Entrati ormai nel vivo dell’autunno, il cielo di Novembre ci offre un ampio panorama sulle costellazioni che osserveremo fino all’inverno prossimo!
Il dettaglio sulla costellazione di Andromeda, del Triangolo e quanto possiamo osservare in queste lunghe notti autunnali, disponibili all’articolo Le Costellazioni di Novembre 2022 a cura di Teresa Molinaro
COSA OFFRE IL CIELO
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Mercurio
01/11 Sorge: h 06:15 Tramonta: h 16:58
30/11 Sorge: h 08:22 Tramonta: h 17:17
Questo novembre l’accostamento tra Mercurio e la nostra stella si fa man mano più stretto con il passare del tempo, per poi giungere al giorno 8 in cui il pianeta sarà in congiunzione superiore con il Sole. Quest’evento va a segnare il passaggio del pianeta dalle sue apparizioni mattutine a quelle serali. Nella seconda metà del mese si discosterà sempre più dalla nostra stella, passando in afelio il giorno 19, per poi soffermarsi maggiormente nel nostro cielo serale verso fine novembre. Solo per dovere di cronaca, segnaliamo una stretta triangolazione Mercurio-Luna-Venere il giorno 24: il nostro satellite sarà una sottilissima falce successiva al Novilunio e la stretta finestra temporale poco prima del tramonto non permetterà una buona visione dell’evento.
Venere
01/11 Sorge: h 06:52 Tramonta: h 17:16
30/11 Sorge: h 08:04 Tramonta: h 17:15
Ci siamo lasciati il mese precedente con pochissime occasioni per l’osservazione di Venere e la situazione a novembre sarà altrettanto poco entusiasmante. Il bel pianeta seguirà infatti il Sole per quasi tutto l’arco della giornata, rendendosi inosservabile. Una vera inversione di marcia l’avremo solo verso fine mese, in cui ci concederà qualche istante in più per essere contattato nelle ore serali. Tutta un’altra storia saranno i prossimi mesi invernali, in cui il luminoso astro della sera ci terrà compagnia per diversi istanti dopo il tramonto!
Marte
01/11 Sorge: h 19:27 Tramonta: h 10:48
30/11 Sorge: h 16:59 Tramonta: h 08:31
Novembre, come il mese precedente, sarà un ottimo periodo per l’osservazione del pianeta rosso. Marte ci accompagna per tutta la notte, sorvegliato attentamente dall’acceso occhio del Toro. Anticipa sempre più il suo sorgere e, per fine mese, farà capolino pochi istanti dopo il tramonto del Sole. L’11 novembre ci sarà una bella congiunzione con la Luna da non perdere: i due astri si troveranno a poco più di 2° di separazione, splendidamente apprezzabili nella bella cornice fornita dalle costellazioni del Toro e di Orione.
Giove
01/11 Sorge: h 15:28 Tramonta: h 03:30
30/11 Sorge: h 13:32 Tramonta: h 01:32
Pian piano questo novembre iniziamo a salutare questo gigante del cielo, mentre scivoliamo lentamente verso i mesi invernali in cui non sarà più contattabile in orari serali. Giove inizierà a mostrarsi in orari pomeridiani, anticipando di molto il suo sorgere con il passare dei giorni. A inizio mese, precisamente il 4 novembre, lo troveremo in una bella congiunzione con la Luna: evento che ci accompagnerà per gran parte della notte, fino al tramontare dei due astri poco dopo le 3. Per un’altra suggestiva congiunzione tra i due, dovremo attendere il primo giorno di dicembre!
Saturno
01/11 Sorge: h 13:49 Tramonta: h 23:55
30/11 Sorge: h 11:58 Tramonta: h 22:08
La finestra temporale di osservazione serale del pianeta ad anelli si fa nettamente stretta e avremo pochi attimi per ammirare la sua luce da dopo il tramonto fino le prime ore notturne. Il primo giorno di novembre ci regala una bella congiunzione con la Luna, con poco più di 4° di separazione, facilmente apprezzabile anche con modesti strumenti. E, come a volerci salutare, di congiunzione con il nostro satellite ce ne regala un’altra alla fine del mese: il giorno 29 Saturno e Luna si incontreranno nuovamente in un abbraccio un po’ meno stretto del precedente, ma sempre degno di nota.
Urano
01/11 Sorge: h 17:18 Tramonta: h 07:35
30/11 Sorge: h 15:21 Tramonta: h 05:35
Urano è una presenza costante delle nostre notti autunnali, l’unico pianeta gassoso che in questo periodo rimane placidamente a sorvegliare il cielo per quasi tutta la durata della notte. Vedremo anticipare sempre più il suo sorgere con il passare dei giorni, alla pari di Giove e Saturno, e lo possiamo contattare tra l’Ariete e il Toro, le due costellazioni che gli fanno da guardiane già da diverse settimane. Lo troveremo l’8 novembre in congiunzione con la Luna; verrà occultato dal nostro satellite in quella stessa data, ma l’evento non sarà visibile dall’Italia. Mentre sarà in opposizione il giorno successivo, visibile per quasi tutto l’arco della notte.
Nettuno
01/11 Sorge: h 15:12 Tramonta: h 02:56
30/11 Sorge: h 13:17 Tramonta: h 01:00
Anche per Nettuno, al pari degli altri pianeti gassosi, novembre segna la sua lenta scomparsa in orari serali. Costante accompagnatore – anche se invisibile – delle nostre serate estive, con il proseguire del mese di novembre seguirà Giove nella costante anticipazione dell’orario del suo sorgere. E proprio al gigante del cielo farà compagnia durante la congiunzione Luna-Giove del 04/11, fino al tramontare dei due astri.
Continua ancora la fase di crescita del ciclo solare 25, che anche nel mese di Ottobre ci ha regalato un’attività molto varia ed interessante!
Non perdere l’articolo a cura di Daniele Bonfiglio: clicca QUI
LUNA
Approfittiamo delle lunghe notti autunnali per goderci l’osservazione del nostro bellissimo satellite. Tutto ciò che devi sapere sulla Luna di Novembre!
Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Novembre 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.
A Novembre la ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molteplici transiti notevoli con magnitudini elevate durante quest’ultimo mese autunnale, auspicando come sempre in cieli sereni!
Apriamo la rubrica con la bella notizia di una scoperta italiana, che mancava ormai da diversi mesi!
A metterla a segno è stato ancora una volta l’astrofilo romagnolo Mirco Villi grazie alla collaborazione con i professionisti americani del CRTS Catalina.
La notizia però che ci lascia veramente a bocca aperta, arriva ancora una volta dal paese del Sol Levante. L’incredibile extraterrestre, oramai non sappiamo più come definirlo, Koichi Itagaki elude la rete di controlli dei programmi professionali e realizza una stupenda doppietta nel giro di soli quattro giorni.
L’articolo a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini disponibile QUI
Cieli sereni a tutti!
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Un approfondimento su Cerere: il gigante del cielo
(1) Cerere è il più grande asteroide della fascia principale tanto che da solo costituisce il 40% della massa stimata dell’intera cintura degli asteroidi.
È classificato come asteroide di tipo C (carbonaceo) e, data la presenza sulla sua superficie di minerali argillosi, è indicato anche come asteroide di tipo G (una tipologia relativamente rara di asteroidi di tipo C).
La sua forma è quella di uno sferoide oblato, con un diametro equatoriale maggiore dell’8% rispetto al suo diametro polare. Le misurazioni effettuate della sonda Dawn hanno rilevato un diametro medio di 939 km e una densità media che suggerisce che un quarto della sua massa sia composta da ghiaccio d’acqua.
Si ritiene che (1) Cerere sia un corpo almeno parzialmente differenziato che potrebbe possedere un piccolo nucleo metallico, al momento non inoltre è chiaro se disponga o meno di un campo magnetico globale.
(1) Cerere ha una superficie tormentata e fortemente craterizzata dove il più grande cratere è costituito dal bacino di Kerwan, che si estende in larghezza per oltre 280 km. La regione polare nord presenta un numero maggiore di crateri rispetto alla regione equatoriale e si conoscono almeno tre grandi bacini poco profondi che si pensa siano i resti di antichi crateri da impatto, dei quali il più esteso – la Vendimia Planitia, con i suoi 800 km di diametro – rappresenta la più grande struttura geografica ad oggi conosciuta.
La presenza di una tenue atmosfera transitoria costituita prevalentemente da vapore acqueo è stata rilevata inizialmente nel 2014 per poi essere confermata dalle misure della sonda Dawn nel 2017.
Sebbene (1) Cerere non sia considerato un ambiente favorevole ad ospitare forme di vita seppur elementari (a differenza di Marte, Europa, Encelado o Titano), resta comunque il corpo del sistema solare interno che dispone della maggior quantità di acqua dopo la Terra; non è quindi escluso che sotto la sua superficie possano esistere habitat idonei al suo sviluppo!
Dal punto di vista osservativo quando è in opposizione questo grande asteroide può raggiungere una magnitudine apparente di 6.7, rimanendo comunque troppo debole per essere osservabile ad occhio nudo.
Tra tutti gli asteroidi della Fascia, (4) Vesta è l’unico che può raggiungere regolarmente una magnitudine altrettanto brillante, mentre altri grandi asteroidi quali ad esempio (2) Pallas e (7) Iris lo fanno solo al momento dell’opposizione vicino al rispettivo perielio.
GLI ASTEROIDI DI NOVEMBRE
(27) Euterpe
(27) Euterpe è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.310 giorni (3,59 anni) ad una distanza compresa tra le 1,95 e le 2,75 unità astronomiche (rispettivamente: 291.715.848 km al perielio e 411.394.144 km all’afelio).
Deve il suo nome a Euterpe, musa della musica e della poesia nella mitologia Greca.
Scoperto da John Russel Hind l’8 Novembre 1853, questo grande asteroide (circa 96 Kilometri di diametro) sarà in opposizione il 12 di Novembre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 8.8.
Il suo moto sarà di 0,65 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (27) Euterpe trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
(30) Urania
(30) Urania è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.330 giorni (3,64 anni) ad una distanza compresa tra le 2,06 e le 2,67 unità astronomiche (rispettivamente, 308.171.614 km al perielio e 399.426.315 km all’afelio).
Deve il suo nome a Urania una delle nove muse nella mitologia Greca, protettrice dell’astronomia e della poesia.
Scoperto da John Russel Hind il 22 luglio 1854, questo grande asteroide di dimensioni paragonabili a (27) Euterpe (circa 88 km di diametro) sarà in opposizione il 28 di Novembre, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 9.7.
Il suo moto sarà di 0,66 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (30) Urania trasformarsi in una bella striscia luminosa di 26 secondi d’arco.
Apriamo la rubrica con la bella notizia di una scoperta italiana, che mancava ormai da diversi mesi!
A metterla a segno è stato ancora una volta l’astrofilo romagnolo Mirco Villi grazie alla collaborazione con i professionisti americani del CRTS Catalina.
La scoperta della AT2022xod in UGC4958 ottenuta dal Catalina con il telescopio Cassegrain da 1,5 metri
Nella notte del 14 ottobre, analizzando un’immagine realizzata con il telescopio Cassegrain di 1,5 metri di diametro dell’osservatorio americano sul Mount Lemmon in Arizona, ha individuato una debole stella nuova di mag.+19,7 nella galassia a spirale barrata UGC4958 posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore a circa 370 milioni di anni luce di distanza.
Al momento in cui scriviamo nessun osservatorio professionale ha ottenuto uno spettro di conferma e pertanto a questa possibile supernova è stata assegnata la sigla provvisoria AT2022xod.
UGC4958 aveva visto esplodere al suo interno un’altra supernova conosciuta, la SN2013gg scoperta il 5 novembre 2013 dagli astrofili cinesi Zhangwei Jin e Xing Gao, di tipo IIP.
La notizia però che ci lascia veramente a bocca aperta, arriva ancora una volta dal paese del Sol Levante. L’incredibile extraterrestre, oramai non sappiamo più come definirlo, Koichi Itagaki elude la rete di controlli dei programmi professionali e realizza una stupenda doppietta nel giro di soli quattro giorni. La prima è stata realizzata nella notte, prima dell’alba, del 13 ottobre individuando una stella di mag.+17 nella bella galassia a spirale NGC3938, posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore a circa 37 milioni di anni luce di distanza. Nella notte del 15 ottobre gli astronomi giapponesi dell’Okayama Observatory con il telescopio Seimei da 3,8 metri hanno ripreso lo spettro di conferma.
SN2022xlp in NGC3938 ottenuta dall’astrofilo giapponese Toshihide Noguchi con un telescopio Schmidt-Cassegrain da 230mm F.10 + CCD KAF261E
La SN2022xlp, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova di tipo Iax. Si tratta infatti di un tipo peculiare e raro di supernovae, che prendono il nome dal prototipo di questo gruppo di oggetti, cioè la SN2002cx. Sono supernovae di solito più deboli e con righe nello spettro molto più strette di una normale Ia ed associate a popolazione stellare giovane. La loro interpretazione fisica è ancora in fase di approfondimento e sono perciò seguite con molto interesse dalla comunità astronomica internazionale. NGC3938 ha visto esplodere al suo interno altre quattro supernovae conosciute: la SN1961U scoperta dall’astronomo svizzero Paul Wild di tipo II, la SN1964L scoperta sempre da Paul Wild di tipo Ic, la SN2005ay scoperta dall’astrofilo americano Doug Rich di tipo II ed infine la SN2017ein scoperta dall’astrofilo inglese Ron Arbour di tipo Ic.
NGC3938 è una stupenda galassia a spirale vista di faccia che poteva far parte a pieno titolo del catalogo di Messier. Molto probabilmente l’astronomo francese passò sopra questa galassia, ma il suo strumento gli permise di vedere solo il luminoso nucleo centrale scambiandolo per una semplice stella e non il meraviglioso vortice dei suoi bracci.
Peccato che NGC3938 è uscita il 21 settembre dalla congiunzione con il Sole e pertanto è visibile nelle ultime ore della notte. A fine ottobre bisognerà attendere fino alle ore 3,00 per averla ad un’altezza di almeno 30° sopra l’orizzonte. La supernova è comunque leggermente aumentata di luminosità ed ha raggiunto la mag.+15 intorno al 20 ottobre. Si tratta pertanto di uno stupendo soggetto da fotografare con la presenza di una supernova luminosa e molto particolare.
3) Stupenda immagine della galassia NGC3938 ottenuta nel febbraio 2011 dall’astronomo statunitense Adam Block al Mount Lemmon SkyCenter con il Schulman Telescope da 80cm + CCD SBIG STX ed esposizione LRGB=270-80-80-80 minuti.
E NON FINISCE QUI!
La seconda scoperta del veterano giapponese è stata invece realizzata nella notte del 17 ottobre, ma sempre prima dell’alba. Koichi Itagaki ha individuato una stella di mag.+15,5 nella galassia a spirale barrata NGC3705 posta nella costellazione del Leone a circa 50 milioni di anni luce di distanza. Al momento della scoperta la galassia era immersa nei primi bagliori dell’alba.
NGC3705 è infatti uscita dalla congiunzione con il Sole il 15 settembre ed ha una declinazione molto più bassa rispetto a NGC3938 e pertanto per averla ad un altezza di almeno 30° sopra l’orizzonte bisognerà attendere fino alle ore 5,00. La ciliegina sulla torta è arrivata dalla classificazione che è stata realizzata in condizioni a dir poco proibitive dal nostro Claudio Balcon la notte del 19 ottobre, poco prima dell’alba. Questa è perciò una supernova scoperta e classificata tutta a livello amatoriale, ad oggi ne conosciamo almeno otto e nelle ultime sei c’è il marchio dell’astrofilo bellunese.
Immagine della SN2022xxf in NGC3705 ottenuta dall’astrofilo giapponese Yuuji Ohshima
La SN2022xxf, questa la sigla definitiva assegnata, è una supernova peculiare di tipo Ic-BL scoperta pochi giorni prima del massimo di luminosità, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiano all’impressionante velocità di oltre 20.000 km/s.
Le supernovae di tipo Ic-BL (Broad-Lined) rispetto alle normali Ic sono più luminose ed hanno una velocità di espansione molto più elevata raggiungendo anche i 30.000 km/s un decimo della velocità della luce. Le supernovae Ic-BL sono le uniche associate alle sorgenti di raggi gamma molto intensi GRB.
Non tutte le supernovae Ic-BL però mostrano i GRB solo perché questi vengono emessi esclusivamente sull’asse di rotazione della stella e quindi la loro visibilità dipende dall’orientamento dell’asse verso di noi. Anche gli astronomi giapponesi del Higashi -Hiroshima Observatory con il telescopio Nakata da 1,5 metri hanno ripreso lo spettro di questa supernova confermando la classificazione fatta da Claudio Balcon.
Elaborazione dello spettro della SN2022xxf ottenuto da Claudio Balcon con telescopio Newton da 200mm F.5 + spettroscopio autocostruito ed esposizione di 15 minuti. Confronto tramite il programma Astrodash che trova la giusta comparazione con la SN1997ef di tipo Ic-BL 5 giorni prima del massimo di luminosità
Dal New Messico (USA) gli astronomi americani hanno puntato questa interessante supernova con il radio telescopio Karl G. Jansky Very Large Array VLA, rilevando un emissione radio in una posizione compatibile con la supernova. A dimostrazione di quanto sia interessante la SN2022xxf, anche il telescopio spaziale SWIFT indirizzerà il suo occhio per una campagna osservativa di dieci giorni a partire dal 30 ottobre. Intanto la luminosità della supernova è leggermente aumentata intorno alla mag.+15 e la galassia NGC3705 si sta sempre più allontanando dal Sole migliorando le sue condizioni osservative, ma non sarà comunque uno stupendo oggetto da fotografare, se paragonato alla maggiore fotogenicità della precedente galassia NGC3938.
Con questa doppietta di supernovae pecuniari e molto interessanti l’astrofilo giapponese raggiunge quota 171 scoperte consolidando la sua terza posizione nella Top Ten mondiale amatoriale, con 6 supernovae scoperte nel 2022!
E C’È CHI LO BATTE…
Sembrerà incredibile ma a livello amatoriale nel 2022 c’è chi ha fatto meglio di lui.
Stiamo parlando dei cinesi del programma XOSS capitanati dall’astrofilo Xing Gao che in questo 2022 hanno raggiunto quota 10 supernovae. Si tratta di eventi poco appariscenti perché deboli come magnitudine e posizionati principalmente in galassie anonime.
Chiudiamo la rubrica prendendo in esame la loro ultima scoperta avvenuta la notte del 22 ottobre, individuando una stella nuova di mag.+17,7 nella piccola galassia PGC6266216 posta nella costellazione di Pegaso. Lo spettro di conferma, che ha permesso di assegnare alla supernova la sigla definitiva SN2022yjl, è stato ripreso nella notte del 23 ottobre dagli astronomi cinesi del Yunnan Observatory con il Lijiang Telescope da 2,4 metri.
Si tratta di una giovane supernova di tipo II con una magnitudine assoluta di -20 e quindi potremmo essere davanti ad un evento luminoso o addirittura super-luminoso. Come sappiamo le supernovae più luminose sono le tipo Ia con una magnitudine assoluta di -19. Le supernovae di tipo II sono di solito un paio di magnitudini più deboli posizionandosi intorno alla magnitudine assoluta di -17.
Esistono però dei casi molto rari di supernovae di tipo II super-luminose che hanno raggiunto anche l’impressionate magnitudine assoluta di -22, dei veri e propri mostri di potenza. Gli astronomi cinesi grazie al loro spettro hanno ottenuto un redshift di 0,08 che corrisponde alla notevole distanza di circa un miliardo di anni luce di distanza. Questo è un chiaro esempio di una supernova che diventa più luminosa dell’intera galassia che la ospita.
SN2022yjl in PGC6266216 ottenuta da Claudio Balcon con un telescopio Newton da 200mm F.5 + CCD ATIK428ex ed esposizione 3×180 secondi
Nella foto di Claudio Balcon infatti la galassia è praticamente invisibile perché sovrastata dalla forte luminosità della supernova, che comunque è non riuscita a superare la mag.+17 a causa dell’enorme distanza della galassia ospite.
Continua ancora la fase di crescita del ciclo solare 25, che anche nel mese di Ottobre ci ha regalato un’attività molto varia ed interessante!
Per quanto riguarda le previsioni per il ciclo 25, non essendoci novità particolari ci limitiamo a riportare il grafico con i dati aggiornati allo scorso mese (con la curva di previsione invariata) che si può ottenere dal sito a cura dei fisici solari Lisa Uptone e David Hathaway: http://solarcyclescience.com/forecasts.html
IL REPORT DI OTTOBRE 2022
Veniamo ora a discutere gli aspetti salienti dell’attività solare del mese in corso (Ottobre 2022).
Come di consueto vediamo innanzitutto l’evoluzione generale delle macchie solari, riportata nell’animazione prodotta sulla base di immagini a banda larga del satellite Solar Dynamics Observatory della NASA.
credits: NASA/SDO and the AIA, EVE, and HMI science teams
Nella prima metà del mese abbiamo assistito ad una intensa attività nell’emisfero Nord, con una sfilata di regioni attive a partire dalla 3110 fino alla 3112, che insieme alla regione 3116 ha costituito una sorta di macroregione attiva dalla struttura complessa ed articolata.
A questa coppia di regioni attive si è poi aggiunta la 3119, che è stata l’ultima a scomparire dietro il limbo occidentale il giorno 16 Ottobre.
Si sono poi avuti alcuni giorni privi di strutture di dimensioni significative, finché il 24 Ottobre è comparsa dal limbo orientale la coppia di regioni attive 3131 e 3133, che sono ancora visibili tuttora nell’emisfero Nord.
Passiamo ora ai fenomeni energetici come i brillamenti solari
Anche in questo caso la prima metà del mese di Ottobre ha mostrato l’attività più intensa, come evidenziato dal grafico con il flusso dei raggi X durante l’intero mese misurato dai satelliti GOES (figura prodotta utilizzando il sito https://www.polarlicht-vorhersage.de/goes-archive).
Nei primi giorni del mese si è osservata una sequenza piuttosto ravvicinata di brillamenti rapidi, di cui uno di classe X originatosi il giorno 2 Ottobre dalla regione attiva 3110.
Sì è poi passati ad una serie di brillamenti più sporadici ma di durata maggiore, come quello che si è prodotto il 13 Ottobre dalla regione attiva 3119 e catturato nella sua fase esplosiva in questa ripresa in idrogeno alfa con telescopio solare Solar Scout 60.
Nell’immagine qui sopra si può osservare il brillamento come una struttura molto luminosa che scaturisce da una macchia solare e termina in una contigua. Si tratta essenzialmente di una scarica di particelle cariche che segue un percorso dalla caratteristica forma a “nodo” (kink in inglese) dovuta all’instabilità magnetoidrodinamica del canale di corrente stesso.
LA PERLA DEL MESE: L’ECLISSE PARZIALE!
credit: Daniele Bonfiglio
Infine non possiamo non menzionare l’eclisse parziale di Sole avvenuta pochi giorni fa, il 25 Ottobre con fase massima alle 12:20 ora italiana. Come sempre è stato un fenomeno molto suggestivo da osservare e fotografare.
Vi proponiamo qui un’immagine in idrogeno alfa della fase finale dell’eclisse fatta da Padova dopo che finalmente le nuvole si erano diradate per permettere di godersi lo spettacolo.
Novembre sarà ancora un mese di transizioneper gli amanti delle comete, in attesa dell’inverno e di osservazioni che si preannunciano molto interessanti se non entusiasmanti.
Per il momento continuiamo a seguire l’avvicinamento della C/2022 E3 ZTF, l’astro chiomato che tutti attendiamo al varco nei primi mesi del 2023 quando potrebbe raggiungere la visibilità ad occhio nudo.
Si muoverà nella porzione settentrionale del Serpente scendendo nel corso del mese al di sotto della decima magnitudine.
A inizio novembre sarà meglio osservabile non appena fa buio (ma sempre più bassa sull’orizzonte), mentre negli ultimi giorni del mese la troveremo più alta in cielo poco prima del termine della notte astronomica.
La cartina riporta la posizione della C/2022 E3 ZTF in novembre alle 18.30 ora solare. Le stelle più deboli sono di mag. 11
C/2020 V2 ZTF
Doppia cometa per questo mese!
Altra scoperta del ZTF (Zwicky Transient Facility), avvenuta nel novembre del 2020.
Non può competere con la sorella di cui abbiamo parlato sopra, dato che non sembra poter andare oltre la nona magnitudine, ma la posizione favorevole in cielo (sarà addirittura circumpolare!) oltre alla luminosità comunque discreta ne consigliano l’osservazione.
Ci farà compagnia per parecchi mesi e in novembre dovrebbe scendere al di sotto della decima magnitudine, muovendosi per quasi tutto il periodo all’interno dell’Orsa Maggiore (solo a fine periodo valicherà i confini del Drago).
Pur osservabile appena fa buio e poi per tutta la notte la troveremo più alta in cielo al termine della notte astronomica. Nei primi giorni del mese transiterà molto vicina a Dubhe, la stella alfa dell’Orsa Maggiore.
La cartina riporta la posizione della C/2020V2 ZTFin novembre alle 5.00 ora solare. Le stelle più deboli sono di mag. 11
A Novembre la ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molteplici transiti notevoli con magnitudini elevate durante quest’ultimo mese autunnale, auspicando come sempre in cieli sereni!
5 Novembre
Si inizierà il giorno 5 Novembre, dalle 05:55 alle 06:04, osservando da NO ad ESE. La ISS sarà ben visibile da tutto il Paese con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.7.
6 Novembre
Si replica il giorno 6 Novembre, dalle 05:09 verso NNO alle 05:15 verso ESE, visibilità migliore dal Nord Est Italia. Osservabile senza problemi, meteo permettendo. Magnitudine di picco a -3.1.
8 Novembre
Passiamo al 8 Novembre, dalle 05:10 in direzione SO alle 05:15 in direzione SE. Questo sarà un transito osservabile al meglio da tutta la nazione, anche se parziale, con una magnitudine massima di -3.8 appena la ISS uscirà dall’ombra della Terra.
18 Novembre
Saltando di una decina di giorni, il 18 Novembre, dalle 18:29 verso SO alle 18:35 verso S, con magnitudine di picco a -3.8. Visibilità migliore da tutto il Paese, con la ISS che raggiungerà la magnitudine massima poco prima di entrare nell’ombra della Terra.
19 Novembre
Il giorno dopo, il 19 Novembre, dalle 17:41 alle 17:48, da SO ad ENE. Magnitudine massima a -3.7 con visibilità migliore da tutto il Sud Italia, sperando nel meteo favorevole. Osservata dal Centro, la ISS transiterà vicino a Saturno e Giove durante il suo tragitto nel cielo.
20 Novembre
Il penultimo transito del mese, il 20 Novembre, sarà visibile al meglio dal Nord Italia, dalle 18:28 verso OSO alle 18:34 verso N. Magnitudine di picco a -3.2.
21 Novembre
L’ultimo transito notevole, visibile al meglio da tutta Italia, e osservabile quasi da orizzonte ad orizzonte, avverrà il 21 Novembre. Dalle 17:40 alle 17:48, da OSO a NE, magnitudine di picco a -3.6.
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
Approfittiamo delle lunghe notti autunnali per goderci l’osservazione del nostro bellissimo satellite. Tutto ciò che devi sapere sulla Luna di Novembre!
Come già anticipato in precedenza, il mese di Novembre si apre con la Luna che il giorno 1 alle ore 07:37 sarà in Primo Quarto in fase di 6,8 giorni, ma a ben -65° sotto l’orizzonte. Mentre per chi intendesse effettuare osservazioni col telescopio basterà attendere le 17:30 circa della medesima serata del primo Novembre col nostro satellite ad un’altezza iniziale di +23° visibile fin verso le 23:30 quando scenderà sotto l’orizzonte.
La fase di Luna crescente avrà il suo capolinea alle ore 12:02 del 08 Novembre col nostro satellite in Plenilunio quando si troverà a -31,5° sotto l’orizzonte. Anche in questo caso ancora poche ore e alle 16:56 sorgerà una bella Luna Piena in fase di 14,2 giorni alla distanza di 391.487 km dalla Terra e con diametro apparente di +30,52’ perfettamente a nostra disposizione e visibile fino all’alba del mattino seguente quando tramonterà contestualmente al sorgere del Sole.
La nuova fase di Luna Calante porterà il nostro satellite sempre più lontano dalle comode ore tardo pomeridiane e serali relegandone progressivamente l’osservazione telescopica alle ore notturne.
Alle ore 14:27 del 16 Novembre sarà in Ultimo Quarto mentre si troverà a -10° sotto l’orizzonte (essendo tramontata alle ore 13:31) pertanto per osservarne le sempre interessanti formazioni geologiche della sua superficie si renderà necessario organizzarsi per la nottata precedente oppure quella seguente.
Falci di Luna sempre più sottili ci condurranno al Novilunio previsto per le ore 23:57 del 23 Novembre. In questo caso le nuove falci lunari di sera in sera consentiranno di osservarne una superficie illuminata progressivamente sempre più ampia fino all’ultima serata di questo mese quando alle ore 15:36 del giorno 30 il nostro satellite si troverà per la seconda volta in Primo Quarto in questo Novembre.
Nel caso specifico dalle ore 17:30 circa si renderà visibile fino intorno alla mezzanotte quando andrà a tramontare.
Si tratterà pertanto di un mese racchiuso fra due fasi di Primo Quarto, due periodi in cui il nostro satellite si renderà visibile nelle migliori condizioni osservative considerando inoltre che in entrambi i casi i punti di massima Librazione si troveranno in prossimità del settore nordest interessando il bordo lunare presso i crateri Cusanus e Petermann (01 Novembre) e l’area intorno al mare Humboldtianum il 30 Novembre.
Le occasioni per dettagliate osservazioni del nostro satellite non mancheranno certamente come d’altra parte anche in tutti gli altri mesi dell’anno, e se il meteo e il seeing saranno clementi (….ma non troppo, perché Novembre deve comunque rispettare il calendario!), ci sarà da divertirsi.
Le Falci lunari di Novembre
Appuntamento per chi osserva le falci di Luna per il 21 Novembre con una falce di 26,7 giorni che sorgerà alle ore 04:01 fra le stelle della Vergine.
Come già visto in analoghe fasi lunari, sulla superficie illuminata sarà possibile distinguere nettamente la scura colorazione dei basalti di Procellarum nel settore nordovest in contrapposizione con le più chiare rocce anortositiche degli altipiani del settore sudovest.
**Ma nella medesima nottata del 21 il punto di massima Librazione coinciderà proprio con l’area del Mare Orientale scorrendo da sud verso nord fra il sorgere della Luna (ore 04:01) e le prime luci dell’alba.Si tratterà pertanto di una importante occasione per andare a “curiosare oltre il bordo lunare” su questo gigantesco bacino da impatto con i suoi spettacolari anelli montuosi concentrici, meteo e seeing permettendo.**
La notte successiva, il 22 Novembre, una falce di 27,7 giorni sorgerà alle ore 05:12 sulla cui superficie ci sarà ben poco da vedere tranne scattare alcune foto. Per quanto riguarda la fase di Luna Crescente appuntamento per il tardo pomeriggio del 25 Novembre con una falce di 1,74 giorni che alle ore 17:49 scenderà sotto l’orizzonte, ma anche in questo caso ben pochi dettagli si potranno osservare sulla sua superficie.
Infine il 26 Novembre alle ore 18:52 tramonterà una più larga falce di 2,79 giorni. A differenza delle precedenti, in questo caso le opportunità per effettuare dettagliate osservazioni delle innumerevoli strutture geologiche individuabili sulla superficie illuminata di questa falce saranno già notevoli. Infatti si va dall’area del cratere Endymion e mare Humboldtianum a nordest fino al vasto mare Crisium con i vari piccoli mari presenti nella sua zona per finire con le consuete grandi e spettacolari strutture crateriformi situate lungo il margine est del mare Fecounditatis. Senza dimenticare le cuspidi nord e sud. Per questa tipologia di osservazioni, oltre agli ormai noti parametri osservativi, risulterà determinante disporre di un orizzonte il più possibile libero da ostacoli.
Librazioni di Novembre
(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini)
Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si discostano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.
Librazioni Regione Nordest-Est:
01 Novembre. Fase 07,49 giorni – Massima Librazione crateri Petermann, Cusanus
02 Novembre. Fase 08,51 giorni – Massima Librazione nord cratere Hayn
03 Novembre. Fase 09,36 giorni – Massima Librazione mare Humboldtianum
04 Novembre. Fase 10,39 giorni – Massima Librazione est cratere Endymion
05 Novembre. Fase 11,42 giorni – Massima Librazione cratere Gauss
06 Novembre. Fase 12,45 giorni – Massima Librazione est cratere Cleomedes
07 Novembre. Fase 13,49 giorni – Massima Librazione est mare Marginis
Librazioni Regione Sud-Sudovest:
14 Novembre. Fase 20,41 giorni – Massima Librazione sud cratere Klaproth
15 Novembre. Fase 20,73 giorni – Massima Librazione sud cratere Bailly
16 Novembre. Fase 22,49 giorni – Massima Librazione crateri Hausen, Pingre
17 Novembre. Fase 22,79 giorni – Massima Librazione ovest cratere Pingre
18 Novembre. Fase 23,54 giorni – Massima Librazione ovest cratere Pingre
Librazioni Regione Ovest:
19 Novembre. Fase 24,58 giorni – Massima Librazione ovest cratere Schickard
20 Novembre. Fase 25,63 giorni – Massima Librazione ovest cratere Piazzi
21 Novembre. Fase 26,68 giorni – Massima Librazione mare Orientale
22 Novembre. Fase 27,72 giorni – Massima Librazione ovest cratere Schluter
Librazioni Regione Polare Nord-Nordest:
27 Novembre. Fase 03,89 giorni – Massima Librazione nord-nordest cratere Baillaud
28 Novembre. Fase 04,89 giorni – Massima Librazione est crateri Petermann, Cusanus
29 Novembre. Fase 05,95 giorni – Massima Librazione cratere Bel’Kovich
30 Novembre. Fase 07,00 giorni – Massima Librazione mare Humboldtianum
Note:
– Immagini “Librazioni “: Mappe di F. Badalotti su immagini tratte dal globo di “Virtual Moon Atlas”.
– Dati e visibilità delle strutture lunari: Software “Stellarium” e “Virtual Moon Atlas”.
– Immagine “Mare Orientale” di F. Badalotti.
– Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati tramite software “Stellarium” e dal sito http://www.marcomenichelli.it/luna.asp
Immagine di Samuele Pinna versione con e senza saturazione colori realizzato da Serramanna in Sardegna con Canon 6D a fuoco diretto di un quadrupletto Tecnosky 65 e filtro solare. ISO 200 Scatto 1/800 ss.
L’eclissi parziale di Sole è stata condizionata da zone ampiamente coperte da novolosità, un meteo che seppur non minaccioso, ha di fatto compromesso l’accesso all’eclissi da molte località italiane. Tuttavia alcuni astrofili appassionati e dobbiamo dirlo, anche molto preparati, sono riusciti nell’impresa. Ecco i primi scatti:
In copertina:
Versione con e senza saturazione colori, realizzate da Serramanna in Sardegna con Canon 6D a fuoco diretto di un quadrupletto Tecnosky 65 e filtro solare. ISO 200 Scatto 1/800 ss Credit: Samuele Pinna.
Immagine di Salvo Lauricella, ripresa da Siracusa realizzato con TS 80 ED f/7, Lunt B1200 Ca-K module, ZWO ASI183MM
Eclissi di Sole Ore 12,36 Tecnosky 65/420 1/1250 sec 200 ISO Canon 6D filtro Astrosolar Autore Anna Maria Catalano Scordia (CT)
Rifrattore APO 102/800 e reflex APSC. Ribaltate, dx sx. Filtro usato: prisma di Herschel autocostruito di Cristian Fattinnanzi
Pubblicheremo altre immagini man mano che arriveranno in redazione.
Le migliori immagini ricevute e caricate su PhotoCoelum saranno pubblicate su Coelum Astronomia di dicembre/gennaio.
Entrati ormai nel vivo dell’autunno, il cielo di novembre ci offre un ampio panorama sulle costellazioni che osserveremo fino all’inverno prossimo!
Le giornate sono sempre meno luminose e ciò favorisce la possibilità di poter ammirare gli oggetti celesti per molto più tempo.
Già dopo il tramonto sarà possibile scorgere le costellazioni più luminose e interessanti del periodo: da Est e Sud-Est daremo il benvenuto a Toro, Gemelli, Orione, Cane Maggiore con Sirio e Auriga con Capella. Tali costellazioni, assieme ai loro astri, saranno i protagonisti dei mesi a seguire.
Nel cielo di novembre, in prossimità dello Zenit, brilla ancora la costellazione di Pegaso, mentre spostando lo sguardo verso Nord-Est troveremo le costellazioni di Perseo, Cassiopea, Cefeo, Andromeda e il Triangolo.
ANDROMEDA NEL CIELO DI NOVEMBRE
Tra le costellazioni che transitano al meridiano nel mese di novembre c’è Andromeda: l’oggetto si trova nelle vicinanze di Pegaso, con il quale condivide la stella Sirrah (α Andromeda o anche δ Pegasi) astro che costituisce il lato superiore dell’asterismo del Quadrato (vedi articolo costellazioni di ottobre).
La costellazione di Andromeda lambisce quasi la scia settentrionale della Via Lattea, estendendosi a Nord e ad Est dell’asterismo.
ANDROMEDA: TRA STELLE DOPPIE E LA REGINA DELLE GALASSIE
Oltre ad ospitare un buon numero di stelle doppie come π Andromedae, una coppia risolvibile già con un binocolo e sistemi multipli come μ Andromedae, è innegabile che la fama della costellazione è dovuta principalmente all’oggetto del profondo cielo che essa ospita: M31, la Galassia di Andromeda.
M31 Galassia di Andromeda (credit Arcangelo Di Palo)
Amata da astrofotografi, astrofili, appassionati, tutti conoscono l’oggetto più lontano visibile ad occhio nudo.
M31 è uno degli oggetti del profondo cielo più paparazzati dagli astrofotografi, poiché si rivela all’obiettivo senza bisogno di sofisticate strumentazioni. Per ottenere immagini più nitide e dettagliate è chiaro che bisogna affidarsi a telescopi e camere astronomiche, oltre che a diverse fasi di elaborazione e post produzione.
Per questa ed altre bellissime immagini di M31, visita la sezione PHOTO COELUM
Posta a oltre 2 milioni di anni luce, M31 è una galassia a spirale, la più vicina alla nostra Via Lattea e sorprendentemente visibile ad occhio nudo da luoghi idonei all’osservazione del cielo notturno.
Partendo dalla costellazione omonima, possiamo individuare la galassia in direzione Nord-Est/Sud-Ovest, nei pressi di Perseo e Pegaso: va ribadito che è necessario avere a disposizione un cielo privo di inquinamento luminoso e di elementi di disturbo affinché M31 sia visibile ad occhio nudo.
Scopri il ricco dossier dedicato al preoccupante aumento esponenziale dell’Inquinamento luminoso pubblicato sull’ultimo numero di Coelum
La Galassia di Andromeda apparirà come un batuffolo luminoso leggermente allungato sui lati, mentre con un binocolo esso si rivelerà più nitido, con la possibilità di individuare anche la galassia satellite M32.
La costellazione di Andromeda ospita anche l’interessante ammasso apertoNGC 752, posto verso il confine col Triangolo e che si mostra ben visibile con l’ausilio di un binocolo. Nei luoghi caratterizzati da un cielo particolarmente nitido l’ammasso è percepibile anche a occhio nudo.
ANDROMEDA NELLA MITOLOGIA
credit www.atlascoelestis.com
Figlia dei sovrani di Etiopia Cefeo e Cassiopea, Andromeda era una fanciulla bellissima che per un soffio non pagò con la propria vita la superbia di sua madre.
Cassiopea, infatti, osò vantarsi di definire lei e sua figlia molto più belle delle Nereidi, ninfe marine che componevano il corteo del dio Poseidone. Il dio del mare colse tale affermazione come un’offesa e quindi inviò il mostro marino Cetus (la costellazione della Balena) a distruggere le navi commerciali del regno dei sovrani Etiopi.
Ma neanche questo bastò a placare l’ira nefasta di Poseidone e Cefeo, dopo aver consultato l’oracolo, fu costretto a incatenare la giovane e innocente figlia Andromeda sul costone di roccia affinché espiasse con la propria vita le colpe di sua madre.
Fu Perseo a capovolgere le sorti della fanciulla servendosi del cavallo alato Pegaso, sottraendo Andromeda dalle grinfie del mostro marino e restituendole la libertà. La fanciulla ritrovò anche la felicità convolando a nozze proprio con il suo eroe.
Quando la giovane Andromeda morì, la dea Atena la tramutò in stelle, collocandola in cielo come costellazione proprio accanto Perseo.
LA COSTELLAZIONE DEL TRIANGOLO
Tra gli oggetti osservabili nel mese di novembre troviamo anche la piccola costellazione del Triangolo.
Posto poco più a Sud delle costellazioni di Andromeda e Perseo, il Triangolo è un oggetto facilmente identificabile nonostante la sua ridotta estensione e la carenza di stelle particolarmente brillanti: la sua forma infatti è riconoscibile per via della vicinanza tra loro degli astri che la compongono.
La stella alfa della costellazione è alfa Trianguli, una binaria che, nonostante sia classificata come stella principale del Triangolo, è in realtà la seconda più luminosa di questa costellazione dopo beta Trianguli, mentre il terzo vertice è composto dalla stella gamma Trianguli.
M33: LA GALASSIA NELLA COSTELLAZIONE
M33 Galassia del Triangolo di Alfonso Gregorini
La costellazione ospita uno degli oggetti più conosciuti del profondo cielo: M33 o Galassia del Triangolo.
Si tratta di una galassia a spirale, la seconda più vicina alla Via Lattea dopo quella di Andromeda, che può essere individuata già con un binocolo da posti privi di qualsiasi tipo di disturbo luminoso.
Altri oggetti del profondo cielo di cui tentare l’osservazione anche con attrezzature amatoriali sono le galassie barrate NGC 672 e NGC 925.
IL TRIANGOLO NELLA MITOLOGIA
Per i greci la costellazione del Triangolo rappresentava la lettera Delta, mentre gli egizi lo identificavano come il delta del fiume Nilo; secondo lo scrittore latino Igino il Triangolo rappresentava la Sicilia (Trinacria), l’isola sacra a Cerere e dove si ritenga risalga il ratto di Persefone e la sua discesa agli inferi.
La costellazione trova anche riferimenti alle antiche tradizioni marinare e, sempre secondo Igino, il Triangolo rappresentava una sorta di segnale posto sulla via celeste e utile a Mercurio per individuare la costellazione dell’Ariete.
😍 𝙡𝙖 𝙑𝙞𝙨𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙎𝙩𝙧𝙖𝙤𝙧𝙙𝙞𝙣𝙖𝙧𝙞𝙖 😍elaborazione a cura di Giuseppe Conzo
I 𝑃𝑖𝑙𝑎𝑠𝑡𝑟𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝐶𝑟𝑒𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 hanno lasciato tutti senza parole! Ma cosa succede se sapientemente si interpolano le immagini raccolte dall’Hubble Space Telescope prima e del James Webb Space Telescope dopo? Nell’immagine di Giuseppe Conzo sono sovrapposte una visione realizzata nel vicino infrarosso con la NirCam del James Webb Telescope con quella in Hubble Palette realizzata appunto da Hubble.
𝗖𝗼𝗺𝗽𝗹𝗶𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗚𝗶𝘂𝘀𝗲𝗽𝗽𝗲! 🏅
Crediti sono NASA, ESA Hubble Heritage Team (STScI/AURA) and CSA, STScI; Joseph DePasquale (STScI), Anton M. Koekemoer (STScI), Alyssa Pagan (STScI).
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“Il cielo stellato interessa solo a quelli che stanno tutta la notte a guardare in quei cosi” forse è questa l’idea generalmente diffusa? Che il Cielo Stellato sia solo “affar” di astrofili ed astrofile? Attraverso le parole degli autori è proprio un simil luogo comune che vogliamo sviscerare dimostrando che, vuoi per motivi di salute, vuoi per motivi di estetica, vuoi per motivi di sicurezza e perché no, vuoi per motivi di risparmio energico, la risposta alla domanda è No! La conservazione del patrimonio stellato, come la stessa UNESCO l’ha dichiarato, non è una responsabilità di un ristretto gruppo di appassionati e nostalgici sognatori ma è invece un dovere di tutti. Se si parla di sostenibilità per preservare l’ambiente, il “colore” del nostro cielo di notte deve diventare la spia di allarme e il gradiente un termometro per misurare il livello di sostenibilità di ogni comunità.
Qualsiasi contesto abitativo ha le proprie esigenze, le aree urbane, i paesi, le comunità isolate, le località al mare quelle turistiche, ognuna deve adoperarsi per mettere in pratica le buone prassi necessarie a creare il giusto connubio fra le richieste sociali e le necessità ambientali, non esiste quindi un vademecum assoluto applicabile ad ogni situazione. Esistono delle linee guida dettate dal buon senso ma anche da evidenze tecniche e ancor meglio da leggi ben specifiche che devono essere rispettate e che tutti dovrebbero conoscere, così come tutti (o così speriamo sia) hanno una certa familiarità ad esempio con il codice della strada.
Gli autori offrono spunti e informazioni, avvolte curiosità che i lettori possono assorbire e riproporre a conoscenti amici familiari in un passaparola di sensibilizzazione che è senz’altro l’unica vera chiave di successo se si vuole imporre un’inversione di marcia alla progressiva perdita di cielo stellato.
Quindi signore e signori c’è da rimboccarsi le maniche e vogliamo lasciarci fino al prossimo appuntamento con un nota positiva: l’Astronomia, quella di ricerca e di scoperta, in Italia si può ancora fare e nel prossimo numero scopriremo come e chi sono i protagonisti.
Buona lettura.
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In questo aggiornamento partiamo dall’ultimo volo di Ingenuity, con un “passeggero” inaspettato, e da lì vi racconterò per immagini alcune particolari osservazioni che Perseverance ha svolto negli scorsi mesi.
3, 2, 1…decollo
Era il Sol 567 per Mars 2020, 24 settembre sulla Terra. Alle 16:18 locali, dopo un’intera giornata passata a ricaricare le proprie batterie, Ingenuity ha energia sufficiente e decolla per il suo 33esimo volo. Lo spostamento è di routine e, similmente agli ultimi due già compiuti, prevede di coprire una distanza di 111 metri in circa 55 secondi.
Poche ore dopo vengono trasmessi a Terra come di consueto gli ultimi 5 frame relativi all’atterraggio, per confermare la riuscita del volo, e qualche giorno dopo buona parte degli altri fotogrammi della camera di navigazione è resa disponibile.
Il volo sembra partire come di consueto, ma a pochi istanti dal decollo si capisce subito che c’è qualcosa di strano.
Un oggetto non identificato resta impigliato a una delle gambe dell’elicottero, rimanendo a sbandierare per qualche secondo soffiato dall’intenso flusso d’aria delle eliche. L’oggetto si stacca solo nel momento in cui Ingenuity si inclina leggermente per iniziare lo spostamento verso ovest (la parte superiore della telecamera è rivolta verso sud) e precipita al suolo. Sono riuscito a seguirlo per alcuni frame indicandolo nel video con una freccia.
Di cosa si tratta? Non è del tutto chiaro perché queste sono le uniche immagini a disposizione, l’oggetto non era presente durante il precedente volo. Tuttavia il modo in cui si comporta fa pensare che possa trattarsi di un brandello del paracadute che a febbraio dello scorso anno ha svolto una parte importante nell’atterraggio del rover Perseverance.
Fotogramma tratto dalla sequenza di atterraggio di Mars 2020 con inquadratura del colossale paracadute di 21.5 metri di diametro. Le lettere svelano il codice nascosto dal team del JPL nella sequenza di colori che corrisponde al motto del centro di ricerca: “Dare mighty things”. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Questa osservazione da parte di Ingenuity non costituisce la prima volta che, nel corso di Mars 2020, abbiamo testimonianza di frammenti degli stadi di atterraggio sparpagliati in giro per il cratere Jezero.
Possiamo dire che le prime foto a riguardo risalgano addirittura al Sol 0.
Un po’ di “spazzatura” in giro per Marte
Le foto del nostro rover sono iniziate subito “col botto”. Oltre che in senso figurato, il botto è stato anche quello della Skycrane, la maestosa gru dotata di razzi che ha adagiato il rover al suolo prima di mettere al massimo i suoi propulsori e andare a schiantarsi il più lontano possibile.
Qui era il Sol 0, 18 febbraio 2021 e giorno dell’atterraggio! Una delle Hazard Cam posteriori riprende una nuvola di fumo che si alza dietro le rocce. È il luogo dove la Skycrane è atterrata molto poco dolcemente. Crediti: NASA/JPL/Caltech/MSSS
Non è la prima volta che un rover scatta delle foto agli apparati di atterraggio che l’hanno portato su Marte, ma la qualità delle fotocamere di Perseverance fa sì che anche i più piccoli dettagli non sfuggano all’occhio attento del robot e soprattutto dei controllori di missione.
Come visto in apertura di news, gli occhi a disposizione sono anche quelli di Ingenuity. Nel corso del suo volo numero 27 ha sorvolato e fotografato lo stadio EDL (Entry, Descent and Landing) che ha custodito rover ed elicottero durante il viaggio interplanetario e nelle prime concitate fasi dell’ingresso in atmosfera.
Lo stadio EDL separato nelle sue macro-componenti.Doppia visuale da Ingenuity nel corso del volo 27 che ha visto il sorvolo dell’aeroshell e del paracadute. Il video completo è raggiungibile all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=9htVHoHujAs
Ma ci sono anche elementi decisamente più piccoli e meno vistosi che si stanno facendo vedere in questi mesi, probabilmente trasportati dal vento marziano, e che mostrano una tendenza ad accumularsi a nord delle aree di atterraggio. Gli avvistamenti infatti sono stati frequenti nelle settimane che il rover ha trascorso in queste aree, e sono tutti frammenti dell’EDL!
I primi avvistamenti sono cominciati a inizio giugno, con un piccolo elemento brillante individuato dapprima da grande distanza e poi ripreso più da vicino una settimana più tardi. Le sue caratteristiche superficiali, soprattutto la particolare punteggiatura, non lasciano spazio a dubbi: si tratta dell’isolamento multi-strato a protezione di alcune parti della Skycrane.
Nel Sol 467, 13 giugno, Perseverance riprende questo oggetto brillante poggiato su una roccia. Le dimensioni sono di circa 15 cm. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Passano solo 10 giorni e il rover si trova di fronte un altro frammento di rivestimento termico, stavolta un pezzo di una fibra sintetica chiamata Dacron impiegata comunemente nelle “coperte spaziali”.
Il frammento di rete in Dacron ripreso il 23 giugno. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Tre settimane dopo c’è un altro avvistamento, stavolta di un frammento all’apparenza molto più usurato e di identificazione più incerta. La trama a rete con dimensione 2x2mm fa propendere per l’idea che si tratti di un altro pezzo di Dacron. Il team di imaging non fa in tempo a riprenderlo in dettaglio con lo zoom della MastCam-Z perché purtroppo qualche soffio di vento lo sposta prima che ci sia il tempo di scattare delle foto in alta risoluzione.
Foto del 12 e del 15 luglio, che mostrano il piccolo frammento di fibra sparire dalla visuale del rover. Crediti: NASA/JPL-Caltech
All’inizio del mese di agosto, pochi Sol dopo la raccolta del 12esimo campione, nuove immagini fanno preoccupare i tecnici della NASA. Come da procedure, tutta la raccolta del campione è stata documentata con delle serie di foto, e c’è stato qualcosa che ha spinto la squadra del JPL a richiedere al rover dei set aggiuntivi di foto.
Le immagini arrivano a Terra il 5 agosto, e si scopre che ci sono due intrusi negli apparati di Perseverance.
Si tratta di due detriti, probabilmente delle fibre, di cui il primo si trova sulla punta di foratura e il secondo all’interno del carousel, la struttura rotante dove il rover ripone le punte del suo trapano.
Foto del 4 agosto scattata dalla camera WATSON (il basso è a sinistra). La piccola fibra sintetica è impigliata al meccanismo centrale. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Le attività di quei giorni hanno richiesto analisi fotografiche molto approfondite, una movimentazione degli apparati coinvolti e l’induzione di vibrazioni per cercare di “scrollarsi” di dosso questi oggetti, che nel frattempo si è chiarito che fossero di origine esterna e non originatisi dai meccanismi del rover. Si è tenuto d’occhio anche il suolo, con le HazCam e le NavCam, per rilevare l’eventuale caduta di queste piccole fibre.
Dopo aver eseguito anche le operazioni di cambio punte senza problemi e aver constatato di essere ancora in presenza di questi cosiddetti FOD (foreign object debris), il team a capo delle operazioni ha valutato che non rappresentavano un disturbo per il rover e si poteva procedere con le attività senza troppe preoccupazioni.
Un’altra foto del 17 agosto mostra che la fibra non aveva ancora intenzione di abbandonare il rover. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Le ultimissime operazioni del rover
Il ritorno al Lago Incantato è avvenuto a inizio settembre, dove Perseverance ha già eseguito nuove analisi oltre che prelevato e sigillato un campione (Shuyak dalla roccia denominata Amalik).
In questa immagine d’insieme si vede il lavoro delle ultime settimane da parte di Perseverance. Osserviamo un’abrasione fallita e risultata nella frantumazione della roccia (Chiniak) e il secondo tentativo di successo (Novarupta). Sono seguiti i due carotaggi Shuyak e Mageik. Purtroppo solo il primo dei due è risultato in un campione correttamente sigillato.
Per ragioni ancora da chiarire e su cui non abbiamo informazioni specifiche dal team della missione, non è stato possibile chiudere la fiala #073 con il campione Mageik, sebbene il suo prelievo sia avvenuto correttamente come testimoniato dall’immagine qui sotto.
Immagine del campione Mageik ripreso dalla Right MastCam-Z del rover. Sol 579, pochi minuti dopo il prelievo. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Al momento possiamo solo fare speculazioni, e le ipotesi sembrano convergere sul fatto che questo campione risulti eccezionalmente lungo al punto quasi da uscire dal vano ricavato all’interno della punta del trapano.
Sono seguiti alcuni giorni di tribolazioni e analisi fotografiche, finché nel Sol 586 (14 ottobre) si è deciso di rinunciare al prelievo e di sigillare la fiala designata sebbene con un “semplice” campione atmosferico.
Immagine ravvicinata della fiala con numero di serie 073 recentemente sigillata. L’immagine è della CacheCam, Sol 586. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Anche per questo aggiornamento marziano è tutto, appuntamento tra due settimane!
Cita una nota canzone “che sapore ha la felicità?” non sappiamo, ma il sorriso si!
Così ieri sera (il 14 ottobre 2022 alle 22:55 CEST) è apparsa Samantha Cristoforetti appena recuperata dopo l’ammaraggio del veicolo spaziale Crew Dragon Freedom che ha riportato a terra la missione Minerva.
L’astronauta dell’ESA Samantha Cristoforetti è rientrata sulla Terra insieme agli astronauti della NASA Kjell Lindgren, Bob Hines e Jessica Watkins, ponendo così fine alla sua seconda missione sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), denominata Minerva.
Samantha e gli altri membri dell’equipaggio, noto come Crew-4, sono tornati a bordo del veicolo spaziale Crew Dragon Freedom, che si è sganciato autonomamente dalla Stazione il 14 ottobre 2022 alle 18:05 CEST. Dopo aver completato una serie di burns da deorbita, Freedom è entrata nell’atmosfera terrestre e, il 14 ottobre 2022 alle 22:55 CEST, ha dispiegato i suoi paracadute per un ammaraggio morbido al largo delle coste della Florida.
I membri della Crew-4 sono partiti alla volta della Stazione Spaziale il 27 aprile 2022 e vi hanno trascorso quasi sei mesi, vivendo e lavorando in orbita come membri dell’Expedition 67 della ISS.
Nell’ambito della sua missione Minerva, Samantha ha sostenuto numerosi esperimenti europei e molti altri esperimenti internazionali in ambiente di microgravità. Ora volerà direttamente a Colonia, in Germania, dove sarà monitorata dal team di medicina spaziale dell’ESA mentre si riadatterà alla gravità terrestre presso il Centro Europeo Addestramento Astronauti (EAC) dell’ESA e la struttura “Envihab” del Centro aerospaziale tedesco (DLR).
Attualmente l’arrivo di Samantha a Colonia è previsto alle 16:00 CEST del 15 ottobre.
The SpaceX Crew Dragon Freedom spacecraft is seen as it lands with NASA astronauts Kjell Lindgren, Robert Hines, Jessica Watkins, and ESA (European Space Agency) astronaut Samantha Cristoforetti aboard in the Atlantic Ocean off the coast of Jacksonville, Florida, Friday, Oct. 14, 2022. Lindgren, Hines, Watkins, and Cristoforetti are returning after 170 days in space as part of Expeditions 67 and 68 aboard the International Space Station. Photo Credit: (NASA/Bill Ingalls)
Hines, Lindgren, Watkins e Cristoforetti hanno viaggiato per 72.168.935 miglia durante la loro missione, hanno trascorso 170 giorni a bordo della stazione spaziale e hanno completato 2.720 orbite attorno alla Terra. Lindgren ha registrato 311 giorni nello spazio sui suoi due voli e, con il completamento del loro volo oggi, Cristoforetti ha registrato 369 giorni nello spazio sui suoi due voli, diventando così la seconda nella lista di tutti i tempi per la maggior parte dei giorni nello spazio di una donna . La missione Crew-4 è stato il primo volo spaziale per Hines e Watkins.
Il veicolo spaziale, chiamato Freedom by Crew-4, tornerà in Florida per l’ispezione e l’elaborazione al Dragon Lair di SpaceX, dove i team esamineranno i dati e le prestazioni del veicolo spaziale durante il volo.
Il volo Crew-4 fa parte del Commercial Crew Program della NASA e il suo ritorno sulla Terra segue la scia del lancio SpaceX Crew-5 della NASA, che è attraccato alla stazione il 6 ottobre, dando inizio a un’altra spedizione scientifica.
L’obiettivo del Commercial Crew Program della NASA è un trasporto sicuro, affidabile ed economico da e verso la Stazione Spaziale Internazionale. Ciò ha già fornito ulteriore tempo di ricerca e ha aumentato le opportunità di scoperta a bordo del banco di prova della microgravità dell’umanità per l’esplorazione, incluso l’aiuto della NASA a prepararsi per l’esplorazione umana della Luna e di Marte.
Oggi vi parlo di Aglaonice di Tessaglia. Questa è una figura di donna emblematica che, come Ipazia, rientra fra le prime donne di cui si abbia memoria che si occuparono di astronomia. Ma dire che essa sia riconducibile soltanto a questo sarebbe come affermare che Marie Curie era quella del Radio. Si dice che Aglaonice riuscisse a prevedere correttamente le eclissi di Sole e di Luna, stabilendo esattamente i tempi e i luoghi dove esse sarebbero avvenute.
Visse a cavallo fra il II ed il I secolo a.C. e viene menzionata negli scritti di Plutarco come donna che era “completamente al corrente dei periodi di luna piena quando è soggetta a eclissi e che sapeva in anticipo il momento in cui la luna doveva essere superata dall’ombra della terra”. Anche Apollonio di Rodi la ricorda come astronomo donna e figlia di Hegetor di Tessaglia.
Era contemporanea di Eratostene di Cirene (276 a.C. – c. 195/194 a.C.) meglio conosciuta per essere stata la prima persona a calcolare la circonferenza della Terra. Spesso all’epoca le donne sapienti venivano considerate con sospetto. In particolare, essa si fregiava della facoltà di saper far sparire la luna dal cielo. Ovviamente stiamo parlando della capacità di prevedere le eclissi. Avete mai sentito parlare delle streghe della Tessaglia? Ebbene, essere non erano altro che seguaci astrologhe associate ad Aglaonice, attive dal III al I secolo a.C. Sembra che Aglaonice fosse a conoscenza del ciclo lunare, che dura oltre 18 anni11,3 giorni dopo il quale si ripetono eclissi lunari e solari. Questo ciclo denominato Sarosvenne scoperto dagli antichi astronomi babilonesi. Spesso, nelle eclissi lunari, la Luna non scompare completamente ma cambia colore e assume una tonalità più scura o ramata. Dal momento che Aglaonice parla di completa sparizione della Luna, come “completamente divorata”, è ragionevole pensare che essa conoscesse le date dell’oscuramento ciclico regolare della Luna da parte delle escursioni a lungo termine dell’attività solare. In quel periodo ci furono infatti eclissi lunari insolitamente scure, a tal punto da far sì che la Luna effettivamente sembrasse scomparire alla vista.
Ad Aglaonice è anche dedicato uno dei crateri di Venere.
Ci siamo! Anche quest’anno torna il FESTIVAL DELLA SCIENZA di Genova
❏ In programma a Genova da giovedì 20 ottobre a martedì 1° novembre 2022
❏ Parola chiave: Linguaggi
❏ In programma 300 eventi, articolati in 133 conferenze, 84 laboratori, 31 mostre, 10 spettacoli, 17 eventi speciali e 25 eventi online solo per le scuole
❏ Ospiti 424 scienziati e personalità illustri provenienti da tutto il mondo
❏ Oltre 500 giovani coinvolti tra animatori e studenti del progetto OrientaScienza
❏ 378 gli enti, le associazioni, le aziende e gli editori che hanno partecipato alla composizione del programma
❏ 49 le location cittadine coinvolte nel programma del Festival
❏ Oltre 1.000 classi già prenotate da tutta l’Italia con circa 25.000 studenti
❏ Il programma completo disponibile sul sito festivalscienza.it e scaricabile in formato pdf
Genova – Un modo innovativo e coinvolgente di raccontare la scienza, fortemente legato al territorio e riconosciuto come uno dei più importanti eventi di diffusione della cultura scientifica al mondo. Prende il via giovedì 20 ottobre il Festival della Scienza di Genova, manifestazione che fino a martedì 1° novembre porta in 49 location cittadine 275 eventi in presenza, 133 conferenze, 84 laboratori, 31 mostre, 10 spettacoli e 17 eventi speciali per visitatori di ogni fascia d’età e livello di conoscenza, a cui si aggiungono 25 eventi online riservati alle classi, per un totale di 300 eventi. Di questi, 86 conferenze saranno fruibili on demand sulla piattaforma festivalscienza.online a partire dal 7 novembre 2022. Nel suo programma, il Festival coinvolge 424 scienziati e personalità illustri provenienti da tutto il mondo e 378 tra enti, associazione, aziende e editori che hanno partecipato alla composizione del programma.
A legare tutti gli eventi in programma la parola chiave scelta per l’edizione 2022, Linguaggi, affrontati all’interno del Festival nelle diverse declinazioni: linguaggi matematici, tecnici, simbolici, di programmazione, musicali e artistici, strumenti essenziali per lo sviluppo del pensiero scientifico. Attraverso gli incontri, il Festival esplora la forza e i limiti dei linguaggi, riflettendo sul tema della comunicazione efficace, in un difficile equilibrio tra qualità e quantità.
Il 2022 è un anno molto speciale per il Festival della Scienza perché la manifestazione compie vent’anni. Per festeggiare al meglio questa importante ricorrenza, il Festival ha preparato un programma dalle dimensioni pre-pandemia, che vuole essere un inno al tornare a vivere gli eventi in presenza. A partire dal pubblico delle scuole, che ha subito risposto con entusiasmo all’appello: sono oltre 1000 le classi provenienti da tutta Italia che si sono già prenotate agli eventi del Festival, per un totale di circa 25mila alunni. Oltre che dalla Liguria, sono arrivate prenotazioni da Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria, Friuli e Veneto.
La nuova edizione del Festival della Scienza è stata presentata con la conferenza stampa d’apertura che si è tenuta oggi, alle ore 13, al Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi, in via Garibaldi, a Genova. Dopo i saluti dell’assessore al Marketing territoriale e alle Politiche per i Giovani del Comune di Genova Francesca Corso e un breve intervento di Nicoletta Viziano del Comitato di Gestione della Fondazione Compagnia di San Paolo, il presidente del Festival Marco Pallavicini e il presidente del Consiglio Scientifico Alberto Diaspro hanno illustrato gli aspetti salienti della ventesima edizione. Alla direttrice Fulvia Mangili il compito di entrare nel dettaglio del programma della manifestazione.
LE NOVITÀ DELLA VENTESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL DELLA SCIENZA
Molte le novità all’interno del programma della ventesima edizione del Festival della Scienza. Oltre al ruolo fondamentale degli enti scientifici soci, tutti presenti nel programma con progetti di alta qualità scientifica, quest’anno il Festival si aprea nuove collaborazioni con il tessuto culturale cittadino. Tra le novità, infatti, ci sono eventi realizzati da enti scientifici del territorio nelle loro sedi, come le conferenze proposte dai tre ospedali principali, San Martino, Gaslini e Galliera, conferenze ed eventi speciali organizzate dalla Direzione Generale Musei della Liguria, laboratori a cura dei servizi didattici dei musei di Genova e un incontro promosso dalla Scuola Ianua dell’Università di Genova.
Per la prima volta nella sua storia e per aprire maggiormente le porte ai giovani e stimolare le nuove generazioni nella scoperta delle bellezze della scienza, il Festival quest’anno ha deciso di rendere tutte le conferenze in programma gratuite per gli under 20. Per partecipare è sufficiente che i ragazzi e le ragazze nati da gennaio 2003 in poi si presentino all’ingresso delle conferenze muniti di documento d’identità (l’ingresso è libero fino a esaurimento posti).
Inoltre, fa il suo debutto al Festival il progettoScienziati nelle biblioteche, incontri con autori di scienza per giovani lettori consapevoli. Il progetto, indirizzato agli istituti scolastici genovesi, è statorealizzato in collaborazione con il Sistema delle Biblioteche del Comune di Genova nell’ambito dell’iniziativa Patto per la lettura e prevede un ciclo di 10 incontri gratuiti con scienziati e divulgatori scientifici in 6 biblioteche comunali genovesi. Gli incontri sono riservati al pubblico scolastico e coinvolgono le biblioteche Lercari, Brocchi Nervi, Bruschi-Sartori, Guerrazzi, Saffi e Gallinora. Tra le nuovelocation coinvolte anche l’Alliance Française Galliera de Gênes e i nuovi spazi di Baltimora Garden Sea-ty nei Giardini Baltimora. Inoltre, il Festival torna anche in Strada Nuova nei meravigliosi spazi di Palazzo Rosso, recentemente rinnovato.
Rinnovato anche La scienza va in onda!, il programma online per le scuole che, durante la pandemia, ha portato il Festival della Scienza nelle classi di tutta Italia. In questa terza edizione, realizzata grazie al contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo e in collaborazione con Orientamenti, l’offerta, sempre gratuita, comprende 9 webinar con ricercatori e divulgatori scientifici e 16 visite virtuali in diretta dai principali laboratori di ricerca italiani.
Foto Bruno Oliveri & Lorenzo Gammarota
LA GIORNATA INAUGURALE DEL FESTIVAL DELLA SCIENZA 2022
La ventesima edizione del Festival della Scienza si apre giovedì 20 ottobre alle ore 17 nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale con l’inaugurazione ufficiale, con il presidente Marco Pallavicini, il presidente del Consiglio Scientifico Alberto Diaspro e la direttrice Fulvia Mangili, oltre alle istituzioni cittadine e ai rappresentanti dei maggiori partner e sostenitori del Festival.
A seguire, alle ore 21, sempre nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale si tiene la conferenza spettacolo gratuita Quanto – La parola che ha cambiato la fisica. Protagonisti dell’incontro di apertura del Festival il presidente Marco Pallavicini, in qualità di fisico sperimentale e vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e il famoso musicista jazz Danilo Rea, in un dialogo tra parole e musica che racconta il percorso che ha cambiato la fisica, dalla visione classica di Galileo a quella controintuitiva della meccanica quantistica. Entrambi gli appuntamenti di giovedì 20 ottobre sono a ingresso gratuito e disponibili anche in diretta streaming sul canale YouTube del Festival della Scienza.
Tutte le mostre e i laboratori sono attivi a partire dalla prima giornata, giovedì 20 ottobre, e proseguono fino alla fine della manifestazione, martedì 1° novembre 2022.
I PRINCIPALI PROTAGONISTI DEL FESTIVAL DELLA SCIENZA 2022
Ospite d’onore del Festival è la matematica ucraina Maryna Viazovska, neovincitrice della Medaglia Fields 2022, premio riservato agli under 40 e considerato “il Nobel della matematica”, seconda donna nella storia a ricevere questo riconoscimento (lectio Sfere: come impacchettarle e perché, con Roberta Fulci, martedì 25 ottobre, ore 18)
Nel dialogo internazionale Pianeti Extrasolari, universo oscuro e buchi neri (sabato 29 ottobre, ore 21) in cui tra scienza, arte e filosofia viene percorso un viaggio che va dalle profondità del cosmo a quelle sotterranee del Large Hadron Collider, intervengono in collegamento da Ginevra Michel Mayor (premio Nobel per la fisica nel 2019 per la scoperta del primo esopianeta) e dall’osservatorio ESO in Cile l’astronomo Luca Sbordone, mentre sono presenti in sala Sushita Kulkarni, fisica teorica, Claudia Sciarma, filosofa della scienza ed Enrico Magnani, ingegnere e artista. Il dialogo è moderato da Paola Catapano.
In presenza anche Cumrun Vafa, fisico teorico iraniano naturalizzato americano, premio Dirac nel 2008 e uno dei massimi esperti al mondo di teoria delle stringhe, con la sua lectio Enigmi per decifrare il mondo (domenica 23 ottobre, ore 18) e Maria Elena Bottazzi, microbiologa ambasciatrice di Genova nel mondo, coordinatrice del team che ha sviluppato il Corbovax, il vaccino contro il Covid-19 senza brevetto accessibile anche ai Paesi in via di sviluppo (lectio Un vaccino per il mondo, con Anna Meldolesi, sabato 29 ottobre, ore 15).
Linguaggi, la parola chiave di quest’anno, viene approfondita da molti punti di vista e discipline dai protagonisti del Festival della Scienza. Il linguaggio come elemento distintivo dell’essere umano: sono Andrea Moro, neuroscienziato e linguista, insieme a Luciano Fadiga, neurofisiologo studioso dei comportamenti umani, e a Stefano Cappa, neurologo esperto di disturbi del linguaggio, ad approfondire l’affascinante tema del rapporto tra la struttura delle lingue umane e il cervello nell’incontro Lingue, azioni, regole: cosa ci dice il cervello? (sabato 22 ottobre, ore 15). Tocca invece alla sociolinguista Vera Gheno e a Claudia Bianchi, filosofa del linguaggio, entrambe autrici di saggi di grande successo, descrivere il rapporto tra linguaggio, parole e inclusione di genere nella conferenza Scienza, linguaggio e diversità (moderata da Alessandro Volpe, venerdì 28 ottobre ore 18).
La lingua riflette attraverso le proprie trasformazioni i cambiamenti sociali, civili e culturali: ne trattano Valeria Della Valle, linguista, codirettore della nuova edizione del Vocabolario Treccani, il primo vocabolario italiano che non presenta le voci privilegiando il genere maschile, e Massimo Bray, direttore generale dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana nella conversazione I linguaggi della classificazione (sabato 29 ottobre, ore 15.30). Il neuroscienziato Salvatore Maria Aglioti e Donato Ferri, esperto di psicologia e neuroscienze sociali, affrontano il tema della leadership dal punto di vista delle neuroscienze nella conversazione Neuroleadership: il cervello di chi è al comando (venerdì 28 ottobre, ore 18.30).
Ma esistono linguaggi non umani? Certamente sì: lo racconta l’etologo Enrico Alleva insieme alla psicobiologa Daniela Santucci nella conversazione Animali che parlano (domenica 30 ottobre, ore 15), un viaggio alla scoperta dei modelli comunicativi degli animali. Di rapporto tra gli esseri umani e le altre specie animali si occupa invece Roberto Marchesini, filosofo post-umanista, nella lectio L’amore per gli animali (con Luisella Battaglia, sabato 29 ottobre, ore 17.30).
La scienza offre inoltre strumenti essenziali per capire il linguaggio con cui comunica la natura: lo spiega Roberto Battiston, fisico sperimentale e uno dei massimi esperti mondiali di raggi cosmici, nella lectio L’alfabeto della Natura (sabato 29 ottobre, ore 17.30). Esiste un linguaggio che accomuna il micro e il macro mondo? Lo confermano Gianpaolo Bellini, fisico subparticellare, Marco Bersanelli, astrofisico e il geofisico Enrico Bonatti nell’incontro Dai quark alle galassie (con Roberto Battiston, domenica 30 ottobre, ore 18.30). Nuovi linguaggi, per far dialogare uomini e macchine, con un’attenzione crescente agli aspetti etici legati a queste nuove tecnologie. Ne trattano, tra gli altri, Malvina Nissim, esperta su scala internazionale di linguistica computazionale, e Silvia Bencivelli (conversazione Ma un computer mi capisce?, sabato29 ottobre, ore 17.30), Elena Esposito, sociologa, (lectio Comunicazione Artificiale, lunedì 31 ottobre, ore 17.30) e Paola Inverardi, informatica conosciuta a livello internazionale e specializzata nell’ingegneria del software (lectio Sistemi autonomi e intelligenza artificiale, giovedì 27 ottobre, ore 18).
La chimica computazionale, grazie al progresso delle capacità di calcolo dei moderni supercomputer, apre le porte a una vera rivoluzione nell’ambito delle scienze della vita: ne approfondiscono l’impatto che avrà prossimamente nella ricerca farmaceutica William Jorgensen, uno dei pionieri dell’uso della chimica computazionale per il disegno di nuovi farmaci e Marco De Vivo, group leader di un gruppo di ricerca dedicato alla scoperta di nuovi farmaci su base molecolare nella conversazione Inventare nuovi farmaci con i supercomputer (sabato 22 ottobre, ore 15.30).
La scienza si occupa di linguaggi, e di altri linguaggi ha bisogno per progredire e per essere raccontata. Ne parla nella sua lectio L’immaginazione e la verità del mondo (giovedì 27 ottobre, ore 18) Ariane Koek, fellowship della Bogliasco Foundation riconosciuta a livello internazionale per il suo lavoro transdisciplinare tra arte, scienza e tecnologia, fondatrice del progetto “Arte e Scienza” al Cern di Ginevra. Anche la letteratura può essere un veicolo straordinario per comunicare la scienza, come racconta il fisico delle particelle Dario Menasce, nella sua lectio Ti racconto la fisica (lunedì 31 ottobre, ore 21). L’interazione tra scienza, arte e tecnologia, su cui la Commissione Europea sta fortemente investendo, sta assumendo sempre più la connotazione di vera innovazione scientifica e tecnologica: lo illustrano con esempi e progetti Antonio Camurri, Beatrice De Gelder, Maria Grazia Mattei, Paolo Naldini e Maurizia Rebora nell’incontro A regola d’arte (con Vincenzo Napolano, lunedì 31 ottobre, ore 18.30).
Molto ampio come sempre lo spazio dedicato ai temi collegati all’esplorazione dell’Universo. A inizio maggio la scoperta di Sagittarius A, la “super star” dei buchi neri, ha entusiasmato gli appassionati di fisica del Cosmo di tutto il mondo. Al Festival ne trattano Mariafelicia De Laurentis, astrofisica napoletana che per prima fotografò il buco nero M87 nel 2019, e Ciriaco Goddi, Project Scientist del progetto BlackHoleCam, entrambi membri della collaborazione internazionale Event Horizon Telescope nell’incontro Einstein ha ancora ragione? (con Matteo Massicci, lunedì 24 ottobre, ore 18.30).
Dai telescopi terrestri a quelli spaziali: a luglio sono arrivate le prime straordinarie immagini del James Webb Telescope, il principale osservatorio scientifico nello spazio del mondo. A illustrarne i dettagli Giovanna Giardino, ricercatrice dell’Estec, il centro scientifico e tecnologico dell’Agenzia Spaziale Europea,el’astrofisico Adriano Fontana nell’incontro Sguardi sull’universo sconosciuto (con Giorgio Pacifici, mercoledì 26 ottobre, ore 18.30). Lo spazio profondo esplorato non solo con le immagini ma anche con il suono: con le sonorizzazioni del musicista informatico Massimo Magrini (in arte Bad Sector) ne parlano Wanda Diaz Merced, astrofisica non vedente, insieme a Stavros Katsanevas, direttore dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo nel dialogo internazionale Il suono dell’Universo (con Andrea Parlangeli, domenica 30 ottobre, ore 21).
Dieci anni fa veniva annunciata l’osservazione del Bosone di Higgs: una scoperta che fu la conferma della teoria per cui Higgs e Englert vinsero il premio Nobel 2013. Al Festival si rivive l’emozione di quei giorni con tre fisici che furono tra i protagonisti di questa rivoluzionaria scoperta: Marco Ciuchini, Mia Tosi e Antonio Zoccoli nel dialogo L’ultima particella della materia conosciuta (con Sara Zambotti, sabato 22 ottobre, ore 21).
Alla figura di Albert Einstein il Festival dedica quest’anno alcuni eventi, tra cui la conferenza/spettacolo con intermezzi musicali 1922: la nascita di una celebrità condotta da Massimiano Bucchi (musiche di Arturo Stàlteri, giovedì 27 ottobre, ore 21), e il dialogo internazionale Einstein secondo Einstein (sabato 29 ottobre, ore 18.30) con Hanoch Gutfreund, direttore degli Archivi di Einstein all’Università di Gerusalemme e Renn Jürgen, storico della scienza, insieme al fisico teorico Vincenzo Barone.
I modelli matematici del clima del futuro è l’argomento di cui dibattono Annalisa Cherchi e Susanna Corti, geofisiche, entrambe coinvolte nella redazione del recente report IPCC sul Climate Change nell’incontro Clima 2050 (martedì 25 ottobre, ore 18). Ad Antonello Provenzale, esperto di modelli del clima, impatti dei cambiamenti climatici su risorse idriche, ecosistemi e incendi il compito di illustrare il legame essenziale tra geo e biodiversità nella lectio Le forme della Terra (lunedì 31 ottobre, ore 15), mentre Sandro Carniel, oceanografo di fama mondiale, parla dell’innalzamento dei mari con cui si deve imparare a convivere nel prossimo futuro (lectio Un futuro sott’acqua, sabato 22 ottobre, ore 17.30).
È necessario imparare ad aver cura dell’ambiente: questo il messaggio che porta al Festival Alex Bellini, esploratore e coach motivazionale, raccontando la sua impresa di navigazione sui dieci fiumi più inquinati del pianeta nell’incontro Sulla stessa barca…anzi, zattera (con Chiara Manzotti, venerdì 21 ottobre, ore 21). La CO2 di cui tanto si sente parlare come il nemico numero uno dell’ambiente, può in realtà diventare nel prossimo futuro una materia prima per la produzione di energia sostenibile: lo spiega Gianfranco Pacchioni, chimico che si occupa di teoria quantistica della materia con particolare riferimento ai materiali per l’energia e l’ambiente nella lectio Anidride carbonica: veleno o fonte di vita? (venerdì 21 ottobre, ore 18.30). Un altro materiale dalle proprietà notevoli è la perovskite, un minerale con cui si producono innovativi pannelli solari. Ne parlano Daniele Cortecchia, Giulia Folpini, Isabella Poli e Antonella Treglia, un gruppo di ricerca che sta lavorando su questi materiali del futuro nell’ambito di un innovativo progetto europeo nell’incontro Dall’alfabeto della chimica alle tecnologie green (lunedì 24 ottobre, ore 18.30).
Nell’incontro E luce fu… i fisici Paola Batistoni, Gustavo Granucci e Piergiorgio Sonato aggiornano sullo stato di sviluppo del progetto ITER, il grande consorzio europeo per la fusione nucleare (con Silvia Kuna Ballero, giovedì 27 ottobre, ore 18.30). Sempre a proposito di futuro energetico, la comunicatrice scientifica Silvia Kuna Ballero e il Direttore di Le Scienze e National Geographic Marco Cattaneo fanno una riflessione, con dati alla mano, sul dibattutissimo tema dell’energia nucleare (conversazione Travolti da un atomico destino, martedì 1° novembre, ore 16).
Non mancano gli incontri in vario modo collegati ai temi della salute: prevenzione e buone pratiche di alimentazione nella conversazione La salute vien mangiando (domenica 30 ottobre, ore 11) tra Marco Bianchi, divulgatore scientifico esperto di temi di alimentazione e il gastroenterologo Silvio Danese, mentre la genetista Isabella Saggio fa ragionare di invecchiamento e immortalità nella sua lectio Per sempre giovani? (lunedì 24 ottobre, ore 21).
Tra i molti graditi ritorni alla ventesima edizione del Festival l’immunologo Alberto Mantovani, uno dei più citati scienziati italiani di sempre, e lo scrittore Gianrico Carofiglio con un dibattito scientifico-etico sulla scienza comunicata, tra esigenze di esattezza e chiarezza Parole della scienza e arte della chiarezza (martedì 1° novembre, ore 15). A chiudere il Festival la conversazione Il capitale biologico (martedì 1° novembre, ore 18.30) con Luca Carra, giornalista scientifico e saggista e Paolo Vineis, epidemiologo, sul rapporto tra salute e diseguaglianze economiche e sociali.
Dieci anni fa iniziava l’avventura di Comics&Science, il progetto editoriale del CNR per parlare di scienza attraverso i fumetti. Il festival dedica ampio spazio a questa ricorrenza, anche con un ciclo di sei incontri in cui gli scienziati dialogheranno con alcuni dei fumettisti che hanno preso parte al progetto, tra cui Silver, Sergio Ponchione, Francesco Frongia, Sara Menetti, Davide la Rosa.
Il programma è nato dalle oltre 480 proposte arrivate da tutta l’Italia, in risposta al bando di idee lanciato dal Festival a dicembre 2021. La selezione dei progetti è stata realizzata dai 55 membri del consiglio scientifico del Festival costituito da scienziati, giornalisti scientifici e professionisti della comunicazione, con il supporto del comitato di programmazione.
INFORMAZIONI E BIGLIETTI
Il programma completo del Festival è disponibile sul sito www.festivalscienza.it, in cui è possibile anche scaricare il pdf del catalogo. Attivo il call center del Festival al numero 010 8934340, per informazioni e prenotazioni da parte degli istituti scolastici. L’acquisto dei biglietti si può effettuare sul sito del Festival (senza necessità di ritiro in biglietteria) e all’Infopoint allestito nel cortile interno di Palazzo Ducale, in cui gli animatori possono fornire anche consigli sulle attività da seguire nel corso della giornata.
Confermata la tipologia di biglietti delle precedenti edizioni. In occasione dei vent’anni di Festival, tutte le conferenze del Festival sono gratuite per i nati dopo il 1° gennaio 2003. I biglietti e le prenotazionisono acquistabili online sul sito del Festivalwww.festivalscienza.it, tramite il call center (tel. 010 8934340) e all’Infopoint. Invariati i costi dei biglietti: giornaliero intero 13 euro, ridotto 11 euro, ridottissimo 9 euro, Abbonamento Standard intero 21 euro, ridotto 18 euro, ridottissimo 12 euro, Abbonamento Premium (con prenotazioni gratuite per il titolare dell’abbonamento) 30 euro e Abbonamento Scuole 9 euro. I bambini fino ai 5 anni, gli insegnanti che accompagnano le classi e gli accompagnatori di persone con disabilità non pagano. Gli abbonamenti hanno validità per tutti i giorni e tutti gli eventi del Festival. È disponibile anche l’abbonamento Festival Online per la fruizione per 365 giorni dell’archivio on-demand sulla piattaforma festivalscienza.online al costo di 10 euro. I tre abbonamenti Standard, Premium e Scuole comprendono l’Abbonamento Online. Tutti gli eventi del progetto Scienziati nelle Biblioteche e il programma online per le classi sono gratuiti.
Le prenotazioni (posti riservati) per gli eventi a pagamento (costo 0,50 euro) sonoconsigliateper il pubblico generico. Da quest’anno anche per gli eventi gratuiti è possibile effettuare le prenotazioni (gratuite). Per le classi le prenotazioni sono obbligatorie e gratuite e devono necessariamente essere effettuate tramite il call center. Il Biglietto scuole e l’Abbonamento Insegnante consentono anche la fruizione individuale dell’intero programma del Festival, dal 20 ottobre al 1° novembre. Gli orari del call center sono: fino al 19 ottobre dal lunedì al venerdì ore 08.30 – 17; dal 20 ottobre al 1° novembre, dal lunedì al venerdì ore 08.30 – 19; sabato e festivi ore 09.30 – 19. Tutti gli abbonamenti del Festival includono anche l’abbonamento alla piattaformawww.festivalscienza.online, su cui visionare alcuni degli eventi di questa e delle passate edizioni, per un anno.
Sono più di 400 gli animatori del Festival, tra studenti universitari e giovani ricercatori selezionati a partire da oltre 600 candidature provenienti da tutta l’Italia. Grazie al supporto di Camera di Commercio, a loro è affidato il compito di facilitare il pubblico di ogni fascia d’età a orientarsi all’interno delle ultimissime scoperte della scienza, imparando e divertendosi.
Il Festival della Scienza partecipa a Orientamenti 2022 anche con la realizzazione della decima edizione di OrientaScienza, progetto che si propone di motivare e orientare gli studenti e le studentesse alle discipline scientifiche utilizzando il Festival come motore. Sono 100 gli studenti degli istituti superiori genovesi che affiancano gli animatori del Festival in formative e divertenti prime esperienze di lavoro nell’ambito dei loro percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.
L’Associazione Amici del Festival della Scienza organizza anche per questa edizione le cene del Festival, che rappresentano da sempre momenti di accoglienza e conoscenza reciproca per gli ospiti.
I Soci dell’Associazione Festival della Scienza
Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Genova, Centro Fermi – Museo Storico della Fisica e Centro Studi e Ricerche Enrico Fermi, CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche, Comune di Genova, Confindustria Genova, Costa Edutainment, GSSI – Gran Sasso Science Institute, IIT – Istituto Italiano di Tecnologia, INAF – Istituto Nazionale di Astrofisica, INFN – Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INGV – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Regione Liguria, Sviluppo Genova, UNIGE – Università degli Studi di Genova
I Partner istituzionali dell’edizione 2022 (non soci)
Unione Europea, Fondazione Compagnia di San Paolo, Ministero dell’Università e della Ricerca
Gli Sponsor dell’edizione 2022
IREN, ERG, Autostrade per l’Italia, Costa Edutainment, Axpo, Coop Liguria, Gruppo Spinelli, Gruppo Merck, Italmatch Chemicals, Leonardo, Tenova, Thales Group, SAAR, Amico&Co, Ernst & Young, Federchimica/Plastic Europe, IVSI, TibMolbiol, Consorzio Coreve, SIBPA, SPX lab
I media partner 2022
Coelum Astronomia, Giornale Radio, Il Secolo XIX, La Voce di Genova, Rai Cultura, Rai Liguria, Rai Radio 3
Partner culturali
Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova, Alle Ortiche, Andersen, Amici del Festival della Scienza, Acquario di Genova, Biblioteca Universitaria di Genova, Biblioteche di Genova, Baltimora Garden Sea-ty, Genova Blue District, Galata Museo del Mare, Fondazione Treccani Cultura, Istituto Giannina Gaslini, MEI – Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana, Musei di Genova, MOG Mercato Orientale Genova, Musei Nazionali della Liguria, Ospedale Galliera, Ospedale Policlinico San Martino, Genova Palazzo Ducale, Villa del Principe, Porto Antico di Genova, Fondazione Luzzati – Teatro della Tosse, SIBPA – Società Italiana di Biofisica Pura e Applicata
Gli editori al Festival della Scienza 2022
Add Editore, Carocci Editore, Casa Editrice EDT, Casa Editrice Il Castoro, Casa Editrice Il Mulino, Chiarelettere Editore, Codice Edizioni, De Agostini Editore, Editori Laterza, Editoriale Scienza, Edizioni Dedalo, Edizioni del Capricorno, Edizioni Lindau, Luiss University Press, Edizioni Piemme, Egea Editore, Fabbri Editore, Giulio Einaudi Editore, Harper Collins, Hoepli Editore, Lapis Edizioni, Rizzoli, Mondadori, Springer Nature, Treccani Libri, Zanichelli Editore.
I luoghi del Festival della Scienza 2022
Accademia Ligustica di Belle Arti, Acquario di Genova, Alle Ortiche, Alliance Française Galliera de Gênes, Auditorium Ist. Comprensivo Garaventa-Gallo, Baltimora Garden Sea-ty, Banca d’Italia, Biblioteca Berio, Biblioteca Civica Brocchi Nervi, Biblioteca Civica Bruschi-Sartori, Biblioteca Civica Gallino, Biblioteca Civica Guerrazzi, Biblioteca Civica Saffi, Biblioteca Internazionale per Ragazzi E. De Amicis, Biblioteca Universitaria di Genova, Castello d’Albertis, Cimitero Monumentale di Staglieno, E.O. Ospedali Galliera di Genova, Fondazione Ansaldo, Galata Museo del Mare, Gallerie Nazionali di Palazzo Spinola, Genova Blue District, Giardini E. Luzzati – Area Archeologica, MadLab 2.0, Leonardo Labs, Magazzini del Cotone – Modulo 1, MEI Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana, MOG – Mercato Orientale Genova, Museo di Storia Naturale Giacomo Doria, Ospedale San Martino – Centro di Biotecnologie Avanzate, Osservatorio Astronomico del Righi, PalaCUS, Palazzo del Principe, Palazzo della Borsa, Palazzo della Regione, Palazzo Ducale, Palazzo Grillo, Palazzo Imperiale, Palazzo Reale, Palazzo Rosso – Musei di Strada Nuova, Palazzo San Giorgio, Piazza delle Feste, Teatro Carlo Felice, Teatro della Tosse, UniGe World, Università di Genova sedi di Balbi 5, Dipartimento Architettura e Design, e Orto Botanico.
L’analisi dei dati ottenuti nelle ultime due settimane dal team investigativo del Double Asteroid Redirection Test (DART) della NASA mostra che l’impatto cinetico del veicolo spaziale con il suo asteroide bersaglio, Dimorphos, ha alterato con successo l’orbita dell’asteroide. Questo segna la prima volta che l’umanità cambia di proposito il movimento di un oggetto celeste e la prima dimostrazione su vasta scala della tecnologia di deflessione degli asteroidi.
“Tutti noi abbiamo la responsabilità di proteggere il nostro pianeta natale. Dopotutto, è l’unico che abbiamo“, ha affermato l’amministratore della NASA Bill Nelson. “Questa missione mostra che la NASA sta cercando di essere pronta per qualsiasi cosa l’universo ci getti addosso. La NASA ha dimostrato che siamo seri come difensori del pianeta. Questo è un momento spartiacque per la difesa planetaria e per tutta l’umanità, a dimostrazione dell’impegno dell’eccezionale team della NASA e dei partner di tutto il mondo”.
Prima dell’impatto di DART, Dimorphos impiegava 11 ore e 55 minuti per orbitare attorno al suo asteroide genitore più grande, Didymos. Dalla collisione intenzionale di DART con Dimorphos il 26 settembre, gli astronomi hanno utilizzato i telescopi sulla Terra per misurare quanto è cambiato quel tempo. Ora, la squadra investigativa ha confermato che l’impatto della navicella spaziale ha alterato l’orbita di Dimorphos attorno a Didymos di 32 minuti, riducendo l’orbita di 11 ore e 55 minuti a 11 ore e 23 minuti. Questa misurazione ha un margine di incertezza di circa più o meno 2 minuti.
Il team investigativo sta ancora acquisendo dati con osservatori a terra in tutto il mondo, nonché con strutture radar presso il radar planetario Goldstone del Jet Propulsion Laboratory della NASA in California e il Green Bank Observatory della National Science Foundation in West Virginia. Stanno aggiornando la misurazione del periodo con osservazioni frequenti per migliorarne la precisione. L’attenzione ora si sta spostando sulla misurazione dell’efficienza del trasferimento di quantità di moto dalla collisione di circa 14.000 miglia (22.530 chilometri) di DART con il suo obiettivo. Ciò include un’ulteriore analisi degli “ejecta” – le molte tonnellate di roccia asteroidale spostate e lanciate nello spazio dall’impatto.
Per comprendere l’effetto del rinculo dell’ejecta, sono necessarie maggiori informazioni sulle proprietà fisiche dell’asteroide, come le caratteristiche della sua superficie e quanto sia forte o debole. Questi problemi sono ancora oggetto di indagine.
“DART ci ha fornito alcuni dati affascinanti sia sulle proprietà degli asteroidi che sull’efficacia di un impattatore cinetico come tecnologia di difesa planetaria”, ha affermato Nancy Chabot, responsabile del coordinamento DART del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL) a Laurel, nel Maryland. “Il team DART continua a lavorare su questi dati ricchi per comprendere appieno questo primo test di difesa planetaria della deflessione degli asteroidi”.
Per questa analisi, gli astronomi continueranno a studiare le immagini di Dimorphos dall’approccio terminale di DART e dal Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids (LICIACube), fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana, per approssimare la massa e la forma dell’asteroide. Tra circa quattro anni, il progetto Hera dell’Agenzia spaziale europea prevede anche di condurre rilievi dettagliati sia di Dimorphos che di Didymos, con un focus particolare sul cratere lasciato dalla collisione di DART e una misurazione precisa della massa di Dimorphos.
Ciao a tutti popolo delle stelle? Come dite? Avete nuovamente voglia di fare un tuffo nel passato? Benissimo! Allora allacciatevi le cinture, regolate l’orario del vostro scuba e mettetevi comodi! Da qui in avanti non si torna indietro! E nemmeno si chiama a casa, visto che i GSM non li avevano ancora inventati, la prima rete commerciale arriverà soltanto a luglio.
Si parte verso i folgoranti anni ’90! Questa volta andremo nel 1991, l’anno in cui ci fu l’eclissi di sole più lunga del XX secolo. Pensate, nel punto di eclissi massima, è durata ben 6 minuti e 53 secondi! Aahh…il XX secolo. Che guazzabuglio moderno. Bene, boom. Cominciamo così. Procediamo veloci come Sonic fra le scoperte astronomiche più mirabolanti di quest’anno. Mentre sulla terra le persone si affaccendavano a vivere le loro vite frenetiche vestiti da improbabili abiti oversize dalle spalline imbarazzanti e Kevin McCallister cercava di evitare che i ladri gli entrassero in casa, sul ghiacciaio del Similaun, sul versante italiano al confine fra Italia ed Austria, veniva ritrovato un uomo mummificato, definito un cacciatore, vissuto ben 5000 anni fa. Ora lo possiamo osservare nel museo di Bolzano ed è la famosissima mummia del Similaun o, per gli amici, Ötzi. Però all’universo dell’uomo del Similaun non gli importava granchè, come d’altronde, di tutto il resto. Nemmeno del fatto che Magic Johnson, proprio in quell’anno, comunicava alla stampa il suo ritiro.
Nel 1991 ci fu una scoperta importante che, da un lato avrebbe fornito pacchi di programmi gratuiti ai ricercatori, dall’altra avrebbe regalato altrettanti pacchi di bestemmie da parte delle matricole. Si tratta del sistema operativo Linux, che proprio nel 1991 faceva capolino sul panorama informatico, grazie a Linus Torvalds. Non dico che può essere paragonato ad Alexander Fleming, ma di sicuro l’intento è stato veramente nobile. Tanto che attualmente questo sistema operativo viene usato da milioni di utenti nel mondo, specialmente dalle università e dai centri di ricerca. Sempre nel 1991, il matematico Qiu-dong Wang trovava un cambiamento di coordinate con cui scrivere una soluzione globale al problema degli N-corpi, con impatti molto importanti in vari campi di ricerca. Dal lato spaziale, venne sparato in orbita il Compton gamma ray observatory (CGRO) a bordo della navetta spaziale Atlantis, per studiare le sorgenti cosmiche di raggi X, come supernovae, quasar, stelle di neutroni e buchi neri. Sempre nel campo delle alte energie, ci fu il primo rilevamento dell’emissione di raggi X vicino al picco di un’esplosione nova classica, Nova Herculis, tramite lo strumento ROSAT (PSPC) e la scoperta del quasar più distante e più brillante (10 volte rispetto a tutti i quasar conosciuti) allora conosciuto, ad opera di tre gruppi di radioastronomi dell’Australia Telescope National Facility, dell’Università della Tasmania e del Jet Propulsion Laboratory della NASA.
Questo quasar era a ben 14 miliardi di anni luce di distanza, ossia 1,3∙1023 km circa. Col camper delle micro-machines ci impiegheresti…no. Col camper delle micro-machines non ci arrivi nemmeno. Hubble nel frattempo, lanciato l’anno prima, stava facendo man bassa di immagini, scoprendo una quindicina di sistemi proto-planetari, dischi di gas e di polvere simili a quello scoperto nel 1983 dal satellite IRAS intorno alla stella Beta pictoris. Infine, nel 1991 il geologo Haraldur Sigurdsson, dell’Università dell’Islanda a Reykjavik, grazie all’analisi dei vetri da impatto, sviluppa una ipotesi a conferma della teoria della catastrofe avvenuta circa 65 milioni di anni fa, quando sulla Terra si spiaccicò un asteroide di 14 km, che fece più danni di un pallone da calcio degli anni ’80, mutando il clima e facendo comparire molte specie animali e vegetali. Che dire, gli anni ’90 erano cominciati col botto, e spesso la nostalgia di quel periodo attanaglia le nostre menti ma sapete cosa? Come diceva Merlino, mi sa che “stanno bene dove stanno!”. Ora scappo che mi comincia “una bionda per papà”, altrimenti mi perdo la sigla. Ciao cipollini!
Oggi dedichiamo il racconto degli ultimi aggiornamenti al lander Insight, tra alti e bassi della situazione energetica e recentissimi nuovi studi relativi alle sue rilevazioni.
Insight cambia i programmi
Il lander della NASA che studia l’interno del pianeta rosso ha come unica fonte di alimentazione dei pannelli solari, i quali soffrono degli stessi problemi che abbiamo visto affliggere l’elicottero Ingenuity: oscuramento atmosferico e polvere.
Soprattutto quest’ultima è stata da sempre la spina nel fianco dei tecnici del JPL, con il costante declino dell’energia raccolta da Insight e il fallimento dei più recenti tentativi di rimuoverla almeno in parte dalle grandi superfici dei pannelli. L’apparente impossibilità di invertire la tendenza ha spinto il team che gestisce la missione del lander a delineare la timeline che porterà alla fine della missione.
A fine maggio era stata così programmata la dismissione progressiva di tutti gli apparati scientifici, con l’intenzione di lasciare attivi solo i sistemi legati alla rilevazione di temperatura e pressione atmosferica, le camere e i sistemi di comunicazione. In queste condizioni si stimava che Insight avrebbe continuato a funzionare sino circa a dicembre 2022.
Nella seconda metà di giugno il Jet Propulsion Laboratory ha diffuso un aggiornamento che ha revisionato i programmi. È stato infatti deciso che il sismometro, l’ultimo strumento che si sarebbe dovuto spegnere alla fine del mese, sarebbe invece rimasto attivo a tempo indefinito. Questo dispendio energetico extra avrebbe portato invariabilmente a ridurre le prospettive di vita di Insight, che perdipiù opera già da alcuni mesi in modalità d’emergenza disattivata. Il cosiddetto safe mode permette al lander di entrare automaticamente in una modalità a ridottissimo consumo energetico nel caso di condizioni sfavorevoli (legate per esempio alla temperatura o alla scarsa energia disponibile) per dare modo agli ingegneri di gestire la situazione.
La foto più recente inviataci da Insight scattata il 2 ottobre, Sol 1368, alle 5 del pomeriggio marziano. In primo piano si trova la campana che scherma dal vento il delicatissimo sismometro. Crediti: NASA/JPL-Caltech
L’obiettivo è diventato ottenere più dati scientifici possibile finché le condizioni lo permetteranno piuttosto che prolungare il funzionamento di Insight senza però ottenere da ciò alcun beneficio per gli studi in corso.
Un risvolto inaspettato e decisamente positivo si è delineato in queste ultime settimane grazie all’aumento delle ore di luce (il solstizio invernale è avvenuto il 21 luglio) e la mutazione delle condizioni climatiche. La situazione energetica di Insight è così leggermente migliorata grazie anche alla riduzione del 30% rispetto a giugno dell’opacità atmosferica. Questo ha portato a una maggiore quantità di energia generata giornalmente; nello specifico parliamo di un incremento da 400 Wh misurati a inizio luglio per arrivare agli attuali 425 Wh nelle rilevazioni più aggiornate. Si tratta comunque di una piccola frazione rispetto ai circa 5000 Wh che Insight generava appena atterrato su Marte nel 2018.
Ma per il povero lander non c’è pace, e proprio nella serata di venerdì 7 settembre è arrivato un funesto aggiornamento da parte della NASA che riguarda una probabile tempesta di sabbia di dimensioni colossali che sta interessando l’emisfero sud di Marte.
Osservata per la prima volta il 21 settembre, la tempesta ha continuato a crescere di dimensioni sino a raggiungere un’estensione raffrontabile con le dimensioni del pianeta stesso. Il 3 ottobre la crescita del fenomeno atmosferico, formatosi a 3500 km dalla posizione di Insight, aveva iniziato a interessare anche l’atmosfera nella regione Elysium Planitia dove si trova il lander. La densità della foschia è aumentata del 40% portando a un crollo della generazione di energia, scesa a soli 275 Wh al giorno. Una quantità assolutamente insufficiente per l’attuale configurazione operativa di Insight.
La posizione della tempesta di sabbia come ripresa il 29 settembre dalla camera Mars Climate Imager a bordo della sonda MRO. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Sebbene l’osservazione dall’orbita faccia pensare che il picco di intensità della tempesta sia ormai passato e che il fenomeno stia rallentando, la situazione per il lander non sembra destinata a migliorare nel breve periodo. Per questa ragione il team della missione ha preso la decisione di spegnere per due settimane il sismometro, altrimenti tenuto in funzione continuativamente tutto il giorno, per permettere così alle batterie di mantenere una carica adeguata. Senza questo intervento si stima che a Insight sarebbero rimaste solo poche altre settimane di operatività.
Terremoti ma anche crateri
Dei circa 1300 eventi sismici rilevati da Insight, si è sospettato a lungo che alcuni di essi fossero generati da impatti al suolo di meteoriti. Le ragioni per ritenerlo sono la sottilissima atmosfera marziana, che blocca solo i meteoroidi più piccoli, e la vicinanza con l’importante fascia di asteroidi tra il pianeta rosso e Giove. Tuttavia per molto tempo è mancata l’evidenza sperimentale che permettesse di collegare delle registrazioni di una scossa con un cratere da impatto.
Le cose sono cambiate il 19 settembre con la pubblicazione su Nature Geoscience di un articolo che, per la prima volta, ha dimostrato la possibilità di analizzare a un nuovo livello le registrazioni del sismometro impiegando i dati relativi alla pressione acustica e le onde sismiche. Non è solo l’impatto al suolo a generare potenziali vibrazioni di cui Insight resta in ascolto, ma anche l’ingresso in atmosfera del corpo. I modelli matematici usati dai ricercatori mettono in relazione inoltre il tempo di arrivo delle onde sismiche e la loro polarizzazione, permettendo infine di stimare la posizione degli impatti meteorici.
Il paper documenta in dettaglio ben quattro di questi eventi, rilevati da Insight tra il 2020 e il 2021, e avvenuti a distanze comprese tra 85 e 290 km. Il primo riconosciuto e indubbiamente più spettacolare è quello occorso il 5 settembre 2021, che ha visto un corpo principale entrare in atmosfera e frantumarsi in almeno tre parti più piccole.
I tre impatti sono udibili distintamente come fossero il suono di tre gocce, con tempi di arrivo molto diversi tra suoni a bassa ed alta frequenza a causa dell’interazione con l’atmosfera.
Successivamente il satellite Mars Reconnaissance Orbiter, durante un sorvolo dell’area sospettata di aver subito gli impatti, ha acquisito delle immagini in bianco e nero a bassa risoluzione della regione. Tre macchie scure hanno confermato i sospetti, così nuove immagini più dettagliate sono state programmate per la camera HiRise.
Immagine dei tre siti di impatto del meteorite “ascoltato” da Insight il 5 settembre 2021. I colori sono stati elaborati per agevolare la visualizzazione all’occhio umano dei dettagli rilevanti. Crediti: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona
Gli altri tre eventi registrati da Insight sono avvenuti il 27 maggio 2020, 18 febbraio e 31 agosto 2021. Ciascuno ha lasciato l’inconfondibile firma di un cratere.
I tre crateri dovuti ad altrettanti mini-terremoti rilevati da Insight. Foto acquisite dal satellite MRO. Crediti: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona
Torniamo così alla domanda iniziale: perché abbiamo documentato il primo impatto di un meteorite su Marte tramite Insight solo un anno fa, se stimiamo un’alta frequenza di ingresso di questi corpi in atmosfera? La risposta del team è che data la debolissima intensità delle scosse generate da questo tipo di fenomeno, non superiore al secondo grado di magnitudine per questi quattro eventi, si pensa che la maggior parte di essi sia stata confusa con il rumore del vento marziano e di fenomeni atmosferici stagionali. Ora che è stato possibile caratterizzare la “firma sismica” dell’impatto di un meteorite su Marte, ci si aspetta che se ne troveranno numerosi altri andando ad analizzare con attenzione i quattro anni di registrazioni del lander a disposizione degli scienziati.
Per questo aggiornamento marziano è tutto, appuntamento al prossimo che cercherò di rendere meno monotematico!
Leggi la prima puntata di News da Marte qui e la seconda qui
Nella composizione l’immagine della Nebulosa Tarantola catturata dal JWST a sinistra e a destra lo “scatto” del Telescope Hubble.
La Nebulosa Tarantola viene rivelata in tutto il suo splendore in questa immagine dettagliata, ripresa nel visibile e nel vicino infrarosso dal telescopio Hubble. La Tarantola, chiamata anche 30 Doradus, è un’immensa e complessa regione di formazione stellare nella Grande Nube di Magellano, la famosa galassia nana distante 170.000 anni luce da noi. L’oggetto deve il suo nome alla disposizione delle sue regioni di nebulosità più luminose, che in qualche modo assomigliano alle zampe di un ragno cosmico, estendendosi da un “corpo” centrale, dove un ammasso di calde stelle illumina e modella la nube. La zona è ricca di vasti ammassi stellari, gas brillante e oscure polveri cosmiche. Una delicata foschia viola di idrogeno ionizzato riempie la scena celeste, arricchita da filamenti sparsi di polveri e da una miriade di stelle particolarmente luminose e giganti.
Un super-ammasso stellare noto come R136, visibile a sinistra del centro, contiene giovani stelle tra le più massicce e brillanti conosciute, alcune con masse superiori a un centinaio di masse solari e milioni di volte più luminose del Sole. Assieme a Hodge 301 è uno dei due raggruppamenti stellari multipli che rendono così luminosa la Nebulosa Tarantola. Le stelle massicce in R136, la cui età è di pochi milioni di anni, vivono una vita sfolgorante ma breve e muoiono giovani, almeno per gli standard astronomici, esaurendo il loro combustibile nucleare nel giro di qualche milione di anni. All’interno di R136 risplende R136a1, ritenuta la stella più massiccia conosciuta, con una stazza superiore a 250 masse solari.
Schema della classificazione degli asteroidi e le possibili corrispondenze con la composizione delle meteoriti. Da un semplice aggregato di detriti, attraverso processi di fusione parziale o totale (oceano di magma) possono formarsi proto-pianeti con differenziazione interna dei minerali, gli elementi chimici più leggeri nella crosta e quelli più pesanti verso il nucleo.
Immagine modificata da K. Joy/LPI/E&SS/NASA/Gary Hincks/Science Photo Library
Di cosa sono fatti gli asteroidi?
Nonostante la loro massa totale non superi quella della Luna, gli asteroidi rappresentano una fonte di informazione unica sulle fasi di evoluzione del nostro Sistema Solare.
Oltre alla variabilità dei loro parametri dimensionali, morfologici, dinamici e orbitali, è stata osservata anche una certa variabilità composizionale all’interno del più di un milione di asteroidi classificati finora, fattore che è stato possibile studiare in dettaglio solo negli ultimi decenni grazie alla maggiore risoluzione delle osservazioni nelle finestre del visibile e infrarosso e alle missioni dedicate.
Un grande aiuto nel lavoro di definizione della composizione degli asteroidi è offerto dalle meteoriti, che per la maggior parte sono proprio frammenti dei primi, anche se non sempre è possibile trovare una corrispondenza diretta con il corpo originario.
Lo stesso spettro delle superfici proprio degli asteroidi potrebbe essere stato alterato dalla radiazione solare rendendole più rosse e più metalliche di quanto non siano in realtà (invecchiamento superficiale) e questo ne limiterebbe la diretta corrispondenza con le meteoriti.
Dall’analisi delle luce riflessa nello spettro visibile e infrarosso, indicativa per altro della presenza di specifici minerali sulla superficie degli asteroidi, sono state proposte poco più di una dozzina di classi composizionali, raggruppate sulla base dell’albedo in tre gruppi principali. Circa il 90% degli asteroidi appartiene quindi classi C, S e M, tre tipologie che danno informazioni sulla storia evolutiva dei corpi planetari (Figura 1).
La classe C raccoglie gli asteroidi più primitivi, poco evoluti, mentre la S e M caratterizzano corpi che hanno subito una fusione e differenziazione magmatica con la formazione di ‘gusci’ a diversa composizione. In analogia con le meteoriti, la classe S e M vengono raggruppate nella superclasse ‘ignea’ di Bell (Bell et alii, 1988).
La classe C, generalmente corrispondente alla composizione delle meteoriti condritiche, è caratterizzata da una bassa albedo ad essa appartiene la maggioranza degli asteroidi conosciuti. È ricca di carbonio (condriti carbonacee) con percentuali variabili di silicati, in particolare di argille, testimonianza della presenza di acqua in questi corpi poco evoluti. Cerere sarebbe l’oggetto meglio rappresentativo di questa classe, anche se le altre sue caratteristiche portano spingono i ricercatori e più un pianeta nano. La Dawn lo ha avvicinato nel 2015evidenziando macchie chiare ricche di sali con ammonio (De Sanctis et alii, 2016) probabilmente formatisi negli ultimi 2 milioni di anni per percolazione di acqua attraverso le fratture generate da un impatto.
Gli asteroidi avvicinati da una missione planetaria. La figura riporta il nome ufficiale, la classe spettrale, il diametro, il periodo di rotazione, la dimensione del semi-asse maggiore e la missione con l’anno. Le classi Le immagini non sono in scala. La classe V che rappresenta il corpo più evoluto Vesta e la E di Šteins, rientrano nella superclasse ignea. La classe Q dell’asteroide Braille rappresenta la superclasse ‘metamorfica’ cioè quegli asteroidi che hanno subito una fase iniziale di parziale fusione con la presenza di silicati ricchi di Fe e Mg e anche dei metalli. Crediti: CNSA | ESA OSIRIS/MPS/UPD/LAM/IAA/RSSD/INTA/UPM/DASP/IDA | JAXA, U. Tokyo & collaborators | NASA/IPL-Caltech/Goddard/JHUAPL/SwRI/UA/UMD/UCLA/MPS/DLR/IDA.
La figura sopra mette a confronto le diverse tipologie di asteroidi che sono stati osservati da vicino da una missione planetaria.
Prende il via con il numero 258 di Coelum Astronomia una collaborazione importante fra la Redazione e l’astrofotografo Cristian Fattinnanzi che in passato ha già più volte contribuito alla rivista. Fattinnanzi con il suo ricco bagaglio di esperienze maturato sapientemente in tanti anni di paziente preparazione e pratica, metterà a disposizione dei tanti lettori, suggerimenti e trucchi per alimentare le tecniche per l’osservazione e l’astrofotografia, partendo dalle basi acquisite ancora giovane e inesperto fino a giungere alle sofisticate tecniche e soluzioni implementate oggi, dopo oltre trent’anni di operatività per una passione che non sembra mostrare segni di cedimento. Grazie Cristian, lasciamo a te la parola!
Il progresso ci fornisce mezzi tecnologici eccezionali e sempre più evoluti: smartphone, tablet, computer, strumenti che abbinati ad apps o software in numero sempre crescente permettono di soddisfare qualsiasi genere di esigenza.
Anche chi si avvicina all’astronomia, con pochi click, può avvantaggiarsi di questa tecnologia ed entrare velocemente nel fantastico mondo dell’osservazione del cielo grazie ai numerosissimi simulatori della volta celeste.
Apparentemente tutto sembra più facile e veloce, ed in parte lo è, ma forse stiamo dimenticando qualcosa.
Ho iniziato ad osservare il cielo da bambino: a scuola sentir parlare del Sistema Solare aveva generato in me un’insaziabile curiosità di conoscere e vedere coi miei occhi cose che fino a quel momento avevo completamente ignorato.
Era la fine degli anni ’80, informazioni sull’astronomia si potevano trovare solo su libri, sulle poche riviste di settore reperibili su ordinazione in edicola o su depliant pubblicitari di telescopi scovati in qualche negozio di ottica.
In questo modo un po’ approssimativocontinuai a documentarmi per anni, fino a quando acquistai il mio primo “telescopio”. Dove? Alla “Standa”! Un supermarketmolto famoso inquel periodo!
Si trattava di uno strumento giocattolo, probabilmente dalle prestazioni simili al primo rudimentale cannocchiale di Galileo, l’obiettivo era infatti costituito da una singola lente da 5 cm di diametro (diaframmata a 20mm per ridurre il cromatismo!) con focale di 50 cm, mentre l’oculare, che forniva circa 25x, era formato da 4 lenti di cui 2 preposte al raddrizzamento dell’immagine.
Ebbene, con questo ridicolo strumento, sostenuto da un (inqualificabile!) treppiede da tavolo, iniziai ad ammirare i crateri della Luna e qualche altro oggetto luminoso.
La mia curiosità, unita alla limitatezza della strumentazione, mi spinsero ben presto a studiare più nel dettaglio questo strumento, “vivisezionandolo” alla ricerca di improbabili modifiche per migliorarne la resa.
Nel frattempo mi ero procurato una mappa del cielo, che avevo ridisegnato manualmente ingrandita (le fotocopiatrici erano ancora rarissime…) per potermi orientare meglio nelle notti passate alla ricerca delle costellazioni.
Il 13 agosto scorso i famigliari danno la triste notizia della scomparsa di Piero Angela, per tutti gli italiani il volto amico della TV della divulgazione scientifica.
Oggi tutto il mondo della divulgazione, non solo quello televisivo ma per esempio anche quello che passa attraverso i social network, si nutre dei suoi insegnamenti e delle linee di rispetto dal giornalista sempre promosse.
Noi della redazione lo vogliamo ricordare attraverso l’impegno speso per la diffusione di informazioni verificate scientificamente che l’ha condotto fino alla fondazione del CICAP.
«Bisogna essere dalla parte degli scienziati per i contenuti e dalla parte del pubblico per il linguaggio»
questa era la convinzione di Piero Angela e una delle ragioni profonde del suo successo straordinario. Al contrario di altri personaggi televisivi dediti a solleticare gli istinti più bassi, Piero Angela trattava i suoi spettatori come persone intelligenti che desiderano imparare, anche se non sempre hanno avuto la fortuna di ricevere un’istruzione superiore: il pubblico capiva che il suo rispetto era autentico e lo ripagava con affetto immenso.
Accompagnare Piero Angela al Salone del Libro o ai Convegni del CICAP era come andare in giro con l’equivalente laico di un Papa: a ogni passo si veniva fermati da qualcuno che voleva testimoniarei la propria stima per il suo lavoro. Al termine di ogni sua conferenza c’era una lunga coda di persone che chiedeva autografi sul suo ultimo libro. Lui si godeva l’affetto del suo pubblico e lo ricambiava sinceramente, rimanendo al suo posto per tutto il tempo necessario per scambiare qualche parola con tutti coloro che lo desideravano, con la stessa educazione e cortesia che mostrava in televisione. Non c’erano due Piero Angela, uno privato e uno pubblico: quello che si vedeva in televisione era lo stesso che conoscevano i suoi amici e colleghi, sempre lucido e razionale, senza mai un moto d’ira o una parola fuori posto, ma anche umano e ricco di passioni, dalla musica agli scacchi.
La prima educazione arriva dalla famiglia e quella di Piero Angela era fuori dal comune. Suo padre Carlo era un neuropsichiatra che durante la seconda guerra mondiale salvò numerosi ebrei e antifascisti dalla deportazione ricoverandoli con false diagnosi nella sua casa di cura di San Maurizio Canavese, in provincia di Torino.
Finita la guerra, la famiglia non rivelò l’accaduto, con tipico riserbo piemontese, e il coraggio di Carlo Angela rimase sconosciuto fino a quando nel 1995 fu pubblicato il diario postumo di una delle persone che aveva salvato, Renzo Segre. Nel 2001 Carlo Angela fu riconosciuto “Giusto tra le Nazioni” e il suo nome venne inserito nel “Giardino dei Giusti” a Gerusalemme.
È da lui che Piero Angela apprese non solo l’amore per la giustizia, ma anche quello per la razionalità che contraddistinguerà tutto il suo operato.
Piero Angela con i volontari del CicapFest 2019 cortesia di Roberta Baria
La carriera giornalistica di Piero Angela comincia all’inizio degli anni Cinquanta. Finito il liceo classico, Piero studia ingegneria al Politecnico di Torino, ma dopo aver accompagnato un amico a un provino presso la Rai è inaspettatamente lui a essere scelto: per dedicarsi al lavoro mette da parte sia gli studi universitari sia una promettente carriera da pianista jazz, anche se non smetterà mai di suonare per divertimento. Diventa cronista radiofonico e poi inviato all’estero dell’unico telegiornale nazionale. Sarà anche conduttore della prima edizione del telegiornale e primo conduttore del TG2 alla nascita della seconda rete, ma è soprattutto come conduttore di trasmissioni di divulgazione scientifica che conquista il pubblico. Comincia nel 1968, con il programma Il futuro dello spazio dedicato al programma spaziale Apollo. Non si fermerà più per i successivi cinquantaquattro anni.
Tale concetto venne adottato anche nell’antico Egitto; qui era presente la figura di tale ımt-ḫnt, principe del sud avente in mano un vaso d’acqua; la figura di un portatore/dispensatore d’acqua era associata all’inondazione annuale del Nilo la quale, secondo credenze, si scatenava quando ımt-ḫnt versava acqua dal suo vaso nel grande fiume, all’inizio della primavera. La tradizione del portatore/dispensatore d’acqua andò poi avanti nel tempo, diffondendosi verso occidente ed arrivando nell’antica Grecia; qui il portatore/dispensatore d’acqua divenne Hydrokoos, figura alla quale venne poi associato il mito di Ganumedes, un fanciullo frigio che per la sua straordinaria bellezza fu rapito da un’aquila (nella quale, forse, prese forma lo stesso Zeus) e portato da questa sull’Olimpo per diventare un immortale coppiere degli dei. In Grecia, il periodo durante il quale il Sole attraversava quelle particolari stelle era definito “gamelion”, termine in qualche modo correlato al mito di Ganumedes, successivamente divenuto Ganymede. Durante il mese di agosto, Ganumedes si rendeva visibile tutta la notte, stando all’opposizione rispetto al Sole
COSTELLAZIONI SCOMPARSE IN AQUARIUS
Certo è che le stelle di Aquarius, in particolare quelle situate nell’area occidentale della figura, nei millenni a venire mancarono di…tranquillità. Facciamo un salto di 2 mila e passa anni per giungere al 1627. Ad Augusta, l’abate Julius Schiller pubblica l’atlante “Coelum Stellatum Christianum” con la ferma intenzione di sostituire le costellazioni tolemaiche e quelle venute dopo con figure estratte dalla tradizione biblica. Qui, la millenaria figura del portatore/dispensatore d’acqua viene sostituita da Sancti Iudae Thadaei Apostoli ovvero S. Giuda Taddeo (che, pur appartenendo al gruppo dei 12 apostoli, non va confuso con l’omonimo traditore di Gesù). Anche se venne presto dimenticato, il tentativo di Schiller fu solo il primo di altri: una moltitudine di cartografi nei secoli andarono a riempire spazi a loro dire “vuoti” tra le costellazioni; storie travagliate, che durarono fino al 1930 quando l’International Astronomical Union decise di porre definitivamente ordine in questi guazzabugli celesti.
Qualche decennio dopo Schiller, precisamente nel 1688, l’astronomo tedesco Gottfried Kirch pubblicò dei “suggerimenti” sulla creazione di nuove costellazioni in quella che era la principale rivista scientifica dell’epoca, “Acta Eruditorum”. La prima di queste fu Pomum Imperiale, che egli compose con alcune deboli stelle strappate ad Antinoo, Aquila, Delphinus e Aquarius. Si trattava, come di moda all’epoca, di una più che sfacciata adulazione rivolta a Leopoldo I, imperatore del Sacro Romano Impero: Kirch posizionò il globo sulla mano destra di Antinoo, figura già allora divenuta obsoleta. La cosa più incredibile, però, fu la nomenclatura che Kirch attuò per questa nuova figura, dove esattamente alle sette (…un caso, tale numero?) stelle che delineavano la nuova costellazione – tutte tra la quarta e la sesta grandezza – vennero attribuite…le sette lettere costituenti il nome Leopuld! Sebbene inizialmente ignorata, Pomum Imperiale venne ripresa dall’astronomo tedesco Johann Bode che la dipinse nella sua “Uranographia” del 1801. A parte Bode, l’interesse di astronomi e cartografi celesti dell’epoca non venne destato portando, così, Pomum Imperiale ad essere dimenticata. A onor di cronaca, Kirch beneficiò della sua mossa: nel 1700, Federico III lo nominò astronomo alla neonata Società delle Scienze di Brandeburgo (ora Accademia delle Scienze e degli Studi Umanistici di Berlino-Brandeburgo) e primo direttore del suo Osservatorio di Berlino, ma morì prima dell’inaugurazione ufficiale della struttura.
Toccò al botanico inglese John Hill darsi da fare per inventare non una ma ben 15 nuove figure, che presentò alla comunità astronomica nel suo “Urania: a complete view of the heavens”, pubblicato nel 1754. Anche se l’intenzione dell’autore fu certo meritevole – a suo dire “inventate per dare qualcosa alla scienza” – nessuna di tali costellazioni venne accettata né dagli astronomi né dai cartografi del tempo. Ad ogni modo, una delle quindici costellazioni proposte da Hill fu Dentalium, mollusco marino affine ai gasteropodi che lo scienziato rappresentò utilizzando una quindicina di deboli stelle situate a nord-ovest di β Aquarii, nella parte occidentale della costellazione.
In un’epoca di “celeste servilismo”, atto ad ottenere favori dalle casate reali europee, il gesuita nonché astronomo all’Osservatorio di Mannheim Karl-Joseph Konig non fece eccezione: per omaggiare Karl Theodor, conte Palatino e duca di Baviera e la moglie contessa Palatina Elisabeth Auguste di Sulzbach, venne di sana pianta ideata la nuova costellazione Leo Palatinus, costituita da deboli stelle situate a cavallo dell’equatore celeste tra Aquarius, Equuleus, Delphinus e l’allora esistente Antinoo. Nel suo “Nova Constellatione Coelo Inlatus” (1785), la nuova figura celeste appariva formata da un leone accovacciato avente in testa la corona reale e, sopra questo, disegnate da deboli stelle tra Equuleus e Delphinus, le iniziali dei due personaggi reali in questione, “CT” ed “EA”. Quale devozione per un sovrano che, da quanto sembra, non finanziò alcunché per l’osservatorio reale di Mannheim e quale onore per i due reali avere le loro iniziali impresse, pur da deboli stelle, per l’eternità! Anche nei cieli si riflettono ingiustizie e miserie umane.
Arriviamo nel 1822 ed ecco, ancora nella stessa zona di cielo – la quale, evidentemente, deve avere molto ispirato studiosi ed autori del passato, forse attratti dal fatto che questa non destò più di tanti interessi in Tolomeo e nel suo Almagesto – l’apparizione di una nuova figura: Norma Nilotica, creata da Alexander Jamieson nel suo “Celestial Atlas”. Guardando un’odierna e precisa mappa stellare, vien davvero da ridere chiedendosi quali stelle disposte in una sequenza che assolutamente non c’è (oltre alle stesse stelle!) avessero portato Jamieson ad immaginare un Nilometro, termine che si riferisce a qualunque tipo di strumento utilizzato per misurare l’altezza delle acque del grande fiume africano: da semplici aste di legno ad appositi edifici. Sull’importanza del Nilo nell’antico Egitto abbiamo già avuto modo di discutere in questa rubrica: l’abilità di riuscire a predire il volume delle preziose inondazioni annuali era prerogativa dei sacerdoti egizi, i quali monitoravano giornalmente il livello del fiume a partire da giugno, seguendo accuratamente e con largo anticipo le grandi piene che, puntualmente, si presentavano nel periodo compreso tra luglio e ottobre. Sebbene in Egitto restino ancora diversi di questi nilometri, il flusso del grande fiume, oggi regolato dalle dighe, non rende più d’uso necessario questi tradizionali strumenti di misura. A differenza delle precedenti costellazioni, Norma Nilotica fu ritratta anche in successivi atlanti celesti apparsi dopo la sua prima pubblicazione: l’ultima citazione risale al 1903 ad opera di Charles Augustus Young, che a tutti gli effetti la descrisse come priva di importanza.
Da allora, il portatore/dispensatore d’acqua ha trovato finalmente pace…anche se negli ultimi tempi, bisogna dirlo, sembra fare bizzarrie, ben visibili agli occhi di tutti!
M72
As the first in the new weekly series of spectacular images from the NASA/ESA Hubble Space Telescope, the Hubble Picture of the Week, ESA/Hubble presents a stunning image of an unfamiliar star cluster. This rich collection of scattered stars, known as Messier 72, looks like a city seen from an airplane window at night, as small glints of light from suburban homes dot the outskirts of the bright city centre. Messier 72 is actually a globular cluster, an ancient spherical collection of old stars packed much closer together at its centre, like buildings in the heart of a city compared to less urban areas. As well as huge numbers of stars in the cluster itself the picture also captures the images of many much more distant galaxies seen between and around the cluster stars. French astronomer Pierre Méchain discovered this rich cluster in August of 1780, but we take Messier 72’s most common name from Méchain’s colleague Charles Messier, who recorded it as the 72nd entry in his famous catalogue of comet-like objects just two months later. This globular cluster lies in the constellation of Aquarius (the Water Bearer) about 50 000 light-years from Earth. This striking image was taken with the Wide Field Channel of the Advanced Camera for Surveys on the NASA/ESA Hubble Space Telescope. The image was created from pictures taken through yellow and near-infrared filters (F606W and F814W). The exposure times were about ten minutes per filter and the field of view is about 3.4 arcminutes across.
Nell’area immediatamente a sud di queste due stelle sono presenti i primi interessanti oggetti del profondo cielo che andremo a conoscere, due dei quali appartengono al noto catalogo di Messier, tanto amato dagli astrofili. M72 è uno dei due ammassi stellari di tipo globulare presenti in Aquarius, individuabile già con un binocolo del tipo 20×60 esattamente 3,5° a sud di Albulaan. Scoperto nella notte tra il 29 e 30 agosto 1780 dall’astronomo francese Pierre Méchain, grande amico di Charles Messier, Messier 72 è certamente uno degli oggetti meno noti tra quelli presenti nel famoso catalogo di oggetti del profondo cielo. Riprese di pochi secondi rendono già ben visibili alcune catene stellari presenti alla periferia di questo globulare. All’osservazione telescopica, M72 inizia a risolversi ai bordi utilizzando diametri da almeno 200 mm, forzando l’ingrandimento, aumentando in tal modo il contrasto col fondo cielo. Il numero di deboli stelle presenti nell’alone cresce all’aumentare del diametro del telescopio, tanto che con un 300 mm si contano, prestando attenzione, circa una cinquantina di componenti; non solo: assieme al poco condensato nucleo del gruppo, si riesce a percepire la presenza di alcune deboli catene di stelle con magnitudine superiore alla 13a grandezza. Ciò è permesso dalla bassa densità di M72: anzi, uno dei meno densi tra i globulari presenti nel catalogo di Messier, tanto che nella classificazione di Shapley e Sawyer (che prevede I per gli ammassi più densi e XII per quelli con stelle più sparse), M72 rientra nella classe IX, assieme a M4 ed M12. La sua grande distanza – valutata attraverso lo studio di stelle variabili del tipo RR Lyrae rilevate al suo interno – dal Sistema Solare, è di ben 55 mila anni-luce, valore che lo rende uno dei globulari più lontani tra quelli appartenenti alla Galassia! Il gruppo stellare si estende per poco meno di 7′ sulla volta celeste; il diametro apparente, messo in relazione con la sua distanza, fornisce il diametro reale che, per M72, è valutato in ben 110 anni-luce. Le stelle di questo globulare posseggono un basso contenuto di metalli (in proporzione, circa 1/26 di quello contenuto in un a stella di ultima generazione come il Sole), dal quale è stata desunta un’età compresa in un range tra 10 e 12,7 miliardi di anni: stelle vecchissime, quindi. Ci chiediamo, infine, quanti sono gli astri presenti in questa enorme sfera: ebbene, la massa di M72 equivale a ben 170 mila stelle di massa solare. Certamente, potendo stare su un ipotetico pianeta in orbita attorno ad una di queste vetuste stelle, la notte apparirebbe certo alquanto diversa da come la concepiamo sul nostro pianeta.
LA GALASSIA NANA DI AQUARIUS
Poco più di 30’ ad ovest di M72 è presente la stella di sesta grandezza HD198431; puntando il telescopio altri 30’ oltre questa stella e scendendo di 20’ a sud-ovest, giungiamo nella zona dove risiede una piccola galassia nana, PGC65367, meglio nota come “Aquarius dwarf” (“nana di Aquarius”). Questa è piccola e di forma allungata lungo l’asse est-ovest, estesa per soli 2,2’x1,1’. Si tratta di una galassia nana di forma all’apparenza irregolare, scoperta nel 1959 e nello stesso anno inserita nel “David Dunlop Observatory Catalogue of Low Surface Brightness Galaxies”. Aquarius dwarf è un membro del Gruppo Locale di galassie, sebbene estremamente isolato; in base alla sua posizione e velocità attuali, tale galassia è uno dei pochi membri noti del gruppo locale per i quali è possibile escludere un approccio ravvicinato passato alla nostra galassia o quella di di Andromeda. Giusto per rendersi conto di quanto minute siano le dimensioni di tale sistema, il suo diametro è stato stimato in soli 5.000 anni-luce! Rispetto ad altre galassie simili del Gruppo Locale, questa di Aquarius è una tra le più deboli in termini di luminosità superficiale. L’appartenenza al Gruppo Locale di galassie venne definita solo nel 1999, derivandone la distanza dalla Via Lattea attraverso il metodo cosiddetto “del ramo delle giganti rosse”; questa venne quantificata in 3,2 milioni di anni-luce, valore che rende Aquarius Dwarf davvero isolata nello spazio. Tra le galassie meno luminose del Gruppo Locale, essa contiene quantità significative di idrogeno neutro: elemento che supporta formazione stellare ancora in corso, sebbene il tasso sia estremamente basso. Le variabili RR Lyrae scoperte in questa galassia nana indicano che le stelle più vecchie hanno un’età prossima ai 10 miliardi di anni; è pur vero che la maggior parte delle sue stelle sono molto più giovani, con “solo” 6,8 miliardi di anni di età: tra le galassie del gruppo locale, solo Leo A ha un’età media più giovane, la qual cosa suggerisce che la formazione stellare ritardata potrebbe essere in qualche modo correlata all’isolamento di tale galassia.
I prossimi due oggetti del profondo cielo che ci apprestiamo a visitare sono due raggruppamenti di stelle che, incredibilmente, appaiono entrambi come una “Y” ribaltata a sinistra: davvero simili alla brocca di Aquarius! Si tratta di gruppi che non costituiscono reali ammassi di stelle nate assieme e ancora gravitazionalmente coese, ma vicine solo per effetto prospettico. Il primo dei due, noto come Pot15, lo troviamo 15’ a sud della stella di 8a grandezza HD199161, quest’ultima facilmente individuabile 30’ a sud-est di M72. Tale gruppo si estende per 2’ mentre la magnitudine delle delle è compresa tra l’undicesima e la dodicesima grandezza; una quarta componente, la più debole essendo di 14a grandezza, è situata a soli 15” dalla stella centrale. Per apprezzare il gruppo, si consiglia una lunga focale unita ad un ingrandimento elevato.
M73
Esattamente 1° ad est di M72 è presente il secondo di questi due gruppi stellari a forma di Y. E questa volta siamo in presenza addirittura di un oggetto…Messier! Ebbene si, anche il grande astronomo parigino – cosa nota ai suoi cultori ed amanti del profondo cielo – ebbe qualche episodio di confusione nel classificare gli oggetti ma il caso di M73, questo il nome del gruppo di stelle, è esemplare! Mentre era intento alla ricerca di M72, sull’esistenza del quale venne informato dal collega Pierre Méchain, Messier si imbatté in quello che lui stesso ebbe a definire come un “ammasso formato da 3 o 4 piccole stelle che rassomiglia ad una nebulosa, al primo colpo d’occhio”. E questo di M73 non è neanche il primo caso in cui Messier definì semplici ammassi di stelle quali “nebulosi”. Ricordiamo brevemente che furono più di una dozzina quelli utilizzati durante la sua carriera da visualista, il suo preferito tra i quali fu un riflettore gregoriano da 7,5 pollici utilizzato a 104x. Più tardi, quando il rifrattore acromatico divenne disponibile, utilizzò diversi acromatici 120x da 4 pollici: furono proprio questi a permettere al grande astronomo parigino di scoprire un gran numero di comete e i famosi oggetti che inserì nel suo catalogo.
Se è vero che le ottiche dei telescopi utilizzati da Messier non avevano certamente la qualità propria dei moderni telescopi oggi in circolazione – ciò il grande astronomo riusciva a notare era sempre in funzione del diametro e conseguente potere risolutivo dei telescopi da lui utilizzati – resta certo strano come Messier abbia potuto scambiare M73 per qualcosa di “nebulare” quando tale oggetto, osservato con strumenti di piccolo diametro, appare chiaramente nella sua inconfondibile Y! Anche qui, tra le quattro stelle – tutte di nona grandezza – che delineano la Y ribaltata di M73 non c’è alcun legame fisico; a provare come il gioco sia puramente prospettico, sia il differente colore che il moto nello spazio delle quattro stelle in questione. Concludiamo la descrizione di questi due gruppi, incredibilmente simili tra loro per dimensioni, numero, disposizione e luminosità delle loro componenti, dando spazio alla passione per la fantascienza: non sembra, forse, come le stelle di questi due ammassi siano i fari di astronavi dalla forma ad Y, impegnate in viaggio nel buio degli anni-luce? L’astronave di M73 sembra inseguire quella di Pot15.
L’intera zona compresa tra M73 e il confine con Capricornus, più a sud, è intrisa da un gran numero di galassie di piccole dimensioni e dalla forma interessante ma riservate a telescopi di grosso diametro e lunghezza focale atta a percepire dettagli di oggetti non più larghi di 1’. Una galassia degna di nota da segnalare è reperibile poco più di 1° ad est di M73; si tratta di NGC7010, una massiccia galassia ellittica lontana ben 365 milioni di anni-luce dalla Via Lattea. Venne scoperta da John Herschel il 6 agosto del 1823. Oggetto di tredicesima grandezza, diviene ben osservabile utilizzando telescopi da almeno 300 mm di diametro, dove assume la forma di un piccolo ovale. Nelle fotografie a lunga posa eseguite da grandi telescopi professionali, la galassia rileva un alone che raggiunge quasi 2’ di lunghezza. La cosa interessante di NGC7010 è il fatto di essere avvolta da ampi ma deboli gusci composti da stelle; forse, prodotti dall’accrescimento dovuto ad un passato fenomeno di fusione con un altra galassia.
NGC7009
Ma è esattamente 1° a nord di quest’ultima galassia e poco meno di 2° a nord-est di M73 che ci si imbatte in un oggetto dalle caratteristiche straordinarie. Si tratta, questa volta, di una nebulosa planetaria: NGC7009, meglio nota come “nebulosa Saturno”, uno degli oggetti più noti, entro tale categoria, di tutta la volta celeste, bersaglio di osservazioni a causa della notevole luminosità apparente nonché per l’accesa tonalità giallo-verdastra, ben discernibile anche in piccoli telescopi.
NGC 7009 has a bright central star at the centre of a dark cavity bounded by a football-shaped rim of dense, blue and red gas. The cavity and its rim are trapped inside smoothly-distributed greenish material in the shape of a barrel and comprised of the star’s former outer layers. At larger distances, and lying along the long axis of the nebula, a pair of red ‘ansae’, or ‘handles’ appears. Each ansa is joined to the tips of the cavity by a long greenish jet of material. The handles are clouds of low-density gas. NGC 7009 is 1, 400 light-years away in the constellation Aquarius. The Hubble telescope observation was taken April 28, 1996 by the Wide Field and Planetary Camera 2.
Per ironia della sorte, ne Méchain ne Messier si accorsero di questo luminoso oggetto: pur vicino sia ad M73 che ad M72, questa nebulosa sfuggì ai loro telescopi. La cosa non deve certo sorprendere dal momento in cui tale oggetto, pur luminoso, è altresì poco esteso, appare come una stella di ottava grandezza, tanto da renderla ben visibile già con un binocolo del tipo 7×50: forse tale sarà apparso ai telescopi dei due francesi, chissà. Ad ogni modo, NGC7009 non sfuggi a William Herschel, che la scoprì il 7 settembre 1782 attraverso lo stesso telescopio con il quale, dal giardino della sua casa, solo un anno prima scoprì il disco acquamarina di Urano. Proprio per la straordinaria rassomiglianza all’aspetto del nuovo pianeta, nel disco e nel colore, lo stesso Herschel definì la nuova nebulosa tale nebulosa (che fu, a tutti gli effetti, una delle sue prime scoperte astronomiche) come “planetaria”; in tale contesto, il nomignolo “nebulosa Saturno” contribuì al fatto che la comunità astronomica accettasse di buon grado il termine “planetaria” a questa particolare categoria di nebulose, tanto da non essere mai stato sostituito. Herschel vide nulla di puù di un luminoso disco.
Fu, successivamente, Lord Rosse a coniare il curioso termine per tale oggetto dopo averlo osservato con attenzione attraverso il suo noto “Leviatano di Parsonstown”, come venne chiamato l’enorme riflettore da ben 1,83 metri di diametro costruito nel 1845, rimasto il più grande telescopio al mondo fino al 1917; ciò che colpì profondamente Rosse fu la presenza di due propaggini laterali al disco rendevano tale nebulosa davvero molto simile al noto pianeta “signore degli anelli” del Sistema Solare. Rosse intuì, inoltre, la natura di queste strane strutture, definendole “sorta di anse indicanti la probabile presenza di un anello circostante visto di profilo”; a tal proposito, è incredibile il disegno che lo stesso terzo conte di Rosse fece di questo oggetto, con dettagli incredibili riportati. Bellissima la descrizione dell’ammiraglio W.H.Smyth, uno dei più valenti osservatori di tutti i tempi, il quale riteneva (come anche W. Herschel fece) tale oggetto essere un sistema planetario in formazione: “…se fosse qui da noi, le sue dimensioni raggiungerebbero l’orbita di Urano. Un corpo di tali dimensioni conterrebbe più di 68.000 milioni di globi grandi come il nostro Sole”.
La bella e quasi ingenua descrizione di Smith è ben lontana dalla realtà. Se la nebulosa si estende per 41”x35” sulla volta celeste, più difficile è stato calcolarne le reali dimensioni: la distanza di NGC7009, infatti, non è nota con precisione e numerosi sono stati i tentativi per risolvere il dilemma. Ad ogni modo, oggi il valore largamente accettato è di 3.900 anni-luce, il che fornisce un diametro approssimativo di ½ anno-luce per l’oggetto nel suo insieme. NGC7009 è una delle pochissime nebulose planetarie a mostrare distintamente la nana bianca centrale che, attraverso la sua elevatissima temperatura, eccita l’intero ammasso di gas in espansione portandolo, così, a rendersi visibile per fluorescenza; a quella enorme distanza, questa stella centrale emette ancora così tanta luce da splendere di magnitudine 11,5, rendendosi così visibile anche in telescopi da almeno 150 mm forzando l’ingrandimento. Più che bianca, questa piccola stella degenere appare azzurra a causa della sua elevata temperatura, stimata in 55.000 K, mentre la luminosità intrinseca è stata valutata in circa 20 volte quella del Sole: non male per un corpo dalle dimensioni simili a quelle del nostro pianeta! La sua intensa radiazione ultravioletta ionizza doppiamente l’ossigeno ivi presente portando la nebulosa ad risplendere di una caratteristica tinta verde fluorescente, ben apprezzabile all’osservazione telescopica.
The spectacular planetary nebula NGC 7009, or the Saturn Nebula, emerges from the darkness like a series of oddly-shaped bubbles, lit up in glorious pinks and blues. This colourful image was captured by the powerful MUSE instrument on ESO’s Very Large Telescope (VLT), as part of a study which mapped the dust inside a planetary nebula for the first time.
La stella che ha dato vita alla nebulosa Saturno fu, probabilmente, un astro dalla massa il doppio di quella del Sole; il fatto che la nebulosa sia costituita da una serie di anelli non allineati tra loro porta a supporre che il nucleo della fu-stella morente fosse stato – e lo sia ancora adesso – soggetto ad una precessione del suo di rotazione: oscillazione stimata in circa 30 mila anni. Un eventuale compagno che avrebbe potuto indurre questa precessione sarebbe oggi situato ad almeno 4,5 raggi dalla nana bianca centrale ma nulla è stato ad oggi rilevato.
Ma come si è formato il gran numero di sottosistemi morfologici e cinematici che rende l’aspetto di questa planetaria estremamente complesso? Il suo stesso aspetto varia secondo la lunghezza d’onda attraverso la quale la nebulosa viene osservata: alla lunghezza di 8 µm nel medio-infrarosso, ad esempio, essa raggiunge la sua massima ampiezza mentre la forma e l’intensità delle maniglie esterne appaiono variare parecchio quando osservate a lunghezze d’onda più piccole. Le immagini riprese dal telescopio spaziale Hubble hanno portato ad identificare, all’interno di un grande alone che circonda l’intera nebulosa, una serie di strutture minori (osservate, fortunatamente, anche in altre nebulose planetarie) quali gusci multipli, getti, maniglie, filamenti e nodi. In particolare, è stato notato come le due “maniglie” esterne si espandano in modo non radiale rispetto alla stella centrale, tanto da essere orientate lungo assi differenti; nell’immagine di Hubble, i getti verdi si estendono lungo l’asse maggiore della nebulosa, terminando con dei nodi di colore rossastro.
L’osservazione di questi particolari ha permesso di elaborare modelli atti a spiegare le dinamiche che hanno portato ad una struttura così complessa; alla pari di altre nebulose planetarie (es., la nota NGC6826 in Draco) la stella centrale di NGC7009 risiede al centro di una sorta di cavità, area meno densa di gas, delimitata da due densi gusci di gas di colore blu e rosso. La cavità e il suo bordo sembrano essere come “intrappolati” all’interno di un’area composta da materiale verdastro uniformemente distribuito, risultato di strati precedentemente espulsi della stella morente. A distanze maggiori, lungo l’asse maggiore della nebulosa si trovano le cosiddette “maniglie” – quelle che costituiscono le propaggini esterne degli anelli di Saturno in tale visione della nebulosa – che appaiono di colore rosso, ciascuna delle quali è unita agli estremi della cavità da un lungo getto di materiale, anche questo verdastro. La “nebulosa Saturno” è il 55° oggetto tra i 109 presenti nel cosiddetto “catalogo Caldwell”, compilato da Patrick Caldwell-Moore quale estensione del catalogo Messier.
LA VASTA LBN117 ED ALTRI PICCOLI OGGETTI
Pochi sanno che gran parte dell’intera area occidentale di Aquarius è occupata da LBN117, una vasta ma debole nebulosa che è il 117° oggetto tra i 1.053 elencati nel Lynds Catalogue of Bright Nebulae, pubblicato nel 1965 dall’astronomo americano Beverly Lynds, rilevate sulle lastre della Palomar Sky Survey riprese con il riflettore Samuel Oschin Telescope da 1,20 m di diametro. LBN117, composta da gas e polveri, talmente vasta da estendersi per quasi 20°; purtroppo, la luminosità superficiale di questo sistema è talmente bassa da renderne impossibile la visione al telescopio anche delle aree più dense e luminose (…luminose, si fa per dire). E’ altresì difficile da fotografare LBN117, necessitando di numerose ore di integrazione di riprese effettuate in luce H-alpha. Tale nebulosa, composta da un gran numero di filamenti, rientra tra le cosiddette Integrated Flux Nebulae (IFN), debolissime nubi di idrogeno che si rendono luminose a causa della luminosità globale della Galassia e non per emissione dovuta all’eccitazione del gas apportato dalla presenza di caldissime stelle: molte di queste strutture sono sono state scoperte solo negli ultimi 15 anni grazie ad uno studio sistematico partito con l’introduzione di filtri H-Alpha applicati a sensori sempre più efficienti.
La stella sulla quale ora faremo sosta è ν Aquarii, che splende di magnitudine 4,52. Lontana 159 anni-luce dal Sistema Solare, è una gigante gialla di tipo G8 III (4.900 K); con una massa il doppio di quella solare, ha un raggio otto volte maggiore ed un potere radiativo 37 volte maggiore. Salendo a nord di questa, ci si imbatte in un’area dove la densità stellare è minima e la presenza di stelle visibili ancora ad occhio nudo è vicina allo 0.
Nella zona, esattamente 5° sopra NGC7009, è presente la piccola galassia PGC65943. Pur di dimensioni minute, larga solo 1,2’x1,1’, si tratta di un piccolo gioiello, una spirale barrata lontana ben 360 milioni di anni-luce che appare esattamente di fronte, con le braccia moderatamente aperte. L’oggetto da il meglio di se nelle riprese a lunga focale dive si rivela davvero spettacolare. Tale galassia segna il vertice meridionale di un triangolo isoscele con due stelle di quinta e sesta grandezza disposte agli altri due angoli: rispettivamente, 12 Aquarii su quello orientale e 10 Aquarii su quello occidentale.
Esattamente ½ grado sopra quest’ultima, già un un telescopio da 150 mm permetterà di rilevare AI 2100.5-0535, un piccolo ammasso stellare composto da una ventina di stelle con magnitudine compresa tra l’8a e l’’11a grandezza, disposte attorno a 12 Aquarii lungo l’asse nord-sud. La visione di questo gruppo è davvero affascinante con un telescopio da 200 mm; a 200 ingrandimenti, l’ammasso si dispone occupando tutto il campo dell’oculare, con 12 Aquarii che quasi disturba la visione complessiva.
Un altro gruppo di stelle è situato 3° a nord-est di quest’ultimo, poco sopra la stella di sesta grandezza 15 Aquarii. Catalogato come Kro22. Alla visione telescopica, l’apparenza è quello di un piccolo carretto, avente al timone la stella più luminosa, HD202818, di settima grandezza. Sono circa una ventina le componenti, quasi tutte di decima grandezza; si distinguono, chiaramente, alcuni piccoli sottogruppi composti da 3-4 stelle.
Il piccolo gruppo di galassie HGC89 giace esattamente ½ grado ad est di questo; è composto da 3 spirali allineate, attorno alle quali si dispongono galassie di dimensioni molto più contenute, rilevabili solo attraverso telescopi di grosso diametro; come in altri piccoli gruppi di galassie, le componenti sono separate da distanze di gran lunga maggiore delle dimensioni delle galassie stesse.
SADALSUUD
Eccoci finalmente giunti alla stella più luminosa di Aquarius, Sadalsuud (β Aquarii) la quale, splendendo di magnitudine 2,87, si pone al 158° posto in ordine di luminosità tra le stelle più luminose dell’intera volta celeste. Nell’opera “al-Durrat al-muḍiyya fī al-ʻamāl al-shamsiyya”, (“Le perle di brillantezza nelle attività solari“), calendario di eventi astronomici e catalogo delle stelle redatto dall’astronomo egiziano Muhammad al-Akhsasi al-Muwaqqit attorno al 1650, tale stella venne denominata col termine “Nair Saad al Saaoud”, letteralmente “la più luminosa tra le fortunate”, dal quale successivamente derivò il più breve “Al-Sad al-su‘ud” ovvero “la fortunata delle fortunate”: è ad quest’ultimo termine che deriva il nome proprio Sadalsuud. Nella tradizione islamica, questa ed altre stelle della zona (inclusa la vicina α Aquarii) erano in qualche modo ritenute portatrici di fortuna o speranza: anche se il contesto è ancora oggi molto oscuro, c’è forse un legame con l’antica relazione della costellazione con l’acqua: elemento ricercato per essere vitale nelle zone desertiche dove si sviluppò la cultura araba.
Sadalsuud, distante 612 anni-luce dal Sistema Solare, è una delle rare supergiganti gialle note nella Via Lattea; di tipo G0 Ib, la sua temperatura superficiale è di circa 5.600K, non lontana da quella del Sole. Nonostante sia parecchio giovane, con un’età stimata in soli 110 milioni di anni, la sua massa 5 volte maggiore di quella solare ha portato la stella ad espandersi fino a raggiungere un diametro 48 volte quello della nostra stella: una superficie così grande, porta inesorabilmente l’astro ad irradiare 2.200 volte il Sole.
A nord-ovest di Sadalsuud è presente quella che potremmo definire quale sua “gemella”: Sadalmelik (α Aquarii), la quale è di poco più debole per il fatto di essere 146 anni-luce più lontana. Queste due, assieme ad un’altra stella della zona, Enif (ε Pegasi), hanno circa la stessa età e mostrano un moto nello spazio molto simile in termini di velocità e direzione; i tre astri sembrano muoversi più o meno perpendicolarmente rispetto al piano della Galassia, uno strano movimento che suggerisce un probabile allontanamento dal loro luogo di nascita. E’ infatti plausibile come le tre siano nate assieme come calde stelle di tipo B, forse all’interno di qualche associazione poco coesa che è andata velocemente a sciogliersi. Ad ogni modo, i loro rispettivi moti non le hanno poi allontanate più di tanto; viste da un ipotetico pianeta in orbita attorno a Sadalsuud, le altre due stelle, Sadalmelik ed Enif, apparirebbero entrambe come stelle di magnitudine 0, alla pari di quanto accade da noi per Artcturus (α Bootis), Vega (α Lyrae) e Capella (α Aurigae).
Sadalsuud, come detto, è un supergigante gialla; nel diagramma HR; essa si trova nella cosiddetta “lacuna di Hertzsprung”, area situata tra i tipi spettrali A5 e G0 e tra le magnitudini assolute +1 e -3 la quale è notevolmente povera di stelle (da cui il nome). Nel corso della propria evoluzione, quando una stella incrocia la lacuna di Hertzsprung essa ha già completato la fusione dell’idrogeno nel nucleo ma non ha ancora iniziato la fusione dell’idrogeno nel guscio che circonda il nucleo. Tale “lacuna”, in realtà, potrebbe essere tutt’altro che apparentemente vuota; in termini evolutivi, si ipotizza che le stelle attraversino velocemente – qualche migliaio di anni – questa zona del diagramma HR: pochissimo rispetto alle decine di milioni di anni di vita di una stella. Sarebbe proprio questo il motivo dell’apparente vuoto di stelle in tale zona del diagramma HR poiché, in sostanza, le stelle vi stazionerebbero per poco tempo.
Ebbene, Sadalsuud e Sadalmelik sono “colte” in tale lacuna proprio perché stanno attraversando quella breve fase evolutiva che le ha portate li; nate probabilmente come calde e massicce stelle di tipo O o B, forse in qualche associazione stellare, la loro grande massa le ha portate presto ad espandersi e, di conseguenza, a raffreddarsi. Attualmente, nei rispettivi nuclei la produzione di energia avviene attraverso la fusione di elio in carbonio: fase velocissima per stelle della loro massa: fattore che le rende, per l’appunto, rare. Come tutte le stelle di grande massa uscite dalla sequenza principale, supergiganti gialle come Sadalsuud e Sadalmelik dovrebbero manifestare pulsazioni nella loro struttura, osservabili come variabilità luminose del tipo “cefeide”. Ma, stranamente, le due stelle più luminose di Aquarius non sono cefeidi; non è noto il motivo di questo che rimane un mistero. Sadalsuud, pur avendo già probabilmente innescato la fusione del carbonio, non sarà in grado di fondere completamente le riserve di tale elemento prima che il suo nucleo degeneri; infatti, mentre massa e temperatura del suo nucleo sono sufficienti a fondere il carbonio, non lo saranno per il neon: il nucleo di questa supergigante gialla andrà quindi collassare, portando alla formazione di una nana bianca del tipo ossigeno-neon-magnesio che andrà a spegnersi lentamente, dopo miliardi di anni: un’età superiore a quella attuale dell’Universo stesso.
Un evento inconsueto accadde nel 2005, quando il Chandra X-ray Observatory (NASA), telescopio spaziale atto a rilevare e studiare sorgenti raggi X, colse emissioni sviluppate a livello coronale su entrambe queste stelle gemelle, Sadalsuud e Sadalmelik. Le quali, come detto, sono stelle certo tutt’altro che comuni. Tali fenomeni sono caratteristici delle stelle nane, quelle con massa solare, nelle quali stretta è la correlazione tra emissione X e velocità di rotazione di questi astri; tuttavia, l’emissione di vento stellare portano tali stelle, col tempo, a perdere momento angolare, ruotando così sempre meno velocemente e, di conseguenza, a sopprimere l’azione della dinamo e del campo magnetico: poiché i gas ionizzati delle corone stellari subiscono notevolmente l’influsso dei campi magnetici, sia di quello globale che di quello associato alle macchie presenti alla superficie, ecco la riduzione dell’emissione di raggi X nella corona. Ma per quelle stelle che hanno temperatura simile a quella del Sole ma giacciono ben al di fuori della sequenza principale, le cose sono molto più complicate.
Stelle di grande massa presenti tra la fine del tipo spettrale F e l’inizio di quello G sono il prodotto di stelle nate con temperature a cavallo tra i tipi B e A e massa 2-4 volte quella solare; le regioni convettive interne di questi astri, così come la loro stessa rotazione, differiscono molto dalle nane di massa solare. Le giganti situate nella lacuna di Hertzpsrung, come Sadalsuud, si rendono più attive alla fine della loro vita; le loro pur estese corone, infatti, non mostrano emissioni X prodotte da relazione tra rotazione attività. La carenza di raggi X è, probabilmente, diretta conseguenza della diminuzione delle temperature nelle corone delle immense supergiganti G le quali, come detto, si raffreddino al diminuire dell’attività all’aumentare della loro stessa età. Nelle supergiganti di tipo G, evolute da stelle di tipo B nate con masse 5-9 volte quella del Sole, la situazione coronale è ancora più instabile; Sadalsuud e Sadalmelik sono state le prime supergiganti di tipo G nella cui corona è stata rilevata l’emissione di raggi X sopra descritta. Eventi sporadici? La cosa non è ancora nota.
Ad occhio nudo, Sadalsuud appare come una stella solitaria; ma osservata al telescopio, rivela invece la vicina presenza di due deboli compagne: Sadalsuud B, di magnitudine 11,0 è separata da 35” d’arco mentre Sadalsuud C da 57” secondi d’arco. Anche se la visione all’oculare è piacevole, le due stelle in questione sono solo prospettiche: la seconda pubblicazione dei astrometrici di GAIA mostra, infatti, come le due compagne siano lontane il doppio della distanza dalla stella principale del terzetto oltre che esibire differenti moti propri da essa.
Dopo aver fatto luce sui segreti della stella più luminosa di Aquarius, concludiamo questo approfondimento andando a far visita all’oggetto del profondo cielo più luminoso di tale costellazione. Reperirlo è facilissimo: puntando già un comune binocolo esattamente 5° a nord di Saldalsuud, si potrà notare una stella di sesta grandezza chiaramente sfocata, dalla forma di un piccolo batuffolo di luce. Non è una stella ma M2, uno degli ammassi stellari di tipo globulare più belli di tutta la volta celeste. Di magnitudine apparente 6,5, tale oggetto si estende fino ad 8’, evidenziando una regione centrale luminosa e compressa di circa 5′: un valore pari a ben 2/3 del suo diametro.
Il primo ad aver scorto questo oggetto, pur con le limitazioni degli strumenti dell’epoca, fu Gian Domenico Maraldi, astronomo di origini liguri che si era trasferito in Francia. L’11 settembre 1746, mentre era intento a seguire la cometa scoperta da Jean-Philippe de Cheseaux in quello stesso anno, si imbatté in uno strano oggetto che lo colpì molto proprio per il fatto che, oltre a non essere una cometa a causa della sua immobilità, questo singolare oggetto dall’aspetto nebuloso non era nemmeno risolto in stelle, al contrario di quanto invece accadeva per qualche nebulosa già all’epoca nota. Esattamente 14 anni dopo, l’11 settembre 1760, Charles Messier osservò questo oggetto, disegnandone la posizione su una carta che lo stesso redasse per l’osservazione di un’altra cometa (quali coincidenze!), quella apparsa nel 1759. Anche Messier, come Maraldi prima di lui, descrisse M2 come una “nebulosa senza stelle, tonda e con il centro brillante”. Successivamente, lo incluse alla seconda posizione in quello che sarebbe divenuto il più famoso catalogo di oggetti non stellari ancora oggi in uso. Fu il grande William Herschel il primo a risolvere completamente l’oggetto in una moltitudine di stelle tanto che M2 venen da lui paragonato ad “un pugno di sabbia finissima”.
Essendo ben lontano dalle isofote galattiche della Via Lattea, M2 appare in un campo relativamente povero di stelle di fondo di una certa luminosità; l’impatto visivo con tale oggetto è, però, davvero spettacolare. Come noto, all’aumentare del diametro del telescopio utilizzato si rendono visibili più dettagli; e, su questo, M2 è uno straordinario esempio. Mentre un 150 mm rende ben evidente la condensazione centrale, con una risoluzione in stelle ai bordi appena accennata, un 200 mm permette di risolvere non solo un gran numero di stelle ma distinguere, anche, aree di differente brillanza. Osservato con un 300 mm ad elevato ingrandimento, M2 è davvero uno spettacolo mozzafiato: qui, la risoluzione in stelle si spinge fino alla luminosa area centrale mentre l’alone inizia ad assumere una forma non più sferica, rendendosi ovalizzato lungo l’asse nord-sud. Una sorta di “linea oscura” si rende ben visibile nel margine nord-orientale dell’ammasso mentre telescopi di diametro ancora maggiore (es. 400 mm) permettono di notare molte altre di queste aree più scure. Le stelle più luminose di M2 sono giganti rosse e gialle di magnitudine 13 mentre le numerose stelle che ri trovano ramificate nel suo vasto alone, che si estende fino a 16’ nelle imamgini più “profonde”, sono per lo più di sedicesima grandezza.
Una delle cose più incredibili M2 la fornisce quando osservato più volte nel corso di almeno due settimane: l’occhio non farà, infatti, difficoltà a notare la presenza, che si trova a nord del bordo orientale dell’ammasso, di una stella che, oscillando tra le magnitudini 12,5 e 14,0 in circa 70 giorni, cambia non poco l’aspetto dell’ammasso stesso. Tale variabile venne scoperta nel 1897 dall’astrofilo francese A. Chèvremont, la sua magnitudine varia da un minimo di 14,0 a un massimo di 12,5 in un periodo di 11 giorni che, comunque, non è sempre regolare; la “variabile di Chèvremont, come venne in seguito chiamata, appartiene alla classe delle cosiddette RV Tauri: giganti pulsanti dal comportamento caotico e irregolare, che esibiscono l’interessante caratteristica di scambiare, in modo graduale o improvviso, il periodo principale con quello secondario. Se tale stella rende ben visibile al telescopio il suo caotico comportamento, non si può dire che M2 sia un classico ammasso globulare ricco di variabili: sono in tutto una cinquantina quelle note, la maggior parte delle quali sono RR Lyrae mentre poche le cefeidi.
Ad ogni modo, tali stelle hanno portato a determinarne la distanza dal Sistema Solare con una certa correttezza, che risulta essere pari a 37.500 anni luce. M2 si estende nello spazio in una sfera dal diametro di 175 anni-luce, all’interno della quale sono contenute circa 150.000 stelle: questi valori lo rendono uno degli ammassi globulari più ricchi e compatti tra quelli appartenenti alla Via Lattea, come indica anche la sua classificazione di densità, con valore II nella scala compresa tra I per i più densi e XII per i più radi. M2 ha anche una notevole forma elissoidica, particolare che, come già accennato, si può scorgere anche ad un’attenta osservazione telescopica. I recenti dati ottenuti dal satellite per astrometria GAIA (ESA) hanno portato alla scoperta di un esteso flusso di stelle, lungo circa 45° e largo ben 300 anni-luce, che sembra essere associato ad M2; non è escluso che tale struttura abbia subito la perturbazione gravitazionale delle Grande Nube di Magellano. Circa l’orbita galattica di M2, dai dati ottenuti dal satellite astrometrico Hipparcos (ESA), M2 si muoverebbe su un’orbita molto eccentrica, che porterebbe il gruppo di stelle da una distanza minima dal nucleo galattico di 23.500 anni-luce fino all’enorme distanza di 171.000 anni-luce, nonché fino a 165.000 anni-luce sopra e sotto il piano della Via Lattea.
Le parti mancanti dell’ArtiColo sono pubblicate su Coelum Astronomia n°258 di ottobre/novembre. Prenota la tua copiaQUI
Alain Aspect Université Paris-Saclay e École Polytechnique, Palaiseau, Francia
John F. Clauser JF Clauser & Assoc., Walnut Creek, CA, USA
Università Anton Zeilinger di Vienna, Austria
“per esperimenti con fotoni entangled, che stabiliscono la violazione delle disuguaglianze di Bell e aprono la strada alla scienza dell’informazione quantistica”
Stati entangled: dalla teoria alla tecnologia
Alain Aspect, John Clauser e Anton Zeilinger hanno condotto ciascuno esperimenti rivoluzionari utilizzando stati quantistici entangled, in cui due particelle si comportano come una singola unità anche quando sono separate. I loro risultati hanno aperto la strada alla nuova tecnologia basata sull’informazione quantistica.
Gli ineffabili effetti della meccanica quantistica stanno cominciando a trovare applicazioni. Ora esiste un ampio campo di ricerca che include computer quantistici, reti quantistiche e comunicazioni crittografate quantistiche sicure.
Un fattore chiave in questo sviluppo è il modo in cui la meccanica quantistica consente a due o più particelle di esistere in quello che viene chiamato stato entangled. Ciò che accade a una delle particelle in una coppia entangled determina ciò che accade all’altra particella, anche se sono distanti.
Per molto tempo, la domanda è stata se la correlazione fosse dovuta al fatto che le particelle in una coppia entangled contenevano variabili nascoste, istruzioni che indicavano loro quale risultato avrebbero dovuto fornire in un esperimento. Negli anni ’60, John Stewart Bell sviluppò la disuguaglianza matematica che porta il suo nome. Questo afferma che se ci sono variabili nascoste, la correlazione tra i risultati di un gran numero di misurazioni non supererà mai un certo valore. Tuttavia, la meccanica quantistica prevede che un certo tipo di esperimento violerà la disuguaglianza di Bell, risultando così in una correlazione più forte di quanto sarebbe altrimenti possibile.
John Clauser ha sviluppato le idee di John Bell, applicandolo a un esperimento pratico. Le misurazioni hanno supportato la meccanica quantistica violando chiaramente una disuguaglianza di Bell. Ciò significa che la meccanica quantistica non può essere sostituita da una teoria che utilizza variabili nascoste.
Alcune scappatoie sono rimaste dopo l’esperimento di John Clauser ma Alain Aspect nel frattempo ha sviluppato la configurazione, utilizzandola in un modo da colmarne una. È stato in grado di cambiare le impostazioni di misurazione dopo che una coppia aggrovigliata aveva lasciato la sua sorgente, quindi l’impostazione esistente al momento dell’emissione non poteva influire sul risultato.
Utilizzando strumenti raffinati e lunghe serie di esperimenti, Anton Zeilinger ha invece iniziato a utilizzare stati quantistici entangled. Tra le altre cose, il suo gruppo di ricerca ha dimostrato un fenomeno chiamato teletrasporto quantistico, che consente di spostare uno stato quantistico da una particella a una a distanza.
“È diventato sempre più chiaro che sta emergendo un nuovo tipo di tecnologia quantistica. Possiamo vedere che il lavoro dei vincitori con gli stati entangled è di grande importanza, anche al di là delle domande fondamentali sull’interpretazione della meccanica quantistica”, afferma Anders Irbäck, presidente del Comitato per il Nobel per la fisica.
Dal 3 Ottobre 2022 al 09 Ottobre 2022 Scheggia (PG) si immerge nell’Astronomia e per tutta la settimana ospiterà incontri dedicati alla divulgazione scientifica principalmente all’ Astronomia e alla Geofisica.
Gli incontri si rivolgeranno a tutte le età, dalla mattina riservata alle scolaresche, alla pomeriggio sera con attività per grandi e famiglie.
Inoltre, durante la settimana, dal pomeriggio di Venerdì 7 ottobre, al pomeriggio di Domenica 9 Ottobre si terrà il XXX° GAD, incontro e dibattito scientifico organizzato dal Gruppo Astronomia Digitale, Unione Astrofili Italiana e Associazione Astronomica Umbra aperta a tutte le persone interessate.
Un programma ricco di appuntamenti. Si parte con gli incontri con gli esperti, tutte le mattine dal 3 al 7, conferenze tenute da soci delle associazioni astronomiche regionali, docenti universitari, esperti di geofisica, membri del CICAP ed ospiti di livello.
Ecco alcuni temi trattati durante le conferenze:
Astronomia di base
Osservare e ricerca delle meteore
Come e cosa osservare al telescopio
La luna
L’ osservatorio di Scheggia e il programma per i prossimi anni
I terremoti e la geofisica
Il Sole e il sistema solare
Le associazioni astronomiche e le collaborazioni
Le meridiane
Per le relazioni legate alla conferenza del GAD, verranno invece trattati argomenti più specifici e scientifici:
Studio e analisi delle stelle variabili
Studio e analisi nella ricerca degli esopianeti
La Fotometria
L’Automazione di un osservatorio
Studio e ricerca di asteroidi
Ricerca su Asteroidi pericolosi per la terra (NEO)
Programmi di ricerca
Software di ricerca
Insomma ce n’è davvero per tutti!
Ma non è finita qui, la settimana astronomica sarà ricca di visite guidate
VENERDÌ – la necropoli longobarda, la consolare Flaminia, il “Ponte a Botte” indicato nei diari dei viaggiatori del 1800 come “la gran botte d’Italia” e la leggenda del “Bandito”
SABATO – visita alla Badia di Sitria, all’abbazia di Sant’Emiliano e Bartolomeo in Congiuntoli al borgo medioevale di Pascelupo, dal quale potremo osservare il suggestivo eremo di San Girolamo di Monte Cucco incastonato tra le rocce. Durante il percorso sarà possibile osservare il sito geo-paleontologico del giurassico inferiore-medio e la spettacolare “Gola del Corno del Catria.
DOMENICA – “Alla scoperta delle 6 torri medioevali di Scheggia” percorso di trekking urbano nel centro storico del paese, seguendo una mappa catastale napoleonica del 1813.
Sabato inoltre tutti in fila per un viaggio 3D nello spazio con CosmoExperience ed i visori della realtà virtuale!
DOVE ecco i luoghi della settimana di Astronomia
Teatro Comunale di Scheggia per le conferenze dal 3 al 9 Ottobre,
Giardinetti Scheggia, per osservazioni solari dal 3 al 7 Ottobre (da definire)
Campo sportivo Scheggia, per osservazioni notturne dal 3 al 6 Ottobre (da definire)
La Pezza mini Star Party del GAD di Venerdì 7 Ottobre (da definire)
Organizzatori:
UAI – Unione Astrofili Italiana sezione ricerca
GAD – Gruppo Astronomia Digitale diLa Spezia
AAU – Associazione Astronomica Umbra di Scheggia e Pascelupo (PG)
Da oggi nello Shop di Coelum è disponibile il testo:
ILLUMINAZIONE PUBBLICA E CRIMINALITA’
La luce COME variabile indipendente per comportamenti devianti?
Nel panorama editoriale, fino allo scorso marzo, non era presente un saggio volto a indagare le (eventuali) relazioni esistenti tra fenomenologie criminali in aree urbane o suburbane e la presenza dell’illuminazione pubblica. Per i tipi Editoriale Delfino, Luca Invernizzi ha ricercato, attingendo dalla letteratura specialistica, prove statisticamente significative che giustificassero l’efficacia degli interventi di deterrenza al crimine basati sull’incremento o sul miglioramento della luce artificiale durante le ore di buio.
Capire quali fossero le ragioni dalle quali scaturisse il leitmotiv secondo cui il tasso di criminalità sarebbe inversamente proporzionale alla quantità di luce che viene prodotta e diffusa nelle nostre città, ha richiesto un approccio interdisciplinare al problema. Per questa ragione l’autore ha dedicato l’intero primo capitolo a una analisi di matrice socio-criminologica, particolarmente improntata al tema della prevenzione al crimine, senza omettere un breve escursus riguardante i concetti salienti della sicurezza pubblica e urbana volto a fare chiarezza sui concetti di percezione di rischio di essere vittima di reati e quelli di rischio statistico concernente il verificarsi di eventi criminosi.
La luce artificiale che illumina le città e ormai gran parte del territorio anche meno antropizzato è protagonista del secondo capitolo, sia perché valutata dal punto di vista quantitativo e qualitativo, sia perché rappresenta la variabile indipendente degli studi che sono stati effettuati. Ma in ogni caso è lo strumento che, in alcune circostanze, gli amministratori pubblici hanno impiegato per incrementare la percezione di sicurezza e la riduzione del crimine. Anche i vincoli legislativi in tema di illuminazione pubblica e privata sono stati oggetto di trattazione e di riflessioni, insieme al tema della progettazione urbanistica e, in particolare, di quella prettamente illuminotecnica, in quanto potenziale strumento per un apprezzamento ecologico e sociale di un territorio, nonché – secondo certe declinazioni teoriche – uno strumento efficace per il controllo informale, capace di agire positivamente sul decremento dei tassi di criminalità. Tuttavia, nel saggio è posto in evidenza come il confine tra i genuini interventi di riqualificazione illuminotecnica e il vero e proprio “business della luce” è molto tenue, aggravando le numerose controindicazioni che purtroppo la smodata e incontrollata luce artificiale porta con sé.
A proposito di ciò, l’autore in un intero capitolo analizza quindi gli effetti dell’inquinamento luminoso sia sulle persone, sia e soprattutto a carico dell’intero ecosistema; soffermandosi anche sui danni che la luce artificiale notturna determina a scapito della ricerca scientifica e sulla cultura più in generale.
Infine, nel quarto e penultimo capitolo sono enucleate le ricerche già condotte sul rapporto tra illuminazione artificiale e reati. Gli studi, le revisioni e le meta-analisi proposte, sono qui affrontati in modo critico e valutati anche per quanto riguarda il disegno metodologico adottato. A queste dispute, soprattutto sul piano statistico, e ai bias che indeboliscono la bontà degli studi, è stato dedicato un paragrafo per l’importanza fondamentale nelle ricerche quantitative pubblicate.
Il libro termina con un’analisi volta a tenere in conto sia dello stato dell’arte delle ricerche, sia dell’impianto teorico di stampo criminalistica, sociologica e tecnico-ambientale. Non prima, però, di aver delineato delle possibili, quanto auspicabili, linee di ricerca future sul tema oggetto del saggio.
Un’opera quindi che sembra volersi rivolgere non solo a coloro che si occupano di criminalità o di pubblica illuminazione, ma è un condensato di nozioni e spunti di riflessione anche su aspetti sociologici e ambientali. Per gli astrofili, in particolare, i rimandi alla scienza del cielo non mancano: non è lasciata sullo sfondo la perdita della visione della volta celeste e i danni all’astronomia che l’eccesso di illuminazione artificiale porta con sé.
Oltre una ventina fra immagini, grafici e tavole completano e corredano opportunamente l’originale lavoro, unitamente all’ampia bibliografia.
Autore – Luca Invernizzi (Sondrio, 1966), libero professionista e giornalista ha collaborato con varie testate con articoli e approfondimenti in ambito astronomico e non solo. Tra le altre pubblicazioni, è co-autore del saggio L’astronomo Valtellinese Giuseppe Piazzi e la scoperta di Cerere (2001). È tra i promotori delle legislazioni volte alla tutela del cielo stellato, occupandosi anche professionalmente di illuminotecnica con specifico riferimento alle attività di energy saving. Nel 2006 l’Unione Astronomica Internazionale ha attribuito a un asteroide della fascia principale, scoperto in Italia nel 1997, il nome (47359) Invernizzi.
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Inquinamento Luminoso un Fenomeno ancora Troppo Sottovalutato.
In occasione della Giornata Nazionale sull’Inquinamento Luminoso, e per sostenerne l’obiettivo Coelum Astronomia organizza una incontro in cui interverranno esperti del territorio impegnati da anni nella lotta al contrasto e alla sensibilizzazione verso una forma di inquinamento, quella luminosa appunto, i cui danni ancora oggi tendono ad essere sottovalutati.
L’appuntamento è per Giovedì 27 ottobre ore 21:15 online sui canali della rivista Coelum Astronomia, youtube e pagina face book. Interverranno come ospiti:
Luca Invernizzi libero professionista e giornalista tra i promotori delle legislazioni volte alla tutela del cielo stellato, occupandosi anche professionalmente di illuminotecnica con specifico riferimento alle attività di energy saving.
Diego Bonata ingegnere aerospaziale co-fondatore di CieloBuio e presidente dall’anno della sua costituzione fino al 2008. Si occupa professionalmente di progettazione illuminotecnica per una illuminazione eco-sostenibile nel progetto Light-Is.
Fabio Falchi docente di fisica autore degli atlanti dell’inquinamento luminoso e una trentina di articoli su riviste scientifiche internazionali e attuale presidente di CieloBuio.
Durante l’intervento saranno introdotti alcuni studi sui danni e conseguenze dell’abuso di luce, soprattutto nei centri abitati, presentate le iniziative di sensibilizzazione pubblica sostenute dall’associazione Cielo Buio e i risultati legislativi raggiunti con le numerose battaglie. L’incontro tuttavia vuole essere un momento di riflessione condiviso con il pubblico sulla necessità di un’azione di sensibilizzazione civica in grado di influenzare le scelte politiche sullo sfruttamento del territorio e metodologie messe in campo per contrastare alcune necessità come la sicurezza urbana.
Modera l’incontro Molisella Lattanzi direttrice di Coelum Astronomia.
La Giornata Nazionale sull’Inquinamento Luminoso è nata nel 1993 per iniziativa dell’Osservatorio Astronomico “Serafino Zani” di Lumezzane (BS), con il patrocinio, tra gli altri, dell’Associazione Amici dei Planetari (oggi PLANit) e dell’Unione Astrofili Italiani. L’iniziativa si svolge in un sabato di ottobre vicino al novilunio.
Lo scopo è quello di sensibilizzare il pubblico nei confronti di questo problema che diventa sempre più pressante e che oggi colpisce l’83% della popolazione mondiale. L’inquinamento luminoso non solo impedisce alle persone comuni di vedere lo spettacolo del cielo stellato, e agli astronomi di compiere le proprie osservazioni, ma è anche un’importante fonte di spreco energetico, a causa delle luci cittadine spesso inutilmente rivolte anche verso l’alto. Inoltre, l’inquinamento luminoso è fonte di diversi disturbi della salute, anche gravi, provati ormai da molti studi scientifici. Allo stesso modo, incide negativamente anche su molte specie animali.
Coelum Astronomia è bimestrale scientifico a tema astronomico distribuito su tutto il territorio italiano dal 1997. Coelum ospita articoli di ricercatori e divulgatori di tutto il mondo, che illustrano in modo chiaro e con grande rigore le più recenti scoperte nel campo dell’Astronomia. Dà anche grande spazio agli astronomi amatoriali, che ormai, armati di mezzi tecnici sofisticati e di una solida rete di contatti con i professionisti, contribuiscono in modo rilevante alla crescita e alla diffusione di questa disciplina. Una disciplina sempre mutevole, ricca di nuove scoperte che contribuiscono, ogni giorno, a cambiare con incredibile rapidità l’immagine dell’Universo nel quale viviamo.
Associazione Cielo Buio coordinamento nazionale per la protezione del cielo notturno, si occupa dal 1997 (anno della sua costituzione) di promuovere la cultura di una illuminazione eco-compatibile e della protezione del cielo dal fenomeno dell’inquinamento luminoso.
Per questo motivo raccoglie la libera adesione di astronomi professionisti e non, di scienziati, di professionisti dell’illuminazione e di semplici interessati al problema dell’inquinamento luminoso in ogni forma che si presenti, per coordinare sul territorio italiano le attività: scientifiche, tecniche, illuminotecniche, culturali, divulgative, etc… e per sostenere le azioni legislative orientate a contrastare in modo corretto il fenomeno dell’inquinamento luminoso.CieloBuio rappresenta inoltre numerosi enti, associazioni ed osservatori astronomici (oltre 120 del territorio italiano) www.cielobuio.org
Con Ottobre si apre il sipario sulle costellazioni che caratterizzeranno il cielo d’autunno: le serate estive sono ormai un ricordo e con esse anche gli oggetti celesti che per mesi abbiamo osservato per tutta la notte. Ora è il momento di lasciarci sorprendere da una schiera di astri che anticipano già il cielo invernale!
Il dettaglio sulla costellazione di Pegaso, del Pesce Australe e quanto possiamo osservare in queste lunghe notti autunnali, disponibili all’articolo Le Costellazioni di Ottobre 2022 a cura di Teresa Molinaro
COSA OFFRE IL CIELO
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Mercurio
01/10 Sorge: h 05:57 Tramonta: h 18:20
31/10 Sorge: h 06:10 Tramonta: h 16:58
Il mese precedente, nel giorno dell’Equinozio (che ricordiamo è caduto il 23 settembre), abbiamo trovato Mercurio in congiunzione inferiore con la nostra stella, evento che lo ha reso inosservabile per diversi giorni. All’inizio di questo mese di ottobre, il piccolo pianeta fa una timida apparizione mattutina anticipando l’alba di pochi istanti, per poi accompagnare il Sole lungo il suo tragitto fino al tramonto. Sarà così per tutto il mese. Il giorno 8 sarà in dicotomia e il 9 si troverà alla sua massima altitudine nel cielo mattutino; dal giorno successivo riprenderà la sua “discesa”. Nella seconda metà del mese tarderà man mano il suo sorgere, ma comunque farà capolino ad Est sempre circa un’ora prima del Sole.
Venere
01/10 Sorge: h 06:35 Tramonta: h 18:47
31/10 Sorge: h 06:50 Tramonta: h 17:16
Ottobre sarà un periodo poco entusiasmante per l’osservazione di Venere! I primi giorni del mese vedremo il luminoso pianeta salutarci pochi istanti prima dell’alba; poi il suo cammino lo porterà sempre più vicino alla nostra stella, con cui sarà in congiunzione superiore il 22 ottobre. Successivamente a questa data, Venere potrà essere contattato in orari serali, ma ne avremo una migliore visione solamente dalla fine del prossimo mese.
Marte
01/10 Sorge: h 22:13 Tramonta: h 13:20
31/10 Sorge: h 19:31 Tramonta: h 10:52
Marte sarà il grande protagonista del mese di ottobre: contattabile già dalle prime ore serali, ci terrà compagnia per tutto l’arco della notte con la sua splendida luce rossa. E la vicinanza con la stella Aldebaran, ancora apprezzabile nei primi giorni del mese, creerà uno splendido quadro celeste, grazie anche alla presenza di Orione poco più in basso. Il giorno 15 il pianeta ci concederà una bella congiunzione con la Luna, con poco più di 3° di separazione, formando un bel triangolo con l’occhio del Toro e la brillante Betelgeuse. Il 30 ottobre Marte entrerà invece in moto retrogrado, invertendo la sua marcia, e anticiperà sempre più il suo sorgere.
Giove
01/10 Sorge: h 18:38 Tramonta: h 06:49
31/10 Sorge: h 15:33 Tramonta: h 03:34
Ottobre è ancora il mese del gigante gassoso e Giove dà spettacolo già dalle ultime luci del tramonto. Con il passare dei giorni anticiperà sempre più il suo sorgere, facendo capolino fin da orari pomeridiani. La sua presenza costante ci accompagna per tutto il mese accostato ai Pesci e poco sopra la coda di Balena, concedendosi a delle belle osservazioni. Una bellissima Luna alla sua quasi totalità lo passerà a trovare il giorno 8, in uno strettissimo abbraccio di poco meno di 3° apprezzabile già nelle prime ore di buio.
Saturno
01/10 Sorge: h 16:52 Tramonta: h 03:03
31/10 Sorge: h 13:53 Tramonta: h 00:03
Saturno ci ha tenuto compagnia a lungo in questi mesi estivi e pian piano iniziamo tristemente a salutarlo. Ottobre segna infatti un netto passaggio per l’osservazione di questo bellissimo pianeta, con la finestra temporale di osservazione che va via via restringendosi. In ogni caso il 5 ottobre non mancherà di dare spettacolo con una bella congiunzione con la Luna! Il 23 ottobre invece terminerà il suo moto retrogrado e ritornerà al consueto movimento verso Est, sempre collocato sulla coda del Capricorno.
Urano
01/10 Sorge: h 20:23 Tramonta: h 10:43
31/10 Sorge: h 17:22 Tramonta: h 07:39
Urano continua a tenerci compagnia perfettamente allineato agli altri pianeti, collocandosi tra Ariete e Toro per tutto il mese. L’11 ottobre segnaliamo l’accostamento del nostro satellite al pianeta, mentre il giorno successivo ci sarà l’occultazione di Urano da parte della Luna: evento visibile in gran parte del Nord America, ma purtroppo non apprezzabile dalla nostra penisola.
Nettuno
01/10 Sorge: h 18:15 Tramonta: h 06:01
31/10 Sorge: h 15:16 Tramonta: h 02:59
Nettuno ci accompagnerà per quasi tutto il mese collocato poco più a Ovest rispetto la posizione di Giove. Al pari del gigante del cielo, la sua finestra di osservazione si fa via via più stretta con l’avanzare del mese. Il giorno 8 si fa spettatore silenzioso della splendida congiunzione Luna-Giove, sempre però difficile da contattare!
Continua la fase di crescita del ciclo solare 25, che conferma le previsioni attuali che stimano un picco dell’attività solare attorno alle fine del 2025!
Non perdere l’articolo a cura di Daniele Bonfiglio: clicca QUI
LUNA
Le notti si allungano e Ottobre ci regala delle ottime occasioni per dedicarci all’osservazione del nostro satellite!
Tutti gli approfondimenti sull’osservazione e i fenomeni celesti legati al nostro satellite disponibili per il mese di Ottobre 2022, a cura del nostro autore Francesco Badalotti.
Come catturare il passaggio di un asteroide? Nell’Era della Difesa Planetaria, continuano gli aggiornamenti mensili sul viaggio di questi affascinanti corpi minori!
Per questo mese di ottobre la ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari serali che mattutini. Avremo 6 transiti notevoli con magnitudini elevate ad inizio e a fine mese, auspicando come sempre in cieli sereni!
Per il mese di Settembre continua la mancanza di scoperte amatoriali italiane e mondiali e anche Supernovae belle e luminose individuate dai programmi professionali. Così torniamo con nuova puntata delle “Supernovae italiane nelle galassie Messier” e questa volta è il turno della SN1999gn in M61 scoperta da Alessandro Dimai che purtroppo ci ha lasciati a Marzo del 2019 e che ricordiamo con grande affetto!
L’articolo a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini disponibile QUI
Cieli sereni a tutti!
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Poster Astronomico 50×70 cm del CFHT Canada Hawaii Space Telescope “IC1396 Nebulosa Elefante”
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I costi di spedizione (calcolati nella fase di acquisto) sono pari a 18,00 euro per l’Italia e 23,80 euro per le Isole Maggiori.
NB: alcuni CAP corrispondenti a isole minori non sono serviti e la procedura si blocca. Vi invitiamo a contattare il servizio clienti scrivendo a astroshop@coelum.com
Passando in rassegna le supernovae italiane scoperte nelle galassie del catalogo di Messier ci siamo imbattuti in personaggi che, senza possibilità di smentita, hanno fatto la storia dell’astrofilia e dell’astronomia italiana!
Abbiamo iniziato con la SN1957B scoperta in M84 dal prof. Giuliano Romano, il primo italiano a scoprire una supernova ed in assoluto il primo astrofilo al mondo a scoprire una supernova.
Abbiamo proseguito con le quattro supernovae scoperte dall’astronomo Leonida Rosino, un pioniere in ambito di scoperte e studi sulle supernovae, sicuramente uno dei più grandi astronomi italiani.
Siamo arrivati poi alla SN1989B, scoperta in M66 dall’astrofilo Federico Manzini, personaggio che ha contribuito in maniera fondamentale alla divulgazione in Italia dell’astronomia a livello amatoriale.
Siamo approdati infine alla SN1998bu scoperta in M96 dall’astrofilo Mirco Villi che possiamo considerare uno dei padri fondatori della nuova ricerca amatoriale di supernovae in Italia.
Tutti i precedenti episodi dedicati alle supernovae li trovi QUI
Adesso, continuando in ordine cronologico, arriviamo alla SN1999gn, scoperta in M61 da un altro grande astrofilo italiano, Alessandro Dimai, Alex per gli amici, uno dei primi astrofili italiani che con il programma di ricerca CROSS dell’Osservatorio del Col Druscè (Associazione Astronomica Cortina) ha portato avanti, assieme all’associazione, la ricerca amatoriale di supernovae, ottenendo tra l’altro 22 scoperte.
È stato uno degli ideatori e fondatori dell’Italian Supernovae Search Project (ISSP) oltre ad essere un bravissimo divulgatore. Purtroppo Alex è venuto a mancare nel marzo del 2019 a causa di una brutta malattia, lasciando un vuoto incolmabile per l’astrofilia italiana e per tutte le persone che lo hanno conosciuto e apprezzato per la sua disponibilità, competenza e umanità.
Veniamo al racconto della scoperta di questa importante supernova avvenuta il 17 dicembre 1999 nella bellissima galassia a spirale barrata M61.
Immagine della SN1999gn in M61 ripresa da Alessandro Dimai la notte della scoperta con il telescopio da 50cm dell’Osservatorio del Col Drusciè
Si tratta di una spirale vista di faccia, posta nell’ammasso dellaVergine a circa 50 milioni di anni luce di distanza e scoperta il 5 maggio 1779 dall’italiano Barnaba Oriani.
Quando Alex scoprì questa supernova eravamo di fronte alla quarta supernova conosciuta esplosa in M61; le tre precedenti erano state: la SN1926A scoperta il 9 maggio 1926 dall’astronomo tedesco Max Wolf, la SN1961I scoperta il 3 giugno 1961 dall’astronomo americano Milton Humason e la SN1964F scoperta il 30 giugno 1964 dall’astronomo italiano Leonida Rosino.
In anni più recenti l’astrofilo giapponese Koichi Itagaki ha ottenuto tre scoperte consecutive in M61: la SN2006ov, la SN2008in e la SN2014dt, un vero record poiché mai nessuno è riuscito a scoprire tre supernovae nella stessa galassia!
Infine il 6 maggio 2020 il programma professionale americano Zwicky Transient Facility (ZTF) scopre la SN2020jfo portando ad otto il numero delle supernovae scoperte in M61, che diventa così la galassia del catalogo di Messier con il maggior numero di supernovae scoperte al suo interno.
Tornando ad Alex, la succitata scoperta rappresentò per lui la sua prima supernovae ed anche la prima ufficiale del programma CROSS, avviato nel novembre del 1999. Il modo in cui fu ottenuta fece molto scalpore, sia a livello nazionale che internazionale, perché per la prima volta un ricercatore era riuscito a rilevare una supernova comodamente seduto nel salotto di casa, manovrando in remoto il telescopio da 50cm e la cupola dell’osservatorio situato a chilometri di distanza (vedi l’immagine in fondo all’articolo).
Erano da poco passate le 5 del mattino quando Alex, inquadrando la bella spirale M61 si accorse subito di una stella nuova di mag.+16 posta nel braccio a Sud-Est del nucleo. L’emozione era alle “stelle” ma l’incertezza che potesse trattarsi di un difetto, oppure di un pianetino in transito sopra la galassia o anche una supernova già scoperta, raffreddò l’euforia. Riprendendo altre immagini, l’oggetto era sempre nella stessa posizione e gli ulteriori controlli del caso non lasciarono dubbi.
Ad Alex venne infatti accreditata la tanto sospirata scoperta con la circolare IAUC 7335. La notte seguente la scoperta dal Lick Observatory in California veniva confermata la presenza della supernova con la luminosità aumentata di circa mezza magnitudine a +15,5.
Immagine della SN1999gn in M61 ripresa il 2 gennaio 2000 dall’astrofilo spagnolo Rafael Ferrando
Infine nella notte del 20 dicembre gli astronomi giapponesi del Bisei Astronomical Observatory con il telescopio da 1,01 metri furono i primi ad ottenere lo spettro di conferma. Si trattava di una supernova di tipo II molto giovane, scoperta cioè pochi giorni dopo l’esplosione, con i gas eiettati dall’esplosione che viaggiavano ad una velocità di circa 5300 km/s. Nelle settimane successive la supernova non superò la mag.+15 facendo ipotizzare di essere di fronte ad un evento di supernova “low-luminosity” e si stabilizzò per i tre mesi successivi intorno alla mag.+15,5 / +16,0 evidenziando il così detto Plateau, si trattava infatti di una supernova di tipo II-P.
immagine notturna dell’Osservatorio del Col Drusciè e la Via Lattea ripresa da Giorgia Hofer
Un piccolo e solitario punto di luce, così ci appare un asteroide quando lo osserviamo attraverso le lenti di un oculare, oppure utilizzando un sensore CCD o CMOS. Ma se ci prendiamo a cuore di analizzare un cospicuo numero di immagini possiamo ricavare importanti aspetti della sua natura.
Precise misure di magnitudine, opportunamente cadenzate e effettuate nell’arco di qualche ora, possono essere utilizzate per generate una curva di luce (come accennato nel cielo del mese di Agosto) dalla cui analisi si possono ricavare il periodo di rotazione, la forma e l’orientamento dei poli dell’oggetto. Le misure di posizione sono utilizzate per il calcolo dell’orbita dell’asteroide e ci permettono di stimare con precisione quella che è la sua distanza dalla Terra a dal Sole al momento delle osservazioni. La conoscenza di queste due distanze consente di ricavare la magnitudine assoluta (H) e lo slope parameter (G).
Avere un’idea, anche solo di massima, del significato di questi due parametri, (H) e (G), ci sarà di aiuto nel prosieguo del nostro viaggio di esplorazione dei Mondi in Miniatura!
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La magnitudine assoluta (H) è il valore della magnitudine che rileveremmo per un asteroide pienamente illuminato se fosse posto alla distanza di 1 AU dalla Terra e 1 AU dal Sole.
Lo slope parameter (G) si riferisce invece al cosidetto “effetto di opposizione“. Questo determina un aumento di luminosità, tipicamente di 0.3 magnitudini, che dipende da come la luce è diffusa dalla sua superficie ed è conosciuto con precisione solo per pochi asteroidi, mentre per tutti gli altri viene assunto un valore convenzionale.
Una volta noti H e G è possibile calcolare la magnitudine visuale di un asteroide per qualsiasi momento, ed è grazie alla conoscenza del valore di H che è possibile effettuare stime sul suo diametro, posto se ne conosca (oppure se ne assuma) il valore di albedo.
(354) Eleonora è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.710 giorni (4,68 anni) ad una distanza compresa tra le 2,49 e le 3,12 unità astronomiche (rispettivamente, 372.498.698 km al perielio e 466.745.357 Km all’afelio).
Scoperto da Auguste Charlois il 17 Gennaio 1893, questo imponente asteroide (all’incirca 154 chilometri di diametro) sarà in opposizione il 6 Ottobre. In questo frangente raggiungerà la massima brillantezza con una magnitudine di 10.9. Il suo moto sarà di 0,57 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5/6 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (354) Eleonora trasformarsi in una bella striscia luminosa di 22,8 secondi d’arco.
(455) Bruchsalia
(455) Bruchsalia è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 1.580 giorni (4,33 anni) ad una distanza compresa tra le 1,87 e le 3,44 unità astronomiche (rispettivamente, 279.748.018 km al perielio e 514.616.675 km all’afelio).
Scoperto da Max Wolf e Friedrich Karl Arnold Schwassmann il 22 Maggio 1900, questo grande asteroide (circa 90 km di diametro) sarà in opposizione il 12 Ottobre, momento nel quale raggiungerà la massima luminosità brillando di magnitudine di 10.9. Il suo moto sarà di 0,61 secondi d’arco al minuto, quindi, per far si che l’oggetto mantenga un aspetto puntiforme nelle nostre immagini potremo utilizzare tempi di esposizione fino a 5 minuti. Per ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (455) Bruchsalia trasformarsi in una bella striscia luminosa di 24 secondi d’arco.
(31) Euphrosyne
(31) Euphrosyne è un asteroide di fascia principale che compie un’orbita intorno al Sole ogni 2.060 giorni (5,64 anni) ad una distanza compresa tra le 2,48 e le 3,85 unità astronomiche (rispettivamente, 371.002.719 km al perielio e 575.951.802 km all’afelio).
Deve il suo nome a Eufrosine, una delle tre Grazie nella mitologia Greca.
Scoperto dall’astronomo James Ferguson il 1 Settembre 1854, con i suoi 270 chilometri di diametro è il settimo asteroide della Fascia per dimensione.
Sarà in opposizione il 13 Ottobre, brillando ad una magnitudine di 10.7. Il suo moto sarà di 0,71 secondi d’arco al minuto, quindi, anche in nel suo caso, con tempi di esposizione fino a 5 minuti ne preserveremo l’ aspetto puntiforme. Volendo ottenere una traccia di movimento dovremo esporre (o integrare) per un tempo più lungo, e con 40 minuti di posa vedremo (31) Euphrosyne trasformarsi in una bella striscia luminosa di 28 secondi d’arco.
Tutti gli occhi su C/2022 E3 (ZTF) che si prepara a dar spettacolo!
Ancora piuttosto debole ma in crescita, in ottobre potremo cominciare a seguire la C/2022 E3 (ZTF), una cometa che a febbraio potrebbe trasformarsi in un oggetto visibile ad occhio nudo!
Scoperta a marzo grazie ad un sistema automatizzato, il ZTF (Zwicky Transient Facility) è in fase di avvicinamento e nel corso del mese, in attesa di ben altri valori, dovrebbe brillare di una non esaltante decima/undicesima magnitudine.
Vuoi saperne di più su questa cometa? Ne abbiamo parlato in Coelum n. 256!
In ottobre sarà localizzabile inizialmente all’interno della Corona Boreale, in spostamento verso il Serpente.
Le osservazioni potranno iniziare non appena fa buio, con l’astro chiomato che nel corso del mese si abbasserà gradualmente sull’orizzonte.
Insomma, un primo approccio che ci farà conoscere la cometa attualmente più promettente del 2023!
La Posizione della C/2022 E3 in ottobre alle 21.30 ora estiva. Le stelle più deboli sono di mag. 8
L’inquinamento di per sé è un’alterazione, degrado e contaminazione di una sostanza o di un ambiente, indotti da cause esterne, specialmente per effetto dell’opera dell’uomo. E le varie forme di inquinamento, nel corso degli ultimi decenni sono ormai tristemente conosciute: da quello delle acque a quello dell’aria che respiriamo, fino al più recente inquinamento acustico e radioattivo. Quello invece prodotto dalla luce è decisamente meno noto (fatto salvo ovviamente per i lettori di questa rivista), sebbene anche in questo caso l’elemento inquinante sia fisico, ossia determinato da fotoni dispersi nell’ambiente esterno durante le ore notturne emessi da sorgenti artificiali.
Convenzionalmente si esclude dal concetto di inquinamento luminoso tutta quella luce che rischiara la notte per effetto delle sorgenti naturali come la Luna. Peraltro, le definizioni che si riscontrano nei dizionari e nella letteratura specialistica sono differenti perché gli effetti sono molteplici, complessi e coinvolgono diversi campi del sapere scientifico. In un tentativo di sintesi, l’inquinamento luminoso potrebbe essere definito come un’alterazione dell’ambiente per effetto della variazione dei livelli di luce naturale notturna causata dalle luci artificiali.
A causa dell’incremento del problema, dagli anni Novanta del secolo scorso, il fenomeno dell’inquinamento luminoso ha trovato, oltre a una sua esplicitazione formale, una sua certa notorietà. In effetti l’incontrollata e abnorme crescita della quantità di luce artificiale porta con sé una catastrofica catena di conseguenze che, a prima vista sembrerebbero di pertinenza solo di coloro che fanno ricerca astronomica o, tutt’al più, anche di chi contempla il cielo o se ne occupa per finalità non professionali: i cosiddetti astrofili. In questa ultima categoria di ‘astronomi da giardino’ rientrano però anche dilettanti che contribuiscono in modo significativo alla divulgazione e alla didattica delle scienze fisiche e astronomiche, nonché persone che partecipano a programmi di ricerca con i professionisti. Per gli scopi di questo articolo sottolineo come l’attenzione riguardo alle criticità, che questa forma di inquinamento del cielo manifestava già in modo netto alla fine degli anni Ottanta del XX secolo, furono accolte, con poche eccezioni, proprio dai non professionisti. In particolare riferisco che le azioni propulsive più convincenti in campo legislativo e tecnico sono state condotte da astrofili riuniti o meno in forma associativa e da alcune organizzazioni ambientalistiche, alle quali stava particolarmente a cuore anche la protezione del cielo stellato come parte dell’ambiente: la cosiddetta altra metà del paesaggio. Parimenti non si può che stigmatizzare la politica improntata al laissez-faire di parte della comunità scientifica, ma soprattutto le incertezze e le deboli contromisure adottate riguardo al tema preoccupante dei satelliti artificiali. Segnatamente, l’invio di migliaia di essi per telecomunicazioni da parte di soggetti privati, Elon Musk in testa (ma anche Amazon e via discorrendo), sta pregiudicando drammaticamente la possibilità di avere un cielo stellato libero da finte costellazioni costituite da oggetti prodotti dall’uomo. Decisamente stonata l’idea di progresso per l’umanità di Musk, se poi la persona più ricca del mondo invia con la sua società Space X decine di migliaia di satelliti artificiali come se il cielo fosse affare privato. Molti la chiamano space economy, io vi ritrovo più una situazione da Far West del XXI secolo e di inquinamento luminoso spaziale, aggiungendo così un ulteriore aggettivo a questa forma perniciosa di degrado della volta celeste. Infatti, la luminosità del cielo notturno causato dalla luce solare riflessa e diffusa dai satelliti artificiali, secondo le stime preliminari pubblicate nel giugno del 2021 sulla prestigiosa Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: Letters potrebbe aver già raggiunto un valore equivalente a un aumento di circa il 10% della luminanza naturale del cielo. Non è quindi difficile prevedere che le prossime costellazioni di satelliti artificiali, oltre a essere futuri detriti spaziali, aumenteranno in modo determinante questa nuova fonte di inquinamento luminoso. Ma fin da ora, come sarà capitato a molti astrofotografi, gli oggetti artificiali in orbita attorno alla Terra, quando vengono ripresi con un’elevata risoluzione angolare e con rilevatori ad alta sensibilità, appaiono come strisce individuali, ma soprattutto indesiderate, nelle immagini a uso scientifico e in quelle effettuate anche solo per una mera finalità artistico-estetica delle meraviglie del Cielo.
brillanza artificiale 2016 L’immagine mostra la brillanza artificiale del cielo notturno a livello del mare per l’Europa rilevata nel 2016 (cortesia Falchi et al.).
Questa mappa previsionale rappresenta il possibile effetto sulla brillanza artificiale dell’Europa post transizione a Led di 4000 K (cortesia Falchi et al.).
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Per questo mese di ottobre la ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari serali che mattutini. Avremo 6 transiti notevoli con magnitudini elevate ad inizio e a fine mese, auspicando come sempre in cieli sereni!
1 Ottobre
Si inizierà il giorno 1 Ottobre, dalle 20:30alle 20:36, osservando da NO a N.
La ISS sarà ben visibile da tutta Italia con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.8. Un transito individuabile senza alcun problema, anche se parziale, con la Stazione Spaziale che svanirà nel cono d’ombra della Terra a circa metà cielo.
2 Ottobre
Si replica il 2 Ottobre, dalle 19:42 verso NO alle 19:50 verso E. Visibilità migliore dal Nord Est e regioni Adriatiche per questa occasione, con magnitudine di picco a -3.3.
Osservabile senza problemi anche dai centri delle città più grandi della nazione!
4 Ottobre
Passiamo al giorno 4 Ottobre, dalle 19:41 in direzione ONO alle 19:49 in direzione SE.
Osservabile al meglio ancora una volta da tutta Italia, con una magnitudine massima di -3.5. Sperando come sempre in cieli sereni per uno dei passaggi migliori del mese!
22 Ottobre
Andiamo al 22 Ottobre, dalle 06:37 da OSO alle 06:46 a NE, con magnitudine massima a -3.8. Visibilità eccellente da tutta la nazione!
Se osservata dal Centro, la ISS transiterà vicina al pianeta rosso Marte nel cielo mattutino!
23 Ottobre
Il penultimo si avrà il 23 Ottobre, dalle 05:51 alle 05:57, da S a ENE. La Stazione Spaziale Internazionale taglierà in due il Centro Sud, con una magnitudine di picco di -3.3.
24 Ottobre
L’ultimo transito del mese sarà visibile al meglio dal Centro Nord Italia il 24 Ottobre. Dalle 06:37 alle 06:45, da O a NE. Magnitudine di picco a -3.2.
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.
Alcuni utenti ci hanno segnalato la difficoltà a completare la registrazione alla Community, sia a livello QUASAR che SUPERNOVAE.
Dopo alcune settimane di verifica siamo lieti di annunciare che i problemi tecnici sono stati risolti. Si è trattato di un’incompatibilità di alcuni plug-in dopo un aggiornamento automatico. La funzionalità è stata correttamente ripristinata.
Approfittiamo anche per comunicare che a breve sarà rilasciata una nuova versione migliorata del lettore pdf per la consultazione della rivista online. Ne metteremo una preview a disposizione dei lettori appena finiti i test su tutti i tipi di device.
Continua la fase di crescita del ciclo solare 25, che conferma le previsioni attuali che stimano un picco dell’attività solare attorno alle fine del 2025.
Non essendoci novità particolari riguardo le previsioni per il ciclo 25, ci limitiamo a riportare i grafici con i dati aggiornati allo scorso mese (con le curve di previsioni invariate) che si possono ottenere dal sito del NOAA: https://www.swpc.noaa.gov/products/solar-cycle-progression
N.B. maggiori dettagli su come sono stati elaborati i grafici li trovate nell’articolo del mese precedente: Attività Solare Settembre 2022
Focus sull’attività solare del mese di Settembre
Veniamo ora a discutere gli aspetti salienti dell’attività solare del mese in corso (Settembre 2022).
Come di consueto vediamo innanzitutto l’evoluzione generale delle macchie solari, riportata in questa animazione prodotta sulla base di immagini a banda larga del satellite Solar Dynamics Observatory della NASA (credits: NASA/SDO and the AIA, EVE, and HMI science teams).
Il mese si è aperto con l’interessante regione attiva 3089 (nell’emisfero Sud) che era già visibile negli ultimi giorni di Agosto e che è scomparsa dietro il limbo occidentale del Sole il giorno 5 Settembre. E’ molto interessante notare che questa stessa regione attiva è recentemente riapparsa (il giorno 20 Settembre) dal limbo orientale dopo che il Sole ha compiuto mezza rotazione attorno al suo asse. Tale regione attiva molto “longeva” è stata quindi ribattezzata con il numero 3105, in quanto è prassi aggiornare il numero di una regione attiva qualora ritorni visibile dopo una mezza rotazione solare.
La stessa sorte è accaduta ad un’altra regione attiva interessante, la numero 3088 (sempre nell’emisfero Sud) che era sparita dalla vista già il 28 Agosto e che è riapparsa sotto il nome di AR3102 il giorno 12 Settembre.
Proponiamo qui una foto appunto della regione attiva 3102 realizzata il 18 Settembre presso Bosco Chiesanuova (VR) dall’astrofilo Serafino Vinco con un telescopio Schmidt-Cassegrain da 20 cm (un C8 della Celestron) e camera di ripresa ZWO ASI 385mc (a fuoco diretto) equipaggiata con filtro IR Pass. Nella foto a falsi colori si possono ammirare i notevoli dettagli delle macchie solari facenti parte della regione attiva (in particolare le zone dette di umbra e penumbra) nonché la granulazione fine della superficie solare dovuta al continuo “ribollire” delle singole celle convettive. Per avere un riferimento delle dimensioni delle strutture mostrate nella foto, si tenga presente che la grande macchia solare a sinistra dell’immagine ha circa le dimensioni della Terra!
Un’altra notevole regione attiva che ha dato spettacolo nel mese di Settembre è la 3098, questa volta nell’emisfero Nord. A differenza dei due casi precedenti, si tratta di una regione attiva di cui è stato possibile osservare in diretta la formazione. La AR3098 è comparsa infatti il 7 Settembre sotto forma di alcune macchie sparse di ridotta dimensione, ma si è rapidamente ingrandita nel giro di una settimana fino a comprendere un affascinante arcipelago di macchie molto complesso ed articolato.
Tale regione è stata inoltre protagonista della maggior parte dei fenomeni energetici accaduti sul Sole in questo mese. In particolare, la regione è stata oggetto tra i giorni 16 e 17 Settembre di ben quattro brillamenti solari di classe M. Questi sono avvenuti proprio quando la AR3098 aveva raggiunto il limbo occidentale, cosa che ha permesso di osservare i brillamenti “di lato” potendone quindi cogliere la struttura tridimensionale.
In questa notevole animazione prodotta dai dati del Solar Dynamics Observatory (strumento AIA a 131 Angstrom) si possono osservare i due spettacolari brillamenti di classe M che sono avvenuti presso la AR3098 il giorno 16. Poiché la regione non era rivolta verso la Terra al momento dei brillamenti, il fenomeno non ha prodotto sulla Terra un significativo aumento delle aurore polari, ciò nondimeno sono stati osservati dei significativi disturbi sulle trasmissioni radio.
Per completezza riportiamo infine l’andamento del flusso dei raggi X durante l’intero mese (prodotto utilizzando il sito https://www.polarlicht-vorhersage.de/goes-archive) come misurato dai satelliti GOES.
I quattro eventi di classe M riportati nella seconda metà del grafico sono appunto i brillamenti della regione 3098 avvenuti tra il 16 ed il 17 Settembre.
A novembre del 2021 e nel numero 254 di Coelum Astronomia pubblicavamo due articoli con tutte le informazioni relative alla DART ed allo scopo della missione.
Ora la Sonda DART è quasi arrivata alla fine del suo percorso e LICIACube, il satellite italiano di soli 14kg che sta seguendo la sonda ci fornirà immagini e riprese per gli studi futuri. La NASA sfrutterà invece le riprese di DRACO la fotocamera montata a bordo della DART stessa e che è destinata a schiantarsi su Dimorphos.
La sonda, targata NASA, vede la collaborazione dei principali centri di ricerca dell’agenzia spaziale americana: il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (APL), il Jet Propulsion Laboratory (JPL), il Goddard Space Flight Center (GSFC), il Johnson Space Center (JSC), il Glenn Research Center (GRC) e il Langley Research Center (LaRC).
DART è un cosiddetto impattore cinetico, il cui scopo principale è quello di modificare l’orbita di un asteroide così da evitare che questo incontri il nostro pianeta lungo la sua traiettoria.
L’obiettivo della missione è l’asteroide lunare Dimorphos (160 m di diametro), che ruota attorno all’asteroide più grande Didymos (che ha un diametro di 780 m).
La sonda raggiungerà Dimorphos domani mattina 27 settembre ore 1:14 Italia. DART avrà un impatto quasi frontale su Dimorphos, riducendo di diversi minuti il tempo necessario al piccolo asteroide per orbitare attorno a Didymos. L’impatto sarà monitorato dai telescopi di tutto il mondo, ma soprattutto da LICIACube, un cubesat tutto italiano, finanziato e coordinato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).
«LICIACube avrà il compito principale di acquisire tutte le immagini possibili che descrivano la scena di impatto di DART e l’evoluzione dei detriti che si solleveranno per via dell’impatto, e lo farà con le sue due camere, Leia e Luke» dice Angelo Zinzi, tecnologo ASI e responsabile dello Science Operations Center «Leia, grazie alla sua alta risoluzione, sarà in grado di mostrarci nel dettaglio il punto di impatto, mentre Luke, avendo un campo di vista più ampio, avrà modo di inquadrare la gran parte del materiale espulso e raccontarci la sua evoluzione».
Specifichiamo che l’asteroide bersaglio di DART non è una minaccia per la Terra. Questo sistema binario di asteroidi è però il banco di prova perfetto per verificare se lo schianto intenzionale di un veicolo spaziale contro un asteroide sia un modo efficace per cambiarne la rotta, nel caso in cui rischi di impattare il nostro pianeta.
La NASA sottolinea che per i prossimi 100 anni nessun asteroide noto di dimensioni superiori a 140 metri si trovi in rotta di collisione con la Terra. Ma – precisano – solo il 40% circa di questi asteroidi è stato finora identificato (dati aggiornati a ottobre 2021).
Elendo delle fonti utili per tutti i dettagli della DART e come seguire l’evento:
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