LE LIBRERIE POSSONO RIVOLGERSI A LIBROSTORE
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Grande attesa per nuovi risultati sulla Via Lattea!

Domani, 12 maggio ore 15:00

CONFERENZA STAMPA
sui nuovi e rivoluzionari risultati relativi alla Via Lattea, grazie alla collaborazione tra ESO –  European Southern Observatory e EHT Event Horizon Telescope

Grande attesa per domani, 12 maggio 2022, per la conferenza stampa in diretta dalle ore 15:00 sul canale Youtube dell’ESO:

CLICCA QUI per accedere alla diretta

Le premesse sono allentanti!

Verrà svelata al mondo l’immagine del buco nero al centro della Via Lattea?

Questa è una delle congetture riguardo le “nuove rivelazioni” promesse, in quanto dalla scorsa collaborazione tra ESO e EHT ricorderete la famosissima prima immagine di un buco nero, in quel caso di M87 all’interno della Galassia Virgo A.

credit EHT

I due enti stanno mantenendo il massimo riserbo a riguardo.

Se dovesse trattarsi della prima foto del buco nero della nostra galassia, sarebbe un evento davvero straordinario

La zona di Sagittarius A – in cui è collocato il buco nero al centro della Via Lattea – rispetto a M87 non si trova in una posizione “comoda” per le osservazioni da Terra. Il Sistema Solare è infatti situato in una zona periferica della nostra galassia, all’interno di uno dei bracci a spirale, quindi l’osservazione del nucleo galattico risulta essere decisamente molto più complicata rispetto a oggetti ben più distanti. Questo è dovuto al fatto che è presente molta più materia interstellare in questa – sebben più breve – distanza.

Quindi ancora nulla di certo su quanto verrà svelato domani. L’ESO ha dichiarato che verrà pubblicato il comunicato stampa ufficiale sui risultati presentati il ​​12 maggio poco dopo l’inizio della conferenza stampa, ovvero alle 15:07 CEST.

Non ci resta che attendere! 

 

 

Trova le differenze! Aiutiamo l’ESA a studiare la cometa Rosetta

Rosetta Zoo
il progetto di Citizen Science promosso dall’ESA e la piattaforma Zooniverse che invita i volontari a impegnarsi nel gioco “trova le differenze!

Osservando le immagini raccolte dalla Missione Rosetta dell’ESA, possiamo aiutare gli scienziati a capire come si evolve la superficie di una cometa mentre orbita attorno al Sole.

L’archivio Rosetta contiene un numero enorme di immagini che sono state analizzate solo in parte.

La missione Rosetta infatti ha fornito, per la prima volta, immagini ad altissima risoluzione (<1 m per pixel) della superficie di una cometa. Questi scatti dettagliati, effettuati con la telecamera OSIRIS a bordo della sonda spaziale, hanno rivelato la forma complessa del nucleo nel suo pieno splendore e la diversità morfologica della sua superficie, testimoniando un grado significativo di cambiamenti della superficie mentre la cometa si muoveva lungo l’orbita.

Nei 2 anni di osservazioni, Rosetta ha assistito a diversi cambiamenti su larga scala: il retrocedere di scogliere, lo “sgonfiaggio” di terreni e la movimentazione di blocchi di grandi dimensioni. Inoltre, molto di più è avvenuto su scale più piccole: un attento esame di  immagini ad alta risoluzione ha mostrato migliaia di cambiamenti su una scala da 1 a 10 metri, tra cui la formazione di piccole fosse, impatti, massi rotolanti e rimbalzanti.

Soprattutto per questi cambiamenti su più piccola scala, sono necessari molti occhi per setacciarli: data la complessità delle immagini, l’occhio umano è più bravo a rilevare piccoli cambiamenti rispetto agli algoritmi automatizzati.

I volontari visualizzeranno coppie di immagini OSIRIS della stessa regione della cometa, scattate prima del passaggio del perielio (quando la cometa era meno attiva) e intorno o dopo il passaggio del perielio (quando la cometa era più attiva). Inoltre si richiede di identificare se vedono modifiche significative tra le due immagini, contrassegnando le aree che mostrano le modifiche nelle due immagini con strumenti appositamente progettati. Ai volontari viene inoltre chiesto di etichettare il tipo di cambiamento nelle immagini.

Un po’ come il gioco di “Trova le differenze” appunto!

Vuoi saperne di più?
Visita la pagina Rosetta Zoo

L’aiuto di tutti per trovare 1700 asteroidi nelle immagini di Hubble

Tutto ha inizio in occasione dell’Asteroid Day di giugno 2019

Un gruppo internazionale di astronomi lancia l’Hubble Asteroid Hunter, un progetto di Citizen Science (letteralmente “scienza dei cittadini”) per identificare gli asteroidi nei dati d’archivio di Hubble.

L’iniziativa è stata sviluppata da ricercatori e ingegneri dell’European Science and Technology Center (ESTEC) e del Science Data Center (ESDC) dell’European Space Astronomy Centre, in collaborazione con la piattaforma Zooniverse, la più grande e popolare al mondo per i progetti Citizen Science, con la collaborazione di Google.

Combinando l’intelligenza artificiale con moltissimi e acuti occhi umani, gli astronomi hanno classificato ben 1701 nuove scie asteroidali in 1316 scatti tratti dai dati d’archivio del telescopio spaziale Hubble, estrapolati dalle oltre 37.000 immagini che abbracciano due decenni.

Il progetto riflette sia il valore di Hubble per gli scienziati come “cacciatore di asteroidi“, sia il modo in cui il pubblico può contribuire efficacemente alle iniziative di Citizen Science.

Tutti insieme possiamo fare la differenza!

Il progetto dimostra anche quanto il “singolo” possa fare la differenza.

Questo mosaico è costituito da 16 diversi set di dati del telescopio spaziale Hubble che sono stati studiati nell’ambito del progetto “Asteroid Hunter”. A ciascuno di questi set di dati è stato assegnato un colore basato sulla sequenza temporale delle esposizioni, in modo tale che i toni blu rappresentino la prima esposizione in cui è stato catturato l’asteroide e i toni rossi rappresentino l’ultima. Credit:
ESA/Hubble & NASA, S. Kruk (ESA/ESTEC), Hubble Asteroid Hunter citizen science team, M. Zamani (ESA/Hubble)

Basti pensare che circa un terzo delle tracce asteroidali osservate può essere attribuito ad asteroidi già inseriti negli archivi del Minor Planet Center (il più grande database di oggetti del Sistema Solare), grazie alla segnalazione per lo più di astronomi amatoriali.

Perciò rimangono “solo” 1031 tracce non identificate che risultano piuttosto deboli e che probabilmente appartengono ad asteroidi più piccoli.

La stragrande maggioranza di questi asteroidi dovrebbe appartenere alla Fascia Principale (quindi tra Marte e Giove), dove asteroidi di così piccole dimensioni sono ancora poco studiati. Queste tracce potrebbero fornire agli astronomi indizi perspicaci sulle condizioni del Sistema Solare primordiale, ovvero quando i pianeti si stavano formando.

Questo progetto rappresenta un nuovo approccio alla ricerca di asteroidi negli archivi astronomici e può essere efficacemente applicato a set di dati differenti.

Le prossime fasi

Il prossimo passo sarà di analizzare le 1031 serie di asteroidi attualmente sconosciuti per caratterizzarne le orbite e studiarne le proprietà, come le dimensioni e i periodi di rotazione. C’è però un intoppo: poiché la maggior parte di queste tracce state catturate da Hubble molti anni fa, non è possibile seguirle ora per determinare le loro orbite.

Tuttavia, utilizzando Hubble, gli astronomi possono utilizzare l’effetto di parallasse per determinare la distanza dagli asteroidi sconosciuti e determinare così le loro orbite.

Come funziona questo metodo? In pratica, mentre Hubble si muove intorno alla Terra, cambia punto di vista mentre osserva l’asteroide che si muove sulla propria orbita. Conoscendo la posizione di Hubble durante l’osservazione e misurando la curvatura delle tracce asteroidali, gli scienziati possono determinare le distanze degli asteroidi e stimare così le loro orbite. Alcune delle osservazioni di Hubble più lunghe facilitano la misurazione di una curva di luce per gli asteroidi, da cui il team può misurare i periodi di rotazione e dedurne le forme dell’oggetto.

Restiamo in attesa di nuovi sviluppi quindi!

Maggiori info:

Global Citizen Science Project Finds Over 1700 Asteroid Trails in Hubble Images

Coelum Astronomia 255 II 2022 Digitale

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[Comunicato] Scoperta una nuova coppia di stelle nell’Unicorno!

Scoperta una nuova coppia di stelle nella costellazione dell’Unicorno.
Si tratta di un sistema binario di tipo semi-distaccato distante 11 mila anni luce dalla Terra che compie una rotazione completa in poco più di 17 ore.
Ad indiviuarlo sono stati i ricercatori del Gruppo Astrofili Palidoro che, con il progetto “MaCoMP”, sono giunti alla loro quindicesima scoperta. Questo sistema binario è stato trovato grazie all’osservazione congiunta di più telescopi che hanno rivelato una variazione di luminosità che, infine, ha condotto alla determinazione di “MaCoMP_V15“, così si chiama la coppia di stelle scoperta. Gli autori sono Giuseppe Conzo, Paolo Giangreco Marotta e Mara Moriconi che vedono certificata la scoperta dall’American Association of Variable Star Observers (AAVSO) al seguente link

https://www.aavso.org/vsx/index.php?view=detail.top&oid=2227210

Il mistero del ghiaccio nascosto su Marte: la possibile spiegazione

Siamo nel 2021 ed è l’alba su Marte.

L’orbiter NASA Mars Odyssey scatta delle immagini utilizzando la banda di luce visibile (quella percepita dall’occhio umano) per osservare il ghiaccio mattutino spettrale, bianco-azzurro, illuminato dal Sole nascente. Ma è solo usando la telecamera termosensibile dell’orbiter che il gelo appare più ampiamente, anche in aree in cui non era visibile, suscitando enorme sorpresa tra gli scienziati.

IL GHIACCIO INVISIBILE

Come è possibile che parte del ghiaccio sia invisibile ad occhio nudo? E perché su alcuni pendii compaiono valanghe di polvere?

Il ghiaccio osservato dall’orbiter è quello che si forma durante la notte ed è composto principalmente da anidride carbonica (essenzialmente ghiaccio secco) che spesso appare come brina sul Pianeta Rosso piuttosto che sotto forma di ghiaccio. Ma perché era visibile in alcuni luoghi e non in altri?

In un articolo pubblicato il mese scorso sul Journal of Geophysical Research: Planets, gli scienziati hanno proposto una risposta sorprendente che potrebbe anche spiegare come le valanghe di polvere, che stanno rimodellando il pianeta, si inneschino dopo l’alba.

Queste strisce scure, note anche come “strisce di pendio”, sono il risultato di valanghe di polvere su Marte. La telecamera HiRISE a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA, le ha catturate il ​​26 dicembre 2017. Credit: NASA/JPL-Caltech/UArizona

DAL GHIACCIO AL VAPORE

«L’orbita mattutina dell’orbiter Odyssey produce immagini davvero spettacolari», ha affermato Sylvain Piqueux del Jet Propulsion Laboratory della NASA, che ha guidato l’articolo. «Possiamo vedere le lunghe ombre dell’alba mentre si estendono sulla superficie del pianeta».

Poiché Marte ha così poca atmosfera (solo l’1% della densità di quella terrestre), il Sole riscalda rapidamente il gelo che si accumula durante la notte. Invece di sciogliersi, il ghiaccio secco si vaporizza nell’atmosfera in pochi minuti.

Lucas Lange del JPL, collega di Piqueux, ha notato per la prima volta la firma del ghiaccio a basse temperature in molti punti in cui non poteva essere visto in superficie. Queste “firme” hanno uno spessore di solamente poche decine di micron e si trovano nel sottosuolo: in pratica, meno della larghezza di un capello umano “sotto” la superficie!

«Il nostro primo pensiero era che il ghiaccio potesse essere sepolto lì», ha detto Lange. «Il ghiaccio secco è abbondante vicino ai poli di Marte, ma stavamo osservando più vicino all’equatore del pianeta, dove generalmente è troppo caldo per la formazione di ghiaccio secco».

LE CONCLUSIONI

Nel loro articolo, gli autori propongono di stare osservando del “ghiaccio sporco” ovvero ghiaccio secco misto a granelli di polvere fini che lo oscurano alla luce visibile, ma non nelle immagini a infrarossi.

Gli scienziati sono giunti a sospettare anche che questo “ghiaccio sporco” possa anche spiegare alcune delle strisce scure che possono estendersi per più di 1.000 metri lungo i pendii marziani.

Queste striature derivavano, essenzialmente, da valanghe di polvere che lentamente rimodellano i fianchi delle montagne in tutto il pianeta.

Gli scienziati pensano che queste valanghe di polvere assomiglino a un fiume di polvere che avvolge il suolo e rilascia una scia di materiale soffice dietro. Poiché la polvere viaggia in discesa per diverse ore, espone strisce di materiale più scuro al di sotto.

Per approfondire su questi “fiumi di polvere”, l’articolo NASA: Recurring Martian Streaks: Flowing Sand, Not Water?

Altre info qui:

Science at Sunrise: Solving the Mystery of Frost Hiding on Mars

Un “maggio spaziale” al Museo Galileo di Firenze

Un “maggio spaziale” al Museo Galileo tra note e stelle
con il telescopio gregoriano di Philippe-Claude Le Bas
e la musica del Conservatorio L. Cherubini

Durante la rassegna musicale i visitatori potranno ammirare due strumenti della collezione di acustica, la “tromba parlante” appartenente alla Collezione Medicea, e il fonografo di Thomas Edison

Diffondiamo il COMUNICATO STAMPA a cura dell’Ufficio Stampa Museo Galileo

Nel mese di maggio il Museo Galileo propone un viaggio tra note musicali e spazi siderali con l’arrivo del Telescopio gregoriano di Philippe-Claude Le Bas, uno dei primissimi strumenti del genere realizzato a Parigi alla fine del Seicento [in copertina a questo articolo] e la rassegna “Orbite Musicali”, quattro concerti appositamente concepiti dal Conservatorio Luigi Cherubini di Firenze, che si ispirano al sodalizio tra musica e scienza, con particolare riferimento all’astronomia (8, 15, 22, 29 maggio, alle 11; ingresso gratuito per i possessori del biglietto di ingresso al museo, info 055 265311).

Sono le novità proposte per il mese di maggio dal Museo Galileo, che da sempre cerca di coniugare nelle sue iniziative arte e scienza. Il Museo diventa così un luogo dove ascoltare la musica “cosmica” e vedere uno dei pezzi più pregiati della storia del telescopio.

Giorgio Strano con il Telescopio gregoriano di Philippr-Claude Le Bas (credit: Museo Galileo)

Arriva dunque al Museo Galileo il raro Telescopio riflettore gregoriano di Philippe-Claude Le Bas, uno dei primi del suo genere, realizzato seguendo le indicazioni costruttive date dallo scozzese James Gregory nella sua opera Optica promota del 1663. Il telescopio, appartenuto all’antiquario milanese Michele Subert, è stato acquistato dal Ministero della Cultura affidato al Museo Galileo in comodato d’uso gratuito dall’ente proprietario statale, la Direzione regionale musei della Toscana.

Di Le Bas sappiamo che costruì vari strumenti per l’Observatoire Royal di Parigi, fondato nel 1667 sotto l’egida del ministro Jean-Baptiste Colbert e diretto, dal 1671, dall’astronomo italiano Gian Domenico Cassini. Come ottico di Luigi XIV di Francia (il Re Sole), Le Bas ebbe il permesso di risiedere al Louvre, un privilegio attestato dalla firma incisa sul telescopio: “Le Bas aux Galleries du Louvre Paris”. All’importanza storica dello strumento si aggiungono le notevoli condizioni di conservazione dell’oggetto, ancora funzionante: sia le ottiche che le parti meccaniche sono integre.

Roberto Ferrari, direttore esecutivo Museo Galileo (credit: Museo Galileo)

Il telescopio è completo di treppiede con giunto sferico per il corretto orientamento ed è dotato di una particolare montatura con vite a succhiello che ne permette la stabile collocazione su un supporto fisso.

Per dare all’acquisizione il risalto che merita, prima di collocarlo in una delle sale espositive, il telescopio sarà esposto nella sala di accoglienza dei visitatori.

Musica stellare

Il telescopio arriva a Firenze in un periodo in cui il Museo propone la rassegna “Orbite Musicali”, quattro composizioni, in prima esecuzione assoluta, che interpretano il moto delle comete e dei quattro satelliti di Giove, il dialogo tra un astronomo e un satellite, e alcune ricerche di Leonardo da Vinci: 39P/OTERMA di Antonio GalantiRX-J 18–56.5 Ovvero il satellite animato di Roberto Becheri5 Aforismi su testi di Leonardo da Vinci di Barbara RettagliatiQuattro satelliti per orchestra del giovane Gianmarco Contini.

Un incontro sarà inoltre interamente dedicato all’ensemble di fisarmoniche diretto dal prof. Ivano Battiston, presente anche nella veste di compositore con Pulsar. Ogni concerto si conclude con una diversa interpretazione di Serenata per un satellite (1969) di Bruno Maderna.

In questa occasione, nella sala dell’imponente modello cosmologico di Santucci, il pubblico potrà assistere a esecuzioni che rievocano la scoperta dei Pianeti Medicei (i satelliti di Giove) compiuta da Galileo: gli strumentisti, simulando il moto degli astri, realizzeranno delle vere e proprie “Orbite Musicali”. Le esecuzioni saranno introdotte dai compositori e i concerti saranno preceduti da una relazione da Natacha Fabbri (Museo Galileo). I quattro argomenti scelti per questi incontri – Dialoghi cosmiciStelle danzantiDa Firenze alle stelle Macchine sonore – illustreranno il contesto storico-filosofico dei temi a cui si ispirano i concerti, concentrandosi sull’idea di viaggio astronomico, sulle macchine sonore di Leonardo da Vinci e sul percorso che ha portato l’uomo a diventare “abitante del cielo”.

Durante tutto il mese di maggio, inoltre, saranno esposti due strumenti della collezione di acustica del Museo: un rarissimo esemplare seicentesco di “tromba parlante”, appartenente alla Collezione Medicea, e il fonografo di Thomas Edison.

Il ciclo di concerti è parte della manifestazione Amico Museo 2022 promossa dalla Regione Toscana.

I concerti proseguono la collaborazione attivata con il Conservatorio negli scorsi anni e vedono il coinvolgimento del Dipartimento di Teoria, Analisi, Composizione e Direzione, coordinato dal prof. Antonio Galanti, e dell’Ensemble di musica contemporanea del Cherubini (EMC2) diretto dal prof. Luciano Garosi.

E’ online – Coelum Astronomia 254 I 2022 Digitale

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1989: gli Anni 90 sono alle porte!

Ciao a tutti boomers! TOC!TOC! Sentite anche voi questo rumore? TOC!TOC!

No, non sono le picconate che stanno abbattendo il muro di Berlino, ma gli Anni ’90 che stanno tentando di entrare.

Paura eh?

Non vi preoccupate, ancora per un anno siamo nei roaring ’80. E chiuderemo col botto!

Siamo nel 1989…

e i Nirvana esordivano con il loro primo album “Bleach“!

Nel frattempo leggende del calibro dei Pink Floyd, suonavano su una chiatta trasformata in un palco, davanti a Piazza San Marco in un concerto gratuito, davanti a una folla stimata di 200 000 persone. A pensarci oggi fa ancora venire i brividi.

Nelle sale giochi uscivano videogame campioni di incassi come Golden Axe e FinalFight e i teenager cominciavano a portarsi i videogame ovunque grazie all’uscita del Game Boy. In realtà avevano già fatto pratica di asocializzazione con i GigNikko.

Parlando di asocialità, nasceva il World Wide Web ad opera dell’ingegnere britannico Tim Berners-Lee e i suoi collaboratori che crearono nei laboratori del CERN a Ginevra lo Hyper text transfer protocol (HTTP) per poter comunicare tra computer collegati e che diventerà, entro breve,  il sistema dominante per trasferire informazioni su Internet.

E anche molte cazzate. Principalmente quello!

Oltre a molta, molta disinformazione. In tutto questo bailamme di novità, il cielo continuava a farsi gli affari suoi. E siccome gli esseri umani negli Anni ’80 erano abbastanza curiosi continuavano ad osservarlo in cerca di risposte, in cerca del Sacro Graal, come Indy nell’ultima crociata.

Proprio in quell’anno venne scoperto un vortice di gas nella parte centrale della nostra galassia, probabilmente provocato dalla presenza di un buco nero nel suo centro.

Crediti: Keio University

L’esistenza dei buchi neri era stata ipotizzata anche per le galassie Andromeda e M32.

Sempre nello stesso anno, fu lanciata la missione Galileo della NASA con lo scopo di studiare più dettagliatamente Giove e le sue lune.

fonte NASA

La sonda raggiungerà Giove solo 6 anni dopo, nel dicembre del 1995, dopo aver effettuato un flyby su Venere e due sulla Terra.

I risultati saranno impressionanti, portando a casa un esame accurato del pianeta gigante e dei suoi satelliti, in particolare Europa e Io, che ancora oggi sono sotto l’occhio dei riflettori. La sonda andrà in pensione il 21 settembre del 2003, quando sarà fatta precipitare su Giove.

Nello stesso anno, la sonda Voyager 2 raggiungeva il punto più vicino a Nettuno, fornendo una prova incontrovertibile dei suoi elegantissimi anelli.

Ma il grande occhio umano voleva spingersi oltre

Quindi creò il satellite Cosmic background explorer (COBE), realizzato per viaggiare indietro nel tempo e sprofondare nei segreti meandri della radiazione cosmica di fondo, misurandone le anisotropie e le fluttuazioni infinitesimali. Queste informazioni saranno preziose per capire come si siano formate le strutture dell’Universo, dalle grandi alle piccole scale.

Un esempio di queste strutture era la Grande muraglia di galassie, scoperta dagli astronomi Margaret Geller e John Huchra, rispettivamente dello Smithsonian Astrophysical Observatory e dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics.

Essa era una distribuzione non omogenea di galassie, ripartite in filamenti densi e sottili e inframmezzati da vuoti estesi, che si estendeva per milioni di anni luce.

Nel 1989 ci furono anche dei fuochi fatui, come l’annuncio della realizzazione della fusione nucleare ‘fredda’ da parte di Martin Fleichmann e Stanley Pons della University of Utah, a Salt Lake City e che, purtroppo, non riuscirono più ad ottenere nuovamente né il risultato originariamente annunciato, né altri comunque accettabili.

E mentre Stephen J. Gould, della Harvard University suggellava la teoria dell’esplosione della vita, usciva nelle sale cinematografiche “Weekend con il morto”.

E noi possiamo dire di esserci stati. Di avere vissuto questi anni incredibili, fatti si scoperte, di sogni e di speranze. Di aver visto la riapertura della Porta di Brandeburgo a Berlino e di ricordare come essa fosse un simbolo per non avere mai paura del nuovo che avanza.

Perché anche se può sembrare che manchi la terra sotto i piedi, vivere il presente e cogliere l’attimo (fuggente) è indispensabile per pensare al passato senza rimorsi. Ora scappo, vado a vedere la prima puntata de I Simpson. In inglese, perché in Italia uscirà nel 1991. Chissà cosa porterà il prossimo decennio. Ciao belli!

Coelum va a Galassica!

Coelum va in trasferta per Galassica!

Lo Staff di Coelum sarà ospite a Galassica – Festival di Astronomia, giunto alla quinta edizione! In questa settimana saremo impegnati (andremo a divertirci!) nelle numerose attività organizzate per l’evento.

Galassica è un progetto a cura di Associazione Nemesis Planetarium, in collaborazione con l’Università di Camerino, che si terrà da venerdì 8 a domenica 10 luglio nella suggestiva località del Castello Malcavalca di Esanatoglia, in provincia di Macerata. Il cuore del Festival è l’astronomia, intesa sia come ricerca e innovazione che come sensibilizzazione ambientale e valorizzazione del cielo stellato.

Programma completo, info e contatti su galassica.it
VI ASPETTIAMO!

Ricordiamo ai nostri cari lettori che tutti i servizi rimarranno attivi.
Ritorneremo dall’11 luglio ancora più grintosi e pieni di energie dopo le emozioni che i laboratori, le osservazioni del cielo e il clima di festa di Galassica sapranno donarci!

 

 

Da minuscole particelle di polvere ai grandi cambiamenti climatici

Sospinta dal vento attraverso continenti e oceani, la polvere fa molto di più che rendere i cieli velati, congestionare i polmoni e lasciare una pellicola di sporco sui parabrezza dei nostri veicoli.

Conosciuta anche come polvere minerale o polvere del deserto, può influenzare il clima, accelerare lo scioglimento delle nevi e fertilizzare le piante sulla terraferma (oltre alterare le forme vegetali presenti in mare).

Le particelle dei deserti del Nord Africa possono viaggiare per migliaia di miglia in tutto il mondo. Ad esempio, oltre oceano, innescano fioriture di fitoplancton, seminando nutrienti nelle foreste pluviali amazzoniche e ricoprono alcune città americane con un velo di sabbia, assorbendo e disperdendo la luce solare.

Vedi l’approfondimento NASA: Il satellite che rivela quanta polvere sahariana nutre le piante dell’Amazzonia

Ad aiutare i ricercatori a indagare sugli effetti climatici derivanti da questi venti sabbiosi ci sarà la missione Earth Surface Mineral Dust Source Investigation (EMIT) della NASA che misurerà la composizione dei minerali che diventano polvere nell’aria.

Piccole particelle, grandi problemi

La missione EMIT, il cui lancio è previsto per giugno 2022, mira ad approfondire la composizione mineralogica di queste fini particelle di limo e argilla provenienti dai deserti della Terra.

Di base sappiamo che la polvere più scura e ricca di ferro assorbe il calore del sole e riscalda l’aria circostante, mentre le particelle di colore più chiaro, ricche di argilla, fanno il contrario.

Gli ingegneri e i tecnici del JPL mettono insieme i componenti dell’EMIT, inclusi il telescopio, lo spettrometro per immagini e la piastra elettronica di base. Credit: NASA/JPL-Caltech

«Diversi tipi di polvere hanno proprietà diverse – sono acide, sono basiche, sono di colore chiaro, sono scure – che determinano il modo in cui le particelle interagiscono con l’atmosfera terrestre, così come con la terra, l’acqua e organismi viventi» afferma Robert O. Green, del Jet Propulsion Laboratory, primo ricercatore dell’EMIT «Grazie a questo strumento, saremo sulla buona strada per mappare le regioni di origine della polvere che circola nel mondo e capire come questa riscaldi o raffreddi il nostro pianeta, nonché come potrebbe cambiare in scenari climatici futuri».

Ulteriore scopo della missione è di mappare la provenienza della polvere. Se sappiamo da dove deriva possiamo conoscere la sua composizione mineralogica, oltre a farci un’idea di quanto possa viaggiare (in ordine di km e di tempo) questo vento polveroso.

Dal suo trespolo a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, lo spettrometro all’avanguardia di EMIT mapperà le sorgenti di polvere minerale del mondo, raccogliendo informazioni sul colore e sulla composizione delle particelle mentre lo strumento orbita su regioni aride e scarsamente vegetate.

L’EMIT si concentrerà su 10 importanti varietà di polvere, comprese quelle contenenti ossidi di ferro, le cui tonalità rosso scuro possono causare un forte riscaldamento dell’atmosfera.

Sapere quali tipi di polvere prevalgono sulla superficie in ciascuna regione monitorata fornirà nuove informazioni sulla composizione delle particelle sollevate e trasportate nell’aria. Con queste intuizioni, gli scienziati del clima possono affinare la loro comprensione degli effetti climatici regionali e globali della polvere minerale.

Per saperne di più:

L’EMIT è in fase di sviluppo presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA, gestito per l’agenzia da Caltech (California Institute of Technology) a Pasadena, in California. Verrà lanciato dal Kennedy Space Center in Florida per raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale a bordo della 25a missione di servizi di rifornimento commerciali gestita dalla SpaceX per la NASA.

Per approfondire: Earth Surface Mineral Dust Source Investigation (EMIT)

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A partire da oggi, 2 maggio 2022
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Così si misura il carbonio nascosto negli alberi

La seconda data release della missione della NASA GEDI a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, misura, con una precisione senza precedenti, la copertura vegetale del nostro pianeta per comprendere quanto carbonio sia contenuto nelle piante e quali siano, quindi, le conseguenze della deforestazione e degli incendi sulle emissioni e sul clima

Emissioni, biomassa, carbonio, metano, deforestazione: è questo il (parziale) vocabolario del cambiamento climatico, che sempre di più lega queste parole a cause o conseguenze dell’azione umana sul pianeta Terra.

Sono queste anche alcune parole che si trovano, ripetutamente, nei rapporti dell’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) che riguardano gli obiettivi per il contenimento delle emissioni e della crisi climatica da qui a fine secolo. Obiettivi che, sempre più, sembrano sfuggire di mano.

Cominciamo parlando di qualcosa di molto pratico, allora.
Un grande classico: la deforestazione.

È un problema di cui si parla da decenni, quello del disboscamento, della perdita delle aree verdi, della minaccia che incombe sui “polmoni” del mondo. Ultimamente, poi, a questo si uniscono anche moltissime iniziative per la piantumazione o per ampliare le aree verdi, specialmente quelle urbane.

La domanda, a questo punto, è: come mai mantenere o aumentare la biomassa sul pianeta è così importante?

La prima risposta è che foreste e zone verdi sono un enorme serbatoio di carbonio. Lo prelevano dall’atmosfera per nutrirsi e crescere e, di conseguenza, lo liberano quando sono interessati da incendi o quando vengono rimossi.

Secondo le stime, circa la metà della biomassa vegetale è composta da carbonio. Quanto sia, esattamente, il carbonio immagazzinato nei vegetali su tutta la superficie terrestre però, gli scienziati non lo sanno.

È questo uno degli obiettivi della missione Global Ecosystem Dynamics Investigation (GEDI), di cui è stata recentemente pubblicata una nuova release di dati.

Posizione dello strumento GEDI a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (nel riquadro giallo). Crediti: NASA

Questa informazione, oltre a poter essere utile per valutare eventuali soluzioni e contromisure al processo climatico in corso, è fondamentale per comprendere quanto carbonio verrà immesso nell’atmosfera a causa di incendi (nelle zone a rischio) e deforestazione (in atto o prevista).

La missione NASA

Una prima risposta, lo dicevamo, è arrivata in questi giorni dalla missione della NASA.

GEDI è uno strumento lidar che produce osservazioni dettagliate e tridimensionali della superficie terrestre, che ha misurato con precisione l’altezza delle chiome delle foreste, la loro struttura verticale e l’elevazione della superficie, fornendo una panoramica completa della distribuzione delle aree boschive, forestali e verdi sul pianeta.

Grazie a questi dati, i ricercatori possono monitorare il cambiamento delle foreste e comprendere meglio il ruolo che esse hanno nel mitigare il cambiamento climatico e, di conseguenza, l’impatto che rimuovere queste regioni avrebbe sul ciclo globale del carbonio e dell’acqua, sulla biodiversità e sugli habitat naturali.

Esempio di forma d’onda ricostruita dal lidar di GEDI sulla vegetazione, sulla base della quantità di energia riflessa da foglie, rami e cespugli alle diverse altezze. Crediti: NASA

GEDI si trova a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) ed è uno strumento lidar ad alta risoluzione progettato specificamente per misurare la vegetazione.

Funziona facendo rimbalzare rapidamente impulsi laser sugli alberi e sugli arbusti sottostanti per creare mappe 3D dettagliate delle foreste e delle formazioni terrestri. Quel che risulta è una griglia di misurazioni con una risoluzione di 1 km quadrato. Nei suoi primi tre anni in orbita, ha catturato miliardi di misurazioni tra 51.6 gradi di latitudine Nord e Sud (approssimativamente le latitudini di Londra e delle isole Falkland, rispettivamente).

GEDI utilizza tre laser divisi in quattro fasci che sparano 242 volte al secondo coprendo – mediante un dithering continuo – 8 tracce parallele poste a 600 metri di distanza, con impronte di 25 metri ogni 60 metri. Sono 968 impronte al secondo.

I fasci laser si riflettono prima sulle superfici più alte e poco dopo su quelle più basse, registrando un minuscolo ritardo rilevabile dal sensore di GEDI che monitora l’intensità della riflessione nel tempo e calcola una forma d’onda che documenta la densità riflettente dell’impronta a varie altezze, disegnando di fatto la superficie sottostante.

Le forme d’onda lidar così ottenute quantificano la distribuzione verticale della vegetazione registrando la quantità di energia laser riflessa dal materiale vegetale (steli, rami e foglie) a diverse altezze dal suolo. Da queste forme d’onda, possono essere estratti quattro tipi di informazioni sulla struttura:

  • topografia della superficie,
  • metrica dell’altezza della chioma,
  • metrica della copertura della chioma
  • metrica della struttura verticale.

Gli scienziati, infine, sono in grado di elaborare l’insieme di queste forme d’onda estraendo delle vere e proprie mappe in cui è possibile localizzare rapidamente le regioni di interesse e studiare la struttura delle foreste e il contenuto di carbonio con precisione molto maggiore precisione che in passato.

La nuova data release – come detto, la seconda per la precisione – contiene una combinazione di dati GEDI assieme a quelli provenienti da altri lidar aerei e terrestri per costruire una mappa globale della biomassa che rivela la quantità di vegetazione contenuta in un’area. La novità, rispetto alla precedente, sta nel miglioramento della geolocalizzazione, dell’algoritmo e, soprattutto, nella quantità di dati campionati.

Non rimane che attendere che gli scienziati leggano queste mappe e comunichino – ai decisori politici soprattutto – i numeri in gioco, i rischi e le possibili contromisure.

 

Una danza in cielo – il fenomeno delle iridescenze solari

Potrebbero essere due delfini che giocano, una spirale di colore, un’onda che si increspa: dipende dagli occhi di chi guarda…

Una serie di foto scattate a pochi minuti, forse secondi, l’una dall’altra a testimoniare quanto siano rapide ed evolutive le formazioni di iridescenze.

Uno spettacolo variopinto

Alle 13.30 del giorno 16 ottobre 2021 da Polizzi Generosa (PA) stavo fotografando questo spettacolo generato dalla fisica: si tratta di iridescenze solari che rientrano nella categoria dei fenomeni ottici atmosferici.

credit Teresa Molinaro

Un fenomeno ottico di questo tipo è dato dall’interazione della luce con le particelle d’acqua o i cristalli di ghiaccio presenti in atmosfera; quando la luce solare, lunare o astrale interagisce con tali elementi viene diffratta, dando luogo a questo gioco di colori.

Le iridescenze solari sono fenomeni che insieme ad aloni, pareli e corone mi capita spesso di ritrarre.

La particolarità di questi eventi – in questo caso delle iridescenze – è che sono in grado di evolversi nella forma e nei colori nel giro di pochi secondi.

credit Teresa Molinaro

Amo fotografare il cielo diurno e notturno, sempre alla ricerca di giochi di luce che spesso mi sorprendono e mi affascinano proprio per la fugacità con la quale si manifestano. Solitamente, infatti, si formano e si disfano nel giro di pochissimi attimi, ma è vero anche che più volte ho assistito a manifestazioni di aloni per 3 ore di fila o per un’intera giornata!

Per saperne di più:

Per queste e molte altre foto inerenti fenomeni ottici atmosferici [alcune scelte come EPODEarth Science Pictures of The Day dal sito scientifico americano Epod.usra.edu] potete trovarle sul sito dell’autrice dell’articolo: Teresa Molinaro – Fotografia e Astronomia 

Festival Astronomia Asiago – ci sarà anche Coelum!

DARK SKIES

Asiago, 12-22 maggio 2022

Anche Coelum Astronomia parteciperà alla prima edizione del Festival dell’Astronomia di Asiago

Non si ferma il tour di Coelum: ci trovate ad Asiago entrambi i weekend del Festival! Venite a conoscere lo Staff e acquistare la vostra copia direttamente in loco

Il cielo è un bene collettivo, una fonte infinita di bellezza e conoscenza per chi lo osserva

DARK SKIESFestival dell’Astronomia di Asiago si svolgerà dal 12 al 22 maggio 2022 con un programma ricco di eventi. Il focus sarà sul tema dell’inquinamento luminoso, che rischia sempre più di impedirci di ammirare la volta celeste.

Ad attendervi ci saranno visite guidate presso l’Osservatorio Astrofisico di Asiago; mostre e spettacoli teatrali a tema; conferenze e tavole rotonde; presentazione di libri; laboratori; trekking guidati; spettacoli al planetario gonfiabile e in realtà virtuale. Tantissimi eventi collegati alle tematiche dell’astronomia e dell’inquinamento luminoso.

Il Festival dell’Astronomia di Asiago 2022 è realizzato nell’ambito del progetto SKYSCAPE, finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e Interreg V-A Italia – Austria 2014-2020, il quale si occupa di valorizzare uno dei tesori più interessanti che la natura ci offre cercando di preservarlo: il cielo buio.

Un bene sempre più raro nelle zone urbane (ma non solo!).

Il cielo notturno è infatti parte della natura e del paesaggio che ci circonda e, come le altre componenti dell’ambiente, merita di essere salvaguardato.

L’inquinamento luminoso è inoltre in grado di minacciare la qualità della vita umana e di mettere a rischio l’esistenza di fauna e flora, anche in aree protette dove la tutela ambientale dovrebbe essere al primo posto.

Con il suo territorio incastonato tra i monti e lontano dall’inquinamento luminoso prodotto dalle grandi città della pianura, Asiago si classifica come un luogo ottimale per l’osservazione notturna del cielo.

Nelle notti più limpide si presenta come un vero e proprio mantello stellato.

Il programma completo qui: Festival Astronomia Asiago

 

 

Il cielo di Maggio 2022

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Nel primaverile cielo di Maggio assisteremo a una bella sfilata di costellazioni tipiche del periodo che domineranno le miti serate facendo sfoggio dei loro astri più brillanti

Se a Ovest e Nord-Ovest saranno ormai sempre più basse sull’orizzonte Auriga, Gemelli, Cancro e parte di Idra, da Sud-Est iniziano ad affacciarsi già nelle prime ore notturne le costellazioni che preannunciano il cielo estivo, ovvero: Cigno, Aquila, Ofiuco, Bilancia e Scorpione.

Per approfondire: Le Costellazioni di Maggio 2022 a cura di Teresa Molinaro

COSA OFFRE IL CIELO

Clicca sul banner per accedere alle Effemeridi 2022!

Mercurio

Il secondo giorno del mese, Mercurio e la Luna condivideranno la stessa ascensione retta, con meno di 2° di separazione. La Luna si presenterà come una falce sottilissima: ricordiamo che il novilunio è il 30 aprile. Da scorgere alle ultime luci del giorno, tramonteranno 1 ora e 50 minuti dopo il Sole. Il giorno 21/05 avremo invece il pianeta in congiunzione inferiore con il Sole. Un evento che si verifica alla conclusione del periodo sinodico del pianeta, ogni 116 giorni circa, che segna il passaggio del pianeta dalle sue apparizioni mattutine a quelle serali.

Venere

Iniziamo il mese di maggio con uno splendido accostamento Venere-Giove alle prime luci del giorno. Il 15/05 Venere sarà in afelio, quindi al punto più lontano dal Sole. Il giorno 27 del mese avremo invece una bella congiunzione Luna-Venere, osservabile poco prima dell’alba: siamo vicini alla Luna nuova, quindi avremo una sottilissima falce accanto il pianeta, a poco più di 1° di separazione.  

Marte

Nel mese di maggio potremo contattare il pianeta rosso nelle ultime ore prima dell’alba, anticipando sempre più il suo sorgere. Segnaliamo una bella congiunzione con Giove il 24, replicando il giorno successivo con l’aggiunta della Luna in fase calante. La distanza tra il gigante gassoso e Marte si farà sempre più stretta, fino a regalarci un ulteriore bell’incontro tra i due il 29/05

Giove

Inauguriamo il mese con lo strettissimo abbraccio tra Giove e Venere che, da poco dopo le 4:30, ci accompagna fino le prime luci dell’alba. Dal giorno successivo i due pianeti inizieranno a distanziarsi, vedremo piuttosto Giove accostarsi sempre più a Marte, fino a giungere alla bella congiunzione del 24 e quella del 25, accompagnati dalla Luna. Ultimo incontro tra Giove e Marte il 29/05. 

Saturno

In questo mese non ci sono grandi eventi da segnalare per Saturno, se non che, il giorno 22, ci sarà in congiunzione con la Luna (circa 5° di separazione). Nell’arco del mese di maggio anticiperà sempre di più la sua alba, accompagnandoci fino alle prime luci del giorno. 

Urano

Il giorno 5 il pianeta sarà in congiunzione con il Sole, rimanendo così inosservabile per diverse settimane.

Nettuno

Nettuno accompagnerà Giove per gran parte del mese, vegliato più in alto da Marte. Con il pianeta rosso sarà in congiunzione il giorno 18.

SOLE

𝗜𝗹 𝗦𝗼𝗹𝗲 𝘃𝗶𝘀𝘁𝗼 𝗱𝗮 𝗠𝗮𝗿𝘁𝗲, di Antonio Piras

Un ricco mese appena passato, quello di Aprile, per quanto riguarda l’attività solare: diverse le regioni attive osservate e le tempeste elettromagnetiche che hanno colpito il nostro pianeta, donandoci, tra le altre cose, anche degli spettacolari eventi di aurora.

Anche Perseverance, il rover NASA, ci ha fatto sognare con delle splendide immagini dell’eclissi di Phobos riprese da Marte. Non perdere l’articolo:

Eclissi di Sole marziana – il video di Perseverance

In questo mese di Maggio, fino al giorno 14 la nostra stella si trova nella costellazione dell’Ariete, passerà poi a quella del Toro. Notti sempre più brevi: con l’avanzare dei giorni, infatti, la durata delle ore di luce aumenta di 57 minuti dall’inizio del mese.

LUNA

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Maggio 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Maggio 2022

COMETE

MAGGIO, MESE DI COMETE

Due presunte comete luminose, questo ci porta in dote il mese centrale della primavera. Ad oggi, scrutando il futuro, sarà probabilmente il periodo più interessante del 2022.

E allora occhi al cielo per ammirare lo spettacolo!

Per approfondire: Le comete di Maggio 2022 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

2004 MN4
Dietro questa criptica sigla provvisoria si cela uno tra i NEA più studiati. Perché? Beh, secondo le prime stime, l’asteroide in oggetto nel 2029 sembrerebbe passare a una distanza molto ravvicinata alla Terra!

Non perdere la storia di questa incredibile scoperta e, in più, gli asteroidi che sarà possibile osservare questo mese di Maggio!

Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2022 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali.

Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni!

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Maggio 2022 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE

Questo 2022 sembra essere davvero l’anno di Giancarlo Cortini, che dopo il successo dello scorso febbraio, si concede uno stupendo bis, mettendo a segno una nuova ed interessante scoperta!

Giancarlo ha inoltre espresso la volontà di dedicare la sua scoperta alla memoria di Paolo Campaner che recentemente ci ha lasciati. Un bel gesto che apprezziamo e condividiamo con piena approvazione.

Aggiornamenti delle ultime scoperte e l’articolo completo qui
SUPERNOVAE: aggiornamenti Maggio 2022 di Fabio Briganti e Riccardo Mancini

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Mondi in miniatura – Asteroidi, Maggio 2022

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2004 MN4
Dietro questa criptica sigla provvisoria si cela uno tra i NEA più studiati.

Storia di un’incredibile scoperta

Una notte dell’estate del 2004, un trio di astronomi – Roy A. Tucker, David J. Tholen, e l’italiano Fabrizio Bernardi – effettuando osservazioni con il Bok Telescope presso il Kitt Peak National Observatory (USA), si imbatterono in quello che, a prima vista, poteva essere uno tra i tanti Asteoridi Near Earth.

Le misure astrometriche furono prontamente inviate al centro mondiale per la ricezione e la distribuzione delle misure di posizione dei corpi minori, il Minor Planet Center (Cambridge, Massachusetts), che avrebbe dovuto provvedere ad inserirle in un’apposita pagina internet (la Neo Confirmation Page), per consentire ad altri osservatori di effettuare le consuete attività di follow up e conferma. Le successive notti di maltempo, inoltre, impedirono a Tucker, Tholen e Bernardi di seguire il nuovo asteroide e dell’oggetto se ne persero le tracce.

Alla fine del 2004 fu nuovamente individuato dall’osservatorio di Siding Spring (Australia) e dai calcoli effettuati sugli elementi orbitali estesi, emerse che 2004 MN4 avrebbe effettuato un passaggio ravvicinato con la Terra il 13 aprile del 2029.

La situazione divenne preoccupante.

Generalmente, le probabilità di impatto tendono rapidamente a decrescere mano a mano che l’orbita viene consolidata, ma nel caso di 2004 MN4 l’andamento era esattamente l’opposto: tutte le misure astrometriche evidenziavano un serio aumento del rischio, non una diminuzione. Il passaggio ravvicianto del 13 aprile 2029 avrebbe comportato una probabilità di impatto del 3%, la più alta mai calcolata.

Le stime della dimensione, ricavate dalla magnitudine assoluta, indicavano che l’oggetto misurava all’incirca 400 metri di diametro. Un eventuale impatto con il nostro pianeta sarebbe risultato catastrofico a livello regionale.

Per farsi un’idea delle conseguenze di un simile evento, possiamo utilizzare una simulazione messa a disposizione dall’Imperial College di Londra (Purdue University), l’Earth Impact Effects Program.

Fortunatamente, una pre-covery – che estende l’arco osservativo al marzo del 2004 – e le osservazioni radar effettuate a gennaio del 2005 dal Radio Osservatorio di Arecibo, indicarono chiaramente che il 2029 non sarebbe stato l’anno dell’impatto, ma rimasero probabilità residue per il 2036 ed il 2068.

Ulteriori osservazioni radar esclusero fortunatamente anche entrambe quelle date e, a seguito di successive campagne – culminate con l’osservazione radar del Goldstone Deep Space Communications Complex (meglio conosciuto come Goldstone Observatory) –  nel 2021 il Jet Propulsion Laboratory della NASA ha ufficialmente depennato (99942) Apophis dalla Sentry Risk List.

Il passaggio ravvicinato di (99942) Apophis del 3 Aprile 2029 avverrà ad una distanza di 30.000 km dalla superficie terrestre, all’altezza dei satelliti geostazionari.

Sarà una preziosissima occasione per vedere un NEA ad occhio nudo, momento in cui raggiungerà la terza magnitudine, sfrecciando sulla volta celeste alla velocità di 2300 arcosecondi al minuto (vale a dire che in circa due minuti lo vedremo percorrere una distanza angolare pari a quella della Luna piena).

Minor Planet Ephemeris Service: Query Results

clicca sull’immagine per accedere al sito del Minor Planet Center

Le osservazioni effettuate da terra durante il passaggio del 2029 consentiranno di raccogliere una mole di informazioni che, una volta analizzate, porteranno ad una precisa caratterizzazione fisica dell’asteoride. Inoltre la misura dell’entità degli effetti mareali indotti in questa circostanza dal nostro pianeta, consentirà di studiare la struttura interna di questo affascinante mondo in miniatura.

Quello di Apophis è stato un importante test case.

Grazie alle grande quantità di osservazioni si sono potuti correggere alcuni insidiosi errori sistematici che affliggevano molti cataloghi stellari – come ad esempio l’USNO B – ed è stato possibile sviluppare un nuovo metodo per la correzione dei modelli di errore nel calcolo delle orbite.

La soluzione orbitale estremamente precisa ha permesso di calcolare con accuratezza l’entità che l’effetto Yarkowsky (per la definizione, vedi Mondi in Miniatura di febbraio) ha sull’asteroide:

Gli ultimi residui di probabilità per un impatto nei prossimi 100 anni sono stati eliminati grazie a questo studio 

Cosa osservare a Maggio 2022

I principali asteroidi osservabili a maggio 2022 (in-the-sky.org)

(13) Egeria

(13) Egeria è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.510 giorni (4,13 anni) ad una distanza compresa tra le 2,36 e le 2,80 Unità Astronomiche (rispettivamente, 535.050.973 km al perielio e 418.874.036 km all’afelio).

Deve il suo nome a Egeria, divinità protettrice delle nascite e delle acque sorgive.

Scoperto da Annibale de Gasparis il 2 Novembre 1850, questo imponente asteroide (all’incirca 220 chilometri di diametro) sarà in opposizione il 4 di Maggio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.0.

Il suo moto sarà di 0,70 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (13) Egeria trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.

(18) Melpomene

(18) Melpomene è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.270 giorni (3,48 anni) ad una distanza compresa tra le 1,80 e le 2,80 Unità Astronomiche (rispettivamente, 269.276.166 km al perielio e 418.874.036 km all’afelio).

Deve il suo nome a Melpomene, figlia di Zeus e di Mnemosine, divinità del canto e della danza.

Scoperto da John Russell Hing il 24 giugno 1852, questo grande asteroide (circa 140 km di diametro) sarà in opposizione il 5 Maggio, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.3.

Il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (18) Melpomene trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.

(21) Lutetia Magnitudine: 10
(86) Semele Magnitudine: 14
(88) Thisbe Magnitudine: 11
(140) Siwa Magnitudine: 12
(233) Asterope Magnitudine: 12
(341) California Magnitudine: 13
(403) Cyane Magnitudine: 12
(545) Messalina Magnitudine: 13
(1319) Disa Magnitudine: 13

Selezione di asteroidi (luminosi) in opposizione a Maggio 2022

Cieli sereni a tutti!

SUPERNOVAE: aggiornamenti Maggio 2022

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Questo 2022 sembra essere davvero l’anno di Giancarlo Cortini, che dopo il successo dello scorso febbraio, si concede uno stupendo bis, mettendo a segno una nuova ed interessante scoperta

Nella notte del 2 aprile individua infatti una nuova stella di mag.+17 nella galassia a spirale barrata NGC4545 posta nella costellazione del Drago a circa 120 milioni di anni luce di distanza. Nella notte seguente la scoperta, dall’Osservatorio di Okayama in Giappone, con il telescopio Seimei da 3,8 metri, viene ripreso lo spettro di conferma, classificando il nuovo transiente come una supernova di tipo II molto giovane ed assegnando la sigla definitiva SN2022fuc (IMMAGINE IN COPERTINA ALL’ARTICOLO)

Nei giorni seguenti la scoperta la luminosità è aumentata leggermente sfiorando la mag.+16. Da notare che soltanto poco più di dieci ore prima della scoperta di Giancarlo, il programma professionale americano denominato ZTF aveva ripreso la supernova che mostrava una luminosità pari alla mag.+19,86. Questo ci fa capire come sia repentino l’incremento di luminosità nelle fasi iniziali dell’esplosione.

Giancarlo Cortini e il suo telescopio C14 all’interno dell’Osservatorio di Monte Maggiore (Predappio)

A Giancarlo vanno perciò i nostri complimenti, anche per la rapidità nel comunicare la scoperta!

Giancarlo ha inoltre espresso la volontà di dedicare la sua scoperta alla memoria di Paolo Campaner che recentemente ci ha lasciati. Un bel gesto che apprezziamo e condividiamo con piena approvazione.
Sul prossimo numero in uscita Coelum 256: IN RICORDO DI PAOLO CAMPANER – articolo a cura di Fabio Briganti

Se Giancarlo Cortini sta facendo molto bene, l’incredibile giapponese Koichi Itagaki continua a stupire ed a lasciarci senza parole, ottenendo una stupenda doppietta, la seconda delle quali davvero importante.

Koichi Itagaki accanto al suo strumento principale, un riflettore da 60cm F.5,7

Ma andiamo per ordine!

Nella stessa notte in cui Giancarlo scopriva la SN2021fuc (2 aprile), l’esperto ricercatore del Sol Levante riprendeva, fra i primi bagliori dell’alba che stava arrivando, la galassia UGC12173 individuando una stella di mag.+17,1.

La galassia ospite è una spirale barrata posta nella piccola costellazione della Lucertola a circa 190 milioni di anni luce di distanza. Nei giorni seguenti la scoperta, la luminosità del nuovo transiente è diminuita progressivamente e l’8 aprile era già scesa oltre mag.+18 dimostrando che la scoperta era stata effettuata dopo il massimo di luminosità, con l’esplosione avvenuta quando la galassia ospite era in congiunzione con il Sole.

AT2022ftr in UGC12173 realizzata da Koichi Itagaki con un telescopio Schmidt-Cassegrain da 35cm F.11

A causa della vicinanza con i chiarori dell’alba, non è stato possibile ottenere uno spettro di conferma e pertanto al nuovo oggetto è stata assegnata la sigla provvisoria AT2022ftr.

Ma è nella notte del 16 aprile, con la Luna piena, che Koichi Itagaki mette assegno un’altra scoperta davvero importante.

Non ha problemi infatti ad individuare una stella di mag.+15 nella galassia a spirale barrata NGC4647 posta nella costellazione della Vergine a circa 60 milioni di anni luce. Situata nell’ammasso di galassie della Vergine, NGC4647 è famosa per la vicinanza alla galassia Messier 60. Nelle immagini profonde le due galassie sembrano sfiorarsi, anche se solo prospetticamente, perché M60 è posta circa 5 milioni di anni luce più vicino a noi.

Avevamo preso in considerazione anche l’idea che questa supernova fosse esplosa nella parte periferica di M60, ma dallo spettro non è possibile sciogliere questo dubbio a causa della poca differenza di distanza fra le due galassie. Lo spettro comunque (altra buona notizia!) è stato ottenuto per primo dal nostro Claudio Balcon appena 5 ore dopo la scoperta.

La SN2022hrs, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo Ia scoperta circa due settimane prima del massimo, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano ad una velocità di circa 16.000 km/s.

L’immagine della SN2022hrs in NGC4647 realizzata da Manfred Mrotzek con un telescopio da 140mm F.5,4 somma di 21 immagini da 240 secondi

Lo spettro è molto simile alla SN2002bo, una variante HVG (Alto Gradiente di Velocità), che presenta un massimo di luminosità leggermente più alto rispetto ad una tradizionale Ia. Da notare che questa è una supernova scoperta e classificata tutta a livello amatoriale, ad oggi ne conosciamo almeno sette e negli ultimi cinque c’è il marchio del bellunese Claudio Balcon.

La luminosità della supernova sta progressivamente aumentando e negli ultimi giorni del mese di aprile dovrebbe raggiungere la notevole mag.+12,0 / +12,5 diventando ad oggi la supernova più luminosa del 2022.

5) Immagine della SN2022hrs in NGC4647 realizzata da Fabrizio Mancini ed Elia Dal Canto con un Newton 200mm F.5 somma di 50 immagini da 19 secondi ed elaborata da Mauro Bachini

Una ghiotta occasione per riprendere una bella coppia di galassie, che condividano una luminosa supernova.

NGC4647 aveva visto esplodere al suo interno un’altra supernova conosciuta, la SN1979A scoperta il 25 gennaio 1979 dall’astronomo russo G.N. Kimeridze, della quale però non fu possibile ottenere lo spettro di conferma.

Le Costellazioni di Maggio 2022

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Nel primaverile cielo di Maggio assisteremo a una bella sfilata di costellazioni tipiche del periodo che domineranno le miti serate facendo sfoggio dei loro astri più brillanti

Se a Ovest e Nord-Ovest saranno ormai sempre più basse sull’orizzonte Auriga, Gemelli, Cancro e parte di Idra, da Sud-Est iniziano ad affacciarsi già nelle prime ore notturne le costellazioni che preannunciano il cielo estivo, ovvero:  Cigno, Aquila, Ofiuco, Bilancia e Scorpione.

Vergine: una delle più grandi costellazioni del cielo

Posta a metà strada tra Leone e Bilancia, la costellazione zodiacale della Vergine rappresenta una delle protagoniste del cielo di Maggio: facilmente individuabile grazie alla sua stella alfa, Spica.

Vergine e Spica (credit Stellarium)

Vergine transita al meridiano proprio il 25 maggio e sarà visibile sino al mese di luglio, accompagnandoci così per una buona parte del cielo estivo.

Con la sua estensione (circa 1300 gradi quadrati) questa costellazione è la seconda più ampia della volta celeste (il primato lo detiene l’Idra) e si presenta interessante e ricca anche per via degli oggetti non stellari che ospita al suo interno.

La stella più brillante è Spica (alfa Virginis), distante 262 anni luce da noi, che con la sua magnitudine di 1.04 si colloca al quindicesimo posto tra le stelle più luminose del firmamento. Con il suo colore azzurro intenso è facilmente riconoscibile in quanto, insieme alle stelle Arturo e Denebola, costituisce uno dei vertici dell’asterismo del Triangolo primaverile.

Ne abbiamo parlato qui: Le costellazioni di Aprile 2022

Tra gli astri che compongono la costellazione, la seconda più luminosa è Porrima (gamma Virginis), una stella doppia le cui componenti sono di pari colore (giallastro), di magnitudine apparente di 2.74; questo sistema binario si trova a una distanza di 39 anni luce.

Al terzo posto per luminosità, brilla la gigante gialla Vendemmiatrice, con magnitudine 2.85 e distante 102 anni luce. Le origini del suo nome risalgono a più di 2.000 anni fa, quando la stella sorgeva alle prime luci dell’alba durante il periodo di inizio settembre, interessato dalla vendemmia. A causa della Precessione degli equinozi, le cose ad oggi sono un po’ cambiate e la stella Vendemmiatrice ha lasciato il posto agli astri della costellazione del Leone.

OGGETTI NON STELLARI NELLA COSTELLAZIONE DELLA VERGINE

Quella della Vergine è una costellazione molto ricca di oggetti non stellari.

Ospita infatti un gran numero di galassie e ammassi; tra questi il più importante è l’Ammasso della Vergine: un ricco insieme di galassie, molte delle quali sono osservabili già con piccoli telescopi.

da Photo Coelum: Ammasso della Vergine di Maurizio Cabibbo (clicca sull’immagine per saperne di più)

L’ammasso è composto da circa 2.500 membri ed è a sua volta il componente più massiccio del Superammasso della Vergine di cui fa parte anche il Gruppo Locale, ovvero il gruppo di galassie a cui appartiene la nostra Via Lattea.

Una delle galassie ellittiche più conosciute ed estese visibili nella costellazione della Vergine è Virgo A, nota anche come l’oggetto M87 del Catalogo Messier: posta in una regione povera di stelle luminose, la galassia può  essere individuata a partire dall’utilizzo di un binocolo di media apertura, in un cielo nitido e privo di qualsiasi ostacolo luminoso. Con telescopi di una certa portata di ingrandimento, l’oggetto M87 può essere osservato in maniera più nitida anche se ciò che apparirà ai nostri occhi sarà una comunque un piccolo nucleo luminoso circondato da un alone biancastro.

Crediti: Eht Collaboration

La principale peculiarità di M87 è il Buco Nero Supermassiccio situato al centro della galassia di cui il 10 aprile 2019 è stata svelata al mondo l’immagine dell’orizzonte degli eventi.

Con il suo getto relativistico e l’emissione di raggi X e gamma, la galassia costituisce un importante oggetto di studio per scienziati e ricercatori.

 

VERGINE NELLA MITOLOGIA

Figura ispiratrice per i letterati greci da Pindaro, Eschilo a Euripide, la Vergine trova collocazione tra le divinità della natura, dell’agricoltura, del ciclo delle stagioni, dell’abbondanza e fertilità.

Già l’antico popolo dei Babilonesi associava la figura della Vergine a quella della dea Shala, divinità dei raccolti raffigurata con una spiga in mano e non a caso la stella principale della costellazione prende il nome di Spica, dal latino “spiga di grano”.

La mitologia greca identifica la Vergine con Dike (o Astrea), dea della Giustizia figlia di Zeus e Temi, che insieme alle sue sorelle faceva parte delle figure mitologiche chiamate Ore: custodi del rispetto per le leggi morali e divinità della natura.

Secondo la leggenda la dea Dike si impegnò affinché gli uomini osservassero le regole morali e di equità, ma questo non bastò a scansarla dalla delusione e dall’amarezza nel constatare la bassezza della condotta umana. Mossa dallo sdegno, infatti, la dea preferì ritirarsi in cielo.

L’IDRA: LA PIU’ ESTESA DELLE COSTELLAZIONI

Idra (credit Stellarium)

Come sopra descritto, Vergine è seconda per estensione solo a Idra, una costellazione prevalentemente australe che tuttavia  può essere osservata dal nostro emisfero proprio nei mesi che vanno da marzo a giugno: nel cielo serale di maggio possiamo dunque provare a individuarla, cercandola nella porzione di cielo al di sotto delle costellazioni di Vergine, Leone e Cancro.

Non perdere HYDRA part. 1 – Una costellazione timida ma ricca di sorprese: il ricco approfondimento disponibile sul n. 255 di Coelum

Idra è un oggetto molto esteso che copre un’area di circa 1303 gradi quadrati e che serpeggia sotto i nostri occhi coprendo da sola il 3,16% della volta celeste. Peculiare il fatto che mentre la “coda” dell’Idra si appresta a sorgere, la “testa” è già alta verso Sud e quando la “testa” si accinge al tramonto è la “coda” a culminare a Sud.

Nonostante la sua ampiezza, Idra è una costellazione che non eccelle di certo in luminosità, poiché ha solo una stella degna di nota: Alphard (alfa Hydrae), posta a circa venti gradi a Sud di Regolo. Si tratta di una gigante arancione che possiede una magnitudine di 1,99 e si trova a 177 anni luce di distanza.

Va segnalato che la costellazione ospita diverse stelle doppie, facilmente risolvibili anche con l’ausilio di un  binocolo, e delle stelle variabili.

In Idra un oggetto non stellare degno di nota è certamente M48: un ammasso aperto individuabile ad occhio nudo, sempre a condizione che si osservi da un luogo privo di inquinamento luminoso. L’oggetto è riconoscibile attraverso un binocolo o meglio ancora con l’utilizzo di un telescopio.

Nella costellazione è presente anche una nebulosa planetaria molto luminosa e dal colore verde/bluastro, simile ad un pianeta: si tratta di NGC 3242, nota anche come Fantasma di Giove o Nebulosa Occhio.

NGC 3242 “Fantasma di Giove” di Francesco Badalotti (clicca sull’immagine per saperne di più)

Presente nella costellazione dell’Idra anche M83, una galassia a spirale molto luminosa nota anche con il nome di Galassia Girandola del Sud per via dei suoi bracci a spirale che entusiasmano molto nell’osservazione e nell’astrofotografia.

IDRA NELLA MITOLOGIA

Come ogni oggetto celeste, anche l’Idra trova ampi riferimenti nella mitologia, in modo particolare nel mito greco che annovera Idra tra le Fatiche di Ercole.

Figlia di Tifone ed Echidna, Idra fu allevata da Era: era un mostro arguto e diabolico, in grado di uccidere un uomo anche solo con il suo respiro tanto era la quantità di veleno presente nel suo corpo. Viene raffigurato come un serpente marino dotato di nove teste, le quali si rigeneravano qualora fossero recise.

Fu Ercole ad uccidere il mostro durante la sua seconda fatica, in cui riuscì ad abbattere l’Idra con delle frecce infuocate, nonostante fosse stato colpito più volte dalle chele del Carcino (granchio), emerso dalla palude e inviato da Era ai fini di ostacolare Ercole. Al seguito della la sconfitta, Era pose in cielo sia il granchio che il mostruoso serpente marino, trasformandoli rispettivamente nelle costellazioni del Cancro e dell’Idra.

Con l’arrivo di Samantha Cristoforetti sulla ISS ha inizio la missione Minerva

Comunicato Stampa ESA

l veicolo spaziale Crew Dragon Freedom, che porta l’astronauta dell’ESA Samantha Cristoforetti e i suoi colleghi della NASA Kjell Lindgren, Robert Hines e Jessica Watkins, ha effettuato l’attracco sulla Stazione Spaziale Internazionale giovedì 28 aprile all’01:37.

L’arrivo sulla Stazione segna l’inizio della seconda missione nello spazio di Samantha Cristoforetti, nota come Minerva.

Il viaggio nello spazio della Crew-4

Noto come Crew-4, l’equipaggio composto da Samantha Cristoforetti e i suoi colleghi della NASA è partito dal Launch Complex 39A presso il Kennedy Space Center della NASA mercoledì 27 aprile alle 09:52 CEST.

credit ESA

Durante il volo, Samantha Cristoforetti ha ricoperto il ruolo di specialista di missione, mentre ora assumerà quello di leader del USOS, con responsabilità delle operazioni all’interno del Segmento Orbitale Americano della Stazione Spaziale Internazionale per l’intera durata della sua missione. Il segmento comprende i moduli e i componenti americani, europei, giapponesi e canadesi della Stazione Spaziale.

Alla Crew-4 è stato dato il benvenuto a bordo dagli astronauti e astronaute che attualmente abitano la Stazione, tra cui l’astronauta dell’ESA Matthias Maurer, giunto sulla Stazione come membro della Crew-3 e il cui ritorno sulla Terra è previsto a breve.

Due europei in orbita

Josef Aschbacher, Direttore Generale dell’ESA, afferma che è un evento molto speciale vedere due astronauti europei insieme nello spazio.

«È un grande piacere per me vedere non solo la riuscita del lancio e dell’attracco della Crew-4 con Samantha Cristoforetti, ma anche l’incontro in orbita di due astronauti europei estremamente competenti».

«In qualità di astronauta esperta» ha aggiunto «Samantha Cristoforetti continuerà a rappresentare l’Europa e a condurre esperimenti europei a bordo della Stazione Spaziale per tutta la durata della missione Minerva. Questi esperimenti daranno un fondamentale contributo all’innovazione europea sulla Terra, dallo sviluppo della nostra industria, alla salvaguardia dell’ambiente, all’esplorazione ancora più profonda dello spazio».

Questa opinione è condivisa dal Direttore di Esplorazione Umana e Robotica dell’ESA David Parker, che afferma: «Samantha Cristoforetti è stata un modello eccellente per coloro che attualmente partecipano al processo di selezione per diventare astronauti e astronaute dell’ESA, fornendo consigli, informazioni e ispirazione nell’intero percorso.

«Come leader dell’USOS, continuerà a essere un’eccellente rappresentante per l’Europa durante i prossimi mesi, che saranno ricchi di scienza, ricerca e operazioni sulla Stazione Spaziale Internazionale, ai quali guardiamo con grande entusiasmo».

Ulteriori informazioni sulla missione Minerva

https://www.esa.int/Science_Exploration/Human_and_Robotic_Exploration/Minerva

Ultimi aggiornamenti sul blog Exploration:

https://blogs.esa.int/exploration/category/astronauts/samantha-cristoforetti/

 

Transiti notevoli ISS per il mese di Maggio 2022

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La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali.
Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante l’ultimo mese della primavera, auspicando come sempre in cieli sereni!

Si inizierà il giorno 13 Maggio, dalle 04:48 verso ONO alle 04:59 verso SE. Visibilità perfetta da tutta Italia, con magnitudine di picco a -3.9.

Uno dei migliori transiti mattutini del mese, meteo permettendo!

Si replica il 14 Maggio, dalle 03:59 alle 04:10, osservando da NO ad ESE. La ISS sarà ben visibile dal Centro Nord e regioni Adriatiche con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.3.

Ancora al14 Maggio, ma alla sera, dalle 22:18 in direzione OSO alle 22:29 in direzione NE. Questo sarà un nuovo transito ottimale per tutta Italia. Magnitudine massima di -3.3.

Due giorni dopo, il 16 Maggio, dalle 04:03 alle 04:09, da O a SE, avremo un nuovo transito apprezzabile principalmente dalle isole maggiori e dall’occidente italiano. Magnitudine massima a -3.7.

Saltando di circa dieci giorni, al 27 Maggio, avremo un nuovo transito parziale dalle 23:01 alle 23:06, da ONO ad O. Visibilità migliore dalle porzioni occidentali del Centro Nord, con magnitudine massima a -3.5.

Il 28 Maggio avremo il primo dei due migliori transiti serali del mese, dalle 22:12 alle 22:19, con magnitudine di picco a -3.6, visibile da tutta Italia da NO ad ESE.

Alla sera del 29 Maggio, dalle 22:11 verso ONO alle 22:17 verso S, visibile al meglio dalle isole maggiori, un nuovo transito della Stazione Spaziale, con magnitudine massima a -3.2.

L’ultimo transito notevole del mese sarà nuovamente perfetto per tutto il Paese, il 31 Maggio. Dalle 21:22 alle 21:30, da NO a SE. Magnitudine di picco a -3.8 per il miglior transito serale del mese.

Le Comete di Maggio 2022

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MAGGIO, MESE DI COMETE

Due presunte comete luminose, questo ci porta in dote il mese centrale della primavera. Ad oggi, scrutando il futuro, sarà probabilmente il periodo più interessante del 2022.
E allora occhi al cielo per ammirare lo spettacolo!

C/2021 O3 PanSTARRS

La posizione della C/2021 O3 PanSTARRS durante maggio. Le stelle più deboli sono di mag. 6

Scoperta il 26 luglio 2021 dal celebre sistema automatizzato di cui porta il nome, arriva la cometa che – secondo le previsioni e salvo altre scoperte – risulterà la più luminosa dell’anno.

Fa la sua apparizione dopo il passaggio al perielio avvenuto il 21 aprile, quando però era troppo vicina al Sole per poter essere avvistata.

Successivamente dall’emisfero australe non è stato rilevato niente di luminoso (l’oggetto avrebbe dovuto mostrarsi di quinta sesta/ magnitudine) tanto che, quasi sicuramente, la cometa è molto al di sotto delle stime previste. Staremo a vedere appena le osservazioni porteranno nuovi dati, tenendo conto che nei primi giorni di maggio le condizioni osservative risulteranno ancora piuttosto critiche a causa della sua scarsa altezza sull’orizzonte nel momento in cui il cielo si fa buio. Varrà comunque la pena tentare perché sarà il periodo in cui dovrebbe risultare ancora piuttosto luminosa, anche se a questo puto è tutto da vedere.

In breve guadagnerà in declinazione arrampicandosi in cielo, divenendo circumpolare e quindi osservabile per tutta la durata della notte astronomica, perdendo però gradualmente luminosità (a fine mese le previsioni la indicano attorno alla decima magnitudine).

Il suo movimento mensile sarà quindi rilevante, portandola dai pressi delle Pleiadi fin non distante dalla Stella Polare.

Il primo maggio si troverà a poco più di tre gradi dalle Pleiadi ed a circa cinque da Mercurio, anche se purtroppo il quadretto non sarà semplice da cogliere a causa delle condizioni di scarsissima altezza sull’orizzonte degli oggetti e del chiarore ancora presente.

C/2017 K2 PanSTARRS

La posizione della C/2017 K2 PanSTARRS in maggio. Le stelle più deboli sono di mag. 10

Prosegue la crescita, anche se in maniera lentissima) dell’altra PanSTARRS che secondo le previsioni avrebbe dovuto ormai raggiungere l’ottava magnitudine divenendo un facile oggetto binoculare.

Invece verso fine aprile la sua luminosità è purtroppo di almeno due magnitudini inferiore.

Nei mesi scorsi avevamo già accennato ai suoi stenti che l’hanno discostata in negativo dalla curva di luce prevista. Siccome però delle comete non c’è mai da fidarsi (anche questo le rende affascinanti!) teniamola monitorata.

Durante la prima decade del mese si troverà nell’Aquila ed in seguito si trasferirà nell’Ofiuco.

La sua levata sarà anticipata rispetto al mese precedente, ma per trovarla alta in cielo occorrerà aspettare la notte piena e risulterà ancora più alta al termine della notte astronomica.

Passaggio a consegna con corriere – upgrade

ATTENZIONE

È disponibile da oggi, nella sezione Shop, il prodotto Upgrade Spedizione che consente di passare alla spedizione con corriere (Veloce) per tutti coloro che hanno scelto inizialmente un abbonamento con consegna Standar tramite Poste Italiane.

La consegna tramite Poste Italiane, sebbene affidabile al 98%, non è garantita e non consente il monitoraggio della spedizione, né da parte del mittente né da parte del destinatario. Seppur al di fuori delle proprie responsabilità in caso di mancata ricezione del plico, Coelum Astronomia si adopera per quanto possibile al fine di far si che ogni abbonato riceva la sua copia; tuttavia non è sostenibile un intervento sistematico.

Se vuoi ricevere con certezza la tua copia fai l’up-grade ora! Clicca qui

XXXVII Meeting dei Planetari italiani Firenze

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Dal 29 aprile al 1° maggio si terrà, alla Fondazione Scienza e Tecnica di Firenze, il XXXVII Meeting dei Planetari italiani

Il convegno annuale è la principale occasione di incontro della comunità dei Planetari italiani, che sono oltre 120 e ospitano ogni anno, complessivamente, circa 400.000 visitatori.

All’incontro non parteciperanno soltanto gli operatori delle strutture, ma anche insegnanti, astrofili e appassionati delle scienze del cielo e di didattica e divulgazione della scienza.

L’incontro si articolerà in tre giornate.

Nel pre-meeting del pomeriggio di venerdì 29 si svolgerà un workshop sull’utilizzo di un software 3D per la realizzazione di animazioni e video da proiettare nei Planetari. In alternativa, è previsto “Alla scoperta di Firenze con occhi da astronomo”, un tour tra alcuni dei luoghi di interesse astronomico della città guidato da Alessandra Zanazzi, dell’INAF – Osservatorio astrofisico di Arcetri.

Gli interventi inizieranno invece sabato mattina, preceduti dal benvenuto rivolto ai partecipanti da parte di Maria Sofia Randich, direttrice dell’INAF – Osservatorio astrofisico di Arcetri, di Alessandra Petrucci, rettrice dell’Università di Firenze, e di Donatella Lippi, presidente della Fondazione Scienza e Tecnica.

Tra i talk previsti: un ricordo di Margherita Hack, che nacque, studiò e lavorò a Firenze e della quale tra poche settimane si celebreranno i 100 anni dalla nascita; le novità da alcune strutture, come quella di Amelia (TR) ospitata in un convento che ha origini nel XIV secolo; le possibili collaborazioni per i PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento); un museo sulla conquista dello spazio con contribuiti in AR; il lavoro del Planetario di Ravenna tra divulgazione, inclusione e impegno civile.

Inoltre, dato che i Planetari sono luoghi in cui la scienza si incontra anche con le
discipline umanistiche, sarà presentato lo spettacolo teatraleL’altro lato delle Fiabe”,
pensato per essere rappresentato anche sotto le cupole, e ci sarà l’intervento di Elisabeth Vermeer, storica dell’arte e dell’architettura, sull’evoluzione del cielo nell’ottica dell’arte da Giotto a Yves Klein.

Nella giornata di domenica, oltre all’Assemblea dei soci in cui sarà presentato il nuovo sito di PLANit (www.planetari.org), si parlerà della figura dei Planetari, che ancora non hanno trovato una classificazione univoca nell’ambito del ministero della Cultura, e del ruolo degli enti non commerciali nel panorama della comunicazione della scienza.

Parteciperanno al meeting anche le principali aziende mondiali che operano nel
settore dei Planetari (Evans&Sutherlad, Sky-Skan, RSA Cosmos/Konica MInolta e Zeiss),
che illustreranno le ultime novità tecnologiche.

Tutte le info e i dettagli sul sito ufficiale dell’Associazione Planit

NOTA: il Convegno è un appuntamento imperdibile per chi a vario titolo si occupa di divulgazione dell’Astronomia e noi di Coelum Astronomia non potevamo mancare! Ci vediamo a Firenze.

 

 

Il ritorno in orbita di Samantha Cristoforetti

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Tutto pronto al Kennedy Space Center per il lancio del Falcon 9 con a bordo Samantha Cristoforetti: direzione ISS!

La partenza è prevista alle 9:52 (ora italiana)

Segui il lancio in diretta direttamente sul sito di Coelum!

clicca sull’immagine per raggiungere la Home del sito di Coelum e seguire il lancio in diretta

Sta partendo dal Kennedy Space Center la Crew-4, la quarta spedizione scientifica diretta alla Stazione Spaziale Internazionale firmata NASA e SpaceX.

A bordo c’è anche Samantha Cristoforetti, titolare della missione scientifica Minerva, durante la quale assumerà anche il ruolo di comandante del segmento orbitale americano (USOS) della base.

Per la Cristoforetti si tratta della seconda missione spaziale di lunga durata dopo “Futura” dell’ASI del 2014.

Durante la loro permanenza nel laboratorio orbitante, gli astronauti condurranno oltre 200 esperimenti scientifici in aree come la scienza dei materiali, le tecnologie sanitarie e la biologia per prepararsi all’esplorazione umana oltre l’orbita terrestre bassa.

E quindi… tutti lo sguardo all’insù! 

Luna di Maggio 2022

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In attesa dell’eclissi del 16/05, tutto quello che dobbiamo sapere sulla Luna per il mese di Maggio 2022!

Trascorsi solamente poco più di 90 minuti dall’ultimo Novilunio di Aprile (il 30 alle 22:28), che abbiamo visto il mese scorso con l’appellativo di “Luna Nera”,

Per approfondire: Luna di Aprile 2022

Maggio si apre con la contestuale ripartenza di un nuovo ciclo lunare che vedrà l’avvicendarsi delle varie fasi di luna crescente fino a portare progressivamente il nostro satellite nelle migliori condizioni osservative, entrando in Primo Quarto alle ore 02:21 del 9 Maggio quando mancherà ormai meno di un’ora al suo tramonto. Per chi intendesse effettuare osservazioni col telescopio la Luna sarà ampiamente presente già dalla sera precedente a partire dalle ore 21:30 circa ad un’altezza iniziale di +56° e visibile fino a notte inoltrata quando poco dopo le ore 3 scenderà sotto l’orizzonte.

Fra le innumerevoli possibilità di scelta si è pensato di considerare alcune fra le antichissime strutture geologiche del nostro satellite, precisamente Stofler/Faraday ed Heraclitus/Licetus/Cuvier, due distinti gruppi di crateri situati nel settore sudest dell’altipiano meridionale per l’occasione proprio in prossimità della linea del Terminatore, una delle condizioni essenziali per tentare osservazioni in alta risoluzione, seeing permettendo!

Per quanto riguarda i primi due, Stofler e Faraday, questi provengono dal periodo geologico Pre Nectariano collocato da 4,5 a 3,9 miliardi di anni fa e anche a una semplice osservazione si nota subito come su una vasta porzione del settore est-sudest del più antico Stofler (diametro 129 km) si siano poi sovrapposti in epoche successive vari crateri tra cui Faraday (diametro 71 km) ed altre formazioni minori fino a determinarne l’irregolare aspetto che vediamo oggi. Molto interessante l’osservazione di una miriade di piccoli craterini nel settore ovest-nordovest della platea di Stofler.

A breve distanza da questo si trova il gruppo composto dai crateri Heraclitus/Licetus/Cuvier.

credit F. Badalotti

Ad un’attenta osservazione si nota come i più antichi Heraclitus (diametro 94 km) e Licetus (diametro 77 km), provenienti dal periodo geologico Pre Nectariano collocato da 4,5 a 3,9 miliardi di anni fa, si presentano degradati in seguito alla caotica sovrapposizione di crateri a causa di successivi impatti di corpi meteoritici, in modo particolare Heraclitus al telescopio appare praticamente distrutto e letteralmente suddiviso in tre distinte aree irregolari di cui la più ampia è nota come Heraclitus-D di 52 km di diametro mentre il poco più giovane Cuvier (diametro 77 km, periodo geologico Imbriano; 3,9 miliardi di anni) presenta un normale stato di conservazione e con innumerevoli piccolissimi craterini sparsi nella platea e lungo le sue pareti.

Non potrà mancare una visita telescopica alla spettacolare sfilata di grandi strutture crateriformi da Albategnius fino a Walther allineati in prossimità del bordo orientale del mare Nubium e nell’occasione anche questi sul terminatore, sperando che meteo e seeing si mettano finalmente d’accordo.

Il Plenilunio il giorno dell’eclissi

Nel procedere della luna crescente alle ore 06:14 del 16 Maggio il nostro satellite sarà in Plenilunio in fase di 15,3 giorni, alla distanza di 362203 km dalla Terra e con diametro apparente di 32,99’ poco dopo il suo tramonto. Pertanto gli eventuali appassionati di osservazioni della Luna Piena potranno scorrere con i loro strumenti sulla sua superficie dalla serata del 15 all’alba del 16 Maggio unitamente alla successiva serata del 16 fino all’alba del 17 Maggio.

Osservando il disco della Luna Piena completamente illuminato dal Sole con le scure aree basaltiche dei grandi bacini da impatto che chissà quante volte molti appassionati avranno scandagliato con i loro strumenti, prendiamo ora in considerazione il mare Imbrium situato nel settore centrosettentrionale della Luna con una superficie di circa 900.000 kmq ed un diametro di 1300 km, la cui origine viene ricondotta al periodo geologico Imbriano Inferiore collocato a 3,8 miliardi di anni fa.

Nonostante in Luna Piena l’altezza del Sole sull’orizzonte riduca al minimo la percezione di gran parte dei dettagli superficiali, non sarà comunque difficile individuare le spettacolari formazioni montuose che ne delimitano l’estensione come i monti Carpatus, Appennini, Caucasus, Alpi, Jura, quanto oggi rimane delle antichissime pareti di quella che in epoche remotissime fu una gigantesca struttura crateriforme.

Al fine di una più realistica percezione delle dimensioni di questo immenso bacino da impatto in relazione alla corrispondente area del nostro pianeta se ne è ipotizzata la sovrapposizione centrata sulla città di Roma constatando che l’area che verrebbe occupata dal mare Imbrium si estenderebbe su una circonferenza delimitata dalle città di Aosta e Innsbruck a nord; Tunisi, Pantelleria e Siracusa a sud; Tirana e Graz a est; Marsiglia e il tratto di mare fra la Sardegna e le Isole Baleari ad ovest.

Confronto strutture lunari/terrestri: immagini della Luna di F. Badalotti su planisfero di Google Earth

Segnalo inoltre che fra la tarda serata del 17 e la nottata del 18 Maggio la zona di massima librazione interesserà la calotta polare nord: da non perdere la possibilità di osservare in dettaglio una regione lunare particolarmente interessante quanto problematica, ma se il seeing sarà dalla nostra parte si potrà anche lavorare in alta risoluzione.

Il 16 Maggio ci sarà anche un ECLISSI TOTALE DI LUNA!
Non perdere l’approfondimento su Coelum n. 255 Aprile-Maggio

Contestualmente al Plenilunio ripartirà la fase di luna calante che allontanerà progressivamente il nostro satellite dalle comode ore della sera confinandolo sempre più alle ore notturne.

Importante tappa di questa fase è l’Ultimo Quarto previsto per le ore 20:43 del 22 Maggio ma con la Luna a -56° sotto l’orizzonte, pertanto le osservazioni al telescopio di questa sempre interessante ma forse snobbata fase lunare potranno essere effettuate la notte successiva quando intorno alle ore 03:00 circa del 23 Maggio sorgerà in fase di 22 giorni rendendosi visibile fino alle prime luci dell’alba.

Cosa vedere in Ultimo Quarto? Per molti potrebbe trattarsi della classica e cosiddetta “levataccia” ma quando si inizierà ad inquadrare col telescopio aree quali Aristarchus Plateau, il cratere Plato, il grande anfiteatro del Sinus Iridum, le imponenti pareti del cratere Copernicus e poi sempre più a sud fino allo spettacolare altipiano meridionale, ci si accorgerà che il tempo a disposizione trascorre fin troppo velocemente.

Al capolinea di questo mese lunare, contestualmente al Novilunio che si verificherà alle ore 13:30 del 30 Maggio, il nostro satellite ripartirà con un ulteriore ciclo chiudendo Maggio in fase di Luna Crescente (il giorno 31), ma ne riparleremo fra un mese.

Le Falci lunari di Maggio

Primo appuntamento per gli appassionati di falci lunari in fase crescente per la serata del 2 Maggio quando poco dopo le ore 22:00 tramonterà una falce in età di 2 giorni fra le stelle del Toro sulla cui superficie ci sarà solo il tempo per rapide occhiate ad alcune delle notevoli strutture strette fra il bordo est ed il terminatore citando mare Humboldtianum e cratere Gauss a nordest, cratere Neper a est, cratere Humboldt a sudest.

Il 3 Maggio in tarda serata tramonterà una più fotogenica falce di 3 giorni, una ghiotta occasione anche per orientare il telescopio sul settore orientale del mare Crisium oltre ai crateri lungo il lato est del mare Fecounditatis senza tralasciare le rispettive cuspidi nord e sud.

Per le falci in luna calante appuntamento per la tarda nottata del 26 Maggio con una falce di 26 giorni che sorgerà poco dopo le ore 04:00, preceduta dai pianeti Marte e Giove e seguita da Venere. Nel caso specifico il tempo a disposizione sarà appena sufficiente per qualche panoramica sull’enorme distesa basaltica dell’oceanus Procellarum e dei molto meno estesi Sinus Roris a nordovest e mare Humorum a sudovest prima che le luci dell’alba abbiano il sopravvento.

Ma la falce lunare da non perdere assolutamente sarà quella che il mattino seguente, il 27 Maggio, sorgerà poco dopo le ore 04:00 circa in fase di 26,2 giorni mentre sarà in corso la parziale occultazione del pianeta Venere da parte della Luna, inoltre alla distanza di 25/26° osserveremo la bella coppia composta da Giove e Marte (separati fra loro da soli 1°30’) intenti a godersi il bellissimo spettacolo!!

Per questo imperdibile appuntamento credo sia legittimo pretendere che tutti i parametri che concorrono a determinare almeno buone condizioni osservative facciano il “proprio dovere”. E se poi pioverà…. sarà per un’altra volta!

Concludo con la sottile quanto problematica falce lunare che il 28 Maggio sorgerà poco prima del Sole in fase di 27,3 giorni, da osservare o fotografare attuando rigorosamente ogni precauzione al fine non intercettare la deleteria luce solare. Per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

Librazioni di Maggio

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Ovest

Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”

  • 15 Maggio Fase 15 giorni – Massima Librazione ovest crateri Reiner / Reiner Gamma
Librazioni Regione Nordovest-Nord

Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”

  • 16 Maggio Fase 16 giorni – Massima Librazione ovest cratere Pythagoras

Mappa di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”

  • 17 Maggio (tarda serata) Fase 17 giorni – Massima Librazione Calotta Polare Nord
  • 18 Maggio (notte) Fase 17,3 giorni – Massima Librazione Calotta Polare Nord

Dragonfly goes on Titan: what an incredible mission! – Pt. 2

Ti sei perso la prima parte dell’articolo? Disponibile qui!

At Saturn’s distance, sunlight is a hundred times weaker than on Earth. And Titan’s haze blocks out most of the rest.

Therefore, Dragonfly will move through a perpetually frigid, twilight landscape, and it won’t be able to rely on solar power. It will run on batteries during the day and recharge at night from a nuclear power source similar to those used on NASA’s Curiosity and Perseverance rovers.

In this way, NASA hopes that in nearly three years of the mission Dragonfly will be able to fly from one point to another covering a total distance of 175 km – almost double the distance covered to date by all Martian rovers combined.

With NASA’s Ingenuity helicopter currently operating on Mars, Dragonfly will become the second aerial vehicle to fly to an alien world and the first to take flight on an alien moon.

As a project, Dragonfly has been active since 2019, but formal mission objectives have only recently been disclosed.Dragonfly’s purpose will be primarily, but not exclusively, astrobiological in nature.

The drone will go in search of biosignatures, which stand for present or past biological processes, and make measurements on the chemistry of the surface, including those concerning molecular structures necessary for life, as well as try to understand if Titan could potentially be habitable.

The planned landing point is in the dunes of a region known as Shangri-La; almost on the Equator, about 750 km north-northwest of where the Huygens probe lies. From there, Dragonfly will proceed to explore the vast equatorial desert, also attempting to reach the Selk impact crater, 60 km in diameter, considered an excellent place to look for possible traces of life.

Selk’s crater floor might have held a warm, wet pond when it formed and for a few hundred (or thousand) years after.

Once Dragonfly arrives at Selk, scientists can use Dragonfly’s suite of instruments to search for prebiotic molecules – the building blocks of life as we know it – and determine how, or if, biomolecules are formed on Titan.

The mission will take place primarily during the boreal winter. It could rain, but mission experts think that rain, of liquid methane, will not be a problem for Dragonfly, although this is not yet entirely certain.

Fortunately, it rains very rarely on Titan, and there is also very little wind, due to its slow orbital dynamics, distance from the sun, and foggy atmosphere. All factors keep temperatures relatively constant from latitude to latitude.

In short, it will be much easier than flying on Mars, and in practice, the sequence of flights will follow this routine: Every 15 days the aircraft takes off and flies for about 10 km, uses its sensors to explore new scientific targets, and then return to the original site until new landing sites are verified as safe by mission control.

The aircraft will remain on the ground during the nights of Titan, which will last about 8 Earth days.

The drone’s payload will consist of eight cameras, two spectrometers, and a drill to sample complex organics. Dragonfly will also carry a geophysical and meteorological station with 11 different instruments that can measure air temperature, air pressure, wind speed and direction, and humidity.

Wherever it goes, Dragonfly will study Titan’s surface, which should have picked up organic chemicals raining down from the atmosphere. Mounted on each of the probe’s two sled rails is a drill that will grind the materials so they can be sucked into an instrument called a mass spectrometer.

The spectrometer will be able to measure the masses of molecules in each sample, including the heavier organic compounds that are the building blocks of life as we know it.

Dragonfly will also carry a suite of instruments that will analyze the atmosphere, allowing scientists to know how it changes with the days and seasons.

The drone will also measure any earthquakes with a seismometer. And, of course, it will have cameras at various resolutions to capture the surface as it flies over it up to miles high. These photos will help the mission team identify the most interesting areas to visit later and will offer the public breathtaking views of an alien world.

Dragonfly will also make use of special ultraviolet light LEDs to aid in the search for organic compounds, some of which fluoresce when illuminated with UV light.

VIDEO New Dragonfly Mission Flying Landing Sequence Animation (click here)

The launch

Dragonfly is expected to launch in June 2027 and will take nine years to reach Titan, arriving by 2036. The spacecraft will perform a gravitational assist flyby of Venus, and three passes by Earth to gain additional velocity.

The cruise stage will separate from the entry capsule ten minutes before encountering Titan’s atmosphere. The lander will descend to the surface of Titan using an aeroshell and a series of two parachutes, while the spent cruise stage will burn up in uncontrolled atmospheric entry. The duration of the descent phase is expected to be 105 minutes.

At a speed of 1800 km per hour, a drogue parachute will deploy, to slow the capsule to subsonic speeds. Due to Titan’s comparably thick atmosphere and low gravity, the drogue chute phase will last for 80 minutes. A larger main parachute will replace the drogue chute when the descent speed is sufficiently low.

During the 20 minutes on the main chute, the lander will be prepared for separation. The heat shield will be jettisoned, the landing skids will be extended, and sensors such as radar and lidar will be activated. At an altitude of 1.3 km, the lander will be released from its parachute, for a powered flight to the surface.

It will be really terrible for us, for those who watch from Earth, having to wait all these years before we can witness this extraordinary spectacle. Don’t you agree?

 

UN GRAND PRIX SULLA LUNA – Conferenza per i 50 anni dalla missione Apollo 16

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Conferenza di stagione – Primavera 2022

UN GRAND PRIX SULLA LUNA
50 anni dalla missione Apollo 16

Giovedì 28 aprile 2022 – ore 21.00
Diretta online su Facebook e YouTube

Relatore: Dario Kubler
Presidente di ASIMOF
(Associazione Italiana Modelli Fedeli)

Modera: Andrea Bernagozzi
Ricercatore all’Osservatorio Astronomico
della Regione Autonoma Valle d’Aosta

Diffondiamo il comunicato stampa a cura dell’Osservatorio Astronomico
della Regione Autonoma Valle d’Aosta

Proseguono le celebrazioni per i cinquant’anni delle diverse missioni spaziali del programma Apollo della NASA, che tra il 1969 e il 1972 ha permesso all’umanità di sbarcare sulla Luna in sei occasioni.

Dario Kubler, ingegnere, esperto di storia dell’astronautica, illustrerà in maniera divulgativa e coinvolgente la storia della missione Apollo 16, che si svolse tra il 16 e il 27 aprile 1972.

Il comandante John Young e il pilota del modulo lunare Charles Duke, scesi sulla Luna con il LEM Orion, esplorarono una regione chiamata Altopiano di Descartes, per indagare l’origine delle sue formazioni geologiche. Gli astronauti si avvalevano di un rover lunare, una speciale automobile elettrica che aveva debuttato nel corso della precedente missione Apollo. Young e Duke misero ancora di più alla prova il rover, impegnandolo in test scherzosamente ribattezzati “Grand Prix lunare”. Mentre orbitava attorno al nostro satellite, l’astronauta Ken Mattingly, pilota del modulo di comando Casper, realizzò diversi esperimenti scientifici, eseguendo poi una passeggiata nello spazio profondo sulla via del ritorno sulla Terra.

Dario Kubler è presidente di ASIMOF, l’associazione che ha realizzato le spettacolari ricostruzioni del razzo Saturno V e del modulo di comando Columbia della missione Apollo 11 esposte all’Area megalitica di Aosta per la manifestazione “Dalla terra alla Luna: un viaggio nello spazio e nel tempo”, organizzata dall’amministrazione regionale nel luglio 2019 in occasione del cinquantesimo anniversario del primo allunaggio e della scoperta del prezioso sito archeologico.

Racconterà il rapporto personale di amicizia che tuttora lo lega a Charles Duke. Inoltre accennerà alla missione Artemis I, che la prossima estate raggiugerà l’orbita lunare con un volo automatico, in modo da testare il razzo e le navicelle che saranno usate nei prossimi anni per riportare gli astronauti sulla superficie della Luna.

L’appuntamento, moderato dal ricercatore Andrea Bernagozzi, sarà trasmesso in diretta sulla pagina Facebook e sul canale YouTube dell’Osservatorio Astronomico, con accesso libero e gratuito. Chiunque potrà porre domande e partecipare alla discussione attraverso i commenti e la chat dal vivo.

La Conferenza di stagione-Primavera 2022 è inserita nel calendario ufficiale della 13a edizione della manifestazione mondiale Global Astronomy Month, organizzata dall’associazione internazionale Astronomers Without Borders con il motto “One People, One Sky”.

Maggiori info: 

UN GRAND PRIX SULLA LUNA

Immagine in copertina: Il simbolo della missione Apollo 16 (credit NASA)

La Natura dello Spazio | maggio e agosto 2022

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Punta alle stelle 

la prima Manifestazione del Sila Science Park & FATA Museum
maggio e agosto 2022
le anticipazioni del Festival NATURA dello SPAZIO

 

Riceviamo e diffondiamo il comunicato stampa di questa iniziativa rivolta a tutti gli appassionati di Astronomia

Quante volte abbiamo puntato gli occhi al cielo, cercando come bambini di sondare i misteri dell’universo, con il naso all’insù?

Un’attitudine solo apparentemente puerile e che non sempre si perde con gli anni: la curiosità è il nucleo originario dell’essere umano.

Nulla cambia se lo sguardo è orientato verso l’infinita vastità del cosmo alla ricerca della comprensione delle sue leggi, o se invece, è la più naturale tensione umana: poeti o cercatori di stelle, scienziati in provetta o grandi esploratori, non fa eccezione; da sempre l’uomo ha interpretato segni e punti della carta celeste a seconda delle proprie inclinazioni e conoscenze, solo in un secondo momento ne ha fatto l’inizio di una ricerca fondata su basi scientifiche.

È l’origine dello studio delle stelle, l’Astronomia, una scienza che nasce soltanto in epoca storica. Il suo scopo è indagare ciò che è insondato, trovare una rotta nella mappa del cielo per scoprire i suoi segreti.

Con il desiderio di instillare e stimolare la capacità di osservazione nei più giovani è nata una grande Manifestazione, La Natura dello Spazio, che si terrà a maggio e ad agosto 2022, al Sila Science Park & FATA Museum, un museo collocato nel cuore della Sila piccola, in Calabria.

Il Sila Science Park & FATA Museum è un progetto innovativo, e dedicato soprattutto alle scuole, che si affaccia nel panorama nazionale dei musei con la prima iniziativa a carattere scientifico promossa dal Comune di Taverna grazie al sindaco Sebastiano Tarantino e finanziata dalla Regione Calabria.

Il Festival dal nome tanto evocativo, La Natura dello Spazio, ha un programma ricchissimo di eventi e con una formula diffusa, richiamerà anche alcuni luoghi della città di Catanzaro e centinaia di turisti.

Il museo e parco esperienziale, incentrato sul tema dei 4 elementi naturali, Fuoco, Acqua, Terra, Aria, da cui il nome FATA, si estende nel territorio del Comune di Taverna, all’interno di un’area naturale di oltre 80 ettari, per altro, tra le meno inquinate dal fattore luminoso.

Lo scenario quindi è ideale per l’osservazione astronomica!

Il Sila Science Park & FATA Museum è infatti uno spazio della cultura scientifica e ambientale che, prevalentemente indirizzato al turismo scolastico e alle famiglie, si compone di una struttura coperta realizzata su progettazione del CNR, su una superficie di oltre 2000 mq.

Con, da una parte, il museo FATA che si sviluppa su due piani, e dove al suo interno trova spazio la sala cinema in 3D con lo schermo curvo in fibra d’argento più grande d’Italia, e dall’altra, il Parco esperienziale esterno, dove sono adibiti altri percorsi interattivi e varie attrazioni.

Insieme completano un’offerta culturale e didattica tra le più articolate per l’intera regione, e non solo.

Di seguito la locandina degli eventi in programma, a partire dal 30 aprile:

Maggiori info:

Sila Science Park & FATA Museum, e-mail: contact@silasciencepark.com

AGGIORNAMENTO DA UN NOSTRO LETTORE Eclissi di Sole marziana – il video di Perseverance

Aggiornamento del 22/04

Ci scrive Antonio Piras in merito a questa suggestiva eclissi marziana, inviandoci un’elaborazione personale di alcuni scatti solari del rover NASA Perseverance dalla superficie di Marte:

Nel Sol 397 della sua missione – 2 aprile sulla Terra – alle 8:20 del mattino marziano ha puntato verso il Sole la sua Left MastCam-Z impostandola al massimo zoom disponibile di 110 mm e ha scattato 160 immagini nell’arco di circa 47 secondi, riprendendo il transito del piccolo satellite Phobos. Con queste immagini, ordinandole in base al loro timestamp di acquisizione, è facile confezionare un breve video con la sequenza in tempo reale del transito.
Ho fatto un mio tentativo a riguardo (clicca sull’immagine per accedere al video):

fai click sull’immagine

Dopodiché la NASA ha rilasciato la sua versione, con upscaling e interpolazione dei frame, di fronte alla quale il mio video impallidisce 🙂
Ma c’è di più, e così veniamo finalmente all’immagine in oggetto.
Dei 160 frame grezzi scattati dal rover ho selezionato i 35 nei quali non compare la sagoma di Phobos.
Ho trattato queste immagini eliminando/riducendo gli hot pixel e ritagliando il disco solare (Gimp e Pipp), ho eseguito uno stacking dei circa 20 frame che l’algoritmo automatico ha classificato come migliori (AutoStakkert!) e infine aumentato il dettaglio tramite manipolazione della trasformata wavelet (Registax). È un flusso di lavoro abbastanza standard, che impiega software gratuiti, con cui migliaia di astrofili quotidianamente processano le proprie immagini planetarie.
Ma applicandolo a queste immagini di Perseverance, ecco che salta fuori una visione molto più dettagliata e azzarderei inedita del Sole visto da Marte.

credit Antonio Piras

Persino delle macchie solari si disegnano nitidamente sulla superficie della nostra stella, e alle più grandi di esse siamo in grado di dare un nome: nel quadrante inferiore sinistro ci sono AR2975 e AR2976, che pochi giorni prima del 2 aprile sono transitate in perfetta visibilità terrestre e si sono anche rese protagoniste di un brillamento rilevante a fine marzo.
Curiosità tecniche:
le due MastCam-Z sono una coppia di potenti camere zoom 26-110 che costituiscono gli occhi principali e a maggior risoluzione del rover. Sono dotate di 8 filtri in varie bande strette (e solo pochi di essi ridondati su entrambe le camere) per rapide osservazioni spettrografiche.
L’ultimo posto di ciascuna ruota è occupato da un filtro Neutral Density: ND5 per la Right-MastCam e ND6 per la Left. È stato proprio quest’ultimo a essere impiegato per l’osservazione del fenomeno astronomico del transito del satellite Phobos.

Grazie a Antonio Piras per questo contributo!

Articolo del 21/04

Perseverance ci regala queste immagini spettacolari di Phobos, una delle due lune di Marte, in transito davanti al Sole. [Video NASA completo in fondo all’articolo]

Appena 40 secondi la durata del passaggio di questa luna marziana a forma di patata, avvenuto il 2 aprile scorso e catturato dalla Mastcam-Z camera del rover.

L’eclissi è stata molto più breve rispetto a una tipica eclissi solare che coinvolge la Luna terrestre. Ma d’altronde anche Phobos ha decisamente dimensioni minori della nostra luna: ben 157 volte più piccola!

A caccia di eclissi da sempre

Le immagini di questa eclissi marziana sono solo le ultime di una lunga serie catturate dai veicoli spaziali della NASA.

Nel 2004, i rover gemelli Spirit e Opportunity hanno infatti scattato le prime foto in time-lapse di Phobos durante un’eclissi solare.

Curiosity non è stato da meno con i video girati dal suo sistema di telecamere Mastcam.

Ma Perseverance, atterrato a febbraio 2021, ha fornito il video più definito di un’eclissi solare di Phobos. Questo grazie al sistema di telecamere Mastcam-Z di nuova generazione a bordo del rover: un aggiornamento della già ottima Mastcam di Curiosity.

«Sapevo che sarebbe stato bello, ma non mi aspettavo che sarebbe stato così sorprendente», commenta Rachel Howson del Malin Space Science Systems a San Diego, membro del team Mastcam-Z che gestisce la telecamera.

Howson ammette che, sebbene Perseverance invii prima miniature a bassa risoluzione che offrono giù un assaggio delle immagini a venire, il team rimane sempre sbalordito dalle versioni a piena risoluzione: «Sembra un regalo di compleanno o una vacanza quando arrivano. Sai cosa sta arrivando, ma c’è ancora un elemento di sorpresa quando vedi il prodotto finale!»

Inoltre la Mastcam-Z ha un filtro solare che agisce come degli occhiali da sole per ridurre l’intensità della luce. Si possono così notare distintamente i dettagli nella forma dell’ombra di Phobos, come creste e dossi sul paesaggio lunare, oppure anche individuare macchie solari. Ed è come assistere all’eclissi esattamente come l’ha vista il rover da Marte!

Osservare queste eclissi marziane è utile anche per studiare il moto della stessa Phobos. Infatti gli scienziati sanno già che Phobos è condannata: la luna si sta avvicinando alla superficie marziana ed è destinata a schiantarsi sul pianeta rosso tra qualche decina di milioni di anni.

Ma le osservazioni dell’eclissi dalla superficie di Marte negli ultimi due decenni hanno permesso agli scienziati di affinare la loro comprensione della lenta spirale di morte di Phobos.

Maggiori info qui

credit video: NASA/JPL-Caltech/ASU/MSSS/SSI 

L’Anima, la Luna, la Donna e dintorni – Mostra fotografica

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L’Anima, la Luna, la Donna e dintorni

Mostra fotografica a cura di Katiuscia Pederneschi
dal 7 aprile al 3 maggio
Senigallia (AN) – Biblioteca Comunale Antonelliana

Segnaliamo questa bellissima esposizione a cura dell’astrofotografa Katiuscia Pederneschi.

“L’Anima, la Luna, la Donna e dintorni”: è stata inaugurata lo scorso 7 aprile la mostra fotografica esposta presso la Piccola Galleria Antonelliana dell’omonima Biblioteca Comunale di Senigallia (AN).

Come suggerisce il titolo, gli scatti hanno come soggetto centrale proprio la Luna, immortalata nelle sue diverse fasi e nei suoi giochi di luce e di forme, in differenti contesti paesaggistici.

Sarà quindi possibile osservare la Luna da tutti i punti di vista immaginabili, accompagnata dagli astri e dalle costellazioni del nostro cielo. Un piacevole evento per gli appassionati di astronomia e per chi ama l’astrofotografia.

La mostra sarà visitabile fino al prossimo 3 maggio. L’ingresso è gratuito e negli orari di apertura della Biblioteca.

Maggiori info qui

Dragonfly goes on Titan: what an incredible mission! – Pt. 1

On Earth it is 9:00 a.m. UT on January 14, 2005 when the small Huygens probe is released from the Cassini mothership and plunges into the atmosphere of Titan at an altitude of 1200 km

credit ESA

Huygens parachutes down for two and a half hours, measuring atmospheric pressure, temperatures, electrical properties, humidity, wind speed, and direction.

Equipped with a microphone, Huygens also records the first ambient sounds from another celestial body. The spacecraft descends through an atmosphere formed by hydrocarbon and nitrogen smog, and lower down a troposphere furrowed by a few but dense cloud formations, possibly thunderstorms, and characterized by fog formations at medium altitudes, crossed by electrical discharges.

The slow descent gives Huygens plenty of time to photograph the approaching surface, and surprisingly the panorama of Titan recalls the orography of our mountains, with quiet valleys crossed by rivers and streams.

We can glimpse sinuous channels of ice organized in a dense network of main branches and smaller branches, which seem to flow into vast basins similar to large lakes, bordered by coastlines with a marked profile.
And then, islands and slabs of lighter-colored soils, perhaps shoals or sandy shores, emerging from darker basins near the coastlines, over which misty formations stand out.

Discesa su Titano, ripresa dalla sonda Huygens (credit ESA)

But the resemblance is only apparent…

Titan is, in fact, a world totally alien to Earth and, as far as we know, also very different from other solid bodies in the Solar System.

Instead of liquid water, Titan has liquid methane; instead of silicate rocks, Titan has rocks of compact ice; instead of dust, Titan has a regolith of ice and smog; instead of lava flows, Titan has volcanoes that erupt ice.

A very strange world that reveals its secrets only with great difficulty!

All this Huygens saw and photographed, as he descended cradled by Titan’s winds.

Until, after two and a half hours of travel, he touches down in what looks like the wet bed of a stream, largely composed of water ice, full of smooth pebbles that lie, eroded at the base by the flow of water, on an apparently soft but solid surface, perhaps the beach of one of the many river channels or drains.

Another 72 minutes and the probe’s batteries run out

And Huygens has been there ever since, for 17 years. Or maybe not, Titan is such a living, violent world that a flood or methane rains could have swept her away, buried in one of the many lakes of hydrocarbons…

A little sorry, honestly. That spacecraft was brave, and it gave us the first important insights into a truly alien world, 1.5 billion miles away from home.

Of course, the photographs it left us are of poor quality (the camera technology was that of 15 years earlier) and deteriorated by brutal compression algorithms (a price to be paid to the temporariness of communications and the short time available for transmission), but the mission is still a technological and scientific success.

But Huygens will not be alone for long. Another Earth probe is preparing to land on Titan and to reap the benefits of its sacrifice…

Dragonfly on the way!

Rappresentazione artistica della sonda Dragonfly sulla superficie di Titano.
Credits: NASA/Johns Hopkins APL

Among the many moons in the Solar System, Titan – Saturn’s largest moon, the second largest in the Solar System – stands out for its unique characteristics, and for the possibility of finding extraterrestrial life forms there, past or present.

Larger than the planet Mercury, its orbit around Saturn places it about 1.4 billion kilometers from the Sun (i.e., about 10 times farther than Earth), so its average temperature is about -180°C.

Its atmosphere, dense and opaque in the visible spectrum, is composed largely of nitrogen and methane.

Methane on Earth is one of the products of the life processes of organisms and occurs naturally in gaseous form. On Titan, however, where the surface pressure is 50% higher than on Earth, methane is liquid and, just like water on our planet, forms clouds and rains, fills lakes and rivers.

Titan is the only satellite in the Solar System that possesses a thick atmosphere and liquids flowing on its surface. It even has a hydrological system similar to Earth’s, although it rains methane instead of water. Wind and rain have created surface features similar to those found on Earth and, like Earth, Titan manifests the alternation of seasons.

At this point the question arises: could Titan host, or have hosted, some form of life?

It depends. Life as we know it needs three things: an energy source such as sunlight, a liquid solvent such as water, and organic substances, a wide variety of carbon-based compounds that build proteins for life as we know it.

Before life arose on Earth, our atmosphere was very different. There was almost no oxygen and much more methane. In the sunlight, these molecules formed organic chemicals that then rained down on the ground. We don’t know exactly what those chemicals were, but when combined with water and energy they probably formed the primordial soup from which life arose.

We can’t travel back in time and see exactly what happened in the past, but fortunately, there is a current place with a similar atmosphere: Titan!
So we just have to go and see! Yes, but how?
We had a chance in 2005 with the little Huygens, but its brief existence only served to make us even more curious.

And Saturn, it’s not exactly around the corner…

Fortunately, NASA has found the funding to put together a true sci-fi mission, giving birth to the idea of a giant drone that will go “from flower to flower” on Titan’s surface.
We won’t be sending an ordinary lander, then. Planetary landers move very slowly and can only explore a small region of the worlds they visit, but Titan’s low gravity and dense atmosphere will allow Dragonfly, as it has obviously been named, to take flight and make leaps of tens of kilometers.

Dragonfly is certainly not a garden-variety drone.

At 3 meters long and weighing 500 kilograms, it’s more like a small car, with four arms that each support two rotors stacked on top of each other. Each of the eight rotors will be about one meter in diameter.
The aircraft will be able to travel at about 10 meters per second and will be able to fly up to 4 km altitude. This will allow it to make short flights from one point to another on the surface. Each flight will be meticulously planned but will have to be done autonomously, as a radio command sent from Earth would take more than 80 minutes to reach the drone.

Titan’s gravity is about one-seventh that of Earth, slightly weaker than the gravity of our Moon. With an atmosphere four times denser than Earth’s – about the pressure you feel one meter underwater – conditions are therefore perfect for flight.

A human being with flapping wings could probably fly to Titan!

Curiosi di saperne di più? L’articolo prosegue nella seconda parte che sarà online il 24 aprile!

IXPE — apertura

Nel video, la simulazione di IXPE che si dispiega nello spazio prima di iniziare le sue operazioni scientifiche per studiare il cosmo.

La sonda origami

Così la descrivono simpaticamente sul sito NASA.

Effettivamente, la suggestiva animazione, rende proprio l’idea di un delicato origami di carta che si dispiega nello Spazio.

Il più recente osservatorio a raggi X della NASA, l’Imaging X-ray Polarimetry Explorer (IXPE), ha esteso con successo il suo “collo” il 15 dicembre. La missione, lanciata il 9 dicembre, è un passo avanti verso lo studio dei raggi X ad alta energia in un modo tutto nuovo.

Sonda IXPE – indagine a raggi X
Approfondimento nella sezione I Fatti in Evidenza del n.254 di Coelum Astronomia.

Ottieni la tua copia direttamente dal nostro sito!

Micronovae: una nuova tipologia di esplosione stellare

«Abbiamo scoperto e identificato per la prima volta quella che chiamiamo micronova»

Le parole cariche di emozione di Simone Scaringi, astronomo della Durham University nel Regno Unito che ha condotto lo studio su queste esplosioni pubblicato oggi su Nature.

«Il fenomeno sfida la nostra comprensione di come avvengono le esplosioni termonucleari nelle stelle. Pensavamo di saperlo, ma questa scoperta propone un modo totalmente nuovo per realizzarle», aggiunge.

La scoperta è avvenuta grazie all’utilizzo del VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (European Southern Observatory).

Questa nuova tipologia di esplosioni stellari, le micronovae, si verificano sulla superficie di alcune stelle e ciascuna può bruciare in poche ore materiale stellare pari a circa 3,5 miliardi di Grandi Piramidi di Giza.

Numeri impressionanti!

Sì, è vero, ma piccoli su scala astronomica: sono molto meno energetiche delle esplosioni stellari conosciute come novae, che gli astronomi conoscono da secoli. Entrambi i tipi di esplosioni si verificano su nane bianche, stelle morte con una massa simile a quella del Sole, ma piccole come la Terra.

Una nana bianca in un sistema binario (cioè composto da due stelle) può rubare materiale, principalmente idrogeno, dalla sua stella compagna se le due stelle sono abbastanza vicine tra loro. Quando questo gas cade sulla superficie caldissima della nana bianca, innesca la fusione degli atomi di idrogeno in elio in modo esplosivo.

Nelle novae, queste esplosioni termonucleari si verificano sull’intera superficie stellare. ”

«Tali detonazioni fanno bruciare e rendono molto luminosa l’intera superficie della nana bianca per diverse settimane», spiega la coautrice Nathalie Degenaar, astronoma dell’Università di Amsterdam.

Piccole, grandi esplosioni

Le micronovae sono esplosioni simili alle novae, però su scale più ridotte e più rapide che durano solo alcune ore. Si verificano sulla superficie di alcune nane bianche con forti campi magnetici, che incanalano il materiale verso i poli magnetici della stella.

«Per la prima volta, abbiamo visto che la fusione dell’idrogeno può avvenire anche in modo localizzato. L’idrogeno può essere contenuto alla base dei poli magnetici di alcune nane bianche, in modo che la fusione avvenga solo in quei luoghi», afferma Paul Groot, astronomo della Radboud University nei Paesi Bassi e coautore dello studio.

«Questo porta all’esplosione di una sorta di bombe a microfusione, che hanno circa un milionesimo della forza esplosiva di una nova, da cui il nome micronova», continua Groot.

Sebbene “micro” possa far pensare che questi eventi siano piccoli, non fatevi ingannare:

Uno solo di questi scoppi può bruciare materiale per circa 20.000.000 trilioni di kg, o circa 3,5 miliardi di Grandi Piramidi di Giza appunto!

Non perdere il video dell’animazione di una micronova direttamente sui canali ufficiali ESO!

Queste nuove micronovae sfidano la comprensione degli astronomi delle esplosioni stellari e potrebbero essere più abbondanti di quanto si pensasse in precedenza.

«Ciò dimostra solo quanto l’Universo sia dinamico. Questi eventi possono essere in realtà abbastanza comuni, ma poiché sono così rapidi è difficile coglierli in azione», spiega Scaringi.

L’equipe si è imbattuta per la prima volta in queste misteriose micro-esplosioni durante l’analisi dei dati del satellite TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite) della NASA.

«Guardando i dati astronomici raccolti da TESS della NASA, abbiamo scoperto qualcosa di insolito: un lampo luminoso di luce ottica della durata di alcune ore. Cercando ulteriormente, abbiamo trovato diversi segnali simili», dice Degenaar.

L’equipe ha osservato tre micronovae con TESS: due provenivano da nane bianche note, ma la terza ha richiesto ulteriori osservazioni con lo strumento X-shooter installato sul VLT dell’ESO per la conferma che fosse una nana bianca.

«Con l’aiuto del Very Large Telescope dell’ESO, abbiamo scoperto che tutti questi lampi ottici sono stati prodotti da nane bianche», aggiunge Degenaar.

«Questa osservazione è stata fondamentale per interpretare il nostro risultato e per la scoperta delle micronovae», dice Scaringi.

La scoperta delle micronovae si aggiunge al repertorio di esplosioni stellari conosciute.

L’equipe ora vuole catturare altri eventi sfuggenti come questi, che richiedono indagini su larga scala e misurazioni rapide a seguire.

«La risposta rapida di telescopi come il VLT o l’NTT (New Technology Telescope) dell’ESO e la suite di strumenti disponibili ci permetteranno di svelare più in dettaglio cosa sono queste misteriose micronovae», conclude Scaringi.

FONTI:

Comunicato stampa ESO: Astronomi scoprono le micronove, un nuovo tipo di esplosione stellare

Una grande novità sta arrivando!

“Quando c’è silenzio, c’è sempre da preoccuparsi”

E in effetti l’abbiamo combinata grossa!

Zitti zitti, quatti quatti, qui in redazione abbiamo lavorato ad un grande novità. Non è un passaggio banale, l’abbiamo ponderato con cura e con attenzione, poiché coinvolgerà tutti e vogliamo che sia… speciale!

Il mistero non durerà a lungo, questione di giorni, pochi, pochissimi giorni!

Seguiteci… e sarà un’emozione!

 

Stop per Curiosity: ruota bloccata

Nuova sfida per il nostro rover preferito

Come si può notare nella foto di copertina, il rover Curiosity, che da ben 10 anni ci fa sognare con le sue incredibili scoperte e immagini marziane, ha un problema da risolvere:

Una delle sue ruote si è incastrata 

Ruote già usurate dal tempo quelle di Curiosity e che hanno dovuto affrontare diverse sfide in questi anni.

Questa immagine è stata scattata il 19 marzo 2017, come parte di un set utilizzato dai membri del team del rover per ispezionare le condizioni delle sei ruote (fonte: CNN)

Giusto pochi giorni fa, il rover ha rischiato un incontro ravvicinato con alcune rocce affilate come rasoi. Situazione non inusuale sul pianeta rosso: già nel 2017 il passaggio su questa tipologia di rocce – definita “dorso di alligatore” – aveva comportato alcuni danni alle ruote, come si può notare nella foto. Sebbene questa tipologia di rocce non sia del tutto impraticabile, attraversare questo terreno avrebbe comportato un’usura maggiore delle ruote e minacciato la loro longevità. Così il team di piloti ha preferito tracciare un nuovo percorso sul Monte Sharp, la montagna di 5,5 km che Curiosity sta scalando dal 2014.

Ora però una delle sue ruote sembra essere in difficoltà.

Curiosity può ancora muoversi e tutti gli strumenti di bordo funzionano perfettamente, ma una mossa incauta dei suoi autisti marziani potrebbe comportare il danneggiamento definitivo della ruota.

Si attendono manovre millimetriche e di alta precisione: sicuramente non semplici da remoto a ben 254 milioni di km di distanza e con un ritardo delle comunicazioni di 14 minuti!

Di seguito il dettaglio della ruota del rover. Si notano bene i segni di usura. Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS (PH)

Non si sta così male anche nella periferia della nostra galassia

Diffondiamo il comunicato stampa ricevuto poco fa da INAF

In un prossimo futuro la definizione di zona abitabile galattica potrebbe essere modificata per ampliarsi anche a zone più esterne della nostra galassia perché sarà necessario considerare non solo la metallicità, ovvero l’abbondanza di elementi più pesanti dell’elio, ma anche la capacità del gas e della polvere interstellari di formare molecole organiche. Lo dicono i risultati dello studio in pubblicazione su Astronomy & Astrophysics e guidato da ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Nazionale di Astrofisica.

Grazie al lavoro del team internazionale coinvolto nel progetto CHEMOUT (CHEMical complexity in star-forming regions of the OUTer Galaxy), per la prima volta sono state analizzate in dettaglio nella regione esterna della Via Lattea, la nostra galassia, alcune molecole organiche semplici e molecole associate a processi di formazione stellare.

I risultati dello studio mostrano che la presenza di queste molecole non varia significativamente con la distanza dal centro galattico e l’attività di formazione stellare è altrettanto efficiente anche nei più remoti confini della Galassia.

Rappresentazione artistica della Via Lattea: i cerchi verdi indicano le sorgenti osservate, il cerchio giallo rappresenta la zona solare con il Sole indicato al centro. Sulla destra sono schematizzate alcune delle molecole individuate nello studio.
Crediti: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC/Caltech)/ Fontani/Magrini (INAF)

«Finora pensavamo che la regione esterna della nostra galassia fosse un ambiente sfavorevole alla formazione sia di pianeti terrestri sia di molecole complesse» dice Francesco Fontani, ricercatore dell’INAF di Firenze e primo autore dell’articolo in pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics. «Al contrario, ora si sta scoprendo che le abbondanze, almeno delle specie più semplici contenenti carbonio, non sono basse come si poteva immaginare».

La regione esterna della Via Lattea era infatti considerata un ambiente non ottimale per la formazione di molecole complesse e planetesimi perché la presenza di elementi chimici più pesanti dell’elio è molto bassa. Per lo stesso motivo, le zone più periferiche della nostra galassia erano state escluse dalla cosiddetta “zona abitabile galattica” e quindi ritenute di minor interesse dalla comunità scientifica, sebbene in passato proprio in quelle regioni erano state evidenziate tracce di specie organiche anche complesse, come ad esempio il metanolo.

Ora, varie e accurate osservazioni spettroscopiche hanno permesso di individuare numerose specie chimiche in trentacinque diverse sorgenti a diverse distanze dal centro galattico.

I dati utilizzati nello studio sono stati ottenuti nel corso degli ultimi tre anni con osservazioni effettuate al radiotelescopio IRAM da 30 metri situato a Pico Veleta, in Sierra Nevada (Spagna) su trentacinque sorgenti compatte nella regione esterna della nostra galassia già individuate come buoni candidati per la presenza di formazione di stelle e pianeti.

I risultati presentati nell’articolo “CHEMOUT: CHEMical complexity in star-forming regions of the OUTer Galaxy. I. Organic molecules and tracers of star-formation activity” sono i primi realizzati nell’ambito del progetto CHEMOUT in cui il team internazionale di ricercatori guidati da Francesco Fontani dell’INAF di Firenze si occuperà di studiare la presenza di molecole organiche e i traccianti di formazione stellare nella Galassia esterna caratterizzata da metallicità, ovvero l’abbondanza di elementi più pesanti del’elio, inferiori a quelle del Sole.

Il progetto avrà anche lo scopo di contribuire alla ridefinizione della cosiddetta “zona abitabile galattica” (galactic habitable zone) proprio sulla base non solo della metallicità ma anche della capacità di formare molecole che è probabilmente più vasta di come ritenuto fino a ora.

Individuare e studiare questo tipo di molecole organiche o altre molecole semplici non organiche con potenziale prebiotico che si trovano in regioni in cui si formano stelle e pianeti significa conoscere i “mattoni” che potrebbero in passato aver condotto alla formazione delle molecole complesse alla base della vita sulla Terra e altrove nell’Universo.

In futuro, ulteriori studi potranno confrontare i risultati osservativi con specifici modelli chimici per capire più in dettaglio quali siano le principali vie di formazione delle molecole e se queste siano simili o diverse da quelle già note e studiate nella Galassia locale e interna.

«Con il progetto CHEMOUT continueremo ad approfondire lo studio dell’abbondanza di alcune molecole in funzione della distanza dal centro galattico» sottolinea Fontani. «Con l’avvento di telescopi sempre più sensibili stiamo scoprendo che pianeti rocciosi e/o di piccole dimensioni sono ovunque nella Galassia così come le molecole organiche anche complesse, che si trovano anche in regioni di formazione stellare a bassa metallicità, sia nella Via Lattea che in altre galassie. Questo indica che la sola metallicità non è – o potrebbe non essere – un criterio sufficiente per stabilire quale sia la regione della nostra o di altre galassie in cui la probabilità di sviluppare e conservare forme di vita è più alta».

Per approfondire:

L’articolo “CHEMOUT: CHEMical complexity in star-forming regions of the OUTer Galaxy. I. Organic molecules and tracers of star-formation activity”, di F. Fontani, L. Colzi, L. Bizzocchi, V.M. Rivilla, D. Elia, M.T. Beltrán, P. Caselli, L. Magrini, A. Sánchez-Monge, L. Testi, D. Romano è in pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

L’impatto della pandemia sulla produzione di CO2

La NASA misura per la prima volta diminuzioni nei livelli di CO2 dovuti all’attività dell’uomo

Era un’ipotesi basata su diversi indicatori, quella che durante la pandemia si fossero ridotte anche le emissioni di CO2. Di quanto però, con gli strumenti a disposizione, era difficile dirlo. Ora, grazie ai dati ad alta risoluzione del satellite OCO-2, gli scienziati l’hanno misurato per la prima volta

Ne abbiamo già sentito parlare verso la fine del 2020: il cambiamento dello stile di vita in quasi tutti i Paesi dell’Emisfero Settentrionale, obbligato dalla pandemia da Covid-19 [e dal primo lockdown, in particolare], ha provocato cambiamenti misurabili nei livelli di emissione di gas atmosferici connessi alle attività umane.

Ma in che termini, esattamente?

Lo dicono i risultati di un articolo pubblicato su Science Advances e firmato interamente NASA:

La riduzione delle attività umane verificatasi all’inizio del 2020 a causa della pandemia ha portato a diminuzioni senza precedenti delle emissioni di anidride carbonica (CO2)

Nonostante sia il cambiamento a breve termine più significativo mai rilevato, le quantità in gioco rimangono piccole rispetto alle variazioni climatiche e presenti nella circolazione dell’aria dovute alle variazioni stagionali o indotte da correnti e flussi biosferici.

La vera novità, piuttosto, sta nell’aver misurato e distinto, per la prima volta, le emissioni regionali e sul breve termine indotte dall’uomo e quelle, invece, di matrice più prettamente climatica.

Un’impronta umana pesante sul clima

Non perdere l’interessante approfondimento sul canale YouTube NASA: “NASA Tracks COVID-19’s Atmospheric Fingerprint”

Ma torniamo un attimo al 2020.

Il primo report della Nasa sull’argomento, lo dicevamo, risale al mese di novembre. Gli scienziati avevano confrontato le previsioni sulle emissioni generate con i modelli del Goddard Earth Observing System (GEOS) della NASA, e vi avevano sottratto i dati registrati da ben 46 paesi durante la pandemia, per un totale di 5756 siti di osservazione a terra.

In quel caso comunque, è bene precisarlo, le registrazioni riguardavano le emissioni di biossido di azoto – un comune inquinante atmosferico rilasciato dalle automobili, dagli aerei e da molte realtà industriali – e non di CO2.

L’anidride carbonica, invece, è un gas serra presente nell’atmosfera e la sua concentrazione cambia a causa di processi naturali come la fotosintesi e respirazione delle piante, lo scambio con gli oceani e le attività umane – prime fra tutte la combustione di combustibili fossili e la deforestazione.

Dalla rivoluzione industriale, la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è aumentata di quasi il 49%, avvicinandosi ormai a 420 parti per milione (il superamento della soglia di 400 ppm era avvenuto, per la prima volta nella storia umana, nel 2013).

La difficoltà nel caso di questo gas è, l’abbiamo accennato, distinguere quale sia il contributo dell’uomo e quale invece dei fenomeni naturali rispetto ai cambiamenti registrati.

Un’ulteriore complicazione, poi, è dovuta al fatto che la CO2 può rimanere nell’atmosfera fino a un secolo dopo essere stata rilasciata, motivo per cui l’inerzia dell’aumento delle temperature globali connessa alle emissioni umane è così difficile da vincere.

Tornando ai dati registrati, questa stessa inerzia comporta che i cambiamenti a breve termine potrebbero perdersi nel ciclo globale del carbonio, che coinvolge i processi naturali così come quelli umani: i blocchi dell’inizio del 2020 sono una piccola parte del quadro totale di CO2 per l’anno.

Volendo citare un altro esempio, all’inizio del 2020 ci sono stati importanti incendi in Australia che hanno rilasciato un’enorme quantità di CO2 e, contemporaneamente, i ricercatori hanno osservato un maggiore tasso di assorbimento da parte delle piante in India.

Il report NASA

In questo nuovo studio gli scienziati hanno utilizzato l’Orbiting Carbon Observatory-2 (OCO-2) della NASA, che fornisce dati ad alta risoluzione grazie a spettrometri ad alta precisione progettati per raccogliere anche le più piccole fluttuazioni di CO2.

I dati, confrontati con i modelli su scala globale forniti da GEOS, hanno permesso di ottenere misurazioni con una risoluzione mensile. I risultati sono evidenti:

Nell’emisfero settentrionale la crescita nella concentrazione di CO2 causata dall’uomo è diminuita da febbraio a maggio 2020 da 0,14 a 0,62 parti per milione rispetto allo scenario previsto senza pandemia, corrispondente a una diminuzione annuale delle emissioni globali dal 3% al 13%.

 

In futuro, grazie alla sua sensibilità ed elevata risoluzione temporale, questo nuovo metodo potrà essere utilizzato per monitorare i risultati dei programmi e delle politiche di mitigazione del clima, soprattutto a livello comunitario o regionale.

Secondo le stime dei ricercatori della NASA, infatti, esso ha la capacità di rilevare i cambiamenti nella CO2 atmosferica appena un mese o due dopo che sono avvenuti, fornendo informazioni veloci e utilizzabili su come le emissioni umane e naturali si stanno evolvendo.

Fonti:

NASA Science Enables First-of-its-Kind Detection of Reduced Human CO2 Emissions

 

1988: L’anno dello spazio

Riprende la rubrica tutta dedicata all’Astronomia degli Anni ’80!

Ti sei perso le scorse puntate? Le trovi qui!

Il 1988 fu un anno goloso per lo spazio

Pensate, si stima che a questa data fossero conosciuti a livello scientifico circa 10 milioni di composti, tra inorganici e organici ed altri ne continueranno a venire.

Il 1988 fu l’anno in cui l’Unione Sovietica lanciò le sonde Phobos 1 e 2.

Phobos 2 riuscì a fotografare magistralmente Marte e Phobos, ma la missione fallì poco prima di inviare i due lander sulla superficie di Phobos. Inoltre, nello stesso anno, fu lanciato il satellite italiano San Marco.

Satellite San Marco (credit @NASAhistory)

Con una massa di 236 kg venne fiondato in un’orbita equatoriale dalla base italiana sulla costa del Kenya il 25 marzo.

E fu l’ultimo della serie. Ovvero: dopo buttiamo via lo stampo!

Il suo scopo principale era il rilevamento delle grandezze fisiche per lo studio delle relazioni tra l’attività solare e le condizioni fisiche dell’alta atmosfera terrestre. E mentre nei cinema uscivano capolavori come Chi ha incastrato Roger Rabbit? e Rain Man (ma anche Beetle Juice e Una Pallottola Spuntata, per gli appassionati del genere), gli scienziati scoprivano nel microcosmo i canali dell’acqua all’interno della membrana cellulare e veniva ottenuto il primo brevetto per un animale geneticamente modificato.

Nel 1988 venne anche lanciata la STS-26, la 26a missione dello Space Shuttle della NASA e il settimo volo dell’orbiter Discovery.

Credits: NASA

Nel 1988 si aprì un canale scientifico senza precedenti: la ricerca dei pianeti extrasolari

In quell’anno gli astronomi canadesi Bruce Campbell, G. A. H. Walker e Stephenson Yang pubblicano osservazioni di velocità radiale che suggerivano che un pianeta extrasolare orbitasse attorno alla stella Gamma Cephei.

Questo pianeta, tuttavia, venne confermato soltanto nel 2002.

Per avere il primo pianeta confermato si dovette aspettare altri 4 anni, nel 1992. In quell’anno ne furono scoperti tre attorno a una pulsar chiamata PSR B1257+12 chiamati PSR B1257+12 B e PSR B1257+12 C.

Era la prima super-terra scoperta in assoluto!

Nel 1988, in Unione Sovietica, lo Shuttle Buran senza equipaggio venne lanciato da un razzo Energia.

Buran 2.01 (credit: Wikipedia)

Era il suo primo volo spaziale orbitale (e anche l’ultimo a dir la verità).

Parlando di disgrazie, il 1988 vide spegnersi una delle candele più luminose del secolo scorso: Richard Feynman.

Nello stesso anno venne anche scoperto l’asteroide 3994 Ayashi.

Il clima stava cambiando, stavano arrivando gli anni ’90 e George H. W. Bush, già vicepresidente nei due mandati di Ronald Reagan, diventava il 41º Presidente.

Al contempo, Ayrton Senna vinceva il campionato del mondo di Formula 1.

È un caso? Sicuramente.

Fu proprio nel 1988 che venne coniato per la prima volta il termine “riscaldamento globale” dal climatologo della NASA James Hansen, portandolo all’attenzione dell’opinione pubblica.

Inoltre in quell’anno venne istituito il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC).

Il 1988 vide anche due eclissi solari e due lunari e lo sbarco sulla Terra della seconda serie di Exogini!

Ora guardatevi allo specchio, ragazzi degli anni 80, come faceva Michael Jackson in Man in the Mirror e pensate: ma quanto dareste per tornare indietro nel tempo anche solo per un giorno?

E no, non vale portarsi l’almanacco calcistico per fare la schedina!

Ciao belli, ora scappo che ho i sofficini sul fuoco. Alla prossima puntata col 1989!

Nuova interruzione fra ESA e ROSCOSMOS

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L’Agenzia Spaziale Europea ESA dopo la sospensione della collaborazione annunciata  scorse settimane sul progetto ExoMARS, comunica ufficialemente una nuova interruzione nei rapporti con l’agenzia russa. Il direttore generale dell’ESA Josef Aschbacher ha dichiarato nella giornata di ieri che in discussione questa volta saranno le sonde dedicate all’esplorazione lunare Luna-25, 26 e 27 su cui l’ESA avrebbe testato alcune apparecchiature tecnologiche.

“Come per ExoMars, l’aggressione russa contro l’Ucraina e le conseguenti sanzioni messe in atto rappresentano un cambiamento fondamentale delle circostanze e rendono impossibile per l’ESA attuare la prevista cooperazione lunare “, ha affermato l’ESA in una nota.

L’ESA aveva pianificato di montare una telecamera di navigazione chiamata Pilot-D sulla sonda Luna-25, il cui lancio è previsto per questa estate, ma per ora lo strumento sarà deposto in un luogo sicuro fino a quando l’agenzia europea non saprà in grado di recuperarlo.

Come nel caso di ExoMARS ora l’ESA invierà delle indagini per trovare nuove colleborazioni in grado di mantenere gli stessi standard operativi.

fonte ESA

 

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