COSTELLAZIONI DI MAGGIO 2024

Sulla volta celeste primaverile di maggio, incontriamo due tra le più emblematiche costellazioni a noi note: la Vergine e il Boote.

LA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE

Quella della Vergine è una costellazione molto estesa (circa 1300 gradi quadrati), essa rappresenta infatti la seconda più ampia della volta celeste (il primato lo detiene l’Hydra).

È un asterismo posta tra quello del Leone e quello della Bilancia ed è facilmente individuabile grazie alla sua stella più brillante, Spica (alfa Virginis), un astro di colore bianco-azzurro che con la sua magnitudine di 1.04 si colloca al quindicesimo posto tra le stelle più brillanti del cielo notturno.

Spica, situata in direzione della mano della fanciulla in cui è raffigurata la costellazione (o meglio della spiga di grano che la giovane stringe tra le dita) si trova a una distanza di 262 anni luce da noi e insieme alle stelle Arturo del Boote e Denebola del Leone, costituisce uno dei vertici dell’asterismo del Triangolo primaverile.

Costellazione della vergine

Tra gli astri che compongono la costellazione della Vergine, Porrima (gamma Virginis) è

la seconda più luminosa: si tratta di una stella doppia di magnitudine di 2.74, le cui componenti sono di uguale colore (giallastro); il sistema binario si trova a una distanza di 39 anni luce .

Al terzo posto per luminosità, brilla la stella gigante gialla Vindemiatrix (Epsilon Virginis) o Vendemmiatrice, con magnitudine 2.85, distante 102 anni luce: il nome di questa stella ha origini molto antiche che risalgono a più di 2.000 anni fa, quando Vindemiatrix sorgeva alle prime luci dell’alba a inizio settembre, periodo della vendemmia.

A causa della precessione degli equinozi le cose ad oggi sono un po’ cambiate e Epsilon Virginis ha lasciato il posto agli astri della costellazione del Leone.

 

GLI OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NELLA COSTELLAZIONE DEL VERGINE

Gli oggetti del cielo profondo siti nella costellazione della Vergine sono vari e molto affascinanti: uno fra tutti l’ammasso di galassie della Vergine, composto da circa 2.500 membri e che fa parte a sua volta del Superammasso della Vergine di cui è un componente anche il Gruppo Locale, ovvero il gruppo di galassie a cui appartiene la nostra Via Lattea.

Come non citare poi le galassie  M87 e Sombrero.

M 87 (Virgo A) è una grande galassia ellittica, oltre ad essere anche una forte sorgente radio: la sua caratteristica principale è il Buco Nero Supermassiccio situato al centro della galassia.

Con il suo getto relativistico e l’emissione di raggi X e gamma, la galassia M87 rappresenta un importante oggetto di studio nell’ambito dell’astronomia e della radio astronomia.

La Galassia Sombrero (M104) è invece una galassia a spirale vista di taglio, con un grosso rigonfiamento centrale, situata a 31 milioni di anni luce da noi e posta alla periferia dell’Ammasso della Vergine, la cui appartenenza sembra essere dubbia.

GALASSIA SOMBRERO M 104 CREDITI: LORENZO BUSILACCHI

Altro oggetto del profondo cielo molto interessante, presente nella costellazione della Vergine, è la cosiddetta Catena di Markarian, un lembo costituito da 8 galassie, che fanno parte del l’ammasso galattico della Vergine, costituito a sua volta da circa 2000 galassie.

La Catena di Markarian deve il suo nome all’astrofisico armeno Benjamin Markarian, che agli inizi degli anni 60, grazie alle sue ricerche nel campo dell’astronomia stellare ed extragalattico, scoprì il moto comune delle galassie che compongono la nota Catena.

IMMAGINE CATENA DI MARKARIAN CREDITI: MIRKO TONDINELLI

Ma la bellezza degli oggetti deep sky amati dagli astrofili non finisce qui: è il caso delle galassie dette Gemelle siamesi o Galassie farfalla, una coppia composta dalle galassie a spirale interagenti Ngc 4567 e Ngc 4568, che a 60 milioni di anni luce dà vita a una danza che lascia senza fiato.

IMMAGINE GALASSIE GEMELLE SIAMESI CREDITI: LORENZO BUSILACCHI

E sempre a proposito di galassie interagenti vale la pena mostrare le immagini catturate dal Telescopio Spaziale HUBBLE, che ritraggono Arp 116, una coppia distante 66 milioni di anni luce, costituita dalla galassia ellittica gigante M60e dalla galassia più piccola, a spirale, NGC 4647.

IMMAGINE ARP 116 CREDITI: HUBBLE TELESCOPE – NASA, ESA

LA VERGINE NELLA MITOLOGIA

La costellazione della Vergine viene rappresentata come una ragazza con in mano delle spighe: la figura è da sempre associata al chicco di grano che muore e rinasce, al periodo dei raccolti, alla mietitura, da cui deriva il nome della stella alfa della costellazione, Spica, che è visibile dopo il tramonto verso Ovest proprio durante i mesi primaverili ed estivi.

In ambito mitologico quella della Vergine è una figura che mette d’accordo un po’ tutte le antiche popolazioni, dai sumeri agli egizi, ai greci: essa simboleggia la natura, la fertilità ed è l’emblema dell’incessante ciclo della stagioni e quindi della vita.

Il mito greco ci porta in Sicilia, sulle rive del Lago di Pergusa nella campagna di Enna, dove una giovane fanciulla di nome Proserpina, figlia della dea del frumento Demetra (a cui si associa la Vergine) era intenta a raccogliere dei fiori quando, da una fenditura del terreno, uscì fuori un cocchio trainato da quattro cavalli e condotto dal dio dell’oltretomba Plutone, che rapì la giovane (il famoso ratto di Proserpina) facendone la sua sposa e trascinandola con sé negli inferi, di cui divenne regina.

Demetra, dopo averla cercata ovunque, fu mossa da una disperazione tale da lasciar calare un lungo inverno sulla campagna siciliana, che devastò i raccolti e rese i terreni aridi e infertili.

Dopo qualche tempo la dea interpellò anche il dio del Sole, Elio, che era stato testimone del rapimento di Proserpina; ma senza ottenere l’aiuto sperato Demetra decise di recarsi al cospetto di Giove, minacciando di far morire ogni forma di vita presente in natura se non le fosse stata restituita sua figlia.

Plutone, incalzato da Giove, acconsentì a rendere la fanciulla a sua madre, bluffando: egli infatti offrì a Proserpina un melograno avvelenato di cui la giovane mangiò solo pochi semi; così gli dei, mossi dalle minacce di Demetra, stabilirono un compromesso: Proserpina avrebbe vissuto per sei mesi negli inferi con Plutone e per sei mesi con sua madre sulla Terra. Questo entrare ed uscire dalla luce simboleggia proprio il ciclo della natura, del seme che muore e rinasce, senza mai una fine.

LA COSTELLAZIONE DEL BOOTE

Nel cielo serale di maggio ci imbattiamo nella costellazione del Boote: la figura è riconoscibile per la sua forma che ricordare un aquilone e, soprattutto, per la sua nota e luminosa stella alfa, Arturo.

α Boo è una gigante rossa con un diametro di 35 milioni di km (circa 25 volte più grande del nostro Sole), e la sua luminosità è 113 volte quella della nostra stella, ma se teniamo conto di tutte le bande dello spettro elettromagnetico, la luminosità totale di Arturo arriva a circa 200 volte quella del Sole .

La stella alfa del Boote è situata a una distanza di 36,7 anni luce da noi e, pur appartenendo all’emisfero boreale, la sua posizione 19° a nord dell’equatore celeste fa sì che Arturo sia visibile da ogni area popolata della Terra.

Un’altra stella interessante che compone la costellazione del Boote è Izar (ε Boo), una stella binaria composta da una luminosa gigante arancione e una più piccola stella bianca di sequenza principale di classe spettrale A2, separata dalla principale di almeno 185 U.A. e con un periodo orbitale superiore ai 1000 anni.

Proprio il contrasto tra le due componenti di Izar ha fatto sì che l’astronomo tedesco Friedrich Georg Wilhelm von Struve ribattezzasse ε Boo con l’appellativo di Pulcherrima, “Bellissima”.

COSTELLAZIONE DEL BOOTE

OGGETTI NON STELLARI NEL BOOTE

Nella costellazioni sono presenti stelle variabili come W Boötis, molto luminosa, e le stelle doppie ν1-ν2 Bootis e μ1-μ2 Bootis: la prima coppia è formata da una stella gigante arancione e una bianca; la seconda coppia è composta da due stelle bianco-giallastre.

Entrambe le coppie possono essere facilmente risolvibili anche con il solo utilizzo di un binocolo, a patto di essere al riparo da inquinamento luminoso e elementi che ostacolano l’osservazione del cielo.

La costellazione del Boote non vanta oggetti del profondo cielo particolarmente degni di nota, tuttavia va menzionato l’ammasso globulare NGC 5466, situato a 51800 anni luce dalla Terra e scoperto nel 1784 dall’astronomo William Herschel: l’ammasso è molto appariscente ed è un oggetto alla portata di telescopi anche amatoriali, con i quali addentrarsi nella sua bellezza.

NGC 5466 Globular Cluster Credit Esa/Hubble

Alla costellazione del Boote sono correlati anche due sciami di meteore, di cui in essa sono  collocati i rispettivi radianti: uno è conosciuto con il nome di Quadranti di e si verifica nei primi giorni del mese di gennaio; si tratta di uno dei più ricchi e attesi sciami di meteore dell’anno, oltre a quello delle Perseidi di agosto.

Tra la fine di giugno e inizio luglio il Boote diventa protagonista di un altro evento, ovvero lo sciame  delle Booti di, noto per i luminosi e lenti bolidi che è in grado di produrre.

IL BOOTE NELLA MITOLOGIA

Nella mitologia greca la figura del Boote è strettamente legata a quella dell’Orsa Maggiore, nella leggenda che vede coinvolta la ninfa Callisto, una bellissima fanciulla figlia del Re di Arcadia Licaone e ancella di Artemide.

Divenuta l’ennesimo oggetto del desiderio di Zeus, Callisto fu tramutata in orso dallo stesso padre degli Dei.

Le versioni della storia sono diverse, citiamo le due più note: la prima racconta che fu proprio Zeus a trasformare la giovane fanciulla in un’orsa per sottrarla alle ire di Era; mentre, la seconda versione, narra che fu Artemide a trasformare Callisto in orsa, per punizione, dopo aver scoperto lo stato di gravidanza della giovane ancella, votata alla castità.

La metamorfosi di Callisto avvenne dopo aver dato alla luce Arcade.

Questi, allevato da Artemide e dalle sue ancelle, venne a conoscenza della presenza di un orso nel bosco dove abitavano le ninfe, così si mise sulle sue tracce per ucciderlo.

Dopo averlo scovato, si preparò a colpire l’animale con una lancia, ignaro della sua vera identità.

Zeus, impietosito, fermò il tempo e trasformò sia l’orsa che Arcade in stelle e li collocò per sempre sulla volta celeste.

In cielo madre e figlio sono “vicini” poiché, prolungando la coda dell’Orsa, si arriva ad Arcade, ovvero Arturo. Il nome dell’astro significa appunto “inseguitore dell’Orsa”.

Link di approfondimento https://www.coelum.com/coelum/archivio/articoli/lenigma-del-boote-che-tardi-tramonta

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