente rispetto a maggio, mantenendosi molto contenuta, cosa che non agevola le osservazioni. Dall’Auriga si trasferirà nella Lince, con la sessione osservativa che dovrà cominciare obbligatoriamente all’inizio della notte astronomica. Sicuramente non risulterà un oggetto vistoso ma meritevole di essere seguito dato il suo periodo orbitale di quasi settant’anni.

comete del mese giugno
Cartina della 13P Olbers. Le stelle più deboli sono di magnitudine 8

 

Comete del mese: C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS

Continua il suo avvicinamento al perielio e la sua crescita luminosa che dovrebbe portarla nel corso del mese dalla decima fino attorno alla nona magnitudine. Dobbiamo però segnalare un calo di attività nell’ultimo periodo dopo che precedentemente l’oggetto aveva dato segni di ottima salute. Speriamo sia solo una momentanea pausa e che le grandi speranze rivolte a questa cometa non vadano deluse. Dalla Vergine la Tsuchinshan-ATLAS si dirigerà verso il Leone, rendendosi osservabile come la Olbers all’inizio della notte astronomica. Inizialmente la troveremo ancora abbastanza alta in cielo ma le condizioni peggioreranno gradualmente ed a fine mese, regioni meridionali a parte, il periodo osservativo potrà dirsi momentaneamente concluso. La ritroveremo in autunno, speriamo trasformata in una grande cometa visibile ad occhio nudo.

Comete del mese giugno
Cartina della C/2023 A3 Tsuchinshan-Atlas. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10

 

 

 


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Transiti della ISS International Space Station

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Tempo di lettura: 3 minuti

Transiti della ISS International Space Station per il mese di Giugno 2024 considerati notevoli

La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli in orari mattutini, prima dell’alba. Avremo sei transiti notevoli con magnitudini elevate ma solo durante gli ultimi giorni del mese di giugno, auspicando come sempre in cieli sereni.

23 Giugno

Transiti della ISS International Space Station
Transiti della ISS International Space Station 23 giugno

Si inizierà il giorno 23 Giugno, dalle 04:54alle 05:03, osservando da SO ad ENE. La ISS International Space Station sarà ben visibile da tutta la nazione con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.8. Vale la pena di puntare la sveglia per questo passaggio.

24 Giugno

Transiti della ISS International Space Station
Transiti della ISS International Space Station 24 giugno

Il 24 Giugno, dalle 04:05 verso SSO alle 04:15 verso ENE, la Stazione Spaziale sarà osservabile al meglio dal Sud Italia con magnitudine di picco a -3.3.

25 Giugno

Transiti della ISS International Space Station
Transiti della ISS International Space Station 25 giugno

Il giorno dopo, 25 Giugno, la ISS transiterà dalle 04:50 alle 04:58, da OSO a NE, con una magnitudine massima di -3.1. Un passaggio perfetto per il Nord Italia questa volta.

26 Giugno

Transiti ISS International Space Station
Transiti della ISS International Space Station 26 giugno

Continuando, il 26 Giugno avremo un nuovo passaggio della ISS International Space Station dalle 04:00 verso OSO alle 04:08 verso NE. Visibile nuovamente da tutto il paese con magnitudine di picco a -3.8. Sperando come sempre in cieli sereni.

27 Giugno

Transiti ISS International Space Station
Transiti della ISS International Space Station 27 giugno

Arriviamo al penultimo transito, il 27 Giugno, dalle 03:11 in direzione SE alle 03:17 in direzione ENE. Un transito parziale, osservabile al meglio dal Centro Sud del paese, con una magnitudine massima di -3.6.

29 Giugno

Transiti ISS International Space Station
Transiti della ISS International Space Station 29 giugno

L’ultimo transito del mese si avrà il giorno 29 Giugno, dalle 03:06 da ONO alle 03:12 a NE, con magnitudine massima a -3.4. Osservabile al meglio dal Centro Nord Italia.

Transiti ISS International Space Station

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

ATTENZIONE

In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.


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Mondi in miniatura – Asteroidi del mese

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Tempo di lettura: 4 minuti

Mondi in miniatura – Asteroidi del mese di Giugno 2024

(43) Ariadne

(43) Ariadne è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.190 giorni (3.26 anni) ad una distanza compresa tra le 1.83 e le 2.57 unità astronomiche (rispettivamente, 273.764.103 Km al perielio e 384.466.528 Km all’afelio). Deve il suo nome in onore della figura mitologica greca Arianna, figlia di Minosse re di Creta e di Pasifae, che aiutò Teseo nel labirinto del Minotauro. La sua superficie è composta principalmente da silicati e metalli (Tipo S), simile a quella di molti altri asteroidi della fascia principale. Scoperto da  Norman Robert Pogson  il 15 aprile 1857, questo grande asteroide di circa 95 km sarà in opposizione il 2 di Giugno. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 9.1, il suo moto sarà di 0,63 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (43) Ariadne trasformarsi in una bella striscia luminosa di 25 secondi d’arco.

Asteroidi del mese
Asteroidi del mese – Il percorso di (43) Ariadne in Giugno. Crediti: in-the-sky.org.

(68) Leto

(68) Leto è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.700 giorni (4.65 anni) ad una distanza compresa tra le 2.27 e le 3.30 unità astronomiche (rispettivamente, 339.587.165 Km al perielio e 493.672.971 Km all’afelio). E’ stato scoperto il 29 Aprile 1861 dall’astronomo tedesco Karl Theodor Robert Luther. Deve il suo nome a Leto, madre di Apollo e di Artemide. Questo grande asteroide ha un diametro di circa 122 Km con una superficie che riflette relativamente bene la luce solare, indicando una composizione di silicati e metalli (Tipo S). (68) Leto sarà in opposizione il 19 Giugno, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.3. Il suo moto sarà di 0,58 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (68) Leto trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.

Asteroidi del mese
Asteroidi del mese – Il percorso di (68) Leto in Giugno. Crediti: in-the-sky.org.

(42) Isis

(42) Isis è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.390 giorni (3.81 anni) ad una distanza compresa tra le 1.90 e le 2.99 unità astronomiche (rispettivamente, 284.235.954 Km al perielio e 447.297.633 Km all’afelio). Scoperto dall’astronomo inglese Norman Robert Pogson il 23 maggio 1856 presso l’Osservatorio Radcliffe a Oxford, prende il nome dalla dea egizia Iside, ma anche dalla figlia di Pogson, Elizabeth Isis Pogson. Questo grande asteroide di circa 100 Km di diametro ha una composizione superficiale di silicati e metalli (Tipo S) ed il suo spettro rivela una forte presenza del minerale olivina, una rarità nella fascia degli asteroidi. (42) Isis sarà in opposizione il 27, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 9.4. Il suo moto sarà di 0,67 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (42) Isis trasformarsi in una bella striscia luminosa di quasi 27 secondi d’arco.

(471) Papagena

(471) Papagena è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.790 giorni (4.90 anni) ad una distanza compresa tra le 2.23 e le 3.55 unità astronomiche (rispettivamente, 333.603.252 Km al perielio e 531.072.441 Km all’afelio). E’ stato così chiamato in onore di Papagena, un personaggio dell’opera “Il flauto magico” di Mozart. La sua superficie è composta prevalentemente di rocce silicatiche e metalli (Tipo S) il che lo rende simile a molti altri corpi della fascia principale. Scoperto da  Max Wolf il 7 di Giugno del 1901, questo grande asteroide di circa 149 Km di diametro sarà in opposizione il 30, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.6. Il suo moto sarà di 0,59 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (471) Papagena trasformarsi in una bella striscia luminosa di quasi 24 secondi d’arco.

asteroidi del mese
Asteroidi del mese – Il percorso di (42) Isis e (471) Papagena in Giugno. Crediti: in-the-sky.org.


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SUPERNOVAE aggiornamenti del mese di Giugno

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Tempo di lettura: 3 minuti

RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 121

SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI

Questo mese purtroppo non abbiamo da segnalare nessuna scoperta amatoriale. Ci possiamo però consolare con un nuovo successo messo a segno dall’esperta coppia di astrofili Mirco Villi e Michele Mazzucato, che collaborano ormai da diversi anni con i professionisti americani del CRTS Catalina.

Nella notte del 15 maggio hanno individuato una debole stellina di mag.+19,7 analizzando immagini professionali realizzate con il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. La galassia ospite è la NGC7312, una spirale barrata posta nella costellazione di Pegaso a circa 450 milioni di anni luce di distanza.

Nei giorni seguenti la scoperta, il nuovo transiente è aumentato leggermente di luminosità raggiungendo la mag.+19 e facendo ipotizzare di essere di fronte ad una supernova di tipo II, però ad oggi nessun osservatorio professionale ha ripreso uno spettro di conferma e pertanto al nuovo oggetto rimane assegnata la sigla provvisoria AT2024ixe.

supernovae aggiornamenti
1) Immagine di scoperta della AT2022ixe in NGC7312 ripresa dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri.

Da un transiente molto debole e quindi difficile da seguire, passiamo adesso alle due supernova più luminose del periodo. La prima è stata scoperta la notte del 10 maggio dal programma professionale americano denominato Automatic Learning for the Rapid Classification of Events (ALeRCE) nella galassia lenticolare NGC3524 posta nella costellazione del Leone a circa 70 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta il nuovo transiente appariva come una debole stellina di mag.+18,3 ma nei giorni seguenti ha aumentato costantemente la sua luminosità fino a raggiungere il massimo intorno al 27 maggio sfiorando la notevole mag.+12,5.

SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI

I primi a riprendere lo spettro di conferma sono stati gli astronomi americani del Palomar Observatory con il telescopio da 1,5 metri. La SN2024inv, questa la sigla definitiva assegnata, è una giovane supernova di tipo Ia. Ci teniamo a sottolineare una particolarità: il bravissimo e famoso astrofilo giapponese Koichi Itagaki questa volta è arrivato leggermente in ritardo. Ha inserito infatti nel TNS la sua scoperta appena 7 minuti dopo i professioni americani, perdendo così la possibilità di inanellare una nuova scoperta. Gli va comunque riconosciuto che anche questa volta si trovava nel posto giusto ed al momento giusto!

Supernovae aggiornamenti
2) Immagine della SN2024inv ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 60 minuti.

La seconda supernova più luminosa di questo periodo è stata invece scoperta nella notte del 12 maggio dal programma professionale denominato Gravitational-ware Optical Transient Observer (GOTO) nella piccola galassia nana PGC1846725, poco appariscente ma abbastanza vicina. Si trova infatti nella costellazione della Chioma di Berenice a circa 60 milioni di anni luce di distanza.

Al momento della scoperta il transiente appariva già molto luminoso a mag.+14,6 e nei giorni seguenti ha aumentato ulteriormente la sua luminosità fino a raggiungere il massimo intorno al 25 maggio superando leggermente la mag.+13. Ci è capitato spesso in passato di imbatterci in supernovae che con la loro luminosità hanno raggiunto ed a volte anche superato quella della galassia che le ospitava.

Questa volta però siamo di fronte ad un caso davvero eclatante

con la supernova che ha letteralmente surclassato in luminosità la piccola galassia ospite nana, che rimane pertanto invisibile, nascosta dall’immensa luce dell’esplosione della supernova.

Supernovae aggiornamenti
3) Immagine della SN2024iss ripresa da Gianluca Masi con un telescopio C14 somma di 8 immagini da 120 secondi.

SUPERNOVAE AGGIORNAMENTI

Il primo spettro di conferma è stato ripreso il 14 maggio dall’Osservatorio del Roque de los Muchachos con il Liverpool Telescope da 2 metri, confermando che eravamo di fronte ad una supernova, ma la fase era ancora troppo giovane per poterne distinguere il tipo. La notte seguente gli astronomi americani del Palomar Observatory con il telescopio da 1,5 metri hanno ottenuto a loro volta un nuovo spettro e stavolta è comparsa la linea dell’Idrogeno tipico delle supernovae di tipo II. Al transiente è stata perciò assegnata la sigla definitiva SN2024iss, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano alla velocità di circa 20.000 km/s. L’oggetto è facile da seguire perché molto luminoso, peccato che la piccola galassia ospite è praticamente invisibile.

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Stasera la ISS facile da osservare

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Tempo di lettura: < 1 minute

Non perdere il transito della ISS Stazione Spaziale Internazionale.

Serata favorevole per seguire i passaggi: 28 maggio.

Tempo permettendo un questo fine maggio incerto, subito dopo le 21 ottimo transito della ISSStazione Spaziale Internazionale guardando ad ovest per vedere il cielo solcato da Nord Ovest sino a Sud Est.

28 Maggio

L’ultimo transito notevole del mese sarà avvistabile da tutto il paese, il 28 Maggio. Dalle 21:04 alle 21:13, da NO a SE. Magnitudine di picco a -3.8 per il secondo miglior transito serale del mese.


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La Luna del Mese

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cielo del mese la luna

Tempo di lettura: 30 minuti

LA LUNA DI GIUGNO 2024

I pianeti tutti in elongazione ovest rispetto al Sole sorgeranno a partire dall’una di notte all’inizio del mese. Il primo a uscire dall’orizzonte è Saturno ma la Luna lo avrà già incontrato il 31 del mese di maggio. Perciò il giorno 1 la prima congiunzione sarà con Nettuno, il secondo in ordine ad uscire dall’orizzonte.

Il giorno 3, sempre nella seconda parte della notte, una sottile falce di Luna (fase 16%) affiancherà Marte.

03 Giugno

luna del mese - giugno 3
Il giorno 3 Giugno alle 03:51 la Luna con fase 16% incontra Marte molto basso sull’orizzonte ad Est, meno di 10°.

Il giorno 5 una Luna praticamente nuova, bassissima sull’orizzonte e ad Est si posizionerà fra Urano Giove e Mercurio, configurazione prossima al Sole, solo mezz’ora di tempo prima dell’alba.

05 Giugno

luna del mese -05 giugno
La splendida configurazione con Luna Giove Pleiadi Nettuno e Mercurio del giorno 5 giugno. Come mostra l’immagine il Sole sarà già sorto, anche se non completamente, già alle 04:50, e nei minuti precedenti gli oggetti saranno comunque avvolti dalla luce.

Il giorno 6 siamo alla Luna Nuova a cui succederanno le notti favorevoli alle osservazioni del cielo per gli oggetti deep sky.
Dopo la luna nuova si torna a cercare il satellite verso ovest da dove tornerà ad apparire nel tramonto come ancora una piccola falce di Luna già il giorno 10 quando alle 21 (Sole tramontato da poco) sarà alta sull’orizzonte circa 34° ed avrà una fase pari a 12°. Nella costellazione del Cancro dove il satellite stazionerà per quella notte si troveranno nei paraggi anche M44 ammasso del Presepe e M67. Tramonto dopo la mezzanotte.

la luna del mese - 10 giugno
Il giorno 10 una sottile falce di Luna sarà visibile ad ovest nei pressi dell’ammasso M44 (Presepe) e M67. Altezza 25° poco prima delle 22:00.

Dal giorno 10 in poi la Luna tornerà ad apparire sempre più alta nel cielo. Già il giorno 11 arriverà nel Leone vicino a Regolo.
Il giorno 14 Luna al Primo Quarto ma il 15 sarà vicina a Spica nella Vergine con al suo fianco M104 Galassia Sombrero. Dal giorno 19 oramai la Luna apparirà quasi piena ad est nella costellazione dello Scorpione sarà perciò visibile per tutta la notte ed avremo il tempo per osservarla vicino ad Antares, nei pressi anche di M80 e di M4.

19 Giugno

luna del mese - 19 giugno
Il giorno 19 la Luna quasi piena sarà visibile per tutta la notte vicino ad Antares.

A partire dal giorno 21 la Luna non sarà visibile già a partire dal tramonto ma bisognerà attendere per vederla sorgere ad Est a notte iniziata. Il giorno 22 Luna Piena, pochi giorni dopo, il giorno 27 la Luna sarà al perigeo e ciò, in concomitanza con la fase piena, favorirà la sensazione che la Luna possa sembrare più grande.
Sorgendo sempre più tardi nella notte tornerà a farsi trovare poco prima dell’alba nel pressi dell’allineamento dei pianeti incontrando il primo della fila, Saturno, proprio il 27 giugno.

27 Giugno

la luna del mese - 27 giugno
Il 27 Giugno la Luna incontrerà Saturno poco dopo il suo sorgere ad Est. Siamo nella seconda parte della notte, intorno alle 01:45.

Il 28 giugno Luna all’Ultimo Quarto.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE           DATA   ORE   SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Luna Nuova 06/06 05:14 05:00 12:09        21:14        374149 km 1903.9
Primo Quarto 14/06 07:18 13:18 19:01      01:27        403807 km 1783.2
Luna Piena 22/06 03:07 21:52 01:11         05:21       380554 km 1893.8
Ultimo Quarto 28/06 23:53 00:38 01:15     12:45        369345 km 1937.1

FASE                 DATA
Luna Calante     dal 01 al 06
Luna Crescente  dal 07 al 22
Luna Calante     dal 23 al 30

FASE     DATA ORE     DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 02/06 09:22 368162      km 1930.7
Apogeo 14/06 15:35 403807      km 1783.2
Perigeo 27/06 13:45 369388      km 1939.4

LIBRAZIONI di GIUGNO

a cura di Francesco Badalotti

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

– 01 Giugno: Massima Librazione nord cratere Philolaus
– 07 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 08 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 09 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 10 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 11 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 12 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 13 Giugno: Massima Librazione mare Australe
– 14 Giugno: Massima Librazione sud cratere Rosemberger
– 23 Giugno: Massima Librazione nordovest cratere Pythagoras
– 24 Giugno: Massima Librazione nordovest cratere Pythagoras
– 25 Giugno: Massima Librazione nord cratere Carpenter
– 26 Giugno: Massima Librazione regione polare nord

Librazioni di Giugno Sud-Est

Luna Giugno librazioni Nord

Luna nuova nei primi giorni del mese di maggio favorirà le riprese

3 Maggio

Iniziamo Maggio con la Luna che sorge a sud-est all’ultimo quarto oramai dopo le 3 di notte, nella costellazione del Capricorno, e ritardando sempre più il suo sorgere finiremo già il giorno 3 per scorgerla solo per qualche minuto nelle prime luci del mattino quando sarà vicino a Saturno, tuttavia entrambi troppo vicini al Sole per consentire qualsiasi osservazione. Trascorreranno così delle piacevoli notti “senza Luna” perfette per le osservazioni più impegnative ma a discapito di perdere una congiunzione stretta fra Luna e Marte nell’alba del giorno 5 maggio.

Luna 3 Maggio alle 05:26 a sud-est allineato con Saturno, Nettuno, Marte e Mercurio

12 Maggio

Torneremo a scorgere la Luna ad ovest nelle luci del tramonto il giorno 9 maggio mostrandosi con una sottilissima falce. Le ore di buio con la presenza dell’astro andranno via via aumentando fino al giorno 12 quando la Luna si farà trovare alta nel cielo, a sud-ovest, già al tramonto e molto vicina a Polluce (2° 30′), stella dei Gemelli.

Luna il 12 maggio ore 23:20 congiunzione con Polluce in direzione nord-ovest.

15 Maggio

Passano i giorni e il 15 maggio la luna al Primo Quarto si mostrerà al tramonto del Sole sopra alla stella Regolo della costellazione del Leone fino a scomparire sotto l’orizzonte ad ovest intorno alle 2 della notte.
Nei giorni successivi il nostro satellite ripercorrerà più o meno lo stesso scenario attraversato in aprile fino a raggiungere e superare Spica nella Vergine il giorno 20 già nelle prime ore della sera e spostando lo sguardo stavolta verso sud est.

Luna 16 maggio ore 00:20 direzione Ovest, congiunzione Luna-Regolo

23 Maggio

La Luna Piena si potrà ammirare nella sera del 23 maggio quando sorgerà a Sud Est molto vicina ad Antares (2°50′), stella dello Scorpione.

Luna 24 maggio ore 00:20 congiunzione Luna Piena – Antares, direzione Sud.

I pianeti ancora tutti posizionati molto vicino al Sole non favoriranno l’osservazione di alcuna congiunzione. Un vero peccato che si pensa che il satellite nelle prime ore dell’alba transiterà molto vicino a Saturno, Marte e Mercurio rispettivamente il 4,5 e 6 maggio ma come abbiamo anticipato, il Sole non sarà purtroppo molto distante e il tutto avverrà nella luce, seppur tenue, dell’alba.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 01-mag 13:27 02:42 07:22 12:03 375769 km 1893.2
 Nuova 08-mag 05:21 05:49 12:30 21:08 366059 km 1942.4
Primo Quarto 15-mag 13:47 12:24 19:00 02:21 399569 km 1806.4
 Piena 23-mag 15:53 22:55 00:35 05:12 393033 km 1836.9
FASE DATA
Calante dal 01 al 08
Crescente dal 09 al 23
Calante dal 24 al 31

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 06/05 00:10 363164 km 1951.6
Apogeo 17/05 20:59 404176 km 1789.3

Ad ovest l’8 aprile Luna e Giove non vicinissimi accompagnati da Urano

ma probabilmente si parlerà solo dell’eclissi!

All’inizio del mese di Aprile la Luna sorgerà nelle ultime ore della notte quando l’alba ne nasconderà in poco meno di un’ora la visuale. Seguiranno notti senza Luna che attraverserà la fase di Luna Nuova il giorno 8 aprile.

Il 10 Luna – Giove

Per riscoprire nuovamente il satellite dovremo attendere il giorno 10 quando intorno alle 20 la potremo ammirare ad ovest vicino Giove (4° ovest) ed immersa nella luce del tramonto.

Luna e Giove il giorno 10 immersi nel tramonto, quindi ad ovest, 4° di distanza.

Dal giorno 11 in poi e per i giorni successivi la Luna si allontanerà dal pianeta aumentando pian piano la sua fase ed anticipando sempre più la sua altezza in cielo al momento del tramonto del Sole. Sarà quindi sempre più facile scorgerla ad ovest nelle sere e via via per parte della notte.

Il 15 Luna – Polluce

Attraversando il Toro, senza avvicinarsi troppo ad Aldebaran arriverà nell’Auriga il giorno 12, nei pressi della stella Elnath finchè il giorno 15 con Luna al primo quarto non comparirà al tramonto del Sole molto vicino a Polluce, poco più di 2°.

Il giorno 15 la Luna transiterà molto vicino a Polluce, solo 2°, a Sud.

Le giornate si stanno allungando e per le prime ore di buio bisognerà aspettare sin dopo le 20 e 30.

Il 18 Luna – Regolo

Nei giorni successivi la Luna attraverserà la costellazione del Cancro che, come sappiamo, è priva di stelle di particolare nota, puntando direttamente verso Regolo, la stella alfa della costellazione del Leone, che raggiungerà il giorno 18 aprile (3° e 15′). La Luna inizierà inoltre ad apparire sempre più spostata verso est.

Il 27 Luna e Antares

Saltiamo al 22 aprile quando la Luna sarà visibile ad Est già immersa nelle luci del tramonto molto vicina a Spica (3° 53′) stella principale della costellazione della Vergine, per rimanere poi ben visibile per tutto il corso della notte fino all’alba. Certo non un grande aiuto per le osservazioni di profondo cielo ma molte ore utili invece per chi è alle prese proprio con gli scatti dedicati al satellite. Attenzione però la Luna il giorno 25 sarà oramai piena, le riprese della superficie mostreranno quindi poche ombre dei crateri.
Il giorno 27 il nostro satellite, che ora sorge sempre più tardi nello ore serali e prima notte, transiterà vicino Antares.


Con i pianeti quasi tutti immersi nella luce del Sole e posizionati a distanze minime da esso, poche occasioni ci concederanno per scatti gradevoli.

Al Limite
Immersi nelle luci dell’alba potremo forse provare a catturare due avvicinamenti fra Luna e Saturno e Luna e Venere rispettivamente nelle mattine del 6 e 7 aprile. Ma stiamo davvero parlando di pochissimi minuti con una esigua falce di Luna.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 02-apr 05:14 03:16 07:33 11:47 380330 km 1868.6
 Nuova 08-apr 20:20 06:29 19:04 19:37 358878 km 1972.3
Primo Quarto 15-apr 21:13 11:22 18:37 02:41 391137 km 1846.1
 Piena 24-apr 01:48 20:50 01:07 06:15 399979 km 1807.7
FASE DATA
Calante dal 01 al 08
Crescente dal 09 al 254
Calante dal 26 al 30

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 07/04 19:53 359464 km 1966.2
Apogeo 20/04 04:09 405608 km 1789.0

Simpatica configurazione il 14 marzo con Pleiadi-Luna-Urano-Giove allineati in verticale ad ovest. Il 25 eclissi di Luna di penombra ma dall’Italia non sarà visibile

In marzo saltiamo i primi giorni e arriviamo direttamente all’08 marzo quando, come anticipato, ci attende un incontro fra Luna e Venere leggermente più favorevole rispetto al mese precedente.

La distanza minima pari a 3.3°S è prevista per le 19:53 quando entrambi saranno sotto l’orizzonte precedendo il Sole del tramonto. Meglio tentare la mattina dello stesso giorno, intorno alle 06:00 quando una finestra di circa 20 minuti ci consentirà di catturare la Luna all’8.8% in un triangolo coinvolgendo anche Marte.

Triangolo Luna-Venere-Marte il giorno 08 marzo alle poco dopo le ore 06 nella luce del crepuscolo. Falce di Luna a 8,8%. Immagine https://theskylive.com/

Il 14 marzo intorno alle 22:00 sarà interessante osservare quasi in linea verticale ad Ovest in ordine dall’alto verso il basso: le Pleiadi, la Luna 17.8%, Urano e vicino all’orizzonte Giove a più o meno sei gradi di distanza l’uno dall’altro.

Curiosa configurazione ad ovest il giorno 14 marzo alle ore 22. Con Giove in basso primo della fila a seguire Urano, Luna e Pleiadi. Distanza media circa 06 gradi. Immagine https://theskylive.com/

Il 20 marzo l’equinozio di primavera ci avrà donato giornate più lunghe ma anche notti più corte. Nulla di particolare da segnalare fino a saltare direttamente al giorno 25 marzo che vedrà la Luna interessata da un’Eclisse Parziale di Penombra. Purtroppo come mostrato anche nell’immagine, l’eclisse non sarà visibile dall’Italia se non per qualche minuto prima del tramonto del satellite e giorno oramai fatto.
L’inizio dell’ingresso della Luna nella sezione di penombra della Terra è previsto per le 5:53 UTC+1 mentre il satellite scomparirà sotto l’orizzonte ad Ovest, quindi subito dopo già alle 06:10 UTC+1.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 03-mar 16:23 01:16 05:49 10:09 390254 km 1831.0
 Nuova 10-mar 12:57 06:42 12:32 18:28 357007 km 1978.1
Primo Quarto 17-mar 05:10 10:32 17:54 02:03 386947 km 1862.8
 Piena 25-mar 08:00 18:48 06:11 07:44 405717 km 1788.0
FASE DATA
Calante dal 01 al 10
Crescente dal 11 al 25
Calante dal 26 al 31

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 10-mar 08:05 356894 km 1978.1
Apogeo 23-mar 16:15 406295 km 1788.4

Nei primi 10 giorni di febbraio ben 5 congiunzioni interessano la Luna. Andiamo a vederle nel dettaglio

Si inizia il primo giorno (01 febbraio) quando la Luna incontra Spica, astro principale della Costellazione della Vergine. L’avvicinamento sarà visibile già nelle ore notturne verso est, ed alle 05:48, fine della notte astronomica, saranno distanti poco più di 2°. Il massimo della congiunzione è previsto alle 08:44 a 1.7°N.
Il giorno 03 la Luna è già all’ultimo quarto, nei giorni successivi quindi, in prossimità delle altre congiunzioni si presenterà come una falce sempre più sottile, ottima per favorire gli scatti.

Luna – Spiga la mattina del 02 febbraio intorno alle 06:00. La luce de Sole lascerà ancora per poco libero il campo. Direzione Sud-Ovest, altezza orizzonte circa 20°.

Il giorno 05 febbraio la Luna avvicina Antares, questa volta nello Scorpione, il massimo è previsto a notte inoltrata, ore 01:52 con separazione addirittura 0.6°N, purtroppo in quel momento gli astri saranno sotto l’orizzonte. Li si potrà scorgere vicini solo poco prima delle 04:00 quando compariranno a ES

Luna e Antares molto bassi sull’orizzonte intorno alla 4:30 del mattino del 5 febbraio a SSE.

Dopo due giorni, il 07 febbraio, è la volta di Venere, la congiunzione fra il satellite e il pianeta splendente mancava da un pò, niente di speciale però perché i due oggetti saranno già tramontati per il massimo previsto alle 19:53 a più di 5° S di distanza. Meglio sperare nella posizione del mattino quando i due astri appariranno allineati rispetto alla linea di orizzonte già alle 06:00. La tenue luce dell’alba, la falce di Luna sottile (appena 12,6%) e la luminosità del pianeta potrebbero dar vita ad un bel quadro. A marzo la situazione migliorerà.

Accenno di congiunzione fra Venere – Luna difficile da osservare perchè molto basso sull’orizzonte poco prima dell’alba del 7 febbraio.

Il giorno 08 passiamo a Marte e Mercurio insieme, in un triangolo con i due pianeti ai vertici in alto e la Luna nel vertice in basso. Consapevoli però che ci stiamo approssimando al Sole ed alla Luna Nuova, il massimo della congiunzione è previsto per le 07:32 con 4.2S° di distanza fra Luna e il pianeta rosso, e 3.2°S con Mercurio, e prima ci sarà davvero poco margine, solo una cinquantina di minuti fra il sorgere della Luna (più in basso rispetto a Marte) e il massimo.

Nella simulazione la Luna con Marte e Mercurio dopo aver in lontananza lasciato Venere. Alle 07:20 circa il Sole avrà già fatto capolino e la Luna apparirà come una piccola falce. Osservazione non facile ma stimolante con una finestra molto piccola, solo qualche decina di minuti, prima dell’alba.

Il 09 febbraio arriva la Luna Nuova che si trasformerà in una sottilissima nuova falce (solo 1,6%) nell’incontro l’11 con Saturno. Il massimo è previsto alle 01:39 ma i due astri saranno sotto l’orizzonte.

Saltiamo al giorno 15 con la Luna che sorgerà intorno alle 10:00 del mattino già molto vicina a Giove. Nel corso della giornata purtroppo la distanza continuerà aumentare ma i due astri saranno abbastanza vicini (circa 4° N) anche per tutta la sera fino a dopo la mezzanotte.

Luna Giove nella sera del 15 febbraio accompagnati dal Urano verso Ovest.

Per consolarci potremo puntare sempre sulle amate Pleiadi, il giorno 16, ad una distanza minima media di 0.6°S visibili per tutta la notte.

Luna Pleiadi il giorno 16 in direzione Ovest, ore circa 22:00.

Il 21 febbraio sarà favorevole anche l’avvicinamento a Polluce, visibile per tutta la notte ad una distanza di circa 1.6°S. Il 24 la Luna Piena si avvicinerà a Regolo a 3.6°N ma probabilmente la forte luce dell’astro coprirà la tenue luminosità della stella.

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 03-feb 00:18 01:12 06:15 11:04 394498 km 1811.3
 Nuova 09-feb 23:59 07:17 12:05 16:55 361239 km 1951.6
Primo Quarto 16-feb 16:01 10:27 17:19 00:46 377032 km 1905.8
 Piena 24-feb 13:30 17:53 00:09 07:09 405423 km 1793.3
FASE DATA
Calante dal 01 al 09
Crescente dal 10 al 24
Calante dal 25 al 29

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 10-feb 19:49 358086 km 1966.1
Apogeo 25-feb 15:59 406311 km 1788.4

A Gennaio Luna e Pleiadi

Luna, illuminata all’84.3%, molto vicina alle Pleiadi, con cielo leggermente velato; assieme di due immagini riprese su montatura equatoriale a Sella dei Generali, Coli (PC). Crediti: Fausto Lubatti

Lo scatto di Fausto Lubatti immortala Luna e Pleiadi nel mese di Ottobre. A gennaio le distanze saranno molto più strette fino a toccarsi

Archiviato il 2023 dedichiamoci al nuovo anno ricchi di buoni propositi giusto? Gennaio è un po’ come settembre, si fanno progetti e si inizia a pensare già alle attività primaverili con nuove sfide magari sfruttando quel nuovo accessorio che da tanto avreste voluto acquistare..
Va bene, va bene, torniamo a noi, al concreto.
La Luna inizia il mese di gennaio 2024 in fase calante, raggiungerà l’ultimo quarto il 4 e poi una falce sempre più sottile caratterizzerà il cielo per la prima decade. Nel frattempo però non potremo confidare in congiunzioni troppo strette. La Luna incontrerà il giorno 05 Spica ad una distanza di 2° nord e tre giorni dopo Antares, spettacolo all’alba intorno alle 05:00 del mattino ma le giornate ancora molto corte consentiranno un buio accettabile. Nelle stesse ore, quindi sempre l’08 gennaio all’alba, sopra i due astri ci sarà Venere, ma a distanze di circa 5° sud, insomma ampi campi per le inquadrature.

Superiamo la Luna Nuova l’11 per vedere comparire la nuova e piccolissima falce di Luna il giorno 14 nei pressi di Saturno, giusto poco più di un’ora prima che il satellite tramonti intorno alle 19 e 30. I due ballerini saranno a OSO con la Luna più in basso e Saturno sopra a circa 2.2° di distanza a circa 15° sull’orizzonte.

Congiunzione Luna – Saturno il 14 gennaio ad ovest ore 17:00. Crediti: https://theskylive.com/

Le settimane scorrono tranquille con il passaggio della Luna, oramai al primo quarto quindi in piena fase crescente, nei pressi di Giove. Sarà la sera del 18 intorno alle 21 Luna e Giove saranno distanti circa 3° gradi, ma si lasceranno ammirare ancora per qualche ora sino al tramonto poco dopo la mezzanotte.

Il giorno 18 Congiunzione Luna e Giove a circa 3° di distanza, alle 18 altezza sull’orizzonte 50°. Crediti: https://theskylive.com/

Un paio di giorni dopo il satellite si immergerà quasi totalmente nelle Pleiadi, ad una distanza di soli 0,8° raggiunta in pieno giorno ma la sera del 20 a partire dal tramonto del Sole fino a circa l’una di notte saranno ancora molto alti nel cielo. Parecchie ore utili quindi per cercare lo scatto perfetto.

20 Gennaio congiunzione stretta Luna-Pleiadi. Visibile già dal tramonto del Sole. ll massimo dell’avvicinamento nelle ore diurne, alle 13 al sorgere della Luna ad Est. https://theskylive.com/

La Luna piena sarà il 25 gennaio con pochi passaggi interessanti sul finire del mese.

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 04/01 04:30 00:13 06:12 11:55 401578 km 1784.2
 Nuova 11/01 12:57 07:59 12:22 16:44 367027 km 1920.5
Primo Quarto 18/01 04:52 11:29 17:45 00:30 373837 km 1920.9
 Piena 25/01 18:53 16:50 23:52 07:44 399019 km 1824.4

 

FASE DATA
Calante dal 01 al 11
 Crescente dal 12 al 25
Calante dal 26

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Apogeo 13/01 11:35 362446 km 1948.0
Perigeo 29/01 09:13 405711 km 1785.5

 

 

Il mese di dicembre si apre con la Luna coinvolta in una serie di congiunzioni, non troppo strette a dire il vero, rispettivamente con tre stelle molto luminose e ravvicinate della volta celeste: Polluce nella costellazione dei Gemelli, Presepe nel Cancro e Regolo del Leone. Le congiunzioni si susseguiranno nell’ordine il 01 quando il satellite sarà a 1,6° Sud da Polluce, il 02 quando sarà la volta del Presepe a 3.6° Nord, ed infine il 03 con Regolo a 4.0° N. Per osservare la serie di passaggi ravvicinati le ore migliori saranno quelle dell’alba ma considerando le giornate molto corte ciò non costringerà l’osservatore ad improbabili alzatacce, essere pronti poco prima delle 05:00 sarà sufficiente, forse per l’ultimo appuntamento sarà meglio fissare la sveglia qualche ora prima.

Luna – Polluce 01 dicembre ore 05:00 direzione SW https://theskylive.com/

Luna – Presepe 02 dicembre ore 05:00 direzione SW https://theskylive.com/

Luna – Regolo 03 dicembre ore 05:00 direzione S https://theskylive.com/

La configurazione di inizio mese si ripeterà quasi identica anche nei 4 giorni prima del 31 Dicembre, agognato capodanno che segna la fine del 2023 quando le distanze saranno leggermente migliorate.
Nel resto del mese la Luna affronterà le sue 4 fasi senza l’occasione di ripeterne alcuna come invece era accaduto in settembre per la Luna Piena registrata due volte nei trenta giorni.
La Luna Nuova del 12 Dicembre sarà complice di quegli avventurieri che vorranno sfidare le temperature pungenti per perdersi ad ammirare il fascio delle Geminidi il cui massimo è previsto la notte del 14. Con un po’ di fortuna e con un cielo sgombro da nuvole, nella quasi totalità di buio non dovremo attendere molto prima di individuare almeno una stella cadente.

Con la Luna invece diretta verso il Primo Quarto e vicina al Perigeo potremo programmare uno scatto interessante del transito del satellite vicino a Saturno con distanza 2.5°S, bene ma non benissimo e la situazione non migliorerà molto per il passaggio della Luna vicino all’altro gigante gassoso Giove previsto per la notte del 22.

Luna – Giove 22 dicembre ore 20:00 direzione Sud https://theskylive.com/

Il vero incontro interessante probabilmente sarà quello del 24 dicembre con le Pleiadi con una distanza media prevista di soli 1.1° Sud ma resta indispensabile il forse per due motivi: la Luna sarà infatti quasi piena e il bagliore potrebbe rendere difficile immortalare nello stesso scatto le sette sorelle e il satellite e, per qualcuno sarà probabilmente difficile abbandonare la cena di Natale per dedicarsi alla propria passione, il rischio è che si scateni un putiferio!

Luna – Pleiadi 24 dicembre ore 17:00 direzione Est https://theskylive.com/

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 05/12 06:49 06:18 12:57 404325 km 1776.4
 Nuova 13/12 00:32 08:15 12:35 16:47 375230 km 1879.1
Primo Quarto 19/12 19:39 12:16 00:50 00:50 369692 km 1933.3
 Piena 27/12 01:33 16:54 00:12 08:20 391537 km 1860.1

 

FASE DATA
Calante dal 01 al 05
Crescente dal 07 al 27
Calante dal 28

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Apogeo 04/12 19:42 404346 km 1783.3
Perigio 16/12 19:53 367888 km 1921.5

Novembre Luna e Venere al mattino

Nel mese di Novembre la Luna in fase calante e diretta verso l’ultimo quarto sorgerà intorno alle 20 e 30 per rimanere visibile per quasi tutta la notte. Il giorno 3, intorno alle 22 la scorgeremo vicino a Castore e Polluce, subito sotto ai due gemelli.

Congiunzione Luna-Castore-Polluce del 03 novembre ore 23:45. Crediti https://theskylive.com/

Il giorno 9, sorgerà la mattina poco dopo le tre accompagnata da Venere. Lo spettacolo sarà gradevole con la Luna ridotta oramai quasi ad uno spicchio tenue (porzione visibile 18,5).
Sopra la Luna e subito sotto Venere i due astri saranno distanti circa 2°. Nel corso della giornata, quando oramai però saranno avvolti nella luce diurna, Venere e Luna continueranno ad avvicinarsi finché la seconda non finirà per coprire la prima in un’eclisse accessibile ahinoi a pochi dotati della giusta attrezzatura.

Congiunzione Luna Venere facile da individuare all’alba del 9 novembre. I due astri si avvicineranno sempre di più fino a dar vita ad un’eclisse nelle ore diurne. Crediti https://theskylive.com/

 

L’eclissi di Venere coperta dallo spicchio di Luna inizierà alle ore 09:06 (per un osservatore situato a Roma) e ci concluderà alle ore 14:07.

Inizio dell’eclissi di Venere ore 09:06 del 09 novembre con il Sole già alto in cielo. I due astri saranno in direzione Sud nella costellazione della Vergine. Altezza dall’orizzonte circa 50° gradi. Crediti https://theskylive.com/

Venere esce dal dietro la parte in ombra delle Luna alle ore 14:17 del 09 novembre. Crediti: https://theskylive.com/

Nei giorni successivi poco la Luna Nuova si nasconderà per quasi tutto il tempo nella luce diurna ma sarebbe interessante osservare lo splendido quintetto formato da Mercurio,
Antares, Marte, Luna e Sole tutti stretti in pochi gradi.

Purtroppo in luce diurna alle 15 del giorno 13 novembre affollato allineamento: Luna, Mercurio, Antares, Marte e Sole. https://theskylive.com/

Il satellite uscirà dalla morsa del giorno intorno il 17 quando inizierà a scorgersi nelle prime luci della sera, stiamo parlando di orari pomeridiani, le giornate si riducono infatti sempre di più tanto che alla fine del mese avremo pochissime ore di luce.

Quando riapparirà verso ovest la Luna sarà visibile al 14% circa e seguita da vicino da Plutone che sia avvicinerà ancora di più il giorno successivo.
Ritardando sempre di più il suo tramontare la Luna il giorno 20 sarà vicino a Saturno che non lascerà fino al tramonto, prima della mezzanotte, la Luna sarà al primo quarto.

Ore 21:20 circa del 20 novembre, Luna e Saturno in congiunzione stretta poco più di due gradi. Direzione Sud-Ovest Altezza da terra circa 22 gradi. https://theskylive.com/

Inizia con questo passaggio la serie di congiunzioni fra Luna e i pianeti. Dopo appena due giorni infatti, il 22 sarà la volta di Luna e Nettuno, poi dopo ancora altri due giorni, il 24 di Luna e Giove e infine il 26 la Luna si muoverà nei pressi di Urano.
Il momento migliore per catturare Luna e Giove sarà però il 25 al loro sorgere, intorno alle 17 e 30 in direzione est, mentre per Luna e Urano, sarebbe meglio svegliarsi all’alba del 26 con i due astri ad ovest. Ricordiamo che gli astri in questo periodo dell’anno sono molto bassi sull’orizzonte.

Congiunzione Luna Giove il 25 novembre ore 17:20 circa ad Est, poco dopo il tramonto del Sole. Altezza sull’orizzonte circa 20° e distanza apparente 2°. Crediti https://theskylive.com/

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 05/11 09:37 23:32 06:16 13:48 402114 km 1790.3
 Nuova 13/11 10:27 06:59 11:57 16:42 388251 km 1819.0
Primo Quarto 2011 11:50 13:23 18:36 23:55 370740 km 1926.0
 Piena 27/11 10:16 16:29 23:35 07:22 378852 km 1922.4

 

FASE DATA
Calante dal 01 al 13
Crescente dal 14 al 27
Calante dal 28

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Apogeo 06/11 21:49 404569 km 1777.0
Perigio 21/11 21:02 369819 km 1937.0

Ottobre e Luna subito in congiunzione

Il decimo mese dell’anno si apre con una gradita congiunzione fra Luna in fase calante (il mese di settembre si è chiuso con la Luna piena del 29) e Giove. I due astri saranno vicini circa 3° gradi, già a partire dal loro sorgere, intorno alle 20 e 30 per il centro Italia, con il satellite che sovrasterà il pianeta per tutta la durata della notte, fino all’alba. Le giornate sempre più corte favoriranno l’osservazione sin da subito con la luce del crepuscolo abbastanza lontana, il Sole tramonterà intorno alle 19.

Congiunzione Luna-Giove domenica 01 Ottobre ore 22:00 Roma https://theskylive.com/

Il giorno successivo, 2 ottobre, un’altra configurazione interessante, Luna e Pleiadi nella costellazione del Toro, ben visibile nel periodo autunnale, 3 gradi circa anche per questa opportunità. Il satellite e l’ammasso M45 saranno sin dal sorgere affiancati in orizzontale per avvicinarsi sempre di più durante la notte, il massimo si posiziona intorno alle 3 del mattino successivo. In allineamento con a sinistra le Pleiadi e al centro la Luna, a destra ci sarà Urano, pacifico e sornione.

Congiunzione Luna – Pleiadi ore 22:00 02 ottobre 2023 Roma https://theskylive.com/

Nei giorni successivi la Luna all’ultimo quarto, che sorgerà in ore sempre più tardi, scivolerà nella costellazione del Toro per collocarsi il 7 fra i due gemelli Polluce e Castore.

Giunti all’11 ottobre sarà necessario volgere il telescopio verso est per sorprendere il satellite aggirarsi intorno a Venere. La fase quasi terminata e vicina alla Luna Nuova consentirebbe uno scatto piacevole ma non vi aspettate vicinanze troppe strette, sarà comunque una bella sfida catturare Luna – Venere – Regolo intorno alle 4. Il Sole sorgerà solo 2 ore e mezzo dopo.

Luna- Regolo Venre 11 Ottobre 2023 ore 04:00 Roma molto bassi sull’orizzonte https://theskylive.com/

Intorno al 17 finalmente torneremo a scorgere il satellite verso ovest poco prima e dopo il tramonto e l’accesso agli scatti continuerà a migliorare fino al 19 quando oramai la Luna, in Sagittario e in fase crescente, tornerà ben alta nel cielo già al tramonto.
Evento interessante che vale il tentativo di una foto panoramica la congiunzione fra Luna e Saturno (mag. 0,7) del 24 ottobre. I due astri saranno già alti nel cielo al tramonto e scompariranno sotto l’orizzonte solo a notte inoltrata.

Luna Saturno congiunzione il 24 ottobre ore 00:00 Roma https://theskylive.com/

Nei giorni successivi, la Luna, dopo aver affiancato Nettuno, si dirigerà di nuovo verso Giove, completando il suo periodo. Il 29 Giove e Luna danzeranno uno rispetto all’altro per tutta la notte senza avvicinarsi mai troppo, inoltre la Luna avrà da poco superato la fase piena quindi tanta luminosità in cielo. Condizioni non facili.

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 06/10 15:47 23:35 06:01 15:00 395056 km 1821.1
Nuova 14/10 19:55 06:53 12:07 18:26 399435 km 1771.7
Primo Quarto 22/10 05:29 15:15 19:51 –:– 373091 km 1917.9
 Piena 28/10 22:24 17:56 00:11 06:57 386953 km 1982.0

 

FASE DATA
Calante dal 01 al 06
Crescente dal 07 al 22
Calante dal 03 al 31

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 26/10 02:52 364902 km 1986,1
Apogeo 10/10 03:41 405396 km 1758.0

La Luna Blu, la Congiunzione Luna – Saturno e la Luna di Settembre

La Luna Blu

Al contrario di ciò che si potrebbe pensare la Luna Blu non ha nulla a che vedere con il suo colore, sono rarissimi i casi in cui le condizioni atmosferiche favoriscono un colore freddo all’altro al sorgere.

Quindi seconda Luna Piena il 31 agosto prevista per le 03:35 per questo sarà più facile ammirarla già dal giorno precedente (30 agosto).

Congiunzione Luna-Saturno

Solo 3° e 21′ primi di distanza fra Luna e Saturno il 30 agosto. Già dal sorgere di entrambi, intorno alle 21:00 orario di Roma, i due astri saranno molto vicini, ma probabilmente abbastanza lontani per consentire la vista di entrambi.
La Luna sarà al 97% di fase, quindi particolarmente luminosa.
Al culmine, intorno alle 01:35 i due astri saranno a circa 35° gradi sopra l’orizzonte.

Sguardo a SudSudEst nella costellazione dell’Acquario.

Congiunzione Luna-Saturno 30 agosto ore 22:00 di Roma

Meno spettacolare il primo dei mesi autunnali per la Luna ma che sarà darci comunque delle soddisfazioni. Primo appuntamento interessante il 4 settembre nella tarda notte quando Luna e Giove, si avvicineranno quasi allineati in orizzontale. Fase delle Luna 80%, altezza sull’orizzonte alle 23 circa 12° e distanza fra gli astri poco più di 3°. Nel corso della notte però essi tenderanno ad allontanarsi sempre di più, meglio cercare di riprenderli appena sorti.

La sera successiva segnaliamo una Luna al 70% avvicinarsi moltissimo alla Pleidi già dal sorgere (dopo le 22:00) fino a circa la mezzanotte, scavallato il giorno infatti i due oggetti tenderanno ad allontanarsi.

Il 9 settembre, ma sarebbe meglio dire la mattina dell’10 settembre dopo l’una la Luna sorgerà a Nord-Est già in compagnia di Polluce, la seconda delle stelle per importanza e luminosità della costellazione dei Gemelli. Distanza minima intorno ai 2°.

La mattina del giorno 13, poco prima del sorgere del Sole, sarà possibile scorgere nel cielo ancora abbastanza scuro Venere solidamente posizionata ad Est e a Nord-Est poco sopra l’orizzonte una minuscola falce di Luna del 4% appena. Non si tratta di una congiunzione stretta ma potrebbe essere una sfida per astrofotografi paesaggisti.

La mattina successiva, ancora più arduo perché ancora più a ridosso del sorgere del Sole, saremo già alle 6 del mattino, fra Luna molto bassa e Venere già alto farà capolino Mercurio.

A partire da metà mese potremo tornare ad ammirare la Luna nella sera ma essendo nuova dovremo attendere ancora qualche giorno perché si mostri. Peccato perché proprio il 16, anche se molto vicino al tramontare del Sole, dubito dopo le 19, Luna e Marte si renderanno partecipe di una strettissima  congiunzione, con inizio a meno di un grado ed in occultazione parziale al momento del tramonto.

Luna e Saturno ci riprovano il giorno 26 ben alti sull’orizzonte già alle 22:00, visibili per quasi tutta la notte la distanza, che resterà intorno ai 3° gradi andrà via via diminuendo. Fase della Luna 82%.

Il mese per la Luna si chiude il giorno 27 con un avvicinamento a Nettuno. Luna quasi piena e scatti non semplici a causa delle notevole differenza di luminosità.

Fase Data Ore Sorge Culmina Tramonta Diam App Distanza Terrakm
Ultimo Quarto 07/09 00:21 23:54 06:22 15:19 1839.2 390676
Nuova 15/09 03:40 06:58 12:49 19:43 1754.9 404449
Primo Quarto 22/09 21:32 14:40 18:02 23:11 1871.9 381271
Piena 29/09 11:57 19:08 23:27 06:49 2013.0 360579
 Calante dal 01 al 15
 Crescente Dal 16 al 29
 Calante Dal 30
Apogeo 12/09 15:42 1753.6 406066
Perigeo 28/09 01:04 2013.8 359927

Ben due pleniluni per agosto e la Luna più grande di tutto il 2023

Per il mese di Agosto la Luna ci riserva momenti di intenso spettacolo. Già il giorno 2 del mese la concomitanza fra due fattori, una Luna quasi al perigeo (molto vicina alla Terra) e la fase piena, darà origine alla seconda occasione per quest’anno (la prima è stata in Luglio) per ammirare la SuperLuna, la più grande di tutto il 2023 con ben 2019.8 secondi d’arco di grandezza apparente. Come per l’evento di luglio, bel tempo permettendo, sarà il momento per dare vita a scatti romantici caratterizzati da una Luna particolarmente rossa. Meglio pianificarli con anticipo! La Luna sorgerà alle 21:27 per un osservatore sito in Roma. Sullo sfondo a fare da cornice le costellazioni del Capricorno a destra e l’Aquario a sinistra. Nella foto panoramica potrebbe trovare spazio anche Saturno che sorge più o meno alla stessa ora e posto a circa 10° di distanza verso Est dal nostro satellite.

La Luna il 2 agosto alle ore 22:00 https://theskylive.com/

La vicinanza non troppo stretta fra Luna e Saturno si ripete la sera successiva il 3, questa volta con il pianeta collocato sopra al satellite spostato verso sud. La distanza si riduce leggermente arrivando sino a poco più di 7 gradi.

La mattina del 4 agosto, una luna non più piena ma con fase al 93% sorge poco dopo le 22:30 nella costellazione dei Pesci accompagnata da Nettuno, piccolo puntino luminoso in alto in direzione Est rispetto al satellite, distanza 4° e 30’ circa. La situazione migliora leggermente nella tarda notte, dopo le 03:00 del mattino successivo quando gli astri si avvicineranno fino a 3° e 30’ di distanza.

Nella notte, a cavallo fra il giorno 7 e 8 agosto altro incontro della Luna questa volta con il gigante Giove. La Luna, oramai al 55,7% di fase si alzerà dall’orizzonte intorno alla 23:30 ma dovremo aspettare ancora qualche minuto per vedere sorgere anche Giove. Trascorsi i 30 minuti dopo la mezzanotte i due astri saranno entrambi ben visibili in cielo e partiranno da una distanza di circa 4° e 28’ per poi via via avvicinarsi sempre più sino a meno di 3° di separazione intorno alle 3 del mattino. Massimo avvicinamento poco dopo le 8 del mattino ma a quell’ora il Sole sarà già alto.

La sera dell’8, o sarebbe meglio dire la notte dell’8 oramai superata la mezzanotte, la Luna e Giove si saranno oramai allontanati ma la visione potrebbe essere ugualmente avvincente soprattutto sotto un cielo con un buon seeing. In pochi gradi quadrati e piuttosto allineati troveremo in ordine da est verso sud: le Pleidi, La Luna sfiorata in basso da Urano, e Giove.

Nelle notti dal 10 agosto “San Lorenzo”, notte delle stelle cadenti, fino al 13 agosto, quando si prevede il massimo dello sciame, la Luna sarà dalla nostra parte sorgendo sempre più tardi, ben oltre la mezzanotte e riducendo via via sempre più la porzione visibile illuminata dal Sole. Il giorno 13 la Luna avrà fase di solo il 10%, praticamente una piccolissima falce.

Nel mese di Agosto le giornate si saranno già un po’ accorciate e il 18 si potrebbe azzardare l’osservazione di una minuscola falce di Luna (2,2%) ad ovest di Marte con subito sotto Mercurio. Il Sole sarà tramontato da poco, insomma dovremmo trovarci in una condizione di cielo davvero molto limpido e un orizzonte ad ovest totalmente scoperto.

Il resto del mese trascorrerà senza particolari note fino ad arrivare al 30 quando, oramai quasi di nuovo piena 97% si imbatterà nuovamente in Saturno, entrambi visibili già interno alle 21 e con distanza pari a 3° e 21’. Alle 21 la Luna sarà alta sull’orizzonte 13° e Saturno 16°.

Chiusura del mese con la seconda Luna Piena  di Agosto generalmente detta Luna Blu. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare la Luna Blu non ha nulla a che vedere con il suo colore, sono rarissimi i casi in cui le condizioni atmosferiche favoriscono un colore freddo all’altro al sorgere.

Fase Data Ore Sorge Culmina tramonta Diam. Apparente

arcsec

Distanza Terra km
Luna Piena 01/08 20:31 20:51 00:36 05:03 2010.2 359014
Ultimo Quarto 08/08 12:28 –:– 05:59 14:06 1889.1 380062
 Nuova 16/08 11:38 05:59 12:43 20:36 1751.3 406519
Primo Quarto 24/08 11:57 14:31 18:21 23:40 1851.3 386265
 Piena 31/08 03:35 20:20 01:15 06:40 2026.2 357247
 Calante dal 01 al 16
 Crescente dal 07 al 31
Perigeo 01/08 05:51 2010.2 359014
Perigeo 31/08 15:50 2026.2 357247
Apogeo 16/08 11:54 1751.3 406519

Ripartiamo in luglio con la Luna solitaria come agli inizi di Giugno ma con un appuntamento particolare il 3 Luglio.

Segnate sul calendario 3 Luglio: SUPERLUNA

La superluna è un fenomeno ottico che si verifica quando due fattori sono concomitanti. La Luna, che non cambia mai dimensione reale ma solo apparente, in alcuni periodi dell’anno sembra più grande e più rossa rispetto al solito. Si tratta del risultato della combinazione di due eventi. Il primo è la Luna Piena, il 3 luglio infatti, la Luna tutta illuminata sarà al giorno 15° e con fase al 100%, il secondo è la distanza dalla Terra che il giorno 4 luglio sarà minima a soli 360.147 km, si dice che la Luna è al Perigeo.

Anche se i due eventi non si combinano proprio nello stesso giorno ma a distanza di poche ore, la loro vicinanza fa della Luna del ciclo di Luglio una delle apparentemente più grandi di tutto il 2023 con un diametro pari a 33′ e 10”, seconda solo a quella che si verificherà circa un mese più tardi il 2 agosto.

Il colore rosso invece è un fenomeno legato all’atmosfera terrestre che altera i colori percepiti dall’occhio umano e più evidente quando gli oggetti sono all’orizzonte. L’atmosfera per sua natura tende e riflettere le frequenze della luce più blu e lasciar passare invece quelle rosse. Quando un oggetto di trova all’orizzonte la sua luce deve attraversare, per giungere ai nostri occhi, uno strato più spesso di atmosfera e ciò amplifica l’effetto. In tal modo la Luna appena sorta sembrerà di un rosso fuoco perdendo di intensità man mano che si alzerà nel cielo.

Il giorno 3 la Luna sorgerà nel Sagittario alle ore 21 e 43 per un osservatore sito a Roma. Crediti: https://theskylive.com/

La mattina del giorno 5 una Luna praticamente piena, fase 98%, appena iniziato il tragitto calante, transiterà vicino Plutone, oggetti troppo diversi per luminosità e dimensioni per tentare un approccio.

Molto più interessante invece saranno i giorni successivi con La Luna che si avvia all’ultimo quarto, che verso Est transiterà vicino Saturno. Appuntamento dalla mezzanotte in poi e alle 5, ancora quasi un’ora prima del sorgere del Sole i due oggetti celesti saranno alti sopra l’orizzonte ben 34°, occhio che nel frattempo vi sarete già spostati a Sud.

Non ci sono particolari note per la Luna

Si ripete in parte lo spettacolo di giugno con una congiunzione a 3 (ma anche 4) all’inizio della terza decade del mese. Tramonto avvincente anche se fugace il 21 luglio. In 4 in pochi gradi di cielo: Luna tenue falce a meno del 10%, Venere, Marte e Mercurio. A partire dalle 21 ma per pochissimi minuti, dopo un’ora e trenta infatti, i pianeti prima e la Luna dopo scompariranno sotto l’orizzonte.

Fase Data Ore Sorge Culmina Tramonta Diam App Distanza Terrakm
Piena 03/07 13:38 21:28 00:46 04:59 1983.5 363584
Ultimo Quarto 10/07 03:48 00:42 06:30 13:55 1904.2 375660
Nuova 17/07 20:31 05:00 12:18 21:04 1772.5 402272
Primo Quarto 26/07 00:06 14:24 18:52 00:11 1834.3 391084
 Crescente dal 01 al 03
 Calante dal 03 al 17
 Crescente dal 17 al 31
Perigeo 04/07 22:27 1996.1 360147
Apogeo 20/07 06:56 1757.0 406286

Iniziamo il mese con una Luna già quasi piena e fase quasi al 90% e all’11 giorno ben visibile a 18° sopra l’orizzonte alla sinistra, verso est quindi della costellazione della Vergine. Viaggerà sola, senza la compagnia degli oggetti più grandi del Sistema Solare ma già il giorno 2 dopo aver attraverso la costellazione della Lira, si avvicinerà ad Antares, regina della costellazione dello Scorpione.  La congiunzione con separazione 1,5° nord, inizierà già nelle prime ore della sera, quando la Luna sarà alta sull’orizzonte ma solo per 16 gradi. La situazione non migliorerà nella sera successiva, meglio cogliere quindi l’occasione, difficile ma spettacolare.

Fase Data Ore Sorge Culmina tramonta Diam. Apparente arcsec Distanza Terra in Km
 Piena 04/06 05:41 21:36 00:59 05:23 1877.1 385368
Ultimo Quarto 10/06 21:31 01:29 06:56 12:28 1932.2 369299
 Nuova 18/06 06:37 05:18 12:36 21:35 1800.4 396050
Primo Quarto 26/06 09:49 13:22 18:52 01:07 1799.9 399704

Il giorno successivo, il 4 la Luna oramai piena avrà abbandonato lo Scorpione per dirigersi verso il Sagittario. Nei giorni 7 e 8 la Luna in fase decrescente si avvicinerà a Plutone, tutto molto basso sull’orizzonte, non oltre i 10 gradi e forse qualcosa in più nella mattina del giorno successivo ma a quel punto gli oggetti saranno più separati.

Il giorno 10, con la Luna già all’ultimo quarto, fase 48% e 21° giorno, bella da osservare sarà la congiunzione con Saturno a partire alla mezzanotte circa, potremo approfittare di circa 3/4 ore di  osservazione prima del sorgere del Sole. Direzione sud est ed altezza massima circa 14° gradi.

In genere il giorno successivo offre sempre un’altra occasione per immortalare gli spettacoli, a discapito della vicinanza, che tende ad aumentare ma, come in questo caso, magari aggiungendo elementi. I’11 infatti la congiunzione fra Luna e Saturno si trasformerà in un triangolo con un vertice assai debole: Nettuno. Appuntamento nella notte, dalla mezzanotte fino all’alba.

Volete un evento davvero clamoroso da segnare sul calendario? Appuntatevi questa data: 14 giugno. Luna e Giove si avvicineranno e andranno in occultazione a Sole. Potrete scattare foto con la Luna quasi nuova per due ore, all’alba circa 19°. Poco prima dell’alba, il Sole sorge alle 05:30 e entrano inquadratura Mercurio, Urano e Nettuno.

 

Congiunzione Luna-Giove 14 giugno ore 04:30. Crediti: https://theskylive.com/

Saltiamo al 21 e 22 giugno subito dopo il tramonto per un altro splendido ballo a tre. Una sottilissima falce di Luna, questa volta crescente, con fase intorno al 10%, al secondo e terzo giorno, si affiancherà al duetto Marte-Venere, inizio delle osservazioni non prima delle 21, altezza 25° sull’orizzonte verso ovest.

Congiunzione Luna-Marte-Venere il 21 giugno ore 22:00 Roma – Crediti https://theskylive.com/

 

Congiunzione Luna-Marte-Venere il 22 Giugno ore 22:00 Roma. Crediti: https://theskylive.com/

Il 30 giugno, ben alta sull’orizzonte, 21°, la Luna oltre l’Ultimo quarta transiterà molto vicino ad Antares, occhi verso Sud già dalle prime ore della sera.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati dai siti https://theskylive.com/http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Indice dei contenuti

Le Costellazioni del Mese

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Tempo di lettura: 7 minuti

Le costellazioni del mese di giugno 2024

Quando c’è una bella notte stellata, il signor Palomar dice:  – Devo andare a guardare le stelle -. Dice proprio: – Devo, – perchè odia gli sprechi e pensa che non sia giusto sprecare tutta quella quantità di stelle che gli viene messa a disposizione.

Palomar, I.Calvino

Nel mese che conduce all’estate incontriamo sulla volta celeste le costellazioni di Ercole e la costellazione del Drago.

LA COSTELLAZIONE DI ERCOLE

Posta tra il Boote e la Lira, fra le costellazioni del mese troviamo quella di Ercole che è una costellazione tipica dell’estate boreale, che culmina a mezzanotte verso metà giugno; per via della sua ampia estensione (1225 gradi quadrati) è classificata come la quinta più grande del firmamento.

Nonostante le sue vaste dimensioni, Ercole non vanta stelle particolarmente brillanti: la più luminosa è Beta Herculis, nota anche come Kornephoros, stella di magnitudine 2,78; vi è poi Zeta Herculis, conosciuta anche come Ruticulus, una stella gialla di magnitudine 2.81 distante 35 anni luce da noi.

le costellazioni del mese

OGGETTI NON STELLARI IN ERCOLE

La costellazione contiene in compenso un gran numero di stelle doppie e stelle variabili, alcune osservabili già con piccoli strumenti e telescopi, come Alpha Herculis, detta anche Ras Algethi: si tratta di una stella doppia situata nella parte meridionale della costellazione di Ercole, la cui componente principale è una gigante rossa variabile di magnitudine 3.51.

Ercole giace lontano dalla porzione di cielo attraversata dalla Via Lattea, in una regione priva di galassie luminose; tuttavia l’asterismo ospita uno dei più conosciuti ammassi globulari: M13 o Ammasso Globulare di Ercole.

le costellazioni del mese
M13 ripresa da Massimiliano Pedersoli

Si tratta dell’ammasso più luminoso dell’emisfero boreale, visibile già ad occhio nudo da luoghi bui, e in maniera ancor più nitida e ben dettagliata se si osserva il cielo attraverso un binocolo o telescopio.

Con la sua magnitudine apparente pari a 5,8 l’ammasso contiene migliaia di stelle ed è uno degli oggetti più fotografati da dilettanti e professionisti.

L’Ammasso Globulare di Ercole rimane altresì famoso per il “messaggio Arecibo”: un messaggio radio trasmesso nello spazio dal radiotelescopio di Arecibo, a Porto Rico, (purtroppo ormai smantellato dopo gravi danneggiamenti ambientali) il 16 novembre 1974 e indirizzato verso M13, a 25 000 anni luce di distanza.

Nella costellazione è presente anche l’ammasso globulare M 92, uno degliammassi più settentrionali della volta celeste, che risulta essere meno facile da individuare rispetto ad M13, ma non impossibile: si può tentare l’osservazione con un binocolo 10×50, attraverso il quale l’ammasso appare come una macchia biancastra diffusamentre, con un telescopio da almeno 200mm di apertura, sarà possibile risolverlo in stelle.

le costellazioni del mese
L’ammasso M92 di Massimiliano Pedersoli

 

Nella costellazione di Ercole è situata una delle nebulose planetarie più grandi della nostra Via Lattea, Abell 39, che possiede un diametro di ben 5 anni luce e la cui forma, circolare e trasparente, ricorda una bolla di sapone.

le costellazioni del mese
IMMAGINE ABELL 39 CREDITI: CRISTINA CELLINI

IL MITO DI ERCOLE fra le costellazioni del mese

Quella di Ercole è certamente una delle figure più note della mitologia: la sua fama è legata alle 12 fatiche che l’eroe dovette affrontare e chi gli valsero la sua eterna gloria, di seguito citate:


Uccidere l’invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo;
Uccidere l’immortale idra di Lerna;
Catturare la cerva di Cerinea;
Catturare il cinghiale di Erimanto;
Ripulire in un giorno le stalle di Augia;
Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo;
Catturare il toro di Creta;
Rubare le cavalle di Diomede;
Impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni;
Rubare i buoi di Gerione;
Rubare i pomi d’oro del giardino delle Esperidi;
Portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli Inferi, a Micene.

In origine i greci associavano alla figura di Ercole quella dell’Inginocchiato senza però attribuirgli un significato specifico; solo successivamente, in seguito alle 12 fatiche attribuite all’eroe, la figura venne ribattezzata con il nome che oggi conosciamo, e l’atto di inginocchiarsi è da ricondurre al riposo di Ercole dopo le sue gesta.

Ercole era venerato come simbolo di forza e abilità, ma anche come eroe generoso, che per il suo altruismo divenne esempio anche di grandezza morale oltre che fisica e proprio per queste sue virtù gli fu donato un posto sulla volta celeste.

Grazie alla mano di Ercole,
regna la Pace fra l’Aurora e il Vespero,
e nel luogo in cui il sole a mezzogiorno
nega le ombre ai corpi;
tutta la terra bagnata dal lungo circuito di Teti
è stata sottomessa dalla fatica di Alcide.
(Seneca, La follia di Ercole, 883-888)

Ma ad Ercole è legato anche un altro affascinante mito dove la protagonista è la nostra galassia, la Via Lattea: Ercole era figlio di Zeus e di Alcmena, una fanciulla, ennesima vittima degli inganni del padre degli dei: narra la mitologia che Zeus si trasformò nel marito della giovane per poterla possedere e proprio da questa unione nacque l’eroe mitologico, che però fu abbandonato dalla sua mamma.

Zeus teneva molto a quel figlio, per metà dio, e fece in modo che sua moglie Era lo trovasse e lo allattasse: accadde che Ercole fu preso in braccio da Era nel tentativo di attaccarlo al suo seno, ma il piccolo si mosse bruscamente (o fu Era stessa ad allontanarlo, secondo altre versioni) e lo schizzo di latte arrivò fino in cielo creando così il fiume di stelle che scorre sulla volta celeste e che dà vita alla Via Lattea.

LA COSTELLAZIONE DEL DRAGO fra le costellazioni del mese

Proseguendo il nostro percorso attraverso i sentieri celesti dell’estate, ci imbattiamo nella costellazione del Drago: si tratta di una figura situata tra l’Orsa Maggiore, l’Orsa Minore e Cefeo e risulta essere una delle più estese della volta celeste.

La parte immediatamente visibile della costellazione è il quadrato dato dalle stelle che ne formano la testa, le cui due più brillanti sono Eltanin e Rastaban, rispettivamente Gamma Draconis e β Draconis; quest’ultima deriva dall’arabo (Al Rās al Thuʽbān) e significa “la testa del serpente”.

le costellazioni del mese

OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELDRAGO

Il Drago non spicca certo per grande luminosità, ma in compenso vanta un buon numero di stelle doppie come ν Draconis e ο Draconis, risolvibili già con un discreto telescopio.

Per quanto riguarda gli oggetti del profondo cielo c’è da dire che il Drago offre numerosi e interessanti spunti di osservazione, poiché ospita nebulose e galassie dalle caratteristiche decisamente scenografiche.

Partiamo dalla nebulosa planetaria NGC 6543, comunemente nota come Nebulosa Occhio di Gatto: questo oggetto, posto a 4.000 anni luce da noi, risultaessere davvero molto ambito tra gli astrofili. Si tratta di una nebulosa scoperta da William Herschel nel 1786 che è diventata oggetto di interesse e di studio dettagliato grazie al Telescopio Spaziale Hubble, il quale ha rivelato informazioni di grande rilevanza riguardo la sua struttura.

le costellazioni del mese
La nebulosa NGC 6543 di Loris Ferrini

 

Un altro degli oggetti del profondo cielo, ospite nella costellazione del Drago, è la Galassia Fuso, NGC 5866, una galassia lenticolare vista di taglio, con un diametro di 60.000 anni luce, posta a una distanza di 40 milioni di anni luce.

Le immagini rilasciate dal Telescopio Spaziale HUBBLE rivelano una striscia di polveri che divide la galassia in due metà, e un sottile rigonfiamento rossastro che circonda un nucleo luminoso, un disco blu di stelle che corre parallelo alla fascia di polvere, oltre ad un alone esterno trasparente.

le costellazioni del mese
IMMAGINE NGC 5866 CREDITI: NASA, ESA, THE HUBBLE HERITAGE TEAM (STSCL/AURA)

 

Infine va citata la Galassia Girino, UGC 10214, una spettacolare galassia a spirale barrata, che si trova a 400 milioni di anni luce dalla Terra.

Il suo tratto distintivo è una coda di stelle lunga circa 280.000 anni luce,arricchita da luminosi ammassi stellari blu, la cui forma distorta derivadallo scontro con una piccola ecompatta galassia blu: durante l’impatto le forze di marea galattiche hanno espulso una grande quantità di gas,stelle e detriti, generando la coda.Dopo aver causato questo imponente (e suggestivo) incidente, pare  che la piccola galassia compatta (e colpevole) si stia allontanando dal luogo dell’impatto.

le costellazioni del mese
IMMAGINE GALASSIA GIRINOCREDITI: Credit: NASA, H. Ford (JHU), G. Illingworth (UCSC/LO), M.Clampin (STScI), G. Hartig (STScI), the ACS Science Team, and ESA

 

ILDRAGO NELLA MITOLOGIA

Il Drago trova riferimenti sia negli antichi popoli Sumeri e Babilonesi che nella mitologia greca, dove veniva configurato con Ladone, il guardiano delle mele d’oro.

Tutto ebbe inizio con il matrimonio di Giove e Giunone, i quali ricevettero come regalo di nozze dalla dea Gea (la Terra) un albero speciale, in grado di produrre mele d’oro.

Giunone lo fece piantare in giardino, ma l’albero era così prezioso che serviva qualcuno che lo sorvegliasse: così Giunone incaricò un terribile mostro, Ladone, con sembianze metà di donna e metà di serpente.

E qui entra in scena Ercole che venne convocato dal re di Micene, Euriseo, il quale gli affidò il compito di uccidere il mostro e trafugare l’albero dal giardino di Giunone; l’eroe prese alla lettera l’incarico e, giunto nel giardino e individuato il temibile mostro, scagliò una delle sue fatali frecce contro Ladone, che stramazzò a terra esanime.

Il Drago venne posto in cielo in ricordo di quell’impresa e fu sistemato attorno all’albero dai frutti d’oro, rappresentato dall’asse terrestre.

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L’Intelligenza Artificiale, vede dove il telescopio Fermi non vede

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Intelligenza Artificiale telescopio Fermi
Rappresentazione artistica di una galassia con un nucleo galattico attivo.

Tempo di lettura: 4 minuti

L’ Intelligenza Artificiale, vede dove i telescopi non vedono, e aiuta a comprendere le strutture e le alte energie del cosmo

Il cielo azzurro che ci sta sopra nasconde un luogo violento dove le energie presenti raggiungono valori incredibili. L’anno scorso è stato rilevato un raggio cosmico invisibile ad occhio nudo e ribattezzato « OMG , Oh My God ! » . In termini numerici, il livello di energia misurato è stato di 244 exa-elettronvolt (EeV). Per chi non ha familiarità con queste grandezze basti sapere che un EeV = 6.2415064799632E+18 electron volt, ovvero 624.000.000.000.000.000.000 volt. Se volete compredere l’energia di quel raggio cosmico moltiplicate il 624…. per 244,  comunque ricordando che per accendere una lampadina di volt ne bastano solamente 220/230.

Capire, o almeno tentare di capire, dei fenomeni di alta energia è quindi un impegno chiave dell’astrofisica moderna per la comprensione della struttura dell’universo. Nello spettro elettromagnetico le energie più elevate sono collegate ai fenomeni più carichi di energia, come quelli che coinvolgono i buchi neri, i lampi di raggi gamma e i nuclei galattici attivi. Già nel 2018 l’intelligenza artificiale (AI) è diventata uno strumento importante per gli astrofisici proprio nello studio dei nuclei galattici attivi dando una mano agli scienziati dove i telescopi non riescono ad arrivare.

L’11 giugno 2008 la NASA lanciò  il telescopio spaziale FERMI. Si tratta di un telescopio per i raggi gamma ad alta energia che copre un intervallo energetico fino a 300 Giga elettronvolt (GeV). Il satellite Fermi è in grado di monitorare l’intero cielo ogni due orbite (cioè ogni 2,96 minuti) e questo rende lo strumento ancor oggi più adatto per un monitoraggio quasi continuo e la ricerca di variabilità delle sorgenti di radiazione gamma. Il satellite FERMI è gestito da una collaborazione scientifica internazionale di oltre 400 scienziati ed anche chi vi scrive ne fa parte.

intelligenza artificiale astronomia - fermi telescope
Il telescopio spaziale Fermi @NASA

Che cosa cerchiamo con FERMI?

Oggetti cosmici che emettono radiazioni gamma.  I principali sono galassie con un nucleo attivo (AGN) cioè che emette radiazioni.

Non tutte le galassie sono galassie attive. Il telescopio FERMI, per le sue caratteristiche costruttive è in grado di rivelare getti energetici che puntino verso FERMI per angoli sufficientemente piccoli , mentre la sua sensibilità diminuisce notevolmente fino ad azzerarsi quando vengono osservate galassie orientate per grandi angoli rispetto a FERMI. Sappiamo che esistono nell’universo, e probabilmente sono la maggioranza, nuclei galattici attivi non allineati (MAGNs) e quindi  invisibili, o quasi per FERMI. Lo studio dei MAGNs e del loro ambiente nel cielo dei raggi gamma è estremamente interessante, perché queste galassie sono considerate le popolazioni genitoriali dei blazars che rappresentano più del 50% delle sorgenti di raggi gamma conosciute.

Per dare una mano a FERMI a superare i limiti strumentali e comunque individuare nuovi candidati MAGN sono state quindi messe a punto tecniche di intelligenza artificiale ad apprendimento automatico (AI) in grado di confrontarsi anche con metodi più rigorosi come lo spettro ottico.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale

Un processo AI inizia con un dialogo tra lo scienziato e la macchina ediIl linguaggio attraverso il quale “l’umano” dialoga con AI è un algoritmo matematico opportunamente costruito per quello scopo.  L’algoritmo viene “educato” a riconoscere le caratteristiche degli oggetti ideali e testato su oggetti cosmici  individuati in maniera approssimativa dal telescopio FERMI.

Così facendo l’algoritmo “impara” ciò che è giusto è ciò che è sbagliato, ritornando allo scienziato un’informazione espressa nella probabilità che quella galassia sia proprio del tipo che si sta ricercando. Facendo lavorare l’algoritmo più volte (anche centinaia) su campioni diversi tra loro, questo “si autocorregge” e diventa sempre più efficiente, indipendente ed intelligente fino a valori di probabilità pari a 0,9998 che si avvicinano moltissimo alla certezza.

Una simile tecnica di intelligenza artificiale consente inoltre di analizzare migliaia di oggetti in un tempo brevissimo, e visto l’affollamento cosmico, si tratta di una manna dal cielo per lo scienziato ricercatore. Per fare un esempio sul reale, il telescopio FERMI su circa 1000 galassie gamma  aveva evidenziato solamente 15 galassie del tipo MAGN, l’ applicazione dell’AI ai soggetti incerti di FERMI ne ha scorto altre 35. Questo significa che l’AI  “vede” di più del telescopio spaziale? In “un certo senso” , si.

intelligenza artificiale telescopio fermi
Non tutte le galassie sono orientate in modo da essere visibili al telescopio Fermi

Le conferme sui risultati raggiunti dall’Intelligenza Artificiale

Sarà stato l’algoritmo sufficientemente preciso? Gli oggetti che ha individuato saranno veramente delle galassie attive? Per ottenere questa conferma sono necessarie analisi multi-lunghezza d’onda, iniziando con le controparti radio degli oggetti scelti dall’AI. Trattandosi di galassie dovremmo aspettarci strutture radio estese. Relativamente allo studio in oggetto, l’analisi sulla morfologia dei candidati è stata eseguita tramite un’indagine sui dati VLA Faint Images of the Radio Sky at Twenty-Centimeters (FIRST) survey, prodotto del Karl Guthe Jansky Very Large Array il raggruppamento di radiotelescopi situati a Socorro, nel Nuovo Messico.

intelligenza artificiale telescopio fermi
VLA Array del National Radio Astronomy Observatory a Socorro, Mexico

Lo studio della morfologia radio ha mostrato una sequenza molto bella di strutture galattiche estese  confermando l’abilità dell’algoritmo di AI  di “vedere anche dove non si vede”  e di individuare “i soggetti difficili”. Probabilmente, senza l’uso dell’AI, non ne sapremmo delle alte energie cosmiche quanto ne sappiamo ora. La nuova astrofisica passerà inevitabilmente attraverso nuove intelligenze, sia pur artificiali.

A seguire le immagini morfologiche dei candidati AI rilevate ai radiotelescopi VLA. La struttura estesa conferma la natura galattica degli oggetti gamma e quindi la bontà del dato prodotto da AI.

Intelligenza Artificiale Telescopio Fermia
Una delle immagini morfologiche dei candidati AI rilevate ai radiotelescopi VLA. La struttura estesa conferma la natura galattica degli oggetti gamma e quindi la bontà del dato prodotto da AI.

 

Per approfondeire: arXiv:1808.05881  Hunting misaligned radio-loud AGN (MAGN) candidates among the uncertain γ-ray sources of the third Fermi-LAT Catalogue

QUIZ TIME COELUM – 25-05-2024

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Quiz Time Coelum
Quiz Time Coelum 25-05

Tempo di lettura: < 1 minute

Quiz Time COELUM del 25-05-2024

Quiz Time Coelum
Quiz Time Coelum 25-05

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La rapidità è fondamentale: scrivi le risposte giuste nei commenti solo il più veloce

si aggiudicherà il premio!

 

*I Quiz sono a cura di Francesco Veltri

  • lo stesso utente potrà vincere una sola copia per ogni uscita di Coelum
  • le copie saranno spedite con servizio Postale Piego Libri
  • le risposte devono essere scritte nei commenti sotto i post (social e sito)
  • il vincitore sarà annunciato nei medesimi canali e contattato dalla redazione

Le 10 comete più luminose degli ultimi anni

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Nel riquadro il primo piano della coma della cometa Neowise ripresa dal telescopio spaziale Hubble. È la prima volta che Hubble fotografa una cometa di questa luminosità e a tale risoluzione dopo il suo perielio. L'immagine di fondo è stata ripresa invece da Terra, il 16 luglio scorso, da Zoltan G. Levay, dall'emisfero nord. Credits: NASA, ESA, STScI, Q. Zhang (Caltech); immagine da terra copyright © 2020 by Zoltan G. Levay, used with permission

Tempo di lettura: 8 minuti

Le 10 comete più luminose in ordine decrescente

Dall’archivio di COELUM un viaggio fra le 10 comete più luminose che hanno solcato i nostri cieli negli ultimi 15 anni circa.

C/2020 F3 NEOWISE

mag. 0,9 anno 2020 (1° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

Dopo oltre due decenni, ecco arrivare la NEOWISE, che ha raggiunto una notevole
luminosità di picco (mag. +0,6) e sfoggiato una lunga coda di polveri facilmente visibile a occhio nudo oltre a una ancora più lunga coda di ioni, più tenue ma rilevabile anche in piccoli strumenti sotto un cielo buio. Per tutte queste sue caratteristiche che, come già ricordato, hanno saputo attirare l’attenzione anche al di fuori della cerchia di appassionati, la NEOWISE sarà probabilmente ricordata come “la grande cometa del 2020”.
Inizialmente, la presenza della Luna e le luci dell’alba hanno leggermente penalizzato le osservazioni e l’hanno quindi parzialmente limitata nella sua maestosità, permettendo però agli astrofotografi di ottenere foto panoramiche davvero meravigliose, che hanno
incastonato la cometa in suggestivi sfondi paesaggistici.

10 comete - C/2020 F3 Neowise
C/2020 F3 Neowise di Corrado Gamberoni

Il report completo sulla cometa C/2020 F3 NEOWISE pubblicato in COELUM ASTRONOMIA N°247 è disponibile per il download QUI

46P/Wirtanen

mag. 3 anno 2018  (2° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

Il 2018 è stato un anno che, dal punto di vista delle osservazioni cometarie, ci ha regalato un po’ di movimento, soprattutto nella sua seconda metà. In particolare, il finale dell’anno è risultato molto frizzante per la presenza nel cielo di un bell’astro chiomato che nel mese di dicembre è cresciuto di luminosità fino a raggiungere la magnitudine +4,5 (nel momento in cui scriviamo).
Sto parlando ovviamente della cometa 46P/ Wirtanen, ben presto ribattezzata la “Cometa di Natale”.
L’estrema vicinanza alla Terra (il 16 dicembre la cometa ha raggiunto la minima distanza dalla Terra) è stata responsabile del sensibile moto proprio dell’oggetto che in un mese “percorrerà” quasi 100° in cielo passando dalle declinazioni australi della Balena a quelle abbondantemente boreali della Lince, divenendo infine circumpolare a fine dicembre. Questo ha fatto sì che l’osservazione risultasse sempre differente, con la cometa che si è mostrata giorno dopo giorno in uno scenario astrale sempre diverso.

10 comete - 46P/Wirtanen
Cometa 46P/Wirtanen con le Pleiadi di Antonio Finazzi

Il report completo sulla cometa 46P/ Wirtanen pubblicato in COELUM ASTRONOMIA N°229 è disponibile per il download QUI

C/2021 A1 Leonard

mag. 3,2 anno 2022 (3° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

In tanti sono rimasti delusi, perché è stata una cometa elusiva, che è cresciuta in luminosità proprio quando le condizioni osservative si sono fatte difficili. È però andata oltre le previsioni dato che un probabile outburst verso metà dicembre l’ha portata a brillare di terza magnitudine, forse addirittura qualcosa in più.

Purtroppo in quel momento si è mostrata appena dopo il tramonto in un cielo molto chiaro ed in procinto di tramontare, cosa che l’ha resa obbiettivo di pochi, ma ciò ne fa comunque un oggetto di tutto rispetto. Pensavamo di averla salutata il 12 dicembre, giorno del suo massimo avvicinamento alla Terra ed ultima giornata in cui si mostrava in un cielo buio ed invece è rimasta inaspettatamente protagonista anche la settimana successiva, quando personalmente le ho dato la caccia in molte serate, riuscendo prima a fotografarla e poi ad osservarla in condizioni estreme il 17 dicembre.

10 Comete - C/2021 A1 Leonard
C/2021 A1 Leonard di Fabrizio Aimar

12P/Pons-Brooks

mag. 3,8 anno 2024 (4° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

Di ritorno dopo oltre settant’anni non si può dire che non abbia fatto parlare di sé, riempiendo per molti mesi le nottate degli appassionati. Eravamo convinti, consultando le previsioni, che sarebbe stato un oggetto da seguire con interesse solo da febbraio, ormai non lontana dal perielio programmato per il 21 aprile. Invece già nel luglio del 2023 un potente outburst l’ha portata agli onori della cronaca. In quell’occasione passò improvvisamente dalla magnitudine 16,5 alla 11,5. Successivamente altri outburst più modesti continuarono a mantenerla più luminosa del previsto, permettendo anche agli osservatori dotati di strumentazione modesta di poterla a seguire. Nell’ultima parte del suo avvicinamento al Sole si è invece mantenuta sui valori previsti, salvo aumentare di circa una magnitudine nei primissimi giorni di aprile a causa un altro evento, che l’ha portata a raggiungere il valore di 3,8 mag. In seguito, soprattutto dopo la prima decade del mese, il suo avvicinamento prospettico (e reale) al Sole ed il conseguente abbassamento sull’orizzonte hanno impedito osservazioni proficue nel momento topico del suo passaggio al perielio. Personalmente l’ho osservata per l’ultima volta con un binocolo di grandi dimensioni il giorno 11, quindi dieci giorni prima del suo massimo avvicinamento alla nostra stella, constatando come l’oggetto che solo una settimana prima, brillando di mag. 4,5, sfoggiava una notevole e luminosa chioma compatta ed una evidente seppur corta coda si era ridotto ad una “cometina” ancora ben percepibile ma penalizzata dalla scarsa altezza sull’orizzonte, dal cielo non completamente buio, dalla Luna crescente e dalla foschia dell’orizzonte. Buon viaggio di ritorno nelle profondità del Sistema Solare ed appuntamento a fra settant’ anni Pons-Brooks.

10 comete - 12P/Pons-Brooks
Il casale e la cometa! di Giuseppe Conzo

Il report completo sulla cometa 12P/Pons-Brooks pubblicato in COELUM ASTRONOMIA N°268

C/2013 R1 Lovejoy

mag. 4,5 anno 2013 (5° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

La C/2013 R1 (Lovejoy), scoperta il 9 settembre 2013, è una cometa che io stesso ho avuto modo di confermare quando è stata inserita tra i NEOCP (NEO Confirmation Page: la lista di oggetti appena scoperti e in attesa di definizione degli elementi orbitali) e che in queste settimane si sta dimostrando parecchio attiva, molto più di quanto ci si potesse aspettare. A novembre, per osservarla dovremo cercarla nel cielo nella seconda parte della notte, quando attraverserà velocemente numerose costellazioni dal Cancro al Boote spostandosi più di 3° al giorno e passando dalla magnitudine +8,5 alla +6,5 […].

10 comete - COMETA C/2013 R1 LOVEJOY
COMETA C/2013 R1 LOVEJOY di Benito Morabito

C/2022 E3 ZTF

mag.4,6 anno 2023 (6° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

Il nome non è certo dei più simpatici, come spesso accade per gli oggetti scoperti da zelanti astronomi o appassionati, non è però espressione di poca fantasia quanto la necessità, al di là dell’interesse suscitato, di catalogare ogni oggetto celeste in modo che risulti poi negli annuali come facile da rintracciare. Tutte le lettere ed i numeri del nome hanno quindi un significato:

C –> non periodica, la cometa quindi torna a farci visita (forse) ogni lasso di tempo superiore a 200 anni almeno

2022 –> anno in cui è stata scoperta
E –> mese in cui è stata scoperta Marzo
3 –> il terzo oggetto di quel mese
ZTF –> è la sigla dell’osservatorio che l’ha individuata nello specifico Zwicky Transient Facility

oggi la cometa, che sembra avere un periodo (quanto tempo trascorre da un passaggio ravvicinato alla Terra e il successivo) di quasi 50.000 anni viene più facilmente etichettata come Cometa di Neanderthal supponendo che proprio gli individui di questa specie siano stati gli ultimi a vederla. Il calcolo sembra essere congruo tuttavia abbiamo davvero pochi elementi per dare per certa questa notizia. Il fatto scientificamente interessante invece è la rottura della coda che l’ha letteralmente divisa in due tronconi visibili anche negli scatti amatoriali. Le cause in questi casi sono incerte ma, dalle nozioni acquisite sulle strutture delle Comete, la rottura, o l’apparente tale, potrebbe essere dovuta all’espulsione di una massa dalla corona sottoposta a notevoli pressioni dal vento solare durante il suo avvicinamento. Un fatto non nuovo a cui siamo oramai abituati, basti ricordare la cometa Encke del 2007 e la Leonard del 2021.

10 comete - C/2022 E3 ZTF
Cometa C/2022 E3 ZTF fra le nebulose a riflessione VdB29 e VdB31 di Cristina Cellini

C/2014 Q2 Lovejoy

mag. 4,8 anno 2015 (7° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

10 comete - C/2014 Q2 Lovejoy
9 mesi di cometa C/2014 Q2 Lovejoy di Adriano Valvasori

C/2012 S1 ISON

mag. 5 anno 2013 (8° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

La cometa C/2012 S1, meglio conosciuta come cometa ISON, è stata una delle comete più discusse e osservate degli ultimi anni. Scoperta il 21 settembre 2012, questa cometa non periodica ha catturato l’attenzione di astronomi e appassionati di tutto il mondo per la sua promessa di diventare uno degli oggetti più brillanti nel cielo notturno.

La cometa ISON aveva un’orbita altamente eccentrica e radente, che l’ha portata a passare molto vicino al Sole. Questo passaggio ravvicinato, noto come perielio, è avvenuto il 28 novembre 2013. Prima del suo perielio, ISON è stata oggetto della campagna di osservazione coordinata più grande della storia, con più di una dozzina di veicoli spaziali e numerosi osservatori terrestri che hanno raccolto quello che si ritiene essere il più grande dataset cometaio singolo della storia.

10 comete - C/2012 S1 ISON
Cometa C/2012 S1 ISON di Adriano Valvasori

C/2014 E2 Jaques

mag. 6 anno 2014 (10° fra le comete più luminose degli ultimi anni)

La cometa C/2014 E2, conosciuta come Jacques, è stata una delle comete più affascinanti degli ultimi anni. Scoperta il 13 marzo 2014 dal team di astronomi brasiliani Cristóvão Jacques, Eduardo Pimentel, João Ribeiro de Barros e Marcelo Dias, questa cometa a lungo periodo ha offerto uno spettacolo celeste memorabile.

La cometa Jacques è stata individuata presso l’osservatorio SONEAR in Brasile. Con un’orbita altamente eccentrica, ha un periodo orbitale che varia da circa 12.000 a 22.000 anni, a seconda delle soluzioni barycentriche per le epoche 1950 e 2050. Nel marzo 2014, Jacques appariva con una coma densa e luminosa, visibile anche con telescopi di 8 pollici. Ha raggiunto il perielio, il punto più vicino al Sole nella sua orbita, il 2 luglio 2014, e ha raggiunto una magnitudine apparente di circa 6 a metà luglio, diventando visibile con binocoli sopra il bagliore del crepuscolo mattutino.

Conclusione

QUIZ TIME COELUM – 23-05-2024

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Quiz Time COELUM del 23-05-2024

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Missione Euclid: le 5 nuove immagini

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Euclid Messier 78
Un velo filamentoso arancione copre una brillante regione di formazione stellare. Lo sfondo è scuro, punteggiato di stelle e galassie che vanno da piccoli punti luminosi a forme stellate. Il velo in primo piano si estende dall'alto a sinistra all'angolo in basso a destra e ricorda un cavalluccio marino. Le stelle luminose illuminano le regioni degli "occhi" e del "petto" con una luce viola. All'interno della coda, tre punti luminosi si trovano in una formazione simile a un semaforo. CREDITO ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, elaborazione delle immagini di J.-C. Cuillandre (CEA Parigi-Saclay), G. Anselmi

Tempo di lettura: 7 minuti

Diffuse le nuove immagini dell’Universo remoto catturate da Euclid

Il 23 maggio l’ESA Agenzia Spaziale Europea e il consorzio Euclid  hanno reso pubblico il secondo blocco di immagini catturate da Euclid che segue, a distanza di mesi, la prima pubblicazione avvenuta il 7 novembre 2023 Qui i primi scatti

Le nuove immagini fanno parte delle Osservazioni sulla pubblicazione anticipata di Euclid. Accompagnano i primi dati scientifici della missione, anch’essi resi pubblici oggi, e 10 articoli scientifici di prossima pubblicazione. Il tesoro arriva meno di un anno dopo il lancio del telescopio spaziale e circa sei mesi dopo che ha restituito le prime immagini a colori del cosmo.

Presentiamo ora le immagini per poi approfondire successivamente le note sul rilascio:

Abell 2390

Euclid Abell 2390
Migliaia di stelle e galassie punteggiano l’immagine su uno sfondo nero come la pece. Alcune stelle luminose mostrano sei picchi di diffrazione provenienti da un alone luminoso centrale. Altre stelle e galassie sono solo piccoli punti luminosi, come granelli di vernice distribuiti sull’immagine. La stella più luminosa si trova nell’angolo in alto a sinistra. Al centro dell’immagine, i minuscoli punti luminosi sono più abbondanti. CREDITI
ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, elaborazione delle immagini di J.-C. Cuillandre (CEA Parigi-Saclay), G. Anselmi

L’immagine di Euclid dell’ammasso galattico Abell 2390 rivela più di 50.000 galassie e mostra una bellissima visualizzazione della lente gravitazionale, raffigurante giganteschi archi curvi nel cielo, alcuni dei quali sono in realtà viste multiple dello stesso oggetto distante. Euclid utilizzerà il lensing (dove la luce che arriva a noi da galassie lontane viene piegata e distorta dalla gravità) come tecnica chiave per esplorare l’Universo oscuro, misurando indirettamente la quantità e la distribuzione della materia oscura sia negli ammassi di galassie che altrove. Gli scienziati di Euclid stanno anche studiando come le masse e il numero degli ammassi di galassie nel cielo siano cambiati nel tempo, rivelando di più sulla storia e sull’evoluzione dell’Universo.

Il ritaglio di Euclid di Abell 2390 mostra la luce che permea l’ammasso proveniente dalle stelle che sono state strappate via dalle loro galassie madri e si trovano nello spazio intergalattico. Osservare questa “luce intraammasso” è una specialità di Euclide, e questi orfani stellari potrebbero permetterci di “vedere” dove si trova la materia oscura.

Messier 78

 

Euclid Messier 78
Un velo filamentoso arancione copre una brillante regione di formazione stellare. Lo sfondo è scuro, punteggiato di stelle e galassie che vanno da piccoli punti luminosi a forme stellate. Il velo in primo piano si estende dall’alto a sinistra all’angolo in basso a destra e ricorda un cavalluccio marino. Le stelle luminose illuminano le regioni degli “occhi” e del “petto” con una luce viola. All’interno della coda, tre punti luminosi si trovano in una formazione simile a un semaforo.
CREDITO
ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, elaborazione delle immagini di J.-C. Cuillandre (CEA Parigi-Saclay), G. Anselmi

Questa immagine mozzafiato presenta Messier 78, un vibrante vivaio stellare avvolto nella polvere interstellare. Euclid ha scrutato in profondità questo vivaio utilizzando la sua fotocamera a infrarossi, esponendo per la prima volta regioni nascoste di formazione stellare, mappando i suoi complessi filamenti di gas e polvere con un dettaglio senza precedenti e scoprendo stelle e pianeti appena formati. Gli strumenti di Euclid possono rilevare oggetti solo poche volte la massa di Giove, e i suoi “occhi” a infrarossi rivelano oltre 300.000 nuovi oggetti solo in questo campo visivo. Gli scienziati stanno utilizzando questo set di dati per studiare la quantità e il rapporto tra le stelle e gli oggetti più piccoli (substellari) trovati qui, fondamentali per comprendere le dinamiche di come le popolazioni stellari si formano e cambiano nel tempo.

NGC6744

Euclid NGC 6744
Una galassia a spirale su uno sfondo scuro punteggiato di punti luminosi. La spirale in senso orario ha molti bracci, non completamente distinguibili l’uno dall’altro, che si estendono da un punto centrale luminoso. C’è una sottile struttura nuvolosa proprio sopra la galassia, alla periferia del suo braccio più lontano. In basso a sinistra dell’immagine due punti luminosi sono circondati da un alone di luce.
CREDITO
ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, elaborazione delle immagini di J.-C. Cuillandre (CEA Parigi-Saclay), G. Anselmi

In questa immagine Euclide mostra NGC 6744, un archetipo del tipo di galassia che attualmente forma la maggior parte delle stelle nell’Universo locale. L’ampio campo visivo di Euclide copre l’intera galassia, catturando non solo la struttura a spirale su scala più grande ma anche dettagli squisiti su piccola scala spaziale. Ciò include strisce di polvere simili a piume che emergono come “speroni” dai bracci della spirale, mostrati qui con incredibile chiarezza. Gli scienziati stanno utilizzando questo set di dati per capire come la polvere e il gas sono collegati alla formazione stellare; mappare come le diverse popolazioni stellari sono distribuite nelle galassie e dove le stelle si stanno attualmente formando; e svelare la fisica dietro la struttura delle galassie a spirale, qualcosa che non è ancora del tutto compreso dopo decenni di studio.

Abell 2764 (e stella luminosa)

Un cielo stellato su uno sfondo scuro. La stella grande e luminosa si trova nella parte inferiore dell’immagine. Nell’angolo in alto a destra le galassie si raggruppano e embrano piccole sfere luminose ed ellissoidi. In tutta l’immagine, piccoli punti luminosi e una manciata di sfere luminose sono distribuiti uniformemente.
CREDITO
ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, elaborazione delle immagini di J.-C. Cuillandre (CEA Parigi-Saclay), G. Anselmi

Questa vista mostra l’ammasso di galassie Abell 2764 (in alto a destra), che comprende centinaia di galassie all’interno di un vasto alone di materia oscura. Questa visione completa di Abell 2764 e dintorni, ottenuta grazie al campo visivo straordinariamente ampio di Euclid, consente agli scienziati di accertare il raggio dell’ammasso e di vederne la periferia con le galassie lontane ancora nell’inquadratura. Le osservazioni di Euclid di Abell 2764 stanno inoltre consentendo agli scienziati di esplorare ulteriormente le galassie nelle lontane epoche buie cosmiche, come con Abell 2390.

Qui si vede anche una stella in primo piano molto luminosa che si trova all’interno della nostra galassia (V*BP-Phoenicis/HD 1973, una stella all’interno della nostra galassia e nell’emisfero meridionale che è quasi abbastanza luminosa da essere vista dall’occhio umano). Quando osserviamo una stella attraverso un telescopio, la sua luce viene dispersa verso l’esterno in un alone circolare diffuso a causa dell’ottica del telescopio. Euclid è stato progettato per ridurre al minimo questa dispersione. Di conseguenza, la stella provoca pochi disturbi, permettendoci di catturare deboli galassie distanti vicino alla linea di vista senza essere accecati dalla luminosità della stella.

Dorado Group

Euclid Dorado Group
Un cielo stellato su sfondo nero con tre grandi strutture luminose. I due più grandi, al centro e al centro-destra dell’immagine, hanno centri molto luminosi circondati da grandi aloni sferici. Le periferie di questi aloni sembrano toccarsi. Una terza struttura luminosa è presente in basso a sinistra e sembra una piccola versione ellissoidale delle altre due. Infine, nell’angolo in alto a sinistra si trova una sottile ellisse allungata e luminosa.
CREDITO
ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, elaborazione delle immagini di J.-C. Cuillandre (CEA Parigi-Saclay), G. Anselmi

Qui, Euclid cattura le galassie che si evolvono e si fondono “in azione” nel gruppo di galassie Dorado, con bellissime code e conchiglie di marea viste come risultato di interazioni continue. Gli scienziati stanno utilizzando questo set di dati per studiare come si evolvono le galassie, per migliorare i nostri modelli di storia cosmica e capire come si formano le galassie all’interno degli aloni di materia oscura. Questa immagine mostra la versatilità di Euclid: qui è visibile un’ampia gamma di galassie, da molto luminose a molto deboli. Grazie alla combinazione unica di Euclid di ampio campo visivo, notevole profondità e alta risoluzione spaziale, è in grado di catturare caratteristiche minuscole (ammassi stellari), più ampie (nuclei di galassie) ed estese (code di marea) tutto in un unico fotogramma. Gli scienziati stanno anche cercando singoli ammassi di stelle distanti conosciuti come ammassi globulari per tracciare la loro storia e dinamica galattica.

Dove si trovano nel cielo i primi oggetti fotografati da Euclid

Euclid mappa 10 foto
CREDITO
ESA/Euclid/Consorzio Euclid.

Questa mappa del cielo mostra le posizioni di 10 dei primi oggetti astronomici presi di mira dalla missione spaziale Euclid dell’ESA. Gli obiettivi sono fissati su una proiezione ovale del nostro cielo notturno, con le aree che Euclid osserverà durante la sua missione di rilevamento della durata di sei anni mostrate in blu, e le aree di rilevamento profondo in giallo.

La Missione Euclid: Uno Sguardo nell’Oscurità dell’Universo

La missione Euclid rappresenta uno dei progetti più ambiziosi e significativi nel campo dell’astrofisica e della cosmologia. Progettata per scrutare gli angoli più remoti e oscuri dell’universo, Euclid si pone come un faro di conoscenza per comprendere meglio la materia e l’energia oscura che permeano il cosmo.

Progettazione e Finanziamento della Missione Euclid

Euclid è stata concepita come la seconda missione di classe Medium (M2) del Programma Scientifico dell’ESA, approvata dal Science Programme Committee (SPC) nel giugno 2012. Il progetto ha visto la luce grazie al contributo di un consorzio europeo di oltre mille scienziati e più di cento istituti in tredici nazioni, con la partecipazione significativa della NASA, che ha fornito i rivelatori per uno degli strumenti principali. L’Italia, in particolare, ha giocato un ruolo cruciale nel coordinamento generale del Ground Segment scientifico (SGS), essenziale per il successo della missione.

Lancio e Operazioni

Il telescopio Euclid è stato lanciato il 1 luglio 2023 a bordo di un Falcon 9 di SpaceX, segnando l’inizio di una nuova era nell’esplorazione spaziale. Dopo il lancio, il telescopio è entrato in orbita attorno al punto lagrangiano L2 del sistema Sole-Terra, una posizione strategica per le osservazioni astronomiche.

Caratteristiche Tecniche

Euclid è dotato di un telescopio Korsch anastigmatico a tre specchi nel visibile e infrarosso, con uno specchio del diametro di 1,2 metri. Questa configurazione gli permette di catturare immagini ad alta risoluzione di vasti tratti di cielo, fornendo dati preziosi per la mappatura tridimensionale dell’universo.

Risultati della Missione

Le prime immagini rilasciate dall’ESA il 7 novembre 2023 hanno rivelato dettagli senza precedenti dell’universo. Euclid ha catturato immagini astronomiche di vaste porzioni di cielo con una nitidezza mai vista, dimostrando il suo potenziale nel creare la più estesa mappa 3D dell’universo mai realizzata. Queste immagini hanno mostrato l’ammasso di galassie del Perseo e altre miriadi di galassie sconosciute e lontanissime, fornendo una visione senza precedenti dell’universo.

 

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SCOPRI LA TERZA APOC DEL 2024!

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QUALE IMMAGINE SARA’ STATA SCELTA COME APOC PER IL NUMERO 268 DI COELUM?

A partire dal numero 266, Coelum sceglie gli scatti più caratteristici
ed interessanti tra tutti quelli caricati in PHOTOCOELUM.
6 le immagini che NEL 2024 riceveranno il riconoscimento
APOC – Astronomy Picture of Coelum“.
una potrebbe essere PROPRIO la tua, carica i tuoi lavori in photocoelum.

 

Scopri l’APOC n°3 in Coelum Astronomia 268 II 2024

La APOC n°2 è stata assegnata a Federico Pelliccia per la Cometa 12P/PONS-BROOKS

12P/Pons-Brooks di Federico Pelliccia

APOC n°2 Cometa 12P/Pons-Brooks

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APOC n°2 in Coelum 267

Tempo di lettura: < 1 minute

APOC Astronomy Picture of Coelum

Cometa 12P/Pons-Brooks

di Federico Pelliccia

12P/Pons-Brooks ripresa nella serata del 7 marzo 2024.
L’immagine è la somma di 44 immagini da 100 secondi ciascuna , per un totale di 73 minuti di esposizione. Grazie alla forte attività solare alla data degli scatti la coda si presenta particolarmente accesa e vivace.
Sony 600mm F/4 GM e una fotocamera Full-Frame Sony A7III modificata per astrofotografia, su montatura equatoriale Skywatcher EQ6.
Località: Appennino Umbro

La Cometa 12P/Pons-Brooks è la seconda ad entrare nel WALL OF FAME di COELUM! I complimenti della redazione all’autore per il lavoro eccellente!

La Cometa 12P/Pons-Brooks è pubblicata in PhotoCoelum QUI

APOC n°2 in Coelum 267

 

Astrofotografia da città: Milano

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Astrofotografia da città nebulose
Foto 14 Nebulosa di Orione M42 e Nebulosa Testa di Cavallo, distanti circa 1.344 anni luce ( Askar 230, Asi 2600Mc, Optolong L-Enhance 29 marzo 2023)

Tempo di lettura: 3 minuti

Astrofotografia da città…….si può fare!

Fino a pochi anni fa era impossibile pensare di “fare” astrofotografia dal città ma poi i tempi cambiano si sa e per fortuna la tecnologia ci viene in aiuto.

Le nuove camere astronomiche e i nuovi filtri anti inquinamento luminoso costituiscono un eccellente sostegno per chi, come me, si dedica alla sua passione dal balcone di casa di una città ad alto inquinamento luminoso ma anche atmosferico.

Da Milano, esattamente dove abito, sono poche le serate limpide, c’è sempre foschia o cielo velato dovuto al tasso di umidità elevato e a polveri sottili, sempre più presenti in Pianura Padana. Problemi ai quali oltretutto va aggiunto quello principale presente anche nei mesi estivi: l’inquinamento luminoso.

Insomma ad essere fortunati nn discreto cielo stellato si può vedere 5-10 volte all’anno.

Astrofotografia da città postazione
Foto 1 la mia postazione dal balcone di casa di Milano

La Luna

Rinunciare da subito o provare? La Luna e qualche pianeta, sono sempre un buon inizio per chi vuole avvicinarsi all’astrofotografia tanto vale almeno una volta tentare e confermare i dubbi oppure lasciarsi stupire dai risultati. Per non sbagliare si può, ad esempio, utilizzare in principio delle attrezzature economiche, come una reflex collegata ad un rifrattore o al classico Newton 130/900 e montatura Eq3 motorizzata per poter inseguire l’oggetto inquadrato. Nel mercato dell’usato e presso i più noti rivenditori specializzati si possono trovare occasioni davvero interessanti. Un setup entry level con il quale mi sono tolto le prime soddisfazioni.

astrofotografia da città luna
Foto 3 Luna Mare Crisium ( 20 marzo 2022 con Skywatcher 150-750, Asi 224Mc, Barlow 2x)

Non dimenticherò mai l’emozione provata con la prima foto di Saturno scattata con una Canon 450d collegata al telescopio Skywatcher 130/900 di mia nipote, che ho subito condiviso su Facebook ricevendo commenti come se avessi fatto una foto col telescopio Hubble, e uno startrails con una semplice macchina fotografica compatta e cavalletto (Fig.2). In una notte senza Luna e con 4 ore di scatti si sono mostrate visibili le tracce delle stelle più luminose, certo insieme alle scie degli aerei che si vedono in lontananza partire e atterrare dall’aeroporto di Linate! La mia prima foto che Coelum ha pubblicato in formato digitale!

Sole e Pianeti

Con la stessa tecnica sfruttata per catturare la Luna si possono immortalare anche i Pianeti mentre diversa è la situazione con il Sole, target più facile per il centro città rispetto a zone più favorevoli tuttavia gli strumenti restano specifici e in alcuni casi costosi.

Astrofotografia da Città ISS
Foto 9 Passaggio Stazione Spaziale Internazionale Iss (10 ottobre 2023 ore 10,28-Tecnosky 80Edt, Baader Astrosolar 3.8)

Nebulose e Galassie

E ora la parte più difficile per l’astrofotografia da città, riuscire a fotografare Nebulose e Galassie dalla città è impresa davvero ardua. Per fortuna ci vengono in aiuto i filtri anti inquinamento luminoso, visto che per ora è difficile eliminare le luci a led ancora presenti. Ma vediamo cosa si riesce a fare.

Astrofotografia da Città - Nebulose
Foto 12 Nebulosa Gabbiano Ic2177, distante circa 3.700 anni luce dalla Terra (Askar 230, Asi 2600Mc, Optolong L-Enhance, 2 febbraio 2023)

 

Astrofotografia da città nebulose
Foto 14 Nebulosa di Orione M42 e Nebulosa Testa di Cavallo, distanti circa 1.344 anni luce ( Askar 230, Asi 2600Mc, Optolong L-Enhance 29 marzo 2023)

 

Certo il cielo scuro è meglio, invidio i cieli più belli ma se possiamo accedere a solo quello di una metropoli è importante non scoraggiarsi. Bisogna divertirsi, fare esperienza, avere un po’ di pazienza, integrare molte ore di ripresa e qualcosa di buono sicuramente salterà fuori, e poi volete mettere la soddisfazione?

Dal non è semplice fare astrofotografia da città ma @egiverga con impegno e passione ha ottenuto risultati eccellenti e mette a disposizione dei lettori di COELUM tutta la propria esperienza, offrendo suggerimenti utili da cui iniziare a sperimentare. L’articolo completo è in Coelum Astronomia n°268.

STORIA DELLA RICERCA DELLE GALASSIE LONTANE

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Galassie Lontane
Fig. 1 A sinistra l’Hubble Deep Field, la prima survey profonda effettuata da Hubble che nel 1995 ha aperto il campo della ricerca delle galassie lontane. Immagine in tricromia ottenuta con i filtri U (300 nm, blu), B (435 nm, blu) e V (606 nm rosso). A destra l’Hubble Ultra Deep Field osservato nel 2006 con evidenziate nei riquadri 28 sorgenti di alto redshift. Immagine in tricromia ottenuta da immagini nei filtri B (435 nm, blu), V+I (606nm e 775 nm, verde) e z (850nm, rosso).

Tempo di lettura: 4 minuti

Storia della Ricerca delle Galassie Lontane

Quanto lontano possono vedere i vostri telescopi? È una domanda che gli astronomi si sentono rivolgere spesso, potrebbe sembrare un po’ ingenua ma la risposta è meno banale di quello che si può pensare e tutto sommato non è affatto una cattiva domanda. Infatti, sono gli astronomi i primi a chiedersi come spingere le proprie osservazioni sempre più lontano nello spazio e quindi nella storia dell’Universo.

Sono molti i motivi per studiare galassie sempre più distanti e cercare le prime galassie formatesi poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang. Nell’Universo vicino osserviamo galassie che si differenziano tra loro per morfologia (spirali, giganti ellittiche, irregolari), massa, livello di formazione stellare, contenuto di gas e polvere, ambiente (ammassi e gruppi di galassie), e presenza di buchi neri supermassicci di centinaia di milioni o addirittura miliardi di masse solari. Solo osservando i loro progenitori nell’Universo lontano, e i loro primi “mattoni” nell’Universo primordiale possiamo veramente capire quali fenomeni fisici hanno maggiormente influito sulla loro evoluzione.

Inoltre, nella Via Lattea e nelle galassie vicine osserviamo diversi tipi di popolazioni stellari, contraddistinte principalmente da diverse abbondanze degli elementi chimici che si formano a seguito della combustione nucleare all’interno delle popolazioni stellari precedenti e che vengono poi dispersi da venti stellari ed esplosioni di supernovae.

Successivamente al Big Bang l’Universo era costituito essenzialmente dai soli idrogeno ed elio: ricostruire nelle galassie via via più lontane la storia dell’arricchimento di elementi quali carbonio, ossigeno, azoto vuol dire seguire quel filo che ha portato dal Big Bang alla formazione non solo della Via Lattea, ma anche del nostro Sole e infine alla vita.

Negli Anni ’60

Di fatto la “rincorsa” a cercare sorgenti sempre più distanti è iniziata molti anni fa, negli anni ‘60 con la scoperta dei primi quasar e radiogalassie a distanze “cosmologiche” (redshift maggiore di 1) ma è solo da metà degli anni ‘90 che gli astronomi hanno sviluppato metodi e strumenti adatti a osservare normali galassie lontane in epoche in cui l’Universo aveva non più di 2 miliardi di anni di vita, cioè meno del 15% dell’età attuale.

La possibilità di esplorare la natura di galassie lontane è giunta grazie ad Hubble Space Telescope e alla coraggiosa iniziativa di osservare dei cosiddetti “campi fondi”, piccole zone di cielo di pochi arcmin2 su cui acquisire dati per decine e a volte centinaia di ore si osservazione. Il primo esempio fu l’Hubble Deep Field (HDF) nel 1995, a cui sono seguite negli anni numerose “survey” concepite in modo simile, la più celebre delle quali è probabilmente l’Hubble Ultra Deep Field (Fig. 1).

Galassie Lontane Hubble Survey
Fig. 1 A sinistra l’Hubble Deep Field, la prima survey profonda effettuata da Hubble che nel 1995 ha aperto il campo della ricerca delle galassie lontane. Immagine in tricromia ottenuta con i filtri U (300 nm, blu), B (435 nm, blu) e V (606 nm rosso). A destra l’Hubble Ultra Deep Field osservato nel 2006 con evidenziate nei riquadri 28 sorgenti di alto redshift. Immagine in tricromia ottenuta da immagini nei filtri B (435 nm, blu), V+I (606nm e 775 nm, verde) e z (850nm, rosso).

Le osservazioni HDF e di survey simili contengono molte migliaia di sorgenti, ma grazie all’acquisizione di immagini in più filtri si può misurare la forma dello spettro delle galassie e isolare la piccola frazione di sorgenti remote. In particolare, per studiare le prime epoche di formazione delle galassie è necessario avere osservazioni oltre la regione del visibile: dalle lunghezze d’onda del vicino infrarosso (circa 1 micron) a quelle del medio infrarosso (oltre i 3 micron) che rispettivamente misurano l’emissione ultravioletta (UV) di galassie da redshift circa 6 a redshift 12 e oltre, cioè da 1 miliardo a meno di 300 milioni di anni dal Big Bang.

La camera ottica ACS, e dal 2010 quella infrarossa (WFC3) di HST, insieme ai grandi telescopi da terra (Very Large Telescope, Keck) hanno dunque permesso di studiare le popolazioni di galassie risalenti al periodo tra circa 600 milioni di anni e 2 miliardi di anni dopo il Big Bang (redshift da 3 a circa 9).

Si è trovato che al crescere del redshift la luminosità tipica delle galassie diminuisce e aumenta la frazione di galassie lontane intrinsecamente deboli. Queste galassie sono via via più piccole, con dimensioni tipiche inferiori a 1 kpc (meno di 1/3 della Via Lattea), in buona parte di morfologia irregolare, sempre più attive in termini di formazione stellare in rapporto alla loro massa e con un sempre minore contenuto sia di polvere che di elementi quali ossigeno e carbonio.

Nel primo miliardo di anni

Queste osservazioni hanno permesso di indagare un periodo della storia dell’Universo entro il primo miliardo di anni che è estremamente importante perché è quando avviene il grosso del processo cosiddetto di reionizzazione (Fig. 2).

Galassie Lontane
Fig. 2. Visualizzazione artistica della prima fase di evoluzione delle galassie lontane. Dopo la ricombinazione lo spazio è permeato da gas neutro che viene reionizzato dalla radiazione emessa dalle prime sorgenti. Comprendere questa fase detta di “reionizzazione” che termina all’incirca 1 miliardo di anni dopo il Big Bang è uno degli scopi principali della ricerca sulle prime galassie.

Dal momento della ricombinazione (300.000 anni dopo il Big Bang) lo spazio è permeato da gas neutro, e sono proprio i fotoni energetici emessi dalla prime sorgenti luminose a separare protoni ed elettroni dell’idrogeno diffuso nello spazio intergalattico, ionizzandolo nuovamente. Uno degli scopi principali nello studio delle galassie lontane è proprio misurare l’andamento temporale e spaziale di questo processo, e soprattutto determinare quali sorgenti ne siano state maggiormente responsabili, se le galassie più o meno luminose o i primi nuclei galattici attivi.

Nonostante i progressi osservativi, la nostra conoscenza dei primordi dell’Universo era limitata. Hubble ha una sensibilità fino a 1.6 micron, mentre i telescopi terrestri come VLT e Keck possono osservare fino a circa 2.5 micron, ma l’emissione atmosferica limita la profondità delle osservazioni. Spitzer aveva una sensibilità limitata e non poteva esplorare l’Universo primordiale. JWST è stato sviluppato per osservare nell’infrarosso con maggiore sensibilità rispetto a Hubble e Spitzer.

L’articolo completo su LA CORSA ALLE PRIME GALASSIE con lo sviluppo della ricerca fino ai nostri giorni e le nuove scoperte ottenute grazie anche al JWST è pubblicato su Coelum Astronomia 268.

Astrofisica: cosa studia e come specializzarsi

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astrofisica ngc2020 e ngc2014
Il ritratto mostra la nebulosa gigante NGC 2014 e la sua vicina NGC 2020. Crediti: NASA, ESA e STScI

Tempo di lettura: 4 minutiL’astrofisica è una disciplina scientifica che si colloca all’intersezione tra astronomia e fisica, dedicata allo studio delle leggi fisiche che governano l’universo e i suoi componenti, come stelle, pianeti, galassie e la materia interstellare. Si occupa di comprendere i processi fisici alla base dei fenomeni celesti, utilizzando le conoscenze della fisica per interpretare le osservazioni astronomiche.

La Nascita dell’Astrofisica

La nascita dell’astrofisica è strettamente legata allo sviluppo della spettroscopia, una tecnica che permette di analizzare la luce emessa o assorbita da un oggetto per determinarne la composizione chimica, la temperatura, la densità, la velocità e altre proprietà fisiche. Questo approccio ha permesso agli scienziati di studiare gli astri non solo in termini di posizione e movimento, ma anche di composizione e struttura interna.

astrofisica Spettroelettromagnetico
Grafico dello spettroelettromagnetico

Nella seconda metà dell’Ottocento, l’astrofisica ha iniziato a distinguersi come campo di studio autonomo, grazie all’impiego di metodi e tecniche sperimentali propri della fisica applicati all’astronomia. La spettroscopia, in particolare, ha giocato un ruolo cruciale in questo processo, consentendo agli astronomi di indagare la natura dei corpi celesti e di fare ipotesi sulla loro evoluzione.

Figure chiave nella storia dell’astrofisica includono scienziati come Gustav Kirchhoff e Robert Bunsen, che hanno gettato le basi dell’analisi spettrale, e Margherita Hack, una delle più famose astrofisiche italiane, nota per le sue scoperte sulle Cefeidi e per il suo ruolo nella divulgazione scientifica.

L’astrofisica continua a essere un campo in rapida evoluzione, con nuove scoperte che ampliano costantemente la nostra comprensione dell’universo. Dai buchi neri alle onde gravitazionali, dall’energia oscura alla materia oscura, l’astrofisica svela i segreti più profondi dello spazio e del tempo, offrendo una finestra sul passato cosmico e sulle leggi fondamentali che regolano la realtà.

Gli ambiti di studio

L’astrofisica è una branca dell’astronomia che analizza le proprietà e le interazioni degli oggetti cosmologici sulla base di leggi fisiche note. Questo campo scientifico si avvale delle conoscenze della fisica per interpretare le osservazioni astronomiche e comprendere i processi fisici alla base dei fenomeni celesti. Ecco alcuni aspetti chiave dell’astrofisica:

  • Astrofisica osservativa: Gli astrofisici raccolgono dati osservando il cielo con telescopi e altri strumenti. Analizzano la luce emessa o assorbita dagli oggetti celesti per determinarne la composizione chimica, la temperatura, la densità e altre proprietà fisiche.
  • Astrofisica di laboratorio: In laboratorio, gli astrofisici simulano condizioni estreme presenti nello spazio per studiare i processi fisici che avvengono all’interno delle stelle, delle galassie e dei buchi neri. Questo può includere esperimenti con plasma, reazioni nucleari e altre condizioni estreme.
  • Astrofisica teorica: Gli astrofisici sviluppano modelli matematici e teorie per spiegare i fenomeni osservati. Questo richiede una buona conoscenza della fisica teorica e dell’astrofisica matematica. Attraverso queste teorie, cercano di spiegare l’origine dell’universo, la formazione delle galassie, l’evoluzione delle stelle e molti altri fenomeni presenti nello spazio.

Diventare Astrofisico o Astrofisica

Per diventare astrofisico, è necessario seguire un percorso di studi avanzato in fisica e matematica. Generalmente, il percorso inizia con una laurea triennale in fisica o in un campo affine, seguita da una laurea magistrale e infine da un dottorato di ricerca in astrofisica o astronomia. Durante questo percorso, gli studenti acquisiscono una profonda conoscenza delle leggi fisiche e delle tecniche matematiche applicate allo studio dell’universo.

Ecco i passaggi tipici per diventare astrofisico:

  1. Scuola Superiore: Concentrarsi su materie scientifiche come matematica, fisica e chimica.
  2. Laurea Triennale: Iscriversi a un corso di laurea in fisica o in un campo correlato.
  3. Laurea Magistrale: Specializzarsi in astrofisica o astronomia.
  4. Dottorato di Ricerca: Svolgere una ricerca originale nel campo dell’astrofisica.
  5. Post-Dottorato: Alcuni astrofisici proseguono con un post-dottorato per approfondire ulteriormente la loro specializzazione.

Durante il dottorato e il post-dottorato, gli astrofisici spesso partecipano a progetti di ricerca, pubblicano articoli scientifici e collaborano con istituti di ricerca e osservatori astronomici. È importante anche acquisire esperienza pratica attraverso stage o collaborazioni con gruppi di ricerca.

Inoltre, la conoscenza dell’inglese è fondamentale, poiché è la lingua principale utilizzata nella comunità scientifica internazionale. La capacità di utilizzare strumenti di osservazione e software specifici per l’analisi dei dati è altrettanto cruciale.

Infine, diventare astrofisico richiede passione, dedizione e una forte curiosità per i misteri dell’universo.

Nomi celebri dell’Astrofisica

Ecco alcuni dei più famosi astrofisici del mondo, con una breve biografia e la loro principale scoperta:

Stephen Hawking:

      • Biografia: Stephen Hawking è stato un cosmologo, fisico, astrofisico e divulgatore scientifico britannico. Nato a Oxford nel 1942, ha superato le sfide di una grave malattia degenerativa per diventare uno dei più noti fisici teorici al mondo.
      • Scoperta: È famoso per i suoi studi sui buchi neri e la cosmologia quantistica, in particolare per la teoria della radiazione di Hawking, che prevede che i buchi neri emettano radiazioni a causa degli effetti quantistici vicino all’orizzonte degli eventi.

Margherita Hack:

      • Biografia: Margherita Hack è stata un’astrofisica italiana, nata a Firenze nel 1922. È stata la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia e ha avuto un ruolo significativo nella divulgazione scientifica.
      • Scoperta: È conosciuta per i suoi studi sulle Cefeidi e sulla classificazione spettrale di numerose categorie di stelle.

Patrizia Caraveo:

      • Biografia: Patrizia Caraveo è un’astrofisica italiana, direttrice dell’Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica Cosmica di Milano.
      • Scoperta: Ha contribuito significativamente alla ricerca astrofisica con numerose pubblicazioni e citazioni, attestando l’importanza delle sue ricerche nel settore.

Edwin Hubble:

        • Biografia: Edwin Hubble è stato un astronomo americano, nato nel 1889. È noto per il suo lavoro all’Osservatorio di Mount Wilson, dove ha fatto osservazioni che hanno cambiato radicalmente la nostra comprensione dell’universo.
        • Scoperta: Hubble ha scoperto che ci sono altre galassie oltre la Via Lattea e ha formulato la legge di Hubble, che descrive l’espansione dell’universo, fornendo la prima evidenza osservativa per il modello del Big Bang.
Subrahmanyan Chandrasekhar:
        • Biografia: Subrahmanyan Chandrasekhar è stato un astrofisico indiano-americano, nato nel 1910 in India. Ha trascorso la maggior parte della sua carriera professionale negli Stati Uniti, lavorando principalmente all’Università di Chicago.
        • Scoperta: Chandrasekhar è meglio conosciuto per il suo studio sulla struttura e l’evoluzione delle stelle, in particolare per il limite di Chandrasekhar, che prevede la massima massa che una stella di neutroni o una nana bianca può avere prima di collassare in un buco nero o in una supernova.

Carl Sagan:

        • Biografia: Carl Sagan è stato un astronomo, astrofisico e cosmologo americano, nato nel 1934. È stato anche un prolifico autore e presentatore del famoso programma televisivo “Cosmos”.
        • Scoperta: Sebbene non sia noto per una singola scoperta, Sagan ha contribuito significativamente alla divulgazione dell’astrofisica e alla comprensione del potenziale per la vita extraterrestre. Ha anche lavorato sulle missioni spaziali Mariner, Viking, Voyager e Galileo, che hanno esplorato altri pianeti del nostro sistema solare.

la CINTURA DI VENERE: Fenomeni ottici tra scienza e mito

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cintura di venere
crediti Teresa Molinaro

Tempo di lettura: 4 minutiTra i fenomeni appartenenti alla categoria dell’ottica atmosferica, uno dei più affascinanti è quello che viene indicato con l’appellativo di Cintura di Venere.

La Cintura di Venere

Una fascia di un rosa delicato cinge l’orizzonte, immergendo il paesaggio in un’atmosfera surreale: questo evento può essere individuato all’alba o al tramonto in direzione opposta a quella in cui si trova il Sole, nel punto detto proprio antisolare o antelio: poco prima dell’alba il fenomeno è visibile ad Ovest, mentre dopo il tramonto l’evento ottico si evidenzia ad Est.

cintura di venere
crediti: autrice Teresa Molinaro

La Cintura di Venere ha anche il nome di arco anti-crepuscolare, proprio perché si verifica durante il crepuscolo e il bagliore rosato che tinge il cielo, circonda come un arco l’orizzonte opposto al Sole.

Il fenomeno è prodotto dalla luce del Sole, arrossata, riflessa sull’atmosfera: infatti, quando la nostra stella si trova sotto l’orizzonte, i suoi raggi riescono comunque a raggiungere l’osservatore, fino ad arrivare nel punto antisolare dove vengono retro diffusi dall’atmosfera terrestre.

Questo affascinante fenomeno è quasi sempre accompagnato, al di sotto, da una fascia di colore blu o viola scuro, detta anche segmento scuro e meglio nota come Ombra della Terra, che altro non è (ce lo suggerisce già il nome) che l’ombra che il nostro pianeta proietta sull’atmosfera.

Più il Sole sarà basso sotto l’orizzonte (Est o Ovest) maggiore sarà l’intensità dei due fenomeni e anche la loro altezza nel punto opposto, dove il paesaggio sarà completamente immerso in un silenzio surreale che viene presto inondato dalla luce dell’alba, nel caso in cui si tratti del crepuscolo mattutino o sfumerà, al contrario, nel buio della notte.

Benché dunque la Cintura di Venere sia una caratteristica del crepuscolo, non è detto che essa si palesi con costante frequenza, anche perché un cielo nitido e delle ottimali condizioni atmosferiche giocano un ruolo chiave nella manifestazione del fenomeno ottico, che in ogni caso non lascia mai indifferenti, soprattutto quando ad impreziosire la scena si aggiungono altri oggetti celesti, come ad esempio la Luna o i pianeti.

Come astrofotografa e amante di tutto ciò che accade sulla volta celeste sia di giorno che di notte, devo confessare che poter ammirare la Cintura di Venere è uno dei momenti della giornata che preferisco in assoluto.

Nelle foto di seguito potrete ammirare diversi scatti che ho potuto realizzare in circostanze davvero propizie: talvolta calcolando ogni dettaglio e altre volte (nella maggior parte) venendo colta di sorpresa.

cintura di venere
Cintura di Venere e Ombra della Terra dopo il tramonto, con il promontorio di Capo Zafferano, provincia di Palermo. Aprile 2024 Crediti Teresa Molinaro

cintura di venere
crediti Teresa Molinaro

cintura di venere
Ombra della Terra e Cintura di Venere dalla spiaggia di San Vito lo Capo, provincia di Trapani. Luglio 2021 Crediti Teresa Molinaro

LA CINTURA DI VENERE NELLA MITOLOGIA

E come ogni cosa che riguarda la volta celeste, anche il fenomeno della Cintura di Venere trova un richiamo nella mitologia: narra la leggenda che la dea dell’amore e della bellezza, che per gli antichi greci era Afrodite e per i romani Venere, possedeva una cintura dalle qualità magiche che aveva il potere di infondere fascino, bellezza e un’irresistibile sensualità a qualsiasi donna la indossasse, sia che si trattasse di una mortale che di una dea dell’Olimpo.

Pare che anche la dea Era talvolta ne usufruisse per richiamare a sé il suo fedifrago marito, Zeus; vi è traccia di un episodio nel XIV libro dell’Iliade, dove Omero narra così:

“E dal seno disciolse una fascia trapunta,
versicolore, ove tutte raccolte le illècebre aveva.
Era l’Amore quivi, la cupida Brama, il Colloquio
lusingatore, che toglie di senno fin anche i piú saggi.
Questa alla Diva porse, le volse cosí la parola:
«Su’, Diva, prendi, adesso, e avvolgi al tuo sen questa fascia
versicolore, ove tutte s’accolgon le illècebre; e certo
non tornerai, che tutta compiuta non sia la tua brama».
Cosí parlava. Ed Era dagli occhi lucenti sorrise;
e quando ebbe sorriso, sul seno si pose la fascia”.

Anche Afrodite stessa si serví dei poteri della sua cintura per far cadere tra le sue braccia il bellissimo e giovane Adone, conteso con Persefone.
Tra i comuni mortali, nelle antiche popolazioni greche e romane, era un’usanza assai diffusa per le giovani spose quella di indossare un accessorio chiamato cinto o cesto di Venere (dal latino cestus, dal greco κεστός) nel giorno del matrimonio, come buon auspicio per un matrimonio felice e fecondo e in onore della dea Afrodite.

In un gioco di richiami tra la scienza e il mito, quel che è vero è che la Cintura di Venere ha davvero il magico potere di attrarre l’osservatore, lasciandolo incantato dinanzi a un orizzonte colorato di rosa, le cui tinte sembrano plasmare la notte che cala sulla Terra e adornare di luce il giorno che verrà.

Siete sicuri di sapere quanto è grande l’universo?

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Tempo di lettura: 12 minuti

Non si sa se l’Universo inteso nel suo complesso sia finito o infinito nelle sue dimensioni lineari e nel volume, anche se la maggior parte dei teorici al momento ipotizza che anche in assenza di un confine spaziale potrebbe comunque essere spazialmente finito. Questo può essere compreso mediante un’analogia bidimensionale: la superficie della Terra non ha confini, ma ha comunque un’area finita e misurabile. Per quanto riguarda invece il cosiddetto Universo osservabile, è possibile evincere che esso sia finito, ma si ritiene che sia comunque molto più esteso di quanto farebbe pensare il malinteso valore di 13,7 miliardi di anni luce, che sta ad indicare soltanto l’età dell’universo e non il suo raggio. Per mettere un po’ di ordine in un argomento così delicato come quello della reale dimensione dell’Universo, l’articolo passa in rassegna i concetti che possono aiutare nella comprensione della domanda e di una eventuale risposta: la geometria dello spazio è di tipo euclideo? Ossia, come si dice a volte impropriamente, l’universo è piatto? L’universo è topologicamente connesso? Tutti concetti assolutamente poco intuitivi, capaci però di restituire scenari davvero impensabili, come quello che addirittura ipotizza un universo popolato da immagini multiple di una stessa galassia. Ma a parte queste stranezze, e in definitiva: quanto è grande l’Universo?

Universo e distanze

Questa è una domanda molto antica, che sorge spontanea quando si alza lo sguardo verso il cielo stellato, e che può essere suddivisa in due parti distinte: ci possiamo chiedere infatti quale sia la distribuzione della materia nello spazio e quale sia l’estensione dello spazio. Ad esempio, fino agli inizi del XX secolo molti astronomi ritenevano che la Via Lattea fosse l’unico sistema di stelle in uno spazio vuoto di estensione infinita (o comunque insondabile). Oggi sappiamo invece che la Via Lattea non è che una fra le centinaia di miliardi di galassie osservabili che popolano l’intero spazio.

Ma quanto lontano possiamo osservare? Per rispondere dobbiamo fare alcune considerazioni. Innanzitutto, sappiamo che la velocità della luce non è infinita: nel vuoto vale 299 792,458 km/s. Ciò significa che quanto più una stella è lontana, tanto più la vediamo indietro nel tempo. Ad esempio, vediamo Alfa Centauri come era poco più di quattro anni fa, Vega 26 anni fa, Deneb almeno 1600 anni fa… Il cielo stellato è dunque un caleidoscopio di tempi diversi!

Non tutto si espande, nell’universo

L’espansione metrica dello spazio è l’aumento medio della distanza metrica (cioè misurata) tra due oggetti nell’universo al variare del tempo. Questa è un’espansione intrinseca, cioè è definita dalla relativa separazione delle regioni dell’universo e non dal movimento esterno in uno spazio preesistente.
L’espansione è una caratteristica fondamentale della teoria del Big Bang ed è stata espressa matematicamente con la metrica di Friedmann – Lemaître – Robertson – Walker, un modello valido nell’epoca attuale solo su scale relativamente ampie, ovvero all’incirca sulla scala dei superammassi galattici e oltre (nella foto in basso a destra l’ammasso Abell 2218, distante due miliardi di anni luce).

Su scale minori (ad esempio al livello del nostro universo locale) la materia si è agglomerata sotto l’influenza dell’attrazione gravitazionale e questi agglomerati non si espandono singolarmente (una galassia, infatti, non si espande!), anche se continuano ad allontanarsi gli uni dagli altri.

L’espansione attuale è stata causata dalle condizioni iniziali dell’universo. In un primo tempo la velocità di espansione è diminuita, a causa della gravità esercitata dalla materia che aveva una densità molto elevata; in un secondo tempo la velocità di espansione ha cominciato ad accelerare a causa del predominio di una forza repulsiva di cui non si conosce ancora esattamente la natura.
Se questa forza è descritta da una costante cosmologica, allora l’accelerazione continuerà in futuro e l’espansione non avrà mai fine.

Notiamo anche che questi tempi espressi in anni coincidono per definizione con le distanze rispettive delle stelle espresse in anni-luce: infatti l’anno-luce è la distanza che la luce percorre in un anno e vale circa 9500 miliardi di chilometri. Dire che vediamo Vega com’era 26 anni fa significa dunque che la stella si trova a 26 anni-luce di distanza.

Lo stesso discorso si può fare per le galassie vicine, quelle che appartengono al nostro Gruppo Locale, e che sono legate fra loro dalla mutua attrazione gravitazionale: la galassia di Andromeda (per inciso, l’oggetto più lontano che si possa vedere a occhio nudo) è situata a poco meno di due milioni e mezzo di anni-luce, ed è dunque vista com’era due milioni e mezzo di anni fa. Per quanto riguarda le galassie più lontane il discorso però si complica: non vale più la semplice equivalenza “anni indietro nel tempo = distanza in anni-luce”. Infatti da quando il nostro Universo è nato, 13,7 miliardi di anni fa (il momento del Big Bang), lo spazio si sta espandendo: le galassie che non appartengono agli stessi gruppi o ammassi si allontanano le une dalle altre, e la velocità con cui si allontanano è proporzionale alla loro distanza (legge di Hubble). La luce partita da una galassia lontana si trova dunque a viaggiare in uno spazio che si espande: quando finalmente giunge a noi la distanza attuale della galassia da cui è partita è molto maggiore di quella iniziale. Ad esempio, galassie che vediamo come erano 10 miliardi di anni fa, si trovano attualmente a una distanza non di 10 ma di 16 miliardi di anni-luce.

Notiamo inoltre che l’estensione dell’universo visibile varia col tempo. Se l’espansione stesse rallentando, col passare del tempo riceveremmo via via la luce di oggetti sempre più lontani: l’Universo visibile aumenterebbe. Ma oggi sappiamo che l’espansione sta accelerando e, se così sarà anche in futuro, allora la luce degli oggetti lontani non riuscirà più a raggiungerci: col passare del tempo scompariranno dalla nostra vista prima le galassie più lontane, poi via via quelle sempre più vicine, finché in un lontano futuro saranno visibili solo le galassie entro qualche milione di anni-luce.

Il diametro dell’universo è di…

La cosmologia moderna ha le sue basi nella relatività generale, dove le misure di spazio e tempo sono delicate e fonte di equivoci persino fra specialisti. Non deve stupire dunque che si trovino in articoli e libri di testo interpretazioni differenti ed alcuni errori, che riguardano anche la definizione delle dimensioni dell’universo. In questa scheda ne riportiamo alcuni, accompagnati da un breve commento.

…13,7 miliardi di anni luce

Scorretto. Questo valore indica in realtà l’età dell’Universo: non è né il diametro né il raggio dell’universo. L’età dell’universo coinciderebbe con il suo raggio soltanto se non esistesse l’espansione cosmologica. Come abbiamo spiegato, mentre la luce si propaga da una galassia all’altra la separazione fra le galassie aumenta: così in un intervallo di tempo di 13,7 miliardi di anni la luce percorre 46,5 miliardi di anni-luce. Questa distanza costituisce l’orizzonte e definisce l’universo visibile o osservabile.

…15,8 miliardi di anni luce

Scorretto. Questa dimensione è stata ottenuta allo stesso modo della precedente, ma partendo da un’errata età dell’Universo riportata nella stampa non specializzata della metà del 2006 .

…27,4 miliardi di anni luce

Scorretto. Un diametro ottenuto moltiplicando per due il valore di 13,7 miliardi di anni luce, creduto essere il raggio dell’universo.

…78 miliardi di anni luce

Questo è un valore corretto, ma bisognerebbe specificare che si riferisce al limite inferiore per il diametro dell’intero universo, basato sulla analisi della mappa della radiazione cosmica di fondo.

Se l’intero Universo fosse più piccolo di questa sfera, allora la luce avrebbe avuto il tempo di circumnavigarlo dal big bang a oggi, creando multiple immagini che si mostrerebbero come tracce circolari nella radiazione cosmica di fondo.

Neil Cornish, della Montana State University ha cercato questo effetto fino a una scala equivalente a una distanza di 78 miliardi di anni luce senza però riuscire a trovarlo. Gli autori hanno anche previsto che con “minor rumore e mappe CMB a più alta risoluzione (grazie all’estensione della missione WMAP’s e alla sonda Plank), saremo in grado di cercare cerchi ancora più piccoli fino a portare il limite a circa 91 miliardi di anni luce)”. C’è però da notare che anche con dati al massimo della risoluzione teorica, tale valore potrebbe solo arrivare a pareggiare il diametro dell’universo osservabile, pari a 93 miliardi di anni luce.

…156 miliardi di anni luce

Scorretto. Questa cifra è stata ottenuta moltiplicando per due il valore corretto di 78 miliardi di anni-luce, evidentemente scambiato per il raggio. Cifra largamente riportata da numerose fonti.

…180 miliardi di anni luce

Scorretto. Questa stima si accompagnava, in alcune fonti, a un’età dell’universo di 15,8 miliardi di anni; venne calcolata aggiungendo il 15% alla cifra (errata) di 156 miliardi di anni luce del punto precedente.

 

 

Il fatto che la velocità della luce sia finita e che l’universo abbia un’età finita ha una conseguenza importante: non possiamo osservare arbitrariamente lontano. Questo perché possiamo osservare soltanto quegli oggetti la cui distanza ha potuto essere percorsa dalla luce entro il tempo trascorso da quando il nostro universo è nato, ovvero in meno di 13,7 miliardi di anni; invece la luce emessa da oggetti più lontani non ha ancora avuto il tempo di raggiungerci. Perciò l’universo visibile (detto anche universo osservabile) rimane limitato; ma non dobbiamo confonderlo con l’universo nel suo complesso. In effetti se è vero che, nei primi istanti di vita, l’universo ha subito un’accelerazione enorme e lo spazio si è dilatato a dismisura (è la cosiddetta epoca dell’inflazione), allora l’universo, se non infinito, deve essere comunque enormemente più grande di quel che possiamo osservare.

È bene ribadire che la dimensione dell’Universo osservabile NON dipende dalle capacità tecnologiche impiegate, ma è da intendere come un limite fisico indipendente da qualsiasi progresso in campo osservativo.

Ma se l’Universo che possiamo osservare è limitato, come possiamo sapere quanto è davvero grande l’Universo?

Una possibilità c’è, ma per arrivarci dobbiamo affidarci alla teoria, e soprattutto è necessario prima faticare su certi concetti non proprio intuitivi.

Entra in gioco la geometria dello spazio

Universo
Un esperimento importantissimo, decisivo nel discriminare la reale geometria dell’universo, fu quello del BOOMERanG, che nel 2000 ha misurato la radiazione cosmica di fondo tramite tre voli sub-orbitali di un pallone di alta quota. Nell’illustrazione, l’immagine rilevata dal BOOMERanG (parte superiore della figura) è confrontata con le simulazioni al computer corrispondenti ai tre modelli geometrici dell’universo: a geometria sferica (al centro a sinistra), “piatta” (al centro) e iperbolica (a destra). Come si può notare, la disposizione e la grandezza delle anisotropie locali è in ottima corrispondenza con quella simulata nella figura B, dove viene descritto un universo “piatto”, a geometria euclidea. La dimensione angolare delle anisotropie osservate dipende infatti da quale curvatura viene attribuita all’universo (parte inferiore dell’illustrazione).

È risaputo che si possono concepire spazi nei quali le normali proprietà della geometria euclidea non valgono più. Ad esempio, la somma degli angoli interni di un triangolo vale 180 gradi, ma solo se questo triangolo è disegnato su un piano, mentre se è disegnato sulla superficie di una sfera la somma degli angoli interni vale più di 180 gradi. Questi spazi sono però rimasti nel regno della matematica, finché con la relatività generale Einstein non ha legato la geometria dello spazio alla distribuzione di materia ed energia. In particolare, se supponiamo che nell’universo materia ed energia siano distribuite uniformemente (il che dovrebbe essere vero a grande scala), la geometria dello spazio dipende unicamente dal valore della densità di materia ed energia.

Se la densità supera un valore critico, la gravità “chiude” lo spazio, che ha un volume finito ma senza limiti. Non potendo visualizzare uno spazio curvo a 3 dimensioni, dobbiamo ricorrere all’analogia bidimensionale della superficie di una sfera, che è finita ma illimitata: in un Universo chiuso, partendo dalla Terra e viaggiando sempre nella stessa direzione ci ritroveremmo alla fine nuovamente sulla Terra!

Se la densità ha invece esattamente il valore critico, allora lo spazio è infinito e valgono le normali regole della geometria euclidea: il suo analogo in due dimensioni è la superficie di un piano.

Se infine la densità è inferiore al valore critico, lo spazio è infinito ma non valgono più le regole della geometria euclidea e la sua rappresentazione in due dimensioni è un po’ più complicata (ha la forma di una sella).

Gli astronomi per numerosi decenni hanno tentato di fare l’inventario della quantità di materia ed energia presente nell’universo e sapere così qual è la geometria dell’universo. Però quello che era un compito già difficile si è rivelato via via sempre più complicato (e anche molto più interessante!).

Infatti non basta contare le stelle e le galassie: una grande quantità di materia è presente sotto forma di gas e non emette luce nel visibile ma ad altre frequenze, spesso osservabili solo dallo spazio. Inoltre gli astronomi hanno scoperto che la materia visibile rappresenta solo una minima parte di quella presente nell’universo: ne esiste una forma nuova, la materia oscura, che non si manifesta in alcun modo se non attraverso i suoi effetti gravitazionali. Infine da una decina d’anni sappiamo che su tutto domina una misteriosa forma di energia repulsiva, che è la causa dell’attuale accelerazione dell’espansione.

L’universo come un videogame

Il discorso non finisce qui: infatti la relatività generale ci permette di stabilire la curvatura dell’universo, ma non ci dice nulla della sua geometria globale, ovvero di quella che i matematici chiamano la topologia dello spazio.
Di che si tratta? Molti lettori ricorderranno il classico videogioco “Asteroids”: il giocatore guida una piccola astronave che deve distruggere o evitare grossi asteroidi che arrivano via via più veloci e numerosi. I movimenti avvengono sullo spazio bidimensionale dello schermo e il giocatore vede l’astronave dall’esterno. Una particolarità è che i bordi dello schermo non sono invalicabili: sia l’astronave che gli asteroidi, superando il bordo superiore, ricompaiono dal bordo inferiore, o superando il bordo sinistro ricompaiono da quello destro. Ma se vivessimo nell’Universo di Asteroids, ovvero fossimo creature bidimensionali nello schermo, allora non vedremmo alcun bordo. Avremmo invece l’illusione di uno spazio che si estende all’infinito intorno a noi e osservando con attenzione sufficientemente lontano vedremmo immagini ripetute del nostro mondo, con gli stessi oggetti e noi stessi, ripetuti a intervalli regolari. L’Universo di Asteroids ha una geometria “piana”, non curva (la somma degli angoli interni di un triangolo vale sempre 180 gradi), eppure non ha le proprietà normali di un piano che si estende all’infinito: è quello che i matematici chiamano un “toro”, ed è solo un semplice esempio di spazio “multiconnesso”, ovvero “finito”. Ma può lo spazio in cui viviamo avere proprietà analoghe e se sì, come possiamo stabilire che tipo di spazio è?

Il metodo più semplice sarebbe quello di osservare sempre più lontano e cercare di scoprire se a intervalli regolari si vedono immagini duplicate delle stesse galassie, ma la cosa non è di fatto praticabile (lo sarebbe se l’universo fosse molto piccolo), anche se sono comunque stati applicati metodi più sofisticati (detti di “cristallografia cosmica”) nell’analisi della distribuzione delle galassie e degli ammassi, con risultati negativi. Ma la possibile indicazione che lo spazio possa essere multiconnesso è venuta dalla radiazione cosmica di fondo. Essa presenta infatti un’anomalia: le fluttuazioni di temperatura sulle scale più grandi sono significativamente meno forti di quanto previsto dalla teoria.

Nel 2003, in una lettera pubblicata sulla celebre rivista Nature, un gruppo guidato dall’astrofisico francese Jean-Pierre Luminet e dal matematico americano Jeffrey Weeks ha mostrato che questa anomalia potrebbe essere una conseguenza del fatto che il volume dell’Universo è finito e troppo piccolo per poter contenere fluttuazioni a più grande scala, ed è riuscito a riprodurre le osservazioni supponendo che l’universo sia fatto come uno spazio dodecaedrico di Poincaré.

Ma come è fatto questo spazio? Ha ovviamente la forma di un dodecaedro (un solido con dodici facce pentagonali), e quando si attraversa una delle facce si rientra in quella opposta (analogamente al gioco Asteroids).

In realtà c’è una complicazione, nel senso che non è un dodecaedro euclideo ma sferico; le immagini adiacenti del dodecaedro sferico riempiono completamente un’ipersfera (una sfera nelle quattro dimensioni). È in effetti una cosa un po’ complicata e non visualizzabile in tre dimensioni, ma per fortuna possiamo ricorrere alla solita analogia a due dimensioni. Abbiamo allora una superficie sferica ricoperta da pentagoni: da qui la metafora del pallone da calcio, usatissima dai media per presentare la notizia.

Universo
Poco dopo la presentazione del modello a pallone di calcio, nel 2004 il tedesco Frank Steiner dell’Università di Ulm ne ha proposto uno ancora più strano chiamato “il corno di Picard”, da un’idea di universo iperbolico teorizzata da Henry Picard nel 1884. La forma assomiglia stavolta a quella di un imbuto, con il gambo che diventa sempre più stretto fino ad allungarsi all’infinito…ma così stretto che alla fine il volume totale dell’imbuto (e quindi dell’universo) è comunque finito! Ed essendo finito è anche un universo multiconnesso, per cui anche anche in questo caso vale la geometria degli “Asteroids” e qualsiasi oggetto che uscisse da un bordo rientrerebbe dall’altro. La curvatura dello spazio stavolta non sarebbe positiva come nel dodecaedro di Poincaré, ma negativa.

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La possibilità di un Universo multiconnesso può piacere o meno (a me per la verità suscita una certa claustrofobia) però è davvero affascinante; il problema è che si basa su un’anomalia che può avere spiegazioni alternative più semplici. Effettivamente in un articolo pubblicato quest’anno, dove sono analizzati i dati ottenuti in 7 anni di osservazione dal satellite americano WMAP, gli autori concludono che l’anomalia è statisticamente compatibile con le predizioni teoriche.

C’è in realtà un altro metodo che permetterebbe di avere la prova che il nostro spazio è multiconnesso: infatti, a seconda del tipo di forma dello spazio, dovremmo poter osservare sulla mappa di temperatura della radiazione di fondo delle tracce caratteristiche che riflettono la periodicità dello spazio, sotto forma di coppie di cerchi. L’analisi è delicata e controversa; per il momento, comunque, si può affermare che questi cerchi non sono stati trovati. Dunque se lo spazio ha una geometria multiconnessa, le dimensioni dell’universo devono essere così grandi che noi non siamo in grado di rivelarla.

La risposta

Ma allora quale risposta possiamo dare alla domanda: quanto è grande l’Universo?

Se ci limitiamo all’Universo visibile, ovvero a ciò che in linea di principio possiamo osservare, allora la risposta è quasi banale dato che la stessa Relatività generale ci dice che tenendo conto dell’espansione e della velocità con cui si propaga la luce, la distanza dell’orizzonte cosmologico è di circa 46,5 miliardi di anni luce, tanta infatti è la distanza che la luce ha percorso in un tempo pari all’età dell’Universo.

In altre parole, l’Universo a cui abbiamo o potremo teoricamente avere accesso in futuro ha un diametro di 93 miliardi di anni luce: un valore enorme e inconcepibile per mancanza di termini di paragone.Non possiamo invece sapere quali sono le dimensioni dell’Universo reale, che include anche tutto ciò che non possiamo e probabilmente non potremo mai osservare. Sulla base del fatto che non sono state trovate le tracce di uno spazio multiconnesso nella radiazione cosmica di fondo, tutto ciò che si può fare è stimare che il diametro minimo dell’universo reale debba valere almeno 78 miliardi di anni-luce, ovviamente un valore del tutto sottodimensionato dato che risulta ancora più piccolo di quello dell’universo osservabile…

Il fatto è – l’abbiamo detto poco sopra – che proprio a causa dei limiti teorici imposti dal concetto di “orizzonte cosmologico”, nessuna informazione ci può arrivare atta a farci superare il limite dei 93 miliardi di anni luce.

Ed è comunque probabile che l’Universo reale sia enormemente più grande dei valori che abbiamo menzionato, tanto che se anche lo spazio fosse davvero multiconnesso, le sue immagini replicate si troverebbero probabilmente molto al di là del limite dell’universo visibile. Possiamo dunque concludere che lo spazio o è infinito o, a tutti i fini pratici, può essere considerato infinito.

E se poi non fosse infinito, ma solo immensamente grande, non si può escludere che vi siano altri universi… ma questa, quella dei multiversi, è ovviamente un’altra storia.


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L’Astronomia dalle origini ad oggi

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immagine simbolica astronomia
Crediti: NASA, ESA, Joseph Olmsted (STScI)

Tempo di lettura: 5 minuti

L’Alba dell’Astronomia: Uno Sguardo alle Origini Celesti

Introduzione

L’astronomia, una delle più antiche scienze, ha affascinato l’umanità fin dall’alba dei tempi. La necessità di comprendere i cicli diurni e stagionali, per motivi pratici e religiosi, ha portato all’osservazione sistematica del cielo e alla nascita dell’astronomia come disciplina scientifica.

L’Origine dello Studio del Cielo

Le prime civiltà osservarono il cielo per orientarsi, per misurare il tempo e per pianificare le attività agricole. Monumenti come Stonehenge testimoniano l’importanza dei corpi celesti nella vita quotidiana dei popoli antichi.

La Nascita della Scienza

L’astronomia si distaccò dall’astrologia con l’avvento del metodo scientifico. La creazione di calendari e la comprensione dei “meccanismi celesti” furono i primi passi verso una scienza sistematica del cielo.

Le Principali Scoperte dei Popoli Antichi

I popoli antichi svilupparono conoscenze astronomiche indipendenti, che includevano:

  • La misurazione del tempo basata su lunazioni e solstizi.
  • L’orientamento attraverso la posizione delle stelle e dei pianeti.
  • La creazione di costellazioni basate su miti e leggende.

astronomia archeastronomia
La sovrapposizione delle tre piramidi con tre stelle richiede di poter ruotare e dilatare una delle due mappe, in questo modo si può sempre giungere alla sovrapposizione di due apici pramidali con due stelle. La precisione con cui si sovrappone la terza piramide consente di calcolare la probabilità di un evento casuale di Alberto Cora

L’Evoluzione dell’Astronomia

Con l’invenzione del telescopio, l’astronomia si è evoluta da una pratica osservativa a una scienza esatta, permettendo scoperte rivoluzionarie come le leggi del moto planetario e la struttura dell’universo.

Per saperne di più sulla storia dell’astronomia segui ARCHEOASTRONOMIA

Astronome e Astronomi influenti nel passato

  1. Galileo Galilei (1564-1642)
    • Scoperte: Satelliti di Giove, fasi di Venere, macchie solari.
    • Biografia: Galileo è considerato il padre dell’astronomia moderna. Ha rivoluzionato l’uso del telescopio per l’osservazione celeste e ha sostenuto il modello eliocentrico di Copernico.
  1. Nicolaus Copernicus (1473-1543)
    • Scoperte: Modello eliocentrico del Sistema Solare.
    • Biografia: Astronomo polacco, la sua opera “De revolutionibus orbium coelestium” ha segnato l’inizio della Rivoluzione Astronomica.
  1. Johannes Kepler (1571-1630)
    • Scoperte: Leggi del moto planetario.
    • Biografia: Astronomo tedesco, le sue leggi hanno descritto per la prima volta le orbite ellittiche dei pianeti.
  1. Claudio Tolomeo (100 d.C. circa – 170 d.C. circa)
    • Scoperte: Sistema geocentrico, Almagesto.
    • Biografia: Astronomo e geografo dell’antico Egitto, Tolomeo ha influenzato l’astronomia per oltre mille anni con il suo modello geocentrico.
  1. Tycho Brahe (1546-1601)
    • Scoperte: Osservazioni precise delle stelle e dei pianeti.
    • Biografia: Astronomo danese, le sue osservazioni accurate hanno fornito la base per le leggi di Kepler.
  1. Edwin Hubble (1889-1953)
    • Scoperte: Espansione dell’universo, classificazione delle galassie.
    • Biografia: Astronomo americano, la legge di Hubble ha rivelato che l’universo si sta espandendo
  1. Caroline Herschel (1750-1848)
    • Scoperte: Comete, nebulose.
    • Biografia: Astronoma tedesca naturalizzata britannica, fu la prima donna a ricevere un salario per il suo lavoro scientifico.
  1. Carl Sagan (1934-1996)
    • Scoperte: Contributi alla comprensione delle atmosfere planetarie, esobiologia.
    • Biografia: Astronomo americano, divulgatore scientifico, autore di “Cosmos” e promotore della ricerca di vita extraterrestre.
  1. Hipparchus (190 a.C. circa – 120 a.C. circa)
    • Scoperte: Precessione degli equinozi, catalogo stellare.
    • Biografia: Astronomo greco antico, considerato uno dei più grandi astronomi dell’antichità.
  1. Henrietta Swan Leavitt (1868-1921)
    • Scoperte: Relazione periodo-luminosità delle Cefeidi.
    • Biografia: Astronoma americana, il suo lavoro sulle stelle variabili Cefeidi ha permesso di misurare le distanze intergalattiche.

Vita da Astronomo

Essere un astronomo oggi significa dedicarsi allo studio dell’universo e dei suoi fenomeni. Gli astronomi osservano e analizzano corpi celesti come stelle, pianeti, galassie e nebulose per comprendere la loro origine, struttura, evoluzione e posizione. Utilizzano una vasta gamma di strumenti, dai telescopi terrestri ai satelliti in orbita, per raccogliere dati su tutto lo spettro elettromagnetico.

Le attività principali di un astronomo includono:

  • Osservazione: Utilizzo di telescopi e altri strumenti per raccogliere dati astronomici.
  • Analisi: Elaborazione e interpretazione dei dati raccolti per comprendere meglio i processi fisici e chimici dell’universo.
  • Ricerca: Conduzione di studi scientifici per scoprire nuovi pianeti, galassie o fenomeni celesti.
  • Sviluppo di Modelli: Creazione di modelli teorici per spiegare i fenomeni osservati.
  • Pubblicazione: Redazione di articoli scientifici per condividere scoperte e progressi nel campo.

Un ricercatore in astronomia si occupa di:

  • Creare Nuove Ipotesi: Formulare nuove teorie sull’universo e i suoi componenti.
  • Sviluppare Proposte: Ideare progetti di ricerca innovativi.
  • Conduzione di Ricerche Specifiche: Investigare argomenti particolari, come la formazione delle stelle o l’individuazione di pianeti extrasolari.
  • Utilizzo di Attrezzature Specializzate: Impiego di telescopi avanzati e telecamere satellitari per l’osservazione spaziale.
  • Redazione di Documenti di Ricerca: Sintetizzare i risultati delle ricerche in documenti scientifici.

L’astronomia è una disciplina in continua evoluzione, e gli astronomi sono spesso al confine tra la conoscenza attuale e l’esplorazione dell’ignoto, contribuendo significativamente alla nostra comprensione dell’universo e del nostro posto in esso.

Le discipline dell’Astronomia

L’astronomia è un campo vasto e multidisciplinare che si estende oltre lo studio degli oggetti celesti per includere diverse sotto-discipline, ognuna con il proprio focus unico. Ecco una panoramica di alcune delle principali discipline dell’astronomia:

Cosmologia: È lo studio dell’universo nel suo insieme, comprese le sue origini, la sua struttura a grande scala, l’evoluzione e il destino finale. La cosmologia cerca di rispondere a domande fondamentali sull’universo e utilizza teorie come il Big Bang e l’inflazione cosmica per spiegare le osservazioni astronomiche.

Astrofisica: Questa disciplina si concentra sulle proprietà fisiche degli oggetti celesti e sui fenomeni che avvengono nello spazio. L’astrofisica applica le leggi della fisica e della chimica per studiare stelle, galassie, buchi neri e altri fenomeni cosmici.

Geologia Planetaria: Anche nota come esogeologia, si occupa dello studio della composizione, formazione ed evoluzione geologica dei corpi celesti come pianeti, lune, asteroidi, comete e meteoriti. Gli scienziati in questo campo esaminano le superfici planetarie e i processi geologici che le hanno modellate.

Astrobiologia: È lo studio dell’origine, evoluzione e distribuzione della vita nell’universo. L’astrobiologia esplora la possibilità di vita al di fuori della Terra e cerca di comprendere le condizioni necessarie per la vita come la conosciamo.

Astrochimica: Si occupa dello studio degli elementi chimici nello spazio, in particolare nelle nubi di gas molecolare. L’astrochimica esamina la formazione, l’accrescimento, l’interazione e la distruzione di questi elementi e molecole nello spazio interstellare.

Archeoastronomia: Questa disciplina combina l’astronomia con l’archeologia per studiare come gli antichi popoli comprendevano e utilizzavano i fenomeni celesti. L’archeoastronomia può rivelare molto sulle credenze e le pratiche culturali legate al cielo degli antichi.

Ingegneria Spaziale: È il campo dell’ingegneria che si occupa della progettazione, dello sviluppo, dei test e della gestione di missioni spaziali e dei relativi veicoli, come satelliti e navicelle spaziali. Gli ingegneri spaziali lavorano su tecnologie che permettono l’esplorazione e l’utilizzo dello spazio.

Ognuna di queste discipline contribuisce a una comprensione più completa dell’universo e del nostro posto in esso, fornendo conoscenze che spaziano dalla fisica fondamentale alla possibilità di vita oltre la Terra.

Dove e cosa studiare Astronomia

Oggi, per studiare astronomia o astrofisica, ci sono diverse università e istituti che offrono programmi di studio dedicati. In Italia, ad esempio, l’Università degli Studi di Padova offre un corso di laurea triennale in Astronomia e Astrofisica e un corso di laurea magistrale in Astrofisica1. Anche l’Università degli Studi di Bologna propone un corso di laurea triennale in Fisica e Astrofisica e un corso di laurea magistrale in Astrofisica.

Il percorso per diventare astronomo generalmente inizia con una laurea triennale in Astronomia o Fisica, che fornisce le basi matematiche e fisiche necessarie. Dopo la laurea triennale, si prosegue con una laurea magistrale di due anni in Astrofisica o Cosmologia, che approfondisce ulteriormente la conoscenza e le competenze specifiche nel campo. Infine, per entrare nel mondo della ricerca e diventare un astronomo professionista, è necessario conseguire un dottorato di ricerca in Astronomia, che di solito ha una durata di tre anni.

Durante il percorso di studi, è importante acquisire esperienza pratica attraverso stage, progetti di ricerca e lavorando in osservatori o laboratori astronomici. Questo aiuta a sviluppare competenze tecniche e di ricerca indispensabili per la carriera di astronomo.

 

Il Sistema Solare: nozioni fondamentali

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sistema solare NASA
Crediti: NASA

Tempo di lettura: 3 minuti

Formazione

Il Sistema Solare si è formato circa 4,6 miliardi di anni fa dalla contrazione gravitazionale di una nube molecolare gigante. Il processo ha portato alla formazione di un disco protoplanetario da cui sono emersi il Sole e i corpi celesti.

Composizione

Il Sistema Solare è composto dal Sole, una stella di tipo G2V, una nana gialla ancora nella sua fase di stabilità, e da una miriade di oggetti che includono pianeti, lune, asteroidi, comete, e la polvere interplanetaria.

Sole al centro del Sistema Solaredi Fabio Giordano
Sole di Fabio Giordano

Oggetti che compongono il Sistema Solare

Gli oggetti principali del Sistema Solare sono:

  1. Pianeti: Corpi celesti in orbita attorno al Sole che sono abbastanza massicci da essere resi sferici dalla propria gravità e hanno pulito le vicinanze della propria orbita.
  2. Satelliti Naturali: Corpi che orbitano attorno ai pianeti, comunemente noti come lune.
  3. Asteroidi: Piccoli corpi rocciosi che orbitano principalmente nella cintura di asteroidi tra Marte e Giove.
  4. Comete: Corpi ghiacciati che sviluppano un’atmosfera (coma) e una coda quando si avvicinano al Sole.
  5. Meteoroidi: Piccoli frammenti di asteroidi o comete.
  6. Polvere Interplanetaria: Particelle minuscole lasciate da comete e collisioni tra asteroidi.

Elenco e Descrizione dei Pianeti

  1. Mercurio: Il più piccolo e interno dei pianeti, noto per le sue estreme variazioni di temperatura.
  2. Venere: Simile in dimensioni e composizione alla Terra, ma con un’atmosfera densa e tossica.
  3. Terra: L’unico pianeta noto per sostenere la vita, con un’atmosfera ricca di ossigeno e acqua liquida in superficie.
  4. Marte: Il “pianeta rosso”, famoso per il suo terreno desertico e la possibilità di acqua passata.
  5. Giove: Il gigante gassoso più grande, con una famosa Grande Macchia Rossa, una tempesta gigante.
  6. Saturno: Notabile per i suoi spettacolari anelli, è un altro gigante gassoso.
  7. Urano: Un gigante ghiacciato con un asse di rotazione estremamente inclinato.
  8. Nettuno: Simile a Urano, noto per i forti venti e la tempesta chiamata Grande Macchia Scura.

La Fascia di Kuiper

La Fascia di Kuiper è una regione del Sistema Solare esterna all’orbita di Nettuno, popolata da corpi ghiacciati, tra cui i pianeti nani come Plutone. Gli oggetti della Fascia di Kuiper sono residui della formazione del Sistema Solare.

Le Comete

Le comete sono corpi celesti composti principalmente da ghiaccio, polvere e roccia. Quando si avvicinano al Sole, il calore lo fa evaporare, creando una caratteristica coda luminosa.

Cometa del sistema solare 12P-Pons Brooksdi Vincenzo Mirabella
Cometa 12P-Pons Brooks di Vincenzo Mirabella

I Pianeti Nani

I pianeti nani sono corpi celesti che non hanno pulito l’area attorno alla propria orbita. I primi cinque per grandezza sono:

  1. Plutone
  2. Eris
  3. Haumea
  4. Makemake
  5. Gonggong

Composizione dello Spazio Interplanetario

Lo spazio interplanetario è composto principalmente da vuoto, con la presenza di polvere cosmica, radiazione solare, e campi magnetici.

Curiosità

Il Sistema Planetario più Vicino Il sistema planetario più vicino al nostro è quello di Alpha Centauri, a circa 4,37 anni luce di distanza.

Scienziati Determinanti per la Comprensione del Sistema Solare Tra gli scienziati che hanno contribuito significativamente alla comprensione del Sistema Solare ci sono:

  1. Nicolaus Copernicus: Propose il modello eliocentrico.
  2. Galileo Galilei: Utilizzò il telescopio per osservazioni che supportavano l’eliocentrismo.
  3. Johannes Kepler: Formulò le leggi del moto planetario.
  4. Isaac Newton: Definì la legge di gravitazione universale.
  5. Edwin Hubble: Dimostrò l’esistenza di altre galassie oltre la Via Lattea.

Dati Significativi

Ecco alcuni dati rilevanti sul nostro affascinante Sistema Solare:

Dimensioni del Sistema Solare

  • L’estensione complessiva del Sistema Solare è di circa 6 miliardi di chilometri, pari a circa 39 unità astronomiche (UA). Un’UA è la distanza media tra la Terra e il Sole, che corrisponde a circa 150.000.000 km.
  • Tuttavia, i corpi celesti che compongono il Sistema Solare occupano in realtà un volume molto piccolo rispetto alle dimensioni complessive.

Età del Sistema Solare

  • Il Sistema Solare si è formato circa 4,6 miliardi di anni fa da una gigantesca nube di gas e polveri interstellari, nota come nebulosa solare.
  • La teoria più accettata sulla formazione del Sistema Solare prevede che la gravità abbia iniziato a comprimere la materia all’interno della nebulosa, formando una massa centrale che sarebbe poi diventata il Sole. Intorno al Sole, i materiali si sono successivamente aggregati per formare i pianeti, le lune, gli asteroidi e le comete.

Posizione

  • Il Sistema Solare è situato nella Via Lattea, una galassia a spirale.
  • Si trova nel Braccio di Orione, uno dei bracci a spirale della Via Lattea, a circa 27.000 anni luce dal centro galattico.
  • La velocità media del Sistema Solare rispetto al centro della Via Lattea è di circa 828.000 chilometri all’ora.

News da Marte #28: Perseverance Ingenuity

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News da Marte #28: Perseverance Ingenuity

Tempo di lettura: 11 minuti

Bentornati su Marte!

In questo 28esimo appuntamento della rubrica continuiamo a seguire le esplorazioni di Perseverance nel cratere Jezero con tantissime immagini e vari dettagli tecnici. C’è anche qualche nuova fotografia scattata a Ingenuity e uno sviluppo sulla missione dell’elicotterino. Si parte!

Riprendiamo il filo

A fine marzo abbiamo lasciato Perseverance nei pressi della roccia Bunsen Peak da cui aveva estratto pochi giorni prima il carotaggio denominato Comet Geyser, il suo 21esimo campione roccioso nonché 24esimo in totale. Altre due fiale sono state riempite di regolite nell’ottobre 2022 (vedi News da Marte #6) e una contiene dell’atmosfera marziana.
Anche il nome Comet Geyser deriva da un’attrazione del Parco di Yellowstone così come Bunsen Peak fa riferimento all’omonima montagna di 2610 metri all’interno del parco.

News da Marte #28: Perseverance Ingenuity
Bunsen Peak ripresa dalla Left NavCam, Sol 1088. NASA/JPL-Caltech

Gli scienziati guardano con molto interesse a questa roccia. Le analisi svolte sembrano infatti suggerire che il campione Comet Geyser sia composto principalmente da due minerali: carbonato e silice. Entrambi sono materiali con ottime potenzialità per la conservazione delle biosignature, antichi segni di vita batterica, e preservano inoltre le tracce delle condizioni ambientali in cui si sono formati. La scoperta di carbonato in Bunsen Peak offre preziose indicazioni sul passato del cratere Jezero. Questo composto, insieme alla presenza di silice, suggerisce un ambiente in cui acqua, biossido di carbonio e altri elementi chimici hanno reagito con le rocce circostanti, formando questi minerali. L’analisi di tali composti può fornire importanti informazioni sul clima passato e sulla possibilità di vita antica su Marte.

La conservazione di biosignature in carbonato e silice è un fenomeno noto anche sulla Terra, dove queste rocce possono preservare tracce di vita per milioni, se non miliardi, di anni. Alcune delle prove più antiche di vita sulla Terra provengono proprio da rocce contenenti frammenti di cellule microbiche, fossilizzate nel corso del tempo grazie all’azione della silice. Di conseguenza, le rocce contenenti questi minerali sono considerate di vitale importanza per comprendere se Marte abbia mai ospitato vita batterica.

Il rover torna in marcia

Otto giorni dopo le ultime osservazioni su Bunsen Peak Perseverance ha ripreso a muoversi verso ovest senza attraversare l’antico canale sabbioso denominato Neretva Vallis bensì costeggiandolo da sud.

Il Sol 1110 di missione (4 aprile) Perseverance scatta una serie di foto rivolto verso nord con le sue camere zoom.

News da Marte #28: Perseverance Ingenuity
Posizione di Perseverance nel Sol 1110. NASA/JPL-Caltech

Nell’ampia panoramica di 24 immagini inquadra ancora il suo compagno, l’elicottero Ingenuity, svelando nuovi dettagli sul problema fatale occorso a quest’ultimo il 18 gennaio.

News da Marte #28: Perseverance Ingenuity
Panoramica acquisita da Perseverance nel Sol 1110. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

News da Marte #28: Perseverance Ingenuity
Zoom del panorama. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Grazie allo spostamento verso ovest, Perseverance è ora in grado di scorgere il versante nascosto della duna di Valinor Hills (nome dato al luogo dove Ingenuity è atterrato al termine del suo 72esimo e ultimo volo) e nella sabbia scorgiamo le tracce lasciate dall’atterraggio violento dell’elicottero.

Nuovi dettagli svelati dalle foto del Sol 1110. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Grazie all’interpolazione dell’immagine e un potente zoom, sul versante ovest della duna (ovvero a sinistra della foto) si scorgono nitidamente altri segni lasciati da Ingenuity come conseguenza del primo contatto con il terreno.

In qualche modo l’elicottero potrebbe poi essere “rimbalzato” sull’altro versante (le gambe di atterraggio sono connesse al corpo tramite delle lamelle di metallo che fungono da ammortizzatori) toccando nuovamente la sabbia e scivolando leggermente verso est come documentato in altre foto più dettagliate degli scorsi mesi. Vale infine la pena evidenziare che il pezzo dell’elica, quello scagliato a 15 metri di distanza dall’elicottero, ha cambiato posizione rispetto alla foto del 24 febbraio.

Sopra: immagine di Ingenuity scattata il 24 febbraio con il RMI SuperCam, NASA/JPL-Caltech/LANL/CNES/CNRS. Sotto: nuova foto del 4 aprile, NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Nonostante i venti su Marte siano solo delle leggerissime brezze a causa dell’atmosfera rarefatta, questo non dovrebbe sorprenderci del tutto in quanto l’elica pesa solo 18 grammi ed è pur sempre una superficie alare, studiata per reagire in modo efficace ai flussi d’aria.

Verso ovest

Successivamente al prelievo da Bunsen Peak Perseverance ha marciato verso ovest percorrendo in tutto circa 1285 metri in poco più di 50 Sol. Tutto il tragitto è mostrato nelle mappe elaborate dalla NASA e messe a disposizione della community di appassionati. Il marker rosso a destra indica la posizione in cui è stato eseguito il prelievo mentre la posizione di Perseverance (aggiornata al 18 maggio, Sol 1153) è il marker blu a sinistra.

1285 metri in circa 50 Sol non è una gran velocità per il rover, che ci ha abituati a spostamenti giornalieri di svariate centinaia di metri eseguiti grazie alle eccellenti abilità del suo sistema di navigazione autonoma.

Perseverance ha un computer specializzato nell’elaborazione in tempo reale delle immagini acquisite da vari dispositivi fotografici: ci sono le note NavCam, ospitate nella “testa” e quindi in posizione molto rialzata, ma anche le Hazard Avoidance Cameras montate nella parte bassa del rover (quattro anteriori e due posteriori) che osservano il terreno davanti e dietro. Questi input sono analizzati costantemente per mezzo di ricostruzioni stereo così da rilevare eventuali ostacoli e stimarne la pericolosità. Lo scopo finale è elaborare autonomamente il percorso per giungere nella destinazione programmata schivando grandi rocce o trappole di sabbia.

Questo software ha dimostrato nel tempo di lavorare incredibilmente bene ma la sua efficienza dipende dalle asperità del terreno affrontato, e andando a indagare nel dettaglio del percorso fedelmente riportato nella mappa scopriamo alcune occasioni in cui Perseverance sembra aver rinunciato ad andare avanti in attesa di istruzioni specifiche da parte dei tecnici.

Sono situazioni in cui appare che il rover abbia iniziato a girare in tondo, sia tornato indietro, abbia sterzato completamente per cercare una strada differente oppure, più semplicemente, si sia mosso di soli pochi metri. Lo vediamo qui in alcuni esempi che sono delle ottime scuse per ammirare paesaggi marziani mozzafiato: a causa di queste tappe forzate c’è stato il tempo per acquisire numerosi mosaici fotografici.

Sol 1106

Questo Sol il rover si è trovato di fronte a un’area disseminata di rocce che è stata probabilmente giudicata troppo pericolosa da attraversare. L’intervento dei piloti da Terra ha risolto l’impasse programmando una leggera deviazione verso destra per poi proseguire in direzione ovest.

Posizione nel Sol 1106

Sol 1106. NASA/JPL-Caltech/Piras

Sol 1107. NASA/JPL-Caltech/Piras

Sol 1108

In questo giorno Perseverance tenta alcune volte di avanzare, torna indietro e infine si arrende. Vediamo questa lotta nelle tracce lasciate sulla sabbia.

Posizione nel Sol 1108

NavCam, Sol 1108. NASA/JPL-Caltech/Piras

Visuale posteriore delle Rear HazCam, Sol 1108. NASA/JPL-Caltech/Piras

Mosaico della Right MastCamZ, Sol 1110. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Mosaico della Left MastCamZ, Sol 1115. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Mosaico della Right MastCamZ, Sol 1118. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Mosaico della Left MastCamZ, Sol 1119. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Sol 1122

Parecchie difficoltà per il rover che nell’arco di 10 Sol deve fare delle acrobazie per uscire da un terreno che presenta la doppia insidia di sabbia e rocce appuntite.

Tre marker point indicano le posizioni nei Sol 1122, 1129 e 1131

NavCam, Sol 1123. NASA/JPL-Caltech/Piras

NavCam, Sol 1124. NASA/JPL-Caltech/Piras

NavCam, Sol 1124. NASA/JPL-Caltech/Piras

NavCam, Sol 1129. NASA/JPL-Caltech/Piras

NavCam, Sol 1131. NASA/JPL-Caltech/Piras

Sol 1138

Un’altra piccola complicazione per Perseverance che si trova di fronte ad altre rocce insidiose e non sa come procedere. Da questo punto il rover gode di una incredibile visuale verso nord della sabbiosa Neretva Vallis, il letto prosciugato del fiume che scorreva qui miliardi di anni fa.

Posizione nel Sol 1138

Left NavCam rivolta a nord, Sol 1138. NASA/JPL-Caltech/Piras

Mosaico della Right MastCam-Z puntata verso sud, Sol 1139. La differente tonalità delle rocce in alto è dovuta a differenze di esposizione nelle foto originali. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

Da questa posizione c’è anche una piccola sorpresa fotografica. Il 3 maggio i tecnici programmano il rover per puntare ancora una volta il piccolo telescopio della RMI SuperCam in direzione di Ingenuity, distante da qui circa 510 metri.

Ingenuity fotografato di nuovo dalla SuperCam, Sol 1139. Immagine bilanciata e interpolata. NASA/JPL-Caltech/ LANL/CNES/CNRS/Piras

Cambia ancora una volta la prospettiva dalla quale il rover può osservare l’elicottero che inizia ora a essere nascosto dalla duna. Ben evidenti le quattro impronte delle gambe di atterraggio e più in basso si scorge anche l’elica danneggiata.

Ritaglio dell’immagine. NASA/JPL-Caltech/ LANL/CNES/CNRS/Piras

Inoltre è possibile che, durante i giorni in cui ha costeggiato Neretva Vallis, Perseverance sia comparso dentro il campo inquadrato della camera RTE a colori di Ingenuity, che potrebbe così averlo immortalato a sua volta. Infatti questa regione risulta nell’angolo superiore destro della visuale dell’elicottero.

Uno degli ultimi scatti a colori ricevuti da Ingenuity, eseguito nel Sol 1065 (18 febbraio). NASA/JPL-Caltech/Piras

Ritaglio dell’immagine

Ma questo vuol dire che Ingenuity è ancora in funzione? Ve lo racconto dopo…

Tornando al lungo spostamento del rover, un’immagine del Sol 1145 (e così nel frattempo siamo arrivati al 10 maggio) trasmette efficacemente l’idea delle condizioni in cui Perseverance sta operando, e la marcata inclinazione dell’orizzonte ci ricorda che il terreno qui è in discesa verso la valle a nord.

Left NavCam, Sol 1145. NASA/JPL-Caltech/Piras

Dopo il lungo viaggio, qualcosa sotto i denti

È il Sol 1150 (15 maggio) quando Perseverance raggiunge la posizione finale mostrata nella mappa all’inizio di queste cronache. Davanti a lui le NavCam mostrano una piana sabbiosa costellata di piccole rocce affioranti.

Sol 1050, dopo tanti giorni il rover è di nuovo impegnato in scienza di contatto. Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras

La piccola roccia che spunta di poco dal centro dell’area sabbiosa di fronte al rover è quella che, per ragioni ancora non chiarite dei canali di divulgazione NASA, ha attirato le attenzioni dei geologi. Il flusso di azioni si attiva rapidamente, e già all’indomani del suo arrivo Perseverance è in azione.

Si parte con le osservazioni ravvicinate tramite la camera WATSON condotte alle ore 13:15 locali.

Osservazione con la camera WATSON, Sol 1051. NASA/JPL-Caltech

Il braccio robotico è fotografato dal basso mentre indaga la roccia con la camera macro WATSON. Sol 1051. NASA/JPL-Caltech/Piras

Pochi minuti dopo, alle 13:24, Perseverance è già pronto a intaccare la roccia. Sul trapano è installata una delle note frese e nell’arco di 18 minuti l’operazione viene portata a termine, documentata nel video realizzato con una delle HazCam frontali.

Avvio dell’operazione di fresatura catturato dalla Front Left HazCam, Sol 1051. NASA/JPL-Caltech/Piras

Le successive osservazioni con WATSON vengono eseguite immediatamente per evitare che della polvere, soffiata dal vento, vada a coprire l’area appena raschiata compromettendo parzialmente la qualità dei rilievi. Un’immagine aggiuntiva viene poi acquisita dopo il tramonto del Sole, in luce artificiale, impiegando i led UV della camera per evidenziare potenziali effetti di fluorescenza da parte dei minerali inclusi nella roccia.

NASA/JPL-Caltech

NASA/JPL-Caltech

Osservazione notturna con illuminazione artificiale. NASA/JPL-Caltech

Staremo a vedere se i risultati delle osservazioni saranno rilevanti e se spingeranno i tecnici NASA a prelevare un nuovo campione, o se questa sosta era solo una rapida tappa intermedia per valutare cambiamenti geologici lungo il percorso. Il rover è attualmente diretto verso il confine ovest dell’Unità Marginale, in una località denominata Bright Angel. Questa regione è ritenuta di grande interesse scientifico e rappresenterà il primo contatto con le rocce molto antiche che costituiscono il bordo del cratere Jezero.

Un aggiornamento sulla camera SHERLOC-ACI

Vi ricordate dei problemi con il tappo della camera SHERLOC? Ne abbiamo parlato qui e qui.

Una breve novità riguarda il fatto che i tecnici potrebbero aver fatto un importante passo avanti, almeno da quello che si può vedere nelle immagini grezze. Infatti nel Sol 1047 è stato eseguito un test inquadrando uno dei target di calibrazione della camera. Nel corso del test è stata fatta variare la distanza di messa a fuoco. 23 immagini individuali hanno scandito questa verifica, durata complessivamente 50 minuti, e ce le possiamo gustare in sequenza in questo video.

 

L’ultimo incarico di Ingenuity

Il 16 aprile il Deep Space Network della NASA ha ricevuto l’ultima comunicazione da parte di Ingenuity, ma questo non significa che l’elicottero sarà spento per sempre. Il giorno precedente era stato caricato un aggiornamento software ed è iniziata per lui una lunga seconda vita come stazione permanente marziana.

Da adesso Ingenuity si risveglierà una volta al giorno. Attiverà i computer di volo, rileverà informazioni sulla carica delle batterie, acquisirà le temperature da sensori dislocati in vari punti del suo hardware e scatterà anche una foto a colori. Tutto questo ogni singolo giorno marziano, finché sarà nelle condizioni di farlo.
Scienziati e ingegneri del JPL ritengono che questo tipo di raccolta dati gioverà ai progettisti di velivoli e veicoli del futuro, e darà un’inedita prospettiva di lungo termine allo studio del meteo e dei movimenti della sabbia marziana. Con l’attuale spazio di memoria disponibile, si stima che Ingenuity potrà raccogliere informazioni potenzialmente per 20 anni.

E se la sua elettronica dovesse smettere di funzionare o i pannelli non produrranno più abbastanza energia, i dati non andranno persi ma resteranno al sicuro. In futuro, quando magari Valinor Hills sarà visitata di nuovo da un rover, un velivolo o persino degli astronauti, il testamento scientifico di Ingenuity sarà recuperato. Anche con un’ala rotta, questo incredibile elicottero continuerà a studiare Marte per noi.

Sorrisi, commozione e anche qualche lacrima: è la festa di saluto a Ingenuity in occasione della ricezione della sua trasmissione finale. NASA/JPL-Caltech

Anche per questo aggiornamento da Marte è tutto, alla prossima!

Hubble e NGC4753 Polvere lenticolare in dettaglio

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hubble ngc 4753
Crediti: NASA/ESA

Tempo di lettura: 2 minuti

Hubble cattura veli di polvere che avvolgono NGC4753

In questa nuova immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA c’è una vista quasi di taglio della galassia lenticolare NGC 4753 che ha una forma ellittica e bracci a spirale non ben definiti.

NGC 4753 si trova a circa 60 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Vergine e fu scoperta per la prima volta dall’astronomo William Herschel nel 1784. È un membro del gruppo di galassie NGC 4753 all’interno della nube della Vergine II, che comprende circa 100 galassie e ammassi di galassie.

Si ritiene che questa galassia sia il risultato di una fusione galattica con una galassia nana vicina avvenuta circa 1,3 miliardi di anni fa e che le strisce di polvere attorno al nucleo siano state accumulate durante evento di fusione. 

L’ipotesi dominante è che la maggior parte della massa della galassia si trovi in ​​un alone sferico leggermente appiattito di materia oscura. La materia oscura è una forma di materia che attualmente non può essere osservata direttamente, ma si ritiene che comprenda circa l’85% di tutta la materia nell’Universo. Viene definito “oscura” perché non sembra interagire con il campo elettromagnetico e quindi non sembra emettere, riflettere o rifrangere la luce.

Questo oggetto è anche di interesse scientifico per testare diverse teorie sulla formazione delle galassie lenticolari dato l’ambiente a bassa densità in cui si trova e la struttura complessa. Inoltre, questa galassia ha ospitato due supernovae di tipo Ia conosciute.

Il Telescopio Spaziale Hubble

Da oltre tre decenni, il Telescopio Spaziale Hubble (HST) ha servito come uno degli strumenti più significativi per l’astronomia moderna. Lanciato il 24 aprile 1990, Hubble ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo, fornendo immagini senza precedenti di galassie lontane, nebulose e stelle.

Perché un Telescopio nello Spazio?

La Terra è avvolta da un’atmosfera che, sebbene vitale per la vita, distorce la luce proveniente dallo spazio. Questo fenomeno, noto come distorsione atmosferica, ha limitato la capacità degli astronomi di osservare l’universo con chiarezza. Hubble è stato posizionato oltre questa barriera, a circa 550 km di altitudine, dove può osservare l’universo nelle lunghezze d’onda dell’ultravioletto, della luce visibile e dell’infrarosso vicino1.

Innovazioni e Scoperte

Con uno specchio primario di 2,4 metri di diametro, Hubble ha una precisione di puntamento tale da poter colpire una monetina a 320 km di distanza con un laser. Questa precisione ha permesso di osservare dettagli finora inaccessibili.

Tra le scoperte più significative di Hubble ci sono:

  • La determinazione dell’età dell’universo, stimata in circa 13,8 miliardi di anni.
  • L’osservazione di galassie in formazione nei primi anni dell’universo.
  • La scoperta dell’espansione accelerata dell’universo, che ha portato alla teoria dell’energia oscura.

La Storia di Hubble

Il concetto di un telescopio spaziale fu proposto per la prima volta nel 1923 dal fisico tedesco Hermann Oberth e sviluppato successivamente dall’astrofisico americano Lyman Spitzer nel 1946. Dopo decenni di sviluppo e collaborazione tra la NASA e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), Hubble è diventato realtà.

Per approfondimenti

Hubble e Webb (HST e JWST), 2 geni a confronto

 

Comprendere la Meccanica Quantistica

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meccanica quantistica

Tempo di lettura: 9 minuti

Se la meccanica quantistica richiede che ci sia sempre un osservatore, chi osserva l’universo?

Sempre più spesso si vedono titoli di articoli divulgativi che dichiarano che la meccanica quantistica ha dimostrato che la realtà oggettiva non esiste, e che invece sono gli osservatori che creano ciò che osservano. Quindi la Luna non c’è se non la osserva nessuno e l’albero che cade nella foresta non fa rumore.  Sicuramente affascinante. Ma è vero?

[..]

L’elettrone è onda o particella?

esperimenti meccanica quantistica
Figura1: esperimento delle due fenditure per particelle.

meccanica quantistica esperimento
Figura 2: esperimento delle due fenditure per onde.

Il motivo per cui viene insegnato che la meccanica quantistica non può essere d’aiuto nel capire il mondo è che sembrano esserci degli esperimenti in cui, nel momento in cui tentiamo di descrivere cosa succede in essi dal punto di vista microscopico, ci troviamo in contraddizione. L’esempio più famoso di tutti è probabilmente l’esperimento delle due fenditure. Immaginiamo una sorgente che genera elettroni, una specie di cannone elettronico che spara, uno alla volta, questi elettroni verso un pannello su cui ci sono due fenditure (figura 1 e 2).

 

Se l’elettrone finisce sul pannello viene assorbito, mentre se passa attraverso una delle fenditure viene rilevato da uno schermo poco distante, che, per esempio mostra un puntino blu. Che cosa dovremmo aspettarci se il cannone elettronico spara, sempre uno alla volta, molti elettroni? Come appare l’immagine fatta dalla combinazione dei puntini blu, corrispondenti agli elettroni arrivati sullo schermo? Siccome si pensa che gli elettroni siano particelle, dovremmo vedere sullo schermo un’immagine con una alta densità di puntini in corrispondenza delle due fenditure: l’elettrone passa o in una o nell’altra fenditura, altrimenti viene bloccato dal pannello, e quindi i puntini blu si ammasseranno in corrispondenza a dove sono passati gli elettroni. Invece quello che si osserva è una figura di interferenza, fatta di un alternarsi di zone ad alte e basse densità di puntini blu, e con la zona a densità più alta corrispondente alla porzione di schermo in mezzo alle due fenditure.

Tale figura è tipicamente generata da onde: l’onda incidente viene “sdoppiata” dalle fenditure, che quindi generano due onde secondarie che poi interagiscono, interferendo tra di loro. Come spiegare quindi la figura di interferenza, se si hanno particelle? Abbiamo forse sbagliato nel considerare gli elettroni come particelle? Sono invece onde? Non è così immediato sciogliere il dilemma, perché altri esperimenti, come quelli dei rivelatori usati nei moderni acceleratori, mostrano che gli elettroni lasciano tracce continue, e quindi hanno traiettorie, cosa che invece le onde, essendo intrinsecamente delocalizzate, non hanno. Quindi gli elettroni sono onde o particelle? La risposta che si trova nei libri è: sono entrambi; a volte si comportano come onde, a volte come particelle. E se si cerca di trovare da che parte è passato l’elettrone, per esempio mettendo un rivelatore su una delle due fenditure cosicché si possa stabilire se è passato di lì, lo si “forza” a diventare particella, perché la figura d’interferenza scompare. La situazione è pazzesca. Nonostante questo, si legge nei libri che esiste un teorema, provato dal famoso fisico ungherese John von Neumann, uno dei padri fondatori della meccanica quantistica, che ha mostrato come non si possa far meglio di così: nessuna teoria quantistica può fornire una descrizione della realtà più esauriente di questa.

La realtà viene creata dall’osservatore

Ma non è finita: di conseguenza a quanto appena visto spesso si legge anche che la realtà viene creata dall’osservatore. Infatti, la meccanica quantistica ha due equazioni fondamentali che descrivono l’evoluzione temporale di un oggetto chiamato funzione d’onda. La prima, che va sotto il nome di equazione di Schrödinger (dal fisico austriaco Erwin Schrödinger, che la propose),

meccanica quantistica equazione di Schrödinger
equazione di Schrödinger

è valida solo fintantoché non viene fatta una misura. Tale equazione descrive come una generica onda si comporterebbe anche classicamente (con qualche differenza essenziale, discussa in seguito). In particolare, come deve essere per le onde, qualsiasi somma di soluzioni, detta anche sovrapposizione, è ancora soluzione dell’equazione di Schrödinger.
Descrive quindi un possibile modo in cui può essere il mondo. Oltre all’equazione di Schrödinger però abbiamo bisogno anche di qualcosa d’altro. Infatti, prendiamo il nostro cannone elettronico, che però questa volta produce un elettrone la cui funzione d’onda è la sovrapposizione di un elettrone diretto verso destra e uno verso sinistra. Per mezzo di uno schermo sferico che ci dice dove è finito l’elettrone, siccome la funzione d’onda è in sovrapposizione, dovremmo vedere una sovrapposizione di puntini blu: uno a destra e uno a sinistra. Ma questo è assurdo, è una contraddizione logica: l’elettrone non può logicamente essere “a destra” e “non a destra” allo stesso momento! Ed infatti è così, tali sovrapposizioni macroscopiche non vengo mai osservate: l’elettrone è rilevato o a destra oppure a sinistra (non a destra). Questo viene spiegato dicendo che tutte le volte che si fa una misura, l’equazione di Schrödinger cessa di valere e subentra una seconda equazione di evoluzione, chiamata “collasso” o “riduzione” di von Neumann (il quale si accorse che era necessario). Tale “collasso” cancella in maniera casuale ed istantanea tutti i termini della sovrapposizione tranne uno, cioè quello effettivamente osservato. Il collasso garantisce che le previsioni della teoria siano in accordo con i dati sperimentali attraverso quella che si chiama regola di Born, che descrive la probabilità di trovare un dato risultato a seguito di un dato esperimento.

Se ci si ferma un attimo a pensare si vede subito che non tutti i misteri sono scomparsi, tutt’altro: cosa vuol dire che l’atto di fare una misura cambia l’equazione di evoluzione? Fare una misura non è un processo fisico come gli altri? Forse quello che fa la differenza non è la misura ma la presenza di un misuratore? Cioè, forse quello che succede è che sono io, in qualità di essere cosciente, che nel guardare la sovrapposizione prodotta dall’equazione di Schrödinger, la “riduco” a uno dei suoi termini? Quindi forse è la mia coscienza che cambia la realtà microscopica solo perché la guardo?

 

Tipicamente viene replicato appellandosi al teorema di von Neumann: “secondo la teoria l’osservatore crea la realtà guardandola; sarà strano non possiamo fare di meglio, quindi mettiti il cuore in pace e torna a lavorare.

In effetti, questo è quello che è storicamente accaduto: tutti hanno gettato la spugna e accettato di “star zitti e fare i conti”, per usare una citazione del fisico americano David Mermin.

Gli Astrofisici alle prese con il dogma della Meccanica Quantistica

Questo atteggiamento non creò problemi essenzialmente a nessuno, eccetto che agli astrofisici, i quali si trovano nell’imbarazzante posizione di non avere alcun osservatore a cui appellarsi per far collassare la funzione d’onda: chi osserva l’universo? Inoltre, in astrofisica è fondamentale considerare, oltre alla meccanica quantistica, l’altra importante teoria sviluppata nel secolo scorso. Sto pensando alla relatività generale di Einstein, che descrive la struttura della spazio-tempo ed elimina la forza di gravità di Newton: lo spaziotempo “simula” la forza gravitazionale tramite la sua curvatura sotto il peso della materia. Siccome i suoi effetti sono importanti soprattutto in presenza di entità molto massive, come gli oggetti celesti, la relatività generale non può essere ignorata in astrofisica. Uno dei postulati fondamentali della relatività prescrive che ci sia una velocità, quella della luce, al di là della quale niente può andare, neanche l’interazione tra oggetti: se sento la terra tremare sotto i miei piedi, quello che succede è che le vibrazioni generate da una scossa di terremoto avvenuta pochi secondi fa in qualche zona poco distante mi hanno raggiunto. Questo è uno dei motivi per cui Einstein riteneva che la meccanica quantistica fosse incompleta. Ricordo che tutti i sistemi fisici sono descritti da una funziona d’onda e che le funzioni d’onda possono stare in sovrapposizione di stati. Nel caso di sistemi composti da più elementi, come un sistema composto da due particelle, la funzione d’onda può anche essere “aggrovigliata”(entangled): le due particelle non sono descritte ognuna da una funzione d’onda singola ma hanno una funzione d’onda in comune. Ora consideriamo due particelle che viaggiano in direzione opposta e che sono aggrovigliate. Quello che si può mostrare è che se io misuro una delle due particelle, quindi istantaneamente collasso il suo stato, dato che le due sono in uno stato aggrovigliato allora collasso anche lo stato dell’altra particella, indipendentemente da quanto questa sia lontana. In altre parole, la mia influenza su una particella (la misura che ho effettuato su di essa, “collassandola”) ha influenzato istantaneamente anche quell’altra, che potrebbe essere su Alfa Centauri. Questo vuol dire che il collasso agisce a velocità maggiore della velocità della luce, contraddicendo la relatività.

La teoria dei Molti Mondi

A partire dagli anni ’60 alcuni astrofisici che lavoravano nella cosiddetta gravità quantistica, che cerca di unificare le due teorie, tra cui l’americano Bryce de Witt iniziarono a interessarsi a possibilità alternative al collasso, non tanto per la tensione con la relatività ma più che altro perché, più semplicemente, non è possibile in questo contesto appellarsi ad un osservatore che “collassi” tutto, come accennato prima. Si accorsero (o riscoprirono) dell’esistenza di pochi “valorosi” che avevano resistito al dogma sin dagli anni ‘20, e che avevano proposto teorie alternative al collasso di von Neumann. In primis, fu riscoperta e pubblicizzata la teoria proposta dallo studente americano Hugh Everett III nella sua tesi di dottorato, presumibilmente perché non richiede nessuna modifica del formalismo quantistico. L’idea di Everett è che non ci sia nessun collasso e che la funzione d’onda evolva sempre secondo l’equazione di Schrödinger, a patto che però si interpreti la funzione d’onda a dovere. Secondo la versione di Everett preferita da de Witt, che va sotto il nome di teoria dei molti mondi, i singoli termini della sovrapposizione della funzione d’onda vanno interpretati come appartenenti a mondi diversi, che non interagiscono tra loro e che quindi per definizione non sono osservabili.

Quindi, una sola equazione, lineare e deterministica, nessun osservatore privilegiato, nessun collasso istantaneo. Bene, ma non benissimo: secondo questa teoria ci sono infiniti mondi non osservabili che continuano a formarsi ogni volta che si ha una sovrapposizione. Ogni volta che osserviamo qualcosa che è in sovrapposizione, ci sdoppiamo in infinite copie, ognuna in un universo diverso che non incontreremo mai. È davvero credibile? Questa sembra fantascienza, non scienza. Davvero non c’è nulla di meno convoluto?

Teoria dell’onda pilota

meccanica quantistica traiettorie teoriche
Figura 3: Traiettorie teoriche delle particelle all’uscita delle due fenditure (figura 3 in Philippidis, C., C. Dewdney, and B.J. Hiley, 1979, “Quantum Interference and the Quantum Potential”, Il Nuovo Cimento B, 52(1): 15–28; adattata daGernot Bauer).

Potrete immaginare la mia grande sorpresa quando scoprii che esiste una teoria senza collasso, senza osservatore, senza molti mondi, ed esiste dal 1923 quando il francese Louis de Broglie, anche lui studente di dottorato, ne gettò le basi, e che nel 1951 fu riscoperta e completata dal fisico americano David Bohm. La teoria è molto semplice: ci sono particelle puntiformi il cui movimento è governato da una legge, chiamata equazione di guida, in cui appare la funzione d’onda descritta dall’equazione di Schrödinger. Tale legge ha come soluzione delle traiettorie

traiettorie misurate meccanica quantistica
Figura 4:Traiettoriemisurate con la tecnica del ‘weak measurement’ (tratto da Kocsis, S., B. Braverman, S. Ravets, M.J. Stevens, K.L. Shalm, and A.M. Steinberg, 2011, “Observing the average trajectories of single photons in a two-slit interferometer”, Science 332, 1170-1173).

altamente non classiche, tanto da spiegare l’esperimento delle due fenditure senza misteri (figura 3). Infatti, mentre classicamente ci si aspetta di vedere oggetti che vanno dritti se non c’è nulla che li disturba, questo non è vero nel caso della teoria in questione: le particelle hanno traiettorie tortuosissime, veramente strane, secondo gli standard classici, ma che recentemente sono anche state osservate sperimentalmente (figura 4). Che si potrebbe chiedere di meglio?

Questa teoria viene chiamata teoria dell’onda pilota perché la funzione d’onda è ancora presente nel formalismo della teoria. Altri nomi per questa teoria sono: teoria di de Broglie-Bohm o meccanica Bohmiana. Mille domande sorgono spontanee, la prima delle quale potrebbe essere: “ma se era così semplice, perché la teoria dell’onda pilota non viene insegnata nei corsi di fisica al posto della meccanica quantistica? Ci deve essere qualche cosa di sbagliato, per forza. Sì, deve essere così: non hai mica detto prima che von Neumann ha provato un teorema che stabilisce che fare meglio della meccanica quantistica è impossibile? Quindi questa teoria non può essere giusta.”

La teoria del collasso spontaneo

Un’altra possibile alternativa alla meccanica quantistica di cui non ho ancora parlato è la teoria del collasso spontaneo, proposta dai fisici italiani GianCarlo Ghirardi, Tullio Weber e Alberto Rimini nel 1986, e quindi chiamata teoria GRW, dalle iniziali dei loro nomi. In questa teoria l’equazione di Schrödinger e il collasso vengono sostituite da un’unica equazione non lineare e stocastica. In tale teoria le sovrapposizioni collassano da sole, perché l’equazione non è più lineare. Inoltre, mentre nella teoria dell’onda pilota la materia è fatta da particelle, nella teoria del collasso spontaneo la natura delle cose sembra essere ondulatoria, descritta dalla funzione d’onda. Questo però è implausibile: infatti, come fatto notare immediatamente da de Broglie, Schrödinger e Einstein (loro lo dissero nel contesto della meccanica quantistica, dove si potrebbe affermare la stessa cosa, non in quello della teoria del collasso spontaneo che ai loro tempi ancora non esisteva), matematicamente la funzione d’onda non oscilla nello spazio fisico (tridimensionale) ma è definita in uno spazio astratto ad altissime dimensioni.

Conclusione sulla Meccanica Quantistica

A questo punto, non ho risposte certe; ho solo domande. Ma a naso, se fosse davvero necessario abbandonare l’idea stessa di interazione per salvare la struttura spaziotemporale relativistica […] preferisco sacrificare la relatività per una teoria quantistica deterministica. Il che non significa diminuire la grandezza di Einstein: dopo tutto anche la meccanica classica non è strettamente vera, ma nessuno pensa che Newton non sia stato un gigante della fisica!

Nota sull’articolo

L’articolo è un estratto del contributo di Valia Allori pubblicato in Coelum Astronomia 261. Per ragioni di spazio ed anche di lettura sono stati esclusi alcuni passaggi che possono tuttavia aiutare ulteriormente a seguire il ragionamento.

Ci mancava solo l’equazione dell’amore.

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equazione dell'amore equazione di dirac

Tempo di lettura: 4 minuti

o (forse) Equazione di Dirac

Lei disse: “Dimmi qualcosa di bello!”. Lui rispose:

(δ + m) ψ = 0

È l’equazione di Dirac (…). Grazie ad essa si descrive il fenomeno dell’entanglement quantistico. Il principio afferma che: “Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati (…) in qualche modo diventano un unico sistema (…) quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l’altro, anche se distanti chilometri o anni luce”. Se due persone entrano in relazione e si instaura tra di loro, nel tempo, un rapporto di amicizia o di amore e poi vengono separate, esse non possono essere definite come due soggetti differenti ma, in qualche modo, ne diventano uno solo (e questa dovrebbe essere l’equazione dell’amore..)

Questo è quello che si legge in rete su tanti siti che parlano dell’equazione di Dirac. In un incredibile copia/incolla mondiale, questa serie di frasi, che in realtà nulla hanno a che vedere con l’equazione di Dirac, sta spopolando. E poi c’è anche chi, credendo di aver visto la Luce, si fa addirittura tatuare “l’equazione dell’amore” addosso, a volte giusta, ma molto spesso perfino sbagliata.

Che – voglio dire – almeno informati, no? È come se uno che dicesse di amare Dante e la Divina Commedia alla follia si facesse tatuare sul braccio: “Durante il cammin di nostra vita…”;

A parte che non si capisce come mai l’entanglement fra due persone che all’inizio si sono amate ma poi si sono lasciate debba manifestarsi necessariamente solo con l’amore eterno e la bontà, e non eventualmente anche con le corna e i lanci di piatti, la cosa buffa è che l’equazione di Dirac non ha proprio nulla a che vedere con l’entanglement quantistico, né, tantomeno, con l’amore! Essa descrive infatti il comportamento di una (singola!) particella di spin ½ (ad esempio l’elettrone) tenendo conto della Relatività Ristretta. L’entanglement, invece, è un fenomeno quantistico che implica più particelle coinvolte simultaneamente, e con l’equazione di Dirac, che descrive appunto il comportamento di un singolo elettrone, non ha proprio niente a che fare.

Come però sempre succede, se si vuole cercare la meraviglia nelle conquiste della Scienza, non c’è proprio bisogno di inventarsi cose che non esistono, perché possiamo ricavare stupore e fascino in abbondanza già da ciò che la Scienza ci racconta.

L’equazione di Dirac permise infatti la previsione teorica del positrone, l’antiparticella dell’elettrone, particella di uguale massa ma con proprietà – chiamiamole – opposte, tra cui ad esempio la carica elettrica. L’esistenza delle antiparticelle è infatti insita nelle soluzioni dell’equazione stessa. La verifica sperimentale arrivò poco dopo, nel 1932, quando nei raggi cosmici fu osservata una particella di caratteristiche uguali a quelle dell’elettrone, ma che curvava in direzione opposta in presenza di un campo magnetico. L’antimateria, di cui altrimenti non si conosceva né si immaginava l’esistenza, è stata prevista a tavolino in base alle soluzioni matematiche di un’equazione.

Chi è Dirac

Dirac, uno dei più grandi fisici teorici di tutti i tempi, fu per questo insignito del premio Nobel nel 1933. Le particelle di antimateria, sebbene appaiano misteriose nell’immaginario collettivo, sono oggi comunemente prodotte negli esperimenti agli acceleratori di particelle, e vengono perfino usate in medicina, in tecniche diagnostiche come la PET, Positron Emission Tomography.

E la domanda che gli scienziati si pongono, oggi, non è perché esiste l’antimateria, ma perché ce n’è così poca! Infatti le leggi della Natura funzionano esattamente allo stesso modo per materia e antimateria. Non fanno praticamente nessuna differenza, e tutto ciò che può avvenire per la materia, può avvenire anche per l’antimateria. Un mondo fatto di antimateria sarebbe identico al nostro mondo che per convenzione definiamo fatto di materia. I bicchieri cadrebbero allo stesso modo quando ci sfuggono di mano, il Sole fatto di antimateria ci scalderebbe allo stesso modo. Tutto sarebbe uguale.

Antimateria fatta in casa oltre che Equazione dell’Amore

Quasi tutto, in realtà. Soltanto in una ristretta categoria di fenomeni, confinato nell’ambito delle interazioni nucleari deboli, materia e antimateria si comportano in modo leggermente diverso. Una differenza però troppo esigua per spiegare come mai l’Universo ci appaia fatto solo di quella che per convenzione chiamiamo materia, e non ci sia traccia di antimateria, se non in una ristrettissima classe di fenomeni. E su questo la fisica delle particelle sta indagando tramite esperimenti dedicati.

Tuttavia, nonostante la presenza dell’antimateria sul palcoscenico del Mondo sia relegata a fenomeni molto particolari e tutto sommato rari, tutti noi abbiamo in realtà inconsapevolmente maneggiato una sorgente di antimateria senza rendercene conto: una banana. Ebbene sì, una comunissima banana emette particelle di antimateria.

equazione di dirac equazione dell'amore

La banana contiene infatti Potassio, e l’isotopo 40 di questo elemento è instabile e decade radioattivamente. Nella maggioranza dei casi il Potassio 40 decade trasformandosi in un nucleo di Calcio, con l’emissione di un elettrone. Si chiama, in gergo, decadimento Beta. Tuttavia, nell’ambito dei possibili decadimenti del Potassio 40, una piccola frazione, appena lo 0.001%, avviene emettendo positroni, le antiparticelle degli elettroni. Mediamente ogni 75 minuti una banana emette un positrone, una particella di antimateria.

banana positrone equazione di dirac equazione dell'amore

Una ventina di positroni ogni giorno. Da oggi, ne sono certo, guarderemo con occhi divers

 

i il cesto di frutta che abbiamo in cucina! Lo credevamo solo una risorsa di vitamine e sali minerali, e invece passa il suo tempo anche a sparare antimateria in giro per la stanza!

Ma non basta. Anche il nostro corpo contiene naturalmente Potassio, e come per le banane, una piccola frazione di esso decade emettendo positroni, per un totale di qualche migliaio al giorno. I positroni che vengono emessi dentro di noi incontrano poi gli elettroni dei nostri atomi, e con essi si annichilano, dando luogo ad altrettanti piccoli lampi di raggi gamma. Tutto questo, grazie all’equazione dell’amore.

Per Approfondire

L’ITALIANO VINCENZO VAGNONI DELL’INFN ALLA GUIDA DELLA COLLABORAZIONE LHCB AL CERN

Nuova teoria post-quantistica della gravità rigetta l’esistenza della materia oscura

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