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Home Blog Pagina 23

Le Comete di Febbraio 2023

  • Cielo del Mese
Di
ClaudioPra
-
26 Gennaio 2023
0

Con un diario dettagliato Claudio Pra ci racconta

le fasi salienti della Cometa che tanto cattura l’attenzione

La C/2022 E3 ZTF VISIBILE AD OCCHIO NUDO

Mese molto interessante quello che ci aspetta, con la luminosa C/2022 E3 ZTF che calamiterà le attenzioni di appassionati e curiosi. A fare da inevitabile contorno altre tre comete sotto la decima magnitudine, una delle quali, pur molto luminosa, sarà riservata esclusivamente agli amanti delle sfide osservative.

Il percorso della cometa nel mese di Febbraio 2023 (Vedi Coelum 260 di febbraio/marzo 2023)

 

Indice dei contenuti

    • C/2022 E3 ZTF
    • C/2020 V2 ZTF
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C/2022 E3 ZTF

È il momento del rendez-vous! Il primo febbraio la C/2022 E3 ZTF transita a 42 milioni di chilometri dalla Terra toccando la minima distanza dal nostro pianeta. Quel giorno e i giorni immediatamente seguenti saranno imperdibili considerato che potremo osservare (a meno di nuove scoperte o clamorosi outburst), la cometa più attesa del 2023. La maggior parte delle stime indica che il picco luminoso la porterà a brillare di una buona quinta magnitudine, valore che qualche altra previsione trasforma in quarta grandezza. Una luminosità che la renderà facilmente visibile in un piccolo binocolo e, sotto cieli limpidi e bui, anche ad occhio nudo, seppure in maniera non evidente, come già segnalato da alcuni osservatori negli ultimi giorni di gennaio. Teniamo presente che una cometa è un oggetto diffuso ed in questo caso, la luminosità prevista, la pone al limite della visibilità ad occhio nudo.

Farà sicuramente la differenza il suo grado di condensazione, molto buono fino a questo momento, ma soprattutto, non ci stancheremo mai di ripeterlo, la qualità del cielo sotto il quale si osserva. Allontanarsi da luoghi dove imperversa l’inquinamento luminoso costerà dei sacrifici a molti appassionati, che verranno però ripagati da cieli in grado di esaltare questo notevole “astro chiomato”.

Nei primissimi giorni del mese la E3 ZTF sarà posizionata altissima sulla volta celeste ed ottimamente visibile in prima serata. C’è però da considerare che la Luna, vicina al plenilunio, disturberà parecchio, tanto da consigliare di spostare la sessione nella notte e poi quasi all’alba. L’ultima finestra senza il chiarore del nostro satellite naturale è prevista proprio poco prima dell’alba nel giorno del massimo avvicinamento, dopodiché occorrerà attendere una settimana prima di rivederla nel cielo buio. Dall’ otto febbraio, senza disturbo lunare, la si potrà seguire tranquillamente la sera ed in seguito in piena notte. Non tralasciamo comunque le nottate illuminate dalla Luna perché, grazie alla buona luminosità, riusciremo a seguire l’evoluzione della cometa anche nel cielo illuminato. Il percorso dell’oggetto in cielo si svilupperà dalla Giraffa verso l’Auriga e successivamente il Toro. Da considerare il rilevante moto proprio, specie nei primi giorni di febbraio. Con il passare dei giorniil suo allontanamento (a meno di sorprese) la indebolirà, tanto che a fine mese dovrebbe brillare di una comunque ancora buona settima magnitudine. Per quanto riguarda gli incontri prospettici interessanti segniamoci tre date; nella nottata del 6 febbraio transiterà a circa 1,5° da Capella, la luminosa stella Alfa dell’Auriga.Nella serata del 10 è in programma l’appuntamento con Marte, dal qualedisterà poco più di un grado. Infine la sera del 14 passerà a circa 1,5°da Aldebaran, l’occhio rosso del Toro.

Per finire il discorso su questo oggetto vi propongo un mio piccolo diario dedicato al suo avvicinamento durante gennaio:

14/1

Nonostante la presenza della Luna appena oltre l’ultimo quarto e non molto distante, la cometa appare molto compatta risultando facilmente visibile dentro il piccolo binocolo 10×50 tenuto a mano libera. Comparandola con il celebre globulare M13 dell’Ercole risulta più o meno delle stesse dimensioni ma sicuramente meno luminosa. Direi che la sua luminosità si attesta appena al di sotto della settima magnitudine, probabilmente 6,8 mag.

21/1

La rivedo in un cielo privo di luce lunare dopo parecchi giorni di nubi. Il suo diametro è decisamente aumentato e la cometa appare ora di dimensioni doppie rispetto all’ammasso globulare M13, mentre la sua luminosità è cresciuta fino alla sesta magnitudine. La chioma presenta un evidente falso nucleo centrale circondato da un alone brillante oltre il quale sfuma gradualmente. La coda di polveri si presenta molto tenue e allargata. L’oggetto è ottimamente osservabile anche nel piccolo binocolo 10×50. Non è invece percepibile ad occhio nudo.

24/1

Un fortunato squarcio tra le nubi mi permette di riosservarla a tre giorni di distanza dall’ultima sessione. Riesco a percepirla per la prima volta, seppure al limite, ad occhio nudo, favorito dalla vicinanza alla stella Iota Draconis, che fa da ottimo punto di riferimento, dalla quale dista un grado e mezzo circa. Senza strumenti si mostra come una chiazza indistinta mediamente estesa, visibile a momenti. Al binocolo 20×90 risulta invece piuttosto compatta e la sua coda di polveri è meglio rilevabile che nelle precedenti occasioni, un po’ meno allargata ed un po’ più lunga. Confrontandola con il solito M 13 credo che la sua luminosità possa essersi alzata al valore di 5,5 mag.

26/1

Devo tenere il binocolo a mano libera dato che la cometa è altissima in cielo. Compatta, spicca il suo falso nucleo stellare ma tutta la chiomaè ben marcata. Rilevabile piuttosto facilmente anche una corta coda. Chioma e coda danno all’oggetto una bellissima forma a goccia d’acqua. La luminosità non è distante dalla quinta mag. direi 5,2/5,3. Visibile anche ad occhio nudo, meglio di un paio di giorni fa.

La cartina riporta la posizione della C/2022 E3 ZTF alle 20.00 ora solare. Le stelle più deboli sono di settima magnitudine.

C/2020 V2 ZTF

Cometa discretamente luminosa ed osservabile in prima serata. Partendoda Cassiopea si dirigerà verso il Perseo terminando la sua corsa mensile in Andromeda. La sua luminosità dovrebbe aggirarsi per tutto febbraioattorno alla nona magnitudine. Aiuta molto il suo aspetto compatto che la rende una facile preda anche piccoli telescopi.

La cartina riporta la posizione della C/2020 V2 ZTF alle 20.00 ora solare. Le stelle più deboli sono di nona magnitudine

 

C/2022A2 PanSTARRS

Cometa scoperta oltre un anno fa dal sistema PanSTARRS situato alle Hawaii (PanoramicSurveyTelescope e RapidResponseSystem), è cresciuta a sorpresa più del previsto portandosi in gennaio al di sotto della decima magnitudine. Circumpolare per tutto febbraio sarà meglio osservabile prima dell’alba, in spostamento dal Dragone alla Lucertola. Passerà al perielio il giorno 18 transitando a 1,73 U.A. dal Sole. La sua luminosità durante il mese dovrebbe aggirarsi attorno alla nona magnitudine. L’ho osservata il 21 gennaio sotto un cielo davvero splendido, usando un binocolo 20×90 nel quale mi è apparsa piuttosto diffusa e priva di un vero falso nucleo, ma non difficile.

La cartina riporta la posizione della C/2022A2 PanSTARRS alle 5.00 ora solare. Le stelle più deboli sono di nona magnitudine.

 

96P/Machholz 1

Per ultimo vi proponiamo una sfida osservativa riguardante una piccola periodica dal diametro di circa 6 chilometri, scoperta nel 1986 dall’astronomo statunitense Donald Edward Machholz, scomparso pochi mesi fa. Il suo periodo è di 5,24 anni e sembra possa essere un pezzo appartenente ad una cometa più grande frammentatasi molto tempo fa. Frammentata la Machholz lo è a sua volta dato che nei suoi pressi sono stati avvistati almeno tre frammenti più piccoli. È transitata al perielio ad una distanza molto piccola(circa 18 milioni di chilometri) nell’ultimo giorno di gennaio. Purtroppo la pessima prospettiva ci ha impedito di seguire quegli istanti in cui potrebbe aver raggiunto la seconda magnitudine. Le cose andranno leggermente meglio durante il suo allontanamento dalla nostra stella, anche se la caduta di luminosità dovrebbe essere piuttosto rapida e le condizioni prospettiche risultare comunque sfavorevoli. Chi ha voglia di cimentarsi in una bella sfida dovrà tentare di rintracciarlaa partire dal 4/5 febbraio, “spazzolando” l’orizzonte orientale, cercandola tra le prime luci dell’alba fra le stelle meridionali dell’Aquila. In quel momento potrebbe brillare di quinta o sesta magnitudine. Successivamente, con il suo ulteriore allontanamento dal Sole, si mostrerà in un cielo più buio, rimanendo però sempre molto bassa ma soprattutto perdendo luminosità, tanto che a metà mese potrebbe già sfiorare la decima grandezza.

La cartina riporta la posizione della 96/P Machholz alle 6.30 ora solare. Le stelle più deboli sono di ottava magnitudine.


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Errori casella Libero.it

  • Il Blog della Redazione
Di
Redazione Coelum
-
26 Gennaio 2023
0

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Le Costellazioni di Febbraio 2023

  • Appuntamenti del Mese
  • Cielo del Mese
Di
Teresa Molinaro
-
25 Gennaio 2023
0

Ora era onde ‘l salir non volea storpio
chè il Sole avea il cerchio di merigge
lasciato al Tauro e la notte a lo Scorpio …

Dante, Divina Commedia

Nel cielo di febbraio risplendono luminose le costellazioni dell’inverno boreale.

Uno degli oggetti protagonisti è certamente il Toro: si tratta di una delle costellazioni della fascia dello Zodiaco, compresa tra Ariete e Gemelli e facilmente riconoscibile per la sua forma a V e per la sua stella principale Aldebaran, una gigante arancione grande 40 volte il Sole che con la sua magnitudine +0,95 rappresenta la quattordicesima stella più luminosa del cielo notturno.

Le stelle Elnath e Alheka caratterizzano le corna dell’animale che si estendono verso est, mentre Beta Tauri (Elnath) è una stella che viene attribuita sia alla costellazione del Toro che a quella dell’Auriga, di cui è uno dei vertici del pentagono celeste.

La costellazione del Toro si espande a est/sud-est dove un brillante ammasso aperto (a 150 anni luce da noi) conosciuto con il nome di Iadi, delinea la testa dell’animale; prospetticamente infatti Aldebaran, Alpha Tauri, sembrerebbe appartenere al vicino ammasso delle Iadi, ma in realtà, con il suo scintillio di colore arancio, rappresenta l’occhio del Toro.

M45: UN AMMASSO APERTO NEL CUORE DELL’INVERNO

Alla costellazione del Toro è strettamente associato un altro oggetto, uno dei più interessanti e conosciuti del catalogo Messier, M45, ovvero le Pleiadi.

Si tratta di un ammasso stellare aperto distante 440 anni luce da noi, collocato nella spalla del Toro.

Credit:Davide De Martin & the ESA/ESO/NASA Photoshop FITS Liberator

Senza l’ausilio di telescopi, a patto di osservare lontani da cieli urbani, sono visibili già sette fra le stelle più luminose dell’ammasso, la cui forma rimanda al piccolo carro.

Aiutandosi invece con un binocolo o con un telescopio si scopre che l’ammasso è molto più esteso, sono centinaia le stelle, in prevalenza giganti blu e bianche, che compongono l’ammasso; stelle legate da un’origine comune e da reciproche forze gravitazionali.

Nelle fotografie a lunga esposizione o all’oculare di un telescopio di apertura considerevole, non è difficile notare dei piccoli aloni che circondano i singoli oggetti luminosi: si tratta di nubi di polvere, dette nebulose a riflessione, illuminate dalle stelle.

M45 prende parte alla sfilata degli oggetti più belli e suggestivi del cielo invernale, attirando sempre molta curiosità negli amanti del cielo, poiché l’ammasso è spesso protagonista di congiunzioni con la Luna o con pianeti come Marte e Venere.

Le Pleiadi sono anche circondate da numerosi riferimenti mitologici, esse vengono chiamate sovente le “sette sorelle”, rappresentate come ninfe della montagna, figlie di Atlante e l’oceanina Pleione: Alcione, Asterope, Celeno, Elettra, Maia, Merope e Taigeta.

Anche Pascoli ne fece riferimento nel Gelsomino Notturno: “La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolìo di stelle”.

Il poeta paragonò le Pleiadi a una chioccia che si trascina dietro una covata di pulcini intenti a pigolare.

Immagine curiosa ma d’effetto, che intende ricreare la melodia degli astri in una notte stellata.

OGGETTI DEL PROFONDO CIELO NEL TORO: LA NEBULOSA GRANCHIO

In direzione della stella Alheka, si trova uno degli oggetti più importanti in campo astronomico e nell’astronomia a raggi X: è persino il primo oggetto del Catalogo Messier, M1, meglio nota con il nome Nebulosa del Granchio. (vedi Coelum Astronomia 254 di febbraio/marzo 2022)

L’oggetto, dalla forma ad anello, si trova a circa 6500 anni luce dal Sistema Solare ed è ciò che resta dell’esplosione di una Supernova.

Durante la fase finale della sua vita la stella Supernova 1054ha espulso una grande quantità di materiali ferrosi e gas, generando un’esplosione in grado di proiettare tutti i propri frammenti a una grande distanza, che ancora oggi viaggiano a una velocità che sfiora i circa 1500 km/s.

Oggi il centro della nebulosa ospita ciò che resta della stella esplosa, una potente stella di neutroni che ruotando su sé stessa crea l’effetto pulsar.

L’esplosione della supernova 1054 non rimase inosservata.

Il 4 luglio del 1054 gli astronomi cinesi furono i primi ad accorgersi del nuovo astro apparso in cielo ed ebbero la fortuna di assistere al bagliore prodotto dall’esplosione per lungo tempo.

Visibile persino di giorno grazie ad una magnitudine dell’oggetto compresa tra −7 e −4,5 (per contro Sirio, la stella più luminosa del nostro cielo, ha una magnitudine apparante di solo -1.40).

Con così tanti dati a disposizione su questo oggetto, la Nebulosa Granchio è spesso impiegata dagli astronomi come elemento di calibrazione nell’astronomia a raggi X e negli studi dell’universo alle altissime energie.

M1 può essere individuata facilmente già con un binocolo, o ancor meglio con un telescopio anche amatoriale, dove apparirà come una macchia debole e chiara, ma caratterizzata da una luminosità poco omogenea.

LA COSTELLAZIONE DEL TORO NELLA MITOLOGIA

Il Toro è una delle costellazioni più antiche di cui si trovi traccia.

Ben 5.000 anni fa infatti il punto Gamma che indica l’equinozio di primavera, si trovava proprio in questa costellazione, nei pressi della stella Aldebaran.

Citazioni si trovano negli scritti dei Sumeri ove la figura zodiacale assumeva connotazioni mitologiche e si rendeva protagonista di storie d’amore conflittuali.

Per gli antichi egizi invece i tori erano figure mitologiche da venerare.

Nell’antica Grecia il mito del Toro fu associato al Minotauro, frutto del tradimento consumato da Pasifa e con il sacro Toro di Creta alle spalle del marito Minosse.

Ma la storia è molto più avvincente.

Sembra infatti che Zeus si fosse innamorato della principessa fenicia Europa, e che decise (come sempre) di sedurla, ricorrendo a ogni mezzo possibile.

Così, mentre la bella Europa si trovava sulla spiaggia ingenua e spensierata in compagnia delle sue ancelle, vide arrivare un bellissimo toro bianco, animale in cui Zeus nel frattempo si era trasformato per non destare sospetto nella principessa.

La fanciulla, ignara della vera natura dell’animale, ne fu talmente attratta da salirvi in groppa e da lasciarsi trasportare fino a raggiungere l’isola di Creta, dopo aver galoppato attraverso il mare.

Ma una volta giunti a destinazione la  giovane principessa fece un’amara scoperta: Zeus infatti le si manifestò nelle sue reali sembianze, abusando di lei.

Dall’unione infelice nacquero Minosse, Radamanto e Sarpedonte.

 

L’AURIGA NEL CIELO DI FEBBRAIO

Una della costellazioni che transita al meridiano nel mese di febbraio è l’Auriga.

Si tratta di uno degli oggetti tipici dell’inverno boreale, che si staglia sulla volta celeste in compagnia delle grandi costellazioni come Orione e Toro.

Quella  dell’Auriga è una costellazione settentrionale dalla caratteristica forma di pentagono, la cui parte centrale è attraversata da una porzione di Via Lattea che si delinea in direzione opposta a quella del centro galattico, ma che ospita comunque diversi ammassi e nebulose.

Di certo però la costellazione deve la sua fama alla sua stella più brillante Alfa Aurigae, ovvero Capella: si tratta della sesta stella più luminosa del cielo notturno, di colore giallo, che dista dal Sole quasi 43 anni luce.

Nonostante Capella appaia ad occhio nudo come un singolo astro, in realtà è un sistema multiplo costituito da quattro componenti, raggruppate in due stelle binarie.

OGGETTI NON STELLARI IN AURIGA

La costellazione ospita diversi oggetti già osservati da Messier, inseriti nel suo celebre catalogo con il nome di M36, M37 ed M38: si tratta di tre ammassi aperti molto conosciuti, composti da stelle giovani.

L’AURIGA NELLA MITOLOGIA

Come per ogni altra costellazione e oggetto celeste, anche l’Auriga trova riferimenti nella mitologia: essa viene identificata con la capra Amaltea, rappresentata dalla stella Capella, animale che secondo la mitologia greca allattò Zeus quando venne abbandonato in fasce sull’isola di  Creta.

All’animale e ai suoi capretti venne regalato un posto in cielo, trasformati in stelle come segno di eterna gratitudine.


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Energia da fusione nucleare: a che punto siamo?

  • Astronomia, Astrofisica e Cosmologia
Di
Redazione Coelum
-
25 Gennaio 2023
0

Crisi climatica ed energetica sono, a buon diritto, in cima alle preoccupazioni di popolazioni e governi di gran parte del mondo. Non vi è giorno in cui non si commentano sui mezzi d’informazione le gravi conseguenze del riscaldamento globale dovuto all’azione antropica e i problemi connessi alla disponibilità e al costo delle materie prime necessarie alla produzione di energia. Ça va sans dire, le due questioni sono strettamente connesse.

Indice dei contenuti

  • La fusione nucleare alla luce dei nuovi progressi tecnologici
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La fusione nucleare alla luce dei nuovi progressi tecnologici

 

L’aumento della temperatura media sulla superficie del nostro pianeta, chiaramente registrato nel corso degli ultimi 100 anni, è principalmente dovuto all’immissione di gas serra in atmosfera conseguente alla combustione di carbone, petrolio e gas naturale. È evidente che in base al nostro attuale modello di sviluppo, l’evoluzione dell’umanità non può fare a meno di adeguate risorse energetiche. Inoltre, la crescita della popolazione globale implica un aumento della richiesta di energia a costi sostenibili, e la crescente diffusione di tecnologia e lo sviluppo industriale implicano anch’essiuna crescitadel fabbisogno energetico. L’attuale sistema globale di approvvigionamento energetico ha due grandi limiti: la produzione di energia da combustibili fossili ha un impatto decisivo sull’ambiente e il loro ritmo di rinnovo è enormemente inferiore a quello del consumo. In altre parole, stiamo immettendo in atmosfera, in poche decine di anni, quantità di carbonio sequestrate nel sottosuolo da milioni di anni. Tutte le prospettive economiche mostrano che i bisogni energetici continueranno ad aumentare per due motivi principali: l’aumento della popolazione mondiale, che è attesa raggiungere 10 miliardi di persone intorno alla metà di questo secolo,e quello dei bisogni energetici dei paesi in via di sviluppo, le cui popolazioni reclamano, giustamente, condizioni di vita migliori e in linea con i paesi più sviluppati. Stiamo correndo come un treno a tutta velocità contro un muro e ne siamo consapevoli, ma non sappiamo se e come è possibile fermarsi o abbattere il muro. Che fare?

Consumo globale di energia in base alla fonte.

È certamente importante perseguire una politica di maggiore utilizzo di fonti rinnovabili di energia (eolica, solare e idrica). Tuttavia, è necessario osservare che tali fonti, al momento, contribuiscono al consumo energetico primario su scala globale per un ammontare pari acirca il 10%, peraltro largamente grazie all’idrico, che non può essere sfruttato oltre certi limiti, e in minima parte all’eolico e al solare (pochi percento), a fronte di un consumo complessivo che nel 2021 ha ecceduto i 170 PWh (170 milioni di milardi di wattora) e che è più che raddoppiato negli ultimi 50 anni (si veda Fig. 1). In altre parole, ammesso e non concesso che sia tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, e non considerando i necessari stravolgimenti della superficie del pianeta, è del tutto utopistico pensare di rimpiazzare completamente la produzione da combustibili fossili con quella da fonti rinnovabili. Manca però all’appello un’ulteriore fonte di energia: quella nucleare.

Come ben noto, esistono due possibili meccanismi per la produzione di energia nucleare, da fissione di nuclei pesanti e da fusione di nuclei leggeri. Reattori a fissione nucleare controllata sono relativamente facili da costruire ed in effetti sono in produzione da svariati decenni in tutto il mondo. La fissione nucleare presenta generalmente due problemi che ne hanno limitato la diffusione in alcuni paesi come il nostro: la produzione abbondante di combustibile esausto radioattivo, con tempi di decadimento dell’ordine delle decine o centinaia di migliaia di anni, che necessita di stoccaggio in depositi geologici a tempo praticamente indeterminato, e la possibilità, per quanto piccola non nulla, di incidenti che possano rilasciare nell’ambiente pericolosi radionuclidi. La percezione della pericolosità dei reattori a fissione da parte dell’opinione pubblica è peraltro poco aderente alla realtà dei fatti, legata nell’immaginario collettivo alla letalità degli armamenti nucleari e all’incidente di Chernobyl, che si stima abbia causato nel complesso circa 400 decessi. Quasi tutti ignorano ad esempio che la percentuale di decessi dovuti ad effetti diretti e indiretti (incidenti e inquinamento) della produzione di energia nucleare a fissione per unità di energia prodotta è dell’ordine di mille volte inferiore a quella di decessi dovuti alla produzione di energia con combustibili fossili. In termini assoluti si stima per difetto che a causa dell’uso di combustibili fossili circa 2,5 milioni di persone perdano la vita nel mondo ogni anno; questo numero scenderebbe a circa 5000 unità se tutta la produzione attuale fosse realizzata mediante reattori a fissione. Ciò detto, il problema dello stoccaggio delle scorie è comunque reale e di difficile soluzione, sebbene esistano proposte, come quella basata sul processo di trasmutazione all’interno di reattori sottocritici guidati da acceleratori, per diminuire di molti ordini di grandezza i tempi di smaltimento.

Veniamo allora a quello che è da molti considerato il Sacro Graal della produzione di energia: la fusione nucleare. Si sente spesso affermare che la fusione nucleare risolverebbe tutti i problemi che abbiamo di fronte: capacità di produzione virtualmente illimitata a basso costo e nessuna scoria radioattiva. Ma è proprio così? Cerchiamo di capirlo. Il modo più semplice di realizzare un processo di fusione nucleare è quello di fondere un nucleo di deuterio (composto da un protone ed un neutrone) con un nucleo di trizio (un protone e due neutroni). Nel processo di fusione di un nucleo di deuterio e uno di trizio si genera un nucleo di elio-4 (due protoni e due neutroni) con il rilascio di un neutrone e di una notevole quantità di energia. L’elio è un gas inerte di alcuna pericolosità, tanto che è possibile usarlo per gonfiare palloncini per bambini. I neutroni invece hanno una loro pericolosità e torneremo su questo aspetto fra un po’. Uno straordinario problema fisico e ingegneristico per realizzare la produzione controllata di energia da una reazione di fusione nucleare consiste nel fatto che, essendo i nuclei di deuterio e trizio carichi positivamente, questi tendono a respingersi e a mantenersi quindi ad una certa distanza tra loro, impedendo alla forza nucleare forte (che è preponderante a distanze dell’ordine del milionesimo di miliardesimo di metro) di entrare in funzione per effettuare la fusione dei nuclei e il conseguente rilascio di energia. Per questo motivo è necessario fornire ai due nuclei una grande energia cinetica in grado di vincere la repulsione elettrostatica e avvicinarli sufficientemente. In altre parole, è necessario che il plasma di deuterio e trizio venga condotto a temperature elevatissime, dell’ordine del centinaio di milioni di gradi. Il problema è che non può esistere alcun materiale in grado di contenere una massa calda con una temperatura superiore a poche migliaia di gradi. Il plasma alle temperature di fusione non può quindi essere contenuto all’interno di un qualunque contenitore. Già da molti decenni si è però capito che esistono almeno due approcci per consentire una reazione di fusione controllata senza bisogno che il plasma entri in contatto con le pareti di un contenitore. Le due modalità prendono il nome di fusione a confinamento magnetico e fusione inerziale.

Continua..

L’articolo completo a cura del dott. Vincenzo Vagnoni è disponibile in Coelum Astronomia n°260 di febbraio/marzo 2023

 

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Juno Stupisce ancora

  • Astronautica ed Esplorazione Spaziale
  • Astronomia, Astrofisica e Cosmologia
Di
Redazione Coelum
-
24 Gennaio 2023
0

Indice dei contenuti

    • LA PIÙ ACCURATA MAPPA VULCANICA DEL SATELLITE GIOVIANO IO
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LA PIÙ ACCURATA MAPPA VULCANICA DEL SATELLITE GIOVIANO IO

In una qualunque notte serena e lontana dalle luci delle città, con lo scorrere delle ore potremmo contare fino a circa 3000 astri. Un numero davvero alto, eppure solo meno dell’1% di essi è in grado di mostrare già ad occhio nudo leggere sfumature cromatiche, perché tutti gli altri appaiono invece incolori o grigiastri. È fin dagli albori dei tempi tuttavia che le tenui tracce colorate di questa manciata di oggetti – solitamente luminosi e rossastri – hanno saputo cogliere l’attenzione dell’uomo ed influenzare la sua storia!

L’infernale luna Io (la più interna fra quelle regolari del sistema gioviano) è il corpo vulcanicamente più attivo dell’intero Sistema solare. Un recente articolo pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters (GRL) fa nuova luce sulle proprietà vulcaniche di questo satellite, in particolare grazie a nuovi dati raccolti da JIRAM (Jovian InfraRed Auroral Mapper), uno degli otto strumenti a bordo della sonda NASA Juno. Finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e realizzato da Leonardo, lo strumento vede la responsabilità scientifica dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF). L’articolo delinea la mappa più recente della distribuzione degli hot spot (punti vulcanici caldi) di Io prodotta con dati JIRAM da remoto alla migliore scala spaziale attualmente disponibile. I ricercatori, guidati dall’INAF, sono riusciti a ottenere, inoltre, una migliore copertura delle regioni di Io prossime ai poli rispetto al passato.

Francesca Zambon, membro del gruppo JIRAM, ricercatrice dell’INAF di Roma e prima autrice dell’articolo pubblicato su GRL, spiega: “La mappa degli hot spot presentata nel nostro lavoro è la più aggiornata tra quelle basate su dati di telerilevamento spaziale. Analizzando le immagini infrarosse acquisite da JIRAM, abbiamo individuato 242 punti vulcanici caldi, di cui 23 non presenti in altri cataloghi e localizzati nella maggior parte dei casi nelle regioni polari, grazie alla peculiare orbita della sonda Juno”.

La ricercatrice sottolinea: “Il confronto tra il nostro studio e il catalogo più recente rivela che JIRAM ha osservato l’82% degli hot spot più potenti precedentemente individuati, e la metà degli hot spot di potenza intermedia, dimostrando quindi che questi sono ancora attivi. Tuttavia, JIRAM ha rilevato solo circa la metà degli hot spot più deboli precedentemente segnalati. Le spiegazioni sono due: o la risoluzione di JIRAM non è sufficiente per rilevare questi deboli punti caldi, oppure l’attività di questi centri effusivi potrebbe essersi sbiadita o interrotta”.

Examples of Io representative subset of JIRAM M filter “super images” for each orbit. The super images have been obtained averaging contiguous JIRAM acquisitions.

Quando la sonda spaziale NASA Voyager 1 avvicinò Io, il più interno dei satelliti galileiani di Giove, nel marzo 1979, le immagini inviate alla Terra rivelarono che la sua superficie appariva punteggiata da una moltitudine di centri vulcanici caldi, con imponenti colate laviche e pennacchi alti fino a qualche centinaio chilometri. In seguito, l’esplorazione condotta soprattutto dalla missione NASA Galileo chiarì che questi punti caldi sono moltissimi: alcune centinaia, molti dei quali con attività pressoché costante.

La luna Io mostra molti centri vulcanici, innescati principalmente dalle potenti forze mareali esercitate da Giove. Lo studio dell’attività vulcanica di questo satellite gioviano è la chiave per comprendere la natura dei suoi processi geologici e la sua evoluzione interna. La distribuzione degli hot spot e la loro variabilità spaziale e temporale sono importanti per definire le caratteristiche del riscaldamento delle maree e i meccanismi attraverso i quali il calore fuoriesce dall’interno.

Alessandro Mura, leader del gruppo JIRAM e ricercatore dell’INAF di Roma, prosegue: “Uno dei maggiori punti aperti nella comprensione della struttura interna di Io è se l’attività vulcanica osservabile in superficie sia dovuta a un oceano di magma globale presente nel mantello, oppure a camere magmatiche che si insinuano nella crosta a minori profondità. Le osservazioni di JIRAM sono tuttora in corso, e le future immagini a maggiore definizione saranno fondamentali per meglio evidenziare i punti caldi deboli e per chiarire la struttura interna di Io”.

* Alessandro Mura è stato autore del bellissimo articolo di approfondimento su Juno pubblicato in Coelum Astronomia n°254 di febbraio/marzo 2022

Giuseppe Sindoni, responsabile del progetto JIRAM per l’ASI, aggiunge: “La superficie della luna gioviana Io è molto dinamica, con vulcani ed emissioni laviche in continua evoluzione, come dimostrato da questo importante risultato ottenuto dal nostro strumento JIRAM e dall’ottimo lavoro svolto dal team. L’estensione della missione Juno fino al 2025 ci permetterà di monitorare questa evoluzione e di comprendere meglio i processi fisici che guidano un corpo così complesso e dalle fattezze simili alla nostra Terra primordiale, anche in previsione di future missioni dedicate.”

La sonda Juno è stata lanciata ad agosto 2011 dalla base di Cape Canaveral ed è in orbita attorno a Giove dal luglio del 2016. Da allora ha percorso 235 milioni di chilometri. Juno è tuttora la sonda in orbita planetaria più distante della NASA, e continuerà le sue indagini sul pianeta più grande del Sistema solare fino a settembre 2025.

Alla fine dell’anno, il 30 dicembre 2023, durante la 57ma orbita attorno a Giove, la sonda Juno effettuerà il suo passaggio più ravvicinato in assoluto a Io, a una distanza minima di circa 4800 chilometri. Le missioni Europa Clipper della NASA e JUICE di ESA, che opereranno nel sistema di Giove negli anni 2030, non potranno mai avvicinarsi a simili distanze. Sarà quindi cruciale che Juno possa condurre osservazioni anche con JIRAM durante tutte le prossime opportunità previste nel 2023.

In alto: insieme di figure chiamate “super immagini”, ottenute calcolando la media di più osservazioni Jiram acquisite in un lasso di tempo di pochi minuti. Questo approccio riduce la possibilità di falsi positivi. Le immagini ritraggono gli hot spot di Io nel corso degli anni. Crediti: F. Zambon et al. / Geophysical Research Letters

Fonte: ASI


 

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Cometa C/2022 E3 ZTF come vederla

  • Cielo del Mese
  • News di Astronomia
Di
ClaudioPra
-
22 Gennaio 2023
0

Indice dei contenuti

  • La cometa che sta facendo parlare di se come la cometa di Neanderthal, ecco come seguirla per i prossimi giorni e cos’ha di veramente speciale.
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La cometa che sta facendo parlare di se come la cometa di Neanderthal, ecco come seguirla per i prossimi giorni e cos’ha di veramente speciale.

La cometa C3/2022 E3 ZTF che tanto è stata annunciata e tanto si è fatta attendere è finalmente al perigeo, minima distanza dal Sole ma con l’aiuto delle indicazioni del nostro Claudio Pra riepiloghiamo dove scorgerla e come meglio muoversi per non rimanere delusi.

Ultima settimana di Gennaio

La C/2022 E3 ZTF passata al perielio il 12 gennaio, transitando a 1,11 U.A. dalla nostra stella, raggiungendo una luminosità pari a 6.1. Dalla Corona Boreale l’ ”astro chiamato” si dirigerà verso nord, terminando la sua corsa mensile nella Giraffa, “percorrendo circa 70°in cielo! In questa ultima decade del mese risulterà circumpolare per tutta la penisola (da metà dicembre lo era stata già per l’Italia settentrionale). F Nella nottata del 23 gennaio cometa transiterà a circa un grado da NGC 5907, una galassia a spirale vista di taglio di mag. 10,3.

Il percorso compiuto dalla cometa nel mese di Gennaio 2023

Prima settimana di Febbraio

Il primo giorno di febbraio l’”astro chiomato” raggiungerà la minima distanza dalla Terra, transitando a circa 42 milioni di km. dal nostro pianeta. Fare previsioni sulla luminosità di una cometa, specialmente sul suo picco luminoso, è esercizio assai ardito perché pochissimo si conosce sulle caratteristiche del nucleo e si sono già riscontrate strane reazioni al passaggio vicino al Sole. Per la E3 ZTF il range va da una sufficiente sesta magnitudine ad una ben più appetibile quarta grandezza, che darebbe la possibilità di percepire l’oggetto ad occhio nudo. Tutti ci auguriamo un bellissimo spettacolo celeste che comunque, sotto cieli bui, sarà garantito anche nel caso la luminosità non arrivasse ai valori più ottimistici. A fare la differenza è il cielo sotto il quale si osserva che, se invaso dall’inquinamento luminoso, rende “insignificanti” anche comete di sesta magnitudine che invece il cielo buio esalta. Il consiglio è quindi di cercare un sito adatto, pena rimanere delusi anche da questa apparizione. La cometa, proprio nei primi giorni del mese, sarà in condizioni ottimali, altissima in cielo già dopo cena, inizialmente nella Giraffa ma in veloce spostamento verso l’Auriga e successivamente nel Toro. Con il plenilunio che si verificherà il giorno 5, nei giorni più attesi occorrerà però obbligatoriamente osservarla a ridosso dell’alba per evitare il disturbo lunare.  Nella nottata del 6 febbraio la cometa transiterà a circa 1,5° dalla luminosa stella Alfa dell’Auriga Capella, mentre nella serata del 10 incontrerà Marte sfilando a poco più di un grado dal Pianeta Rosso. La serie si chiuderà la sera del 14 con il passaggio a circa 1,5°da Aldebaran, l’occhio rosso del Toro.

Il percorso della cometa nel mese di Febbraio 2023

Curiosità sulla cometa C/2022 E3 ZTF

Il nome non è certo dei più simpatici, come spesso accade per gli oggetti scoperti da zelanti astronomi o appassionati, non è però espressione di poca fantasia quanto la necessità, al di là dell’interesse suscitato, di catalogare ogni oggetto celeste in modo che risulti poi negli annuali come facile da rintracciare. Tutte le lettere ed i numeri del nome hanno quindi un significato:

C –> non periodica, la cometa quindi torna a farci visita (forse) ogni lasso di tempo superiore a 200 anni almeno

2022 –> anno in cui è stata scoperta

E –> mese in cui è stata scoperta Marzo

3 –> il terzo oggetto di quel mese

ZTF –> è la sigla dell’osservatorio che l’ha individuata nello specifico Zwicky Transient Facility

oggi la cometa, che sembra avere un periodo (quanto tempo trascorre da un passaggio ravvicinato alla Terra e il successivo) di quasi 50.000 anni viene più facilmente etichettata come Cometa di Neanderthal supponendo che proprio gli individui di questa specie siano stati gli ultimi a vederla. Il calcolo sembra essere congruo tuttavia abbiamo davvero pochi elementi per dare per certa questa notizia. Il fatto scientificamente interessante invece è la rottura della coda che l’ha letteralmente divisa in due tronconi visibili anche negli scatti amatoriali. Le cause in questi casi sono incerte ma, dalle nozioni acquisite sulle strutture delle Comete, la rottura, o l’apparente tale, potrebbe essere dovuta all’espulsione di una massa dalla corona sottoposta a notevoli pressioni dal vento solare durante il suo avvicinamento. Un fatto non nuovo a cui siamo oramai abituati, basti ricordare la cometa Encke del 2007 e la Leonard del 2021.

 

La rubrica dedicata alle Comete è a cura di Claudio Pra e pubblicata nella sezione “il Cielo del Mese”

Tutte le anticipazioni di febbraio/marzo 2023 sono su Coelum Astronomia n°260 di febbraio/marzo 2023

 

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I Ghirigori: la danza delle stelle più colorate del cielo.

  • Astrotecnica e Osservazione
Di
Redazione Coelum
-
21 Gennaio 2023
0

 

Indice dei contenuti

  • Un cielo di stelle colorate
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Un cielo di stelle colorate

In una qualunque notte serena e lontana dalle luci delle città, con lo scorrere delle ore potremmo contare fino a circa 3000 astri. Un numero davvero alto, eppure solo meno dell’1% di essi è in grado di mostrare già ad occhio nudo leggere sfumature cromatiche, perché tutti gli altri appaiono invece incolori o grigiastri. È fin dagli albori dei tempi tuttavia che le tenui tracce colorate di questa manciata di oggetti – solitamente luminosi e rossastri – hanno saputo cogliere l’attenzione dell’uomo ed influenzare la sua storia!

Figura1: Orione, Toro e Cane Maggiore ripresi scuotendo uno Huawei P30 pro. ISO5000 – 5s – F1.6, – 2 gennaio 2022 Parco Nazionale del Pollino.

È proprio per il loro colore infatti se il Pianeta Rosso e la stella Antares sembravano interpretare rispettivamente il dio della guerra ed il suo mitologico rivale; ed è ancora per la loro sfumatura rossastra se gli indigeni australiani riconoscevano in Betelgeuse ed Aldebaran due magici fuochi pulsanti; ed è ancora per il giallastro-arancione della sua luce se gli indigeni americani riconoscevano in Arturo gli occhi di quell’allocco che  ogni primavera si metteva a caccia della Grande Orsa appena ri-sorta dal letargo.

Poche e tenui sfumature insomma, che tuttavia sapevano e sanno essere il sufficiente indizio di quanto sia potenzialmente visibile in tutte le altre stelle del cielo, facendo quindi pregustare quanto la volta celeste – per il numero degli astri che contiene – sia un vero tripudio di colori.

L’Albero delle Stelle

Attraverso uno strumento astronomico non solo si percepisce il colore di un maggior numero di astri, ma c’è anche la possibilità di ammirarli contemporaneamente nel campo dell’oculare. Ed allora, armato di un dobson da 30 cm di diametro, circa 10 anni fa ho cominciato a cercare tutti quegli angoli della volta celeste in cui fossero nascoste le stelle più colorate del cielo. E così, di anno in anno, selezionando le doppie e le carbon stars dalle sfumature più intense, mi sono imbattuto nei colori di coppie e tripletti stellari meravigliosamente visibili uno accanto all’altro e talvolta non catalogati da nessuna altra parte.

Figura2: Paolo Palma col suo telescopio dobson da 18” – gioco prospettico.

Da buon visualista, potendo semplicemente raccontare a parole quanto osservavo, un po’ come si faceva nell’800 con l’esempio delle pietre preziose, dei metalli e dei frutti, mi è piaciuto paragonare questi colori a quelli visibili nelle foglie che ammiravo nel periodo autunnale. Per cui, la collezione ottenuta, non potevo che definirla L’Albero delle stelle, l’elenco degli astri più colorati del cielo.

Col passare del tempo ho cominciato ad immortalare queste sfumature con un semplice smartphone avvicinato al telescopio e nella speranza di ottenere il risultato “migliore”, più cercavo di stare fermo, più mi accorgevo che i colori erano più evidenti proprio nelle foto mosse, con gli astri scossi, esattamente come da anni insomma, scuotendoli con piccoli colpi al telescopio, suggerivo di fare per meglio notarli nell’osservazione visuale.

Utilizzare questa tecnica visuale in ambito fotografico sembrava inizialmente un vero azzardo, almeno fino a quando non sono venuto a conoscenza del poeta Filippo Zamboni. Egli infatti già alla fine del 1800, con la suggestiva definizione di Danza delle Stelle, fece dell’osservazione dei colori degli astri col il binocolo scosso un vero e proprio manifesto poetico. Con lui questa via è improvvisamente diventata la strada migliore da percorrere, la tecnica giusta per immortalare i colori stellari e per descrivere l’esperienza che se ne può fare nell’osservazione visuale:

«Appuntate l’occhiale in quella plaga del cielo apparentemente più povera di stelle […] Fatelo tremolare in tutti i versi. Ecco una subita vita nella volta celeste; un’apparizione di mille stelle che tacevano, […] manifestando i loro colori».

 

Il binocolo scosso zamboniano

L’intensa interpretazione che Filippo Zamboni offre di questo gioco visuale infatti, mi ha convinto ed incoraggiato ad intraprendere la piccola impresa di fotografare sistematicamente tutti gli astri dell’Albero delle Stelle proprio facendoli danzare nel campo dell’oculare. Un gioco di colori che difficilmente qualcun altro potrà descrivere con maggior passione e fantasia di lui e di cui ora ho il bell’onore di mettere in scena sistematicamente con gli oltre 400 astri più colorati del cielo visibili dalle latitudini italiane:

«Le stelle aprendo ali di colori, […] fanno un mulinello variopinto, un gioco sorprendente, […] come uno spettro senza prisma; cinture di Venere […]onde, spire, serpeggiamenti, corone rotonde sottili e tremule, nodi e orbite di luce […,]spirali che anelano di ritornare stelle […], ellissi variamente fulgide che impazzano di piacere, ebbre di colori».

Continua..

L’articolo completo è pubblicato in Coelum Astronomia n°260 di febbraio/marzo 2023

 

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Artemis I Cronostoria e Tiriamo le Somme

  • Astronautica ed Esplorazione Spaziale
Di
Redazione Coelum
-
21 Gennaio 2023
0

Artemis I rilancia la corsa alla Luna, ma in tutti gli anni trascorsi dalla prima missione di successo, l’umanità è riuscita a regolamentare l’utilizzo del suolo lunare? Lo abbiamo chiesto Antonino Salmeri, avvocato, esperto di Space Governance

 

Indice dei contenuti

  • Come si gestiscono la Luna e le risorse spaziali?
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Come si gestiscono la Luna e le risorse spaziali?

Non vi è dubbio che la Luna costituisca una delle più importanti fonti di ispirazione nella storia dell’umanità. Fin dai primi albori della civiltà, gli esseri umani sono sempre stati affascinati e quasi magneticamente attratti dal nostro unico satellite naturale. Per millenni, storie e leggende da tutto il mondo hanno raccontato il sogno condiviso di poter raggiungere la luna. E poi un giorno d’estate del 1969 il modulo EAGLE della missione Apollo 11 ha raggiunto la superficie lunare e trasformato sogni e leggende in realtà. Gli storici primi passi di Neil Armstrong sul suolo lunare hanno condizionato per sempre la nostra concezione della Luna, da luogo mitologico a nuova frontiera dell’esplorazione umana. E come in tutti i luoghi di frontiera, anche sulla Luna è naturale e necessario domandarsi: quali sono le sue leggi, e chi la gestisce?

Date le sue implicazioni cruciali per il futuro dell’umanità, le indicazioni per la risposta a questa domanda sono state date in modo unanime dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ben prima che Armstrong raggiungesse la Luna “in pace e a nome di tutta l’umanità”. La storica frase incisa sulla placca depositata sul suolo lunare dall’equipaggio dell’Apollo 11 è infatti un’espressione densa di significato giuridico, basata sul principio fondamentale che l’esplorazione e l’uso dello spazio sono sanciti dal diritto internazionale quale “provincia di tutta l’umanità”.

📌📌In questo articolo andremo ad esplorare il regime giuridico che regolamenta le attività spaziali con particolare attenzione alla Luna e alle risorse spaziali.📌📌

Partiamo subito chiarendo che lo spazio non è affatto paragonabile al “selvaggio west”, come alcuni potrebbero essere portati a pensare. Tutte le attività spaziali sono regolamentate dal diritto internazionale spaziale ed in particolare dall’“Outer Space Treaty” (o più brevemente “OST”), il Trattato sullo Spazio Extra-Atmosferico che ne definisce i principi fondamentali. Secondo quanto disposto dall’Articolo I dell’OST:” tutti gli Stati sono liberi di esplorare ed utilizzare lo spazio, inclusa la Luna e gli altri corpi celesti,senza discriminazioni di alcun tipo, su base eguale ed in conformità al diritto internazionale. Al tempo stesso, l’esplorazione e l’uso dello spazio devono essere condotte per il bene e nell’interesse di tutti i Paesi, indipendentemente dal loro grado di sviluppo economico e/o scientifico. Per proteggere lo spazio e i corpi celesti quali luoghi di condivisione e cooperazione per tutta l’umanità “, l’Articolo II dell’OST stabilisce che essi non sono suscettibili di appropriazione pubblica o privata. Con riferimento specifico alla Luna e agli altri corpi celesti, l’Articolo IV del Trattato dispone inoltre che questi possano essere utilizzati esclusivamente per scopi pacifici, vietandone la militarizzazione e/o trasformazione in luoghi di conflitto armato. Per quanto riguarda gli astronauti, l’Articolo V OST li caratterizza quali inviati di tutta l’umanità, imponendo su tutti gli Stati il dovere di assisterli in caso di emergenza. Allo scopo di assicurare il rispetto del diritto internazionale, secondo l’Articolo VI del Trattato tutte le attività spaziali sono condotte sotto la responsabilità dello Stato di relativa nazionalità, che ha il dovere di autorizzare precedentemente e supervisionare continuativamente quelle condotte dai privati. Al fine di distribuire gli alti rischi comportati dalle attività spaziali, l’Articolo VII OST inoltre dispone che ogni Stato che lanci o contratti il lancio di oggetti spaziali debba rispondere oggettivamente ed illimitatamente per tutti i danni cagionati dagli stessi.[1] Per incentivare trasparenza e responsabilità, l’Articolo VIII del Trattato stabilisce che lo Stato di lancio mantenga la giurisdizione ed il controllo su ogni oggetto spaziale immatricolato all’interno di un apposito registro nazionale.[2]

Sessione Plenaria del COPUOS nel Giugno 2022

In ragione dello status giuridico dello spazio quale bene condiviso da tutta l’umanità, l’Articolo IX OST dispone che le attività spaziali debbano essere guidate dai principi di cooperazione e mutua assistenza e condotte col dovuto riguardo ai corrispettivi interessi di tutti gli Stati. Questo principio, meglio noto come “due regard”, ossia “dovuto riguardo” limita significativamente la libertà di esplorazione ed utilizzo dello spazio vietando comportamenti monopolisti o comunque autoreferenziali. Per il medesimo ordine di ragioni, lo stesso Articolo IX OST stabilisce inoltre che ove uno Stato abbia ragione di ritenere che le sue attività spaziali possano interferire con quelle degli altri, gli è fatto obbligo di condurre appropriate consultazioni internazionali prima di procedere. Per assicurare la più ampia cooperazione e trasparenza nell’esplorazione ed utilizzo dello spazio, l’Articolo XI OST prevede che gli Stati consentano a condividere informazioni su natura, luoghi, modalità e risultati delle proprie attività spaziali, mentre l’Articolo XII OST dispone che tutte le basi e gli oggetti sulla Luna e sui corpi celesti siano visitabili da parte di appositi rappresentanti su base di reciprocità. Per concludere, è opportuno precisare che i principi brevemente richiamati in questo paragrafo hanno lo status di consuetudini istantanee ed internazionalmente riconosciute, formalizzate già nel 1959 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e successivamente enunciate nel 1967 con la stipula dell’OST. Ciò significa che sono in vigore da sempre e si applicano a tutti gli Stati del mondo comunque formati, passati, presenti e futuri.

[1]La responsabilità finanziaria per danni cagionati a seguito di incidenti verificatisi nello spazio extra-atmosferico è stata successivamente temperatadalla Convenzione sulla Responsabilità Finanziaria (conosciuta come Liability Convention).

[2]L’immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio è stata successivamente trasformata in obbligo dalla Convenzione sull’Immatricolazione degli oggetti spaziali.

Continua..

L’articolo completo è pubblicato in Coelum Astronomia n°260 di febbraio/marzo 2023

 

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Svelato il tributo a Galileo sulla missione Juice

  • Astronomia, Astrofisica e Cosmologia
  • News di Astronomia
Di
Redazione Coelum
-
21 Gennaio 2023
0

Indice dei contenuti

      • La missione JUICE procede a gonfie vele!
  • Rispondere alle grandi domande dell’umanità
  • Un trio di pietre miliari
      • Tutto quello che volete sapere sulla missione Juice è pubblicato nel prossimo numero di Coelum Astronomia, leggi l’anteprima QUI
    • PROMO ABBONATI A TUTTO COELUM!

La missione JUICE procede a gonfie vele!

Una targa commemorativa che celebra la scoperta delle lune di Giove da parte di Galileo è stata svelata sul Jupiter Icy Moons Explorer dell’ESA, Juice. Il veicolo spaziale ha appena completato i test finali prima di partire da Tolosa, in Francia, per lo spazioporto europeo per il conto alla rovescia fino al lancio di aprile.

Come parte degli ultimi preparativi, sulla navicella spaziale è stata montata una targa commemorativa come tributo all’astronomo italiano Galileo Galilei, che fu il primo a vedere Giove e le sue quattro lune più grandi attraverso un telescopio nel gennaio 1610. Un’osservazione che inflisse il colpo definitivo alla teoria geocentrica. Le lune – Io, Europa, Ganimede e Callisto – sarebbero diventate note collettivamente come i satelliti galileiani in suo onore.

La targa, che riproduce le diverse pagine del Sidereus Nuncius di Galileo in cui descrisse le sue osservazioni delle lune, è stata svelata all’Airbus Toulouse il 20 gennaio. Dopo l’evento, il veicolo spaziale sarà imballato per il suo volo transatlantico verso la Guyana francese, dove sarà pronto per il lancio su un Ariane 5 dallo spazioporto europeo.

“Svelare la targa è stato un momento intenso nel cammino di preparazione del veicolo spaziale per il lancio”, afferma Giuseppe Sarri, project manager Juice dell’ESA. “Non è solo un’opportunità per fare una pausa e riflettere sul duro lavoro decennale che è stato dedicato all’ideazione, alla costruzione e al collaudo del veicolo spaziale, ma anche per celebrare la curiosità e la meraviglia di tutti coloro che mirando Giove nel cielo notturno hanno meditato sulle nostre origini – l’ispirazione alla base della missione.

La targa presenta immagini delle prime osservazioni di Giove e delle sue lune da parte di Galileo Galilei da una copia del Sidereus Nuncius conservata nella biblioteca del Museo Astronomico e Copernicano, presso la sede dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) a Roma , Italia. La copia è una delle prime 550 mai stampate nel 1610 a Venezia.

Rispondere alle grandi domande dell’umanità

Tre delle lune più grandi di Giove – Europa, Ganimede e Callisto – contengono grandi quantità di acqua sepolta sotto la superficie in volumi molto maggiori di quelli degli oceani terrestri. Queste lune delle dimensioni di un pianeta sono tentazioni allettanti nella ricerca delle condizioni ideali per la vita anche molto diverse da quelle presenti sul nostro magnifico pallino blu. Giove e la sua famiglia di grandi lune rappresentano un archetipo per i sistemi di pianeti gassosi giganti in tutto l’Universo e come tali sono alcune delle destinazioni più avvincenti del nostro Sistema Solare.

L’ESA e i suoi partner internazionali sono quasi pronti a inviare Juice verso lo studio di questo affascinante pianeta e le sue intriganti lune. Con la sua suite di potenti strumenti, Juice vedrà Giove e le sue lune in un modo che Galileo non avrebbe nemmeno potuto sognare. I dati restituiti dal veicolo spaziale serviranno alle molte generazioni future di scienziati determinati a scoprire i misteri del sistema gioviano e il suo posto nell’evoluzione del nostro Sistema Solare.

“Con l’avvicinarsi della partenza di Juice per il sito di lancio, ricordiamo il suo lungo viaggio terrestre attraverso vari siti Airbus in Europa verso l’integrazione finale e gli oltre 500 dipendenti Airbus che hanno preparato il veicolo spaziale per la sua crociera di otto anni”, afferma Cyril Cavel, Juice Project Manager presso Airbus Defence and Space. “È stata un’avventura incredibile, insieme a più di 80 aziende in tutta Europa, dare vita alla visione dell’ESA e, infine, studiare a fondo Giove e le sue lune ghiacciate.

Un trio di pietre miliari

Tre importanti traguardi sono stati raggiunti solo nelle ultime settimane. A dicembre il veicolo spaziale ha completato un ultimo test di vuoto termico necessario per confermare che è pronto per le rigide temperature inflitte dall’ambiente spaziale.

La scorsa settimana un ultimo “test di convalida del sistema” ha visto il veicolo spaziale – fermo a Tolosa – “collegato” al controllo della missione presso lo Space Operations Center (ESOC) dell’ESA a Darmstadt, in Germania, per simulare le prime attività dopo il lancio quando i vari array di Juice esploderanno e le appendici si svilupperanno, con la versione finale del software di volo.

Infine, e in modo più critico, il 18 gennaio la revisione della qualificazione e dell’accettazione ha confermato la disponibilità ad andare avanti con i preparativi per il lancio allo spazioporto.

Juice decollerà su un Ariane 5 ad aprile, l’ultima missione ESA a volare su questo lanciatore prima che Ariane 6 prenda il sopravvento.

Tutto quello che volete sapere sulla missione Juice è pubblicato nel prossimo numero di Coelum Astronomia, leggi l’anteprima QUI

Fonte: ESA

L’articolo completo è pubblicato in Coelum Astronomia n°260 di febbraio/marzo 2023

 

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Sistema Solare – Missione Juice e i satelliti di Giove

  • Astronomia, Astrofisica e Cosmologia
Di
Redazione Coelum
-
21 Gennaio 2023
0

Indice dei contenuti

    • La missione JUICE di Gabriele Cremonese
    • Astrobiologia su Europa di John R. Brucato
    • LA VARIABILITÀ GEOLOGICA DEI SATELLITI GALILEIANI, DAI VULCANI ATTIVI AGLI OCEANI SEPOLTI di Lucia Marinangeli
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La missione JUICE di Gabriele Cremonese

Alla fine del 1800 Pierre Simon Laplace pubblicò un libro sulla meccanica celeste, forse per la prima volta in assoluto, riportando uno studio sulla correlazione dei periodi di rivoluzione dei 3 satelliti galileiani di Giove, Io, Europa e Ganimede. I suoi calcoli precisi l’avevano guidato fino a scoprire che i rapporti dei loro periodi orbitali sono esprimibili in numeri interi piccoli, cioè sono in risonanza orbitale 1:2:4 (Ganimede, Europa, Io). Questa peculiarità dell’interazione orbitale tra 3 e più corpi viene definita ora Risonanza di Laplace.

 

Nel 2007 l’ESA selezionò 3 missioni per una fase di studio nell’ambito di Cosmic Vision 2015-2025, che avrebbe portato alla selezione della prima Large mission. Una di queste 3 venne chiamata EJSM-Laplace (Europa Jupiter System Mission) e aveva come obiettivo l’esplorazione del sistema gioviano, con particolare enfasi per i satelliti galileiani. Nel 2008 lo studio preliminare iniziò dall’ipotesi che fosse costituita da due satelliti il Jupiter GanymedeOrbiter (JGO), progettato e realizzato dall’ESA, e il Jupiter Europa Orbiter (JEO), progettato e realizzato dalla NASA sugellando una stretta collaborazione tra le due agenzie spaziali.

Europa è il secondo satellite galileiano, in ordine di distanza dal pianeta, ed essendo più vicino a Giove, e soprattutto a Io, è soggetto ad un forte bombardamento di fotoni, elettroni, protoni ed atomi ionizzati. Un ambiente molto ostile per qualiasi strumento e sotto-sistema ottico ed elettronico costringendo ad uno sforzo tecnologico irraggiungibile per l’ESA e i paesi Europei, la NASA perciò se ne è assunse la responsabilità. Per compredere un po’ meglio l’ambiente di cui stiamo parlando è sufficiente sapere che per la progettazione degli strumenti bisognava assumere come postulato la necessità di assorbire una dose di radiazione alcune volte superiore a quella prevista per un satellite in orbita attorno a Mercurio, il pianeta più vicino al Sole. Non stiamo parlando infatti solo di fotoni, ma di particelle cariche, quindi molto più massicce, dovute al toro di plasma che circonda Giove, in corrispondenza dell’orbita di Io, che influenza anche Europa.

Purtroppo nel 2011 la NASA ha cancellato il progetto JEO e di conseguenza si è interrotta anche la collaborazione con l’ESA per l’esplorazione del sistema gioviano, mentre qualche anno dopo è emerso un nuovostudio per un orbiter attorno ad Europa, Europa Clipper, che ora è diventata una flagshipe e verrà lanciata nel 2024.

Continua..

Astrobiologia su Europa di John R. Brucato

Sono trascorsi più di 400 anni da quando Galileo Galilei scopri Europa insieme agli altri satelliti gioviani, ma dopo tutto questo tempo, lavorare oggi all’Osservatorio Astrofisico di Arcetri, distante poche centinaia di metri dalla Villa il Gioiello dove Galileo trascorse i suoi ultimi anni di vita e studiare questo incredibile satellite, fa un certo effetto. Si perché Europa è un corpo davvero speciale. Già negli anni sessanta, attraverso osservazioni con i telescopi a terra, si conosceva che Europa è ricoperto da acqua ghiacciata.  In seguito, negli anni ’70 Europa è stato visitato dalle sonde Pioneer 10 e 11, ma i dettagli più significativi sono stati forniti nel 1979 dalle due sonde Voyager 1 e 2 che mostrarono una superficie molto brillante e rugosa, attraversata da profonde fratture. La cosa più sorprendente che i ricercatori osservarono fu la presenza di grandi blocchi di ghiaccio frammentati e ruotati in varie direzioni disposti in modo che le striature presenti sulla loro superficie potessero combaciare l’una all’altra come pezzi di un puzzle. Blocchi di ghiaccio frammentati con profonde crepe e mossi nel tempo, come se fluttuassero su una superficie mobile. Altra grande sorpresa è stata l’assenza di crateri da impatto. Quasi tutti i corpi del Sistema Solare hanno avuto un passato difficile, con superfici continuamente bombardate da asteroidi e comete. L’assenza, tranne alcuni sporadici casi, di crateri su Europa dimostra che è un corpo, come si usa dire, giovane,  sebbene comunque formato agli albori del Sistema Solare, ovvero ha una superficie che si rinnova continuamente, cancellando i segni lasciati dagli impatti. Un po’ come il nostro pianeta Terra. È molto raro, infatti, trovare crateri da impatto sulla superficie terrestre, perché il nostro è un pianeta geologicamente attivo con una crosta in continuo movimento in grado di cancellare le tracce del passato.

Sezione di Europa in cui è mostrato l’oceano di acqua liquida presente sotto la crosta ghiacciata e a contatto con un mantello di silicati. Credito: NASA/JPL-Caltech

Tali scoperte anticiparono quella che fino ai nostri giorni è stata la missione spaziale che ha fornito i migliori risultati, il cui nome non poteva che celebrare il grande scienziato, si tratta della missione della NASA Galileo lanciata dallo Space Shuttle Atlantis nel 1989 e giunta a destinazione nel 1995. Mentre le precedenti missioni Pioneer e Voyager avevano osservato Europa solo in un loro cosiddetto fly-by ovvero in un veloce passaggio ravvicinato durante il loro lungo viaggio verso i confini del Sistema Solare, la missione Galileo orbitò attorno al satellite per ben 12 volte, fornendo immagini molto dettagliate della superficie e misure del campo magnetico. Gli strumenti a bordo della missione  produssero anche mappe accurate della composizione dei ghiacci che costituiscono la superficie della luna. Le bande di assorbimento osservate negli spettri dello strumento NIMS (Near Infrared Mapping Spectrometer) hanno permesso di identificare la presenza di minerali salini idrati, di solfati e di carbonati associati alle fratture presenti sulla superficie e ai terreni più giovani. Dati importanti da cui deriva la scoperta più eclatante:sotto la superficie ghiacciata di Europa esiste un oceano di acqua liquida salata.

Continua..

LA VARIABILITÀ GEOLOGICA DEI SATELLITI GALILEIANI, DAI VULCANI ATTIVI AGLI OCEANI SEPOLTI di Lucia Marinangeli

Io, Europa, Ganimede e Callisto sono le quattro maggiori lune di Giove (fig. 1),osservate per la prima volta da Galileo Galilei nel 1610 e per questo chiamati satelliti galileiani. Presentano un’incredibile varietà geologica individuata fin dalle prime immagini delle sonde NASA negli anni ’70, quando venne fotografata sul satellite Io, la prima attività vulcanica extraterrestre (fig. 2). La gigantesca forza di gravità di Giove produce delle forze di marea che innescano sviluppo di calore all’interno del satellite a causa della dissipazione dell’energia prodotta dalla risonanza mareale, provocando il cosiddetto riscaldamento mareale. Lo sviluppo di calore interno dei satelliti galileiani è quindi diverso da quello della Terra dove è generato dal decadimento radioattivo. Uno studio recente evidenzia che l’interazione gravitazionale tra le lune non è trascurabile e può amplificare il riscaldamento mareale. Tale effetto dipende anche dallo spessore dello strato fluido (magma o oceano) all’interno del satellite ipotizzato nelle modellizzazioni come variabile da alcuni km a centinaia di km. L’incertezza nella definizione della struttura interna di questi corpi resta ancora una grande incognita e potrà essere migliorata dai dati delle prossime missioni così da arrivare a definire correttamente le dinamiche interne che guidano l’attività geologica di superficie. La maggior parte delle interpretazioni geologiche per queste lune si basa sui dati della missione Galileo negli anni ’90.

Figura 1. Giove e le sue lune riprese dalla sonda Galileo. Dall’alto verso il basso, rispecchiando la distanza dal pianeta, abbiamo: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Credits NASA

Il satellite Io, di poco più grande della nostra Luna, è il più vicino a Giove e per questo risente maggiormente del riscaldamento mareale che alimenta un’intensa attività vulcanica (Fig. 2) caratterizzata da magmi molto ricchi di zolfo. Io è considerato il corpo planetario vulcanicamente più attivo dell’intero Sistema Solare[3] con centinaia di strutture vulcaniche suddivise in hot spot,aree di alta temperatura che indicano attività magmatica recente e le patere, caldere vulcaniche che in larga parte sono dormienti o estinte o attive negli ultimi milioni di anni. È stato stimato che l’attività vulcanica riuscirebbe a ricoprire la superficie di Io in pochi milioni di anni [4], quindi la maggior parte della storia geologica del satellite è stata sepolta da depositi vulcanici recenti o riciclata in nuovo magma.

Continua..

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RASA 8″ Fotografia da Ambiente Urbano in Banda Larga

  • Astrofotografia
Di
Redazione Coelum
-
21 Gennaio 2023
0

Indice dei contenuti

  • FOTOGRAFIA DA AMBIENTE URBANO IN BANDA LARGA CON OTTICHE ULTRA VELOCI
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FOTOGRAFIA DA AMBIENTE URBANO IN BANDA LARGA CON OTTICHE ULTRA VELOCI

Domiamo l’inquinamento luminoso col RASA 8.

Il RASA 8 di casa Celestron è un “piccolo” mostro aspira fotoni, non c’è dubbio.  Una particolarità che può mettere in difficoltà quando si fotografa da ambiente urbano in presenza di inquinamento luminoso anche moderato, e ne parleremo proprio nelle prossime righe.

Dire “piccolo” mostro è un eufemismo ovviamente, perché il suo specchio primario da 200 mm ne fa uno strumento assolutamente nella media tra i diametri più usati dagli astrofotografi amatoriali. Per piccolo intendo più che altro “il più piccolo della linea RASA”: gli altri due modelli sono il RASA11” ( con specchio da 279 mm) ed il RASA14” (un VERO mostro con specchio da 355 mm). Tuttavia i soli 400 mm di focale del RASA 8” ne accorciano parecchio l’intubazione, rendendolo di fatto un astrografo* veramente compatto e leggero, utilissimo soprattutto per chi pratica fotografia astronomica itinerante: il peso contenuto (7,7 kg) permette di guidarlo con precisione anche con montature piccole e facilmente trasportabili e la sua velocità consente inoltre di usare la tecnica delle pose brevi, evitando di montare strumenti per l’autoguida, col vantaggio di ridurre ulteriormente i pesi.

Un astrografo è un telescopio progettato e costruito esclusivamente per l’astrofotografia

Quel che rende davvero performante questo strumento però è il suo rapporto di apertura, detto anche rapporto focale: per chi non lo sapesse esso si calcola dividendo la lunghezza focale dell’ottica per il suo diametro e rappresenta il cono di luce in ingresso. Per fare un’analogia si può pensare ad un imbuto: più il cono di luce è aperto e più i fotoni verranno catturati velocemente, riducendo drasticamente i tempi di scatto necessari. Nel caso del RASA8” si dirà quindi che il suo rapporto focale è di f2 (400mm/200mm=2): un obiettivo da 200mm che lavora ad f2 è estremamente performante. Per fare un esempio pratico dei suoi vantaggi si può dire che uno strumento del genere impiega 1/16 del tempo che impiegherebbe un rifrattore f8, il che significa che in un’ora di scatti si  ottiene il medesimo  di 16 ore per uno strumento con 800mm di focale ed un’apertura di 100mm. Niente male davvero. Prestazioni che si raggiungono con l’innovativo schema sviluppato dagli ottici Dave Rowe e Mark Ackermann (vedi il riquadro tecnico nella rivista per approfondire).

Per chi volesse fare delle prove e calcolare da se i tempi di esposizione equivalenti tra diversi strumenti è importante tener da conto della scala dei rapporti focali – la si trova facilmente online. Questa  cresce di uno “stop” alla volta,così si chiamano gli intervalli tra un rapporto focale e l’altro. Tra uno stop e l’altro si deve raddoppiare il tempo di esposizione necessario per avere la stessa quantità di luce in ingresso: ad esempio 2 ore, 4 ore, 8 ore, 16 ore etc.

 

Fig. 1 – Una vista verso sud, in direzione dello Scorpione. Ci troviamo nelle campagne del Sinis in Sardegna, un’importante zona umida di interesse comunitario. Le luci provenienti dalla città rischiarano le particelle sospese nell’aria, creando un diffuso bagliore notturno.

L’unico problema di un rapporto focale come quello in esame, sempre se di problema si possa parlare, è che facendo fotografia astronomica da ambiente urbano lo strumento va saputo “domare”: oltre ai fotoni in arrivo dai soggetti astronomici del cielo profondo si catturerà anche molto velocemente l’inquinamento luminoso della nostra città, degradando pesantemente gli scatti. Quando Alessandro Bianconi (amico astrofilo e membro del G.Fas – Gruppo di Fotografia Astronomica della Sardegna) mi ha consegnato il suo RASA 8” per delle prove lo aveva già ottimizzato per usarlo in itinere da luoghi isolati e molto bui, zone della Sardegna selvaggia lontane dai centri abitati, per cui non aveva montato un filtro anti inquinamento luminoso.

Fig. 2 Il RASA 8” (solo tubo ottico)

Avrei potuto farlo io smontando la ghiera frontale del gruppo correttore in modo da avere accesso all’alloggiamento portafiltri, ma questo avrebbe potuto incidere sulla collimazione, che su uno strumento f2 è delicatissima: le tolleranze di precisione sono sull’ordine della frazione di millimetro con la conseguenza che le viti di regolazione sono delicatissime (metterci mano potrebbe portare via tempo e calma, quel che io non avevo, per cui ho deciso di lasciare tutto invariato).

Continua..

 

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Vita da Astrofilo – Telescopi vs Ottiche Fotografiche

  • Astrofotografia
Di
Redazione Coelum
-
19 Gennaio 2023
0

Puntata n°3

Aumentiamo la difficoltà: telescopi vs ottiche fotografiche

di Cristian Fattinnanzi

Negli scorsi articoli di questa serie abbiamo visto come prendere confidenza con il cielo e come iniziare ad ottenere le prime immagini astronomiche con obiettivi fotografici tendenzialmente grandangolari. Il periodo di apprendimento delineato permette di iniziare a familiarizzare con tutte quelle problematiche tipiche della fotografia notturna e più nello specifico di quella astronomica.

Chi avrà messo in pratica quanto descritto si sarà reso conto di come il veder comparire sui nostri display soggetti come la striscia della Via Lattea, o la tipica forma di una costellazione o perché no un particolare allineamento planetario, restituisca una soddisfazione personale che raramente lascia indifferenti.

Abbiamo presentato sia le tecniche più semplici, con la sola fotocamera montata su un cavalletto, che quelle immediatamente più evolute, grazie all’utilizzo di un astroinseguitore per evitare il mosso dovuto alla rotazione terrestre.

Riprendendo il discorso, ricordiamo come il tracking messo a disposizione dagli astroinseguitori permetta di ottenere stelle puntiformianche allungando notevolmente i tempi di esposizione, con conseguenti risultati di elevata qualità grazie al fatto di non dover esasperare l’impostazione degli ISO della fotocamera.

Molti degli astroinseguitori in commercio permettono però di realizzare qualcosa oltre la semplice fotografia a largo campo con ottiche grandangolari, garantendo ottimi risultati con focali che possono raggiungere e superare abbastanza frequentemente anche i 300mm.

Questa caratteristica consente all’aspirante astrofotografo di cimentarsi in fotografie più specificatamente rivolte ai singoli oggetti del cielo profondo, abbandonando per forza di cose l’abbinamento al paesaggio terrestre dato che il campo inquadrato sarà molto ridotto rispetto a quando si usano focali sotto ai 50mm equivalente su full-frame.

Molti oggetti che sicuramente avremo identificato in scala piuttosto ridotta già nelle nostre foto grandangolari, attrarranno la nostra attenzione e ci invoglieranno a ritrarli con un ingrandimento ed una risoluzione maggiore.

Le Pleiadi con focale da 400 mm

Ciò si ottiene utilizzando obiettivi con lunghezze focali superiori a quelle che abbiamo descritto finora, nei limiti offerti dall’inseguimento tramite un astroinseguitore o di una piccola montatura motorizzata Non ci addentreremo per ora nelle più evolute tecniche di inseguimento con autoguida, che descriveremo più dettagliatamente in futuro.

 

Iniziamo ora con qualche informazione per scegliere in modo consapevole l’ottica più adatta alla nostra fotocamera,reflex o mirrorless, che abbia in ogni caso la possibilità di montare ottiche alternative a quella di serie. E’ bene sapere che il passo tra un teleobiettivo fotografico (con focale fissa o zoom) ed un piccolo telescopio spesso è molto breve e i confini vaghi, ma ognuno di questi strumenti ha dei pro e dei contro che sarà giusto analizzare.

Prima di tutto è fondamentale capire come quantificare tecnicamente l’ottica.

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  • Il Blog della Redazione
Di
Redazione Coelum
-
19 Gennaio 2023
0

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News da Marte #9

  • Articoli e Risorse On-Line
  • Astronautica ed Esplorazione Spaziale
  • Bentornati su Marte!
  • News di Astronomia
Di
Antonio Piras
-
19 Gennaio 2023
0

livello di difficoltà 🔴🔴⭕⭕⭕ abbastanza semplice

Bentornati su Marte!

Oggi vediamo che fine ha fatto il rover cinese e continuiamo il racconto dei lavori di Perseverance. Si parte!

Asiatici su Marte

Zhurong è il nome del rover con cui la Cina, in combinazione con l’orbiter Tianwen-1, ha messo a segno una missione marziana che al primo tentativo ha incluso ben tre tipologie di “esploratori”: satellite, lander e rover. Manca ancora un aeromobile con capacità di volo attivo, ma il paese asiatico ha già iniziato a lavorarci sopra.


Per ragioni politiche, e forse anche culturali, le informazioni rese pubbliche dall’Agenzia Spaziale Cinese CNSA sono davvero pochissime. Diventa così molto difficile per chi prova a narrare i fatti ricostruire le operazioni in corso. È una situazione all’opposto dell’approccio seguito dalla NASA, che rende disponibile la totalità delle foto poche ore dopo il download e addirittura incoraggia i citizen scientist a eseguire elaborazioni personali a partire dai dati grezzi.

Un inedito per l’esplorazione planetaria: poche settimane dopo l’atterraggio Zhurong deposita al suolo una camera remota ed esegue questo splendido autoscatto. Crediti: CNSA

La missione di Zhurong, il cui nome si rifà alla divinità cinese della luce e del fuoco (elementi a cui anche la mitologia cinese non sorprendentemente associa il pianeta Marte), è iniziata il 14 maggio 2021. Grazie a varie camere fotografiche e un radar dedicato all’analisi del sottosuolo capace di penetrare sino a 100 metri di profondità, il rover ottiene significativi risultati dal punto di vista scientifico. Si sposta inoltre per un totale di 1921 metri dal suo sito di atterraggio localizzato a 25° di latitudine nord, nella regione Utopia Planitia,.

Superando abbondantemente i tre mesi di operatività che rappresentavano l’obiettivo minimo di missione, Zhurong ha continuato a lavorare e comunicare senza intoppi sino al 18 maggio dello scorso anno: quel giorno è stato deciso di fermare il rover in vista dell’inverno boreale.
Zhurong, come i rover statunitensi di stazza simile Spirit e Opportunity che l’hanno preceduto due decenni fa, ricava la totalità della sua alimentazione dall’energia solare. La bassa elevazione del Sole e le polveri che iniziavano a coprire i quattro pannelli del rover hanno obbligato i tecnici cinesi ad arrestare le operazioni e mettere Zhurong in ibernazione, così da ridurre al minimo il consumo di energia e preservare gli apparati più critici. Il più importante dei quali, ci è stato ricordato nei mesi scorsi con Insight e Ingenuity, sono le batterie.

Il risveglio del rover era previsto il 26 dicembre, giorno del solstizio di primavera, che avrebbe garantito al robot di trovarsi in condizioni energetiche più favorevoli.
Ma qualcosa non è andato come previsto.

Tutto tace

Due tecnici che lavorano alla missione, non autorizzati a rilasciare dichiarazioni e che per tale ragione hanno chiesto di restare anonimi, hanno spiegato al quotidiano South China Morning Post che Zhurong non ha risposto ai numerosi tentativi di contatto effettuati dal 26 dicembre al 6 gennaio, giorno in cui tale indiscrezione è trapelata alla stampa.

Per uscire automaticamente dalla modalità di ibernazione Zhurong è programmato per attendere che i pannelli producano almeno 140 W e che la temperatura sia maggiore di -15°C. È ragionevole ipotizzare una situazione in cui i pannelli del rover siano rimasti irrimediabilmente coperti dalla polvere e che in questi mesi siano stati impossibilitati a produrre la poca energia indispensabile per il mantenimento in salute degli apparati.

 

Vista del corpo principale del rover risalente ai Sol immediatamente successivi all’atterraggio. Svetta il braccio bianco sormontato dall’antenna orientabile ad alto guadagno, usata per comunicare direttamente con la Terra nel caso in cui l’orbiter non sia disponibile per fare da “ripetitore”. Crediti: CNSA

Grazie a delle audaci scelte progettuali Zhurong può muovere i propri pannelli solari per orientarli favorevolmente in direzione del Sole. Questa possibilità lo rende, grazie anche al particolare rivestimento antistatico che copre le superfici fotovoltaiche, il primo rover dotato di sistemi attivi per la rimozione della polvere. Nella mente dei progettisti una inclinazione sufficiente dei pannelli avrebbe consentito alla polvere di scivolare via, ma ironicamente questa funzionalità di movimentazione non era attivabile durante l’ibernazione…

Al momento l’agenzia spaziale cinese non ha rilasciato dichiarazioni sullo stato di Zhurong, perciò si attende ancora un comunicato ufficiale.

Nella prima settimana di gennaio si era diffusa la voce che anche Tianwen-1, l’orbiter che si interfaccia con il rover e che gestisce le comunicazioni verso la Terra, stesse manifestando dei problemi. Dall’ascolto delle comunicazioni in banda X a 7-8 GHz, criptate ma ricevibili da Terra anche con strumentazione amatoriale, era apparso che le due stazioni in Cina e in Argentina avessero difficoltà a stabilizzare il collegamento per la comunicazione con il satellite in orbita marziana.

 

In un primo momento si ipotizzava che questo intoppo fosse legato alle conseguenze dei test di aerofrenaggio che era previsto il satellite eseguisse a fine 2022 per maturare esperienza in vista di future missioni interplanetarie. Parliamo in particolare di Tianwen-3, la quale entro questo decennio potrebbe portare a Terra dei campioni di suolo marziano – potenzialmente prima dell’analoga missione NASA+ESA!
L’aerofrenaggio è un tipo di manovra che sfrutta i tenui strati atmosferici ad alta quota per rallentare un orbiter e abbassare così il suo apoapside (il punto di maggior distanza dell’orbita, che nel caso di Marte assume il nome specifico di apoareo).

 

Ma successive verifiche da parte di alcuni competenti appassionati hanno concluso che questi test non siano ancora avvenuti: dall’analisi del doppler shift si è notato che Tianwen-1 non ha variato la propria orbita come sarebbe stato atteso in conseguenza di una manovra di aerobraking.

Il doppler shift è un fenomeno ben noto ai radioamatori che tracciano i satelliti, ed è l’equivalente elettromagnetico del più noto effetto acustico. Nel caso di comunicazioni radio si presta attenzione al ciclico allontanamento e avvicinamento del satellite nel corso della sua orbita, con la frequenza ricevuta che varia leggermente a causa dello spostamento della stazione trasmittente rispetto alla stazione ricevente.

 

Altre fiale per Perseverance

Prosegue senza intoppi l’operazione di deposizione campioni del rover NASA.

A gennaio Perseverance ha abbandonato altre cinque fiale portando così a otto il numero di quelle che si trovano ora sulla sabbia rossa della località Three Forks.

L’ultima è stata rilasciata nel Sol 680 quando da noi era la mattina del 18 gennaio. Si tratta della fiala che contiene il campione denominato Skyland, prelevato dalla roccia Skinner Ridge e sigillato il 12 luglio dello scorso anno.

Continua idealmente anche la nostra sequenza di mosaici realizzati dalla camera Watson che inquadrai campioni sotto la plancia del rover pochi minuti dopo i rilasci.

Nel suo percorso programmato il rover continua ad allontanarsi dal luogo della deposizione della prima fiala che, sebbene sempre più piccola, continua a essere visibile nelle immagini ad alta risoluzione della Left NavCam.

 

Foto scattata nel Sol 670, dopo la deposizione della quinta fiala
Foto del Sol 678 con la settima fiala in primo piano

In queste foto ho marcato la posizione di tutti i campioni visibili; aiutandosi con la mappa sottostante è possibile riuscire a seguire le tracce sulla sabbia e percorrere a ritroso buona parte della strada compiuta da Perseverance in questi ultimi quasi 30 Sol.

 

Crediti: NASA/JPL-Caltech

Ci sono due domande in particolare che vengono poste di frequente riguardo alle operazioni di deposizione dei campioni che stiamo seguendo.

La prima è “ma la sabbia non sommergerà le fiale?”.

La narrazione delle tempeste di sabbia su Marte e l’evidenza della polvere che si deposita sui pannelli solari dei robot può portarci a immaginare un pianeta molto dinamico, con devastanti bufere capaci di ridisegnare in breve tempo dune e paesaggi. Ma è uno scenario molto lontano dalla realtà, dove invece l’atmosfera marziana (densa meno di un centesimo di quella terrestre) smuove per la maggior parte solo le polveri più sottili. Una importante variabile è poi giocata dalla frequenza con cui si presentano i diavoli di sabbia, capaci di sollevare le polveri e dare un’utile ripulita alle superfici attraversate. Da questo punto di vista il cratere Jezero è un ambiente estremamente favorevole, come hanno dimostrato due anni di osservazioni condotte dal rover.

Il 20 luglio 2021 Perseverance documenta un’intera serie di diavoli di sabbia che attraversa la regione. Crediti: NASA/JPL-Caltech/SSI

Ma anche in regioni di Marte meno fortunate, come Elysium Planitia dove Insight ha operato sino al mese scorso, non si rischierebbe di perdere le fiale sotto la sabbia. A riprova di questo abbiamo quattro anni di documentazioni fotografiche da parte del lander, il quale impiegava strumenti depositati direttamente al suolo e sui quali in alcuni casi è stata intenzionalmente rovesciata della sabbia.

Insight: Sol 53 e Sol 1436. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Naturalmente nella prima foto tutto sembra eccezionalmente pulito perché ci hanno pensato i motori stessi di Insight, durante l’atterraggio, a spazzare via molta della polvere presente.

Dal confronto di queste immagini, distanti tra loro 1384 giorni marziani, è evidente come i cavi piatti del sismometro nonché le piccole rocce circostanti siano certamente coperti da nuove polveri ma nulla che li renda irrintracciabili.
A questo bisogna aggiungere, nel caso di Perseverance, che la posizione delle fiale sarà nota con estrema precisione e anche nel caso in cui fossero coperte da un abbondante velo di sabbia i droni di recupero saranno pilotati senza problemi verso le posizioni corrette.

La seconda domanda che vedo posta con frequenza è “ma perché non lasciare tutti i campioni in un posto solo?”.

La spiegazione a questo è suggerita dal progetto dei due elicotteri che eseguiranno il prelievo dei contenitori. Si tratta di robot molto semplici, che rispetto a Ingenuity potranno contare anche su quattro ruote motorizzate e un braccio prensile a due “dita”.
Il video di un prototipo all’opera in condizioni di test è stato rilasciato di recente dalla compagnia AeroVironment, già realizzatrice di Ingenuity in collaborazione con il JPL.

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L’obiettivo è far operare i due droni in condizioni che siano il più controllabili possibile. Questo richiede un terreno completamente pianeggiante e privo di ostacoli, con una singola fiala comodamente coricata sul fianco e adeguato spazio libero attorno per le manovre. In questo senso rilasciare i contenitori tutti insieme, magari anche con la possibilità di accavallamenti, sarebbe stato un rischio molto grande per la missione.

Ogni fiala sarà distante almeno 5 metri dalle altre, dando agli elicotteri sufficiente spazio per eseguire l’avvicinamento aereo in sicurezza e coprire poi gli ultimi metri su ruote.

 

Anche per questo aggiornamento è tutto, appuntamento tra circa due settimane per le prossime novità marziane!

Nel prossimo numero di Coelum 260 troverete il riassunto di tutto ciò che accade su Marte e cura di Antonio Piras!

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scade il 28 febbraio 2023

Venere – Saturno – Luna il 22 e 23 gennaio

  • Appuntamenti del Mese
  • Cielo del Mese
Di
Francesco Badalotti
-
18 Gennaio 2023
0

Manca poco alla congiunzione più interessante del mese di Gennaio 2023.

Nel tardo pomeriggio del 22 Gennaio un altro interessante appuntamento per ammirare la spettacolare congiunzione fra i due pianeti Venere e Saturno i quali si avvicineranno prospetticamente fino ad una separazione di 0°24’. La principale limitazione all’osservazione di questo fenomeno consisterà nella bassa declinazione dei due corpi celesti infatti, mentre nell’Italia Centrale Venere tramonterà alle ore 19:00
seguito dopo alcuni minuti da Saturno, al Nord ed al Sud Venere scenderà sotto l’orizzonte rispettivamente alle ore 18:55 e 19:04.
Infine il 23 Gennaio i pianeti Venere e Saturno saranno ancora i protagonisti di un’altra spettacolare congiunzione questa volta impreziosita dalla presenza di una sottile falce di Luna, un imperdibile spettacolo da ammirare nella tenue luminosità del crepuscolo della sera. Infatti, considerando come riferimento l’Italia centrale (zona di Roma), una falce di 2,2 giorni verrà a trovarsi a 4°56’ da Venere ed a 5°50’ da Saturno mentre contestualmente i due pianeti saranno separati da circa 1°. Il primo a tramontare sarà Saturno (alle ore 18:58) seguito da Venere mentre per la Luna, sempre dall’Italia Centrale, il tramonto è previsto per le ore 19:15. Per chi osserva dall’Italia Settentrionale o Meridionale invece la Luna tramonterà rispettivamente alle ore 19:09 e 19:18.

Siete pronti con il giusto set-up? Meteo generoso aspettiamo i vostri scatti su PhotoCoelum oppure in redazione a coelumastro@coelum.com

 

A seguire i dati specifici dei 3 oggetti per il giorno 23 alle ore 18 CET Roma

Luna

Librazione in longitudine: 2.95
Inclinazione solare: -1.53
Effemeridi: DE430
Data: 2023-01-23 18h00m46s ( CET )
TT: 2023-01-23 17h01m57s
Movimento orario: 34’48.1″ PA:60° dRA:02m05.21s dDec:17’38.8″
Coordinate: Apparenti topocentriche
Apparenti AR: 22h11m07.78s DEC:-16°45’01.5″
Medie per la data AR: 22h11m09.44s DEC:-16°44’47.9″
Medie J2000 AR: 22h09m54.25s DEC:-16°51’38.3″
Eclittica L: +328°45’47” B:-05°10’34”
Galattico L: +39°45’44” B:-51°21’22”
Visibilità per l’osservatore:
Roma 2023-01-23 18h00m46s ( CET )
Tempo Universale: 2023-01-23T17:00:46 JD=2459968.20887
Incertezza DeltaT: +/- 0h00m01.1s
Tempo Locale Siderale: 02h01m47s
Angolo Orario: 03h50m39s
Azimuth: 235°28’34”
Altezza: +10°57’39.4″
Altezza geometrica: +10°52’47.4″
Massa d’aria: 5.1
Sorge:09h01m24s Azimuth:114°48′
Transito:14h03m53s +31°23′
Tramonta:19h16m23s Azimuth:248°34′

VENERE

Magnitudine: -5.38
Diametro: 33’19.2″
Frazione Illuminata: 0.051
Fase: 154 °
Distanza: 358628.3 km
Angolo di posizione: -20.3
Librazione in latitudine: 6.63Magnitudine: -3.9
Diametro: 11.0 ”
Frazione Illuminata: 0.928
Fase: 31 °
Distanza: 1.532446916 au
Distanza: 229250796 km
Distanza dal Sole: 0.726758923 au
Distanza dal Sole: 108721587 km
Velocità: 34.9km/s
Angolo di posizione: 341.3
Inclinazione del polo: 1.1
Inclinazione solare: 2.3
Meridiano centrale: 220.9
Effemeridi: DE430
Data: 2023-01-23 18h00m46s ( CET )
TT: 2023-01-23 17h01m57s
Movimento orario: 03’06.7″ PA:70° dRA:12.06s dDec:01’04.3″
Coordinate: Apparenti topocentriche
Apparenti AR: 21h54m17.95s DEC:-14°25’23.1″
Medie per la data AR: 21h54m19.67s DEC:-14°25’09.7″
Medie J2000 AR: 21h53m04.59s DEC:-14°31’43.5″
Eclittica L: +325°45’57” B:-01°35’10”
Galattico L: +40°33’54” B:-46°42’46”
Visibilità per l’osservatore:
Roma 2023-01-23 18h00m46s ( CET )
Tempo Universale: 2023-01-23T17:00:46 JD=2459968.20887
Incertezza DeltaT: +/- 0h00m01.1s
Tempo Locale Siderale: 02h01m47s
Angolo Orario: 04h07m29s
Azimuth: 240°08’29”
Altezza: +10°04’44.5″
Altezza geometrica: +09°59’28.0″
Massa d’aria: 5.5
Sorge:08h43m40s Azimuth:109°14′
Transito:13h53m09s +33°42′
Tramonta:19h03m20s Azimuth:251°02′

SATURNO

 

Magnitudine: 0.8
Diametro: 15.5 ”
Frazione Illuminata: 1.000
Fase: 2 °
Distanza: 10.739063069 au
Distanza: 1606540968 km
Distanza dal Sole: 9.829859658 au
Distanza dal Sole: 1470526074 km
Velocità: 9.4km/s
Angolo di posizione: 6.3
Inclinazione del polo: 12.6
Inclinazione solare: 11.7
Meridiano centrale I: 73.3
Meridiano centrale II: 44.0
Meridiano centrale III: 258.2
Effemeridi: DE430
Data: 2023-01-23 18h00m46s ( CET )
TT: 2023-01-23 17h01m57s
Movimento orario: 17.3″ PA:70° dRA:01.12s dDec:05.8″
Coordinate: Apparenti topocentriche
Apparenti AR: 21h50m22.88s DEC:-14°23’59.8″
Medie per la data AR: 21h50m24.61s DEC:-14°23’46.4″
Medie J2000 AR: 21h49m09.43s DEC:-14°30’15.9″
Eclittica L: +324°52’49” B:-01°14’38”
Galattico L: +40°02’00” B:-45°50’16”
Visibilità per l’osservatore:
Roma 2023-01-23 18h00m46s ( CET )
Tempo Universale: 2023-01-23T17:00:46 JD=2459968.20887
Incertezza DeltaT: +/- 0h00m01.1s
Tempo Locale Siderale: 02h01m47s
Angolo Orario: 04h11m24s
Azimuth: 240°52’20”
Altezza: +09°28’01.5″
Altezza geometrica: +09°22’25.5″
Massa d’aria: 5.9
Sorge:08h40m47s Azimuth:108°59′
Transito:13h49m59s +33°44′
Tramonta:18h59m15s Azimuth:251°02′

Leggi tutto sul Cielo di Gennaio QUI

L’articolo sulla Luna di Gennaio a cura di Francesco Badalotti è QUI

Avviso Attivazione Utenti Quasar

  • Il Blog della Redazione
Di
Redazione Coelum
-
18 Gennaio 2023
0

ATTIVAZIONE
UTENTI QUASAR

PER TUTTI I RINNOVI E GLI ABBONAMENTI STIAMO PROCEDENDO ALLE SINGOLE VERIFICHE E SUCCESSIVE ATTIVAZIONI

APPENA COMPLETATA L’ASSEGNAZIONE SARA’ INVIATA UNA MAIL DI CONFERMA

A CAUSA DELLE MOLTE RICHIESTE L’OPERAZIONE POTREBBE RICHIEDERE QUALCHE GIORNO IN PIù DEL PREVISTO

CI SCUSIAMO PER L’ATTESA

CARRIERE STEM: L’INFN BANDISCE 203 NUOVE POSIZIONI IN TUTTA ITALIA SU PROGETTI PNRR

  • Mostre e Incontri
Di
Redazione Coelum
-
16 Gennaio 2023
0

INFN BANDISCE 203 NUOVE POSIZIONI

69 diplomate e diplomati e 134 laureate e laureati in discipline tecnico-scientifiche saranno selezionati per lavorare su 18 nuovi progetti altamente innovativi finanziati dal PNRR con posizioni in tutta Italia. Un’opportunità unica che punta su giovani, parità di genere e sud Italia.

Sono 203 le nuove posizione bandite a concorso dall’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per giovani laureati e laureate, e diplomati e diplomate, da reclutare in tutta Italia sui progetti di scienza di frontiera e a forte vocazione tecnologica finanziati con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), di cui oltre il 40% al Sud.

“Grazie al PNRR si offre un’opportunità unica, soprattutto per molti e molte giovani, di entrare a far parte della comunità scientifica italiana e internazionale e di lavorare su nuovi progetti di punta per la ricerca di eccellenza”, commenta Antonio Zoccoli, presidente dell’INFN. “È un’opportunità per maturare un’esperienza di valore e crescere professionalmente, e per alcuni potrà anche essere l’inizio di una vera e propria carriera nel mondo della ricerca, con la possibilità di rimanere all’INFN oltre la conclusione dei progetti PNRR. Ci auguriamo che i nostri bandi suscitino quindi interesse e che siano in tante e tanti a presentare domanda per partecipare ai concorsi”, conclude Zoccoli.

Si selezionano 69 neodiplomate e neodiplomati ITIS o di scuola superiore con breve esperienza professionale per profili di tecnico negli ambiti del calcolo, dell’elettronica e della meccanica e laureate e laureati magistrali in fisica, ingegneria, informatica, matematica, biologia per 134 posizioni di tecnologo della ricerca a tempo determinato. Le competenze richieste sono di meccanica, sistemi di alto vuoto, sistemi criogenici, elettronica, elettrotecnica, rivelatori e acceleratori di particelle, laser di potenza e sistemi ottici. Tra queste, un numero cospicuo di posizioni è dedicato al calcolo sistemistico e per lo sviluppo di software innovativo e sistemi di intelligenza artificiale.

I neoassunti lavoreranno su 18 nuovi progetti altamente innovativi nei campi della fisica delle particelle elementari, dell’astrofisica, della fisica delle onde gravitazionali e dei neutrini e in molti aspetti di fisica applicata che includono la superconduttività, la fisica medica, lo sviluppo di tecniche innovative di accelerazione di particelle, il calcolo quantistico e l’intelligenza artificiale. Un’opportunità unica per molti giovani di entrare a far parte della comunità scientifica italiana e internazionale e di lavorare su nuovi progetti di punta della ricerca di eccellenza.

I contratti, con una durata di 24 mesi, saranno assegnati tramite concorso pubblico. Le sedi di lavoro sono distribuite su tutto il territorio nazionale e, come previsto dal PNRR, una particolare attenzione sarà riservata al Sud Italia, con oltre il 40% delle posizioni bandite. Tra le città con il maggior numero di posizioni aperte vi sono Bari, Bologna, Catania, Roma e Napoli.

Fonte INFN 

Link ai Bandi 

Astrosociologia Audio

  • CoelumVoice
Di
Redazione Coelum
-
13 Gennaio 2023
0

Nuove tracce pubblicate Astrosociologia Coelum 258 a cura di Remo Rapetti

Astrosociologia 01 parte

Astrosociologia 02 parte

Tutte le tracce su CoelumVoice QUI

Webb della NASA scopre la formazione stellare nei nastri polverosi di Cluster

  • Senza categoria
Di
Redazione Coelum
-
11 Gennaio 2023
0
L'ammasso stellare NGC 346 appare come uno scintillante tocco di colore oro e viola su uno sfondo nero cosparso di stelle. A forma di colomba, il grappolo è traslucido lavanda e lilla, con bordi dorati e bianchi.
NGC 346, mostrato qui in questa immagine della NASA James Webb Space Telescope Near-Infrared Camera (NIRCam), è un ammasso stellare dinamico che si trova all'interno di una nebulosa a 200.000 anni luce di distanza. Webb rivela la presenza di molti più elementi costitutivi del previsto, non solo per le stelle, ma anche per i pianeti, sotto forma di nubi piene di polvere e idrogeno. I pennacchi e gli archi di gas in questa immagine contengono due tipi di idrogeno. Il gas rosa rappresenta l'idrogeno energizzato, che è tipicamente caldo intorno ai 10.000 °C (circa 18.000 °F) o più, mentre il gas più arancione rappresenta l'idrogeno denso e molecolare, che è molto più freddo a circa -200 °C o meno ( circa -300 °F) e polvere associata. Il gas più freddo fornisce un ambiente eccellente per la formazione delle stelle e, mentre lo fanno, cambiano l'ambiente che le circonda. L'effetto di ciò si vede nelle varie creste ovunque, che si creano quando la luce di queste giovani stelle abbatte le dense nuvole. I numerosi pilastri di gas incandescente mostrano gli effetti di questa erosione stellare in tutta la regione. In questa immagine il blu è stato assegnato alla lunghezza d'onda di 2,0 micron (F200W), il verde è stato assegnato a 2,77 micron (F277W), l'arancione è stato assegnato a 3,35 micron (F335M) e il rosso è stato assegnato a 4,44 micron (F444W).
Crediti: NASA, ESA, CSA, O. Jones (UK ATC), G. De Marchi (ESTEC) e M. Meixner (USRA). Elaborazione delle immagini: A. Pagan (STScI), N. Habel (USRA), L. Lenkic (USRA) e L. Chu (NASA/Ames)

Promo Pack Coelum – Tutti i numeri del 2022

  • Il Blog della Redazione
  • Il Blog di Coelum Astronomia
Di
Redazione Coelum
-
5 Gennaio 2023
0

Indice dei contenuti

    • Vorresti abbonarti ma ti dispiace aver perso i numeri dello scorso anno?
    • ✅✅✅Coelum non lascia indietro nessuno✅✅✅
    • Tutti i numeri del 2022 in un’unica spedizione a 34,90 euro
    • n°6 copie della rivista del 2022
  • Prendili tutti a solo 34,90 euro!

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Tutti i numeri del 2022 in un’unica spedizione a 34,90 euro

n°6 copie della rivista del 2022

  • 254 il ritorno al cartaceo!
  • 255 speciale JWST dossier con oltre 20 pagine di note tecniche e interviste
  • 256 ricordiamo Margherita Hack a 100 anni dalla sua nascita
  • 257 Sagittarius A* MariaFelicia de Laurentis impegnata in prima linea nella ricerca ci racconta la genesi dell’immagine del secolo
  • 258 il punto sull’inquinamento luminoso in Italia ed in Europa
  • 259* il prestigio internazionale dell’Astronomia all’Italiana amatoriale

*il numero non è acquistabile singolarmente o come arretrato

Le anticipazioni dei contenuti sono disponibili nella sezione “Articoli Pubblicati su Coelum”

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Coelum n° 254 di febbraio/marzo

Coelum n° 255 di aprile/maggio

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Spese di spedizione con Corriere Espresso da 6,50 euro fino a 12,00 a seconda delle zone di spedizione.

*Valore del singolo numero 9,90 euro

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SUPERNOVAE: aggiornamenti Gennaio 2023

  • Cielo del Mese
  • News di Astronomia
Di
Fabio Briganti
-
1 Gennaio 2023
0

 

RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 106

Si apre un nuovo anno, con la speranza che sia pieno di gioie e successi non solo a livello astronomico e viene spontaneo fare un resoconto dei fatti più salienti accaduti nell’anno appena concluso.

Nell’anno 2022 sono stati inseriti nel TNS Transient Name Server circa 20.000 transienti fra Supernovae, Novae extragalattiche e Novae della nostra galassia, ma solo poco più di 2000 hanno ottenuta una conferma spettroscopica, quindi soltanto il 10%.

La spettroscopia è infatti un campo dove anche un astrofilo evoluto più dare un importante contributo alla ricerca. Sappiamo molto bene che la spietata ed agguerrita concorrenza dei programmi professionali indirizzati verso la ricerca di supernovae ha messo a dura prova i volenterosi astrofili italiani che si dedicano a questo tipo di ricerca. Anche quest’anno il nostro ISSP purtroppo è rimasto fermo al palo, per quanto riguarda le scoperte di supernovae, ma per fortuna a tenere l’alto l’onore italiano abbiamo avuto quattro scoperte amatoriali ottenute da astrofili che sono riusciti ad infilarsi con successo fra le strette maglie della rete dei programmi professionali.

I primi ad ottenere una importante scoperta sono stati Franco Cappiello, astrofilo lombardo di Noviglio (MI) e Salvo Massaro, astrofilo siciliano abitante a Palermo, utilizzando il telescopio Ritchey-Chretien da 50cm F.7,4 dell’osservatorio Stazione Astronomica G. Bruno, situata al Passo del Brallo in provincia di Pavia.

SN2022abq in NGC5117 realizzata da Franco Cappiello e Salvo Massaro con un telescopio Ritchey-Chretien da 50cm F.7,4 ed esposizione di 260 secondi.

Nella notte del 21 gennaio hanno individuato la SN2022abq, una supernova di tipo II, nella galassia a spirale barrata NGC5117 posta nella costellazione dei Cani da Caccia al confine con quella della Chioma di Berenica e distante circa 110 milione di anni luce. Per i due astrofili si è trattato della loro prima scoperta e come potete immaginare la loro gioia e soddisfazione è stata veramente grande.

Le altre tre scoperte italiane sono state invece messe a segno tutte dal veterano astrofilo forlivese, che non ha bisogno di presentazioni, Giancarlo Cortini. Dopo quattro anni di digiuno, Giancarlo è tornato con lo smalto dei tempi passati, scoprendo il 7 febbraio la SN2022bqi, una supernova di tipo II, nella galassia a spirale barrata NGC1233 posta nella costellazione del Perseo a circa 200 milioni di anni luce di distanza.

della SN2022bqi in NGC1233 realizzata da Giancarlo Cortini con un Celestron C14 somma di 3 immagini da 120 secondi.

Giancarlo si è ripetuto il 2 aprile individuando la SN2022fuc, un’altra supernova di tipo II, nella galassia a spirale barrata NGC4545 posta nella costellazione del Drago a circa 120 milioni di anni luce di distanza.

SN2022fuc in NGC4545 realizzata da Giancarlo Cortini con un Celestron C14 somma di 3 immagini da 60 secondi.

Infine nella notte del 24 novembre, a coronamento di un anno d’oro, ha individuato la SN2022abln, ancora una supernova di tipo II, nella galassia a spirale barrata NGC5808 posta nella costellazione dell’Orsa Minore e distante circa 320 milioni di anni luce di distanza.

SN2022abln in NGC5808 realizzata da Giancarlo Cortini con un telescopio Celestron C14 + Starlight Trius SH-9 esposizione 120 secondi.

A completamento di questo importante successo, abbiamo avuto la conferma spettroscopica ottenuta dall’astrofilo bellunese Claudio Balcon (ISSP). Si tratta pertanto della seconda supernova italiana scoperta e classificata tutto a livello amatoriale. Se il nostro ISSP non è riuscito ad ottenere scoperte di eventi di supernovae, grazie al team dell’Osservatorio di Monte Baldo (VR), ha ottenuto tre scoperte di Novae extragalattiche. La prima, denominata AT2022elz, è stata ottenuta la notte del 6 marzo nella stupenda galassia M81 posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore. La seconda, denominata AT2022eqj, è stata ottenuta tre giorni dopo nella notte del 10 marzo nella famosa galassia M31 nella costellazione di Andromeda. La terza ed ultima Nova Extragalattica è stata individuata la notte del 4 agosto, sempre nella galassia di Andromeda M31 e denominata AT2022qpg.

AT2022elz in M81 ottenuta dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Ritchey Chretien da 400mm F.8.

AT2022eqj in M31 ottenuta dal team dell’Osservatorio di Monte Baldo con un telescopio Ritchey Chretien da 400mm F.8.

 

7) Bellissima immagine della galassia di Andromeda M31 con evidenziata la Nova scoperta dall’Osservatorio di Monte Baldo, realizzata dall’astrofilo spagnolo Rafa Ferrando.

Quest’ultima scoperta è comunque molto importante per almeno un paio di motivi. Innanzi tutto si tratta di una Nova scoperta e classificata tutto in casa ISSP, infatti lo spettro di conferma dove erano ben visibili ed intense le righe di emissione di Balmer dell’idrogeno tipico delle Novae, è stato ottenuto dal bellunese Claudio Balcon che per primo è riuscito ad inserirlo nel Transient Name Server (TNS). L’altro motivo degno di grande interesse è dovuto al fatto che il team dell’Osservatorio di Monte Baldo si accorse subito della coincidenza della posizione della Nova da loro scoperta con la Nova M31N2005-10a scoperta l‘11 ottobre 2005 dagli astronomi americani del Mc Donald Observatory e dall’astrofilo italiano Marco Fiaschi (vedi Atel 627). Furono perciò avviati dei meticolosi controlli e con l’Atel 15545 astrofilo ceco Kamil Hornoch, riprendendo la Nova veronese l’8 agosto con il telescopio da 0,65 metri dell’Astronomical Institute di Odrejov, fugò ogni dubbio confermando la coincidenza della posizione. Si trattava pertanto di una Nova ricorrente, che sono le più seguite e studiate perché considerate potenziali candidate a diventare delle luminosissime supernovae di tipo Ia.

Fra i successi italiani dobbiamo menzionare anche le sei supernovae scoperte dall’astrofilo romagnolo Mirco Villi, grazie alla collaborazione con i professionisti americani del CRTS Catalina. I successi sono stati ottenuti analizzando immagini professionali realizzate con il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona. In questo resoconto dell’anno appena terminato non possiamo tralasciare lo stupendo lavoro portato avanti in ambito spettroscopia dell’astrofilo bellunese Claudio Balcon che con uno spettrografo auto-costruito ed un semplice telescopio Newton da 200mm F.5 è riuscito a classificare per primo nel TNS 31 Supernovae, 2 Novae in M31 e 5 Variabili Cataclismiche della nostra galassia. Claudio Balcon, che è entrato a far parte dell’ISSP nell’ottobre del 2018, a livello mondiale amatoriale è leader indiscusso nel campo della spettroscopia con ben 81 supernovae classificate per primo nel TNS dal 2019 ad oggi. Claudio detiene anche il record della supernova più lontana classificata da un astrofilo la SN2021sfh, posta in una galassia anonima nella costellazione dell’Orsa Minore a 720 milioni di anni luce di distanza.

Vediamo adesso cosa è successo a livello mondiale amatoriale. In testa alla classifica delle scoperte amatoriali del 2022 troviamo i cinesi del programma XOSS capitanati da Xing Gao che hanno individuato 11 supernovae, seguiti al secondo posto dall’intramontabile giapponese Koichi Itagaki con 8 supernovae ed infine con nostra grande soddisfazione nel terzo gradino del podio troviamo il forlivese Giancarlo Cortini con le sue tre supernovae, a dimostrazione che la ricerca amatoriale di supernovae italiana continua a primeggiare a livello mondiale. L’anno appena terminato, come anche il precedente 2021, non ha visto purtroppo la scoperta di supernovae nelle galassie Messier, le più ambite ed appariscenti, però ci ha regalato due supernovae molto luminose che hanno sfiorato la notevole mag.+12. La supernova più luminosa del 2022 con la mag.+12,1 è stata la SN2022pul, una supernova di tipo Ia, scoperta il 26 luglio dal programma professionale americano di ricerca supernovae denominato All Sky Automated Survey for SuperNovae (ASAS-SN) nella galassia lenticolare NGC4415 posta nella costellazione della Vergine a circa 40 milioni di anni luce di distanza.

SN2022pul in NGC4415 realizzata il 7 agosto 2022 dall’astrofilo brasiliano Fabio Feijo in remoto dall’Australia dal Siding Spring Observatory utilizzando un telescopio da 500mm F.4,5 e 300 secondi di posa, con la supernova molto vicina al massimo di luminosità.

L’unico rammarico che la galassia ospite non si può definire un soggetto molto fotogenico. La seconda supernova più luminosa del 2022 che ha raggiunto la mag.+12,3 è stata invece la SN2022hrs scoperta il 16 aprile dall’astrofilo giapponese Koichi Itagaki nella galassia a spirale barrata NGC4647 posta nella costellazione della Vergine a circa 60 milioni di anni luce. NGC4647 è famosa per la vicinanza alla galassia Messier 60. Nelle immagini profonde le due galassie sembrano sfiorarsi, anche se solo prospetticamente, perché M60 è posta circa 5 milioni di anni luce più vicino a noi. Anche questa è una supernova di tipo Ia, come evidenziato dallo spettro ottenuto per primo dal nostro Claudio Balcon appena 5 ore dopo la scoperta. A differenza della precedente questa luminosa supernova sembra essere cullata fra le braccia di due belle e fotogeniche galassie.

SN2022hrs in NGC4647 realizzata da Manfred Mrotzek con un telescopio da 140mm F.5,4 somma di 21 immagini da 240 secondi.

Nel 2022 abbiamo purtroppo avuto anche un evento molto triste: l’astrofilo trevigiano Paolo Campaner il 12 marzo ci ha lasciato all’età di 70 anni. Un grande uomo ed un grande astrofilo che ha dato tanto all’astrofilia italiana ed alla ricerca amatoriale di supernovae. Maura Tombelli la più grande astrofila italiana scopritrice di pianetini, a settembre ha assegnato il nome definitivo “Paolo Campaner” al pianetino 37313 (2001QC = 1999 FA56) che aveva scoperto insieme all’astronomo Andrea Boattini il 16 agosto 2001. Un bellissimo gesto, che Paolo ha davvero meritato e che vedrà per sempre il suo nome iscritto nel firmamento celeste.

Concludiamo con una interessante curiosità. Esistono dei casi molto rari di due supernovae che esplodono contemporaneamente o quasi nella solita galassia, ne conosciamo circa una ventina. Ma il record assoluto che ha ottenuto la galassia a spirale barrata NGC5605, nella settimana dal 6 al 13 gennaio 2022, ha qualcosa di veramente incredibile e difficilmente replicabile. Ben tre supernovae visibili contemporaneamente in questa galassia posta nella costellazione della Bilancia a circa 170 milioni di anni luce di distanza. Sono state scoperte tutte e tre dal programma professionale americano di ricerca supernovae e pianetini denominato ATLAS Asteroid Terrestrial-impact Last Alert System.

NGC5605 realizzata dall’astronomo americano Andrew Drake e dal suo team con il telescopio Cassengrain da 1,5 metri di Monte Lemmon in Arizona ed elaborata dall’astrofilo americano Stan Howerton.

Augurando a tutti uno stupendo 2023, ci domandiamo: chi sarà il primo astrofilo italiano ad inserire una scoperta nel TNS nel nuovo anno?

 

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News da Marte #8

  • Articoli e Risorse On-Line
  • Astronautica ed Esplorazione Spaziale
  • Bentornati su Marte!
  • News di Astronomia
Di
Antonio Piras
-
31 Dicembre 2022
0

livello di difficoltà 🔴🔴⭕⭕⭕ abbastanza semplice

Bentornati su Marte!

In questo aggiornamento vi illustro le recentissime operazioni di Perseverance, gli ultimi voli di Ingenuity e il saluto finale a Insight. Partiamo!

Tre campioni a Three Forks

Three Forks è il nome dell’area all’interno del cratere Jezero, già visitata tra aprile e maggio del 2022, dove è stato deciso che Perseverance avrebbe fatto ritorno. Qui, in un’ampia pianura priva di ostacoli, il rover avrebbe depositato alcune fiale tra quelle che nel corso degli ultimi mesi ha riempito di roccia, sabbia nonché aria marziana (avevo iniziato ad accennarvi qualcosa a riguardo alcuni mesi fa https://www.coelum.com/articoli/news-da-marte-2).

Il rover è un tassello fondamentale nel programma decennale che mira a portare sulla Terra dei campioni marziani. Oltre al suo ruolo di raccoglitore, la revisione della missione avvenuta a metà 2022 ha affidato a lui anche il compito di portare le fiale al futuro lander che verso la fine degli anni ’30 atterrerà nel cratere Jezero.

Il piano B, da mettere in atto nell’eventualità che Perseverance non sia nelle condizioni di tornare indietro per il rendez-vous con il lander, è che due elicotteri progettati sul modello di Ingenuity raccolgano dieci fiale precedentemente depositate al suolo dal rover. Una sorta di assicurazione sulla missione, potremmo dire. E quale momento migliore per la deposizione dei campioni se non ora alla vigilia dell’inizio della terza parte di Mars 2020, il capitolo Delta Top?

Vista globale dei percorsi intrapresi da Perseverance e Ingenuity, con uno zoom sulla località di Three Forks e il percorso programmato per il rilascio dei campioni.

 

Così a metà dicembre Perseverance ha fatto ritorno a Three Forks e nel Sol 653, 21 dicembre, ha iniziato la deposizionedelle fiale in titanio che custodiscono i campioni. Queste vengono lasciate cadere al suolo una ad una dal Sample Handling Arm, il braccio robotico che si occupa della manipolazione delle fiale posto al di sotto del rover. La seconda fiala è stata rilasciata appena due Sol dopo, nel 655. Per la terza abbiamo dovuto attendere qualche giorno di più ed è stata depositata nella serata italiana del 29 dicembre, quando su Marte era il pomeriggio del Sol 661.

 

Queste panoramiche vengono usate dai tecnici NASA per documentare il successo delle operazioni di rilascio. Ciascuna di esse è realizzata allineando cinque foto scattate dalla camera Watson, installata in cima al braccio del rover. Grazie ai gradi libertà offerti da questa estensione robotica Perseverance può anche ottenere particolari punti di vista di sé stesso, funzionalità che torna utile per necessità diagnostiche e verifiche di operazioni particolarmente complesse.

Crediti NASA/JPL-Caltech

Questa sequenza, scattata sempre con la camera Watson, ci regala uno scorcio della parte inferiore di Perseverance. È qui che le fiale con i campioni sono manipolate, preparate e custodite. In primo piano c’è il robusto snodo del Sample Handle Assembly. Nella seconda foto, in secondo piano ed esattamente dietro la fiala bianca, osserviamo anche l’imboccatura della CacheCam.

Si tratta della camera dedicata alla documentazione delle fasi di preparazione campioni. Ha un’inquadratura fissa senza neanche la possibilità di variare la messa a fuoco. È il braccio SHA che, variando la sua altezza e sincronizzando una foto ad ogni step, fa sì che la CacheCam possa mettere con sicurezza a fuoco la cima del campione all’interno del tubo. Questa tecnica permette anche di stimare con buona sicurezza la lunghezza del campione e il suo volume, grazie al fatto che la profondità di campo della camera è estremamente piccola.

Durante le fasi di preparazione al rilascio dei campioni la fiala viene fotografata per un’ultima volta, ed è grazie a queste foto che possiamo identificare anche noi quale è quella selezionata per il rilascio. Per esempio l’ultima fiala rilasciata è la SN106, che è anche il campione più recente prelevato dal rover: si tratta della fiala riempita di regolite di cui vi ho illustrato nel dettaglio alcune fasi della preparazione nella precedente news (https://www.coelum.com/articoli/news-da-Marte-7).

Immagine del sigillo dell’ultimo campione depositato, l’immagine è stata catturata dalla CacheCam (NASA/JPL-Caltech)

 

Nell’arco di circa un mese i tecnici avranno istruito il robot per tracciare un percorso appositamente studiato perché ogni fiala sia distante tra i 5 e i 15 metri dalla sua omologa più prossima, così che i due elicotteri incaricati della raccolta possano volare e muoversi al suolo (avranno anche quattro ruote) senza impedimenti.

La deposizione di questi dieci campioni non priverà i ricercatori di alcuna tra le rocce sin qui “assaggiate” da Perseverance, in quanto ciascuno di essi ha un gemello: quasi tutti i campionamenti eseguiti dal rover sono stati duplicati; il primo sarà rilasciato, ma il secondo continuerà a essere custodito dal rover in attesa di essere consegnato personalmente al futuro lander.

Dal confronto tra il percorso che Perseverance sta effettivamente seguendo, ricostruibile tramite le visuali dalle camere di navigazione, e quello inizialmente programmato e indicato nella mappa, possiamo notare una piccola differenza: il punto di partenza.
Invece di iniziare il percorso da nord come inizialmente previsto, sembra che Perseverance sia invece partito qualche metro più a sud e abbia preso la breve deviazione per portarsi nel sito designato al rilascio del primo campione. Da qui ha fatto una corta retromarcia, una rotazione di 90° e ha preso la strada per la posizione del secondo rilascio.

Qui di seguito la mappa rilasciata dal JPL a inizio dicembre con il percorso che Perseverance seguirà durante il resto delle operazioni.

Crediti NASA/JPL-Caltech

Continueremo a seguire insieme le operazioni di rilascio delle fiale nelle prossime settimane, ancora sette campioni aspettano di essere depositati.

L’addio a Insight

È arrivato il momento che abbiamo temuto per mesi con un misto di rassegnazione e flebili speranze.
La rassegnazione era quella che constatava il costante declino dell’energia prodotta dai pannelli solari di Insight, la sonda NASA dedicata allo studio dei terremoti su Marte. Le speranze, invece, contavano ancora nel passaggio di un diavolo di sabbia che potesse provvidenzialmente dare una pulita alle ampie superfici fotovoltaiche del lander.

L’ultimo selfie di Insight, frutto di un mosaico di foto realizzate il 24 aprile 2022. (NASA/JPL-Caltech)

La scarsa produzione energetica è proseguita per tutto novembre e metà dicembre, con l’ultimo contatto radio avvenuto il 15 dicembre con il quale è stata ricevuta questa immagine, scattata l’11 dicembre.

L’ultima immagine di Insight, scattata l’11 dicembre alle 17:21 marziane

Dopo di allora il lander ha taciuto.

Due successivi tentativi di comunicazione, il 18 e 21 dicembre, sono falliti, portando così l’agenzia spaziale statunitense a decretare la fine della missione di Insight. La quale, intendiamoci, si chiude con ben pochi rammarichi: una durata doppia rispetto agli obiettivi programmati, 1319 terremoti rilevati, cruciali contributi alla sismologia extraterrestre e una quantità enorme di dati ancora da analizzare che terrà i ricercatori impegnati per anni a venire.Ne sono un esempio le pubblicazioni uscite quest’autunno nelle riviste Nature Geoscience e Science nelle quali viene illustrato come, in alcuni dati acquisiti da Insight nel 2020 e 2021, sia stato possibile rilevare a posteriori la firma sismica derivante dallo schianto al suolo di meteoriti (vedi news https://www.coelum.com/articoli/news-da-marte-3 e https://www.coelum.com/articoli/astronautica/news-da-marte-5).

I nuovi voli di Ingenuity

Prima di aggiornarvi sui due più recenti voli del nostro elicotterino preferito, abbiamo avuto conferma del percorso seguito nel volo 36e che vi ho illustrato nell’ultima news.

Sulla base delle immagini rilasciate dalla NASA avevo azzardato alcune ipotesi sul percorso seguito dal droneche in effetti si sono rivelate corrette. Tant’è che, mappa aggiornata alla mano, troviamo numerose correlazioni relative ai dettagli del terreno che hanno riscontro sia nell’immagine satellitare che in quelle aeree riprese dal drone.

Percorso seguito da Ingenuity nel volo 36, con decollo e atterraggio nel medesimo punto. Le immagini in bianco e nero sono prodotte dalla camera di navigazione, quella a colori dalla camera ad alta risoluzione RTE.

Il 17 dicembre Ingenuity ha ripreso la via dell’aria per 37esima volta e si è spinto per 62 metri ancora verso nord-ovest abbandonando finalmente l’area Airfield X e atterrando a Airfield Y (ogni punto di atterraggio di Ingenuity è chiamato a partire da una sequenza alfabetica).
Vista la conformazione del terreno possiamo dare per molto probabile il fatto che l’elicottero sia ricorso alla nuova funzionalità automatica di ricerca di un’area adatta all’atterraggio. Per cercare di capire come funzioni e vederla in azione in tempo reale dovremo però attendere che tutti i fotogrammi di questo volo siano scaricati (gli 87 fotogrammi sinora disponibili non coprono l’intero volo e c’è anche un “buco” a metà spostamento).

Al momento attendiamo riscontro per il successo del volo numero 38 che era previsto il 24 dicembre. Ingenuity si dovrebbe essere spostato di 105 metri in 68 secondi, riducendo ulteriormente la sua distanza dal rover Perseverance. Purtroppo non abbiamo attualmente alcuna immagine di questo volo, perciò tutti i video sono rimandati, spero, a non più tardi di due settimane.

Anche per oggi è tutto, alla prossima!

Nel prossimo numero di Coelum 260 troverete il riassunto di tutto ciò che accade su Marte e cura di Antonio Piras!

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scade il 31 dicembre 2022

Il Cielo di Gennaio 2023

  • Cielo del Mese
Di
ClaudioPra
-
30 Dicembre 2022
0

Il mese di Gennaio ci regala molte ore di buio e un gran numero di costellazioni che possiamo ammirare nell’arco della notte. Nella prima serata, volgendo lo sguardo verso ovest, scenderanno lentamente all’orizzonte quelle autunnali più orientali (Pesci, Pegaso e Balena), mentre, nella seconda parte della notte, vedremo alzarsi a est le prime costellazioni tipicamente primaverili.

Grandi protagoniste saranno Cancro e Leone sin dalle prime ore di buio, mentre a dominare è ancora Orione a sudest insieme a Cane Maggiore e Minore e Sirio; nel punto più alto della sfera celeste (Zenit) brilla Perseo accompagnato dall’Auriga e, poco più in basso, Gemelli e Toro.

Per approfondire Le Costellazioni di Gennaio 2023 a cura di Teresa Molinaro

Indice dei contenuti

  • I principali eventi di Gennaio 2023
        • Tutte le effemeridi del mese di Gennaio 2023 sono disponibili in file csv
        • Clicca sul banner per scaricare
      • Mercurio
      • Venere
      • Marte
      • Giove
      • Saturno
      • Urano
      • Nettuno
  • LUNA
        • Sarà un Gennaio ricco di congiunzioni interessanti
        • Non perderti l’articolo: Luna di Gennaio 2023
  • COMETE
        • Per approfondire: le comete di Gennaio 2023 a cura di Claudio Pra
  • ASTEROIDI
        • Continuiamo l’esplorazione dei più imponenti asteroidi della fascia principale con (2) Pallas (6) Hebe e (89) Julia
        • Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Gennaio 2023 a cura di Marco Iozzi
  • TRANSITI NOTEVOLI ISS
        • Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Gennaio 2023 a cura di Giuseppe Petricca
  • SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI
        • L’articolo a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini sarà disponibile i primi giorni di dicembre su www.coelum.com
    • Cieli sereni a tutti!
    • COELVM CRESCE!

I principali eventi di Gennaio 2023

Data Orario Oggetto/i Evento
01/01/2023 16:24:51 Luna Nodo Ascendete
01/01/2023 23:15:39 Luna-Urano Congiunzione
02/01/2023 21:15:53 Mercurio Perielio
03/01/2023 03:02:38 Luna-Pleiadi Congiunzione
03/01/2023 20:37:08 Luna-Marte Congiunzione
04/01/2023 07:20:23 Quadrantidi Massimo
04/01/2023 21:04:39 Terra Perielio
07/01/2023 00:07:58 Luna Piena
07/01/2023 13:52:52 Mercurio Congiunzione Inferiore
07/01/2023 15:20:01 Luna-Polluce Congiunzione
08/01/2023 10:19:11 Luna Apogeo
08/01/2023 17:01:30 Luna-Presepe Congiunzione
10/01/2023 13:15:40 Luna-Regolo Congiunzione
14/01/2023 23:36:59 Luna-Spica Congiunzione
15/01/2023 03:10:22 Luna Ultimo Quarto
16/01/2023 07:31:33 Luna Nodo Discendente
18/01/2023 11:05:24 Luna-Antares Congiunzione
18/01/2023 14:34:37 Mercurio Stazionario Moto Diretto
21/01/2023 21:53:10 Luna Nuova
21/01/2023 21:57:32 Luna Perigeo
22/01/2023 20:36:29 Venere-Saturno Congiunzione
23/01/2023 08:21:39 Luna-Saturno Congiunzione
23/01/2023 09:18:28 Luna-Venere Congiunzione
25/01/2023 06:53:44 Luna-Nettuno Congiunzione
25/01/2023 08:58:35 Giove Perielio
26/01/2023 03:02:11 Luna-Giove Congiunzione
28/01/2023 16:18:48 Luna Primo Quarto
28/01/2023 17:04:26 Luna Nodo Ascendente
29/01/2023 05:07:46 Luna-Urano Congiunzione
30/01/2023 06:38:35 Mercurio Max Elongazione Overst
30/01/2023 08:59:15 Luna-Pleiadi Congiunzione
31/01/2023 05:24:59 Luna-Marte Congiunzione
Tutte le effemeridi del mese di Gennaio 2023 sono disponibili in file csv
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Mercurio

01/01
Sorge: h 08:22
Tramonta: h 17:51

31/01
Sorge: h 05:59
Tramonta: h 15:19

Mercurio inizierà il mese di Gennaio alla sinistra del Sole, ma solo per alcuni giorni, per transitare davanti ad esso in congiunzione inferiore il giorno 7 e poi spostarsi alla destra, quindi verso ovest fino a raggiungere la massima elongazione, la massima distanza dal Sole il giorno 30 Gennaio a circa 25°.

Venere

01/01
Sorge: h 08:49
Tramonta: h 18:07

31/01
Sorge: h 08:36
Tramonta: h 19:24

A partire dai primi giorni di Gennaio Venere sarà visibile al tramonto già intorno alle ore 17:00 nonostante sia ancora piuttosto vicino al Sole. La situazione andrà via via migliorando fino a fine mese quando l’astro resterà nel nostro cielo, sempre ad Ovest, per circa un’ora in più dopo il tramonto. Il pianeta raggiungerà la massima elongazione est solo nel mese di Giugno, ci saranno quindi ancora molte occasioni per osservarlo. Segnaliamo una bella congiunzione con la Luna quasi piena il 23 Gennaio.

Marte

01/01
Sorge: h 14:13
Tramonta: h 05:36

31/01
Sorge: h 12:20
Tramonta: h 03:43

Chiusa la congiunzione del 31 dicembre con cui Marte saluta l’anno che se ne va, il pianeta resta comunque ben visibile per tutto il mese di Gennaio in alto, quasi allo zenit. Durante tutto il mese si sposterà di pochissimo verso ovest tuttavia rimanendo sempre nei presso della bella Albedaran. Dopo la bellissima congiunzione del 31 dicembre con cui Marte saluterà l’anno appena trascorso, per uno spettacolo simile dovremo attendere la fine del mese, il 30 Gennaio, quando ci sarà una nuova congiunzione Luna – Marte.

Giove

01/01
Sorge: h 11:33
Tramonta: h 23:33

31/01
Sorge: h 09:45
Tramonta:
h 21:59

Dopo il periodo estivo ed autunnale in cui Giove è rimasto ben visibile verso Sud, a partire dal mese di Gennaio e sempre più durante l’anno, vedremo accorciarsi la finestra di visibilità del pianeta che tramonterà sempre più presto. Alla fine del mese ci resteranno circa 2/3 ore di osservazione per una buona posizione con orizzonte libero. L’unica congiunzione davvero interessante che riguarderà questo pianeta sarà quella con la Luna per il giorno 23 Gennaio quando la distanza fra i due oggetti sarà solo di 3.5° verso Sud.

Saturno

01/01
Sorge: h 10:01
Tramonta:
h 20:13

31/01
Sorge: h 08:11
Tramonta: h 18:32

Difficile da vedere già nel mese di dicembre, in Gennaio la finestra di osservazione rimane esigua concedendoci solo qualche ora ad inizio mese fino a circa le 20 ma riducendo via via sempre più fino a confondersi nella luce del tramonto già il giorno 31. Nulla di notevole in questo mese per il pianeta con anelli. Il giorno 22 segnaliamo una congiunzione con la Luna anche se non troppo stretta, gli astri saranno infatti a 3.9° Sud di distanza.

Urano

01/01
Sorge: h 13:15
Tramonta: h 03:22

31/01
Sorge: h 11:16
Tramonta: h 01:24

Sempre difficile da osservare Urano ci tiene compagnia nelle prime ore della notte ma già a fine mese dovremo accontentarci di vederlo tramontare intorno all’una. L’anno però si aprirà con una bellissima congiunione con la Luna, soli 0,7° Nord di distanza. Un’altra congiunzione si presenterà molto simile proprio grazie alle traiettorie dei due oggetti, dopo circa 28 giorni. Il 29 la Luna ed Urano saranno distanti solo 0.9° sempre Nord.

Nettuno

01/01
Sorge: h 11:14
Tramonta: h 22:49

31/01
Sorge: h 09:17
Tramonta: h 20:55

Nettuno sempre difficile da osservare per la sua lontanza e per la sua poca elevazione dall’orizzonte alle nostre latituini, resta nei paraggi di Giove, in direzione Sud-Ovest. Il 25 Gennaio intorno alle 19 la Luna si troverà a transitare proprio fra essi formando una bella tripla congiunzione, sarebbe spettacolare se solo Nettuno fosse più vicino!

LUNA

 

Sarà un Gennaio ricco di congiunzioni interessanti

Gennaio 2023 ci offre la possibilità di ammirare alcune interessanti e spettacolari congiunzioni che coinvolgeranno il nostro satellite unitamente ai pianeti Marte, Urano e Saturno. Iniziamo subito col pianeta Urano che fra la tarda serata del giorno 1 Gennaio e l’inizio della notte seguente sarà in congiunzione con la Luna in fase di 9,5 giorni. Per chi osserva dall’Italia Settentrionale (ad es. la zona di Bolzano) alle ore 00:18 del 2 Gennaio la separazione fra Urano e la Luna sarà di 0°23’, mentre alla medesima ora dall’Italia Centrale (vedi Roma) la separazione fra Urano ed il nostro satellite sarà di 0°27’. Infine per chi osserva dall’Italia Meridionale Luna e Urano saranno separati da 0°29’. Nessun problema per quanto riguarda la visibilità di questa congiunzione in quanto Luna e Urano saranno ad un’altezza di +32° circa.
Nella serata del 3 Gennaio invece congiunzione fra il pianeta Marte ed il nostro satellite. Infatti alle ore 20:39 la separazione fra questi due oggetti sarà di circa 1° nell’Italia Settentrionale (zona di Bolzano) mentre per chi osserva dall’Italia Centrale (ad es. Roma) e Meridionale (zona di Palermo) Luna e Marte saranno separati da 0°50’ circa, mentre non vi saranno problemi di visibilità con un’altezza dai +60 ai 70°.
Nel tardo pomeriggio del 22 Gennaio un altro interessante appuntamento per ammirare la spettacolare congiunzione fra i due pianeti Venere e Saturno i quali si avvicineranno prospetticamente fino ad una separazione di 0°24’. La principale limitazione all’osservazione di questo fenomeno consisterà nella bassa declinazione dei due corpi celesti infatti, mentre nell’Italia Centrale Venere tramonterà alle ore 19:00 seguito dopo alcuni minuti da Saturno, al Nord ed al Sud Venere scenderà sotto l’orizzonte rispettivamente alle ore 18:55 e 19:04.
Infine il 23 Gennaio i pianeti Venere e Saturno saranno ancora i protagonisti di un’altra spettacolare congiunzione questa volta impreziosita dalla presenza di una sottile falce di Luna, un imperdibile spettacolo da ammirare nella tenue luminosità del crepuscolo della sera. Infatti, considerando come riferimento l’Italia centrale (zona di Roma), una falce di 2,2 giorni verrà a trovarsi a 4°56’ da Venere ed a 5°50’ da Saturno mentre contestualmente i due pianeti saranno separati da circa 1°. Il primo a tramontare sarà Saturno (alle ore 18:58) seguito da Venere mentre per la Luna, sempre dall’Italia Centrale, il tramonto è previsto per le ore 19:15. Per chi osserva dall’Italia Settentrionale o Meridionale invece la Luna tramonterà rispettivamente alle ore 19:09 e 19:18.

Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Gennaio 2023, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.

Non perderti l’articolo: Luna di Gennaio 2023

COMETE

 

CHE LO SPETTACOLO ABBIA INIZIO…con le due comete tanto attese

C/2022 E3 ZTF e C/2020 V2 ZTF

Per approfondire: le comete di Gennaio 2023 a cura di Claudio Pra

ASTEROIDI

 

Continuiamo l’esplorazione dei più imponenti asteroidi della fascia principale con (2) Pallas (6) Hebe e (89) Julia
Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Gennaio 2023 a cura di Marco Iozzi

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli ad orari mattutini nelle prime due settimane di Gennaio, e serali nelle seconde due.

Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese del nuovo anno, auspicando come sempre in cieli sereni.

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Gennaio 2023 a cura di Giuseppe Petricca

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

L’articolo a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini sarà disponibile i primi giorni di dicembre su www.coelum.com

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scade il 31 dicembre 2022

Mondi in miniatura – Asteroidi, Gennaio 2023

  • Cielo del Mese
Di
Marco Iozzi
-
30 Dicembre 2022
0

Continuiamo l’esplorazione dei più imponenti asteroidi della fascia principale con (2) Pallas.

Terzo tra gli Asteroridi  per volume, da solo contiene circa il 7% della massa dell’intera fascia ed è probabilmente un protopianeta (un embrione planetario) sopravvissuto alla fase di formazione del sistema solare. (2) Pallas ha un’orbita decisamente inclinata sull’eclittica (34.8 gradi) e moderatamente eccentrica, ma la sua caratteristica più peculiare è l’inclinazione del suo asse di rotazione, che arriva a misurare 84 gradi (per confronto l’inclinazione dell’asse teresstre misura 23 gradi e 27 primi), il che comporta che per lunghi periodi una gran parte della superficie del pianetino venga esposta alla luce oppure rimanga immersa nella più completa oscurità. Non essendo stato ancora visitato da sonde, al momento tutte le informazioni di cui disponiamo su (2) Pallas derivano da osservazioni effettuate da terra o da telescopi spaziali in orbita. Le immagini a nostra disposizione mostrano una superficie tormentata e fortemente craterizzata, sulla quale sono stati censiti 36 crateri di considerevoli dimensioni, 34 dei quali hanno un diametro superiore a 40Km; si sospetta, inoltre, la presenza di un grande bacino generato da una collisione che potrebbe aver influito sull’inclinazione dell’asse di rotazione, aumentandola, e sul periodo di rotazione, diminuendolo.

Le analisi spettroscopiche condotte per studiarne la composizione superficiale, rivelano la presenza di materiali poveri di ferro ed acqua ed una certa somiglianza con la composizione della superficie di  (1) Ceres.  (2) Pallas è considerato il corpo progenitore della famiglia dei cosiddetti asteroidi Palladiani, una piccola famigli di asteroidi tra i cui membri spicca l’asteroide Near Earth (3200) Phaeton, padre dello sciame meterorico delle Geminidi. Dal punto di vista osservativo  la magnitudine (media) di 8.0 che raggiung durante le opposizioni, con picchi di 6.4 in quelle più favorevoli,  rende (2) Pallas un oggetto alla portata di piccoli telescopi e che può anche essere osservato dotandosi di un buon binocolo.

Indice dei contenuti

      • GLI ASTEROIDI DI GENNAIO
      • (2) PALLAS
      • (6) HEBE
      • (89) Julia
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GLI ASTEROIDI DI GENNAIO

(2) PALLAS

(2) Pallas è il terzo Asteroide per dimensioni (circa 513 Km di diametro) della fascia principale. Compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.680 giorni (4.60 anni) ad una distanza compresa tra le 2.13 e le 3.41 unità astronomiche (rispettivamente, 318.643.465 Km al perielio e 510.128.739 Km all’afelio). Con picchi di magnitudine fino a 6.4, (2) Pallas è tra gli asteroidi più brillanti visibili dalla Terra ed è considerato il corpo progenitore della famiglia degli Asteroidi Palladiani. Scoperto dall’astronomo Heinrich Wilhelm Olbers il 28 Marzo 1802, l’asteroide sarà in opposizione l’8 Gennaio, brillando ad una magnitudine di 7.6. Il suo moto sarà di 0,58 secondi d’arco al minuto, quindi con tempi di esposizione fino a 5 minuti ne preserveremo l’aspetto puntiforme. Volendo ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (2) Pallas trasformarsi in una bella striscia luminosa di 23 secondi d’arco.

(6) HEBE

(6) Hebe è un grande asteroide (circa 185 Km di diametro) di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.380 giorni (3.78 anni) ad una distanza compresa tra le 1.93 e le 2.92 unità astronomiche (rispettivamente, 288.723.890 Km al perielio e 436.825.782 Km all’afelio). Deve il suo nome a Hebe, figura mitologica greca, Figlia di Zeus e di Hera. Scoperto da Karl Ludwig Hencke il 1 Luglio 1847, il quinto Asteroide più luminoso della fascia dopo (4) Vesta, (1) Ceres, (7) Iris, e (2) Pallas, (6) Hebe sarà in opposizione il 25 Gennaio. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 8.7.  Il suo moto sarà di 0,75 secondi d’arco al minuto, quindi per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (6) Hebe trasformarsi in una bella striscia luminosa di 30 secondi d’arco.

(89) Julia

(89) Julia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.490 giorni (4.08 anni) ad una distanza compresa tra le 2.08 e le 3.02 unità astronomiche (rispettivamente, 311.163.571 Km al perielio e 451.785.570 Km all’afelio). Deve il suo nome in onore di Santa Giulia. Scoperto dall’astronomo Édouard Stephan il 6 Agosto 1866, questo imponente asteroide (circa 145 Km di diametro) sarà in opposizione il 24 Gennaio, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.4. Il suo moto sarà di 0,70 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle  nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 4 minuti. Per ottenere  una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (89) Julia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.

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Le Comete di Gennaio 2023

  • Cielo del Mese
Di
ClaudioPra
-
29 Dicembre 2022
0

Indice dei contenuti

    • CHE LO SPETTACOLO ABBIA INIZIO…
      • C/2022 E3 ZTF Il viaggio della bella cometa continua ad appassionarci!
      • C/2020 V2 ZTF Ancora ci tiene compagnia nei nostri cieli invernali
  • COELVM CRESCE!

CHE LO SPETTACOLO ABBIA INIZIO…

C/2022 E3 ZTF
Il viaggio della bella cometa continua ad appassionarci!

Gennaio è il mese del passaggio al perielio della C/2022 E3 ZTF, istante fissato per il giorno 12 quando transiterà a 1,11 U.A. dalla nostra stella raggiungendo probabilmente una luminosità vicina alla sesta magnitudine. Questo valore dovrebbe in seguito migliorare toccando l’apice il primo febbraio, quando l’oggetto transiterà alla minima distanza dal nostro pianeta avvicinandosi fino a circa 40 milioni di chilometri. Saranno perciò gli ultimi giorni di gennaio e i primi di febbraio il momento clou, con l’ ”astro chiomato” che in quel periodo (secondo le stime) brillerà di quinta, forse quarta magnitudine. Momenti da non perdere dunque, che potrebbero permetterci di rivedere una cometa ad occhio nudo dopo due anni e mezzo. Ad ogni modo, male che vada, un piccolo binocolo permetterà ottime osservazioni, sempre tenendo presente che un cielo privo di inquinamento luminoso è sicuramente capace di esaltare un oggetto di tale luminosità, che invece diventa anonimo se non inosservabile da siti inondati dalla luce artificiale. Personalmente l’ho osservata negli ultimi giorni di dicembre dalle dolomiti con vari strumenti e già con un piccolo binocolo 10×50 è risultata facilmente visibile grazie alla sua chioma molto compatta. Con un binocolo più grande ho percepito anche un accenno di coda allargata. Insomma, mi è parsa davvero convincente, il che fa ben sperare.

Partendo dalla Corona Boreale la E3 ZTF si dirigerà verso la Giraffa, coprendo ben 70°in cielo, risultando circumpolare nell’ultima decade del mese per tutta la penisola. Fino attorno al giorno 20 l’orario più favorevole per le osservazioni si attesta un po’ prima del termine della notte astronomica, mentre negli ultimi giorni di gennaio potremo invece iniziare la sessione non appena fa buio, trovando la cometa già piuttosto alta in cielo, con la finestra favorevole che durerà fino a ridosso dell’alba. Da considerare però in quel periodo la presenza ingombrante della Luna che consiglia (se non obbliga) ad osservare prima dell’alba. Da segnalare infine un bell’incontro nella nottata del 23 gennaio quando la cometa transiterà a circa un grado da NGC 5907, una galassia a spirale vista di taglio di mag. 10,3.

C/2020 V2 ZTF
Ancora ci tiene compagnia nei nostri cieli invernali

Relegata in secondo piano ma comunque interessante da cercare, la V2 ZTF sarà circumpolare e brillerà di decima magnitudine, trasferendosi ben presto dal Cefeo a Cassiopea, risultando osservabile nelle migliori condizioni non appena fa buio. Il 26 gennaio sfilerà a meno di mezzo grado da Ruchbah, la luminosa stella Delta di Cassiopea.

 

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Transiti ISS notevoli per il mese di Gennaio2023

  • Appuntamenti del Mese
  • Cielo del Mese
Di
Giuseppe Petricca
-
28 Dicembre 2022
0

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli ad orari mattutini nelle prime due settimane di Gennaio, e serali nelle seconde due.

Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il primo mese del nuovo anno, auspicando come sempre in cieli sereni.

 

02 GENNAIO

Si inizierà il giorno 2 Gennaio, dalle06:35alle 06:43, osservando da NO adESE. La ISS sarà ben visibile da tutto il paese, il Nord Est in particolare,con una magnitudine massima che si attesterà su un valore di -3.2.

04 GENNAIO

Si replica il 4 Gennaio, dalle06:34 verso ONO alle 06:42 verso SE. Visibilità perfetta dalle regioni occidentali e dalle Isole Maggiori, con magnitudine di picco a -3.6.Osservabile senza problemi, meteo permettendo.

05 GENNAIO

Passiamo al giorno successivo, 5 Gennaio, con un transito parziale dalle 05:47 in direzione Nalle 05:53 in direzione ESE.Visibilità migliore dal Centro Sud Italia, con magnitudine di picco di -3.9 non appena la ISS uscirà dall’ombra della Terra.

18 GENNAIO

Saltando di poco meno di due settimane, il 18 Gennaio inizieranno i transiti serali. La Stazione Spaziale transiterà dalle18:13 alle 18:21, da SO adENE. Magnitudine di picco a -3.8, osservabile da tutta la nazione.

20 GENNAIO

Il penultimo transito notevole di questa listasaràapprezzabile al meglio dal Centro Nord Italia, il 20 Gennaio. Dalle 18:12 alle 18:19, da OSO a NE.Magnitudine massima a -3.3.

31 GENNAIO

L’ultimo transito del mese, di nuovo parziale, il 31 Gennaio, sarà visibile dalle 18:51 verso NO alle 18:56 verso NE, la ISS sarà visibile al meglio dal Nord Est d’Italia, meteo permettendo. Magnitudine di picco a -3.6.

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

 

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SCADE IL 31 DICEMBRE 2022

Le Costellazioni di Gennaio 2023

  • Appuntamenti del Mese
  • Cielo del Mese
Di
Teresa Molinaro
-
27 Dicembre 2022
0

Inizia il nuovo anno. Gennaio è il mese della contemplazione e dell’attesa

Tra i sentieri celesti del mese di gennaio incontriamo il Cacciatore Orione, i suoi Cani da Caccia e una moltitudine di stelle a rischiarare le notti gelide dell’inverno.

LA COSTELLAZIONE DI ORIONE

Ogni stagione ha una costellazione protagonista di quel palcoscenico chiamato cielo: quella di Orione domina senza dubbio il mese di gennaio e, probabilmente, rappresenta una delle costellazioni più conosciute e identificabili, anche dai semplici appassionati di astronomia.

Situata vicino al fiume Eridano (vedi costellazioni di dicembre) nell’atto di combattere con il Toro, quella di Orione non è solo una costellazione affascinante da osservare e fotografare, ma si tratta di uno degli oggetti astronomici più interessanti e studiati, a cominciare da Betelgeuse, stella alfa di Orione: si tratta di una supergigante rossa grande quasi 1000 volte più del Sole e distante circa 600 anni luce dalla Terra.

L’astro rappresenta il vertice nord-orientale di Orione, e brilla nel cielo invernale con il suo inconfondibile colore rosso-arancio. Betelgeuse è al centro dell’interesse degli astronomi già da diversi anni, in costante monitoraggio poiché alla fine del suo ciclo vitale potrebbe esplodere in supernova.

Insieme a Sirio del Cane Maggiore e a Procione del Cane Minore, Betelgeuse costituisce uno dei vertici del Triangolo Invernale, un asterismo da ammirare proprio nel cielo di gennaio.

Betelgeuse è la decima stella più brillante del cielo notturno e rappresenta sì la stella principale di Orione ma, in realtà, è la seconda più luminosa della costellazione dopo Rigel (Beta Orionis), una supergigante blu nonché il settimo astro (o meglio un sistema stellare) più brillante della volta celeste.

LA CINTURA DI ORIONE

Trovandosi a cavallo dell’equatore celeste, Orione è ben visibile da tutto il pianeta ed è una costellazione affascinante grazie anche alla sua famosa “cintura”, data dall’allineamento delle tre stelle che la compongono Alnitak, Alnilam e Mintaka.

LA NEBULOSA DI ORIONE

Poco sotto alla cintura del cacciatore Orione e al centro dell’asterismo della Spada, individuabile nelle stelle disposte verticalmente a sud della cintura, si trova uno degli oggetti più conosciuti, osservati efotografati (anche dai principianti) del catalogo Messier: M42 o Nebulosa di Orione.

Immagine della nebulosa di Orione catturara dal James Web

Posta a circa 1500 anni luce dalla Terra, M42 è un oggetto talmente brillante da essere intuibile anche ad occhio nudo per poi rivelarsi già attraverso l’utilizzo di macchine fotografiche, binocoli e telescopi anche per chi volesse approcciarsi senza dover necessariamente dover spendere una fortuna in attrezzature astronomiche.

Di recente il telescopio spaziale James Webb ci ha regalato una straordinaria immagine (l’ennesima) di M42, grazie alla sua fotocamera a infrarossiNIRCam (Near InfraRed Camera), rivelando dettagli mozzafiato.

La Cintura di Orione è avvolta all’esterno dall’Anello di Barnard, un imponente anello di nebulosità che dista circa 1600 anni luce dalla Terra e che ha una dimensione di 300 anni luce di diametro.

Si tratta del resto di una supernova esplosa probabilmente circa 2 milioni di anni fa, ed è apprezzabile tramite un telescopio o una fotografia a lunga esposizione.

M42 (oltre ad importanti e noti oggetti come la Nebulosa Fiamma e la nube oscura Nebulosa Testa di Cavallo) fa parte delpiù famoso complesso nebuloso molecolare del cielo, denominato proprio Complesso Nebuloso Molecolare di Orione, in cui hanno origine importanti processi di formazione stellare.

Esso si estende ampiamente sulla volta celeste tra la cintura e la spada di Orione ed è una delle regioni di formazione stellare più attive.

Regione Interna di M42 ripresa dal JWST

ORIONE NELLA MITOLOGIA

Essendo una delle costellazioni più  antiche, sono tanti i miti e le leggende che avvolgono Orione: figlio di Euriale e Posidone, Orione era un vigoroso ed abile cacciatore, sempre accompagnato dai suoi fedeli cani da caccia, in particolare Sirio.

Le sue avventure sono legate principalmente a storie d’amore (e di vino) a causa delle quali si trovava spesso a dover combattere e scagliarsi contro i suoi rivali, arrivando persino a perderela vista, che riacquistò grazie ad Eos, la dea dell’aurora.

Una delle tante storie vede Orione incapricciato delle sette sorelle mitologiche, le Pleiadi, che si salvarono dalle molestie del cacciatore grazie all’intervento di Artemide che, folle di gelosia, fece pungere Orione da un velenosissimo Scorpione.

Orione è raffigurato a combattere con il Toro,

posto a difesa delle sette sorelle mitologiche.

Ma poiché le storie d’amore tormentate piacciono sempre tanto, la vicenda che più di tutte appassiona è quella che lega Orione ad Artemide, dea cacciatrice e tiratrice d’arco, impersonificata nella Luna Crescente.

Arrivato insieme alla sua amante Eos a Delo, l’isola sacra al dio Apollo, Orione fece l’incontro di Artemide. Accomunati dalla passione del tiro con l’arco, il cacciatore e la bellissima sorella gemella di Apollo non impiegarono molto tempo ad innamorarsi.

Ma questa passione proprio non andava giù ad Apollo, che considerava l’arrivo di Orione sulla sua isola e la relazione con Artemide una sorta di profanazione: il dio invocò l’aiuto della Madre Terra, che scatenò sul cacciatore la furia di un gigante e velenosissimo scorpione, figura dalla quale il cacciatore è eternamente inseguito sulla volta celeste.

Per non soccombere al velenoso attacco contro il quale nulla gli valsero le sue frecce, la sua armatura e la sua abilità, Orione si gettò in mare, dove il suo destino fu determinato dal perfido piano messo in atto dal geloso Apollo.

Mentre il cacciatore nuotava a pelo d’acqua, di notte, Apollo diede in mano ad Artemide l’arco invitandola a puntare la freccia in un punto poco visibile al largo; scagliando con abilità la fatale freccia, Artemide colpí a morte Orione.

Disperata per aver ucciso il suo amato, le sue lacrime trovarono la pietà di Zeus, che trasformò Orione in una luminosa costellazione e lo collocò tra gli astri affinché la sua amata Artemide potesse contemplarlo ogni sera.

IL CANE MINORE NEL CIELO INVERNALE

Tra le Costellazioni da osservare in questo mese c’è anche quella del Cane Minore, che fa parte delle figure astronomiche al seguito della costellazione di Orione.

Si tratta di un piccolo oggetto composto da pochi astri, ovvero dalla sua stella alfa, Procione, da Gomeisa (β Canis Minoris) e da γ Canis Minori.

α Canis Minoriè una stella binaria, posta a 11 anni luce da noi, il che ne fa una stella molto brillante proprio per la sua vicinanza: il sistema è composto dalla stella bianco-gialla Procione A e da una debole nana bianca, Procione B.

Procione è l’ottava stella più luminosa del cielo notturno, con una magnitudine apparente di +0,38.

Insieme a Sirio (Cane Maggiore) e a Betelgeuse(Orione), Procione rappresenta uno dei tre vertici dell’asterismo del Triangolo Invernale.

Trattandosi di una costellazione molto piccola, quella del Cane Minore non contiene molti oggetti del profondo cielo: tuttavia si segnala la galassia a spirale NGC 2485, un oggetto la cui individuazione è molto ardua.

IL CANE MINORE NELLA MITOLOGIA

Secondo una versione della mitologia greca il Cane Minore rappresenta uno dei due cani da caccia di Orione: tuttavia ci sono altre leggende che collocano il Cane Minore nella figura  di Mera, il fedele cane di Icario, un contadino dell’Attica che ospitò il dio Dioniso, che in segno di gratitudine gli insegnò la coltivazione della vite e l’arte di produrre il vino.

Secondo Igino, Icario spillò il vino da una botte e lo offrì ad alcuni pastori, i quali ne bevvero in grandi quantità: travolti dallo stato di ubriachezza, i pastori credettero di essere stati avvelenati e, ormai fuori controllo, si scagliarono contro il povero Icario, uccidendolo.

Il cane di Icario, Mera, avendo assistito a quella barbarie, corse ululando disperatamente dalla figlia del suo padrone, Erigone, aggrappandosi alle sue vesti e conducendola dal padre, ormai esanime.

Giunta sul posto Erigone non poté reggere a quel dolore e si tolse la vita.

Il cane, ormai solo, si lasciò morire sulla tomba del suo padrone; Zeus, padre degli dei, decise allora di omaggiare i protagonisti di quella sfortunata vicenda, ponendoli tra le stelle, raffigurando così Icario con la costellazione del Boote, Erigone con quella della Vergine e Mera con fedele il Cane Minore.

 

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SCADE IL 31 DICEMBRE 2022

La Luna di Gennaio 2023

  • Appuntamenti del Mese
  • Cielo del Mese
Di
Francesco Badalotti
-
26 Dicembre 2022
0

Indice dei contenuti

  • Sarà un Gennaio ricco di congiunzioni interessanti
  • Tutte le info sulle congiunzioni saranno pubblicate a breve!
Sarà un Gennaio ricco di congiunzioni interessanti

Dando ormai definitivamente per scontato come il nostro satellite non sia solamente “un’arida palla piena di buchi” (come già citato in chiusura dell’articolo dello scorso Dicembre), in apertura del nuovo anno allo scoccare della fatidica Mezzanotte la Luna, dopo il Primo Quarto trascorso da nemmeno 48 ore, sarà in fase di 8,5 giorni ad un’altezza iniziale di +24° mentre alle ore 02:20 scenderà sotto l’orizzonte. A prescindere dalle eccessive libagioni che purtroppo condurranno alcuni a notare a malapena i cosiddetti e “anonimi buchi” di cui è cosparsa la superficie selenica nonostante il cielo sereno e l’ingrandimento fornito da telescopio+oculare, per gli appassionati ancora in normali condizioni di lucidità che nella prima nottata del 2023 porteranno il telescopio all’esterno della propria abitazione (forse qualche coraggioso, meteo permettendo….) vi sarà la possibilità di interessanti osservazioni su una infinità varietà di strutture geologiche già ampiamente descritte in precedenza. Alle ore 00:08 del 07 Gennaio il nostro satellite sarà in Plenilunio alla distanza di 399977 km dalla Terra, con un diametro apparente di 29,88’ e ad un’altezza di +74°, pochi minuti prima di transitare in meridiano (ore 00:19).

Osservando la Luna Piena e le vaste aree ricoperte dalle scure rocce basaltiche diviene naturale una considerazione. Dividendo il disco lunare in due parti uguali (ovest/est), mentre nel settore est notiamo i mari Serenitatis, Vaporum, Tranquillitatis, Crisium, Fecounditatis e Nectaris con la loro conformazione grosso modo circolare in virtù della comune origine da grandi bacini da impatto, al contrario, nel settore ovest si percepisce molto chiaramente come una notevole porzione della superficie sia occupata dall’immenso oceanus Procellarum la cui conformazione non appare in nessun modo “circolare” ma estremamente irregolare. Infatti a nord confluisce direttamente nel Sinus Roris mentre scendendo verso sud appare senza soluzione di continuità con l’area del mare Imbrium per poi confluire ancora senza ostacoli nel mare Insularum e nei Sinus Aestuum e Medii. Più a sud l’oceanus Procellarum appare collegato senza apparenti ostacoli naturali anche al mare Cognitum ed all’intera area del mare Nubium. Infine confina a sudovest col mare Humorum da cui viene solo parzialmente delimitato da bassi e modesti rilievi collinari. E’ inoltre doveroso notare come i mari Imbrium e Humorum siano le uniche aree relativamente pianeggianti del settore occidentale di cui se ne percepisce una conformazione almeno indicativamente circolare, al contrario del mare Nubium anch’esso decisamente irregolare. Da citare infine all’estremità settentrionale della Luna il Sinus Roris e la lunga striscia del mare Frigoris estesi in senso ovest/est. Presumibilmente quanto oggi osserviamo nei cosiddetti mari lunari, in modo particolare nel settore occidentale, ci riconduce ai giganteschi sconvolgimenti che segnarono la turbolenta storia geologica di quella che, a torto, viene considerata da molti una “anonima palla piena di buchi”.

Ripresa la fase calante, alle ore 03:10 del 15 Gennaio il nostro satellite sarà in Ultimo Quarto in fase di 22,6 giorni ad un’altezza di +24,5° e visibile fino alle prime luci dell’alba dopo avere superato il meridiano alle 06:15, mentre il Novilunio si avrà alle ore 21:53 del 21 Gennaio.

La contestuale ripartenza di un nuovo ciclo lunare porterà il nostro satellite in fase di Primo Quarto alle ore 16:19 del 28 Gennaio, serate in cui diverrà progressivamente sempre più ampia la porzione di superficie lunare illuminata dal Sole, andando pertanto a chiudere il primo mese del 2023 nelle migliori condizioni osservative in attesa del prossimo Plenilunio, ma ne riparleremo tra un mese.

Le Falci lunari di Gennaio

Primo appuntamento per gli appassionati nella tarda nottata del 18 Gennaio quando alle ore 04:09 sorgerà una falce di 25,7 giorni fra le stelle dello Scorpione. Sulla superficie illuminata dal Sole sarà in evidenza la netta distinzione fra le scure rocce basaltiche del settore nordovest rispetto alle ben più chiare rocce anortositiche del settore sudovest. La notte seguente, il 19 Gennaio, sorgerà alle ore 05:24 una più stretta falce di 26,7 giorni. La falce lunare che sorgerà il 20 Gennaio alle ore 06:34 risulterà alquanto problematica data la finestra temporale veramente limitata prima che la luce solare prevalga su tutto, sarà pertanto estremamente importante attuare la massima cautela al fine di evitare gravi problemi alla propria vista. Per quanto riguarda la fase crescente, appuntamento per il 23 Gennaio con una sottile falce di 1,9 giorni che alle ore 19:15 scenderà sotto l’orizzonte accompagnata dalla bella coppia costituita dai pianeti Venere e Saturno molto ravvicinati fra loro, un’imperdibile occasione per interessanti e spettacolari foto. La successiva serata, il 24 Gennaio, alle ore 20:33 tramonterà una falce di 2,9 giorni la cui superficie illuminata dalla luce del Sole potrà già fornire agli appassionati una notevole quantità di dettagli per le proprie osservazioni. Per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.

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Librazioni di Dicembre

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).

Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Est-Sudest:

  • 01 Gennaio. Fase 09,37 giorni – Massima Librazione mare Smythii
  • 02 Gennaio. Fase 10,40 giorni – Massima Librazione crateri Langrenus, Vendelinus
  • 03 Gennaio. Fase 11,44 giorni – Massima Librazione cratere Petavius
  • 04 Gennaio. Fase 12,47 giorni – Massima Librazione mare Australe
  • 05 Gennaio. Fase 13,51 giorni – Massima Librazione mare Australe

Librazioni Regione Sud-Sudovest:

  • 06 Gennaio. Fase 14,53 giorni – Massima Librazione cratere Boussingault
  • 07 Gennaio. Fase 14,54 giorni – Massima Librazione cratere Boussingault
  • 08 Gennaio. Fase 15,58 giorni – Massima Librazione Regione Polare Sud
  • 09 Gennaio. Fase 16,61 giorni – Massima Librazione Regione Polare Sud
  • 10 Gennaio. Fase 17,64 giorni – Massima Librazione cratere Bailly
  • 11 Gennaio. Fase 18,67 giorni – Massima Librazione cratere Phocylides
  • 12 Gennaio. Fase 19,70 giorni – Massima Librazione cratere Schickard
  • 13 Gennaio. Fase 20,73 giorni – Massima Librazione Mare Humorum

Librazioni Regione Ovest-Nordovest:

  • 14 Gennaio. Fase 21,76 giorni – Massima Librazione Mare Orientale
  • 15 Gennaio. Fase 22,79giorni – Massima Librazione cratere Grimaldi
  • 16 Gennaio. Fase 23,82 giorni – Massima Librazione cratere Cavalerius
  • 17 Gennaio. Fase 24,65 giorni – Massima Librazione cratere Kraft
  • 18 Gennaio. Fase 25,70 giorni – Massima Librazione cratere Russel
  • 19 Gennaio. Fase 26,76 giorni – Massima Librazione Sinus Iridum

Librazioni Regione Est-Sudest:

  • 28 Gennaio. Fase 06,84 giorni – Massima Librazione mare Smythii
  • 29 Gennaio. Fase 07,87 giorni – Massima Librazione mare Smythii
  • 30 Gennaio. Fase 08,91 giorni – Massima Librazione cratere Humboldt
  • 31 Gennaio. Fase 09,94 giorni – Massima Librazione cratere Furnerius

 

Note:

– Immagini “Librazioni “: Su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”.

–  Dati e visibilità delle strutture lunari: Software “Stellarium” e “Virtual Moon Atlas”.

–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp

Tutte le info sulle congiunzioni saranno pubblicate a breve!

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SCADE IL 31 DICEMBRE 2022

 

Coelum Cresce + 12 pagine a partire dal numero 260!

  • Il Blog della Redazione
  • Il Blog di Coelum Astronomia
Di
Redazione Coelum
-
19 Dicembre 2022
0

COELVM CRESCE!

Ben 12 pagine in più di Suggerimenti, Approfondimenti e Curiosità

tutto nel fantastico mondo dell’Astronomia!

A partire dal primo numero del 2023, il n°260 di febbraio/marzo, Coelum Astronomia aumenta il numero di pagine per contenere tutti gli articoli scritti dai nostri tanti collaboratori! Inoltre.. Ampliare la Galleria Photo Coelum, arricchire il Cielo del Bimestre e dare spazio alle testimonianze dei tanti appassionati sul territorio.

Per tutto il 2022, nonostante i corposi rincari subiti su tutti i servizi (carta, stampa, spedizione, hosting, energia, connessioni, etc..) il prezzo di Coelum Astronomia è rimasto invariato per rispettare l’impegno preso nei confronti dei lettori.

Uno sforzo importante, soprattutto in una fase delicata come quella del rilancio, che tuttavia non può essere sostenuto a lungo, e a distanza di un anno sul prezzo di copertina verrà applicata una piccola maggiorazione ancora al vaglio.

Ma Coelum, in linea con spirito di correttezza che da sempre anima la redazione, non mancherà l’onere di ricambiare la fiducia di quanti continuano e continueranno a credere in questo caro progetto editoriale e quindi… aumenterà il prezzo si, ma aumenteranno anche le pagine!

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News da Marte #7

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Di
Antonio Piras
-
14 Dicembre 2022
0

livello di difficoltà 🔴🔴⭕⭕⭕ abbastanza semplice

Bentornati su Marte!

Nell’appuntamento di oggi continuiamo a concentrarci su Perseverance e Ingenuity. C’è davvero tanto da raccontare sulle novità delle ultime due settimane che hanno coinvolto questi due robot, ve le mostrerò con abbondanza di foto e video.
Si parte!

Un rover per due lune…

Tra le attività di routine per Perseverance, eseguita quasi quotidianamente, c’è l’osservazione del Sole. Le due MastCam-Z del rover, le camere zoom ad alta risoluzione montate sulla “testa”, sono infatti dotate tra gli altri di due filtri solari.

Lo scopo principale di queste osservazioni è l’analisi dell’oscuramento atmosferico dovuto alle polveri marziane, ma talvolta c’è qualcosa di molto più interessante da guardare: uno dei satelliti di Marte che transita davanti al disco solare!

Non è la prima volta che Perseverance osserva un transito di un satellite dalla sua posizione nel cratere Jezero, infatti già ad aprile di quest’anno il rover aveva eseguito una ripresa di Phobos che eclissava parzialmente il Sole (https://www.coelum.com/news/eclissi-di-sole-marziana-il-video-di-perseverance).

Ma la particolarità che vi segnalo oggi riguarda il fatto che nell’arco di appena 9 Sol il rover ha assistito sia al transito di Phobos che di Deimos!

La prima delle due osservazioni è avvenuta nel Sol 628, 26 novembre sulla Terra, alle 17:37 in ora marziana locale con il Sole già basso 14° sull’orizzonte.

https://youtube.com/shorts/nTS4EEOyHpc

L’evento è durato appena 34 secondi, con la maggiore delle lune marziane che ha mostrato una dimensione apparente di circa 10 minuti d’arco all’occhio di falco della MastCam-Z di sinistra. Dal punto di vista astronomico si evidenzia un movimento calante del Sole, coerente col fatto che ci avvicinassimo al tramonto.

Ho avuto giusto il tempo di elaborare questo video che, con mia grande sorpresa, qualche giorno dopo la NASA ha reso disponibili dei nuovi fotogrammi relativi al Sol 637. Mentre in Italia erano le 3 di notte del 5 dicembre, per Perseverance erano le 9:09 del mattino. Con il Sole alto 29° in cielo, la Left MastCam-Z ha scattato un’altra sequenza di fotogrammi che ha immortalato il transito del satellite Deimos.

https://youtu.be/N0u27wXsuFg

La piccola luna, più lontana di Phobos e di dimensioni pari circa alla metà rispetto a quest’ultima, appare grande appena 2 minuti d’arco. L’intero transito dura 60 secondi, e non risulta difficile distinguere persino alcune macchie solari sul disco della nostra stella!
Nel complesso, il video del transito di Deimos risulta più luminoso e dettagliato rispetto a quello di Phobos, che mi ha richiesto di lavorare parecchio di più sulle curve di luminosità. Questo fatto è legato a un’atmosfera evidentemente molto più inquinata dalle polveri. Ipotizzo che questo sia dovuto a una combinazione di due fattori: da una parte il calore del giorno induce una maggiore circolazione atmosferica e venti più intensi che sollevano maggiore sabbia; dall’altra la ripresa di Phobos è avvenuta con il Sole parecchio più basso e quindi un intrinseco maggior disturbo atmosferico.

 

Possiamo escludere la presenza di locali tempeste di sabbia perché nelle osservazioni solari a ridosso del Sol 628, eseguite come di consueto circa alle ore 13, non si rilevano oscuramenti significativi. Gli effetti di blocco della luce solare da parte delle polveri marziane producono una foschia diffusa che riduce notevolmente la luminosità e ammorbidisce le ombre, come evidente in questi scatti prodotti qualche tempo fa dall’elicottero Ingenuity.

Un ultimo dettaglio interessante ce lo fornisce il software di simulazione astronomica Stellarium. Impostando come località la posizione di Perseverance su Marte, e settando opportunamente data e ora, possiamo assistere anche noi in diretta al transito delle due lune del pianeta rosso!

Dalle opzioni di visualizzazione del cielo possiamo anche attivare il rendering attraverso i modelli 3D dei corpi celesti, godendo così di una simulazione estremamente aderente ai video che vi ho mostrato.

…e un rover per due campioni di sabbia

Perseverance non è solo rimasto a guardare il Sole durante queste settimane. Come anticipato dal racconto nella precedente news, è giunto infatti il tanto atteso momento della raccolta dei primi campioni di regolite marziana!

Per farlo ha sfoderato un’inedita punta per il suo trapano, appositamente studiata per affondare in un terreno sabbioso e raccogliere materiale attraverso due piccole aperture laterali.

Ecco l’intero arsenale di punte a disposizione di Perseverance, qui raccolte e fotografate prima dell’integrazione nel rover. Le punte centrali, indubbiamente le più familiari a voi lettori di questa rubrica, sono quelle impiegate per i carotaggi nella roccia. Le ultime due sono delle frese utilizzate per compiere abrasioni profonde solo pochi millimetri con cui esporre materiale fresco da analizzare. Crediti: NASA/JPL-Caltech

La raccolta ha avuto luogo nel sito denominato Observation Mountain, nel quale il rover è giunto nel Sol 632 all’indomani della sigillatura della sua sedicesima fiala con il campione roccioso Kukaklek. Curiosamente questo è sinora l’unico campione raccolto senza un doppione, con una piccola variazione dalla strategia sinora perseguita di conservare sempre un campione di riserva.

Due Sol dopo l’arrivo a Observation Mountain Perseverance ha eseguito una manovra simile a quella vista nel Sol 593 (vedi news precedente), scavando per qualche centimetro nella sabbia per mezzo della sua ruota anteriore destra. Nello stesso Sol 634 è avvenuta la raccolta del primo campione di regolite, chiamato Atmo Mountain, di cui potete ammirare di seguito qualche sequenza.

In quest’ultimo video fate attenzione agli ultimi due fotogrammi della sequenza: Perseverance sembra eseguire una qualche operazione al termine del prelievo e un residuo di regolite più scura si deposita al suolo, venendo sospinto dal vento e lasciando una breve traccia. C’è anche un minuscolo “crollo” di materiale sul bordo dell’impronta della ruota, causato probabilmente dalle vibrazioni indotte dallo scavo.

Altre immagini interessanti ce le fornisce la CacheCam, la camera che fotografa i campioni all’interno delle fiale durante tutte le fasi di preparazione alla sigillatura.

Queste due foto sono state eseguite in momenti della manipolazione della fiala distanti tra loro 23 minuti, e mostrano il fenomeno di convezione granulare o effetto noce del Brasile. Questo si manifesta quando del materiale costituito da frammenti di dimensioni variabili viene agitato all’interno di un contenitore, con il risultato che i grani di dimensione maggiore emergono in superficie. È ciò che accade alle noci del Brasile, di dimensioni solitamente generose, in un mix di frutta secca!

Non abbiamo dovuto tardare molto per assistere alla raccolta di Crosswind Lake, il secondo campione di regolite messo al sicuro solo 5 Sol più tardi. La visuale bassa è fornita da un mosaico di immagini delle HazCam, mentre il punto di vista dall’alto è restituito da una delle NavCam montate sulla testa del rover.

Lo studio sulla Terra di questi campioni si rivelerà di estrema importanza per la preparazione di future missioni umane su Marte. Conoscere il comportamento fisico e meccanico della regolite, insieme ai potenziali rischi di tossicità per i futuri astronauti, permetterà di sviluppare migliori strumenti di lavoro, habitat più sicuri e tute affidabili.

 

Ingenuity continua i voli di riposizionamento

Sono definiti in questo modo dalla NASA gli ultimi voli compiuti dal piccolo elicottero con lo scopo di riavvicinarlo al rover Perseverance.
Dal nostro precedente aggiornamento Ingenuity ha eseguito altri due decolli per i voli numero 35 e 36, compiuti il 3 e il 10 dicembre.

Il primo di questi è consistito in uno spostamento breve di appena 15 metri e di durata di 52 secondi, con velocità programmata di spostamento orizzontale di 3 metri al secondo. In assenza di immagini per ricostruire il volo nella sua interezza possiamo solo presumere che, visti questi numeri, buona parte di esso sia consistito nello stazionamento a quota costante, il cosiddetto hovering.
Ma non è stato un volo banale, infatti si è segnato il record di altezza per Ingenuity che ha toccato per la prima volta i 14 metri di quota. Il dispositivo che misura la distanza dal suolo è un altimetro laser che, come buona parte dell’elettronica a bordo di Ingenuity, è un dispositivo disponibile in commercio. Si tratta del LIDAR-Lite v3 prodotto da Garmin, il cui range di operatività arriva sino a 40 metri. Ma sembra improbabile che vedremo mai il piccolo elicottero spingersi sino a tali quote!

Per il volo 35 abbiamo a disposizione solo 5 frame, che mi hanno permesso di elaborare questo brevissimo video con alcuni momenti dell’atterraggio.

Parecchio più interessante dal punto di vista visivo è stato il volo 36. Ha visto Ingenuity spostarsi per 110 metri da un’altezza massima di 10 in circa 60 secondi, toccando una velocità massima di 5.5 metri/secondo.

Per questo volo la NASA ha già rilasciato tutti i 182 fotogrammi della camera di navigazione in bianco e nero, che vi mostro nel seguente video.

Non era stato chiarito dal JPL nel momento in cui ha presentato anticipatamente le caratteristiche del volo, ma Ingenuity è atterrato esattamente nello stesso punto del decollo. Con l’ausilio della mappa sottostante, ancora non aggiornata dalla NASA, possiamo aiutarci a stimare la direzione di quest’ultimo spostamento dell’elicottero.

Usando come riferimento grossolano le collinette che Ingenuity ha filmato durante il volo, possiamo dedurre che l’elicottero abbia idealmente proseguito in direzione nord-ovest per 55 metri seguendo la linea tracciata con il volo 35.Visto il recente aggiornamento al software di volo, parrebbe proprio che questo spostamento avesse come obiettivo il test delle nuove funzionalità di misurazione della distanza percorsa per mezzo delle compensazioni altimetriche. Aspettiamo quindi conferma da parte del team di controllo di Ingenuity per conoscere l’esito di quest’ultimo volo, che ha portato a 7517 i metri percorsi in totale nella tenue atmosfera marziana.

Anche per questo aggiornamento dal pianeta rosso è tutto, alla prossima!

Nel prossimo numero di Coelum 260 troverete il riassunto di tutto ciò che accade su Marte e cura di Antonio Piras!

Indice dei contenuti

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Riprodotta la Fusione Nucleare a guadagno energetico

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Di
Redazione Coelum
-
14 Dicembre 2022
0

Il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti e l’ Amministrazione nazionale per la sicurezza nucleare (NNSA) del DOE hanno annunciato l’innesco di una fusione nucleare presso il Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL), un’importante svolta scientifica in corso da decenni che aprirà nuove strade ai progressi nel settore dell’energia e del suo impiego. Il 5 dicembre, il team presso la National Ignition Facility di LLNL (NIF) ha condotto il primo esperimento di fusione controllata in grado di raggiugnere uno storico traguardo, noto anche come “pareggio energetico”, il che significa che l’esperimento ha prodotto più energia dalla fusione rispetto all’energia laser utilizzata per guidarla. Questa impresa la prima nel suo genere fornirà preziose informazioni sulle prospettive di estrazione di energia pulita da fusione, un tassello fondamentale per le economie a zero emissioni di carbonio.

Le parole del Segretario Nazionale all’Energia degli Stati Uniti Jennifer M. Granholm sono chiare “Questo risultato è una pietra miliare che stimolerà ancora più scoperte”. “L’amministrazione Biden-Harris è impegnata a sostenere gli scienziati e la ricerca il cui lavoro aiuterà a risolvere i problemi più complessi e urgenti dell’umanità, come fornire energia pulita per combattere il cambiamento climatico e mantenere un deterrente nucleare senza nucleare test”.

La camera bersaglio del National Ignition Facility di LLNL, dove 192 raggi laser hanno fornito più di 2 milioni di joule di energia ultravioletta a un minuscolo pellet di combustibile per creare l’accensione a fusione il 5 dicembre 2022.

 

 

La fusione è il processo mediante il quale due nuclei leggeri si combinano per formare un singolo nucleo più pesante, rilasciando una grande quantità di energia. Il meccanismo che la natura persevera da anni spontaneamente nelle Stelle.  Negli anni ’60, un gruppo di scienziati pionieristici del LLNL ipotizzò che i laser potessero essere usati per indurre la fusione in un ambiente di laboratorio. Guidata dal fisico John Nuckolls, che in seguito è stato direttore di LLNL dal 1988 al 1994, questa idea rivoluzionaria è diventata la fusione a confinamento inerziale, dando il via a oltre 60 anni di ricerca e sviluppo in laser, ottica, diagnostica, fabbricazione di bersagli, modellazione e simulazione al computer e design sperimentale.

Per perseguire questo concetto, LLNL ha costruito una serie di sistemi laser sempre più potenti, portando alla creazione di NIF, il sistema laser più grande ed energico del mondo. Il NIF – situato presso LLNL a Livermore, in California – ha le dimensioni di uno stadio sportivo e utilizza potenti raggi laser per creare temperature e pressioni simili a quelle che si ritrovano nei nuclei di stelle e pianeti giganti e all’interno di armi nucleari al momento dell’esplosione.

L’hohlraum che ospita il tipo di bersaglio criogenico utilizzato per ottenere l’accensione il 5 dicembre 2022 presso la National Ignition Facility di LLNL.

L’esperimento di LLNL ha superato la soglia di fusione fornendo 2,05 megajoule, sono l’equivalente di 0,57 kWh, di energia al bersaglio composto da deuterio e trizio e complito con ben 192 raggi alser, ottenendo 3,15 MJ, circa 0,875kWh di energia di fusione. Un guadagno notevole, quasi il 50% in più diremmo in parole semplici che già così giustificherebbe sin da subito grandi investimenti per un impigo commerciale puntando alla semplificazione delle strutture per la produzione.

Naturalmente saranno ancora necessari molti progressi sia scientifici che tecnologici per ottenere un IFE semplice ed economico tale da alimentare case e aziende, e il DOE sta attualmente riavviando un programma IFE coordinato e ad ampio raggio negli Stati Uniti.

Gli Istituti di ricerca coinvolti nella scoperta:

Los Alamos National Laboratory, Sandia National Laboratories and Nevada National Security Site, General Atomics, University of Rochester’s Laboratory for Laser Energetics, Massachusetts Institute of Technology, University of California, Berkeley, and Princeton University; United Kingdom’s Atomic Weapons Establishment and the French Alternative Energies and Atomic Energy Commission; and stakeholders at DOE and NNSA and in Congress.

Nel prossimo numero di Coelum 260 l’articolo completo a cura dei ricercatori!

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L’Isola del Sole – una nebulosa speciale

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Di
Redazione Coelum
-
13 Dicembre 2022
0

Vi racconto una storia.

C’era una volta una regina, una guerriera che guidava con saggezza un popolo di sole donne dalla pelle color ebano. Il suo nome era Califia. Narra la leggenda che lei e le sue donne abitassero un’isola dell’oceano Indiano, la mitica e ricchissima Isola di California, o Califerne, come venne soprannominata nella Chanson de Roland. Le sue gesta furono narrate nella novella “Le avventure di Esplandián”, scritta nel 1510 dallo spagnolo Garci Rodríguez de Montalvo.

Oggigiorno, lo stato americano della California ha ereditato il nome da questa mitica isola grazie ai primi esploratori che, nel 1536, al seguito di Hernán Cortés, così la battezzarono, nella convinzione di essere approdati su di essa. Anche nello spazio c’è un’isola dai mille colori, la cui forma ricorda proprio quella dello stato americano ed i colori di questa immagine evocano proprio i colori del sole e dell’oro. Non a caso la California è soprannominata “The Golden State” (lo Stato dell’oro), in omaggio alla corsa all’oro californiana, iniziata nel 1848 ed anche “Lo Stato del Sole”, a causa del suo clima molto soleggiato e arido. Questa nube molecolare dista soli 1000 anni luce dal braccio di Orione, dove risiede il nostro Sole. E’ una nebulosa ad emissione che si estende per circa 100 anni luce. In essa risplendono di luce rossa gli atomi di idrogeno ionizzati, che si ricombinano con gli elettroni perduti, che erano stati strappati dalla energetica luce di una stella, XiPersei, che risplende a destra della nebulosa. Questa nebulosa non è difficile da osservare. Infatti può essere vista anche con un telescopio a grande campo fluttuare in un cielo scuro nella costellazione di Perseo, non lontano dalle Pleiadi. Ma lontana e per sua stessa natura impalpabile, come lo sono le leggende, resta irraggiungibile, proprio come la leggendaria isola della regina Califia.

NGC 1499, la nebulosa California. Crediti: Yannick Akar

 

PRIMA LUCE PER WEAVE, IL NUOVO SPETTROGRAFO DEL TELESCOPIO HERSCHEL

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Di
Redazione Coelum
-
13 Dicembre 2022
0

È stato il gruppo di galassie chiamato “Quintetto di Stephan”, osservato dal James Webb Space Telescope della NASA, il primo obiettivo dello strumento WHT Enhanced Area Velocity Explorer (WEAVE), un nuovo e potente spettrografo a multifibre montato al Telescopio William Herschel (WHT) dell’Osservatorio del Roque de los Muchachos a La Palma, nelle Isole Canarie. WEAVE è ora in fase di verifica e presto produrrà i suoi primi dati scientifici. Le osservazioni di quella che in gergo viene chiamata “prima luce” sono state effettuate utilizzando uno dei tre modi di osservazione a disposizione per questo strumento: l’unità a campo integrale LIFU (large integral-field unit fibre bundle). Al progetto collabora anche l’Italia: il gruppo WEAVE Italia coinvolge più di 80 ricercatori e ricercatrici dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che hanno anche collaborato alla costruzione dello strumento.

Il telescopio William Herschel e lo strumento WEAVE. Il posizionatore di WEAVE è alloggiato nella scatola nera di 1,8 metri sopra l’anello superiore del telescopio. Le fibre ottiche corrono lungo la struttura del telescopio fino all’involucro a sinistra, che ospita lo spettrografo WEAVE. Crediti: Sebastian Kramer.

Gestito dall’Isaac Newton Group of Telescopes (ING) e dalla Collaborazione WEAVE, composta da oltre 500 ricercatori in tutto il mondo, lo spettrografo sarà in grado di osservare gli spettri di diversi milioni di oggetti celesti, stelle e galassie. “WEAVE è il primo degli spettrografi multifibre ad alta risoluzione a grande campo, e l’unico collocato nell’emisfero Nord. Come tale fornisce una visione privilegiata del disco Galattico, principalmente nelle regioni  esterne”, racconta Antonella Vallenari, ricercatrice presso l’INAF di Padova e rappresentante nel comitato esecutivo del team WEAVE Italia. E aggiunge: “WEAVE è fondamentale per capire come si sono formate la nostra Galassia e le galassie esterne e per rispondere a domande rilevanti sulla materia oscura e l’energia oscura”.

Daniela Bettoni, associata dell’INAF di Padova e membro del team italiano WEAVE, spiega i risultati: “Le osservazioni con LIFU si sono concentrate sulla coppia di galassie in collisione, NGC 7318a e NGC 7318b, a una distanza di 280 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione di Pegaso. In questa modalità di osservazione, ben 547 fibre hanno registrato il colore della loro luce dall’ultravioletto al vicino infrarosso. Le fibre sono raggruppate in una area esagonale che copre una porzione di cielo delle dimensioni tipiche delle galassie più vicine a noi. Con questi spettri si possono studiare sia il moto delle stelle che quello del gas, la composizione chimica delle stelle come pure le temperature e densità delle nubi di gas di queste due galassie. Queste osservazioni offrono preziosi indizi su come queste interazioni estreme (vere e proprie collisioni) modificano e trasformano le galassie coinvolte”.

 

Analizzando i dati raccolti con WEAVE, gli esperti hanno notato la presenza di gas ionizzato a est e a sud di entrambe le galassie, ben oltre il disco di ognuna di esse. Nubi di idrogeno, il carburante per la formazione di nuove stelle, sono spinte fuori dalla loro orbita dall’arrivo ad alta velocità – stimata in 800 chilometri al secondo – della galassia NGC 7318b, che si sta muovendo verso la Terra attraversando il centro del “Quintetto di Stephan”. Confrontando le intensità delle linee dell’idrogeno e dell’azoto gli astronomi possono capire quale meccanismo ha ionizzato il gas: l’onda di shock legata alla collisione di nubi di gas oppure la formazione di nuove stelle. La qualità dei dati è eccezionale: WEAVE è riuscito a misurare differenze di velocità dell’ordine di 12,8 chilometri al secondo.

L’immagine del James Webb Space Telescope (JWST) con i dati dell’unità a campo integrale LIFU di WEAVE che punta al Quintetto di Stephan per l’osservazione della cosiddetta “prima luce”. Ogni cerchio nell’immagine indica una fibra ottica di 2,6 secondi d’arco di diametro. L’osservazione fornisce informazioni fisiche da ciascuna regione di ciascuna galassia e dal loro ambiente circostante, coprendo una zona di cielo pari a 120 mila anni luce dall’alto verso il basso. Crediti: NASA, ESA, CSA, STScI (immagine di sfondo); Aladin (sovrapposizione di fibre).

 

I dati in blu, verde e rosso, secondo le velocità derivate dagli spettri WEAVE, sono sovrapposti a un’immagine composita del “Quintetto di Stephan”, che presenta la luce stellare della galassie (CFHT telescope) e l’emissione di raggi X di gas caldo (banda verticale blu, Chandra X-ray observatory). Le velocità indicano che la galassia NGC 7318b (in blu, nella regione centro-sinistra) è entrata nel gruppo a 800 km/s attraverso il centro del gruppo di galassie. Questa collisione ad alta velocità crea scompiglio in NGC 7318b: nubi di idrogeno gassoso, il combustibile della formazione stellare, vengono strappate via dalla galassia. Si tratta di un fenomeno che probabilmente rallenterà notevolmente la formazione di nuove stelle nella galassia. Crediti: Raggi X (blu) – NASA/CXC/CfA/E. O’Sullivan, Dati ottici (marrone) – Canada-France-Hawaii-Telescope/Coelum, WEAVE’s LIFU: Marc Balcells.

Vallenari sottolinea come sia “importante anche il contributo del Telescopio nazionale Galileo (TNG) dell’INAF, dove risiederà l’archivio pubblico che distribuisce I dati a tutta la comunità scientifica Internazionale”.

Il progetto prevede il completamento di otto progetti di ricerca (o survey in inglese), tre che studiano la nostra Galassia e cinque le galassie esterne, che vanno dallo studio dell’evoluzione stellare, alla comprensione della Via Lattea, fino allo studio della evoluzione delle galassie esterne e della cosmologia. Due survey sono a guida italiana e coinvolgono la struttura del disco della Via Lattea tramite i suoi ammassi stellari (coordinata da Antonella Vallenari) e uno studio dettagliato delle proprietà delle galassie a redshift intermedio (coordinata da Angela Iovino, sempre dell’INAF).

WEAVE è uno strumento molto versatile: oltre alla modalità di osservazione a campo integrale (LIFU), può utilizzare altre due modalità, ovvero il MOS, in grado di osservare contemporaneamente circa 960 stelle o galassie con un delicato sistema di fibre, e il miniIFU che permette di osservare a campo integrale fino a 20 oggetti contemporaneamente. Entrambi sono già montati al telescopio e a breve produrranno i primi dati scientifici.

Lo spettrografo WEAVE in laboratorio. Crediti: NOVA.

Vallenari conclude dicendo che grazie “alle sue caratteristiche (grande campo, numero di fibre, risoluzione spettrale, posizione nell’emisfero Nord), lo spettrografo WEAVE non avrà rivali per i prossimi 10 anni. Si tratta di una macchina formidabile in grado di osservare 30 milioni di spettri per 10 milioni di oggetti in 5 anni di survey. Ci aspettiamo che i progetti di ricerca comincino nei primi mesi del prossimo anno. Ci attendiamo grandi scoperte scientifiche da questi nuovi dati”.

Scott Trager, Project scientist di WEAVE, conclude: “Queste osservazioni mostrano la potenza di WEAVE nell’esaminare i fenomeni complessi coinvolti nell’evoluzione delle galassie durante la storia dell’Universo. Sicuramente WEAVE offrirà al team scientifico e all’ampia comunità scientifica di ING l’opportunità di fare nuove grandi scoperte”.

Per saperne di più il video  https://www.ing.iac.es/PR/press/StephansQuintetWEAVE.mp4 Il video mostra la coppia di galassie osservate da WEAVE in luce visibile. L’animazione rivela il moto caotico dell’idrogeno ionizzato a due delle galassie nel Quintetto di Stephan. Crediti: S. Trager. Immagine di sfondo: NASA, ESA, CSA, STSc

Per maggiori informazioni:

Il progetto è una collaborazione tra diversi partner: Science and Technology Facilities Council (STFC, UK), Netherlands Research School for Astronomy (NOVA, NL), la Dutch Science Foundation (NWO, NL), the Isaac Newton Group of Telescope (ING, UK/NL/ES), Astrophysical Institute of the Canaries (IAC, ES), the Ministry of Economy and Competitiveness (MINECO, ES), Ministry of Science and Innovation (MCI), the European Regional Development Fund (ERDF), National Institute for Astrophysics (INAF,IT), French National Centre for Scientific Research (CNRS, FR), Paris Observatory – University of Paris Science and Letters (FR), Besançon Observatory (FR), Region île de France (F), Region Franche-Comté (FR), Instituto Nacional de Astrofísica, Óptica y Electrónica (INAOE, MX), National Council for Science and Technology (CONACYT, MX), Lund Observatory (SE), Uppsala University (SE), the Leibniz Institute AIP (DE), Max-Planck Institute for Astronomy (MPIA, DE), University of Pennsylvania (US), and Konkoly Observatory (HU).

3° Night Sky Party by G.Fas.

  • Appuntamenti del Mese
  • Mostre e Incontri
Di
Redazione Coelum
-
13 Dicembre 2022
0
3° Night Sky Party by G.Fas.
Perdasdefogu (NU) presso AVIOSUPERFICIE ALIQUIRRA
Sabato 17 dicembre 2022
La terza tappa delle serate  all’insegna della divulgazione astronomica organizzata dal gruppo di fotografia astronomica della Sardegna è stavolta ospite dell’associazione Aliquirra presso l’omonima aviosurperficie nel territorio del comune di Perdasdefogu (NU), sotto uno dei cieli più bui ed incontaminati dell’isola. Sarà una serata non solo di osservazione libera al telescopio, ma anche di divulgazione astronomica con dimostrazioni pratiche mediante l’uso degli strumenti messi a disposizione gratuitamente dal G.FAS.
In caso di pioggia o meteo avverso la serata proseguirà al chiuso con la visione di materiale fotografico e video esplicativi.
orario d’inizio 20:30
fine alle 00:30
Gli organizzatori tutti vi aspettano numerosi!!
contatti per partecipare come spettatori:
Ass. Aliquirra – Marco Corongiu 338 622 35 68
contatti G.FAS per partecipare come Astrofili e prenotare una postazione:
Alessandro Bianconi 334 620 80 65
Emanuele Atzeni 340 680 38 25
Simone Lochi 366 606 6864
Gianni melis 340 228 92 05
(per partecipare come Astrofili con strumentazione e prenotare una piazzola è necessario compilare il modulo di iscrizione. contattare Emanuele Atzeni per i dettagli. Concentramento alle ore 16:00 per chi deve prendere la postazione e preparare il setup).
il video promozionale:
https://www.facebook.com/100001078794163/videos/1309228163257705/

Artemis I Splashdown – Domenica 11 Dicembre

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Di
Redazione Coelum
-
10 Dicembre 2022
0
La fine è in vista per la storica missione Artemis I della NASA.

Il rientro della capsula Orion senza equipaggio di Artemis I è previsto per domenica pomeriggio (11 dicembre), un ammaraggio nell’Oceano Pacifico al largo della California del sud dopo 26 giorni di viaggio nello spazio vicino, fra la Terra e la Luna. 

La capsula Orion si è comportata molto bene fino ad oggi e i membri del team di Artemis I sono fiduciosi che il successo si protrarrà fino a domenica. Ma mai dare nulla per scontato.

“Non abbasseremo la guardia”, ha detto il responsabile della missione di Artemis, Mike Sarafin, durante una conferenza stampa giovedì pomeriggio (8 dicembre). “Abbiamo alcuni passaggi difficili da affrontare”.

In effetti, il ritorno a casa di Orion è una delle fasi più impegnative della missione Artemis I. La capsula entrerà nell’atmosfera terrestre domenica a circa 40.000 km/h, per fare un confronto sono circa 32 volte la velocità del suono!

In questa fase le temperature toccheranno punte di circa 5.000 gradi Fahrenheit (2.800 gradi Celsius), siamo praticamente a circa la metà della temepratura sulla superficie del Sole. Sarà lo scudo termico della capsula a dover sopportare tale carico termico, proteggendo il resto della navicella. Un test impressionante per lo scudo termico completamente nuovo e che non ha mai affrontato condizioni così estreme. Lo scudo, con una larghezza di 5 metri, è il più grande del suo genere.

Completion of Avcoat block bonding on Artemis II Heatshield

“Non esiste un arcjet o una struttura aerotermica qui sulla Terra in grado di replicare il rientro ipersonico con uno scudo termico di queste dimensioni”, ha detto Sarafin.

Se tutto va secondo i piani, Orion affonderà domenica intorno alle 12:40 EST (17:40 GMT,18:40 Roma) nell’Oceano Pacifico, al largo della costa occidentale della Bassa California. Il sito si trova a circa 480 km a sud della zona di atterraggio bersaglio originale, che era vicino a San Diego. La modifica è stata apportata per sfuggire alle previsioni meteorologiche avverse più a nord, hanno spiegato giovedì i membri del team della missione.

Una nave della Marina degli Stati Uniti, la USS Portland, attenderà nell’area per recuperare Orion e riportare la capsula a San Diego. Da lì, Orion si dirigerà verso il Kennedy Space Center della NASA in Florida, dove sarà sottoposto a un completo controllo post-volo. 

Qui il video delle prove di recupero tenute a settembre dalla Marina Militare

Sulla via del ritorno sulla Terra, Orion attraverserà anche un periodo di intense radiazioni causato dalle fasce di Van Allen per questo è stato progettato fin dall’inizio per garantire l’affidabilità dei sistemi essenziali del veicolo spaziale durante i potenziali eventi di radiazione e può diventare un rifugio antitempesta improvvisato quando i membri dell’equipaggio utilizzano materiali schermanti per formare una barriera contro le particelle energetiche solari.

Per la missione Artemis I senza equipaggio, Orion sta trasportando diversi strumenti ed esperimenti per comprendere meglio l’ambiente in cui i futuri equipaggi saranno immersi e per fornire informazioni preziose agli ingegneri per sviluppare ulteriori misure protettive. Esistono sensori attivi collegati all’alimentazione che possono inviare letture alla Terra durante il volo, nonché rilevatori passivi che non richiedono alcuna fonte di alimentazione per raccogliere informazioni sulla dose di radiazioni che verranno analizzate dopo il volo.

Il comandante Moonikin Campos (un manichino) è dotato di due sensori di radiazione, oltre a un sensore sotto il poggiatesta e un altro dietro il sedile per registrare l’accelerazione e le vibrazioni durante la missione. Il sedile è posizionato sdraiato con i piedi rialzati, per favorire il flusso sanguigno alla testa per i membri dell’equipaggio nelle future missioni durante la salita e l’ingresso. La posizione riduce anche la possibilità di lesioni consentendo alla testa e ai piedi di non muoversi o subire scossoni durante il decollo e l’atterraggio e distribuendo le forze su tutto il busto durante i periodi di accelerazione e decelerazione elevata, come lo splashdown.

Il manichino con indosso la tuta speciale progettata per Artemis

Le ipotesi prevedono che l’equipaggio sarà sottoposto a due volte e mezzo la forza di gravità durante la risalita e quattro volte la forza di gravità in due punti diversi durante il profilo di rientro pianificato. Gli ingegneri confronteranno i dati di volo di Artemis I con i precedenti test di vibrazione a terra con lo stesso manichino e soggetti umani, per correlare le prestazioni prima di Artemis II.

Oltre ai sensori sul manichino e sul sedile, Campos indossa una tuta pressurizzata Orion Crew Survival System di prima generazione, una tuta spaziale che gli astronauti indosseranno durante il lancio, l’ingresso e altre fasi dinamiche delle loro missioni. Anche se è progettata principalmente per il lancio e il rientro, la tuta Orion può mantenere in vita gli astronauti se Orion dovesse perdere pressione nella cabina durante il viaggio verso la Luna, durante la regolazione delle orbite nel Gateway o sulla via del ritorno a casa. Gli astronauti potrebbero sopravvivere all’interno della tuta fino a ben sei giorni! Lo strato di copertura esterno è arancione per rendere i membri dell’equipaggio facilmente visibili nell’oceano qualora dovessero aver bisogno di uscire da Orion senza l’assistenza del personale di recupero, e la tuta è dotata di diverse caratteristiche per vestibilità e funzionalità.

Orion è decollato su un razzo Space Launch System (SLS) il 16 novembre, dando il via alla missione Artemis 1 è poi scivolato nell’orbita lunare il 25 novembre ed è partito il 1° dicembre. Quattro giorni dopo, la capsula ha eseguito un’accensione del motore di 3,5 minuti durante un sorvolo ravvicinato della Luna per metterla in rotta verso la Terra.

Se l’11 dicembre tutto dovesse conludersi con il successo sperato la NASA potrà finalmente dedicarsi al secondo stadio della misione: Artemis II, con l’obiettivo di inviare astronauti in orbita intorno alla Luna sempre a bordo della capsula Orion. Periodo di riferiemnto 2024. Artemis III dovrebbe far sperare all’allunaggio nei pressi del polo sud lunare fra il 2025 e il 2026.

A seguire molte sono le missioni al vaglio tra cui stabilire un campo base Artemis proprio vicino al polo sud entro la fine degli anni ’20. E da li, negli anni ’30 puntare a Marte. Ma in tanto.. finger cross per domani!

Sul sito di Coelum sarà trasmessa la diretta dal canale Youtube della NASA.

Tra stelle e comete, gli eventi astronomici natalizi all’Osservatorio di Capodimonte

  • Appuntamenti del Mese
  • Mostre e Incontri
Di
ClaudioPra
-
9 Dicembre 2022
0
INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte organizza due serate aperte al pubblico per fare festa insieme con concerti, conferenze e osservazioni ai telescopi del cielo natalizio
 
16 dicembre ore 20:30

Indice dei contenuti

  • Margherita Hackcento anni di una stella con una introduzione scientifica di Marcella Marconi, direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, una serata dedicata al ricordo della figura della grande scienziata, nel centenario della nascita.
  • Un concerto a cura dell’Associazione Antonio Cotogni con Arie, canzoni e poesie per una donna e una scienziata straordinaria.Cantano: Giuditta Puccinelli (soprano), Patrizia Pavoncello (mezzosoprano), Salvatore Maligno (tenore), Luigi Francalanza (pianoforte); progetto e direzione artistica Rosa RodriguezPer concludere la serata le osservazioni ai telescopi con l’Unione Astrofili Napoletani.Ingresso libero su prenotazione: https://100hack.eventbrite.it
  • Arrivano le Cometequel senso di meraviglia delle visitatrici del cosmo Presentazione del Cometario: il catalogo delle grandi comete di Sarah Zambello e Susy Zanella, edito da Nomos edizioni in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, un volume illustrato per bambini che coniuga scienza e immaginario scientifico e che trasmette quel senso di meraviglia per gli antichi e contemporanei visitatori dei nostri cieli.
  • Comete che vanno, comete che vengonoCome lo studio degli oggetti più affascinanti del nostro cielo può aiutarci a decifrare le nostre origini.conversazione scientifica della professoressa Alessandra Rotundi dell’Università di Napoli Parthenope, una delle massime esperte nello studio delle comete.Per concludere la serata le osservazioni ai telescopi con l’Unione Astrofili Napoletani. Durante la serata sarà possibile acquistare una copia del Cometario per un regalo natalizio strabilliante. Ingresso gratuito su prenotazione: https://cometa-natale.eventbrite.it
Margherita Hackcento anni di una stella
con una introduzione scientifica di Marcella Marconi, direttrice dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, una serata dedicata al ricordo della figura della grande scienziata, nel centenario della nascita.
Un concerto a cura dell’Associazione Antonio Cotogni con Arie, canzoni e poesie per una donna e una scienziata straordinaria.Cantano: Giuditta Puccinelli (soprano), Patrizia Pavoncello (mezzosoprano), Salvatore Maligno (tenore), Luigi Francalanza (pianoforte); progetto e direzione artistica Rosa RodriguezPer concludere la serata le osservazioni ai telescopi con l’Unione Astrofili Napoletani.Ingresso libero su prenotazione: https://100hack.eventbrite.it

20 dicembre ore 20:30

Arrivano le Cometequel senso di meraviglia delle visitatrici del cosmo
Presentazione del Cometario: il catalogo delle grandi comete di Sarah Zambello e Susy Zanella, edito da Nomos edizioni in collaborazione con l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, un volume illustrato per bambini che coniuga scienza e immaginario scientifico e che trasmette quel senso di meraviglia per gli antichi e contemporanei visitatori dei nostri cieli.
Comete che vanno, comete che vengonoCome lo studio degli oggetti più affascinanti del nostro cielo può aiutarci a decifrare le nostre origini.conversazione scientifica della professoressa Alessandra Rotundi dell’Università di Napoli Parthenope, una delle massime esperte nello studio delle comete.Per concludere la serata le osservazioni ai telescopi con l’Unione Astrofili Napoletani.
Durante la serata sarà possibile acquistare una copia del Cometario per un regalo natalizio strabilliante.
Ingresso gratuito su prenotazione: https://cometa-natale.eventbrite.it

Occultazione Luna – Marte 8 dicembre

  • Appuntamenti del Mese
  • Bentornati su Marte!
  • Cielo del Mese
Di
Redazione Coelum
-
7 Dicembre 2022
0

Una spettacolare occultazione all’alba dell’8 Dicembre riguarderà la Luna e il pianeta Marte.

Innanzitutto il nostro satellite per l’occasione sarà in Plenilunio proprio domani mattina alle ore 05:08 alla distanza di 396719 km dal nostro pianeta e con diametro apparente di 30,12’ ma anche il Pianeta Rosso avrà qualcosa da esibire, infatti sempre domani mattina Marte alle ore 06:35 sarà in opposizione al Sole.

Pertanto non è proprio il caso di lasciarsi scappare una simile occasione!!

Scendendo nei dettagli le fasi iniziali dell’occultazione saranno perfettamente visibili su tutto il territorio nazionale. Infatti a Bolzano l’inizio sarà alle ore 06:04 con la Luna +18°, a Roma alle ore 06:11 con la Luna a +14° ed infine a Catania con le fasi iniziali alle ore 06:16 con la Luna a +10°.

Per quanto riguarda la fine dell’occultazione, le migliori condizioni di osservabilità si avranno nell’Italia settentrionale e centrale con, ad esempio, la zona di Roma con le fasi finali con la Luna a +4° mentre Catania vedrà il termine dell’occultazione col nostro satellite in prossimità dell’orizzonte ad un’altezza di +1°.

Buona osservazione a tutti e soprattutto attendiamo le vostre immagini su PhotoCoelum!

 

📌ATTENZIONE AGGIORNAMENTO PROMO FUORI TUTTO POSTER

SOLO 10 KIT DISPONIBILI! Affrettati per Natale QUI

 

Unistellar eVscope eQuinox e eVscope 2

  • News di Astronomia
  • Test Strumentali, Accessori e Autocostruzione
Di
Redazione Coelum
-
7 Dicembre 2022
0

Avete mai sognato di poter osservare le bellezze del cielo da casa vostra, magari comodamente seduti sul vostro divano?

Oggi arrivano due strumenti targati Unistellar, nati proprio con l’obiettivo di facilitare l’osservazione del cielo soprattutto a per chi è soggetto ai danni causati dall’inquinamento luminoso che affligge le nostre città (vedi Coelum n°258 ottobre/novembre 2022). Per osservare il cielo, infatti, occorre spesso spostarsi con il proprio telescopio lontano dalle luci, meglio se in montagna, dove il cielo è molto più buio.

Un prodotto innovativo dal punto di vista dell’usabilità, che permetterà a chiunque non solo di vedere in tempo reale gli oggetti celesti più difficili da osservare, ma anche di fotografarli in modo semplicissimo, addirittura dalla città. Il tutto gestito e visualizzato dallo schermo del vostro smartphone o tablet.

Nebulose, galassie e altre meraviglie del cosmo non avranno più segreti grazie alla serie  UNISTELLAR EVSCOPE, il nuovo telescopio digitale distribuito in esclusiva per l’Italia da AURIGA srl, dotato di batteria al litio integrata che permette fino a 10 ore di autonomia continua. Potrete portarlo ovunque senza bisogno di pensare alla rete elettrica.

Non c’è bisogno di essere esperti del cielo: il telescopio è in grado di allinearsi automaticamente riconoscendo le stelle, all’utilizzatore resterà solo la fatica di scegliere uno dei più di cinquemila oggetti in memoria per inquadrarlo e osservarlo dal  dispositivo Android o iOS. E’ inoltre possibile collegare fino a 10 dispositivi, per un’osservazione ancora più coinvolgente.

PERCHE’ SCEGLIERE I TELESCOPI UNISTELLAR?

🛑 Sono telescopi che permetteno di vedere in dettaglio e a colori, anche sotto cieli inquinati, oggetti astronomici fino ad ora fuori dalla portata di qualsiasi strumento ottico.
🛑 Completa autonomia: non occorre conoscere il funzionamento di un telescopio né conoscere il cielo e le coordinate celesti per usarli.
🛑 Altamente didattici, ideali per le scuole, per gli osservatori e per gli eventi pubblici per osservare oggetti al di fuori del Sistema Solare a tutto il pubblico.
🛑 Wireless, non serve alimentazione esterna o un pc per l’utilizzo; scaricando una app gratuita si potranno condividere osservazioni e tempo reale connettendo fino a 10 dispositivi (smartphone, tablet e smart tv).
🛑Leggeri e veloci da montare pesano solo 9 kg ed sono pronti per l’utilizzo in pochi minuti.

I modelli presentati da Unistellar sono due

Indice dei contenuti

  • eVscope eQuinox 
  • il modello base ed anche più economico della linea, si racconta egregiamente nelle caratteristiche principali: 📌Montaggio ultrarapido, pronto all’uso in meno di 2 minuti dopo accensione 📌Batteria integrata ricaricabile per ore di osservazione senza fili 📌Puntamento automatico degli oggetti senza bisogno di nessun tipo di allineamento, grazie al riconoscimento automatico delle stelle inquadrate. 📌Visione degli oggetti celesti da tablet e smartphone, più dispositivi contemporaneamente 📌Osservazione degli oggetti anche da centri urbani grazie alla routine di pulizia dell’inquinamento Luminoso proprietaria. 📌Community Unistellar con possibilità di osservazione scientifica di asteroidi, comete o esopianeti 📌Una volta scaricata la app non serve la connessione ad internet per l’utilizzo
  • eVscope 2
  • Il secondo modello della linea, alle potenzialità del Equinox aggiunge la possibilità di osservare gli oggetti  DIRETTAMENTE DALL’OCULARE ELETTRONICO AD ALTA DEFINIZIONE, come per ogni altro telescopio ma con molto maggior dettaglio e luminosità. Il sensore IMX347 da 4,1 Mp garantirà elevate prestazioni sugli oggetti deboli, con basso rumore elettronico
eVscope eQuinox 

il modello base ed anche più economico della linea, si racconta egregiamente nelle caratteristiche principali:
📌Montaggio ultrarapido, pronto all’uso in meno di 2 minuti dopo accensione
📌Batteria integrata ricaricabile per ore di osservazione senza fili
📌Puntamento automatico degli oggetti senza bisogno di nessun tipo di allineamento, grazie al riconoscimento automatico delle stelle inquadrate.
📌Visione degli oggetti celesti da tablet e smartphone, più dispositivi contemporaneamente
📌Osservazione degli oggetti anche da centri urbani grazie alla routine di pulizia dell’inquinamento Luminoso proprietaria.
📌Community Unistellar con possibilità di osservazione scientifica di asteroidi, comete o esopianeti
📌Una volta scaricata la app non serve la connessione ad internet per l’utilizzo

 

COME FUNZIONA

Il processo per la prima attivazione è semplice, basta seguire alcuni passaggi guidati.
Innazi tutto scaricare la APP Unistellar e connettersi con il telescopio grazie al ruouter di quest’ultimo. La prima sincronizzazione è autonatica,  sarà sufficiente inquadrare un punto a caso del cielo e il telescopio riconoscerà le stelle in quel campo così da individuare la posizione di puntamento. Ora si è già pronti per operare e scegliere l’oggetto da puntare, già suddivisi per categoria o costellazione. Il telescopio punterà una zona di cielo vicino all’oggetto, si ri-sincronizzerà e poi punterà in modo preciso l’oggetto. In pratica fa tutto da solo!
Finalmente ma senza attendere troppo sarà possibile osservare l’oggetto in digitale che a mano a mano che il tempo aumenterà, diventerà via via più dettagliato e luminoso.

CONSIGLI DI UTILIZZO

Particolarmente adatto per Scuole ed universià, divulgazione astronomica, astrofili, osservatori e planetari, hotel e resort ed eventi.

Esempi di Galassie in ambiente sub urbano (10k da Milano)

CARATTERISTICHE
• Diametro 114 mm
• Lunghezza Focale 450mm (f/4)
• Sensore Sony IMX224 a colori
• Ingrandimento equivalente: 50x (digitale fino a 200x)
• Peso totale: 9 Kg
• Memoria interna 64 Gb
• Magnitudine massima: fino a 16 in circa 1 minuto, da un cielo di media qualità, fino a 18 da un cielo buio di montagna con qualche minuto di posa

eVscope 2

Il secondo modello della linea, alle potenzialità del Equinox aggiunge la possibilità di osservare gli oggetti  DIRETTAMENTE DALL’OCULARE ELETTRONICO AD
ALTA DEFINIZIONE, come per ogni altro telescopio ma con molto maggior dettaglio e luminosità. Il sensore IMX347 da 4,1 Mp garantirà elevate prestazioni sugli oggetti deboli, con basso rumore elettronico

CARATTERISTICHE
• Diametro 114 mm
• Lunghezza Focale 450mm (f/4)
• Sensore Sony IMX347 a colori da 4,1 Mp
• OCULARE ELETTRONICO AD ALTA
DEFINIZIONE PROGETTATO DA NIKON
• Ingrandimento equivalente: 50x (digitale fino
a 200x)
• Peso totale: 9 Kg
• Memoria interna 64 Gb
• Magnitudine massima: fino a 16 in circa 1 minuto, da un cielo di media qualità, fino a 18 da un cielo buio di montagna con qualche minuto di posa.

 

👉👉Se volete meglio comprendere il funzionamento di questo nuovo strumento e saggiarne le caratteristiche avanzate, lo potete trovare in visione nel negozio fiorentino di Ottica Tre, dove Nicola Restaino soddisferà ogni vostro dubbio in merito all’eVscope.

Ottica tre si trova in Viale Calatafimi 12-14/R a Firenze.

Per informazioni telefoniche lo potete contattare al numero 055 600057, oppure via email al seguente indirizzo: otticatre@gmail.com

La Radioastronomia un vanto Italiano: Progetto SKA

  • News di Astronomia
Di
Redazione Coelum
-
6 Dicembre 2022
0

Comunicato STAMPA a cura di MEDIA INAF

PROGETTO SKA: LA CERIMONIA DI INIZIO LAVORI 

IN AUSTRALIA E SUDAFRICA

Al via oggi le celebrazioni dell’Osservatorio SKA per l’inizio della costruzione di quello che sarà il più grande radiotelescopio al mondo. Assegnati contratti per un totale di 450 milioni di euro. L’Italia con l’INAF è in prima linea nel progetto. Il Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini commenta: “Sono particolarmente orgogliosa di poter dire che questo progetto è molto legato all’Italia”.

Dopo oltre 30 anni di ideazione, progettazione e test, il progetto SKA è ufficialmente una realtà. Hanno avuto luogo oggi, in Australia e in Sudafrica, le cerimonie ufficiali di inizio lavori per quello che sarà il radiotelescopio più importante al mondo. Durante le celebrazioni è stato dato anche l’annuncio dell’assegnazione di 4 grandi contratti del valore di oltre 300 milioni di euro. I gruppi di antenne denominati SKA-Low e SKA-Mid costituiranno le due reti di radiotelescopi più grandi e complesse mai costruite. Promosso dall’Osservatorio SKA (SKAO), questo radiotelescopio è considerato da molti uno degli sforzi scientifici globali più ambiziosi del 21° secolo, coinvolgendo sedici Paesi in cinque continenti. L’Italia vanta una lunga tradizione nel campo della radioastronomia e tramite l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) è una delle prime nazioni ad aver preso parte al progetto. Grazie alla leadership dell’INAF, tutta la comunità scientifica italiana godrà di un coinvolgimento trasversale in SKA.

Le cerimonie di inizio lavori hanno luogo quasi in contemporanea nei due continenti. La presidente del Consiglio di Amministrazione di SKAO, Catherine Cesarsky, si è recata nella provincia di Northern Cape per rappresentare l’Osservatorio in Sudafrica presso il sito del futuro telescopio a media frequenza (SKA-Mid). Il direttore generale di SKAO, Phil Diamond, ha partecipato invece a una cerimonia simile in Australia occidentale, dove sarà costruito il telescopio SKA-Low, costituito da antenne a bassa frequenza. Durante le cerimonie sono stati resi noti i nomi delle società che si sono aggiudicate i lavori per la realizzazione delle ampie infrastrutture che gestiranno i telescopi, così come le società – anche italiane – che parteciperanno alla realizzazione delle antenne e delle parabole. Presenti i rappresentanti dei governi locali e nazionali, i dirigenti dei partner locali di SKAO, il South African Radio-Astronomy Observatory (SARAO) e l’agenzia scientifica australiana CSIRO.

“Il radiotelescopio SKA non è più solo un progetto, ma una realtà”, sottolinea Anna Maria Bernini,  Ministro dell’Università e della Ricerca. “Il più grande radiotelescopio del mondo, con migliaia di antenne sparse su due continenti, è destinato a definire il nostro presente e il nostro futuro. È uno dei progetti più ambiziosi mai intrapresi finora e sono particolarmente orgogliosa di poter dire che questo progetto è molto legato all’Italia. Fin dall’inizio, l’Italia ha avuto un ruolo di primo piano grazie all’Istituto Nazionale di Astrofisica. L’Italia contribuisce al progetto non solo economicamente e in termini di tecnologia, ma, prima di tutto, attraverso le sue eccellenti risorse umane. Qualcosa in cui siamo leader. L’Osservatorio SKA è la dimostrazione che l’Italia ha tutte le risorse per partecipare a pieno titolo all’esplorazione spaziale da terra. È davvero un’impresa straordinaria. Stiamo compiendo un passo fondamentale verso una più ampia comprensione delle leggi che governano l’Universo. E forse anche verso l’espansione della nostra visione del mondo. Come direbbero i nostri antenati latini, “Per aspera ad astra”. I miei migliori auguri per una fruttuosa esplorazione”, conclude.

Il Consiglio di SKAO aveva dato il via libera all’inizio della costruzione 18 mesi fa, nel giugno 2021.In Sudafrica verranno installate 133 antenne a parabola di 15 metri di diametro, in aggiunta alle 64 antenne del telescopio MeerKAT già esistenti: le 197 antenne formeranno uno strumento in grado di captare segnali radio a media frequenza. L’Australia ospiterà un array di telescopi a bassa frequenza di 131.072 antenne, ciascuna alta due metri e a forma di albero di Natale. Il telescopio SKA-Low così composto rileverà segnali provenienti dal Cosmo con frequenze comprese tra 50 e 350 megahertz, mentre SKA-Mid rileverà quelli con frequenze comprese tra 350 megahertz e 15,4 gigahertz.

Nei prossimi 50 anni, gli scienziati di tutto il mondo useranno i telescopi SKA per rispondere a domande cruciali sulle prime fasi di vita dell’Universo e per svelare alcuni dei misteri più profondi dell’astrofisica. Le infrastrutture e le antenne SKA verranno costruite in più fasi e la prima, la cui spesa prevista è di 1,3 miliardi di euro, dovrebbe essere completata nel 2028. L’obiettivo finale è avere migliaia di parabole in Sudafrica e nei paesi partner africani e un milione di antenne in Australia.

Dall’inizio delle attività di costruzione globali nel luglio 2021, SKAO ha assegnato quasi 50 contratti per un valore di circa 450 milioni di euro (150 milioni assegnati finora e 300 milioni annunciati oggi durante le celebrazioni). L’approvvigionamento iniziale si è concentrato sullo sviluppo del software, appaltando società di servizi professionali per aiutare a supervisionare la costruzione e l’acquisto all’ingrosso dei componenti necessari. I quattro contratti annunciati oggi riguardano la costruzione delle infrastrutture in Australia e in Sudafrica e la produzione delle antenne a media e bassa frequenza.

Le aziende italiane hanno contribuito a progettare le antenne SKAO e a costruire i telescopi precursori. Si sono anche impegnate in applicazioni spin-off di nuove tecnologie. Nel corso degli anni,  tante realtà industriali italiane hanno collaborato al progetto fornendo supporto ai diversi gruppi di lavoro, nella fase di progettazione e nella produzione di alcuni prototipi. Nelle ultime settimane, diverse aziende italiane si sono aggiudicate contratti considerevoli per la realizzazione di parti e componenti delle antenne SKA-Mid e SKA-Low, e per la costruzione delle antenne SKA-Low.

La costruzione dei telescopi SKA richiederà otto anni e verranno consegnati in più fasi. Il primo importante traguardo dovrebbe essere raggiunto all’inizio del 2024 con il completamento di sei stazioni SKA-Low e delle prime quattro antenne SKA-Mid. Il completamento di due array è previsto intorno al 2028. I telescopi funzioneranno insieme come un telescopio unico, sfruttando la natura dei due array di radiotelescopi, tecnicamente chiamati interferometri, che consentono osservazioni anche con solo un sottoinsieme dell’intero array. I radioastronomi e i tecnici aspettano i primi notevoli risultati scientifici prima che i telescopi siano completati alla fine di questo decennio.

Marco Tavani, presidente dell’INAF, commenta entusiasta la partecipazione italiana: “Sono felice di confermare il nostro sostegno a questo fantastico progetto, uno sforzo internazionale che ci porterà a svelare i segreti dell’Universo. L’Italia fa parte del progetto SKA sin dall’inizio: dopo la creazione dell’organizzazione intergovernativa, e l’inizio della fase operativa,  siamo arrivati finalmente alle celebrazioni per l’inizio della costruzione dei telescopi nei due continenti. È un progetto molto ambizioso, e la comunità di radioastronomi e astrofisici italiana è fortemente coinvolta. Voglio assicurare all’Osservatorio SKA il supporto dell’Istituto Nazionale di Astrofisica per il proseguimento di questa fruttuosa collaborazione”.

Sin da subito con un ruolo di protagonista nel progetto, dal 2015 al 2018 l’Italia ha guidato i negoziati multilaterali che hanno portato all’istituzione dell’Osservatorio, dell’organizzazione intergovernativa (IGO) per la supervisione della costruzione della più grande rete di radiotelescopi al mondo. Il 24 maggio 2018, l’Italia è stata la prima nazione a siglare il testo del trattato internazionale (Convenzione). Pochi mesi dopo, il 12 marzo 2019, durante una cerimonia ufficiale presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR), i Ministri dei primi sei Paesi ad aver aderito hanno ufficialmente firmato il Trattato internazionale dando vita all’Osservatorio SKA (SKAO).

L’intero programma di sviluppo del progetto SKA prevede 12 ambiti tecnologici e l’INAF è attore di rilievo in 5 di questi: antenne a parabola, antenne a dipolo, gestione del telescopio, Central Signal Processor e un programma di sviluppo di strumentazione avanzata sui PAF. Sotto la guida dell’INAF, inoltre, l’Italia contribuisce alla definizione di tutti i casi scientifici del progetto SKA attraverso un’ampia partecipazione agli SKA Science Working Groups (SWG): dalla cosmologia ai test sulla relatività generale tramite lo studio delle pulsar, dall’evoluzione delle galassie allo studio dettagliato della nostra Galassia, dalle onde gravitazionali al magnetismo, passando per l’epoca della reionizzazione. Il personale di 15 strutture INAF e di 14 università italiane è coinvolto in 13 dei 14 SKA SWG: attualmente 6 di questi gruppi (Cosmology, Epoch of Reionization, Gravitational Waves, HI Galaxy Science, Magnetism, Our Galaxy) sono a leadership Italiana, mentre in 9 l’Italia ha ruoli di coordinamento.

APer saperne di più altri contenuti multimediali

  • SKAO Construction Commencement media kit
  • Dichiarazione Anna Maria Bernini, Ministro dell’Università e della Ricerca
  • Dichiarazione Marco Tavani, Presidente INAF
  • Media Pack Italia
  • VIDEO CANALE MEDIAINAF TV: Là dove nasce la foresta di antenne per Ska

 

Il prossimo numero di Coelum Astronomia 260 di febbraio/marzo 2023 sarà dedicato alla Radioastronomia amatoriale e non — > non perderlo!! 

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Notte del Divini

  • Il Blog della Direttrice
Di
Redazione Coelum
-
6 Dicembre 2022
0

Il 2 dicembre è stato un onore partecipare all’incontro di orientamento organizzato dal Divini Istituto Tecnico Tecnologico per la #nottedeldivini. Un momento per raccontare l’esperienza personale ma anche per sottolinare che con il diploma tecnico si può fare tutto! Grazie per l’invito alla prof.ssa Barbara Cruciani e la partecipazione del Magnifico Rettore Claudio Pettinari di UNICAM – Universita’ degli Studi di Camerino

Con noi anche a Luca Capiluppi, Cristina Sgattoni del CNR e Cristian Fattinnanzi

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