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ARCHEASTRONOMIA – 4 interventi per 4 autori

Tempo di lettura: 9 minuti

Nel numero 263 appena uscito:

📌ARCHEOLOGIA E ASTRONOMIA: Una relazione complicata di Alberto Cora

📌L’ERA DEGLI DEI: L’astronomia nell’antico Egitto di Marco Sergio Erculiani

📌L’ARCHEOASTRONOMIA IN SICILIA: Introduzione alla scienza che studia gli orientamenti di antichi monumenti di Andrea Orlando

📌L’UOMO E IL TORO di Guido Cossard


1. ARCHEOLOGIA E ASTRONOMIA: Una relazione complicata di Alberto Cora

 

E’ innegabile che tra archeologi e astronomi i rapporti non sono stati sempre semplici né indolori. Come testimonia quello che accadde un paio di secoli fa con l’Archeologia Egizia.

Infatti, nell’800 alcuni scienziati, matematici e astronomi si sentirono in dovere di formulare opinioni e teorie sulla costruzione delle piramidi nella piana di giza e in particolare sulla grande piramide. Opinioni e teorie ristrette al loro campo specifico di ricerca senza l’indispensabile supporto delle conoscenze archeologiche, contribuendo a ingenerare confusione e disinformazione.

Ne nacque una pseudoscienza denominata “piramidologia” in un momento di notevole espansione per l’archeologia egizia, poiché proprio a metà ottocento la curiosità puramente intellettuale che affascinava i cultori dell’egittologia si affermava grazie a Jean-François Champollion che aveva, da qualche decennio, decifrato i geroglifici.

Nel giro di poco tempo un astronomo, Charles Piazzi-Smyth, effettuò quella che fu una vera e propria invasione di campo [fig.1].

Charles Piazzi-Smyth non era né un ciarlatano né un visionario ma un serio stimatissimo studioso di astronomia.

Nato a Napoli dal capitano della Royal Navy William Henry Smyth e sua moglie Annarella fu tenuto a battesimo dal celebre astronomo italiano Giuseppe Piazzi, che il padre aveva conosciuto a Palermo durante il servizio nel Mediterraneo.

Era diventato Astronomo reale di Scozia e professore di astronomia alla reale Accademia di Edimburgo, quando cominciò a interessarsi delle teorie espresse dall’amico John Taylor.

John Taylor ipotizzava straordinarie conoscenze astronomiche e matematiche da parte dei costruttori della grande piramide; si diceva convinto che un monumento tanto perfetto nelle linee e nelle dimensioni (la piramide di Cheope), orientato in modo così preciso sui quattro punti cardinali, non poteva essere opera umana.

Probabilmente la sua opera sarebbe rimasta semisconosciuta, limitata ai soli ambienti colti dove si era diffusa, se non fosse stato per Charles Piazzi-Smyth che ne abbracciò le teorie, le elaborò e le sviluppò nel suo libro “Our inheritance in the Great Pyramids” [fig.2].

Nel quale sosteneva che la grande piramide non poteva essere opera degli egizi a causa de […] la loro inveterata tendenza all’idolatria, al culto degli animali, all’affermazione di sé, al vanto cainita di se stessi […] ma dei loro antagonisti.

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2. L’ERA DEGLI DEI: L’astronomia nell’antico Egitto di Marco Sergio Erculiani

L’antico Egitto è sempre stato ammantato di mistero ed esercita un fascino costante ma è necessario fare chiarezza fra storia e mito, anche se spesso si compenetrano l’un l’altro, e tener fede alle fonti per non scivolare nell’abisso della pseudoscienza.

Nel breve articolo a seguire troverete un elenco di curiosità astronomiche-storiche legate alla tradizione egiziana con nessuna pretesa di esaustività. Anzi lo sfida è proprio motivare ad un ricerca più approfondita che non può mancare di stupire visto i numerosissimi spunti che se ne possono già trarre pur rimanendo ad un livello di trattazione superficiale.

L’archeoastronomia è una  disciplina ben definita, come spiegano gli illustri autori degli articoli che troverete in questo numero di COELVM ASTRONOMIA. E’ bene quindi affidarsi ad esperti che possono mostrarci chiaramente la differenza fra la storia e la finzione.

La tradizione del popolo egiziano ci narra di un civiltà straordinaria che teneva in enorme considerazione lo studio degli astri tanto da creare una complessa simbologia collegata sia al culto funerario che alla religione finanche alla struttura sociale. Come spesso accadde per i popoli antichi come celti e Maya, gli astri finirono per ricoprire una posizione privilegiata  nelle singole culture in quanto avevano effetto diretto, attraverso la capacità di scandire il tempo, sulle attività pratiche, come semina e raccolto, su quelle politiche e anche religiose, come le rituali celebrazioni annuali.

Un buon esempio è rappresentato dal frutto di una recente scoperta ad opera di un gruppo di ricercatori del ministero egiziano del turismo e delle antichità di una collezione di rilievi all’interno del tempio di Esna.

Il tempio, noto anche come Tempio di Khnum, è in realtà una parte di un complesso di più templi dedicato all’antico dio egizio Khnum e alle sue consorti Menhit e Nebtu, al loro figlio Heka e alla dea Neith. Risale all’epoca tolemaica nella città egiziana di Esna, che al tempo si chiamava Latopolis [Fig.1].

La particolarità di questo tempio sono le rappresentazioni del cielo al suo interno che raffigurano i segni dello zodiaco, diversi pianeti come Giove, Saturno e Marte, e una serie di stelle e costellazioni utilizzate per misurare il tempo.

Lo strato di sporcizia e fuliggine depositato dal tempo è stato tolto come una pesante coperta di lana da sopra questi capolavori dell’arte egizia, sotto il quale essi hanno riposato per quasi 2000 anni. Secondo Christian Leitz, direttore del Dipartimento di egittologia dell’Università di Tubinga, le rappresentazioni dello zodiaco sono molto rare nei templi egizi. Lo stesso zodiaco, infatti, non è comparso in Egitto fino all’epoca tolemaica, quando furono poi utilizzati per decorare tombe private e sarcofagi. Secondo gli storici, lo zodiaco assunse un ruolo di rilievo, tanto che nei testi astrologici sono stati trovati anche oroscopi incisi su frammenti di ceramica. Nei rilievi sono visibili varie creature, tra cui un serpente con la testa di ariete, un uccello con la testa di coccodrillo, la coda di un serpente e quattro ali, e raffigurazioni di serpenti e coccodrilli [Fig.2] [Fig.3].

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3. L’ARCHEOASTRONOMIA IN SICILIA: Introduzione alla scienza che studia gli orientamenti di antichi monumenti di Andrea Orlando

L’archeoastronomia è la disciplina che studia il rapporto tra uomo, architetture e cielo nell’antichità. Per meglio comprendere le conoscenze ed il pensiero dei nostri antenati vengono studiati gli orientamenti (astronomici e topografici) di antichi edifici (tombe, templi, piramidi, chiese, ecc.).

Oggi abbiamo ormai perso contatto con il cielo, l’inquinamento luminoso e la tecnologia hanno purtroppo spezzato quel forte legame con i cicli celesti che per millenni ha sostenuto diverse attività umane. Ma c’è stato un periodo nella storia dell’uomo in cui l’architettura si ‘ancora astronomicamente’, ovvero il momento in cui le conoscenze astronomiche vengono incorporate negli edifici. Oggi sappiamo che ciò accadde ancor prima della cosiddetta ‘rivoluzione neolitica’, avvenuta circa 7000 anni fa, evento che segnò l’introduzione dell’agricoltura e della pastorizia.

L’archeoastronomia esplora quindi la connessione tra astronomia e vita quotidiana, che era certamente legata agli aspetti pratici, come per esempio la gestione del calendario agricolo, ma anche ad un meccanismo fondamentale delle dinamiche sociali, ovvero la gestione del potere.

In ambiente internazionale ormai da alcuni anni si utilizza anche la parola skyscape, termine che fornisce un taglio netto con l’uso anacronistico della parola “astronomia”  per descrivere forme non-moderne di “osservazione del Cielo”. Il cielo è stato spesso trascurato nel mondo archeologico ma l’etnografia e l’archeoastronomia ci raccontano della sua importanza in tutte le culture.

Tra i padri fondatori della disciplina ricordiamo Sir Norman Lockyer (1836-1920), grande astronomo britannico, fondatore ed editore per oltre 50 anni della ben nota rivista Nature, egli studiò gli orientamenti di numerosi templi antichi, sia in Inghilterra che in Egitto.

Ci sono moltissimi monumenti orientati conosciuti ormai in tutto il mondo, architetture che sono state studiate in maniera molto approfondita negli ultimi 100 anni. Molti di questi monumenti fanno parte del patrimonio dell’Umanità (UNESCO). Tra essi ricordiamo alcuni famosi monumenti preistorici in Europa, ovvero: Newgrange, Stonehenge ed il dolmen de Menga.

Il tumulo di Newgrange in Irlanda [fig.1], costruito intorno al 3.200 a.C., si trova nella Valle del Boyne, a circa 50 km a nord-ovest di Dublino. Questa grande tomba a corridoio è formata da un alto muro perimetrale di pietre in quarzo bianco e scuro. La struttura, con le sue pietre perfettamente incastrate e la copertura di numerosi metri di terra di riporto, presenta al suo interno una camera centrale cruciforme. Al di sopra dello stretto passaggio d’ingresso si trova un’apposita apertura, una piccola finestra che permette ad un raggio di Sole, all’alba del giorno del solstizio d’inverno (tra il 21 ed il 22 dicembre), di illuminare la camera sepolcrale per circa 15 minuti [fig.2]. Per questo breve intervallo di tempo, oggi come 5000 anni fa, la luce illumina l’oscurità, il mondo dei morti viene in contatto con il mondo dei vivi.

In Inghilterra Stonehenge, senza dubbio il più famoso fra tutti i siti megalitici europei (e non solo), è situato in posizione isolata nella piana gessosa e ondulata di Salisbury, nella contea del Wiltshire. Questo straordinario monumento, costruito a più riprese nell’arco di circa 1000 anni (tra il 3000 ed il 2000 a.C. circa), è formato da un fossato con terrapieno che racchiude l’iconico edificio costruito con enormi pietre. Un insieme di grandi rocce chiamate sarsen vanno a formare il grande cerchio esterno, mentre delle pietre più piccole, le bluestones, formano un altro cerchio più interno.

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4. L’UOMO E IL TORO di Guido Cossard

Una quarantina di anni fa, quella dell’archeoastronomo era un’attività molto difficile. Considerati ai margini della scienza, guardati con diffidenza anche da una certa parte del mondo scientifico, spesso confusi con astrologi, sciamani e cartomanti, ci si concentrava su orientamenti astronomici dimostrabili e evidenti al fine di ribadire la fondatezza delle nostre tesi. In quel momento era soprattutto necessario cercare una serie di prove sul campo che dimostrassero l’affidabilità e la rigorosità delle ricerche archeoastronomiche e di conseguenza ci si concentrava sulle misure e sul calcolo.

Oggi per fortuna il problema è superato e non è più messo in discussione il fatto che nell’antichità l’uomo osservasse le stelle e che l’astronomia fosse al centro della sua vita culturale. Ecco allora che l’archeoastronomia è in grado di fare un grande balzo in avanti; in questo momento non basta più cercare orientamenti, tracciare righe sulle carte, misurare altezze e calcolare declinazioni astronomiche: oggi, dando per scontata tutta questa parte, è necessario inserire l’aspetto astronomico nel contesto culturale di riferimento, interpretare non più soltanto le direzioni sul terreno, ma capire perché venivano fatte certe scelte e quali erano le connessioni con la vita sociale, culturale, religiosa e artistica del momento.

In altre parole, è il momento di passare dall’archeoastronomia tradizionale all’astronomia culturale.

Si possono percorrere diverse strade per farlo ma, anche in questo caso, è necessario iniziare a tracciare la via.

Tra le mille possibilità esistenti ne ho scelta una trovo decisamente significativa: quella del rapporto tra l’uomo e il toro, particolarmente indicata per cogliere gli aspetti astronomici della costellazione omonima, con quelli legati al mito, alle tradizioni e al culto. Nel toro, mito, religione e astronomia si fondono in modo così spontaneo che è impossibile capire dove termini uno e dove inizi l’altra.

Il toro non è un animale qualsiasi. A partire dalle ispirate e delicate sue più antiche rappresentazioni, risalenti ad almeno 20.000 anni fa, e tracciate da artisti anonimi sul soffitto della caverna spagnola di Altamira, il toro è sempre stato considerato con particolare riguardo dall’uomo.

Al toro è legata una simbologia profonda e diversificata, espressione di forza, possanza, energia selvaggia e incontrollata, capacità riproduttiva, fertilità come concetto ancora più generale.

In numerose tradizioni, le ampie corna del toro sono assimilate al crescente lunare e di conseguenza l’animale è associato all’astro, come mostrano esplicitamente alcune monete celtiberiche rinvenute a Monte Bego [fig.1].

Secondo alcune religioni l’animale stesso veniva considerato una divinità; in altri casi si riteneva che ne fosse il servitore; nel caso dell’orientale toro Nandi, esso era la cavalcatura di Shiva.

Tra il toro e l’uomo si è sempre stabilito un profondo e complesso rapporto di amicizia, di lotta, di misura reciproca, di confronto e di paura. Solo nei confronti di questo animale si è venuta a determinare una relazione così profonda e universale, tanto che la prima costellazione celeste di cui si hanno riferimenti sicuri e lontanissimi nel tempo è forse quella del Toro.

Alla base della relazione ci deve essere un motivo che, guarda caso, è di natura essenzialmente astronomica.

Fenomeno che non avviene assolutamente in riferimento ad altri animali, inoltre, sono state introdotte delle parole specifiche per indicare precisi processi che riguardano il toro.

Il termine taurocatapsia, letteralmente, significa il salto del toro. Il rito è di origine minoica: la più bella rappresentazione artistica di un atleta che sfida il toro, saltandolo, è un affresco ritrovato nel palazzo di Cnosso, che potrebbe risalire addirittura al 1700 avanti Cristo [fig.2].

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Ben 20 pagine di Archeastronomia su COELUM ASTRONOMIA N°263 IV BIMESTRE.