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Mappata la temperatura superficiale di un pianeta a 280 anni luce

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Il concept di questo artista mostra come potrebbe apparire l'esopianeta gigante gassoso WASP-43 b. Crediti: NASA, ESA, CSA, Ralf Crawford (STScI)
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Il gigante gassoso WASP-43b sotto l’occhio del JWST per indagarne temperatura e rotazione

Un team internazionale di ricercatori ha utilizzato con successo il telescopio spaziale James Webb della NASA per mappare il meteo sull’esopianeta gigante gassoso WASP-43b.

Misurazioni precise della luminosità su un ampio spettro di luce nel medio infrarosso, combinate con modelli climatici 3D e precedenti osservazioni di altri telescopi, suggeriscono la presenza di nuvole spesse e alte che coprono il lato notturno, cieli sereni sul lato diurno e venti equatoriali fino a 5.000 miglia. all’ora che mescolano i gas atmosferici in tutto il pianeta.

WASP-43 b è un esopianeta di tipo “Gioviano caldo”: di dimensioni simili a Giove, composto principalmente da idrogeno ed elio e molto più caldo di qualsiasi pianeta gigante del nostro Sistema Solare. Sebbene la sua stella sia più piccola e più fredda del Sole, WASP-43 b orbita a una distanza di appena 2,1 milioni di km, meno di 1/25 della distanza tra Mercurio e il Sole.

Con un’orbita così stretta, il pianeta è bloccato in base alle maree, con un lato continuamente illuminato e l’altro nell’oscurità permanente. Sebbene il lato notturno non riceva mai alcuna radiazione diretta dalla stella, i forti venti provenienti da est trasportano il calore dal lato diurno.

Dalla sua scoperta nel 2011, WASP-43 b è stato osservato con numerosi telescopi, tra cui l’Hubble della NASA e i telescopi spaziali Spitzer, ora in pensione.

I dati provenienti dallo strumento per il medio infrarosso del telescopio Webb della NASA mostrano il cambiamento della luminosità del sistema stellare e planetario WASP-43. Il sistema appare più luminoso quando il lato caldo del pianeta è rivolto verso il telescopio, e diventa più fioco quando il lato notturno del pianeta ruota per diventare visibile. Credito: Scienza: Taylor J. Bell (BAERI); Joanna Barstow (Università Aperta); Michael Roman (Università di Leicester) Progetto grafico: NASA, ESA, CSA, Ralf Crawford (STScI)

 

Mappatura della temperatura e deduzione del tempo

Sebbene WASP-43 b sia troppo piccolo, fioco e vicino alla sua stella per essere visto direttamente da un telescopio, il suo breve periodo orbitale di sole 19,5 ore lo rende ideale per la spettroscopia con curva di fase, una tecnica che prevede la misurazione di piccoli cambiamenti nella luminosità della stella. 

Poiché la quantità di luce nel medio infrarosso emessa da un oggetto dipende in gran parte da quanto è caldo, i dati sulla luminosità catturati da Webb possono essere utilizzati per calcolare la temperatura del pianeta.

Il team ha utilizzato il MIRI (strumento del medio infrarosso) di Webb per misurare la luce proveniente dal sistema WASP-43 ogni 10 secondi per più di 24 ore. “Osservando un’intera orbita, siamo stati in grado di calcolare la temperatura dei diversi lati del pianeta mentre ruotano e diventano visibili”, ha spiegato Taylor Bell, ricercatore del Bay Area Environmental Research Institute. “Da ciò, potremmo costruire una mappa approssimativa della temperatura in tutto il pianeta”.

Le misurazioni mostrano che il lato diurno ha una temperatura media di quasi 2.300 gradi Fahrenheit (1.250 gradi Celsius), abbastanza calda da forgiare il ferro. Nel frattempo, il lato notturno è significativamente più fresco a 1.100 gradi Fahrenheit (600 gradi Celsius). I dati aiutano anche a localizzare il punto più caldo del pianeta (l’“hotspot”), che è leggermente spostato verso est dal punto che riceve la maggior quantità di radiazione stellare, dove la stella è più alta nel cielo del pianeta. Questo spostamento avviene a causa dei venti supersonici, che spostano l’aria calda verso est.

Fonte: JPL NASA

Pillole di magnetoidrodinamica per brillamenti solari

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Brillamento solare osservato a diverse lunghezze d’onda nell’estremo ultravioletto (EUV). Crediti: NASA/SDO/Wiessinger.
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Studio sul brillamento X8.2 del 10 settembre 2017 per valutare l’impatto del campo magnetico sull’accelerazione delle particelle

I brillamenti solari sono potenti esplosioni di radiazione elettromagnetica e particelle cariche che hanno luogo nell’atmosfera solare. In base al modello standard CSHKP, i brillamenti accompagnati da eiezioni di massa coronale sarebbero caratterizzati dall’emissione di raggi X di tipo hard da parte di elettroni nel plasma solare accelerati fino a velocità relativistiche. Un recente studio discute il meccanismo di accelerazione degli elettroni proposto dal modello CSHKP applicando le formule della magnetoidrodinamica ai dati relativi al brillamento X8.2, avvenuto il 10 settembre 2017. Il risultato è una teoria che sottolinea il ruolo del campo magnetico solare durante il processo di urto terminale piuttosto che le proprietà dinamiche del plasma magnetizzato.

I brillamenti solari (i.e., solar flares) sono eruzioni con durata variabile da minuti ad ore che si verificano localmente e periodicamente nell’atmosfera solare. La loro comparsa è infatti di norma associata al punto di massima attività magnetica di zone della superficie del Sole chiamate macchie solari (i.e., solar spots), il quale si ripete ogni 11 anni, ovvero dopo un intervallo di tempo detto ciclo solare. I brillamenti solari sono spesso accompagnati da altri fenomeni altamente energetici come le eiezioni di massa coronale (i.e., coronal mass ejections), enormi esplosioni di gas ionizzato e plasma provenienti dalla corona, che rappresenta la parte più esterna ed estesa dell’atmosfera solare. Secondo il modello CSHKP, acronimo di Carmichael, Sturrock, Hirayama, Kopp e Pneumann, i brillamenti solari con eiezione di massa coronale sono causati da una rapida riorganizzazione delle linee di campo magnetico all’interno delle regioni attive; ciò implica il ricongiungimento dei flussi magnetici e il conseguente rilascio di una grande quantità di energia sotto forma di radiazione elettromagnetica e di particelle cariche, soprattutto elettroni. La regione in cui avviene tale processo di ricombinazione prende il nome di regione di diffusione, e il plasma magnetizzato che si allontana da essa fuoriesce nella cosiddetta regione di deflusso. Se il plasma ha un alto numero di Alfvén-Mach, (i.e., la sua velocità è elevata rispetto all’intensità del campo magnetico), si genera un’onda d’urto in grado di accelerare gli elettroni al suo interno. Tale meccanismo di accelerazione è noto come accelerazione per deriva degli urti (i.e., shock drift acceleration, SDA), in quanto associato alla regione di urto terminale (i.e., termination shock, TS) in cui l’onda d’urto si propaga.

Variazione della densità numerica di elettroni osservata in funzione dell’energia. La curva tratteggiata rappresenta un plasma con energia di 1.55 keV, mentre quella solida un plasma con energia di circa 20 keV, all’uscita dalla regione di urto terminale. Il nuovo modello proposto dai ricercatori riesce a riprodurre la curva solida, predicendo un’energia minima di 20 keV per gli elettroni accelerati. Crediti: arXiv.

Ma la condizione di plasma super-alfvénico imposta dal modello CSHKP è davvero indispensabile per accelerare gli elettroni fino a velocità relativistiche e a renderli così in grado di riscaldare il mezzo attraversato mediante l’emissione di raggi X di tipo hard? La risposta giunge da un gruppo di astronomi austro-tedesco, sulla base dei dati relativi al brillamento X8.2, datato 10 settembre 2017, il più energetico finora osservato. Assumendo come riferimento le misure estremamente precise di campo magnetico, temperatura e densità numerica di elettroni, relativistici e non, fornite dall’Expanded Owens Valley Solar Array (EOVSA) per tale evento, costoro hanno determinato i parametri del TS utilizzando le relazioni di Rankine-Hugoniot. Si tratta di equazioni che descrivono il comportamento di un plasma in presenza di una discontinuità, ossia di un repentino cambiamento delle grandezze fisiche che lo caratterizzano a causa, per esempio, di un’onda d’urto. Esse vengono pertanto definite anche “condizioni di salto” dallo stato precedente a quello successivo allo shock. Nello specifico, dalle relazioni di Rankine-Hugoniot emerge che il plasma in X8.2 entri nella regione di deflusso con una velocità di circa 8342 km/s, trascurabile rispetto al valore del campo magnetico solare: ciò si traduce in un basso numero di Alfvén-Mach, ad indicare quindi la predominanza del campo magnetico rispetto alla velocità del plasma magnetizzato. Ora, il fatto che il plasma giunga con una simile velocità nella regione di urto terminale e provochi un notevole salto nella temperatura nel momento d’interazione con lo shock contraddice la predizione del modello CSHKP. Infatti, tale brusco aumento di temperatura sarebbe sufficiente a fornire agli elettroni del plasma confluito nella regione di deflusso l’energia cinetica necessaria per portarli in regime relativistico all’arrivo nella regione di urto terminale. Stando alle stime degli scienziati, un’energia pari a circa 641 keV sarebbe allora attribuita a ciascun elettrone. Questo risultato ben si accorda con le misure di EOVSA, il quale riporta un numero di circa 1.6 x 10^4 elettroni con energie maggiori di 300 keV nella regione di deflusso per l’evento X8.2. Ciò dimostra dunque che basta un campo magnetico particolarmente forte nella regione di urto terminale per ottenere degli elettroni relativistici, nonostante il plasma magnetizzato non nasca con un alto numero di Alfvén-Mach. Tali elettroni, che costituiscono approssimativamente il 58% del totale uscente dalla regione di urto terminale dopo aver acquisito un’energia minima pari a 20 KeV nel caso del brillamento X8.2, giustificherebbero la potente emissione di raggi X di tipo hard rilevata a seguito dell’esplosione.

In conclusione, la generazione di elettroni relativistici in un plasma magnetizzato sembra poter avvenire anche attraverso il riscaldamento di questo durante il TS, senza bisogno di ricorrere al meccanismo di SDA ipotizzato dal modello CSHKP. Questa nuova teoria trova conferma nei dati sperimentali riguardanti il brillamento solare X8.2 del 10 settembre 2017, che suggeriscono l’esistenza di elettroni altamente energetici come fonte di raggi X di tipo hard, ed evidenzia l’importanza del campo magnetico nell’accelerazione di particelle cariche.

Fonte: arXiv.

Il Cielo di Maggio 2024

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Tempo di lettura: 6 minuti

IL CIELO DI MAGGIO 2024

Mappa celeste del cielo di maggio

Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01 Mag > 23:00   15 Mag > 22:00  31 Mag > 21:00

 

COSTELLAZIONI DI MAGGIO 2024

Sulla volta celeste primaverile di maggio, incontriamo due tra le più emblematiche costellazioni a noi note: la Vergine e il Boote.

Tutte le descrizioni sono in Le Costellazioni del mese di Maggio

a cura di @teresamolinaro

I principali eventi di Maggio 2024 (pubblicati nell’Almanacco 2024 distribuito in omaggio a tutti gli abbonati)

Data Ora Cosa Come
01/05/2024 13:27 Luna Ultimo Quarto
04/05/2024 00:31 Congiunzione Luna-Saturno
04/05/2024 20:54 Congiunzione Luna-Nettuno
05/05/2024 04:24 Congiunzione Luna-Marte
05/05/2024 08:08 Massimo Eta Aquaridi
05/05/2024 23:54 Luna Nodo Ascendente
06/05/2024 00:10 Luna Perigeo
07/05/2024 18:02 Congiunzione Luna-Venere
08/05/2024 05:21 Luna Nuova
08/05/2024 13:23 Marte Perielio
08/05/2024 20:14 Congiunzione Luna-Giove
09/05/2024 01:34 Congiunzione Luna-Pleiadi
13/05/2024 00:55 Congiunzione Luna-Polluce
13/05/2024 12:45 Urano Congiunzione
14/05/2024 01:25 Congiunzione Luna-Presepe
15/05/2024 13:47 Luna Primo Quarto
15/05/2024 21:23 Congiunzione Luna-Regolo
17/05/2024 20:59 Luna Apogeo
18/05/2024 20:01 Giove Congiunzione Sole
19/05/2024 18:35 Luna Nodo Discendente
20/05/2024 12:00 Congiunzione Luna-Spica
23/05/2024 11:30 Congiunzione Venere-Giove
23/05/2024 15:53 Luna Piena
24/05/2024 05:10 Congiunzione Luna-Antares
30/05/2024 19:12 Luna Ultimo Quarto
31/05/2024 01:51 Congiunzione Venere-Iadi
31/05/2024 03:26 Congiunzione Mercurio-Urano

Tutte le effemeridi del mese di Maggio 2024 sono disponibili in file csv

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ATTENZIONE la parte centrale dell’articolo con la descrizione del moto dei pianeti ed equazione del tempo è riservata agli abbonati a COELUM


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LUNA

Luna nuova nei primi giorni del mese di maggio favorirà le riprese

Tutto nella rubrica Luna di Maggio 2024

COMETE

PRIMA OCCHIATA ALLA COMETA DELL’ANNO

Dopo la sparizione dai nostri cieli della 12P/Pons-Brooks (per un bilancio della sua apparizione vi rimando al prossimo numero 267 di COELUM ASTRONOMIA) si impongono all’attenzione un paio di “astri chiomati” non ancora granché luminosi ma in crescita, che meritano di essere monitorati, uno dei quali è l’attesissimo protagonista del 2024.

Per approfondire: le comete di Maggio 2024 a cura di @claudiopra

ASTEROIDI

GLI ASTEROIDI IN OPPOSIZIONE in Maggio

(2) Pallas

Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2024 a cura di @mioxzy

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Maggio 2024 a cura di @stormchaser

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Grandi scoperte nel mese di gennaio, @fabio-briganti e Riccardo Mancini ce le raccontano sapientemente qui!

Cieli sereni a tutti!


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La Luna di Maggio 2024

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Tempo di lettura: 3 minuti

Luna nuova nei primi giorni del mese di maggio favorirà le riprese

3 Maggio

Iniziamo Maggio con la Luna che sorge a sud-est all’ultimo quarto oramai dopo le 3 di notte, nella costellazione del Capricorno, e ritardando sempre più il suo sorgere finiremo già il giorno 3 per scorgerla solo per qualche minuto nelle prime luci del mattino quando sarà vicino a Saturno, tuttavia entrambi troppo vicini al Sole per consentire qualsiasi osservazione. Trascorreranno così delle piacevoli notti “senza Luna” perfette per le osservazioni più impegnative ma a discapito di perdere una congiunzione stretta fra Luna e Marte nell’alba del giorno 5 maggio.

Luna 3 Maggio alle 05:26 a sud-est allineato con Saturno, Nettuno, Marte e Mercurio

12 Maggio

Torneremo a scorgere la Luna ad ovest nelle luci del tramonto il giorno 9 maggio mostrandosi con una sottilissima falce. Le ore di buio con la presenza dell’astro andranno via via aumentando fino al giorno 12 quando la Luna si farà trovare alta nel cielo, a sud-ovest, già al tramonto e molto vicina a Polluce (2° 30′), stella dei Gemelli.

Luna il 12 maggio ore 23:20 congiunzione con Polluce in direzione nord-ovest.

15 Maggio

Passano i giorni e il 15 maggio la luna al Primo Quarto si mostrerà al tramonto del Sole sopra alla stella Regolo della costellazione del Leone fino a scomparire sotto l’orizzonte ad ovest intorno alle 2 della notte.
Nei giorni successivi il nostro satellite ripercorrerà più o meno lo stesso scenario attraversato in aprile fino a raggiungere e superare Spica nella Vergine il giorno 20 già nelle prime ore della sera e spostando lo sguardo stavolta verso sud est.

Luna 16 maggio ore 00:20 direzione Ovest, congiunzione Luna-Regolo

23 Maggio

La Luna Piena si potrà ammirare nella sera del 23 maggio quando sorgerà a Sud Est molto vicina ad Antares (2°50′), stella dello Scorpione.

Luna 24 maggio ore 00:20 congiunzione Luna Piena – Antares, direzione Sud.

I pianeti ancora tutti posizionati molto vicino al Sole non favoriranno l’osservazione di alcuna congiunzione. Un vero peccato che si pensa che il satellite nelle prime ore dell’alba transiterà molto vicino a Saturno, Marte e Mercurio rispettivamente il 4,5 e 6 maggio ma come abbiamo anticipato, il Sole non sarà purtroppo molto distante e il tutto avverrà nella luce, seppur tenue, dell’alba.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 01-mag 13:27 02:42 07:22 12:03 375769 km 1893.2
Luna Nuova 08-mag 05:21 05:49 12:30 21:08 366059 km 1942.4
Primo Quarto 15-mag 13:47 12:24 19:00 02:21 399569 km 1806.4
Luna Piena 23-mag 15:53 22:55 00:35 05:12 393033 km 1836.9
FASE DATA
Luna Calante dal 01 al 08
Luna Crescente dal 09 al 23
Luna Calante dal 24 al 31

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 06/05 00:10 363164 km 1951.6
Apogeo 17/05 20:59 404176 km 1789.3

 

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati dai siti https://theskylive.com/http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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SUPERNOVAE: aggiornamenti Maggio 2024

Tempo di lettura: 5 minuti

RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 120

Nella precedente rubrica avevamo anticipato con una breve notizia di “ultima ora” l’interessante scoperta messa a segno a fine marzo dal solito giapponese Koichi Itagaki. Torniamo oggi sull’argomento per analizzare in maniera più dettagliata il risultato che merita un adeguato approfondimento.

Nella notte del 24 marzo, con la Luna praticamente piena a soli 20°, l’eccezionale ricercatore del Sol Levante, per il quale abbiamo consumato tutti gli aggettivi utili a riconoscerne l’incredibile bravura, ha individuato una stella nuova di mag.+15,9 nella galassia a spirale NGC4192A nella costellazione della Chioma di Berenice a circa 93 milioni di anni luce di distanza. La particolarità di questa scoperta sta nel fatto che la galassia ospite, NGC4192A appunto, appare prospettica molto vicina alla stupenda galassia a spirale M98 che in realtà è a soli 45 milioni di anni luce circa di distanza da noi. A completare il fotogenico quadretto troviamo anche la galassia a spirale NGC4186, un oggetto decisamente più lontano fino a circa 370 milioni di anni luce.

Il primo ad ottenere lo spettro e a caricarlo nel TNS è stato il nostro Claudio Balcon, appena sei ore dopo la scoperta. Questo primissimo spettro mostrava il tipico blu continuo proprio di molte supernovae giovani di tipo II tuttavia la contemporanea mancanza della riga dell’idrogeno, non permetteva di classificarla con sicurezza. L’astrofilo bellunese grazie alla sua esperienza ha deciso quindi di attendere con prudenza prima di procedere alla classificazione, scelta che si è rivelata saggia perché qualche giorno dopo la riga dell’Idrogeno è finalmente comparsa e così, con il nuovo spettro ripreso 27 marzo dal Siding Spring Observatory in Australia con il Faukes Telescope South da 2 metri, il transiente è stato classificato come una giovane supernova di tipo II, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 13000 km/s. La sigla definitiva assegnata è SN2024exw. Il massimo di luminosità si è verificato nei primi giorni del mese di aprile con valori di mag.+14,5/+15,0. Dopodiché la luminosità ha iniziato il suo lento declino portandola a perdere circa una magnitudine in tutto il mese di aprile ma poco abbastanza da renderla ancora visibile, e chi non l’avesse già fatto, è ancora in tempo a riprendere questo fotogenico campo di galassie.

1) Immagine della SN2024exw in NGC4192A ripresa da Massimo Marchini in remoto dal Cile con un telescopio Dall-Kirkam da 600mm F.6,5 – Esposizione per canale LRGB
2) Immagine della SN2024exw in NGC4192A ripresa dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando con un telescopio Meade LX200 da 400mm F.7 somma di 15 immagini da 60 secondi.
3) Immagine della SN2024exw in NGC4192A ripresa dall’astrofilo francese Robert Cazilhac con un telescopio C14 F.11 somma di 300 immagini da 5 secondi.
4) Immagine della SN2024exw in NGC4192A ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 75 minuti.

Puntiamo adesso la nostra attenzione su un’altra interessante e “vicina” supernova che purtroppo non è facilissima da osservare dall’Italia, perché posta a declinazione -32°. Nella notte dell’11 aprile il programma professionale americano di ricerca supernovae e pianetini denominato ATLAS Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System ha individuato una debole stellina di mag.+18,9 nella galassia a spirale barrata NGC3621 nella costellazione dell’Idra a “soli” 22 milioni di anni luce di distanza. Una supernova esplosa in una galassia così “vicina”, a distanze paragonabili con quelle degli oggetti del catalogo Messier, ha attratto l’attenzione di osservatori professionali di tutto il mondo che hanno iniziato a seguirla in maniera accurata. Piccola nota sulla galassia in questione, forse Messier non la inserì nel suo catalogo perché rispetto all’Europa la sua declinazione è troppo meridionale (-32°) dal suo osservatorio di Parigi infatti la galassia culminava a soli 9° sopra l’orizzonte. La galassia più meridionale del catalogo di Messier M83 è situata appena 3° più in alto rispetto ad NGC3621, ma essa presenta un’estensione superficiale più elevata rispetto a NGC3621, la prima venne quindi catalogata come oggetto non stellare mentre la seconda potrebbe essere stata confusa con una stella.

I primi ad inserire nel TNS lo spettro di conferma (11 ore dopo la scoperta) sono stati gli astronomi cinesi del Yunnan Observatory con il telescopio Lijiang di 2,4 metri. La SN2024ggi è una giovane supernovae di tipo II con flash ionizzato causato dall’eccitazione dei gas espulsi dalla stella nelle varie fasi che hanno preceduto l’esplosione.  Per onor di cronaca, i primissimi a riprendere lo spettro di conferma, pochi minuti prima dei cinesi, sono stati gli astronomi americani dell’Università delle Hawaii, utilizzando il telescopio di 2,3 metri dell’Australian National University presso il Siding Spring Observatory. La luminosità della supernova ha mostrato subito un rapido incremento, che nel giro di pochi giorni ha permesso al transiente di raggiungere la notevole mag.+11,9 intorno al giorno 18 aprile, diventando oggi la supernova più luminosa del 2024 e una delle più luminose degli ultimi anni. Analizzando le immagini dei vari telescopi spaziali è stato possibile risalire alla stella progenitrice, una supergigante rossa con una luminosità intorno alla mag.+23. Come abbiamo già detto, dall’Italia non sarà facile riprendere questa importante supernova. Naturalmente gli astrofili del Sud Italia saranno avvantaggiati. A Milano la galassia NGC3621 culminerà ad un’altezza di soli 12°. Leggermente meglio la situazione per gli astrofili di Roma che avranno la galassia alla massima altezza di 15°. Molto meglio la situazione per gli astrofili di Catania che vedranno NGC3621 culminare a 20° sopra l’orizzonte Sud.

5) Immagine della SN2024ggi in NGC3621 ripresa da Massimo Marchini in remoto dal Cile con un telescopio Dall-Kirkam da 600mm F.6,5 – Esposizione per canale LRGB somma di 5 immagini da 300 secondi.
6) Immagine della SN2024ggi in NGC3621 ripresa Rolando Ligustri sommando una vecchia immagine con una nuova ripresa in remoto dalla Namibia con un telescopio Dall-Kirkam da 500mm F.6,8.
7) Immagine della SN2024ggi in NGC3621 ripresa da Riccardo Mancini con un telescopio Newton da 250mm F.5 esposizione di 35 minuti, con la galassia a soli 13° sopra l’orizzonte.

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Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2024

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FOCUS ON (2) PALLAS

La scoperta di Pallas ha avuto una influenza significativa sia in ambito scientifico, contribuendo in maniera rilevante alla nostra comprensione del Sistema Solare, che in ambito culturale, stimolando un interesse crescente per l’astronomia e per le scienze planetarie in generale.

Prima della scoperta di Cerere da parte di Giuseppe Piazzi nel 1801, non era noto che esistessero altri corpi orbitanti tra Marte e Giove. La scoperta di Pallas l’anno successivo confermò l’idea di Cerere come nuovo tipo di corpo celeste e rafforzò l’ipotesi di una fascia popolata da molti altri oggetti simili, cambiando radicalmente la nostra comprensione della struttura del Sistema Solare, rappresentando, senza ombra di dubbio, un elemento di fortissima fascinazione per la gente dell’epoca.

Pallas ripreso dal VLT. Crediti:
ESO/M. Marsset et al./MISTRAL algorithm (ONERA/CNRS)

Pallas è un grande asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.13 e le 3.41 unità astronomiche (rispettivamente, 318.643.465 Km al perielio e 510.128.739 Km all’afelio). Scoperto il 28 marzo 1802 da Heinrich Wilhelm Olbers, medico di professione e astronomo molto competente, è il terzo corpo della fascia per dimensioni dopo Cerere e Vesta. Pallas ha una forma descritta come un ellissoide, con dimensioni approssimative di circa 589 km, 550 km e 500 km per i suoi assi principali, e da solo rappresenta il 7% della massa totale dell’intera fascia. La sua superficie è composta principalmente da materiali simili a quelli ritrovati nei meteoriti condritici carbonacei di tipo CI e CM. Ulteriori indagini hanno rivelato che le variazioni di colore e di albedo tipiche della sua superficie potrebbero essere collegate sia alla sua evoluzione termica, suggerendo l’idea che Pallas, come altri grandi asteroidi nel Sistema Solare, potrebbe aver subito un processo di differenziazione interno, sebbene non completo come nei casi di corpi come la Terra, che a eventi collisionali che hanno contribuito a plasmare le caratteristiche superficiali oggi osservate. La presenza di grandi crateri da impatto e di una famiglia di asteroidi, denominata “Famiglia Pallas” (Pallas Collisional Family, PCF), che condividono caratteristiche spettrali simili a quelle di Pallas e dei quali Pallas è considerato essere il corpo progenitore, porterebbe ad avallare queste ipotesi.

Il percorso di Pallas in Maggio. Crediti: in-the-sky.org.

(2) Pallas ha un’orbita peculiare, altamente inclinata e moderatamente eccentrica, con un’inclinazione sull’eclittica di circa 34.8 gradi e un’eccentricità pari 0.23. Quest’anno sarà in opposizione il 19 Maggio, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 9.0. Il suo moto sarà di 0,54 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (2) Pallas trasformarsi in una bella striscia luminosa di 21 secondi d’arco.


 

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Webb cattura l’iconica Nebulosa Testa di Cavallo

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Credito immagine: ESA/Webb, NASA, CSA, K. Misselt (Università dell'Arizona) e A. Abergel (IAS/Università Paris-Saclay, CNRS)
Tempo di lettura: 2 minuti

Il telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA ha catturato le immagini a infrarossi  di uno degli oggetti più caratteristici dei nostri cieli, la Nebulosa Testa di Cavallo. Queste osservazioni mostrano una parte dell’iconica nebulosa sotto una luce completamente nuova, catturandone la complessità con una risoluzione spaziale senza precedenti.

Grazie alla sua vicinanza e alla sua posizione quasi di taglio, la Nebulosa Testa di Cavallo è un bersaglio ideale per gli astronomi per studiare le strutture fisiche dei PDR, o regione di fotodissociazione, e l’evoluzione delle caratteristiche chimiche del gas e della polvere nei rispettivi ambienti, e le regioni di transizione tra loro. È considerato uno dei migliori oggetti del cielo per studiare come la radiazione interagisce con la materia interstellare.

Grazie agli strumenti MIRI e NIRCam di Webb , un team internazionale di astronomi ha rivelato per la prima volta le strutture su piccola scala del bordo illuminato della Testa di Cavallo. Hanno inoltre messo in evidenza una rete di strutture striate che si estendono perpendicolarmente al fronte del PDR e contengono particelle di polvere e gas ionizzato trascinati nel flusso fotoevaporativo della nebulosa. Le osservazioni hanno inoltre consentito agli astronomi di studiare gli effetti dell’attenuazione e dell’emissione di polvere e di comprenderne meglio la forma multidimensionale della nebulosa.

Successivamente, gli astronomi intendono studiare i dati spettroscopici ottenuti dalla nebulosa per evidenziare l’evoluzione delle proprietà fisiche e chimiche del materiale osservato attraverso la nebulosa.

Le osservazioni arrivano dal programma Webb GTO n. 1192 (PI: K. Misselt) e i risultati sono stati accettati per la pubblicazione in Astronomy & Astrophysics (Abergel et al. 2024).

La Nebulosa Testa di Cavallo catturata dalla MIRI – ESA/Webb, NASA, CSA, K. Misselt (University of Arizona) and A. Abergel (IAS/University Paris-Saclay, CNRS)

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Le Costellazioni di Maggio 2024

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Tempo di lettura: 7 minuti

COSTELLAZIONI DI MAGGIO 2024

Sulla volta celeste primaverile di maggio, incontriamo due tra le più emblematiche costellazioni a noi note: la Vergine e il Boote.

LA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE

Quella della Vergine è una costellazione molto estesa (circa 1300 gradi quadrati), essa rappresenta infatti la seconda più ampia della volta celeste (il primato lo detiene l’Hydra).

È un asterismo posta tra quello del Leone e quello della Bilancia ed è facilmente individuabile grazie alla sua stella più brillante, Spica (alfa Virginis), un astro di colore bianco-azzurro che con la sua magnitudine di 1.04 si colloca al quindicesimo posto tra le stelle più brillanti del cielo notturno.

Spica, situata in direzione della mano della fanciulla in cui è raffigurata la costellazione (o meglio della spiga di grano che la giovane stringe tra le dita) si trova a una distanza di 262 anni luce da noi e insieme alle stelle Arturo del Boote e Denebola del Leone, costituisce uno dei vertici dell’asterismo del Triangolo primaverile.

Costellazione della vergine

Tra gli astri che compongono la costellazione della Vergine, Porrima (gamma Virginis) è

la seconda più luminosa: si tratta di una stella doppia di magnitudine di 2.74, le cui componenti sono di uguale colore (giallastro); il sistema binario si trova a una distanza di 39 anni luce .

Al terzo posto per luminosità, brilla la stella gigante gialla Vindemiatrix (Epsilon Virginis) o Vendemmiatrice, con magnitudine 2.85, distante 102 anni luce: il nome di questa stella ha origini molto antiche che risalgono a più di 2.000 anni fa, quando Vindemiatrix sorgeva alle prime luci dell’alba a inizio settembre, periodo della vendemmia.

A causa della precessione degli equinozi le cose ad oggi sono un po’ cambiate e Epsilon Virginis ha lasciato il posto agli astri della costellazione del Leone.

 

GLI OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NELLA COSTELLAZIONE DEL VERGINE

Gli oggetti del cielo profondo siti nella costellazione della Vergine sono vari e molto affascinanti: uno fra tutti l’ammasso di galassie della Vergine, composto da circa 2.500 membri e che fa parte a sua volta del Superammasso della Vergine di cui è un componente anche il Gruppo Locale, ovvero il gruppo di galassie a cui appartiene la nostra Via Lattea.

Come non citare poi le galassie  M87 e Sombrero.

M 87 (Virgo A) è una grande galassia ellittica, oltre ad essere anche una forte sorgente radio: la sua caratteristica principale è il Buco Nero Supermassiccio situato al centro della galassia.

Con il suo getto relativistico e l’emissione di raggi X e gamma, la galassia M87 rappresenta un importante oggetto di studio nell’ambito dell’astronomia e della radio astronomia.

La Galassia Sombrero (M104) è invece una galassia a spirale vista di taglio, con un grosso rigonfiamento centrale, situata a 31 milioni di anni luce da noi e posta alla periferia dell’Ammasso della Vergine, la cui appartenenza sembra essere dubbia.

GALASSIA SOMBRERO M 104 CREDITI: LORENZO BUSILACCHI

Altro oggetto del profondo cielo molto interessante, presente nella costellazione della Vergine, è la cosiddetta Catena di Markarian, un lembo costituito da 8 galassie, che fanno parte del l’ammasso galattico della Vergine, costituito a sua volta da circa 2000 galassie.

La Catena di Markarian deve il suo nome all’astrofisico armeno Benjamin Markarian, che agli inizi degli anni 60, grazie alle sue ricerche nel campo dell’astronomia stellare ed extragalattico, scoprì il moto comune delle galassie che compongono la nota Catena.

IMMAGINE CATENA DI MARKARIAN CREDITI: MIRKO TONDINELLI

Ma la bellezza degli oggetti deep sky amati dagli astrofili non finisce qui: è il caso delle galassie dette Gemelle siamesi o Galassie farfalla, una coppia composta dalle galassie a spirale interagenti Ngc 4567 e Ngc 4568, che a 60 milioni di anni luce dà vita a una danza che lascia senza fiato.

IMMAGINE GALASSIE GEMELLE SIAMESI CREDITI: LORENZO BUSILACCHI

E sempre a proposito di galassie interagenti vale la pena mostrare le immagini catturate dal Telescopio Spaziale HUBBLE, che ritraggono Arp 116, una coppia distante 66 milioni di anni luce, costituita dalla galassia ellittica gigante M60e dalla galassia più piccola, a spirale, NGC 4647.

IMMAGINE ARP 116 CREDITI: HUBBLE TELESCOPE – NASA, ESA

LA VERGINE NELLA MITOLOGIA

La costellazione della Vergine viene rappresentata come una ragazza con in mano delle spighe: la figura è da sempre associata al chicco di grano che muore e rinasce, al periodo dei raccolti, alla mietitura, da cui deriva il nome della stella alfa della costellazione, Spica, che è visibile dopo il tramonto verso Ovest proprio durante i mesi primaverili ed estivi.

In ambito mitologico quella della Vergine è una figura che mette d’accordo un po’ tutte le antiche popolazioni, dai sumeri agli egizi, ai greci: essa simboleggia la natura, la fertilità ed è l’emblema dell’incessante ciclo della stagioni e quindi della vita.

Il mito greco ci porta in Sicilia, sulle rive del Lago di Pergusa nella campagna di Enna, dove una giovane fanciulla di nome Proserpina, figlia della dea del frumento Demetra (a cui si associa la Vergine) era intenta a raccogliere dei fiori quando, da una fenditura del terreno, uscì fuori un cocchio trainato da quattro cavalli e condotto dal dio dell’oltretomba Plutone, che rapì la giovane (il famoso ratto di Proserpina) facendone la sua sposa e trascinandola con sé negli inferi, di cui divenne regina.

Demetra, dopo averla cercata ovunque, fu mossa da una disperazione tale da lasciar calare un lungo inverno sulla campagna siciliana, che devastò i raccolti e rese i terreni aridi e infertili.

Dopo qualche tempo la dea interpellò anche il dio del Sole, Elio, che era stato testimone del rapimento di Proserpina; ma senza ottenere l’aiuto sperato Demetra decise di recarsi al cospetto di Giove, minacciando di far morire ogni forma di vita presente in natura se non le fosse stata restituita sua figlia.

Plutone, incalzato da Giove, acconsentì a rendere la fanciulla a sua madre, bluffando: egli infatti offrì a Proserpina un melograno avvelenato di cui la giovane mangiò solo pochi semi; così gli dei, mossi dalle minacce di Demetra, stabilirono un compromesso: Proserpina avrebbe vissuto per sei mesi negli inferi con Plutone e per sei mesi con sua madre sulla Terra. Questo entrare ed uscire dalla luce simboleggia proprio il ciclo della natura, del seme che muore e rinasce, senza mai una fine.

LA COSTELLAZIONE DEL BOOTE

Nel cielo serale di maggio ci imbattiamo nella costellazione del Boote: la figura è riconoscibile per la sua forma che ricordare un aquilone e, soprattutto, per la sua nota e luminosa stella alfa, Arturo.

α Boo è una gigante rossa con un diametro di 35 milioni di km (circa 25 volte più grande del nostro Sole), e la sua luminosità è 113 volte quella della nostra stella, ma se teniamo conto di tutte le bande dello spettro elettromagnetico, la luminosità totale di Arturo arriva a circa 200 volte quella del Sole .

La stella alfa del Boote è situata a una distanza di 36,7 anni luce da noi e, pur appartenendo all’emisfero boreale, la sua posizione 19° a nord dell’equatore celeste fa sì che Arturo sia visibile da ogni area popolata della Terra.

Un’altra stella interessante che compone la costellazione del Boote è Izar (ε Boo), una stella binaria composta da una luminosa gigante arancione e una più piccola stella bianca di sequenza principale di classe spettrale A2, separata dalla principale di almeno 185 U.A. e con un periodo orbitale superiore ai 1000 anni.

Proprio il contrasto tra le due componenti di Izar ha fatto sì che l’astronomo tedesco Friedrich Georg Wilhelm von Struve ribattezzasse ε Boo con l’appellativo di Pulcherrima, “Bellissima”.

COSTELLAZIONE DEL BOOTE

OGGETTI NON STELLARI NEL BOOTE

Nella costellazioni sono presenti stelle variabili come W Boötis, molto luminosa, e le stelle doppie ν1-ν2 Bootis e μ1-μ2 Bootis: la prima coppia è formata da una stella gigante arancione e una bianca; la seconda coppia è composta da due stelle bianco-giallastre.

Entrambe le coppie possono essere facilmente risolvibili anche con il solo utilizzo di un binocolo, a patto di essere al riparo da inquinamento luminoso e elementi che ostacolano l’osservazione del cielo.

La costellazione del Boote non vanta oggetti del profondo cielo particolarmente degni di nota, tuttavia va menzionato l’ammasso globulare NGC 5466, situato a 51800 anni luce dalla Terra e scoperto nel 1784 dall’astronomo William Herschel: l’ammasso è molto appariscente ed è un oggetto alla portata di telescopi anche amatoriali, con i quali addentrarsi nella sua bellezza.

NGC 5466 Globular Cluster Credit Esa/Hubble

Alla costellazione del Boote sono correlati anche due sciami di meteore, di cui in essa sono  collocati i rispettivi radianti: uno è conosciuto con il nome di Quadranti di e si verifica nei primi giorni del mese di gennaio; si tratta di uno dei più ricchi e attesi sciami di meteore dell’anno, oltre a quello delle Perseidi di agosto.

Tra la fine di giugno e inizio luglio il Boote diventa protagonista di un altro evento, ovvero lo sciame  delle Booti di, noto per i luminosi e lenti bolidi che è in grado di produrre.

IL BOOTE NELLA MITOLOGIA

Nella mitologia greca la figura del Boote è strettamente legata a quella dell’Orsa Maggiore, nella leggenda che vede coinvolta la ninfa Callisto, una bellissima fanciulla figlia del Re di Arcadia Licaone e ancella di Artemide.

Divenuta l’ennesimo oggetto del desiderio di Zeus, Callisto fu tramutata in orso dallo stesso padre degli Dei.

Le versioni della storia sono diverse, citiamo le due più note: la prima racconta che fu proprio Zeus a trasformare la giovane fanciulla in un’orsa per sottrarla alle ire di Era; mentre, la seconda versione, narra che fu Artemide a trasformare Callisto in orsa, per punizione, dopo aver scoperto lo stato di gravidanza della giovane ancella, votata alla castità.

La metamorfosi di Callisto avvenne dopo aver dato alla luce Arcade.

Questi, allevato da Artemide e dalle sue ancelle, venne a conoscenza della presenza di un orso nel bosco dove abitavano le ninfe, così si mise sulle sue tracce per ucciderlo.

Dopo averlo scovato, si preparò a colpire l’animale con una lancia, ignaro della sua vera identità.

Zeus, impietosito, fermò il tempo e trasformò sia l’orsa che Arcade in stelle e li collocò per sempre sulla volta celeste.

In cielo madre e figlio sono “vicini” poiché, prolungando la coda dell’Orsa, si arriva ad Arcade, ovvero Arturo. Il nome dell’astro significa appunto “inseguitore dell’Orsa”.

Link di approfondimento https://www.coelum.com/coelum/archivio/articoli/lenigma-del-boote-che-tardi-tramonta

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XXXIX Meeting dei Planetari italiani, 26-28 aprile

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Crediti Marco Bregolato.
Tempo di lettura: 3 minuti

XXXIX Meeting dei Planetari italiani

Planetario di Padova, 26-28 aprile

Dal 26 al 28 aprile si terrà, al Planetario di Padova, il XXXIX Meeting dei Planetari italiani.
L’incontro annuale che rappresenta il momento di incontro più importante per chi
opera in queste strutture che sono veri teatri delle stelle, ma anche per chi attraverso i
planetari si occupa di didattica e di divulgazione, per gli insegnanti di ogni ordine e
grado, per gli astrofili e per i semplici appassionati del cielo e delle sue meraviglie. In
Italia sono presenti più di 130 planetari, che ospitano ogni anno, complessivamente,
oltre 400.000 visitatori.
La scelta della sede del Meeting di quest’anno è caduta su Padova, una delle città
italiane più simboliche per l’astronomia, che vide Galileo Galilei operarvi per quasi
vent’anni. Proprio da Padova, Galileo fece alcune tra le sue più famose scoperte
astronomiche, grazie al cannocchiale che si era costruito: vide le quattro lune principali
di Giove e notò che la Luna, lungi dall’essere una sfera perfetta, somigliava alla Terra,
con le sue valli e le sue montagne.
Tra i relatori di questo Meeting vi sarà, come Keynote Speaker, Roberto Ragazzoni, da
poco nominato presidente dell’INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), con un intervento
dal titolo “Planetari inversi: la curiosa influenza dell’amore per il planetario sul disegno
di telescopi inusuali”. L’altro relatore a invito sarà invece l’americano Shawn Laatsch,
già presidente dell’International Planetarium Society, che parlerà della figura del
planetarista come professionista della divulgazione.
L’incontro dei Planetari italiani inizierà il pomeriggio di venerdì 26, con il workshop “La
voce, uno strumento di lavoro” tenuto da Elena Carraro, medico specializzato in
audiologia e foniatria, sull’uso della voce nell’attività con il pubblico. In alternativa, gli
iscritti al Meeting potranno recarsi alla visita guidata “Alla scoperta di Padova con gli
occhi da astronomo”, che li porterà a scoprire la città, e in particolare i luoghi legati
all’astronomia.
Il convegno vero e proprio avrà inizio sabato mattina con una serie di interventi. Tra i
relatori, Stefano Giovanardi del Planetario di Roma parlerà di come raccontare la crisi
climatica nei planetari, Paolo Calcodese del Planetario di Lignan (AO) illustrerà il
lungometraggio “Segnali di vita”, presentato lo scorso ottobre alla Festa del Cinema di Roma e ambientato all’Osservatorio astronomico della Valle d’Aosta con lo stesso
Calcidese come protagonista. Mentre Stefania Ferroni e Riccardo Vittorietti
dell’associazione L’Officina mostreranno il progetto ROSETTA, sviluppato al Planetario di
Milano per la traduzione simultanea degli spettacoli in diverse lingue, grazie
all’intelligenza artificiale. Gli incontri continueranno con gli interventi dei rappresentanti
delle principali ditte mondiali del settore dei planetari, che illustreranno le novità
hardware e software di queste sofisticate tecnologie.

Crediti Marco Bregolato.

La domenica mattina i lavori proseguiranno con altri relatori, tra i quali segnaliamo
Federico Di Giacomo (INAF-Padova) che interverrà su “Un planetario ad alte energie”,
Paolo Morini (Planetario di Ravenna) con “Se sei felice guarda il cielo, se non sei felice
guarda il cielo”, un progetto per l’osservazione della volta celeste rivolto al recupero
psicologico dei pazienti ematologici, e Salvatore Fruguglietti (Le Nuvole, Napoli) con
“STREETS stellate”, un progetto finanziato dalla UE per la Notte dei Ricercatori del 2024 e
2025 con attività diffuse lungo le antiche strade romane della Campania e del Basso
Lazio.
A chiudere i lavori, la proclamazione dei vincitori del Premio PLANit, giunto alla
dodicesima edizione, per il miglior video di divulgazione scientifica, che si potrà poi
utilizzare nei planetari italiani, e del Premio “Lara Albanese”, che riconosce l’attività
didattica e divulgativa che più si è distinta nei planetari nell’ultimo anno.
A causa della partecipazione particolarmente numerosa a questo XXXIX Meeting dei
Planetari Italiani, una parte della programmazione (gli interventi di sabato 27 fino alle
ore 16:00) si terrà nell’aula magna dell’Istituto Teologico Sant’Antonio Dottore, in via
San Massimo 25, a poca distanza dal Planetario (in via A. Cornaro 1), che ospiterà
invece gli interventi successivi del pomeriggio e quelli della domenica mattina.
L’evento è organizzato dall’Associazione dei Planetari Italiani (PLANit,
www.planetari.org) e dal Planetario di Padova (www.planetariopadova.it), in
collaborazione con il Comune di Padova.


 

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Le Comete di Maggio 2024

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Tempo di lettura: 2 minuti

PRIMA OCCHIATA ALLA COMETA DELL’ANNO

Dopo la sparizione dai nostri cieli della 12P/Pons-Brooks (per un bilancio della sua apparizione vi rimando al prossimo numero 267 di COELUM ASTRONOMIA) si impongono all’attenzione un paio di “astri chiomati” non ancora granché luminosi ma in crescita, che meritano di essere monitorati, uno dei quali è l’attesissimo protagonista del 2024.

13P/Olbers

Nel corso di maggio, mese che precede il suo perielio, la Olbers dovrebbe raggiungere la nona magnitudine rendendosi osservabile all’inizio della notte astronomica, purtroppo molto bassa in cielo, in trasferimento dal Toro all’Auriga. Il giorno 21 transiterà ad una quindicina di primi dal bel ammasso aperto dell’Auriga M 36.

Cartina della 13P in maggio. Le stelle più deboli sono di magnitudine 9.

 

C/2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS

Eccola la cometa dell’anno, in avvicinamento ma ancora piuttosto distante(2,7 U.A. ad inizio maggio),che possiamo cominciare a seguire anche con strumenti modesti sperando che fra qualche mese ci possa regalare uno show indimenticabile. Scopertanel gennaio del 2022 dall’osservatorio cinese Tsuchinshan (Osservatorio della Montagna Purpurea) ma in seguito persa e ritrovata dal programma per la ricerca di asteroidi pericolosi per la Terra ATLAS (AsteroidTerrestrial-Impact Last Alert System), la potremo cercare all’inizio della notte astronomica nella Vergine, piuttosto alta in cielo, inizialmente di decima magnitudine ma in miglioramento fino alla nona grandezza. L’ho osservata per la prima e finora unica volta nei primi giorni di aprile e devo dire che mi ha fatto un’ottima impressione. Pur di undicesima magnitudine, grazie al suo aspetto compattissimo, mi si è svelata facilmente all’oculare di un riflettore da 30 cm. somigliante ad una piccola e brillante nebulosa planetaria. Il suo buon stato di salute è confermato anche gli indici di emissione delle polveri calcolato da alcuni astrofili, dati che speriamo caldamente vengano confermati anche a maggio.

Cartina della 2023 A3 Tsuchinshan-ATLAS in MAGGIO. Le stelle più deboli sono di magnitudine 10.

 


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Transiti ISS notevoli per il mese di Maggio 2024

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Tempo di lettura: 3 minuti

Transiti ISS notevoli per il mese di Maggio 2024

La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

 

08 Maggio

Si inizierà il giorno 8 Maggio, dalle 05:10verso NO alle 05:20 verso SE. Visibilità perfetta da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.8. Uno dei migliori transiti mattutini del mese, meteo permettendo.

10 Maggio

Un altro transito notevole si avrà alla sera del 10 Maggio, dalle 21:46 verso SO alle 21:55 verso ENE. Visibilità migliore dal Centro Sud Italia con magnitudine di picco a -3.7.

11 Maggio

Il giorno dopo, 11 Maggio, dalle 04:15 alle 04:25, da ONO a SE, avremo un nuovo transito visibile da tutto il paese con magnitudine massima di -3.9. Se il meteo assiste, vale la pena di mettere la sveglia.

12 Maggio

Il 12 Maggio, dalle 03:29 alle 03:35, da NNE ad ESE, avremo un transito parziale avvistabile da tutta Italia. Magnitudine massima a -3.7 non appena la Stazione Spaziale uscirà dall’ombra della Terra.

12 Maggio

Sempre il 12 maggio, ma alla sera, dalle 21:41 alle 21:52, da OSO ad ENE, nuovo transito notevole osservabile al meglio dal Centro Nord Italia. Magnitudine di picco a -3.3.

13 Maggio

Passiamo al 13 maggio dalle 20:51 alle 21:01, da SO ad ENE, nuovo transito notevole osservabile senza problemi da tutta la nazione. Magnitudine di picco a -3.9 per il miglior transito serale del mese.

22 Maggio

Saltando di circa dieci giorni, al 22 Maggio, avremo un transito parziale dalle 22:51 alle 22:57, da NO a NE. Visibilità migliore dal Centro Nord, con magnitudine massima a -3.4.

24 Maggio

Il 24 Maggio, da ONO a SO, dalle 22:53 alle 22:58, la ISS attraverserà il cielo della nazione in un nuovo transito parziale, con una magnitudine massima di -3.4.

25 Maggio

Alla sera del 25 Maggio, dalle 22:01 verso NO alle 22:08 verso ESE, un nuovo transito della Stazione Spaziale perfetto per tutta Italia, con una magnitudine massima a -3.7.

28 Maggio

L’ultimo transito notevole del mese sarà avvistabile da tutto il paese, il 28 Maggio. Dalle 21:04 alle 21:13, da NO a SE. Magnitudine di picco a -3.8 per il secondo miglior transito serale del mese.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.


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BH3 terzo buco nero nella Via Lattea per GAIA

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Le tre frecce a forma di spillo segnalano la posizione di BH1, BH2 e BH3 distribuiti nella Via Lattea. Sono colorati rispettivamente in rosso, blu e giallo. CREDITI ESA/Gaia/DPAC
Tempo di lettura: 2 minuti

Un gigante addormentato sorprende gli scienziati di Gaia

Nel numero 266 di COELUM ASTRONOMIA abbiamo festeggiato i 10 di GAIA, strumento in orbita che dalla sua attivazione sta scandagliando tutto il piano galattico in una massiccia ed unica, sinora, raccolta dati. Fra essi non sfugge qualche sorpresa sorprendente come la scoperta di un altro buco nero nei pressi del Sistema Solare, denominato appunto BH3.

Un grande buco nero, con una massa di quasi 33 volte quella del Sole, si nasconde nella costellazione dell’Aquila, a meno di duemila anni luce dalla Terra. È la prima volta che un buco nero di origine stellare così grande viene rilevato all’interno della Via Lattea. Finora, buchi neri di questo tipo sono stati osservati solo in galassie molto lontane. La scoperta mette alla prova la nostra comprensione di come si sviluppano ed evolvono le stelle massicce.

La maggior parte dei buchi neri di massa stellare di cui siamo a conoscenza sta assorbendo materia da una stella compagna vicina. Il materiale catturato cade sull’oggetto collassato ad alta velocità, diventando estremamente caldo ed emettendo raggi X.

Quando però un buco nero non ha una compagna abbastanza vicino a cui rubare materia, non genera alcuna luce ed è estremamente difficile da individuare. Questi buchi neri sono detti “dormienti”.

Per prepararsi all’uscita del prossimo catalogo di Gaia, Data Release 4 (DR4), gli scienziati stanno controllando i movimenti di miliardi di stelle ed eseguendo test complessi per vedere se c’è qualcosa di anomalo. I moti delle stelle possono essere influenzati da eventuali compagni: quelli leggeri, come gli esopianeti; quelli più pesanti, come le stelle; o quelli molto pesanti, come i buchi neri. All’interno della collaborazione Gaia, team dedicati si occupano di indagare su eventuali casi “strani”.

Uno di questi team era profondamente impegnato in questo lavoro, quando l’attenzione è caduta su una vecchia stella gigante nella costellazione dell’Aquila, a una distanza di 1.926 anni luce dalla Terra. Analizzando in dettaglio l’oscillazione nel moto della stella, hanno trovato una grande sorpresa. La stella era bloccata in un movimento orbitale con un buco nero dormiente dalla massa eccezionalmente elevata, circa 33 volte quella del Sole.

Questo è il terzo buco nero dormiente trovato con Gaia ed è stato giustamente chiamato «Gaia BH3». La sua scoperta è emozionante soprattutto a causa della massa dell’oggetto. “Questo è il tipo di scoperta che da una volta nella tua carriera di ricerca,” esclama Pasquale Panuzzo del CNRS, Osservatorio di Parigi, in Francia, autore principale di questa ricerca. “Finora, buchi neri così grandi sono stati rilevati solo in galassie lontane dalla collaborazione LIGO-Virgo-KAGRA, grazie alle osservazioni delle onde gravitazionali.”

Finora, il record di “peso” per buchi neri nella Via Lattea era detenuto da un buco nero in una binaria a raggi X nella costellazione del Cigno (CYG X-1), la cui massa è stimata in circa 20 volte quella del Sole.

“È impressionante vedere lo straordinario impatto che Gaia sta avendo sull’astronomia e sull’astrofisica,” osserva la Prof.ssa Carole Mundell, Direttrice Scientifica dell’ESA. “Le sue scoperte stanno andando ben oltre lo scopo originario della missione, che è quello di creare una mappa multidimensionale straordinariamente precisa di oltre un miliardo di stelle nella nostra Via Lattea.”


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Kamo’oalewa una nuova conferma

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La posizione e la topografia del cratere lunare Giordano Bruno. A sinistra c'è una mappa del lato nascosto della Luna utilizzando la Lunar QuickMap. A destra c'è la mappa topografica del cratere GB ricavata dai dati della Lunar Reconnaissance Orbiter Camera (LROC). Credito: Nature Astronomia (2024). DOI: 10.1038/s41550-024-02258-z.
Tempo di lettura: 2 minuti

Una simulazione sostiene la teoria secondo cui dell’asteroide Kamo’oalewa sarebbe di fatto  materiale espulso dalla Luna

Un piccolo team internazionale di scienziati planetari ha trovato prove a sostegno della teoria secondo cui l’asteroide vicino alla Terra Kamo’oalewa non arriverebbe dalla cintura di asteroidi posta fra Marte e Giove ma bensì sia stato espulso direttamente dalla Luna. Nell’articolo pubblicato sulla rivista Nature Astronomy, il gruppo descrive il modello creato e le dinamiche emerse.

L’asteroide Kamo’oalewa è stato scoperto nel 2016 nel programma internazionale di ricerca di NEO, oggetti potenzialmente pericolosi per la Terra per la loro vicinanza misure e traiettoria. Esso ruota intorno al Sole con un’orbita sincronizzata con la Terra, come se apparentemente girasse intorno al nostro pianeta. Si stima inoltre che abbia un diametro compreso tra 40 e 100 metri e che ruoti molto velocemente, fattore quest’ultimo inconsueto per un’asteroide.

Nel 2021, un altro team sostenne di aver trovato evidenza di una composizione del suolo di Kamo’oalewa simile a quella delle rocce trovate sulla luna, suggerendo quindi di fatto un’altra origine, lunare appunto. Per confermare l’ipotesi si sono avviate ricerche congiunte sia per meglio determinare la composizione dell’asteroide sia per capire eventualmente da quale zona in particolare della Luna esso potrebbe provenire.

Il team ha iniziato creando un modello computerizzato che imitasse il tipo di collisione necessario per lanciare nello spazio un pezzo della superficie lunare delle dimensioni di Kamo’oalewa. Da cui di conseguenza sarebbe stato possibile stimare le dimensioni dell’asteroide causa dell’impatto con la Luna e in ultimo le dimensioni del cratere che avrebbe lasciato dietro di sé.

Si tratta secondo i ricercatori di un impatto abbastanza recente, il che ristringe anche il numero dei crateri candidabili. I campioni di suolo lunare racconto nei pressi del cretere Giordano Bruno e riportati a Terra per le analisi mostrano notevoli somiglianze spettrali con l’asteroide Kamo’oalewa, inoltre entrambi contengono frammenti del minerale pirosseno.

Il team ha quindi effettuato alcune stime utilizzando i propri dati e ha scoperto che un asteroide in collisione con la Luna nell’attuale sito del cratere Giordano Bruno avrebbe potuto lanciare detriti che si sono fatti strada nello spazio, con un pezzo di essi potrebbe avere le dimensioni di Kamo’oalewa. Suggeriscono che ulteriori missioni per studiare la Luna potrebbero fornire maggiori informazioni.

Fonte: Nature Astronomy

 


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MESSIER 76 per i 34 anni di Hubble Space Telescope

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Immagine di Hubble della Nebulosa Piccolo Manubrio Credito: NASA, ESA, STScI, A. Pagan (STScI)
Tempo di lettura: 2 minuti

Hubble celebra il 34° anniversario con uno sguardo alla Little Dumbbell Nebula o Piccolo Manubrio

Il telescopio spaziale Hubble è operativo da oltre tre decenni e continua a fare scoperte rivoluzionarie in grado di plasmare la nostra visione visione e comprensione dell’Universo.

34 anni di scienza e immagini

Dal suo lancio nel 1990 Hubble ha effettuato 1,6 milioni di osservazioni di oltre 53.000 oggetti astronomici. Ad oggi, l’ Archivio Mikulski per i telescopi spaziali presso lo Space Telescope Science Institute di Baltimora, nel Maryland, contiene 184 terabyte di dati elaborati che sono pronti per essere utilizzati dagli astronomi di tutto il mondo per la ricerca e l’analisi. Una copia europea dei dati pubblici è ospitata presso ESA’s European Space Astronomy Centre, nel European Hubble Space Telescope (eHST) Science Archive.

Dal 1990 sono stati pubblicati 44.000 articoli scientifici basati sulle osservazioni di Hubble. Ciò include un record di 1.056 articoli pubblicati nel 2023, di cui 409 condotti da autori negli Stati membri dell’ESA. La domanda per l’utilizzo di Hubble è così elevata che attualmente le richieste eccedono di un fattore sei.

Nel corso dell’ultimo anno di operazioni scientifiche, le nuove scoperte fatte utilizzando Hubble includono la ricerca di acqua nell’atmosfera del più piccolo esopianeta fino ad oggi, l’individuazione di una bizzarra esplosione cosmica lontano da qualsiasi galassia ospite, il seguire i raggi degli anelli di Saturno e lampo radio veloce più distante e potente mai visto. Gli studi di Hubble sull’asteroide Dimorphos, bersaglio di una deliberata collisione di un veicolo spaziale della NASA nel settembre 2022 per alterarne la traiettoria, sono continuati con il rilevamento di massicci rilasciati dall’impatto .

Hubble ha anche continuato a fornire immagini spettacolari di obiettivi celesti tra cui galassie a spirale , ammassi globulari e nebulose di formazione stellare. Le immagini di Hubble sono state anche combinate con le osservazioni a infrarossi del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA per creare una delle viste più complete dell’Universo: un’immagine dell’ammasso di galassie MACS 0416 .

La maggior parte delle scoperte di Hubble non erano state previste prima del lancio, come i buchi neri supermassicci, le atmosfere degli esopianeti, la lente gravitazionale della materia oscura, la presenza di energia oscura e l’abbondanza di formazione planetaria tra le stelle. Hubble continuerà la ricerca in questi settori, oltre a sfruttare la sua capacità unica nella luce ultravioletta per esaminare i fenomeni del Sistema Solare, le esplosioni di supernova, la composizione delle atmosfere degli esopianeti e le emissioni dinamiche delle galassie. 

Le caratteristiche prestazionali del telescopio spaziale James Webb sono state progettate per essere complementari a Hubble e non sostitutive. La futura ricerca di Hubble trarrà vantaggio anche dalle opportunità di sinergie con Webb, che invece opera nell’infrarosso. 

M76 è classificata come una nebulosa planetaria, un guscio in espansione di gas luminosi espulsi da una stella gigante rossa morente. La stella alla fine collassa in una nana bianca ultra densa e calda. Una nebulosa planetaria non ha alcuna relazione con i pianeti, ma ha quel nome perché gli astronomi del 1700 che utilizzavano telescopi a bassa potenza pensavano che questo tipo di oggetto somigliasse a un pianeta.

Fonte: ESA/HUBBLE


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La Voyager 1 torna a scrivere alla Terra

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Dopo aver ricevuto i dati sulla salute e sullo stato della Voyager 1 per la prima volta in cinque mesi, i membri della squadra di volo della Voyager festeggiano in una sala conferenze presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA il 20 aprile.Credito: NASA/JPL-Caltech
Tempo di lettura: 2 minuti

La Voyager 1 della NASA riprende a inviare aggiornamenti tecnici alla Terra

Dopo 5 mesi di silenzio ma anche molta speranza il Team a guida della Sonda più storica e famosa della NASA torna a gioire: la Voyager ha inviato dati utili alla Terra.

La Voyager 1 ha smesso di inviare dati scientifici e ingegneristici leggibili sulla Terra il 14 novembre 2023, anche se i controllori della missione potevano affermare che il veicolo spaziale stava ancora ricevendo i loro comandi e funzionando normalmente.

A marzo, il team di ingegneri della Voyager presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA nel sud della California ha individuato il problema dichiarando che esso era legato a uno dei tre computer di bordo del veicolo spaziale, il Flight Data Subsystem (FDS). L’FDS è responsabile dell’imballaggio dei dati scientifici e ingegneristici prima che vengano inviati sulla Terra.

Si è trattato di un bel lavoro di indagine tanto che lo stesso team ha individuato la rottura di un singolo chip responsabile della memorizzazione di una parte delle informazioni di FDS, incluso parte del codice software del computer FDS, così da comprometterne il funzionamento. La perdita di quel codice ha rendere inutilizzabili i dati scientifici e ingegneristici. Non potendo riparare il chip per ovvi motivi, il team ha optato per inserire il codice interessato altrove nella memoria FDS. Tuttavia niente è mai del tutto semplice tanto che nessuna singola posizione si è rivelata abbastanza grande da contenere la sezione di codice nella sua interezza.

a navicella spaziale Voyager 1 della NASA è raffigurata nel concept di questo artista mentre viaggia attraverso lo spazio interstellare, o lo spazio tra le stelle, in cui è entrata nel 2012.Credito: NASA/JPL-Caltech

Alla fine è stato necessario ideare un ulteriore piano per dividere il codice interessato in sezioni e archiviarne i pezzi in punti diversi nell’FDS. Naturalmente ciò ha comportato la modifica del codice stesso proprio per poter funzionare in questa nuova configurazione.

Il nuovo codice infine è stato inviato nella sua nuova posizione nella memoria FDS il 18 aprile. Un segnale radio impiega circa 22 ore e mezza per raggiungere la Voyager 1, che si trova a oltre 15 miliardi di miglia (24 miliardi di chilometri) dalla Terra, e altre 22 ore e mezza per un segnale. per tornare sulla Terra. Quando il 20 aprile la squadra di volo della missione ha ricevuto risposta dalla navicella spaziale, ha potuto constatare il buon lavoro sulla modifica assolutamente funzionante: per la prima volta in cinque mesi sono stati in grado di verificare la salute e lo stato della navicella spaziale.


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STAR PARTY Romagnolo di inizio Estate 2024

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Il gruppo astrofili Astro Amici Forlivesi organizza il primo StarParty Romagnolo della stagione estiva 2024.
L’evento, riservato ad astrofotografi e astrofili visualisti, è organizzato in collaborazione con La Nuova Brocca di Meldola (FC), che ci ospiterà per una notte all’insegna dell’astronomia e dell’astrofotografia.
Sarà possibile arrivare già dal pomeriggio per iniziare a posizionare e montare la propria strumentazione.
Avremo a disposizione allacci di corrente (chi vorrà potrà comunque equipaggiarsi come meglio crede, es. con batterie),
e servizi sanitari (nel massimo rispetto della struttura che ce ne concederà l’utilizzo per tutta la notte).
Per attendere l’arrivo della notte astronomica ci dedicheremo all’attività gAstronomica: cena con la SGARDELA, grigliata di carne con la formula All You Can Eat, con contorno di patate e bibita.
Per costi e prenotazioni, e per ogni altro tipo di informazione, scrivete all’indirizzo email astroamiciforlivesi@gmail.com

Sulla formazione dei buchi neri primordiali nell’epoca post-inflattiva

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Schema simulativo dell’inflazione, fase di espansione esponenziale estremamente rapida dell’Universo immediatamente successiva al Big Bang. Crediti: The Institute of Statistical Mathematics.
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PBHs, nati nelle prime fasi di vita dell’Universo

Se, da una parte, l’esistenza dei buchi neri stellari (i.e., derivanti dall’evoluzione di stelle molto massicce) è ad oggi ampiamente dimostrata, dall’altra, invece, quella dei buchi neri primordiali  (i.e., PBHs, nati nelle prime fasi di vita dell’Universo) rappresenta da sempre soltanto un’ipotesi. Secondo la teoria, i PBHs potrebbero aver avuto origine durante la fase di riscaldamento post-inflattiva. Per inflazione cosmica si intende l’epoca di espansione esponenziale estremamente rapida, ossia di durata pari a 10-30 s, che ha avuto luogo circa 10-35 s dopo il Big Bang e ha provocato il raffreddamento e l’aumento della dimensione dell’Universo di un fattore superiore a 1030. Essa sarebbe stata generata da un campo scalare detto inflatone φ (i.e., associato all’esotica particella con spin 0 chiamata bosone di Higgs), la cui energia totale era dominata dalla componente potenziale. Il valore quasi costante assunto dall’energia potenziale avrebbe fatto sì che l’inflatone agisse come, appunto, una costante cosmologica nel guidare l’espansione esponenziale del tessuto spazio-temporale, in modo non troppo dissimile dall’attuale costante cosmologica Λ del modello cosmologico standard (i.e., ΛCDM). La progressiva crescita della componente cinetica dell’energia totale, fino al raggiungimento del valore di quella potenziale, avrebbe però ristabilito la condizione di equilibrio energetico necessaria per porre fine all’inflazione. Al termine di questa, l’inflatone sarebbe allora decaduto via risonanze parametriche e avrebbe trasferito tutta la sua energia alla materia e alla radiazione pre-esistenti. Sarebbe così iniziata la fase di riscaldamento o termalizzazione caratterizzata dal ristabilimento della temperatura precedente all’inflazione stessa, che si sarebbe rivelata poi fondamentale per la produzione di particelle e per la conseguente formazione delle strutture cosmiche. Infatti, l’inflazione avrebbe stirato e portato su scala macroscopica le fluttuazioni quantistiche di densità di materia presenti nel neonato Universo, mentre il riscaldamento ne avrebbe alimentato lo sviluppo a dimensioni ancora maggiori: ergo, le regioni ad elevata densità sarebbero emerse e avrebbero costituito l’ambiente ideale per la formazione dei PBHs. Un aspetto chiave del processo risiede nella definizione non solo di una soglia oltre la quale si verifica il collasso gravitazionale di tale regioni, ma anche dei meccanismi che conducono al suo superamento; si tratta, nondimeno, di un’operazione complessa, perché inerente sia alla cosmologia, sia alla fisica delle particelle, sia, infine, all’astrofisica.

Andamento del potenziale V(φ) associato all’inflatone φ. Tra le varie curve in figura, quella relativa alla fase di riscaldamento lento V(φ) ∼ φ^2 è rappresentata dalla linea punteggiata rossa. Crediti: arXiv.

Storicamente, la questione è stata affrontata con un approccio matematico perturbativo, dal quale è risultato che la scala energetica propria del riscaldamento sarebbe piuttosto bassa: ciò porta a supporre che la fase sia durata più e-foldings, ossia più intervalli di tempo in cui la temperatura dell’Universo avrebbe subito l’incremento di un fattore e 2.71828. Tale scenario prende pertanto il nome di riscaldamento lento e scaturisce dall’assunzione di un potenziale inflattivo V(φ) di tipo quadratico (i.e., V(φ) ∼ φ^2 ). 

Durante il riscaldamento lento, il collasso gravitazionale delle regioni ad elevata densità sarebbe sottoposto a tre diverse condizioni: la prima sulla sfericità di queste, la seconda sul loro spin e la terza sulla massima dispersione di velocità dell’intero processo. Il prevalere di una di esse determinerebbe, quindi, l’esito finale del collasso gravitazionale, alias la nascita o meno di un PBH. In particolare, si trova che il criterio di dispersione di velocità σ sarebbe più stringente rispetto agli altri due per valori del parametro ≤ 0.04 km/s: ciò significa che, se σ > 0.04 km/s, i vincoli più restrittivi per il verificarsi del collasso gravitazionale sono impartiti dalla morfologia e dalla rotazione della regione ad elevata densità considerata. Ora, la dispersione di velocità sembrerebbe rivestire un ruolo cruciale nella formazione delle strutture cosmiche, in quanto si opporrebbe al collasso gravitazionale e favorirebbe il mantenimento di uno stato di equilibrio dinamico indispensabile per il completamento di questa. Valori troppo bassi di dispersione di velocità sarebbero insufficienti a bloccare il collasso gravitazionale, mentre valori troppo alti causerebbero la disgregazione delle proto-strutture: per questo motivo, affinché nasca un PBH nella situazione σ > 0.04 km/s, si richiede l’intervento di ulteriori criteri regolatori del collasso gravitazionale.

 Altro elemento imprescindibile sarebbe, in tal senso, il legame tra la scala spaziale R delle regioni ad elevata densità e la lunghezza d’onda di de Broglie λ_dB ad esse associata: λ_dB ≃ 0.8R_1/2, ove R_1/2 simboleggia la metà della scala spaziale R. Più esplicitamente,  la lunghezza d’onda di de Broglie rappresenta la misura di spazio al di là della quale le proprietà ondulatorie (i.e., quantistiche) della materia predette dall’equazione di Schrödinger non si manifestano.

Evoluzione di un condensato di Bose-Einstein. Crediti: NASA/Caltech.

Tale relazione si spiega tenendo conto del fatto che durante la fase di riscaldamento si possano generare strutture di tipo alone a scale spaziali superiori a λ_dB, e di tipo solitone dall’aggregazione delle particelle di materia in uno stato detto condensato di Bose-Einstein a scale spaziali comparabili a λ_dB. Il collasso gravitazionale di queste strutture darebbe luogo a PBHs nel primo caso scevri dagli effetti quantistici della materia, e nel secondo ad essi soggetti, poiché i condensati di Bose-Einstein si comportano proprio come singole entità quantistiche (i.e., conservano le relative proprietà ondulatorie come unicum, o meglio non più a livello particellare). Da notare, inoltre, che alle strutture di tipo alone sarebbe attribuito un profilo di densità Navarro-Frenk-White (NFW), laddove a quelle di tipo solitone un profilo di densità solitone.

Profilo di densità di tipo alone (linea punteggiata) e di tipo solitone (linea tratteggiata). Crediti: arXiv.

In conclusione, la determinazione del meccanismo di formazione di un PBH dipenderebbe dalle caratteristiche della regione ad elevata densità progenitrice (i.e., morfologia, rotazione e scala spaziale) e dalla dispersione di velocità che ne accompagna il collasso gravitazionale. Tuttavia, è bene sottolineare che tali congetture sussistono nello speciale contesto del riscaldamento lento, che, a differenza del riscaldamento normale, si basa sulle delle precise ipotesi. Tra queste si annoverano l’assenza di risonanze parametriche nel decadimento dell’inflatone, nonché l’esistenza di un potenziale inflattivo quadratico e la prescrizione di una maggiore durata del periodo post inflazione per permettere la comparsa di strutture di tipo alone e di tipo solitone.

Benché l’elaborazione di teorie fisico-matematiche sui primi stadi di vita dell’Universo abbia carattere ancora fortemente astratto ed implichi la conoscenza di innumerevoli concetti e dettagli tecnici, essa si rivela essenziale per il progredire della cosmologia. Grazie alla ricerca sui possibili canali di formazione dei PBHs e sulle condizioni per la loro effettiva insorgenza a seguito dell’inflazione cosmica è dunque possibile ottenere informazioni tanto rilevanti quanto inattese sulle leggi che governano la storia evolutiva dell’Universo. In fin dei conti, la produzione scientifica dello scorso secolo insegna come i buchi neri, inizialmente apparsi in veste di mera soluzione matematica delle equazioni della relatività generale di Einstein, abbiano rappresentato un punto di svolta per la comunità astrofisica odierna. Il tutto nonostante la prova osservativa della loro esistenza sia stata di gran lunga postuma la loro formulazione teorica. Che possa valere lo stesso per i PBHs? È, questo, un altro meraviglioso e affascinante mistero della scienza celeste.

Fonte: arXiv

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Anche Hubble per la caccia agli asteroidi

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Ecco un esempio di immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA della galassia a spirale barrata UGC 12158, con frecce della bussola, una barra della scala e una chiave colorata come riferimento. Sembra che qualcuno abbia usato su di essa un pennarello bianco. In realtà si tratta di una combinazione di esposizioni temporali di un asteroide in primo piano che si muove attraverso il campo visivo di Hubble, bombardando l'osservazione della galassia. Sono state effettuate diverse esposizioni della galassia, come evidenziato dallo schema tratteggiato. L'asteroide appare come una scia curva a causa della parallasse: Hubble non è stazionario, ma orbita attorno alla Terra, e questo dà l'illusione che il debole asteroide stia ondeggiando lungo una traiettoria curva. L’asteroide inesplorato si trova all’interno della fascia degli asteroidi nel nostro Sistema Solare, e quindi è 10 trilioni di volte più vicino a Hubble rispetto alla galassia di fondo. Credit: NASA, ESA, P. G. Martín (Autonomous University of Madrid), J. DePasquale (STScI). Acknowledgment: A. Filippenko (University of California, Berkeley)
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L’occhio di Hubble smaschera gli asteroidi della fascia principale

Recentemente alcuni astronomia hanno utilizzato le immagini archiviate scattate dal telescopio Hubble per catturare una popolazione in gran parte invisibile di asteroidi piuttosto piccoli traditi dalle loro tracce. La caccia al tesoro ha richiesto l’inseguimento di 37.000 immagini di Hubble nell’arco di 19 anni. Il risultato è stato trovare 1.701 tracce di asteroidi, di cui 1.031 non ancora catalogati. Circa 400 di questi asteroidi hanno dimensioni inferiori a un chilometro. 

Il lavoro è stato svolto per lo più da volontari noti con il nome di “Science Citizen” coadiuvati da scienziati professionisti che hanno coordinato le sessioni di ricerca combinando gli sforzi e sviluppando algoritmi di apprendimento automatico per identificare gli asteroidi. Un processo che ha generato un nuovo approccio alla ricerca di asteroidi sfruttando gli archivi astronomici che in decenni di osservazione possono contenere molte informazioni preziose. 

“Ci stiamo concentrando sulla ricerca della popolazione più piccola di asteroidi della fascia principale e ovviamente siamo rimasti sorpresi nello scoprire un numero così elevato di oggetti candidati”, ha affermato l’autore principale Pablo García Martín dell’Università di Madrid, Spagna. “C’era qualche indizio sull’esistenza di questa popolazione, ma ora lo stiamo confermando con un campione casuale ottenuto dall’intero archivio Hubble. Questo è importante per fornire informazioni sui modelli evolutivi del nostro Sistema Solare.”

L’ampio campione offre nuove informazioni sull’evoluzione della fascia degli asteroidi. La presenza di molti piccoli asteroidi favorisce l’idea che si tratti di frammenti di asteroidi più grandi che si sono scontrati e di conseguenza di sono frantumati, come vasi di ceramica. Si tratta di un processo di triturazione che dura da miliardi di anni.

Una teoria alternativa sull’esistenza di frammenti più piccoli è che si siano già formati in questo modo miliardi di anni fa. Ma non esiste alcun meccanismo concepibile che impedisca loro di raggiungere dimensioni maggiori mentre agglomerano la polvere proveniente dal disco circumstellare che forma il pianeta attorno al nostro Sole. “Le collisioni avrebbero una certa firma che possiamo usare per testare l’attuale popolazione della fascia principale”, ha detto il coautore Bruno Merín del Centro europeo di astronomia spaziale di Madrid, Spagna.

La tecnica di indagine sfrutta l’alta velocità orbitale di Hubble intorno alla Terra che gli consente di immortalare gli asteroidi come se fossero scie luminose impresse sull’immagine di fondo. E’ ciò che accade anche guardando un asteroide con un telescopio terrestre. Questi asteroidi, soprannominati “photobomb” appaiono come inconfondibili scie curve nelle fotografie di Hubble.

Mentre Hubble si muove intorno alla Terra, cambia l’angolo con cui osserva un asteroide, che si muove anch’esso lungo la propria orbita. Conoscendo la posizione di Hubble durante l’osservazione e misurando la curvatura delle strisce, gli scienziati possono determinare le distanze degli asteroidi e stimare la forma delle loro orbite.

Ecco un esempio di immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA della galassia a spirale barrata UGC 12158, con frecce della bussola, una barra della scala e una chiave colorata come riferimento. Sembra che qualcuno abbia usato su di essa un pennarello bianco. In realtà si tratta di una combinazione di esposizioni temporali di un asteroide in primo piano che si muove attraverso il campo visivo di Hubble, bombardando l’osservazione della galassia. Sono state effettuate diverse esposizioni della galassia, come evidenziato dallo schema tratteggiato.
L’asteroide appare come una scia curva a causa della parallasse: Hubble non è stazionario, ma orbita attorno alla Terra, e questo dà l’illusione che il debole asteroide stia ondeggiando lungo una traiettoria curva. L’asteroide inesplorato si trova all’interno della fascia degli asteroidi nel nostro Sistema Solare, e quindi è 10 trilioni di volte più vicino a Hubble rispetto alla galassia di fondo. Credit:
NASA, ESA, P. G. Martín (Autonomous University of Madrid), J. DePasquale (STScI).
Acknowledgment: A. Filippenko (University of California, Berkeley)

Gli asteroidi catturati risiedono principalmente nella fascia principale, che si trova tra le orbite di Marte e Giove. La loro luminosità viene misurata dalle sensibili telecamere di Hubble e il confronto con la loro distanza consente una stima delle dimensioni. Gli asteroidi più deboli presi in esame sono circa un quaranta milionesimo della luminosità della stella più debole che può essere vista dall’occhio umano.

“Le posizioni degli asteroidi cambiano con il tempo, e quindi non è possibile trovarli semplicemente inserendo le coordinate, perché in momenti diversi potrebbero non essere più lì”, ha detto Merín. “Come astronomi non abbiamo tempo per esaminare tutte le immagini degli asteroidi. Così abbiamo avuto l’idea di collaborare con più di 10.000 volontari per esaminare gli enormi archivi di Hubble”.

Nel 2019 un gruppo internazionale di astronomi ha lanciato Hubble Asteroid Hunter, un progetto scienza condivisa per identificare gli asteroidi nei dati di archivio di Hubble. L’iniziativa è stata sviluppata da ricercatori e ingegneri del European Science and Technology Centre (ESTEC) e del centro dati scientifici del European Space Astronomy Centre’s science data centre (ESDC), in collaborazione con la piattaforma Zooniverse, la piattaforma scientifica cittadina più grande e popolare al mondo, e Google.

Il grafico mostra la distribuzioni per dimensione degli asteroidi identificati grazie al nuovo metodo. Gli asteroidi non erano l’obiettivo della ripresa ma hanno catturato l’attenzione grazie alle evidenti scie lasciate sulle immagini. Credit:
NASA, ESA, P. G. Martín (Autonomous University of Madrid), E. Wheatley (STScI)

Un totale di 11.482 volontari di citizen-science hanno fornito quasi due milioni di identificazioni ed hanno ricevuto un kit di formazione per un algoritmo automatizzato basato sull’intelligenza artificiale per identificare gli asteroidi. Un approccio pionieristico che potrà sicuramente essere replicato.

Il progetto continuerà con il calcolo delle orbite per poter individuare la posizione attuale degli oggetti individuati.

Fonte: ESA/HUBBLE


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COELUM DIGITAL VERSION ON MAGZTER

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Scegliendo l’acquisto della singola uscita di Coelum non verrà attivato alcun abbonamento, tuttavia Magzter offre una soluzione di abbonamento che consente l’accesso a tutti i titoli contenuti nel catalogo Magzter. Tale abbonamento è da intendersi sottoscritto esclusivamente con la piattaforma e non rientra della responsabilità di Coelum Astronomia.

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Proviene dalla ISS il frammento che nel 2021 colpì una casa

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La NASA ha completato l’analisi sul frammento di metallo che nel 2021 cadde su una casa nello stato della Florida.

Nel marzo 2021 Alejandro Otero segnalò che un oggetto di metallo aveva perforato il tetto della sua casa arrecando danni alla sua abitazione sita nella cittadina balneare di Naples in Florida.

I danni, per lo più modesti, erano tuttavia evidenti e Otero suppose subito che l’oggetto con un peso complessivo di circa 0,7 kilogrammi, potesse appartenere alla Stazione Spaziale Internazionale.

Scatti dei danni causati alla casa di Alejandro Otero nel 2021.

Dopo diversi mesi di attesa la NASA ha finalmente confermato che in effetti che il corpo di metallo è parte di un cargo di immondizia rilasciato dalla ISS l’11 marzo 2021.

Il carico conteneva batterie usate ed era destinato a bruciare completamente nell’atmosfera terrestre.

Un pezzo però del contenuto è evidente sopravvissuto alla passaggio in atmosfera per finire al suo in Florida.

Nell’immagine il pezzo caduto in Florida paragonato con le batterie all’idruro di nichel

Le batterie all’idruro di nichel sono state abbandonate dopo che le nuove versioni agli ioni di litio sono state consegnate alla ISS per un aggiornamento dell’alimentazione. Si prevedeva che il pallet e le batterie si bruciassero completamente nell’atmosfera terrestre , hanno detto i funzionari della NASA nell’aggiornamento di oggi, ma ciò non è accaduto e l’agenzia vuole sapere perché.

“Sulla base dell’esame, l’agenzia ha stabilito che i detriti erano un montante dell’attrezzatura di supporto di volo della NASA utilizzata per montare le batterie sul pallet di carico”, hanno scritto i funzionari dell’agenzia in un aggiornamento di oggi (15 aprile)

“La Stazione Spaziale Internazionale eseguirà un’indagine dettagliata sull’analisi del lancio e del rientro per determinare la causa della sopravvivenza dei detriti e per aggiornare la modellazione e l’analisi, secondo necessità”, hanno scritto i funzionari della NASA nell’aggiornamento di oggi.

Per la sicurezza di tutti è una priorità che i rilasci della ISS destinati a bruciare non arrivo a terra anche in maniera parziale e ciò vale per qualsiasi altra attività che preveda la distruzione in atmosfera.

Di sicuro questo episodio sarà utile ai progettisti della NASA ma anche di altre agenzie per valutare in maniera più accurata i parametri necessari da rispettare per la messa in sicurezza.


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Sample Return da Marte: meglio o peggio?

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Ieri pomeriggio, in una conferenza aperta agli operatori del settore e alle testate giornalistiche, il direttore della NASA ha annunciato valutazioni e considerazioni importanti e che influenzeranno il futuro della missione per il prelievo dei campioni da Marte da riportare sulla terra.

I Mars Sample Return di cui abbiamo parlato in COELUM 256 nell’articolo a John Robert Brucato, Gabriele Cremonese e Lucia Marinangeli cioè prelievi del suolo marziano da riportare sulla terra, rappresenta una delle principali missioni della NASA degli ultimi due decenni.

Una nuova stima dei costi ha sancito che la missione alla fine costerà circa 11 miliardi di dollari e la data di ritorno è stata rimandata al 2040.

“Troppo costosa e troppo lenta”, così ha dichiarato il direttore della NASA Bill Nelson nella conferenza tenuta il 15 aprile. In sintesi il messaggio può essere così riassunto: la missione è importante, va completata riportando a terra se non tutti almeno alcuni dei campioni ma bisogna trovare una via più economica e soprattutto più rapida, considerando che è già nel decennio fra il 2030 e il 2040 che si vorrebbe portare i primi astronauti su Marte.

Insomma la missione non è abortita ma l’imperativo è modificarla.

Dal 21 febbraio 2021 il rover PERSEVERANCE opera su Marte, coadiuvato fino a poco fa dal suo fedele collaboratore, INGENUITY prelevando campioni del suolo marziano da riporre all’interno di contenitori opportunamente sterilizzati e successivamente sigillati. I contenitori poi vengono lasciati al suolo all’interno del cratere Jezero, area in cui il rover si muove.

La missione di ritorno prevede di inviare su Marte un MAV, un modulo di atterraggio in grado in orbita intorno al pianeta ove una navicella, questa volta di produzione dell’ESA Agenzia Spaziale Europea dovrebbe essere pronta al recupero. Il recupero dei campioni prima affidato a dei droni ora è passato allo stesso Perseverance.

Secondo la NASA tutto ciò oggi diventa troppo costoso e soprattutto lento considerando che non è possibile penalizzare altre missioni importanti per concentrare le risorse e accelerare i tempi di produzione e realizzazione dei componenti ancora mancanti.

Ricordiamo che la NASA ha già in progetto la realizzazione di un drone DRAGONFLY da inviare verso la gigantesca luna di Saturno: Titano.

Insomma nei prossimi anni la NASA tornerà spesso sull’argomento iniziando si da ora a valutare ogni possibile alternativa.

 


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La caverna di Platone, Flatland e i misteri della fisica – scarica la lettura

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Siamo anche noi abitanti di una Flatland tridimensionale?

di Ranieri Zaninotti

Nell’articolo l’autore prende spunto dal mito della Caverna di Platone e dal romanzo FlatLand per esplorare brevemente opzioni filosofiche e fisiche.

Partendo dal mito della caverna di Platone, presentato nella trattazione “La Repubblica”, dove le persone incatenate in una caverna vedono solo le ombre proiettate su una parete, simbolo delle percezioni sensoriali che distorcono la realtà vera e immutabile; e sfruttando una similitudine con la “realtà” come appare agli abitanti di “Flatland”, l’articolo invita a porsi una domanda.

Potremmo forse sciogliere ogni dubbio sulle conoscenze umane ipotizzando l’esistenza di dimensioni spaziali aggiuntive non direttamente percepibili? Discutiamo sui fenomeni come l’entanglement quantistico e la materia oscura, che rimangono misteriosi e sfidano la nostra comprensione della realtà, paragonando la nostra condizione a quella degli abitanti della caverna di Platone o di Flatland, limitati nella percezione di un universo più complesso e multidimensionale.

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Bando Editoria Scuole 2024

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Bando Scuole Editoria 2024
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Rimborso del 90% alle scuole per l’acquisto di abbonamenti a riviste scientifiche

Bilancio 2024 in pillole
Bonus per editori e scuole

Da FiscoOnline

Contributi alle scuole che acquistano abbonamenti a quotidiani e riviste
Il comma 320 della legge di bilancio 2024 è dedicato a una misura, non nuova, ma ampliata, che indirettamente si muove a favore della stampa allargando però gli orizzonti alle pubblicazioni digitali.
La norma prevede, a decorrere dall’anno scolastico 2024-2025, un contributo pari al 90% della spesa sostenuta dalle istituzioni scolastiche statali e paritarie, di ogni ordine e grado, per l’acquisto di uno o più abbonamenti a quotidiani, periodici, riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale.

Gli istituti interessati devono chiedere la sovvenzione al dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della presidenza del Consiglio dei ministri, il capo dello stesso dipartimento emana annualmente il bando per l’assegnazione del contributo.
Come anticipato, non si tratta di un debutto, la disposizione che promuove la lettura sostituisce, infatti, l’agevolazione prevista, a decorrere dall’anno 2020, dall’articolo 1, comma 389, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020). Non cambiano i destinatari del beneficio, né l’entità del contributo e neanche le modalità di accesso, ma la nuova norma ammette all’agevolazione anche i quotidiani invece esclusi dalla disciplina ora abrogata.

Leggi: Comma 320 nella legge di Bilancio 2024

La procedura di richiesta del contributo seguirà lo stesso iter valido per il medesimo contributo del 2023.

Link apertura richiesta rimborso per l’anno 2023 e procedura

Scrivi a ASSISTENA.VENDITE@COELUM.COM per maggiori informazioni oppure contatta il tuo fornitore di servizi e chiedi di COELUM ASTRONOMIA!


 

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Apophis

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Rappresentazione artistica dell'asteroide (99942) Apophis. Il 13 aprile 2029 Apophis passerà a meno di 32.000 km dalla superficie terrestre. CREDIT The Planetary Society; CC BY-NC 3.0
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SICUREZZA SPAZIALE

Il 13 aprile 2029 l’asteroide (99942) Apophis passerà a meno di 32 000 km dalla superficie terrestre.

Con un diametro medio di circa 375 m, Apophis sarà, per un breve periodo, più vicino alla Terra dei satelliti per telecomunicazioni in orbita geostazionaria e visibile nel cielo notturno ad occhio nudo da gran parte dell’Europa, dell’Africa e dell’Asia.

Quando Apophis fu scoperto nel 2004, le osservazioni iniziali indicavano una piccola possibilità che potesse colpire la Terra nel 2029, 2036 o 2068. Una collisione avrebbe potuto essere devastante, e quindi l’asteroide prese il nome dal dio egiziano del caos e della distruzione.

Osservazioni successive hanno escluso qualsiasi possibilità di impatto per almeno i prossimi 100 anni.

Tuttavia, l’avvicinamento ravvicinato di Apophis nel 2029 rappresenta un’opportunità unica di sensibilizzazione scientifica e pubblica. Le agenzie spaziali e gli istituti scientifici di tutto il mondo stanno pianificando di utilizzare il flyby per esplorare Apophis da terra utilizzando telescopi e da vicino utilizzando veicoli spaziali.

Le immagini rappresentano le osservazioni radar dell’asteroide 99942 Apophis l’8, 9 e 10 marzo 2021 durante l’ultimo passaggio ravvicinato. CREDITO NASA/JPL-Caltech e NSF/AUI/GBO

Scoperta e probabilità di impatto

Apophis è stato scoperto il 19 giugno 2004 dagli astronomi dell’Osservatorio nazionale di Kitt Peak negli Stati Uniti. Fu presto identificato come uno degli asteroidi potenzialmente più pericolosi mai rilevati. Il rischio di un impatto per 2029 salì fino al 2,7% e ha visto Apophis raggiungere il punteggio più alto di sempre sulla “scala Torino”, un metodo utilizzato per valutare la minaccia che un asteroide rappresenta per la Terra.

Utilizzando ulteriori osservazioni dell’asteroide, gli astronomi sono stati successivamente in grado di escludere il rischio di un impatto nel 2029 o nel 2036. Tuttavia, per diversi anni è rimasta ancora una piccola possibilità di impatto nel 2068 ma sappiamo oggi che saremo al riparo per almeno altri 100 anni.

Quando Apophis passerà davanti alla Terra nell’aprile 2029, l’attrazione della gravità del pianeta modificherà in modo significativo l’orbita dell’asteroide amplificando in parte la nostra incertezza sulla sua traiettoria futura. 

Tuttavia, le osservazioni radar di Apophis effettuate dal Goldstone Deep Space Communications Complex della NASA in California e dal Green Bank Observatory, West Virginia, nel marzo 2021, hanno notevolmente migliorato la nostra conoscenza dell’attuale orbita dell’asteroide e hanno permesso agli astronomi di escludere finalmente qualsiasi possibilità di impatto con la Terra per almeno 100 anni.

Apophis è stato rimosso dalla “Lista dei rischi” gestita dall’Ufficio per la difesa planetaria dell’ESA il 26 marzo 2021.

Fonte: ESA

 


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UNOOSA, la giornata internazionale dell’Uomo nello Spazio e la PACE

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L’inizio dell’era spaziale per l’umanità

L’Assemblea Generale, nella risoluzione A/RES/65/271 del 7 aprile 2011, ha dichiarato il 12 aprile  Giornata internazionale del volo spaziale umano  “per celebrare ogni anno a livello internazionale l’inizio dell’era spaziale per l’umanità, riaffermando la importante contributo della scienza e della tecnologia spaziale nel raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile e nell’aumento del benessere degli Stati e dei popoli, nonché nel garantire la realizzazione della loro aspirazione a mantenere lo spazio extraatmosferico per scopi pacifici”.

Il 12 aprile 1961 fu la data del primo volo spaziale umano, effettuato da Yuri Gagarin, cittadino sovietico. Questo evento storico ha aperto la strada all’esplorazione dello spazio a beneficio di tutta l’umanità.

ONU e Spazio

Fin dall’inizio dell’era spaziale, le Nazioni Unite hanno riconosciuto che lo spazio aggiungeva una nuova dimensione all’esistenza dell’umanità. La famiglia delle Nazioni Unite si sforza continuamente di utilizzare i benefici unici dello spazio per il miglioramento di tutta l’umanità.

Riconoscendo l’interesse comune dell’umanità per lo spazio extra-atmosferico e cercando di rispondere alle domande su come lo spazio esterno possa aiutare a portare benefici ai popoli della Terra, l’Assemblea Generale ha adottato la sua  prima risoluzione relativa allo spazio extra-atmosferico , la risoluzione 1348 (XIII) intitolata “Questione dell’uso pacifico dello spazio”.

Il 10 ottobre 1967 entra in vigore la “ Magna Carta dello Spazio ”, conosciuta anche come Trattato sui principi che regolano le attività degli Stati nell’esplorazione e nell’utilizzazione dello spazio extraatmosferico, compresa la Luna e gli altri corpi celesti .

Oggi, l’ Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico (UNOOSA) è l’ufficio delle Nazioni Unite responsabile della promozione della cooperazione internazionale negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico. UNOOSA funge da segretariato dell’unico comitato dell’Assemblea Generale che si occupa esclusivamente della cooperazione internazionale negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico: il Comitato delle Nazioni Unite per gli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico (COPUOS).

L’UNOOSA è anche responsabile dell’attuazione dei programmi del Segretario Generale ai sensi del diritto spaziale internazionale e del mantenimento del registro degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico delle Nazioni Unite.

Fra i moltissimi progetti di valore seguiti e promossi da UNOOSA un ruolo importante occupa COPUONS 2024 Comitato per gli Usi Pacifici dello Spazio Extraatmosferico e suoi Sottocomitati.

COPUONS 2024 Comitato per gli Usi Pacifici dello Spazio Extraatmosferico e suoi Sottocomitati

Il Comitato per gli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico (COPUOS) è stato istituito dall’Assemblea Generale nel 1959. Dalla sua istituzione, il numero dei membri del Comitato ha continuato ad espandersi. Il Comitato è l’unico comitato dell’Assemblea Generale che si occupa esclusivamente della cooperazione internazionale negli usi pacifici dello spazio extra-atmosferico, e il suo ruolo come forum per monitorare e discutere gli sviluppi relativi all’esplorazione e all’uso dello spazio extra-atmosferico si è evoluto insieme ai progressi tecnici nell’esplorazione dello spazio, nei cambiamenti geopolitici e nell’uso in evoluzione della scienza e della tecnologia spaziale per lo sviluppo sostenibile.

 

SC meeting on lifting diamond ban in Liberia

Il Comitato si riunisce ogni anno a Vienna, in Austria, per discutere questioni relative alle attività attuali e future nello spazio. Gli argomenti di discussione includono il mantenimento dello spazio per scopi pacifici, operazioni sicure in orbita, detriti spaziali, condizioni meteorologiche spaziali, la minaccia degli asteroidi , l’uso sicuro dell’energia nucleare nello spazio , il cambiamento climatico , la gestione dell’acqua , i sistemi satellitari di navigazione globale e domande riguardante il diritto spaziale e la legislazione spaziale nazionale.

Perchè seguire le attività UNOOSA

Il portale di UNOOSA che vi invitiamo a seguire è ricco di opportunità per tutti e non è solo un modo di dire o uno slogan. Sono molte le iniziative fra cui poter scegliere, gli eventi di coinvolgimento, i documenti pubblicati. Tanti sono anche i giovani italiani che approfittando della rete di contatti e di istituzioni che UNOOSA è stata in grado di costruire negli anni, riescono ad accedere a formazione e percorsi lavorativi internazionali. In comune hanno un profondo spirito di collaborazione.

Oggi avremmo potuto parlare di Gagarin, l’abbiamo già fatto e lo rifaremo, ma in giorni difficili per la Pace nel Mondo abbiamo preferito volgere l’attenzione ad iniziative di valore e immergerci per un po’ di una visione diversa.

PS: fate girare: passaparola a figli, figlie e loro amic*!

 

AstroPhotoFake: come riconoscerle

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Nei giorni scorsi ci siamo imbattuti in un post del blog dell’ESO European Southern Observatory. L’argomento è più che mai attuale e se già non fosse abbastanza intrigato di suo il dilagare dell’AI l’ha reso più che mai spinoso. Stiamo parlando delle immagini astronomiche false.

Abbiamo già accennato in passato ad alcuni tentativi, anche sul territorio italiano, per offrire strumenti e piattaforme condivise sulle quali aprire il dialogo e la valutazione onesta non tanto di immagini palesemente ricreate ma anche su fotoritocchi troppo forzati o elaborazioni all’estremo. Non dimentichiamo ovviamente i fotomontaggi ma li abbiamo volutamente nominati per ultimi perché almeno per questa volta, sono l’oggetto dell’articolo pubblicato e di cui riprendiamo qui la parte saliente rimandando alla versione originale per la lettura completa.

Nell’articolo l’autore Juan Carlos Muñoz Mateos, in forze all’ufficio comunicazione dell’ESO, suggerisce alcune tecniche per “smascherare” i fotoritocchi, almeno partendo dai più semplici farciti da banali errori.

Ma andiamo per ordine. Iniziamo tenendo in considerazione le dimensioni del Sole e della Luna. Muñoz ci ricorda come le dimensioni apparenti di Sole e Luna siano simili nel nostro cielo ma come capire se uno dei due astri, immortalato vicino ad un oggetto reale, mostra la giusta proporzione? Seguiamo il filo del discorso dell’autore:

Le dimensioni apparenti del Sole e della Luna nel cielo sono molto più piccole di quanto pensi: puoi facilmente rendertene conto avvicinando un dito tenuto a distanza di un braccio. Eppure, gli astrofotografi spesso catturano immagini straordinarie come quelle qui sotto, che mostrano il Sole e la Luna che sorgono dietro l’ ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, attualmente in costruzione in Cile. Queste sono fotografie singole autentiche, catturate in un unico scatto sul posto, ma come sono possibili?

La Luna piena che sorge dietro l’ELT vista dall’Osservatorio del Paranal. Crediti J. Beltran/EsO
(REALE) Il Sole che sorge dietro l’ELT visto dall’Osservatorio del Paranal. Crediti E. Garcés/ESO. Ack.: N. Dubost

Ecco il trucco: la dimensione apparente del Sole e della Luna è sempre la stessa indipendentemente dalla tua posizione. Sono così lontani dalla Terra che, non importa dove ti trovi, sembreranno sempre della stessa dimensione nel cielo. Gli oggetti vicini come gli edifici, d’altro canto, appaiono più piccoli quanto più ci si allontana da essi. Quindi, se ti allontani abbastanza, questi oggetti possono apparire piccoli come il Sole o la Luna. Tutto ciò che serve quindi è un teleobiettivo o un piccolo telescopio per ingrandire e amplificare l’immagine.

Un oggetto di dimensione S avrà più o meno la stessa dimensione del Sole/Luna se visto da una distanza di 100 x S. Quindi, se una fotografia contiene un oggetto in primo piano di cui conosci le dimensioni effettive, puoi facilmente capire quanto è lontano l’oggetto. doveva essere il fotografo a scattare quella foto e, si spera, a concludere se l’immagine è autentica o meno.

Mettiamolo alla prova con le immagini ELT sopra. La cupola dell’ELT è larga 88 m, mentre il Sole e la Luna sono poco più del doppio – circa 200 m. Moltiplicandolo per 100 si ottiene una distanza di tiro di 20 km. Questa è infatti la distanza tra il Cerro Armazones, dove si trova l’ELT, e l’Osservatorio Paranal dell’ESO, da dove sono state scattate queste immagini.

Ora diamo un’occhiata alla fotografia qui sotto, che mostra la Luna piena dietro il Big Ben a Londra. Lungo il Big Ben, alto 96 metri, si possono impilare circa 6 Lune una sopra l’altra. Quindi la Luna si estende per l’equivalente di 16 m, il che significa che il fotografo doveva trovarsi a 1,6 km di distanza per ottenere questo scatto. Eppure è chiaro dall’inquadratura dell’immagine che è stata scattata da qualche parte sull’altra sponda del Tamigi, a soli 200-300 metri dal Big Ben.

(FAKE) An image of the full Moon behind the Big Ben in London that gives the impression the Moon is bigger than it actually is. The Moon has been manually added.

Un’altra cosa a cui prestare attenzione in questo tipo di immagini è se il Sole o la Luna appaiono troppo nitidi. Quando sono vicini all’orizzonte, la loro luce attraversa una grossa porzione dell’atmosfera terrestre, sfocando e persino schiacciando le immagini. Ma se il Sole o la Luna appaiono perfettamente nitidi , spesso è un segno rivelatore che sono stati aggiunti.”

I suggerimenti di Muñoz Mateos continuano spostando ora l’attenzione su paragone fra oggetti celesti. Vediamo.

“Anche in assenza di punti di riferimento terrestri è spesso possibile individuare quando il Sole o la Luna sono stati aggiunti artificialmente confrontandoli con altri oggetti celesti. Ad esempio, l’immagine in basso a sinistra è spesso condivisa sui social media come una vera e propria fotografia di un’eclissi solare vista dallo spazio. Si tratta infatti di un’immagine generata al computer dall’artista A4size-ska , che la rivela apertamente come tale. Uno degli indizi è che il Sole e la Luna non sono affatto grandi rispetto alla Via Lattea, che puoi vedere appena sotto il “Sole eclissato” nell’immagine. Confrontandola con una fotografia reale che mostra la Via Lattea nel cielo (a destra), scattata all’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA) non è difficile notare le reali proporzioni”.

Un’immagine artistica generata dal computer che mostra un’eclissi solare dallo spazio. È stata realizzata con Terragen, uno strumento per il rendering di terreni e ambienti fotorealistici. La Via Lattea è un’immagine reale aggiunta alla composizione.
La via Lattea che si inarca sopra ALMA, il puntino bianco in basso è la Luna. Crediti: Y. Beletsky (LCO)/ESO

 Completiamo la carrellata di alcune fake-photo con l’immagine che segue in cui Sole e Luna sono perfettamente allineati fra le due palme, ma potrebbero essere due colonne qualsiasi. In questo fotomontaggio, perchè di ciò si tratta, a suggerirci il sospetto dovrebbe essere la Luna che non sarà mai piena e così luminosa se sita dallo stesso lato del Sole rispetto all’obiettivo.

 

 

 

All’articolo continua con altri suggerimenti sia su tecniche che su servizi online che facilmente potrebbero fornire anteprima degli scenari davvero disponibili in determinate località. L’invito è a continuare la lettura sul sito dell’ESO

COELUM per conto suo continuerà a seguire il blog segnalando nuovi interessanti suggerimenti, e a valorizzare gli scatti più genuini realizzati da ottimi e bravissimi astrofotografi.

 

Successo per il TEAM della misura del Raggio del Sole

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I lettori più affezionati sapranno oramai che COELUM sostiene il BesselianElements Team, in redazione affettuosamente denominato “Team Raggio del Sole”, il cui scopo è quello di sfruttare le eclissi di Sole appunto per determinare la misura più precisa possibile del raggio del Sole, da cui l’appellativo (vedi Coelum 256 e Coelum 267).

Il team, composto da Alessandro Pessi, John Irwin, Luca Quaglia, Lucian Kafka e Konstantinos Emmanouilidis, non si è fatto naturalmente sfuggire la nuova occasione e come annunciato nell’ultimo articolo di aggiornamento pubblicato in Coelum 267 si è fatto trovare nella giusta posizione per la raccolta di nuovi e preziosi dati.

Complice il cielo sereno Alessandro Pessi e Luca Quaglia hanno predisposto l’attrezzatura necessaria ed annunciano parecchie ore di intenso lavoro per l’analisi dei dati.

Niente immagini di effetto quindi ma grafici e numeri indispensabili per la buona scienza che da sempre Coelum promuove!

Ecco le prime parole a caldo di Alessandro e Luca sull’esperienza:

“Nei giorni precedenti all’eclisse un paio di articoli di Forbes (Why Your Total Solar Eclipse Map Is Now Wrong (And Where To Find The New One) (forbes.com) e 15 Places In The U.S. That Just Lost Their Total Solar Eclipse — While Texas Gained (forbes.com) ) hanno attirato attenzione sulla mappa pubblicata dal nostro team con parametri di calcolo accurati e aggiornati. La notizia è stata ripresa da molti media ed è diventata virale. Dopo che sono circolati alcuni fact check com (1) Facebook siamo stati sommersi da domande di giornalisti, il nostro blog https://www.besselianelements.com/ ha ricevuto molte visite da parte di eclipse chasers in cerca di conferma delle coordinate dei limiti, qualcuno si è offerto di prendere misure dal bordo per aiutare la nostra ricerca della misura del raggio solare. 

Le previsioni meteo sono state incerte fino all’ultimo. I modelli previsionali a lungo range non convergevano, quelli a breve termine erano discordanti. Alla fine ci siamo basati sulle immagini satellitari. Partiti la mattina presto abbiamo tentato la sorte a Stephenville, TX. nel parco comunale, accanto ai giochi per bambini con pochi altri osservatori, ignari di essere solo 500m dentro la banda di totalità con una durata attesa di 13 secondi. Appena arrivati delle nuvole sono arrivate con noi, ma per le 10:00 il cielo si è liberato e per il primo contatto è diventato blu, senza nuvole.
L’eclisse dal bordo non ha deluso le aspettative, grani di bailys lunghissimi. il grano del terzo contatto è durato più di un minuto e due minuti dopo C3 si vedeva ancora la corona.Venere e Giove chiaramente visibili durante la totalità, interessante vista del cielo oscurato dall’ombra in modo asimmetrico per effetto della posizione sul bordo.
I nostri strumenti hanno funzionato e ci aspetta una intensa fase di analisi dati.
Vi diamo appuntamento il più presto possibile sui canali di Coelum per gli aggiornamenti e la pubblicazione dei risultati.”
Alessandro e Luca

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ERG CHECH 002 all’Origine del Sistema Solare

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Tempo di lettura: 2 minuti

A partire dal numero 267 di Coelum, inizia una rubrica volta alla conoscenza delle meteoriti. Descriveremo singoli oggetti, particolarmente significativi o classi di meteoriti, esaminando le loro caratteristiche, le origini e la storia che ci possono raccontare. E proprio pensando alla storia del Sistema Solare, abbiamo dedicato il primo articolo ad una recente scoperta; una delle più importanti meteoriti mai trovate, che ha aperto una finestra sulle prime fasi di formazione del nostro sistema planetario

 

È una sensazione strana, toccare un meteorite, essere consapevoli che quella roccia è un oggetto alieno; un estraneo che non condivide nulla con noi, giunto dallo spazio, quasi sempre da un passato antico, quando il Sistema Solare era giovane ed i pianeti erano ancora in formazione. Nessuna roccia terrestre può raccontarci questa storia. Seppure la terra si è formata 4,560 miliardi di anni fa, come indicano i radiogenici, con le tecniche di decadimento isotopico, il materiale che compone l’attuale crosta terrestre più volte rielaborata dai processi geologici, ha mediamente età di decine o centinaia di milioni di anni e le più vecchie rocce terrestri, trovate nel Quebec arrivano “solo” a 4 miliardi di anni.


Ma una gran parte delle meteoriti risalgono ai tempi della formazione del Sistema Solare, e possono darci molte informazioni su come fosse fatta la nebulosa presolare e sulle varie fasi di formazione del nostro sistema planetario. Questi dati, integrati con altri studi, come quelli sulle zone di formazione stellari, sulle YSO (Young Star Object) e sugli esopianeti, sono fondamentali per giungere ad una conoscenza sistematica dei processi che portano alla formazione, più in generale, di tutti i sistemi planetari.
Nel 2020 nella regione dell’Erg Chech, un’area desertica nella zona centrale dell’Algeria, un team francese ha scoperto un nuovo meteorite, scomposto in diverse decine di frammenti di varie dimensioni il cui nome ricevuto è Erg Chech 002. Si tratta di una meteorite pietrosa, un acondrite (ovvero senza condrule). Questo tipo di meteoriti, sono estremamente rare (meno dell’1% di tutte quelle conosciute) e provengono da oggetti “differenziati”, ovvero, abbastanza grandi da subite una fusione e formazione di una crosta. Appartengono a questa classe, ad esempio il gruppo delle HED (provenienti da Vesta), le Lunari e le SNC (Marziane). Una piccola percentuale di acondriti, presentano caratteristiche tali da non permettere un raggruppamento. Proprio in questa piccola sezione spicca Erg Chech 002, considerata oggi la roccia ignea più antica, conosciuta.

[…]

L’approfondimento completo è disponibile in Coelum 267 e nei prossimi numeri Flavio Castellani, astrofilo fra i più esperti in Italia nel campo delle meteoriti, descriverà alcuni fra gli oggetti “extraterrestri” più interessanti disponibili sul territorio italiano.

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ExoMars 2028: riparte la missione europea su Marte

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Thales Alenia Space ha siglato un contratto del valore complessivo di €522 mln con l’Agenzia Spaziale Europea per il proseguimento delle attività che porteranno un rover europeo su Marte a caccia di tracce di vita

 

  • Mantenendo tutti gli obiettivi scientifici, la missione Europea su Marte riparte grazie alla determinazione dell’Agenzia Spaziale Europea, con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana, dell’Agenzia Spaziale del Regno Unito e della rinnovata partnership con la NASA
  • Il Programma ExoMars 2028 rappresenta una sfida senza precedenti, in termini scientifici e tecnologici, dai materiali innovativi utilizzati, allo sviluppo del software per il sistema di navigazione, controllo e atterraggio sulla superficie di Marte
  • I risultati della missione rappresentano un apporto fondamentale per il proseguo dell’esplorazione robotica ed umana del pianeta rosso e del sistema solare

 

Torino, 9 Aprile 2024 – Thales Alenia Space, Joint Venture tra Thales 67% e Leonardo 33%, ha siglato con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), un contratto del valore complessivo di circa €522mln, diviso in tranche, per la continuazione delle attività necessarie al completamento della missione ExoMars 2028. Il contratto include la realizzazione del Modulo di Ingresso, Discesa e Atterraggio su Marte (EDLM, Entry, Descent and Landing Module) e le attività di manutenzione e riconfigurazione dei veicoli già costruiti per la missione del 2022.

Questa missione, il cui lancio è previsto dal Kennedy Space Center, nella finestra compresa tra ottobre e dicembre del 2028, ambisce alla ricerca di tracce di vita sulla superficie di Marte, cercando di rispondere a domande che da tempo affascinano l’umanità. Guidata dall’ESA, con l’importante partecipazione dell’agenzia spaziale americana NASA e con il sostegno dell’Agenzia Spaziale Italiana, la missione ExoMars 2028 fornirà un rover europeo capace di guida autonoma sulla superficie del pianeta. Previsto per raggiungere Marte nel 2030 dopo un lungo viaggio, il rover, dotato di una trivella sviluppata da Leonardo, nello stabilimento di Nerviano (Milano), raccoglierà campioni di terreno perforando il suolo marziano, fino a 2 metri di profondità. Ne analizzerà le proprietà chimiche, fisiche e biologiche utilizzando il suo laboratorio analitico (Analytical Laboratory Drawer ALD) sviluppato da Thales Alenia Space. Uno degli obiettivi della missione è la ricerca di batteri nel sottosuolo, viventi o fossilizzati, che costituirebbero la prova della vita esistente o precedente sul Pianeta Rosso.

Nel frattempo, il Trace Gas Orbiter (TGO), protagonista della prima parte della missione ExoMars, realizzato in qualità di primo contraente da Thales Alenia Space, è attivo in orbita attorno a Marte, con il compito di rilevare gas in tracce nell’atmosfera marziana, in particolare metano. La sonda TGO che svolge un ruolo chiave nella comprensione dei potenziali indicatori della vita su Marte, continua inoltre a trasmettere la maggior parte dei dati, compresi quelli dei rover Curiosity e Perseverance della NASA, dando un notevole contributo alle ricerche scientifiche in corso. Il TGO, infatti, ha ancora una quantità significativa di carburante a bordo e la sua vita operativa sarà estesa per supportare la missione ExoMars 2028.

Il ruolo di Thales Alenia Space

Thales Alenia Space Italia conferma il suo ruolo di prime contractor industriale della missione ExoMars 2028. Con la responsabilità della progettazione del modulo EDLM, della realizzazione del suo Radar Altimetro, del Laboratorio Analitico, della sua integrazione sul Rover e del computer di bordo, Thales Alenia Space è inoltre responsabile dell’integrazione delle attività di test e della campagna di lancio.

In particolare, il contratto prevede la progettazione dei moduli EDLM, e le attività di manutenzione per il modulo di trasferimento (carrier) e per il rover, incluso l’aggiornamento e sostituzione di tutti quegli elementi sensibili al fattore tempo. Per il rover è previsto un audit completo e dei test per confermarne l’operatività in vista della nuova missione, nonché la sostituzione di alcuni componenti del carico utile con l’inclusione di un nuovo spettrometro a infrarossi (ENFYS). Anche per il modulo di trasferimento vi sarà la sostituzione di elementi soggetti ad una naturale usura del tempo, ed eventuale adattamento al nuovo profilo di missione, tenendo conto delle nuove traiettorie di lancio verso Marte. Il modulo di discesa e la piattaforma di atterraggio richiedono una nuova fase di progettazione e sviluppo, considerando il riutilizzo dell’avionica europea del modulo di discesa.

“Dal Sole a Saturno, e da Mercurio a Venere, Giove e Marte, le nostre soluzioni hanno accompagnato ogni odissea nello spazio cercando di svelare i segreti più custoditi dell’universo” ha affermato Hervé Derrey, CEO di Thales Alenia Space. “Nel prossimo futuro la Luna, con le missioni ARTEMIS II e III, sarà al centro dell’attenzione e la nostra azienda sarà in prima linea nell’esplorazione lunare con equipaggio, lavorando in particolare sul Modulo di servizio europeo della navicella Orion, sulla stazione spaziale cislunare Gateway e sugli habitat lunari multiuso. Il contratto ExoMars 2028 rafforza la posizione di Thales Alenia Space come uno dei leader nel campo dell’esplorazione spaziale.”

“Siamo davvero onorati della rinnovata fiducia dell’ESA nella nostra azienda affidandoci le attività per il ripristino e la continuazione di questa sfidante missione alla scoperta di tracce di vita su Marte – ha dichiarato Massimo Comparini, Amministratore Delegato di Thales Alenia Space Italia. – La tecnologia avanzata, il know-how e l’esperienza di Thales Alenia Space ci rendono protagonisti dell’esplorazione spaziale. Oggi celebriamo la continuazione di uno straordinario Programma internazionale, frutto della sinergia e della cooperazione tra le Agenzie e industria spaziale. Siamo pronti per i mesi cruciali che ci attendono – continua Comparini – e  fiduciosi nella nostra capacità di continuare ad ampliare i confini dell’esplorazione dell’universo, grazie al lavoro costante dei nostri ingegneri e tecnici specializzati, impegnati ogni giorno a portare avanti sfide come queste”.

Il Consorzio industriale

Thales Alenia Space è a capo di un consorzio che comprende Airbus Defence & Space -UK per il Rover e per i sistemi meccanici, termici e propulsivi del modulo di atterraggio; ArianeGroup (Francia) per lo scudo frontale e parte di protezione termica dell’aeroshell; OHB (Germania) per il modulo carrier e ALTEC (Italia) per il centro di controllo delle operazioni del Rover (ROCC). I nostri team in Francia di Thales Alenia Space sono responsabili dello sviluppo di parte dell’aeroshell (lo scudo posteriore), mentre Thales Alenia Space in Svizzera fornirà le camere e l’unità elettronica di controllo dei motori di frenata del modulo di atterraggio.

ECLISSI DI SOLE: IL PROGRAMMA DELLE ATTIVITÀ INAF

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Fra poco 8 aprile 2024, si verificherà una eclissi totale di Sole. Non visibile dall’Italia, il fenomeno produrrà una zona d’ombra che attraverserà il Nord e Centro America, dal Messico al Canada. Rispetto agli orari italiani, l’eclissi inizierà quando da noi saranno le 17:42 e si concluderà alle 22:52. La massima durata della fase di totalità sfiorerà i 4 minuti e mezzo.

Per l’occasione l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) sarà sui luoghi che verranno attraversati dall’eclissi con vari gruppi di ricercatrici e ricercatori, per svolgere una serie di attività scientifiche e riprendere in tempo reale il fenomeno con telescopi e fotocamere.

LE DIRETTE
Chi non avrà la possibilità di assistere dal vivo lo straordinario evento, potrà seguirlo via streaming con due dirette online pensate sia per il grande pubblico che per gli studenti delle scuole. In particolare vi segnaliamo una diretta speciale di “Nuovi Mondi – Astronomia e Scienza” in collaborazione con INAF, sui canali Facebook e Youtube.

Anche EduINAF, il magazine di didattica e divulgazione dell’INAF, partecipa alle iniziative dedicate all’eclissi con una diretta speciale della serie “Il cielo in salotto” pensata appositamente per docenti e studenti delle scuole di ogni ordine e grado. Grazie alla partnership con il sito web TimeAndDate, la trasmissione seguirà l’eclissi al telescopio in diretta partire dalle 19:00 ora italiana fino a conclusione del fenomeno. A partire dalle 20:00, una serie di ospiti, tra cui le ricercatrici INAF Ilaria Ermolli e Mariarita Murabito e il Prof. Francesco Berrilli dell’Università di Roma Tor Vergata, commenteranno in diretta le immagini in arrivo dall’America e risponderanno, come di consueto, alle domande del pubblico. La registrazione della diretta sarà disponibile già dai giorni successivi in formato “school edition” per poter portare in classe la meraviglia di questo fenomeno astronomico, accompagnata dalle spiegazioni degli esperti.

LE ATTIVITÀ NELL’AMERICA CENTRO-SETTENTRIONALE

Cinque saranno i team INAF a seguire l’eclissi in loco. Con strumenti all’avanguardia, non solo immortaleranno uno fra gli eventi astronomici più rari e affascinanti, ma proveranno anche a studiare altri fenomeni celesti (in prossimità del Sole e oltre).

Albino Carbognani, ricercatore dell’INAF di Bologna, proverà a verificare quante stelle si possono riprendere in cielo durante l’eclissi: il cielo, infatti, non diventa mai completamente buio perché l’ombra della Luna ha un’estensione di soli 200-300 km e il fondo cielo è paragonabile a quello del crepuscolo circa 40 minuti dopo il tramonto del Sole. Da Burleson (Texas), il ricercatore INAF tenterà anche l’osservazione di eventuali oggetti attorno al Sole, all’interno dell’orbita di Mercurio, i cosiddetti “vulcanoidi” previsti dalle teorie sulla formazione del Sistema solare. Un altro obiettivo sarà documentare l’elusivo e imprevedibile fenomeno delle “ombre volanti”, una serie di bande parallele alternativamente chiare e scure dovute alla rifrazione degli ultimi raggi solari, pochi istanti prima dell’inizio della totalità, da parte dell’atmosfera terrestre. Durante questa eclissi c’è anche la possibilità di riprendere su un unico fotogramma tutti i pianeti del Sistema solare, da Mercurio a Nettuno, più la cometa 12P/Pons-Brooks in un gigantesco “ritratto di famiglia”. Infine, si vuole riprendere le varie fasi dell’eclisse e la totalità con la cromosfera e la corona solare per scopi didattici e divulgativi. Nonostante le missioni spaziali – dice Carbognani – un’eclisse totale di Sole è sempre un’opportunità per studiare fenomeni o corpi celesti estremamente elusivi”.

Per l’INAF di Bologna anche Maura Sandri volerà in America. Da Niagara on the Lake, poco sopra le celeberrime cascate del Niagara, la ricercatrice tenterà di fotografare l’eclissi. La riuscita di questa spedizione è ancora in forse a causa dello stato di emergenza proclamato dalle autorità dell’Ontario in vista dell’arrivo di oltre 1 milione di visitatori (sui 14 milioni di visitatori annuali).

Anche l’INAF di Torino parteciperà alla campagna osservativa. Il team di Lucia Abbo documenterà l’eclissi da Torreon (Messico). Obiettivo: lo studio della fisica dell’atmosfera esterna del Sole, la corona. La spedizione scientifica prevede l’utilizzo di tre strumenti: un telescopio per l’osservazione della corona solare e due telescopi per le osservazioni spettro-polarimetriche delle righe coronali prodotte dal ferro e dall’elio presente nella corona. Abbo spiega: “Le misure che verranno acquisite durante l’eclissi (alcune mai fatte in precedenza) offrono un’opportunità unica di analizzare i parametri fisici delle strutture coronali, ed in particolare di studiare il campo magnetico coronale molto vicino al lembo solare”. Durante il fenomeno è prevista una campagna osservativa congiunta con altri strumenti da Terra e dallo spazio coordinata dal network Whole Heliosphere and Planetary Interactions (WHPI). “Avere informazioni sui campi magnetici coronali sembra un sogno proibito della fisica solare ma possiamo sperarci grazie alle nostre misurazioni durante l’eclissi”.

L’INAF di Roma (IAPS) sarà invece a Ennis (Texas) per raccontare l’eclisse da una posizione privilegiata. Il Texas, infatti, è considerato uno dei posti migliori per osservare il fenomeno solare, perché attraversato dalla linea centrale dell’ombra lunare, il che significa che i ricercatori presenti sul posto sperimenteranno la durata di totalità più lunga rispetto ad altre aree (4:23 minuti). Ernesto Palomba e colleghi porteranno i lettori di Media INAF e i follower della pagina social Nuovi Mondi – Astronomia & Scienza al centro dell’eclissi con la diretta già citata nei paragrafi precedenti. Anche il team di ricercatori INAF in Texas tenterà di osservare la corona solare e la possibile presenza dei vulcanoidi. “Servirà una buona dose di fortuna per osservare per la prima volta un vulcanoide, ma se c’è un momento nel quale questo può avvenire è proprio durante un’eclisse come questa”, commenta Palomba.

Per l’INAF di Napoli sarà Clementina Sasso a seguire l’eclissi negli Stati Uniti, questa volta però dal meeting scientifico “Joint Solar Orbiter, Parker Solar Probe, and DKIST Meeting” a San Antonio, Texas. A cavallo dei giorni dell’eclissi, la corona solare sarà osservata e studiata anche dal satellite Solar Orbiter che si troverà in un punto particolare della sua orbita, vicino al perielio (raggiunto il 4 aprile) e a un angolo di 90 gradi rispetto alla Terra. In questo modo potrà osservare la corona che da Terra vediamo al lembo ovest del Sole, di fronte e, in più, potrebbe osservare le espulsioni di massa coronale (CMEs) dirette verso la Terra, nel caso dovessero verificarsi. Le osservazioni dal 7 al 9 aprile in questa particolare configurazione orbitale saranno dedicate alla ricerca di eruzioni solari, il nome della campagna è infatti “Eruption Watch”, che vedrà coinvolti tutti i telescopi a bordo di Solar Orbiter e sarà guidata proprio da Clementina Sasso, che sottolinea come “nonostante sia abituata a vedere il Sole eclissato (con lo strumento Metis), assistere ad un’eclissi di Sole ‘naturale’ non ha paragoni. Se poi durante le osservazioni congiunte da Terra e dallo spazio dovesse capitare anche un evento eruttivo, nella direzione giusta, la giornata diventerebbe semplicemente perfetta!”.


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Gli Alieni non Esistono – Ragionando ancora sul Paradosso di Fermi – scarica il contributo

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Il Paradosso di Fermi si sa è sempre fonte di animate e celebri discussioni fra chi, prendendo alla lettera le parole dello scienziato analizza le possibili soluzioni al suo enigma, e chi, più goliardicamente, accetta senza troppe polemiche l’ironia della conclusione.

Da quale delle due parti ci si voglia schierare leggere e ragionare sulle implicazioni è senz’altro un piacevole passatempo ma ancor più un allenamento alla fantasia immaginando improbabili, o al contrario molto realistiche, soluzioni alla presenza o meno di vita intelligente nelle prossimità del nostro Sistema Solare o almeno nella nostra galassia, e se non c’è di meglio almeno una oltre noi in tutto l’Universo!

Nella trattazione che segue Graziano Chiaro, ricercatore che negli ultimi tempi si sta concentrando sul futuro del progetto SETI nel mondo e in ITALIA e che nelle pagine di COELUM segue la rubrica dedicata all’istituto, affronta il ragionamento di un altro ricercatore, Frank Tipler del Dipartimento di Matematica della Berkeley University, il quale, aggiungendo nuovi punti di vista a ragionamenti già in essere, giunge alla desolante conclusione che gli alieni non esistono.

Quello confezionato quindi dall’autore non è un racconto “definitivo” ne vuole essere una altisonante trattazione esaustiva dell’argomento ma il racconto del ragionamento seguito dal collega statunitense e quali obiezioni si possono alla teoria avanzare.

Come spesso capita nelle trattazioni che riguardano il Paradosso di Fermi alcuni passaggi sono “già sentiti” o colgono spunto da ragionamenti già avanzati in precedenza, tuttavia ogni tassello aiuta a formulare congetture da cui nascono altre congetture e così via fino al giorno in cui una risposta, che ci soddisfi o meno, arriverà.

Il PDF della trattazione è disponibile in download gratuito e per gli utenti registrati al seguente LINK

 

 

PDF Sulle Riflessione di Frank Tipler

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Roberto Ragazzoni è il nuovo presidente dell’Inaf

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Roberto Ragazzoni neo eletto presidente dell'INAF ai festeggiamenti per i 25 anni di Coelum.
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Riceviamo ora e diffondiamo subito la notizia arrivata in redazione dall’Ufficio Stampa INAF

Roberto Ragazzoni è il nuovo Presidente dell’INAF

Con Decreto di nomina n. 0000593 del 04/04/2024 il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini ha nominato Roberto Ragazzoni quale nuovo Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). Roberto Ragazzoni succede a Marco Tavani.

Roberto Ragazzoni, 57 anni, è originario di Rovigo. È professore ordinario al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova dal 2020 ed è stato direttore dell’INAF di Padova dal 2018 al 2023. Ha lavorato all’INAF di Arcetri, allo Steward Observatory di Tucson, Arizona, e al Max Planck Institut für Astronomie di Heidelberg in Germania. Nella sua carriera, ha già ricevuto riconoscimenti importanti come il Premio Wolfgang Paul della fondazione Humboldt in Germania nel 2000, il Premio Feltrinelli per l’Astronomia nel 2016 e, infine, la nomina a membro dell’accademia dei Lincei nel 2019.

L’Inaf ha un nuovo presidente, Roberto Ragazzoni. Profes

Roberto Ragazzoni, neo eletto presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica. È professore ordinario al Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova dal 2020 ed è stato direttore dell’Inaf di Padova dal 2018 al 2023. Ha lavorato all’Inaf di Arcetri, allo Steward Observatory di Tucson, Arizona, e al Max Planck Institut für Astronomie di Heidelberg in Germania. Nella sua carriera, ha già ricevuto riconoscimenti importanti come il premio “Wolfgang Paul” della fondazione Humboldt, in Germania, nel 2000, il premio “Feltrinelli” per l’astronomia nel 2016 e, infine, la nomina a membro dell’accademia dei Lincei nel 2019. Astronomo e inventore, Ragazzoni è anche pilota d’aerei. Crediti: Riccardo Bonuccelli/Inaf

sore ordinario all’Università di Padova, già direttore dell’Osservatorio astronomico Inaf della stessa città, è un volto noto dell’astronomia a livello mondiale, soprattutto per i suoi contributi allo sviluppo di nuove tecniche di osservazione e di correzione delle immagini mediante ottica adattiva. Ragazzoni si è detto orgoglioso della nomina, e ha ringraziato il suo predecessore, Marco Tavani.

«Ho ricevuto con grande orgoglio, e non certo senza ravvisare il peso della responsabilità, la telefonata del ministro, la senatrice Anna Maria Bernini, annunciando la mia nomina alla presidenza dell’Inaf. Una telefonata concisa ma cordialissima», dice a Media Inaf  il neo eletto presidente. «Mi ha persino augurato di rimettermi in sesto perché la mia voce roca tradiva qualche malanno passeggero. E mi ha ricordato i numerosi progetti, tra cui l’Einstein Telescope, su cui il governo sta puntando».

L’articolo completo a cura di Valentina Guglielmo è su MEDIA INAF

Roberto Ragazzoni è da sempre un grande amico di Coelum e sostenitore del progetto editoriale. Come per altre iniziative di valore, Ragazzoni si è sempre speso per la diffusione della passione nell’Astronomia (e nel volo!). Ci uniamo quindi al coro degli estimatori aggiungendo agli altri i nostri complimenti e i migliori auguri per il nuovo traguardo appena raggiunto.

La direzione di Coelum Astronomia

 


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Stelle variabili: un universo da scoprire alla portata di tutti

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Tempo di lettura: 6 minuti

Il progetto del GrAG Gruppo Astrofili Galileo Galilei per la scoperta di nuovi astri pulsanti: 70 nuove stelle variabili, un’avventura collettiva all’insegna dell’astronomia inclusiva

Dopo la notizia pubblicata su Coelum.com qualche mese fa in cui si annunciava che la Stella del GrAG è la prima catalogata come Gigante Rossa Oscillante abbiamo chiesto all’operoso gruppo laziale di raccontarci come la loro “vita” quotidiana e come organizzano le attività che alla fine si rivelano estremamente efficaci.

Ne è nato un racconto avvincente che abbiamo voluto pubblicare per esteso nel numero 267 di Coelum Astronomia e di cui troverete un assaggio nelle righe a seguire.

Dalle parole di alcuni protagonisti del gruppo GrAG 

Fra il 2021 e 2022, alcuni soci dell’associazione GrAG hanno scoperto ben quattro stelle variabili individuate su scatti fotografici effettuati con strumentazione personale ed utilizzando metodi e software facilmente reperibili su Internet, come ad esempio Muniwin, Astroimage, Vstar, Peranso e Period4. Come ci si può immaginare, è stata un’attività coinvolgente, che ha richiesto impegno e presenza sia per la formazione teorica e pratica preliminare sia per le procedure effettivamente eseguite per ciascuna stella analizzata, fino al riconoscimento delle variabili.

Confrontandoci fra i membri ci siamo accorti che non tutti hanno tempo e coraggio per affrontare e superare le barriere di ingresso a questa indagine pur consapevoli del suo fascino e delle soddisfazioni che ne possono tornare.

Alla fine del 2022, sulla scia dell’euforia per i risultati ottenuti, il GrAG ha scelto di rendere accessibile ai propri soci la scoperta di nuove stelle variabili anche in assenza di grandi competenze specifiche ma con la sola precondizione di possedere entusiasmo, costanza, voglia di imparare e di mettersi in gioco. Oggi a distanza di poco più di un anno, siamo orgogliosi di annunciare che l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto: a fine gennaio 2024 i soci del GrAG hanno fornito all’AAVSO (The American Association of Variable Star Observers) 70 contributi originali, di cui ben 67 relativi a nuove variabili precedentemente non note. Sono stati coinvolti circa quindici soci spaziando su tutte le età: dal più giovane di 15 anni fino al più grande con quasi 70. I risultati mostrano variabili di molti tipi, dalle “comuni” DSCT a sistemi più complessi composti di più stelle variabili insieme, per un totale di 17 tipologie catalogate. Inoltre, ciliegina sulla torta, a seguito delle nostre analisi è stata creata nei cataloghi della associazione internazionale AAVSO una nuova tipologia di variabile prima non esistente, la ORG.

In questo articolo descriveremo sia le principali caratteristiche dell’ambiente integrato e dei metodi utilizzati all’interno della associazione come anche i risultati raggiunti, rimandando poi a trattazioni successive la descrizione più dettagliata della strumentazione e di alcuni casi di studio significativi.

Introduzione ed obiettivi

Il percorso che conduce alla scoperta di una variabile nuova è piuttosto tortuoso, richiede una strumentazione di qualità per l’acquisizione delle immagini ed una competenza informatica non trascurabile per scaricare, configurare ed utilizzare tutti i tool software necessari. Come abbiamo già accennato si tratta di tool in genere gratuiti e facilmente reperibili online, caratterizzati da una certa potenza e rivolti per lo più soprattutto ad un pubblico preparato ricco di conoscenze pregresse sia di astronomia (e fin qui nulla di male: si studia, è una delle parti più belle di questa attività!) che di tecniche matematiche implementate per le analisi delle curve di luce, come l’analisi di Fourier o simili. Questi ultimi concetti richiedono una preparazione matematica di base abbastanza strutturata che spesso non è parte del bagaglio delle nostre conoscenze. Ma proprio nella gestione di simili nozioni sta la sfida che il GrAG ha accettato lo scorso anno: realizzare un ambiente che consentisse a tutti i propri soci volenterosi di partecipare alle scoperte di nuove stelle variabili indipendentemente dalla propria formazione teorica di base.
Così nelle intenzioni, l’ambiente finale avrebbe dovuto:
– guidare ed aiutare i nuovi adepti nello svolgimento delle attività di analisi
– richiedere a “livello base” solo un minimo di conoscenze
– consentire a ciascuno di crescere ed impegnarsi in base alle proprie disponibilità ed aspettative, da un livello base ad un intermedio preparato fino ad un più evoluto livello competente.
Dal punto di vista concettuale, un ambiente simile avrebbe dovuto prevedere: uno strumento sociale per l’acquisizione delle immagini, una piattaforma software per l’elaborazione su Windows o MacOS o Linux senza necessità di installazioni, un supporto continuo e “diffuso” per tutte le fasi delle analisi, da quelle iniziali a quelle più impegnative di sottomissione delle scoperte all’AAVSO, l’organismo internazionale che censisce le variabili note.

Alcuni protagonisti del gruppo GrAG

Il primo passo: la predisposizione del CosmoGrAG

Il primo significativo passo nella predisposizione dell’ambiente del GrAGper la ricerca scientifica amatoriale è stata la realizzazione e messa in opera del CosmoGrAG, un osservatorio remoto situato nell’area osservativa di Lasco di Picio: l’osservatorio è stato ufficialmente inaugurato Il 25 giugno 2022 e subito si è mostrato come un notevole balzo in avanti per la crescita associativa nel campo dell’astronomia scientifica.
La realizzazione del CosmoGrAG è stata un’impresa lunga e complessa la cui gestione è stata affidata completamente alle forze dell’associazione. I lavori sono iniziati nel 2020 con la posa della base in cemento di 3 metri, su cui è stata successivamente allestita una cupola usata, acquistata con il contributo di uno dei soci. L’anno successivo è stata la volta del telescopio e dell’assemblaggio delle varie componenti, la cui messa a punto ha richiesto ben sei mesi dovendo mettere in opera un sistema con numerosi componenti tutti interconnessi e accuratamente sincronizzati. È stato proprio grazie al contributo di alcuni dei soci che hanno messo a disposizione le proprie competenze specializzate su ogni fase del progetto, dalla posa della base in cemento alla realizzazione della infrastruttura elettronica, della parte software e hardware per la comunicazione dei sistemi di controllo che il sogno ambizioso si è realizzato. A loro va il nostro grazie per la disponibilità e la passione.

La cupola del CosmoGrAG, situata nell’area osservativa di proprietà dell’associazione a Lasco di Picio (Viterbo, Lazio)

La cupola, con un diametro di 3 metri, ospita un telescopio Newton da 12”/30 cm con apertura focale F3, installato su una montatura equatoriale in grado di sostenere e muovere un carico fino a 50 kg. Il sistema di acquisizione dati è composto da un CCD APS-H da 9,2 megapixel e pixel di 7,4 micron, filtri fotometrici BVRI Johnson Cousins, e focheggiatore elettronico con una risoluzione di 0,01 micron. Completano l’allestimento componenti elettronici dedicati alla gestione remota.
Il processo di acquisizione e raccolta degli scatti è gestito tramite un software open source installato su un PC dedicato, che controlla l’intera strumentazione, inclusi i pannelli fotovoltaici installati per il risparmio energetico. Le sequenze di acquisizione sono dotate di sistemi di controllo che avvertono in caso di problemi.

Il telescopio del CosmoGrAG: un Newton da 12”/30 cm con apertura focale F3, installato su montatura equatoriale in grado di sostenere e gestire un carico fino a 50 kg. Camera APS-H da 9,2 megapixel e pixel di 7,4 micron, filtri fotometrici BVRI Johnson Cousins, focheggiatore elettronico con risoluzione di 0,01 micron.

 

Il processo di scoperta

Un passaggio fondamentale nel raggiungimento dell’obiettivo è stato la creazione e messa a punto di un vero e proprio “processo della scoperta” condiviso tra tutti i soci del GrAG e realizzato attraverso l’implementazione di tutti gli strumenti di supporto per ogni fase.
A valle del primo passo di acquisizione delle fotografie, tutte le successive fasi del processo sono supportate dal GrAG Var Tool (GVT), una applicazione sviluppata in cloud computing internamente alla associazione, in modo da non richiedere nessuna installazione od operazione di configurazione iniziale da parte dei soci.
Caratteristica saliente del GVT è la struttura per profili utente con funzioni di supporto specializzate per le diverse fasi e per i diversi livelli di esperienza richiesti.
Scendiamo ora un po’ più in dettaglio le fasi del “processo di scoperta” sia in termini di contenuto sia in termini di supporto automatico fornito.

Schema del processo dall’acquisizione delle immagini alla sottomissione delle variabili scoperte all’AAVSO.

[..]

La spiegazione dettagliata di ogni singolo step del processo di scoperta, i grafici dei risultati, la catalogazione e le considerazioni finali sono raccontanti nell’articolo completo pubblicato in Coelum n°267.

Il GrAG rappresenta un esempio di collaborazione serena e stimolante con un occhio attento all’adesione ed alla partecipazione, un’esperienza da conoscere e perché no, volendo anche da sperimentare.

Contattate il Gruppo GrAG per sapere di più sulle attività in programma per i prossimi mesi.

Webb esplora una galassia starburst estrema

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Messier 82 ripreso da Hubble. Pennacchi rossi di gas a forma di clessidra vengono sparati verso l'esterno dall'alto e dal basso del centro blu brillante a forma di disco di una galassia. Questa galassia è circondata da molte stelle bianche e si staglia sullo sfondo nero dello spazio. A destra: una sezione di Messier 82 ripresa da Webb. Una galassia a spirale starburst con un nucleo bianco brillante che si staglia sullo sfondo nero dello spazio. Credit: NASA, ESA, CSA, STScI, A. Bolatto (UMD)
Tempo di lettura: 3 minuti

Nel mezzo di una galassia brulicante di stelle nuove e giovani si trova un’intricata sottostruttura

Il telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA ha messo gli occhi sulla galassia starburst Messier 82 (M82), un ambiente piccolo ma potente caratterizzato da una rapida formazione stellare. Osservando più da vicino con le sensibili capacità a infrarossi di Webb, un team di scienziati sta arrivando al nucleo della galassia, acquisendo una migliore comprensione di come si formano le stelle e di come questa attività estrema sta influenzando la galassia nel suo insieme.

Situata a 12 milioni di anni luce di distanza nella costellazione dell’Orsa Maggiore, M82 è una galassia di dimensioni relativamente compatte ma che ospita una frenetica attività di formazione stellare. Per fare un confronto, M82 sta generando nuove stelle 10 volte più velocemente della Via Lattea.

Il team ha diretto lo strumento NIRCam di Webb verso il centro della galassia starburst, per ottenere uno sguardo ravvicinato sulle condizioni fisiche che favoriscono la formazione di nuove stelle.

“M82 ha catturato l’attenzione di molte osservazioni nel corso degli anni perché può essere considerata il prototipo della galassia starburst”, ha affermato Alberto Bolatto, autore principale dello studio. “è stata inquadrata sia con Spitzer che con Hubble ma con  la risoluzione di Webb, possiamo osservare nuovi dettagli”.

La formazione stellare continua ad essere avvolta in un senso di mistero a causa delle cortine di polvere e gas, che creano un ostacolo all’osservazione. La capacità di Webb in tal senso di scrutare nell’infrarosso è di certo una risorsa per navigare in queste condizioni oscure. Inoltre, queste immagini NIRCam del centro stesso dello starburst sono state ottenute utilizzando una modalità strumentale che impediva alla sorgente molto luminosa di sopraffare il rilevatore.

Mentre tentacoli di polvere marrone scuro sono intrecciati nel nucleo bianco brillante di M82 in questa visione a infrarossi, la NIRCam di Webb ha rivelato dettagli notevoli. Guardando infatti più da vicino verso il centro, piccoli granelli raffigurati in verde denotano aree concentrate di ferro, la maggior parte delle quali sono resti di supernova. Piccole macchie che appaiono rosse indicano regioni in cui l’idrogeno molecolare viene illuminato dalla radiazione di una giovane stella vicina.

Osservando M82 nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso leggermente più lunghe, si possono vedere viticci grumosi rappresentati in rosso che si estendono sopra e sotto il piano della galassia. Si tratta di un vento galattico che fuoriesce dal nucleo dello starburst.

Risolvendo una sezione centrale di M82, gli scienziati sono stati in grado di esaminare da dove ha origine il vento e ottenere informazioni su come i componenti caldi e freddi interagiscono all’interno del vento.

Una galassia a spirale starburst con un nucleo bianco brillante che si staglia sullo sfondo nero dello spazio. Una fascia bianca del disco bordo si estende da sinistra in basso a destra in alto. Viticci di polvere marrone scuro sono sparsi sottili lungo questa fascia. Molti punti bianchi di varie dimensioni – stelle o ammassi stellari – sono sparsi in tutta l’immagine, ma sono maggiormente concentrati verso il centro. Molti filamenti rossi e grumisi si estendono verticalmente sopra e sotto il piano della galassia.
Credit:
NASA, ESA, CSA, STScI, A. Bolatto (UMD)

Lo strumento NIRCam di Webb è particolarmente adatto a tracciare la struttura del vento galattico inseguendo l’emissione di molecole chimiche fuligginose note come idrocarburi policiclici aromatici (IPA). Gli IPA possono essere considerati granelli di polvere molto piccoli che sopravvivono a temperature più fredde ma vengono distrutti in condizioni calde.

Con grande sorpresa del team, la visione di Webb evidenzia che l’emissione di IPA si estende lontano dalla regione centrale dove si trova il cuore della formazione stellare. Un’altra scoperta inaspettata è stata la somiglianza tra la struttura delle emissioni di IPA e quella del gas caldo e ionizzato.

“È stato inaspettato vedere le emissioni di IPA somigliare a quelle del gas ionizzato”, ha detto Bolatto. “Si suppone che gli IPA non vivano molto a lungo se esposti a un campo di radiazioni così forte, quindi forse vengono continuamente reintegrati. Una nuova sfida alle nostre teorie e l’evidenza che sono necessarie ulteriori indagini”.

Le osservazioni di Webb di M82 nella luce del vicino infrarosso sollevano anche ulteriori domande sulla formazione stellare, ad alcune delle quali il team spera di rispondere a breve.

Nel prossimo futuro, il team avrà osservazioni spettroscopiche di M82 da Webb pronte per l’analisi, così come immagini complementari su larga scala della galassia e del suo vento. I dati spettrali aiuteranno gli astronomi a determinare l’età precisa degli ammassi stellari e a fornire un’idea di quanto dura ciascuna fase di formazione stellare in un ambiente di galassie starburst. Su scala più ampia, l’ispezione dell’attività in galassie come M82 può approfondire la comprensione da parte degli astronomi dell’Universo primordiale.

Questi risultati sono stati accettati per la pubblicazione su The Astrophysical Journal .

 

Al Vera C. Rubin la fotocamera digitale più grande mai costruita

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I ricercatori controllano la LSST Camera che presto verrà spedita in Cile. Credit: G. Stewart/SLAC National Accelerator Laboratory
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Completata la costruzione della più grande fotocamera digitale mai costruita per l’astronomia

SLAC celebra il completamento della fotocamera da 3200 megapixel dell’Osservatorio Vera C. Rubin

Dopo due decenni di lavoro, scienziati e ingegneri dello SLAC National Accelerator Laboratory del Dipartimento dell’Energia e i loro collaboratori celebrano il completamento della LSST Camera .

Una volta montata sul Simonyi Survey Telescope dell’Osservatorio Vera C. , la fotocamera da 3200 megapixel aiuterà i ricercatori a osservare l’Universo con un dettaglio senza precedenti. Nei prossimi due decenni la LSST Legacy Survey of Space and Time, genererà un’enorme quantità di dati sul cielo notturno meridionale che i ricercatori estrarranno per sviluppare nuove conoscenze sull’energia oscura, sulla materia oscura , sui cambiamenti del cielo notturno, sulla Via Lattea e sulla Terra.

L’Osservatorio Vera C. Rubin è finanziato congiuntamente dalla National Science Foundation (NSF) e dal Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) ed è un programma di NSF NOIRLab , che, insieme a SLAC, gestirà in modo cooperativo Rubin.

L’obiettivo ambizioso è comporre un enorme filmato approfondito del profondo cielo, e per raggiungerlo serviva la più grande fotocamera digitale mai costruita per l’astronomia. La fotocamera ha all’incirca le dimensioni di una piccola automobile e pesa quasi 3.000 chilogrammi. La sua lente anteriore è larga oltre 1,5 metri e si tratta dell’obiettivo più grande mai realizzato per questo scopo. Un secondo obiettivo, largo 90 centimetri, è stato invece progettato appositamente per sigillare la camera a vuoto che ospita l’enorme piano focale della fotocamera. Si tratta di un piano focale composto da 201 sensori CCD singoli progettati su misura ed è talmente piatto che la sua superficie varia di non più di un decimo della larghezza di un capello umano. I pixel stessi sono larghi solo 0,01 mm (10 micron).

LSST Camera Deputy Project Manager Travis Lange illumina l’interno della LSST Camera. Credit:
J. Ramseyer Orrell/SLAC National Accelerator Laboratory

Tuttavia, la caratteristica più importante della fotocamera è la sua capacità di catturare i dettagli su un campo visivo senza precedenti. È così eccezionale che ci vorrebbero centinaia di televisori ad altissima definizione per visualizzare solo una delle sue immagini a grandezza naturale. “Le sue immagini sono così dettagliate che potrebbero individuare una pallina da golf da circa 25 chilometri di distanza, coprendo una fascia di cielo sette volte più ampia della Luna piena.”, ha affermato Aaron Roodman, professore dello SLAC e vicedirettore dell’Osservatorio Rubin e responsabile del programma fotografico.

Ora che la fotocamera LSST è completa ed è stata accuratamente testata allo SLAC, verrà imballata e spedita in Cile e portata per 2.737 metri (8.980 piedi) sul Cerro Pachón nelle Ande, dove verrà successivamente issata sul Simonyi Survey Telescope entro l’anno.

Lo scopo essenziale della fotocamera LSST è quello di mappare le posizioni e misurare la luminosità di un vasto numero di oggetti del cielo notturno. Dal robusto catalogo costruito da Rubin, i ricercatori saranno in grado di dedurre una grande quantità di informazioni. Forse lo scopo più interessante sarà la ricerca di segni di lente gravitazionale debole, quando cioè le galassie massicce piegano leggermente la luce proveniente dalle galassie di fondo più distanti. Una lente debole che aiuta gli astronomi a studiare la distribuzione della massa nell’Universo e come è cambiata nel tempo.

Una riproduzione artistica mostra gli elementi principali della camera. Credit:
C. Smith/SLAC National Accelerator Laboratory

Gli scienziati vogliono anche studiare i modelli nella distribuzione delle galassie e come questi siano cambiati nel tempo, identificando ammassi di materia oscura e individuando supernove, che possono aiutare a migliorare la nostra comprensione sia della materia oscura che dell’energia oscura.

Ancora più vicino a casa, i ricercatori sperano di creare un censimento molto più accurato dei tanti piccoli oggetti del nostro Sistema Solare.

Tra i laboratori partner che hanno contribuito con competenze e tecnologia figurano il Brookhaven National Laboratory , che ha costruito la serie di sensori digitali della fotocamera, il Lawrence Livermore National Laboratory , che con i suoi partner industriali ha progettato e costruito obiettivi per la fotocamera, e il National Institute of Nuclear and Particle Physics di il Centro nazionale per la ricerca scientifica (IN2P3/CNRS) in Francia, che ha contribuito alla progettazione del sensore e dell’elettronica e ha costruito il sistema di scambio dei filtri della fotocamera, che insieme consentirà alla fotocamera di concentrarsi su sei bande di luce separate, dall’ultravioletto all’infrarosso.

La camera sarà posizionata sulla parte superiore dell’Osservatorio Vera C.Rubin. Credit:
Rubin Observatory/NSF/AURA

Fonte: NOIRLab

Il Cielo di Aprile 2024

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IL CIELO DI APRILE 2024

8 aprile Eclissi totale di Sole

Mappa del cielo alle ore (TMEC): 01 Apr > 23:00   15 Apr > 22:00  30 Apr > 21:00

 

COSTELLAZIONI DI APRILE 2024

… Poi venne l’aprile, alba dell’estate. La natura, in quel mese, ha incantevoli bagliori che passano dal cielo, dalle nubi, dagli alberi, dai prati e dai fiori nel cuore dell’uomo.

I Miserabili- Victor Hugo

Le Costellazioni del Leone e dei Cani da Caccia nel cielo di primavera

Tutte le descrizioni sono in Le Costellazioni del mese di Aprile

a cura di @teresamolinaro

I principali eventi di Aprile 2024 (pubblicati nell’Almanacco 2024 distribuito in omaggio a tutti gli abbonati)

Data Ora Cosa Come

02/04/2024 00:18 Mercurio Moto Retrogrado
02/04/2024 05:14 Luna Ultimo Quarto
06/04/2024 05:50 Congiunzione Luna-Marte
07/04/2024 18:36 Congiunzione Luna-Venere
07/04/2024 19:53 Luna Perigeo
08/04/2024 14:20 Luna Nodo Ascendente
08/04/2024 20:17 Eclisse Solare Totale
08/04/2024 20:20 Luna Nuova
09/04/2024 03:23 Congiunzione Luna-Mercurio
10/04/2024 23:08 Congiunzione Luna-Giove
11/04/2024 01:51 Congiunzione Luna-Urano
11/04/2024 05:12 Congiunzione Marte-Saturno
12/04/2024 00:52 Mercurio Congiunzione Inf.
15/04/2024 21:13 Primo Quarto
19/04/2024 00:40 Congiunzione Mercurio-Venere
20/04/2024 04:09 Luna Apogeo
20/04/2024 09:35 Congiunzione Giove-Urano
20/04/2024 11:11 Mercurio Nodo Discendente
22/04/2024 12:00 Massimo Liridi
22/04/2024 12:44 Luna Nodo Discendente
23/04/2024 04:43 Congiunzione Luna-Spica
24/04/2024 01:28 Eclisse Lunare
24/04/2024 01:48 Luna Piena
25/04/2024 14:47 Mercurio Staz. Moto Diretto
26/04/2024 22:38 Congiunzione Luna-Antares
29/04/2024 06:03 Congiunzione Marte-Nettuno
30/04/2024 18:13 Mercurio Afelio

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LUNA

Ad ovest l’8 aprile Luna e Giove non vicinissimi accompagnati da Urano

ma probabilmente si parlerà solo dell’eclissi!

Tutto nella rubrica Luna di Aprile 2024

COMETE

IL GRAN FINALE DELLA 12P/PONS-BROOKS

Per molti mesi abbiamo seguito con interesse la sua crescita, attendendo con trepidazione il passaggio al perielio. Ebbene, ci siamo! L’istante si verificherà il 21 aprile, quando le stime indicano la cometa tra la quarta e la quinta magnitudine, quindi potenzialmente visibile ad occhio nudo.

Per approfondire: le comete di Aprile 2024 a cura di @claudiopra

ASTEROIDI

GLI ASTEROIDI IN OPPOSIZIONE
in Aprile

e consigli per le riprese

(3) Juno, (23) Thalia 

Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Aprile 2024 a cura di @mioxzy

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese della Primavera, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Aprile 2024 a cura di @stormchaser

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Grandi scoperte nel mese di gennaio, @fabio-briganti e Riccardo Mancini ce le raccontano sapientemente qui!

Cieli sereni a tutti!


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Coelum Astronomia 267 II/2024 Digitale

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La Luna di Aprile 2024

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Tempo di lettura: 3 minuti

Ad ovest l’8 aprile Luna e Giove non vicinissimi accompagnati da Urano

ma probabilmente si parlerà solo dell’eclissi!

All’inizio del mese di Aprile la Luna sorgerà nelle ultime ore della notte quando l’alba ne nasconderà in poco meno di un’ora la visuale. Seguiranno notti senza Luna che attraverserà la fase di Luna Nuova il giorno 8 aprile.

Il 10 Luna – Giove

Per riscoprire nuovamente il satellite dovremo attendere il giorno 10 quando intorno alle 20 la potremo ammirare ad ovest vicino Giove (4° ovest) ed immersa nella luce del tramonto.

Luna e Giove il giorno 10 immersi nel tramonto, quindi ad ovest, 4° di distanza.

Dal giorno 11 in poi e per i giorni successivi la Luna si allontanerà dal pianeta aumentando pian piano la sua fase ed anticipando sempre più la sua altezza in cielo al momento del tramonto del Sole. Sarà quindi sempre più facile scorgerla ad ovest nelle sere e via via per parte della notte.

Il 15 Luna – Polluce

Attraversando il Toro, senza avvicinarsi troppo ad Aldebaran arriverà nell’Auriga il giorno 12, nei pressi della stella Elnath finchè il giorno 15 con Luna al primo quarto non comparirà al tramonto del Sole molto vicino a Polluce, poco più di 2°.

Il giorno 15 la Luna transiterà molto vicino a Polluce, solo 2°, a Sud.

Le giornate si stanno allungando e per le prime ore di buio bisognerà aspettare sin dopo le 20 e 30.

Il 18 Luna – Regolo

Nei giorni successivi la Luna attraverserà la costellazione del Cancro che, come sappiamo, è priva di stelle di particolare nota, puntando direttamente verso Regolo, la stella alfa della costellazione del Leone, che raggiungerà il giorno 18 aprile (3° e 15′). La Luna inizierà inoltre ad apparire sempre più spostata verso est.

Il 27 Luna e Antares

Saltiamo al 22 aprile quando la Luna sarà visibile ad Est già immersa nelle luci del tramonto molto vicina a Spica (3° 53′) stella principale della costellazione della Vergine, per rimanere poi ben visibile per tutto il corso della notte fino all’alba. Certo non un grande aiuto per le osservazioni di profondo cielo ma molte ore utili invece per chi è alle prese proprio con gli scatti dedicati al satellite. Attenzione però la Luna il giorno 25 sarà oramai piena, le riprese della superficie mostreranno quindi poche ombre dei crateri.
Il giorno 27 il nostro satellite, che ora sorge sempre più tardi nello ore serali e prima notte, transiterà vicino Antares.


Con i pianeti quasi tutti immersi nella luce del Sole e posizionati a distanze minime da esso, poche occasioni ci concederanno per scatti gradevoli.

Al Limite
Immersi nelle luci dell’alba potremo forse provare a catturare due avvicinamenti fra Luna e Saturno e Luna e Venere rispettivamente nelle mattine del 6 e 7 aprile. Ma stiamo davvero parlando di pochissimi minuti con una esigua falce di Luna.

Tabelle delle fasi e distanze Luna-Terra

FASE DATA ORE SORGE CULMINA TRAMONTA DISTANZA DIAM. APP.
Ultimo Quarto 02-apr 05:14 03:16 07:33 11:47 380330 km 1868.6
Luna Nuova 08-apr 20:20 06:29 19:04 19:37 358878 km 1972.3
Primo Quarto 15-apr 21:13 11:22 18:37 02:41 391137 km 1846.1
Luna Piena 24-apr 01:48 20:50 01:07 06:15 399979 km 1807.7
FASE DATA
Luna Calante dal 01 al 08
Luna Crescente dal 09 al 254
Luna Calante dal 26 al 30

 

FASE DATA ORE DISTANZA DIAM. APP.
Perigeo 07/04 19:53 359464 km 1966.2
Apogeo 20/04 04:09 405608 km 1789.0

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati dai siti https://theskylive.com/http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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Stato di Emergenza in Canada in vista dell’eclissi

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Di Saffron Blaze - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15045971
Tempo di lettura: 2 minuti

La regione canadese del Niagara dichiara lo stato di emergenza per prepararsi ad un afflusso record di spettatori per l’eclissi

La regione del Niagara in Ontario ha dichiarato lo stato di emergenza mentre si prepara ad accogliere fino a un milione di visitatori per l’eclissi solare all’inizio di aprile.

L’ eclissi solare totale totale dell’8 aprile sarà la prima a toccare la provincia dal 1979 e le Cascate del Niagara sono state dichiarate dal National Geographic uno dei posti migliori per vederla.

La città si trova proprio nella fascia di totalità, dove la luna bloccherà completamente i raggi del sole per alcuni minuti. Le forze dell’ordine si aspettano un’invasione di spettatori, forse più di un milione. Visitatori che certo non vorranno perdere uno scenario apocalitico con le cascate sullo sfondo. Il sindaco delle Cascate del Niagara, Jim Diodati, all’inizio di marzo ha dichiarato che si aspetta il maggior numero di visitatori che la sua città abbia mai visto in un solo giorno da sempre.

Giovedì scorso, il governo della regione del Niagara ha proclamato in maniera preventiva lo stato di emergenza per prepararsi all’evento, condizione che da accesso ad alcuni strumenti di pianificazione aggiuntivi per prepararsi alla giornata, al fine di gestire possibili ingorghi, maggiori richieste di servizi di emergenza e sovraccarichi della rete di telefonia mobile.

Generato con intelligenza artificiale

L’eclissi raggiungerà la costa pacifica del Messico al mattino, taglierà diagonalmente gli Stati Uniti dal Texas al Maine e terminerà nel Canada orientale nel tardo pomeriggio. La maggior parte del resto del continente vedrà un’eclissi parziale.

Parliamo ampiamente dell’eclissi dell’8 aprile nel numero 267 di Coelum Astronomia.

 

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