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Prossima meta: Urano e Nettuno?

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La NASA inizia a studiare una missione verso Urano e Nettuno

Urano e Nettuno sono gli unici due pianeti del Sistema solare a essere rimasti inesplorati fino ad oggi, se si esclude il fugace sorvolo da parte di Voyager 2 alla fine degli anni ’80. Ma ciò potrebbe cambiare nei prossimi decenni: ieri, la NASA ha ufficializzato la richiesta diretta al Jet Propulsion Laboratory (JPL) di progettare due sonde da meno entro di 2 miliardi di dollari l’una per esplorare i due giganti ghiacciati. Le sonde decollerebbero tra la fine degli anni ’20 e l’inizio degli anni ’30 di questo secolo, iniziando una traversata interplanetaria che durerebbe circa un decennio.
«Vogliamo identificare possibili piani di missione in una vasta gamma di costi – ha spiegato Jim Green della NASA al meeting dell’OPAG che si sta tenendo in questi giorni – Il nostro ostacolo principale è l’enorme costo necessario a raggiungere il sistema solare esterno».
Si tratta del primo, importante passo in avanti, almeno sotto il profilo burocratico, per assistere al lancio di una missione verso Urano e/o Nettuno prima del 2040. Tutti i piani di volo ritenuti economicamente fattibili e scientificamente validi verranno valutati nei primi anni ’20 dal National Research Council, che ogni dieci anni ha il compito di selezionare le destinazioni celesti di massima priorità per il decennio successivo.
La missione verso Urano e Nettuno apparterrebbe alla categoria Flagship – letteralmente “nave ammiraglia” – la punta di diamante dei programmi di esplorazione planetaria della NASA. La prossima missione Flagship è il rover marziano del 2020 (clicca qui per gli ultimi aggiornamenti), seguito da una missione verso Europa, una luna ghiacciata di Giove forse potenzialmente abitabile (clicca qui per gli ultimi aggiornamenti).
Marte ed Europa erano proprio le due destinazioni evidenziate dal National Research Council nel 2011. A causa della natura multi-miliardaria di queste missioni, l’esplorazione di Urano e Nettuno dovrà attendere fino al lancio della missione verso Europa (non prima del 2022) per registrare i primi, importanti progressi.
Un orbiter da inviare verso Urano proposto nel 2011.

Urano era già stato indicato come terza destinazione di interesse dopo Marte ed Europa, ma sarà necessaria una conferma dell’attenzione della comunità scientifica alla prossima riunione del National Research Council per convincere definitivamente la NASA dell’importanza di tale missione. E la concorrenza non renderà questo compito facile: molti ricercatori stanno spingendo per una missione verso Titano, una luna di Saturno caratterizzata da un ambiente forse prebiotico; un’altra missione per riportare sulla Terra i campioni raccolti dal rover marziano del 2020 e una missione verso la superficie di Venere, un paesaggio rimasto inesplorato dagli anni ’80.

«Sono sicuro che [la missione verso Urano e/o Nettuno] sopravviverà alla selezione decennale» ha commentato Green. La missione potrebbe anche servirsi del SLS, il razzo più potente mai progettato attualmente in costruzione presso la NASA (clicca qui per gli ultimi aggiornamenti). L’utilizzo di un SLS per lanciare la sonda potrebbe abbattere i tempi di volo e i possibili rischi, oltre ad allargare notevolmente i limiti di massa.

Alla conquista dell’asteroide: pronti gli “occhi” di OSIRIS-Rex

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Rappresentazione artistica dell’OSIRIS-REx della NASA che raccoglierà campioni di roccia dall’asteroide Bennu. Crediti: NASA/Goddard
Rappresentazione artistica dell’OSIRIS-REx della NASA che raccoglierà campioni di roccia dall’asteroide Bennu. Crediti: NASA/Goddard

E’ l’asteroide Bennu l’obiettivo della missione della NASA OSIRIS-REx (missione coordinata dall’Università dell’Arizona) il cui lancio è previsto nell’autunno del 2016. Dopo due anni di viaggio arriverà sull’asteroide dal quale estrarrà campioni di materiale e li riporterà sulla Terra per analizzarli, dopo aver orbitato per un periodo previsto di sei mesi/un anno (potrà orbitare al massimo per un periodo di 505 giorni) durante il quale mapperà l’asteroide cercando il luogo migliore per il prelievo.

Un nuovo passo avanti nella realizzazione della missione è avvenuto di recente con la consegna al Lockheed Martin Space Systems di Denver delle tre camere che verranno montate sulla sonda – Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer della NASA – che mapperanno la roccia gigante (circa 500 metri di larghezza).

L’array si chiama OCAMS (OSIRIS-REx Camera Suite) ed è stato progettato dal Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona. La più grande di queste tre camere è la PolyCam, un piccolo telescopio che scatterà le prime immagini di Bennu da una distanza di “soli” 2 milioni di chilometri, fornendo anche dettagli ad alta risoluzione del sito da dove verrà prelevato il campione di roccia. La MapCam si dedicherà invece alla ricerca di satelliti e getti di polvere attorno all’asteroide, fotografando l’oggetto a colori per poi costruire una mappa topografica. Infine la SamCam documenterà l’acquisizione del campione.

«Si tratta di un altro grande passo in avanti nella preparazione della nostra missione», ha detto Mike Donnelly, il project manager di OSIRIS-REx presso il Goddard Space Flight Center di Greenbelt, Maryland. Dante Laurettaprincipal investigator della missione ha poi spiegato: «PolyCam, MapCam e SamCam saranno i nostri occhi su Bennu. Le OCAMS forniranno le immagini di cui abbiamo bisogno per completare la nostra missione mentre la sonda è ancora nell’orbita dell’asteroide».

La suite OCAMS: MapCam (sinistra), PolyCam e SamCam. Crediti: University of Arizona/Symeon Platts

«L’obiettivo principale di queste tre camere è quello di massimizzare la nostra abilità di raccogliere con successo un campione e riportarlo sulla Terra», ha aggiunto Bashar Rizk, scienziato che si occupa delle OCAMS. «Questa missione richiede molte attività per un solo viaggio – navigazione, mappatura, riconoscimento, selezione del sito di raccolta e la raccolta del campione. Mentre siamo lì, abbiamo bisogno di vedere continuamente cosa sta accadendo attorno all’asteroide, in modo da poter prendere decisioni in tempo reale».

OSIRIS-REx è la prima missione finalizzata alla raccolta di un campione di roccia da un asteroide e riporterà a casa il più grande campione dopo la missione lunare Apollo. Servirà anche a definire missioni future volte a prevedere, ed evitare, un impatto con un asteroide, qualora dovesse essere necessario.

Per saperne di più:

Associazione Astrofili Centesi

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28.08: “Come vivono le Stelle”. Al telescopio: il pianeta Saturno e l’ammasso stellare M13 nella costellazione di Ercole.

Per info: cell. 346 8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Cassini: ultimo appuntamento con Dione

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Dione e il suo volto screziato (foto scattata da Cassini l’11 aprile 2015). Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Questa immagine è stata scattata dalla camera a bordo della sonda Cassini durante il flyby del 17 agosto 2015 ed è arrivata a Terra il 18 agosto. L’immagine non è ancora stata calibrata né validata. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

IN ARRIVO LE PRIME IMMAGINI DAL FLYBY DELL’ADDIO

Il sorvolo ravvicinato della sonda Cassini su Dione, a 474 ​​km dalla sua superficie, è avvenuto ieri, lunedì 17 agosto, alle 20:33 ora italiana. I responsabili della missione prevedono l’arrivo di nuove immagini entro le 48 ore successive all’incontro.

Gli scienziati del team di Cassini hanno pianificato una serie di indagini grazie alle quali potremo conoscere meglio Dione, una delle lune più misteriose di Saturno. I dati scientifici e le informazioni gravitazionali raccolte durante il flyby di ieri permetteranno di svelare la composizione interna di questa luna e di confrontarla con gli altri satelliti di Saturno. Cassini ha potuto effettuare questo tipo di studio ravvicinato solo con una manciata delle 62 lune di Saturno.

Durante il sorvolo, le camere e gli strumenti scientifici a bordo di Cassini hanno ottenuto informazioni ad alta risoluzione del polo nord di Dione, arrivando a un dettaglio di pochi metri. Inoltre, lo strumento Composite Infrared Spectrometer (letteralmente “spettrometro composito negli infrarossi”) ha potuto studiare da vicino questa luna ghiacciata che presenta alcune anomalie termiche. Sulla superficie di Dione, infatti, sono presenti zone all’interno delle quali viene intrappolato con grande efficacia il calore. Nel frattempo, il Cosmic Dust Analyzer, lo strumento per l’analisi delle polveri, ha continuato la sua ricerca di particelle di polvere emesse da Dione.

Questo è il quinto incontro con Dione per la sonda Cassini. Questo tipo di attività richiede una serie di manovre che permettano di guidare con precisione la sonda lungo il percorso desiderato attorno alla luna. La sonda Cassini ha acceso i suoi propulsori per circa 12 secondi lo scorso 9 agosto, e questo è stato sufficiente a inserirsi nella traiettoria corretta.

Dione e il suo volto screziato (foto scattata da Cassini l’11 aprile 2015). Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

Il flyby più ravvicinato di Cassini su Dione è avvenuto nel dicembre 2011, quando la sonda è passata a una distanza di 100 km dalla superficie della luna. Mettendo insieme i risultati raccolti da tutti i passaggi precedenti è stato possibile comporre delle immagini ad alta risoluzione dei brillanti filamenti presenti sulla superficie di Dione, già osservati durante la missione Voyager. La vista acuta di Cassini ha svelato che queste strutture sono canyon intrecciati tra loro e circondati da pareti, anch’esse molto chiare. Una possibilità è che questa struttura sia correlata all’evoluzione orbitale di Dione e alle sollecitazioni mareali. Gli scienziati sono inoltre ansiosi di scoprire se Dione abbia attività geologica, come si è osservato su Encelado con i suoi intensi geyser.

«Dione è un vero enigma: mostra cenni di processi geologici attivi, tra cui un’atmosfera variabile e la presenza di vulcani di ghiaccio, ma non abbiamo mai trovato la prova definitiva. Il quinto flyby di Dione sarà la nostra ultima possibilità», ha dichiarato Bonnie Buratti, membro del team scientifico di Cassini presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA a Pasadena, in California.

Cassini è in orbita intorno Saturno dal 2004. Dopo una serie di sorvoli ravvicinati delle lune, nella seconda metà del 2015, la sonda partirà dal piano equatoriale di Saturno per iniziare la messa a punto in vista dell’ultimo anno di attività della missione. Per il suo gran finale Cassini ha in programma di tuffarsi ripetutamente nello spazio tra Saturno e dei suoi anelli.

«Questa sarà la nostra ultima occasione per vedere Dione da vicino, almeno per molti anni a venire», ha dichiarato Scott Edgington, vice project scientist della missione al JPL. «Cassini ha fornito informazioni dettagliate di questa misteriosa luna ghiacciata, insieme a un ricco set di dati e una serie di nuove domande che terranno impegnati a lungo gli scienziati».

Pur non essendo attiva quanto la vicina Encelado, la superficie di Dione non è assolutamente noiosa. Alcune parti della superficie sono coperte da valli scoscese, dette chasmata, che creano un forte contrasto con le forme circolari dei crateri da impatto, molto più tipiche per una luna.

Per dare un’occhiata alle immagini di Dione in arrivo in queste ore è possibile visitare la pagina del JPL che raccoglie le immagini “raw”, ovvero ancora non sottoposte a calibrazione e validazione, della missione Cassini. Nei prossimi mesi le immagini saranno sottoposte ai processi di riduzione e analisi scientifica e verranno rese pubbliche tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016.

22 Agosto: Congiunzione tra la Luna e Saturno

L’ultimo appuntamento del mese sarà per la sera del 22 agosto quando sull’orizzonte di sudovest il primo quarto di Luna si avvicinerà a Saturno (mag. +0,5) fino a una distanza osservabile di 1,8 gradi.

Inviateci le vostre immagini su gallery@coelum.com!!

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di luglio e agosto

16 Agosto: una sottile falce di luna crescente avvicina Mercurio

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Alle 20:30 del 16 agosto – sull’orizzonte ovest – Mercurio verrà avvicinato (circa 3° di separazione) da una sottilissima falce di Luna crescente. A quell’ora il Sole sarà sotto l’orizzonte di –3° e quindi il cielo sarà un po’ più scuro rispetto a quello del 7 agosto; così che i due oggetti (alti +5°) dovrebbero risultare osservabili con meno difficoltà.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di luglio e agosto

Associazione Astrofili Centesi

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10.08: Serata sotto le stelle: le “lacrime di San Lorenzo”. Osservazione del cielo e delle costellazioni estive. Si consiglia di portarsi un panno da stendersi a terra per non lasciarsi scappare neanche una meteora.

Per info: cell. 346 8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Associazione Astrofili Centesi

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07.08: “Oltre il visibile: l’Universo dalle onde radio ai raggi X”. Al telescopio: il pianeta Saturno e i suoi satelliti, l’ammasso stellare M13 in Ercole e le costellazioni estive.

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Le “ossa” della Churyumov–Gerasimenko!

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Rilasciate le immagini della superficie della cometa riprese da Philae da una distanza di pochi metri, simili a resti fossili abbandonati nel deserto. Qui sopra un dettaglio reso a colori tratto dalla foto rilasciata il 30/7/15 e ripresa da ROLIS durante la discesa sulla cometa quando il lander si trovava a una distanza di soli 9 metri dalla superficie (0,98 cm/px). Nella gif animata qui sotto la si può vedere a formato intero. Crediti immagine originale: ESA/Rosetta/Philae/ROLIS/DLR, elaborazione Coelum Astronomia.

Nuovi risultati da Philae: composti organici, escursioni termiche e un nucleo poroso

In questa gif animata le immagini della superficie della cometa man mano che il lander si avvicina al punto del primo rimbalzo. Per ogni immagine è indicato l'istante dell'acquisizione, la distanza a cui si trovava, il campo inquadrato e la risoluzione dell'immagine. Nell'ultimo fotogramma della sequenza il punto presunto dove avrebbe "toccato" il lander, con un incertezza di più o meno 20 cm (cliccare per ingrandire l'immagine).

Molecole prebiotiche, forti escursioni termiche e una complessa struttura interna: sono solo alcuni dei risultati scientifici conseguiti dal robottino europeo Philae, che il 12 novembre dello scorso anno ha completato lo storico atterraggio sul nucleo della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Gli strumenti a bordo della sonda hanno raccolto dati per tutta la durata della discesa verso il nucleo – circa sette ore – e poi anche durante i tre rimbalzi imprevisti che hanno portato Philae ad adagiarsi sul suolo con due ore di ritardo in una località sfavorevole dal punto di vista dell’illuminazione. Dopo 64 ore di attività sulla superficie della cometa, il piccolo robottino è entrato in un’ibernazione forzata interrottasi solo con il suo risveglio più di un mese fa.

I dati raccolti da COSAC subito dopo il primo rimbalzo hanno rivelato la presenza di ben 16 composti organici – quindi a base di carbonio – con forti concentrazioni anche di azoto. Quattro di questi composti – isocianato di metile, acetone, propionaldeide e acetamide – non erano mai stati osservati su un nucleo cometario. Le analisi condotte dallo strumento Ptolemy si sono invece concentrate sui gas presenti nella chioma e in prossimità della superficie. Nei dati raccolti dai sensori si legge la presenza di vapore acqueo, monossido di carbonio e anidride carbonica, con tracce di altri composti organici tra cui la formaldeide.

Alcuni dei composti organici riscontrati dai due laboratori sono di particolare interesse biologico, in quanto elementi chiave della sintesi prebiotica degli amminoacidi, degli zuccheri e delle basi nucleiche: in breve, i precursori della vita. La formaldeide, ad esempio, è alla base del ribosio, a sua volta pilastro portante di molecole quali il DNA.

L'ellisse di incertezza sulla posizione di Philae. Grazie ai dati di CONSERT e a dettagliati modelli della cometa, la zona dove dovrebbe essere Philae è stata ridotta ad un area di 34 x 21 m (indicata dai punti gialli). Il punto rosso indica la zona più probabile, mentre i punti bianchi indicano le zone scartate fin'ora. ESA/Rosetta/Philae/CONSERT

Nonostante i rimbalzi di Philae abbiano portato il robottino ad adagiarsi in un sito molto meno favorevole di quello selezionato, un vantaggio c’è stato: gli scienziati hanno potuto confrontare le fotografie ravvicinate scattate da ROLIS sopra il sito di atterraggio previsto, Agilkia, e quello finale, Abydos. Le immagini riprese in prossimità della prima località rivelano una superficie cosparsa di blocchi dell’ordine di qualche metro di larghezza, adagiati su uno strato di regolite composto da granelli di polvere larghi dai 10 ai 50 centimetri. Il masso più significativo raggiunge circa i cinque metri di altezza e presenta strutture sulla sua superficie probabilmente dovute a processi erosivi.

Le immagini scattate da ROLIS a più di un chilometro di distanza dal primo rimbalzo, nel sito Abydos, rivelano i dettagli su scala microscopica. Le foto sono state utilizzate anche per determinare l’assetto di philae, che risulta appoggiato sulle pendici di una collina alta circa un metro, mentre dalla parte opposta si apre un panorama in cui sono visibili strutture fino a sette metri di distanza.

Lo zoom di questa porzione di roccia nel sito di atterraggio finale, ripresa dalla CIVA camera 4 e rilasciata sempre il 30/7/15, rivela le variazioni di luminosità della superficie della cometa fino a una scala di centimetri e millimetri. Nell'immagine di sinistra è visibile in primo piano una delle antenne del CONSERT, la cui dimensione, diametro di 5 mm e 693 mm lunghezza, aiuta a capire la scala dell'immagine. ESA/Rosetta/Philae/CIVA

Lo strumento MUPUS ha invece sondato la struttura interna del nucleo, rivelando uno strato soffice spesso circa 3 centimetri che cela una crosta molto più dura del previsto, tanto che il martello automatico di MUPUS non è riuscito a penetrare fino alla profondità desiderata.

Qui sopra un riassunto dei dati raccolti da MUPUS, nell'immagine evidenziati il trapano e il rilevatore di temperatura.

Le analisi radio condotte invece dall’apparato CONSERT hanno rivelato che il lobo minore del nucleo binario ha un’elevata porosità (75-85%), il che è indicativo di una struttura composta da materiale poco compatto. I dati mostrano inoltre che il rapporto tra la polvere e il ghiaccio all’interno del nucleo in termini di volume è pari a 0.4-2.6. Studiando le onde radio scambiate tra l’apparato CONSERT montato su Philae e quello a bordo di Rosetta, gli scienziati sono riusciti anche a confinare la probabile posizione di Philae all’interno di un’ellisse di 21 per 34 metri. Le misurazioni termiche rivelano forti escursioni che vanno dai 180 ai 145 gradi sotto lo zero in corrispondenza del periodo di rotazione della cometa, che è pari a 12.4 ore.

Purtroppo Philae non è più riuscito ad inviare dati sulla cometa, nonostante il timido risveglio e gli intermittenti tentativi di contatto successivi. L’ultimo segnale inviato da Philae alla nave madre Rosetta, in orbita attorno alla cometa, risale a ventun giorni fa. Da allora, il robottino non ha più riposto ai tentativi di comunicazione di Rosetta. Come se non bastasse, la sonda si sta spostando sopra l’emisfero australe del nucleo per studiarlo in prossimità del perielio e non sarà in grado né di ricevere né di inviare segnali a Philae per almeno due settimane.

PERSEIDI 2015: pioggia molto tranquilla, ma senza Luna

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Dopo un pessimo 2014, con le già deboli e rade scie delle meteore offuscate dalla presenza della Luna piena, quest’anno le circostanze osservative dello sciame delle Perseidi si presenteranno senz’altro migliori. La Luna, infatti, nel periodo del Massimo sarà praticamente Nuova e sorgerà in forma di sottilissima falce calante soltanto dalle cinque del mattino in poi.

Il picco di attività è previsto intorno alle undici del 13 agosto, quindi in pieno giorno per gli osservatori italiani, ma ovviamente si potrà seguire lo sciame a partire dalla sera del 12, fino alle prime luci dell’alba. Anche se quelle ore non coincideranno con il periodo migliore, ci sarà senz’altro la possibilità di contare o fotografare comunque un buon numero di meteore, senza trascurare quella di cogliere (come avvenuto spesso negli ultimi anni) estemporanee cadute di luminosissimi bolidi a qualunque ora della notte.

Come sempre, il segreto per godersi lo spettacolo, anche in assenza di disturbo lunare, sarà quello di uscire dalle città e di osservare da luoghi veramente bui e con poca umidità.

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Leggi l’approfondimento «La pioggia delle Perseidi»


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Richiedi l’attivazione dal n. 194 di luglio/agosto.

Associazione Astrofili Bassano del Grappa

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02.08, ore 17:00: “Lacrime di S. Lorenzo” di Luigi Marcon.
Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it

8-9 agosto due incontri per la Luna, con Pleiadi e Aldebaran

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Verso le due del mattino dell’8 agosto si ripeterà la situazione del 12 luglio, con una falce di Luna (questa volta più piena) che farà compagnia alle Pleiadi durante il loro sorgere dall’orizzonte est-nordest. Il mattino dopo, poco prima delle 2:00, troveremo la Luna al sorgere in congiunzione strettissima (circa 40′ dal centro, 25′ dal bordo) con Aldebaran. La stella verrà addirittura occultata, ma purtroppo quando i due oggetti saranno ancora nascosti dall’orizzonte di est-nordest.

Il mattino dopo, 9 agosto, poco prima delle 2:00, troveremo la Luna in congiunzione strettissima invece con Aldebaran. La stella verrà addirittura occultata, ma purtroppo quando i due oggetti saranno ancora nascosti sotto l’orizzonte est-nordest.

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di luglio e agosto

Gruppo Astrofili Lariani

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02.08, ore 10:00: Apertura straordinaria, in occasione della tradizionale festa degli Alpini, sezione Lenno. Sarà possibile osservare il Sole.
Per informazioni: Tel 347.6301088
info@astrofililariani.org
www.astrofililariani.org

Cassini visita tre lune di Saturno in un giorno

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La sonda Cassini ha fatto visita a tre diverse lune di Saturno in meno di 24 ore: si tratta di Rea, Encelado e Dione, alcuni tra i mondi più affascinanti del sistema solare esterno.

Un vasto sistema di canyon taglia la superficie di Dione in questa foto scattata da Cassini.

Il 26 Luglio, Cassini ha puntato il suo occhio robotico in direzione di Rea. Al momento dello scatto, la luna si trovava a circa 300 mila chilometri da Cassini. Poi, a cavallo tra il 26 e il giorno successivo, la sonda ha fotografato una falce di Dione da 65 mila chilometri di distanza. Dopo che la sonda ha raggiunto il periapside (223100 km) della sua orbita numero 219 alle 7:49 ora italiana del 27 Luglio, è stato il turno anche di Encelado, ripreso da una distanza di 111420 chilometri.

La luna Rea fotografata da Cassini. Le pianure visibili in questa foto sono probabilmente rimaste incontaminate (da processi geologici e geofisici) dall'alba del sistema solare.

Rea, con i suoi 1528 chilometri di diametro, è il secondo più grande satellite naturale di Saturno. Attualmente lo si considera un mondo perlopiù morto, freddo, piccolo e privo di atmosfera. La sua grande distanza da Saturno significa che il calore generato dalle forze di marea è scarso o del tutto assente. La temperatura superficiale va da -174 gradi Celsius nelle aree illuminate dal Sole a -220 gradi in ombra.

L’elevata riflettività della superficie suggerisce una composizione a base di acqua allo stato solido, che alle temperature di Rea si comporta più come la roccia che il ghiaccio come lo intendiamo noi. Le fratture visibili nelle foto, lunghe fino a decine di migliaia di chilometri e avvistate già dalle Voyager, suggeriscono che un tempo la superficie di Rea possa essere stata rimodellata da fenomeni di subsidenza.

Encelado visto da Cassini. L'esposizione è stata ridotta significativamente per evitare che la superficie risultasse abbagliante e priva di strutture: Encelado riflette quasi la totalità della luce che riceve dal Sole.

Encelado è affascinante per motivi diametralmente opposti: è un mondo straordinariamente attivo, con geyser che eruttano acqua e polveri nel cielo ancora oggi. Sulla sua superficie si contano almeno cinque diversi tipi di terreno, uno dei quali è completamente privo di crateri o strutture da impatto, un chiaro indizio di processi massicci e recenti che hanno rimodellato il territorio. La superficie di Encelado è estremamente luminosa, quasi abbagliante, e probabilmente cela un oceano liquido al di sotto del polo sud.

Dione fotografato da Cassini: sono visibili le vaste fratture dovute a fenomeni di subsidenza su larga scala.

Dione misura 1123 chilometri di diametro ed è per lopiù costellato di crateri, come Rea. Ma la particolarità di Dione è che l’emisfero contenente più crateri non è quello “guida” (Dione è in una rotazione sincrona con Saturno, ovvero gli rivolge sempre la stessa faccia), cioè quello rivolto verso la direzione di rivoluzione, ma quello opposto, quello che in un certo senso “segue” la luna durante la sua orbita. Ciò ha fatto ipotizzare che Dione abbia ruotato di esattamente 180 gradi sul suo asse di recente.

Un’immagine ravvicinata da Dione rivela la presenza di una serie di crateri. Il cratere più grande, posto quasi sul terminatore, ha un rilievo centrale.

Dione mostra anche una serie di fratture, probabilmente dovute a fenomeni di subsidenza su la rga scala. Il ghiaccio esposto sulle pareti le rende particolarmente brillanti. Inoltre, il satellite si trova in risonanza con Encelado: a ogni orbita di Dione, Encelado ne completa esattamente due.

Nuovi nomi per i crateri di Cerere

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Questa mappa in falsi colori realizzata sulla base dei dati della sonda Dawn della NASA mostra la topografia della superficie del pianeta nano Cerere. Sono indicati i nomi approvati dall’Unione Astronomica Internazionale. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Il team scientifico della sonda Dawn della NASA ha rilasciato nuove mappe di Cerere che mostrano una topografia estremamente varia, con differenze di quota tra le basi dei crateri e le cime più alte che arrivano fino a 15 chilometri. Gli scienziati stanno analizzando i dati mandati a Terra da Dawn, che sta attualmente iniziando la sua terza orbita di mappatura.

«I crateri che troviamo su Cerere, in termini di profondità e di diametro, sono molto simili a ciò che vediamo su Dione e Teti, due satelliti ghiacciati di Saturno che hanno circa le stesse dimensioni e densità di Cerere. Le caratteristiche sono coerenti con una crosta ricca di ghiaccio», ha detto Paul Schenk, membro del team scientifico di Dawn e geologo presso il Lunar and Planetary Institute di Houston.

Questa mappa in falsi colori realizzata sulla base dei dati della sonda Dawn della NASA mostra la topografia della superficie del pianeta nano Cerere. Sono indicati i nomi approvati dall’Unione Astronomica Internazionale. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Alcuni di questi crateri e altre formazioni presenti sulla superficie hanno ottenuto nomi ufficiali, ispirati a divinità provenienti da un’ampia varietà di culture e legate all’agricoltura. L’Unione Astronomica Internazionale ha recentemente approvato una serie di nomi per le strutture presenti su Cerere.

Tra queste ad esempio c’è Occator, il “cratere misterioso” che ospita le macchie bianche brillanti, i cosidetti “spot”, con un diametro di circa 90 km e una profondità di circa 4 km. Nella mitologia romana, Occator è il nome di un aiutante di Cerere che si occupava dell’aratura.

Il cratere più piccolo, in cui sono state avvistate le famose macchie e per questo precedentemente chiamato “Spot 1″, è ora identificato con il nome di Haulani, coma la dea delle piante della mitologia hawaiana. Haulani ha un diametro di circa 30 chilometri e i dati di temperatura ottenuti dallo spettrometro VIR (Visual and InfraRed Spectrometer) dell’INAF-IAPS a bordo di Dawn mostrano che sembra avere una temperatura inferiore rispetto al terreno che lo circonda.

Questa immagine dello spettrometro ad immagini a bordo di Dawn (VIR) evidenzia una regione brillante su Cerere conosciuta con il nome di Haulani, dea delle piante nella mitologia hawaiana. Crediti: mage credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA/ASI/INAF

Dantu, il cratere che prende il nome della divinità ghanese associata alla coltivazione del mais, ha una dimensione di circa 120 chilometri ed è profondo circa 5 chilometri, come Ezinu, dal nome della dea sumera del grano. Entrambi sono grandi meno della metà di Kerwan, che prende il nome dallo spirito Hopi che presiede la germinazione del mais, e Yalode, dedicato alla dea africana del Dahomey, adorata dalle donne durante i riti di raccolta.

«I crateri da impatto Dantu e Ezinu sono estremamente profondi, mentre i bacini di Kerwan e Yalode mostrano profondità molto minori, il che indica un aumento della mobilità del ghiaccio con le dimensioni e l’età del cratere», ha dichiarato Ralf Jaumann, membro del team scientifico di Dawn presso il German Aerospace Center (DLR) di Berlino.

Poco più a sud di Occator c’è Urvara, un cratere che prende il nome dalla divinità indiana e iraniana delle piante e dei campi. Urvara, con circa 160 km di larghezza e 6 km di profondità, ospita un imponente picco centrale di 3 km di altezza.

Dawn sta attualmente spiraleggiando verso la sua terza orbita scientifica, a meno di 1.500 km dalla superficie, circa tre volte più vicina a Cerere rispetto all’orbita precedente. La sonda raggiungerà questa orbita verso metà agosto e comincerà immediatamente a raccogliere nuove immagini e ulteriori dati.

Questa animazione mostra una mappa a colori ottenuta dai dati della sonda Dawn della NASA e mostra i rilievi e i crateri presenti sulla superficie del pianeta nano Cerere.

7 Agosto: notevole congiunzione tra Mercurio e Giove.

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Alle 20:30 del 7 agosto il Sole sarà appena tramontato (–0,5°) sull’orizzonte ovest, ed il cielo sarà quindi ancora molto chiaro. Forse non tanto, però, da impedirci di scorgere una congiunzione tra Mercurio (mag. –0,7) e Giove (–1,7) che in quel momento risulteranno separati soltanto di 52′.

I due pianeti saranno alti solo +6°, il che significa che l’osservazione potrà andare a buon fine (aiutandosi con un binocolo) solo in condizioni di visibilità eccellenti.

Solo a livello di curiosità facciamo notare che l’incontro tra Mercurio e Giove avverrà a pochi primi di distanza da Regolo, che a causa della sua magnitudine (+1,3) risulterà tuttavia praticamente inosservabile.

Aspettiamo le vostre immagini su gallery@coelum.com

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di luglio e agosto

Gruppo Astrofili Lariani

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01.08: Osservazione di Luna e Saturno. A seguire le meraviglie del cielo estivo: nebulose, ammassi aperti e globulari.
Per informazioni: Tel 347.6301088
info@astrofililariani.org
www.astrofililariani.org

Associazione Astrofili Centesi

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31.07: “La nascita del Sistema Solare”. Al telescopio: il pianeta Saturno e i suoi satelliti, l’ammasso stellare M13 in Ercole e la stella Antares.31.07: “La nascita del Sistema Solare”. Al telescopio: il pianeta Saturno e i suoi satelliti, l’ammasso stellare M13 in Ercole e la stella Antares.

Per info: cell. 346 8699254
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Alla ricerca del quarzo marziano

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Un frammento di roccia ribattezzato “Lamoose”, di circa 10 cm, ripreso dalla camera MAHLI del rover Curiosity l’11 luglio 2015. Come la vicina roccia “Elk”, possiede un’inaspettatamente alta concentrazione di silice. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS
Un frammento di roccia ribattezzato “Lamoose”, di circa 10 cm, ripreso dalla camera MAHLI del rover Curiosity l’11 luglio 2015. Come la vicina roccia “Elk”, possiede un’inaspettatamente alta concentrazione di silice. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS
MARCIA INDIETRO PER CURIOSITY

Si avvicina il terzo anniversario del suo atterraggio su Marte per il rover Curiosity della NASA, che recentemente ha trovato qualcosa di diverso da tutto ciò che aveva analizzato in precedenza: una roccia contenente livelli inaspettatamente alti di silice. La silice è un componente alquanto comune delle rocce terrestri, dove può essere trovata sotto forma di quarzo.

Nelle sue esplorazioni programmate, Curiosity aveva recentemente esaminato una zona target denominata “Elk” (alce) vicino al “Marias Pass”, ai piedi del Monte Sharp. Successivamente, era stato avviato verso un altro obbiettivo. Quando i ricercatori a Terra hanno avuto l’opportunità di analizzare i dati di due strumenti utilizzati da Curiosity, la ChemCam (Chemistry & Camera) – dotata di laser per vaporizzare le rocce e ottenere lo spettro della loro composizione – e il DAN (Dynamic Albedo of Neutrons), che mostravano, rispettivamente, elevate quantità di silicio e idrogeno, hanno deciso di far tornare indietro il grande robot marziano per dare un’occhiata più da vicino.

La marcia indietro è stata giustificata dalla considerazione che, con tali caratteristiche, l’affioramento “Elk” potrebbe contenere delle sorprese: alti livelli di silice nella roccia rappresentano infatti le condizioni ideali per la conservazione di materiale organico, se mai è stato qui presente.

«Non si sa mai cosa aspettarsi su Marte, ma il target “Elk” era sufficientemente interessante per decidere di tornare indietro e indagare», conferma Roger Wiens, del Los Alamos National Laboratory in New Mexico, responsabile scientifico dello strumento ChemCam. Il quale ChemCam, per inciso, sta per raggiungere la soglia dei 1.000 obbiettivi analizzati, avendo già sparato il suo laser più di 260.000 volte da quando Curiosity è atterrato su Marte il 6 agosto 2012.

Una volta tornato sui suoi passi, il rover è stato in grado di studiare in dettaglio un affioramento simile a “Elk”, chiamato “Lamoose”, utilizzando due strumenti presenti nella ricca dotazione del braccio robotico estensibile, l’analizzatore di spettro APXS (Alpha Particle X-ray Spectrometer) e la fotocamera MAHLI (Mars Hand Lens Imager).

Una zona larga 40 cm circa dell’affioramento denominato “Missoula”, che ha attirato l’attenzione del team di Curiosity, è rappresentata in questo mosaico ottenuto dal rover l’1 luglio 2015. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MSSS

La stessa macchina da ripresa che Curiosity stava utilizzando prima del repentino cambio di programma, mentre era tutto intento a passare al setaccio una zona di contatto geologico vicino a “Marias Pass”, dove una roccia sedimentaria argillosa chiara incontra un’arenaria più scura.

«Abbiamo trovato un affioramento di nome “Missoula” dove i due tipi di roccia si sono riuniti, ma era piuttosto piccolo e in prossimità del suolo. Abbiamo usato il braccio robotico per acquisire una vista ravvicinata con la fotocamera MAHLI: è come averci ficcato il naso dentro», dice Ashwin Vasavada, scienziato del Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, in California.

Stazione Spaziale, i più spettacolari transiti del periodo

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Per il mese di agosto, la ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli a orari serali, quindi senza l’obbligo della sveglia al mattino prima dell’alba. Avremo sei transiti notevoli, con magnitudini elevate, durante il corso dell’ultimo mese estivo.

Giorno Ora Inizio Direzione Ora Fine Direzione Magnitudine
01 21:56 OSO 22:07 NE -3.2
02 21:03 SO 21:14 ENE -3.3
04 20:53 OSO 21:04 NE -2.8
16 21:34 NO 21:40 E -3.2
18 21:24 ONO 21:31 SSE -3.0
19 20:31 NO 20:40 ESE -3.3
N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite a un punto centrato sulla penisola, nel Centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto di ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

Si inizierà il giorno 1 agosto, dalle 21:56 alle 22:07, osservando da OSO a NE. La ISS sarà ben visibile da ogni zona del paese. La magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.2, quindi il transito sarà individuabile senza alcun problema, meteo permettendo.

Ancora al giorno 2 agosto, sempre di sera, dalle 21:03 in direzione SO alle 21:14 in direzione ENE. Anche questo sarà un buon transito, visibile al meglio dal Centro e Sud Italia, con una magnitudine massima di -3.3. Sperando come sempre in cieli sereni.

Il transito del 4 agosto sarà di nuovo ottimale, restando visibile in tutto il territorio. La Stazione Spaziale Internazionale transiterà nei nostri cieli dalle 20:53 alle 21:04, osservando da OSO a NE. La magnitudine massima sarà di -2.8, ma la difficoltà maggiore sarà costituita dal cielo non ancora completamente scuro, quindi bisognerà aguzzare la vista.

Facciamo un salto di circa dodici giorni fino al 16 agosto, quando la Stazione Spaziale ‘taglierà in due’ quasi tutta la nostra penisola, rimanendo quindi avvistabile da tutto il paese. L’orario è dalle 21:34 alle 21:40, guardando da NO a E. La magnitudine sarà di -3.2, decisamente elevata.

Il giorno 18 agosto sarà l’occasione per le isole maggiori, che verranno attraversate in pieno dalla traccia della ISS. Dalle 21:24 in direzione ONO alle 21:31 in direzione SSE. Anche questo sarà un transito comunque osservabile da tutto il paese, con magnitudine di -3.0.

Saltiamo di circa una decina di giorni per trovare l’ultimo passaggio notevole del mese, il 19 agosto. Sarà parziale, ma nonostante questo molto luminoso, con una magnitudine di -3.3. Sarà visibile dalle 20:31 alle 20:40 da NO ad ESE. Anche in questo caso i cieli non del tutto bui potrebbero causare difficoltà nell’avvistamento.

Seguite la rubrica di Giuseppe Petricca tutti i mesi su Coelum Astronomia!

La ISS è apparsa giusto per inserirsi in una vista astronomica favolosa: la falce di Luna Crescente, il brillante Venere, e i deboli Marte e Mercurio (al centro in basso, tra il cipresso e gli alberi a destra dello stesso) e la Torre Pendente di Pisa! Non penso che serva aggiungere altro in quanto la foto parla da sola. Ho utilizzato una Canon EOS 700D con obiettivo 18-55 IS STM. La foto è del 20/04/15 alle ore 21:00 circa. Credit: Giuseppe Petricca

Associazione Astronomica Feltrina Rheticus

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31.07: “La Regina della notte”. I mutevoli aspetti della Luna.
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Le ultime da New Horizons: foschia e movimenti glaciali su Plutone

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Un addio mozzafiato quello che Plutone manda alla New Horizons. Il sottile alone in controluce dell'atmosfera del pianeta ripreso attorno alla mezzanotte (EDT) del 15 luglio quando la sonda era già a 2 milioni di distanza da Plutone. Credits: NASA/JHUAPL/SwRI

Sono già passati dieci giorni dallo storico appuntamento tra New Horizons e Plutone. Il pianeta nano è ormai poco più che un puntino distante 12 milioni di chilometri nello specchietto retrovisore della sonda americana, ma, per noi terrestri, la missione è appena incominciata. La memoria robotica della sonda custodisce ancora più del 95% dei dati raccolti durante il flyby e le nuove foto rilasciate oggi dalla NASA ci permettono solo di sognare quali altre, fantastiche scoperte si nascondano nei circuiti elettrici di New Horizons.

Atmosfera: le scoperte già presentate

Grandi sorprese sul fronte degli studi atmosferici sono arrivate ancor prima dell’incontro, con nuove misurazioni del diametro di Plutone, che risulta una trentina di chilometri superiore al previsto. Ciò significa che la troposfera, lo strato atmosferico a contatto con il suolo all’interno del quale avvengono quasi tutte le attività, dev’essere spesso al massimo un paio di chilometri. In compenso, il resto dell’atmosfera è ben più esteso del previsto: il suo confine è aumentato dai 270 km osservati tramite le occultazioni dalla Terra ai 1600 misurati da New Horizons.

Un’altra importante scoperta è stata l’individuazione, circa un’ora e mezza dopo il flyby, di una cavità nel vento solare, una regione ricca di azoto freddo e denso in fuga dall’atmosfera di Plutone e ionizzato dalla radiazione ultravioletta del Sole. Trascinate dal vento solare, le molecole di azoto formano una coda di plasma che si estende tra i 77 e i 109 mila chilometri dalla superficie di Plutone.

I due strati di foschia su Plutone.

I dati presentati oggi: due strati di foschia!

Le nuove immagini rilasciate oggi dimostrano quanto Plutone sia un mondo inaspettatamente complesso. Queste foto, scattate sette ore dopo l’incontro, mostrano una densa struttura di foschia nei cieli di Plutone fino a 130 km di quota. Un’analisi preliminare rivela la presenza di due strati distinti: uno a 80 km di quota e l’altro 30 km più in basso.

“La mia mascella è caduta al suolo quando ho visto la prima foto di un’atmosfera aliena nella fascia di Kuiper,” spiega Alan Stern, responsabile della missione. “La foschia visibile in questa foto è la chiave per comprendere la formazione dei complessi composti di idrocarburi visibili sulla superficie rossastra di Plutone,” aggiunge Michael Summers.

Si pensa che questi strati di foschia abbiano avuto origine dall’interazione tra la radiazione ultravioletta del Sole e il metano già presente nell’atmosfera di Plutone. La rottura delle molecole di metano creerebbe gli ingredienti indispensabili per formare idrocarburi più complessi, come etilene e acetilene, già rilevati da New Horizons. La foschia quindi non sarebbe altro che il risultato della condensazione di questi composti negli strati inferiori dell’atmosfera.

Secondo gli studi precedenti, la temperatura atmosferica era eccessiva per permettere la formazione di qualunque strato di foschia sopra i 30 km di quota. Con questa incredibile scoperta, è chiaro che c’è qualcosa di sbagliato nei nostri modelli.

L’atmosfera si è dimezzata in due anni

I dati sulla pressione (in microbar) dell'atmosfera di Plutone, in blu, con quella riscontrata da REX, indicata dalla freccia rossa.

In questi giorni sono arrivati anche i primi dati dall’antenna REX, che ha osservato l’occultazione radio Plutone-Terra. Anche se per ora abbiamo un solo dato, la sua importanza è enorme: infatti pare che la pressione esercitata dall’atmosfera sulla superficie si sia dimezzata nell’arco di un paio di anni, invertendo la tendenza che l’aveva vista aumentare negli scorsi decenni. La causa è probabilmente il progressivo allontanamento di Plutone dal Sole: il pianeta nano, infatti, sta viaggiando verso l’apogeo della sua orbita, e l’atmosfera sta collassando sulla superficie in forma di ghiaccio.

“Per la prima volta abbiamo veri dati sulla pressione atmosferica di Plutone,” spiega Ivan Linscott della Stanford University. “Questa misurazione cruciale potrebbe indicare che Plutone è sul punto di un tanto atteso cambiamento globale.”

La superficie di Plutone
Che Plutone fosse un mondo straordinariamente diverso rispetto a ciò che ci aspettavamo l’avevamo capito già dando una rapida occhiata alle primissime foto trasmesse da New Horizons dopo l’incontro. Per 85 anni, nella letteratura scientifica Plutone era stato quasi sempre descritto come un mondo geologicamente morto, forse attivo in un lontanissimo passato in seguito all’impatto che formò il suo satellite principale, Caronte. Ma oggi, avendo avuto dieci giorni per analizzare i primi materiali raccolti da New Horizons, siamo costretti ad ammettere che ci sbagliavamo di grosso.
Per avere un’idea della sorprendente varietà di terreni su Plutone basta confrontare le prime due foto ricevute dalle antenne del Deep Space Network. La prima ritrae i Norgay Montes, una catena montuosa che raggiunge i 3500 metri di quota. La presenza di questi rilievi – probabilmente composti quasi del tutto di acqua allo stato solido, in quanto è l’unico materiale osservato su Plutone in grado di sostenere strutture così massicce – implica che qualcosa, una qualche attività geologica o geofisica, li abbia innalzati. Il fatto poi che nell’intera immagine non sia visibile nemmeno un cratere – la “scusa” che nel sistema solare esterno gli scontri non avvengano con la stessa frequenza che in quello interno non basta per spiegare questa totale assenza di strutture da impatto – suggerisce che questa attività, qualunque sia la sua natura, debba essere avvenuta in tempi recenti, o che addirittura sia ancora all’opera.
La seconda immagine rilasciata dalla NASA, al contrario, ritrae una vasta pianura ghiacciata, battezzata Sputnik Planum, all’interno di Tombaugh Regio, l’ormai celebre struttura a forma a cuore. Anche qui, nessun cratere. Anzi: il terreno appare diviso in poligoni delimitati da piccoli solchi, interrotti qua e là da cumuli di materiale più scuro e da rilievi evidentemente formati da materiale resistente all’erosione. L’origine di questi poligoni non è ancora chiara, ma si sospetta che possano essere il risultato della contrazione della superficie oppure di meccanismi convettivi in prossimità del suolo. Ai confini della foto si estende una regione dall’aspetto bucherellato, forse a causa di intense attività di sublimazione. Ingrandendo l’immagine si notano perfino delle striature nerastre tutte orientate nella stessa direzione, un indizio di possibili venti. Insomma, tutt’altro che un sasso morto vagante per il cosmo.

La superficie di Plutone

Che Plutone fosse un mondo straordinariamente diverso rispetto a ciò che ci aspettavamo l’avevamo capito già dando una rapida occhiata alle primissime foto trasmesse da New Horizons dopo l’incontro. Per 85 anni, nella letteratura scientifica Plutone era stato quasi sempre descritto come un mondo geologicamente morto, forse attivo in un lontanissimo passato in seguito all’impatto che formò il suo satellite principale, Caronte. Ma oggi, avendo avuto dieci giorni per analizzare i primi materiali raccolti da New Horizons, siamo costretti ad ammettere che ci sbagliavamo di grosso.

Per avere un’idea della sorprendente varietà di terreni su Plutone basta confrontare le prime due foto ricevute dalle antenne del Deep Space Network. La prima ritrae i Norgay Montes, una catena montuosa che raggiunge i 3500 metri di quota. La presenza di questi rilievi – probabilmente composti quasi del tutto di acqua allo stato solido, in quanto è l’unico materiale osservato su Plutone in grado di sostenere strutture così massicce – implica che qualcosa, una qualche attività geologica o geofisica, li abbia innalzati. Il fatto poi che nell’intera immagine non sia visibile nemmeno un cratere – la “scusa” che nel sistema solare esterno gli scontri non avvengano con la stessa frequenza che in quello interno non basta per spiegare questa totale assenza di strutture da impatto – suggerisce che questa attività, qualunque sia la sua natura, debba essere avvenuta in tempi recenti, o che addirittura sia ancora all’opera.

La seconda immagine rilasciata dalla NASA, al contrario, ritrae una vasta pianura ghiacciata, battezzata Sputnik Planum, all’interno di Tombaugh Regio, l’ormai celebre struttura a forma a cuore. Anche qui, nessun cratere. Anzi: il terreno appare diviso in poligoni delimitati da piccoli solchi, interrotti qua e là da cumuli di materiale più scuro e da rilievi evidentemente formati da materiale resistente all’erosione. L’origine di questi poligoni non è ancora chiara, ma si sospetta che possano essere il risultato della contrazione della superficie oppure di meccanismi convettivi in prossimità del suolo. Ai confini della foto si estende una regione dall’aspetto bucherellato, forse a causa di intense attività di sublimazione. Ingrandendo l’immagine si notano perfino delle striature nerastre tutte orientate nella stessa direzione, un indizio di possibili venti. Insomma, tutt’altro che un sasso morto vagante per il cosmo.

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Venerdì dell’Universo 2015 – Incontri e seminari su Astronomia, Fisica e Scienze

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27.03: “LCH. Come risponderealle domande di Gaugin” di JOHN ELLIS.
Per informazioni: Tel. 0532/97.42.11
E-mail: venerdiuniverso@fe.infn.it
www.fe.infn.it
www.unife.it/dipartimento/fisica

Kepler scopre il fratello maggiore della Terra

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Terra 2.0? Secondo la NASA, Kepler-452b è il più simile alla Terra tra gli esopianeti scoperti finora.

Terra 2.0? Secondo la NASA, Kepler-452b è il più simile alla Terra tra gli esopianeti scoperti finora.

Il telescopio spaziale Kepler della NASA ha raggiunto un’importante pietra miliare nel lungo percorso verso la scoperta di un pianeta simile alla Terra, con l’individuazione di Kepler-452b, un pianeta extrasolare simile al nostro ma ancora più vecchio.

Il pianeta orbita intorno a una stella molto simile al Sole, mantenendosi per tutta la durata della sua rivoluzione, lunga 385 giorni, all’interno della zona abitabile – cioè a una distanza tale per cui l’acqua risulterebbe stabile allo stato liquido sulla sua superficie. Il pianeta è più grande della Terra di circa il 60% e dista 430 parsec nella direzione del Cigno.

Rappresentazione artistica di Kepler. Dopo i problemi ai giroscopi, il telescopio ora opera lungo l'eclittica, mentre prima era limitato a una piccola porzione di cielo tra il Cigno e la Lira.

Purtroppo, gli scienziati non sono ancora stati in grado di misurare direttamente la massa di Kepler-452b, un parametro essenziale per poter confermare che si tratti davvero di un pianeta roccioso. I modelli sviluppati al computer suggeriscono che l’esopianeta sia circa cinque volte più massiccio della Terra.

La stella Kepler-452 si è formata circa 6 miliardi di anni fa, cioè 1.5 miliardi di anni prima del nostro Sole, e, come parte del suo ciclo evolutivo, sta diventando sempre più calda e luminosa. Nel suo stadio attuale, la stella ha la stessa temperatura della nostra, è il 20% più luminosa e il 10% più grande.

L’età avanzata della stella suggerisce che il pianeta abbia avuto sufficiente tempo per sviluppare eventuali forme di vita, qualora risultasse davvero abitabile. I tentativi di ascolto promossi dall’istituto SETI non hanno trovato attività nella regione del cielo in corrisponde di Kepler-452.

Lanciato nel 2009, una quindicina di anni dopo la scoperta del primo esopianeta in orbita attorno a una stella simile al Sole, il telescopio Kepler ha rivoluzionato la ricerca di altri sistemi solari, un concetto che fino a pochi decenni prima apparteneva al regno della fantascienza. Da quando è entrato in servizio, Kepler ha scoperto più di un migliaio di pianeti, con oltre tremila candidati in attesa di conferma. Il telescopio ha finora identificato una quindicina di esopianeti situati nelle fasce abitabili dei loro sistemi stellari, cioè alla giusta distanza dalla propria stella per cui l’acqua liquida – il mezzo in cui avvengono le reazioni chimiche alla base della vita – risulta stabile.

A causa di un problema alle sue ruote di reazione, i giroscopi responsabili della stabilizzazione dell’assetto, Kepler ha dovuto interrompere la sua missione primaria, che consisteva nel monitorare un centinaio di migliaio di stelle tra le costellazioni del Cigno e della Lira. Ma il telescopio non si è dato per vinto ed è rinato sotto la missione K2, che prevede anche molte osservazioni entro il nostro stesso sistema solare – ad ottobre, ad esempio, il telescopio punterà il suo occhio robotico in direzione di Plutone. Nonostante lo scetticismo di molti, già alla fine dell’anno scorso Kepler aveva dimostrato di essere in grado di rilevare nuovi esopianeti anche con gli acciacchi che l’hanno colpito negli ultimi mesi.

Sull’argomento vita extratterestre leggi anche l’Inchiesta di Coelum: “Entro dieci anni troveremo TRACCE DI VITA ALIENA” di Filippo Bonaventura (Coelum 193, 194 le prime due puntate pubblicate).

New Horizons scopre una seconda catena montuosa su Plutone

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Un'immagine di Plutone scattata da 77 mila chilometri di distanza a una risoluzione di 1 km per pixel.
Un'immagine di Plutone scattata da 77 mila chilometri di distanza a una risoluzione di 1 km per pixel.
New Horizons ha individuato una seconda catena montuosa sulle propaggini di Tombaugh Regio, l’ormai celebre struttura a cuore sulla superficie di Plutone. Le immagini mostrano rilievi alti in media 1-1.5 chilometri situati a 110 chilometri dai Norgay Montes, la catena visibile già nelle primissime foto trasmesse dalla sonda.
A destra delle montagne è visibile un lembo di Sputnik Planum, una pianura glaciale caratterizzata dalla presenza di poligoni irregolari lunghi circa 20 chilometri delimitati da solchi poco profondi, interrotti qua e là da materiale scuro e da rilievi – chiari indizi di intense attività di sublimazione ed erosione.
Dalla parte opposta, a sinistra della catena montuosa, si trova invece una regione scura punteggiata di crateri. Mentre Sputnik Planum ha un’età geologica stimata intorno ai 100 milioni di anni, questa regione più scura risale probabilmente a miliardi di anni fa, come sembrerebbe suggerire l’elevata presenza di crateri da impatto.
L’aspetto scuro della regione a ovest dei rilievi è probabilmente dovuta alla presenza di toline, molecole di idrocarburi originate dall’interazione tra i ghiacci già presenti, tra cui il metano, con le radiazioni ultraviolette del Sole e i raggi cosmici provenienti dallo spazio profondo.
“La transizione tra le giovani pianure ghiacciate a est e il terreno scuro e costellato di crateri a ovest è molto pronunciata,” spiega Jeff Moore del team di New Horizons. “L’interazione tra i materiali scuri e quelli chiari è molto complessa e ancora oggetto di grande studio.”
Gli scienziati sospettano che le montagne avvistate finora sulla superficie di Plutone siano composte in larga parte da acqua allo stato solido. Nessun altro dei ghiacci individuati finora sul pianeta nano, infatti, sarebbe in grado di supportare strutture così massicce.
La presenza di una seconda catena montuosa, seppur meno pronunciata dei Norgay Montes (alti in media 3.5 chilometri), assieme all’aspetto completamente privo di crateri di Sputnik Planum, sembra suggerire che Plutone sia un mondo ancora molto attivo dal punto di visto geologico, o almeno che lo sia stato in tempi recenti. Il mistero è quale sia la sorgente dell’energia necessaria ad alimentare tali attività: l’unica conosciuta su Plutone è il calore generato dal decadimento radioattivo di elementi quali torio e uranio, ma secondo i nostri modelli attuali non dovrebbe essere sufficiente ad alimentare una simile “vivacità” geologica.
Secondo alcuni scienziati, la natura di questa elusiva sorgente energetica sarebbe da ricercarsi nella relazione sincrona che lega Plutone a Caronte e viceversa: anche il semplice ciclo stagionale che vede i ghiacci di metano, azoto e monossido di carbonio sublimare dalla superficie di Plutone e poi depositarsi in regioni più fredde potrebbe causare una redistribuzione asimmetrica della massa sufficiente a causare a sua volta un’alterazione nell’assetto della relazione tra Plutone e Caronte e quindi portare a uno sbilanciamento nell’equilibrio del sistema. Spingendoci ancora più in là, si potrebbe speculare che le perturbazioni che si verrebbero a creare nel sistema potrebbero addirittura sfociare in un feedback positivo che porterebbe a un ulteriore aumento nelle attività geologiche dei due corpi.

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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24.07: Osservazione della Luna in Corso Italia.
Le attività riprendono dopo la pausa estiva a partire dall’11 settembre. Per il programma completo di luglio consultare il sito.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Associazione Astronomica Mirasole

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25.07: “Il pianeta Marte: dal mito dei canali di Marte alle più recenti scoperte delle sonde, alla ricerca di acqua e vita” di Cesare Guaita.
ufficio.stampa@astromirasole.it
www.astromirasole.it

Associazione Astronomica Feltrina Rheticus

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25.07: “Plutone, finalmente! La sonda New Horizons all’ultima frontiera del Sistema solare”.
info: www.rheticus.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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24.07: Osservazione dal piazzale della funivia per i Piani d’Erna.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Cascinese Astrofili

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23.07, ore 21:30: PALASPORT 360°. In via Guelfi, 149 a Casciavola (PI). Per informazioni contattare il numero 348 3836421 (Sig. Leonardo).
ore 10:30: Lezione di astronomia al campo estivo.
ore 21:30: “Con gli occhi al cielo…” osservazione con i telescopi (solo se meteo OK).
Attività al CAMS (Centro Astronomico del Monte Serra), presso Agriturismo Serra di Sotto, Strada Prov. Monte Serra a Buti (PI). Per prenotare la cena presso l’agriturismo:
Simone oppure Giulio 392.0297877.

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Associazione Cascinese Astrofili

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21.07, ore 21:30: “Campi Stellari”. Osservazione pubblica presso la sede ACA. In caso di maltempo l’Associazione organizzerà un dibattito su temi recenti di Astronomia.

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Nuove immagini da Plutone: venti, pianure ghiacciate e code di plasma

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Le pianure gelate all'interno del Cuore di Plutone


Che la superficie di Plutone fosse straordinariamente diversa da ciò che ci si aspettava era chiaro già due giorni fa, quando sono arrivate le prime foto scattate da distanza ravvicinata da New Horizons. La prima immagine rilasciata al pubblico, in particolare, mostrava un’area larga circa 150 chilometri costellata di montagne alte fino a 3.5 chilometri e invece apparentemente del tutto priva di crateri da impatto. Quest’ultimo dettaglio suggerisce che la superficie sia geologicamente molto giovane, con la maggior parte delle strutture visibili risalenti a meno di cento milioni di anni fa.

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Tra i vari terreni ritratti da New Horizons, uno dei più affascinanti è quello montuoso. La presenza dei rilievi – che probabilmente sono composti da ghiaccio di acqua, dato che altri materiali volatili come l’azoto e il metano non riuscirebbero a sostenere strutture così massicce – indica che, almeno a livello geologico, Plutone dev’essere stato molto attivo in tempi relativamente recenti. Il mistero è quale sia la sorgente dell’energia necessaria ad alimentare tali attività: l’unica conosciuta su Plutone è il calore generato dal decadimento radioattivo di elementi quali torio e uranio, ma secondo i nostri modelli attuali non dovrebbe essere sufficiente ad alimentare una simile “vivacità” geologica.
Secondo altri, la natura di questa elusiva sorgente energetica è da ricercarsi nella relazione sincrona che lega Plutone a Caronte e viceversa: anche il semplice ciclo stagionale che vede i ghiacci di metano, azoto e monossido di carbonio sublimare dalla superficie di Plutone e poi depositarsi in regioni più fredde potrebbe causare una redistribuzione asimmetrica della massa sufficiente a causare a sua volta un’alterazione nell’assetto della relazione tra Plutone e Caronte e quindi portare a uno sbilanciamento nell’equilibrio del sistema. Spingendoci ancora più in là, si potrebbe speculare che le perturbazioni che si verrebbero a creare nel sistema potrebbero addirittura sfociare in un feedback positivo che porterebbe a un ulteriore aumento nelle attività geologiche dei due corpi.
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La superficie appare disegnata da forme poligonali irregolari delimitate da sottili canali, in alcuni dei quali si addensano dei rilievi formati da grumi di materiale probabilmente effuso dal sottosuolo. L'immagine è stata ripresa il 14 luglio dal Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) da una distanza di 77000 km.
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Ma se pensavamo di aver già scoperto abbastanza, le nuove immagini rilasciate oggi ci smentiscono – e dire la memoria robotica di New Horizons custodisce ancora il 97-98 percento dei dati raccolti. Le scoperte principali annunciate alla conferenza stampa tenutasi a Washington riguardano principalmente l’ormai celebre struttura a forma di cuore sulla superficie di Plutone, conosciuta informalmente come Tombaugh Regio, in onore dello scopritore di Plutone scomparso nel 1997 e le cui ceneri, o meglio parte di esse, stanno viaggiando su New Horizons.

Il primo risultato è che è stata individuata la concentrazione di monossido di carbonio osservata negli scorsi decenni da telescopi terrestri, e risulta situata nel ventricolo sinistro del cuore. La misurazione è stata effettuata dallo strumento Ralph il 14 luglio.

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Il secondo riguarda le pianure ghiacciate. Le immagini di Sputnik Planum, a nord dei Norgay Montes, rivelano una superficie priva di crateri divisa in poligoni irregolari lunghi circa 20 chilometri delimitati da solchi poco profondi. Alcuni di questi solchi contengono del materiale scuro, mentre altri sono interrotti da rilievi che potrebbero essere stati sollevati dal suolo da processi geologici oppure potrebbero essere formati da materiale più resistente rispetto al terreno circostante. Il resto della superficie è bucherellato qua e là da piccoli fossi, forse il risultato di processi di sublimazione.
Si pensa che questi segmenti si siano formati con la contrazione del materiale in superficie oppure come risultato di processi convettivi all’interno dello strato superficiale di ghiaccio di monossido di carbonio, metano e azoto.

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L’articolo prosegue su Pollucenotizie.com

Una misteriosa montagna su Caronte avvistata da New Horizons

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Nell'ngrandimento a destra, Caronte fotografato alle 12:30 del 14 Luglio da una distanza di 79 mila chilometri.

Nel riquadro a destra, una porzione della superficie di Caronte fotografata da una distanza di 79 mila chilometri, alle 12:30 del 14 Luglio .

Questa nuova foto della superficie di Caronte, il satellite principale di Plutone, rivela la presenza di una bizzarra depressione con un rilievo centrale, visibile in alto a sinistra nell’immagine in bianco e nero. Il resto della superficie è costellato di piccoli crateri, come ci si aspetterebbe da un mondo privo di atmosfera e geologicamente inattivo. Una conclusione, quest’ultima, che però è stata messa fortemente in discussione proprio dall’immagine a colori accanto, che mostra alcune regioni straordinariamente lisce e apparentemente prive di strutture da impatto.

L’immagine, scattata alle 12:30 del 14 Luglio – circa un’ora e mezza prima del culmine dell’incontro di New Horizons – da una distanza di 79 mila chilometri, copre una regione che misura circa 300 chilometri in larghezza.

“La struttura più affascinante è quella grande montagna seduta in un fossato,” spiega Jeff Moore della NASA. “Questa struttura lascia noi geologi senza parole.”

Nel frattempo, anche gli altri misteri di Caronte continuano a essere tali. Gli scienziati stanno ancora indagando sulla natura dell’enigmatica chiazza scura avvistata in prossimità del polo.  La possibilità che si tratti di un bacino da impatto non pare molto convincente, ma non può ancora essere esclusa. I contorni vaghi sembrano suggerire un altro scenario, e ciò che si tratti di un sottile rivestimento di materiale: qua e là, infatti, si vedono dei crateri che hanno esposto lo strato bianco sottostante.

Di che materiale si tratti ancora non lo possiamo sapere, ma secondo le prime speculazioni degli scienziati si potrebbe trattare di materiale proveniente da Plutone (azoto e metano) che si è riuscito a depositare solo nelle aree più fredde di Caronte – il polo, per l’appunto. Qui, grazie all’interazione con le radiazioni ultraviolette del Sole e i raggi cosmici, questo materiale sarebbe stato trasformato in toline, molecole di idrocarburi che, in quanto non-volatili (a differenza di azoto e metano), si sono sedimentate sulla superficie e non evaporano nemmeno ora che il polo è illuminato.

Si pensa che la colorazione scura non sia direttamente collegata alla struttura quasi rettangolare sempre in prossimità del polo.
Altre misteriose strutture sono visibili su Caronte, tra cui un abisso più vasto e più profondo del nostro Grand Canyon e una fascia orizzontale lunga mille chilometri che alterna rilievi a depressioni.

Le prime foto del flyby di New Horizons!

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La superficie di Plutone!

La sonda New Horizons ha incominciato stamattina a trasmettere le prime foto del suo storico incontro con Plutone e le sue cinque lune. Le immagini, presentate il 14 luglio sera (tra le 21 e le 22 ora italiana) dalla NASA in una speciale conferenza stampa, ritraggono Plutone, Caronte e Idra a una risoluzione senza precedenti.

L’incontro con Plutone, culminato alle 13:49:57 ora italiana di ieri – quando New Horizons è sfrecciata a 49600 km/h a 12500 km dalla superficie del pianeta nano – si è svolto nel più assoluto silenzio radio: la sonda era talmente impegnata a raccogliere dati che le è stato impossibile girarsi verso la Terra e comunicare. Il risveglio è avvenuto alle 2:52 di stamattina ora italiana, quando la sonda ha chiamato le antenne della NASA a Madrid e confermato la buona riuscita delle operazioni e il suo ottimo stato di salute. Anche se è stata scaricata solo la telemetria di base, gli ingegneri hanno potuto confermare che tutti i sottosistemi di bordo hanno operato nominalmente per tutta la durata dell’incontro. “Tutti i dati in nostro possesso indicano che la sonda è in ottima forma,” ha confermato Chris Hersman della NASA. “Gli scienziati avranno tutti i dati che speravano di avere. Il flyby di New Horizons è stato tanto incredibile e fantastico quanto quello di Urano e Nettuno di Voyager 2.”

Per oggi erano previste altre due finestre di trasmissione: la prima dalle 11:32 alle 12:59 e la seconda dalle 14:31 alle 21:25. Oltre alle immagini, sono stati scaricati anche dei campioni dai dati di REX, l’antenna che ha osservato le occultazioni radio Plutone-Terra e Caronte-Terra, e lo strumento SWAP, che misura il vento solare.

Indice dei contenuti

Plutone

Le immagini di Plutone mostrano paesaggi che hanno dell’incredibile. Nell’unica immagine pubblicata finora, che ritrae una piccola porzione all’interno del cuore (ora chiamato informalmente Tombaugh Regio in onore dello scopritore di Plutone), si vedono montagne alte fino a 3.5 km appoggiate su uno strato di acqua ghiacciata, che a temperature e pressioni così basse si comporta come una roccia. Il fatto che in questa immagine non sia presente neanche un cratere suggerisce che la superficie attuale si sia formata nell’ultimo centinaio di milioni di anni – praticamente l’altro giorno, in termini geologici.

“Quella di Plutone è una delle superfici più giovani che abbiamo mai visto nel sistema solare,” spiega Jeff Moore della NASA. Ma quale processo geologico ha portato alla formazione di montagne come quelle visibili nella foto? Dato che Plutone e Caronte sono bloccati in una rotazione sincrona reciproca, non c’è calore di marea, e quindi la risposta a questa domanda è da cercare altrove.

Una mappa delle concentrazioni di metano su Plutone.

“Plutone è coperto da ghiacci esotici: azoto, metano, monossido di carbonio, e forse altri ancora – New Horizons ce lo dirà,” ha spiegato poche ore fa Will Grundy. La parola ‘ghiacci’ in questo contesto può risultare un po’ ambigua: alle condizioni di pressione e temperatura presenti su Plutone, i ghiacci in superficie sono più simili alla roccia che alla nostra idea di ghiaccio. “Questi ghiacci formano un rivestimento spesso da qualche decina a un centinaio di metri, ma non di più: i fondali dei crateri potrebbero quindi essere composti dal ghiaccio di acqua del mantello.”
“Dallo spettro (qui sopra) capiamo che la calotta polare è formata da ghiaccio di metano diluito in uno spesso e trasparente strato di ghiaccio di azoto, risultando in un forte assorbimento della luce infrarossa,” prosegue Grundy. “Lo spettro delle zone equatoriali più chiare ci dice che il ghiaccio di metano è meno diluito nell’azoto.”

John Spencer (con il computer in mano), Alan Stern (con la bocca aperta), Randy Gladstone (a sinistra sullo sfondo) e altri scienziati vedono per la prima volta le nuove foto di New Horizons.

Le foto di Plutone, come previsto, ritraggono l’emisfero ormai celebre per la sua struttura biancastra a forma di cuore. Le immagini a colori esagerati rilasciate ieri ci hanno però permesso di scoprire che i due ventricoli che formano il cuore sono in realtà regioni molto diverse tra loro. “Le due metà sono probabilmente molto diverse in termini di composizione. L’apparente somiglianza è solo una coincidenza,” prosegue Grundy. “Crediamo che la regione del cuore sia un misto di azoto e monossido di carbonio. Il metano è quasi del tutto assente, a differenza dell’emisfero opposto, dove è più abbondante.” Il ventricolo sinistro del cuore corrisponde con ottima precisione alla regione in cui una serie di studi effettuati tramite telescopi terrestri nei decenni scorsi avevano individuato le più alte concentrazioni di monossido di carbonio sul pianeta nano.

Nelle immagini di Plutone scattate subito prima del culmine del flyby è visibile anche un’estremità della balena, il norme informale attributo dagli scienziati alla regione scura che avvolge buona parte della fascia equatoriale di Plutone, interrotta quasi solamente proprio dal cuore. Si crede che questa regione possa essere formata da toline (molecole di idrocarburi generate dall’interazione della radiazione ultravioletta del Sole e dei raggi cosmici con il metano) e ghiacci fotolizzati – le uniche sostanze rimaste dopo la sublimazione degli altri ghiacci, che si sono sollevati in aria e si sono poi depositati sulle regioni più fredde. Mentre l’estate inizia a penetrare anche nelle regioni tropicali, ci aspetteremmo di vedere una superficie variegata, formata in parte da chiazze scure, dove la sublimazione è già avvenuta, e chiazze chiare, dove invece deve ancora avvenire, e più o meno è esattamente ciò che abbiamo visto sull’emisfero opposto.

Caronte

Gli scienziati hanno avvistato altre zone misteriose anche sulla superficie di Caronte, il satellite principale di Plutone: un abisso più vasto e più profondo del nostro Grand Canyon (qui visibile come un taglio profondo 7-9 km visibile sul lato destro, in alto,) e un’area scura intorno alla regione polare. “Il polo scuro di Caronte potrebbe essere formato da materiale proveniente da Plutone o dall’interno di Caronte, o potrebbe trattarsi di un vasto bacino da impatto, o ancora potrebbe essere il risultato di un assottigliamento del rivestimento di ghiaccio,” prosegue Grundy. Il fatto che i confini di questa regione non siano molto marcati sembra dare più credito a questa terza teoria, ma è tutto ancora in discussione. “Mi aspettavo qualcosa di complicato e incredibile, ma non avevo idea che sarebbe stato così complicato e incredibile.”

Ed ecco Caronte! Montagne e profondi canyon segnano la sua superficie... La grande zona scura è stata informalmente chiamata ‪"mordor" :)‬

Ma la grande notizia è che Caronte non è un mondo antico come si pensava, anzi, è un mondo straordinariamente vario e dinamico, probabilmente ancora attivo oggi: almeno questo è ciò che le aree prive di crateri sembrano suggerirci. Il suo volto è attraversato da sinistra a destra da una striscia di rilievi e abissi lunga più di 1000 chilometri. L’esistenza di questa fascia suggerisce che la crosta sia molto fratturata a livello globale, probabilmente come conseguenza di processi interni ancora all’opera oggi.

Idra

Idra finalmente risolta!

Oggi sono arrivate anche le prime foto ravvicinate di Idra, la luna scoperta nel 2005. Le immagini hanno permesso agli scienziati di migliorare esponenzialmente le nostre conoscenze su questo minuscolo mondo, grande appena 43 per 33 chilometri. Le immagini mostrano che Idra ha una riflettività intermedia tra quella di Plutone e Caronte, forse un indizio di un’elevata presenza di ghiaccio di acqua.

Una mappa della luminosità di Idra.

E ora qualche dato puramente tecnico sulle immagini arrivate a Terra oggi, da un nostro articolo di qualche mese fa:

  • * una foto di Plutone scattata da LORRI alle 22:02 del 13 Luglio, da 778 mila km di distanza e a una risoluzione di 3.9 km per pixel;
  • * una foto di Caronte scattata da LORRI alle 04:44 del 14 Luglio, da 466 mila km di distanza e a una risoluzione di 2.3 km per pixel;
  • * una foto di Idra scattata da LORRI alle 01:16 del 14 Luglio, da 645 mila km di distanza e a una risoluzione di 3.2 km per pixel tale per cui la luna misura 10×18 pixel circa;
  • * una foto di Notte scattata da LORRI alle 01:19 del 14 Luglio, da 590 mila km di distanza e a una risoluzione di 3.0 km per pixel tale per cui la luna misura 9×19 pixel circa;
  • * tre foto di Plutone scattate da LORRI alle 12:10 del 14 Luglio, da 77 mila km di distanza e a una risoluzione di 400 metri per pixel.

Tutte le foto sono state scattate dalla fotocamera pancromatica LORRI. Per le prime immagini a colori da Ralph/MVIC dovremo attendere il 16 luglio, quando verrà scaricato un ritratto a colori di Plutone e Caronte a una risoluzione di 5 km per pixel.

Il 18 Luglio un’ imperdibile congiunzione tra Giove, Venere, Luna

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La sera del 18 luglio, a partire dalle 21:00, sull’orizzonte ovest una falce di Luna crescente raggiungerà Venere e Giove, ormai da tempo in congiunzione. L’evento sarà simile a quello dello scorso 20 giugno. E anche questa congiunzione è ovviamente da non perdere assolutamente.

Volete vedere le vostre immagini pubblicate sulla rivista e scelte per la galleria delle migliori immagini del mese? Inviatecele con tutti i dettagli di ripresa su gallery@coelum.com!

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di luglio e agosto


Associazione Cascinese Astrofili

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19.07, ore 21:30: Cascina anni ‘70. “Apollo 13, il successo di un fallimento…” di Domenico Antonacci. Giardino Piccioli, in via Mazzini a Cascina.

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

StarParty: Summer Party! Panarotta – Pergine Valsugana (TN)

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Il 18 e il 19 luglio 2015 in Panarotta – Pergine Valsugana (TN), in località Malga Montagna Granda, l’associazione astrofili di Caldonazzo Eye in the Sky con la collaborazione di Teleskop Service Italia organizzano una due giorni astronomica immersa nel verde della Panarotta.
Osservazioni solari e del deep sky immersi nell’incantevole panorama del Lagorai a 1574 metri di quota.

…tanti strumenti e tante attività! Ma soprattutto, il programma si svolgerà comunque anche in caso di brutto tempo grazie alle strutture coperte, quindi non ci sono scuse per non venire!
Ci sarà anche un contest di elaborazione fotografico, cosa inedita, con premi che non saranno i soliti gadget da 3 soldi!

L’evento vede la partecipazione di Telescope Service Italia, Artesky, Geoptik e Tecnosky con i loro stand.
Inoltre sarà presente uno stand di meteoriti in vendita, di Megameteorite.com

Ecco il programma completo:

18/07 sabato
10.00 osservazioni solari in H-alfa e luce bianca
12.30 pranzo
16.00 contest fotografico
19.00 cena
20.00 setup strumentazioni
21.30 inizio osservazioni

19/07 domenica
09.00 osservazioni solari in H-alfa e luce bianca

Per maggiori info e contatti: www.eitsa.tk

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Come raggiungere la location dello starparty?

Guardando questo video potrete arrivare esattamente al punto dove si terra’ l’evento… Il video parte dall’uscita della SS47 uscita Levico Terme (direzione Padova-Trento). Per chi arriva dall’altra direzione le indicazioni sono valide comunque l’uscita in questo caso vi porta comunque sulla stessa strada (andare in direzione Levico e passare sotto il ponte della SS47) .

Per chi vuole salire da Levico in Panarotta con i mezzi pubblici ci sono degli autobus extraurbani che fanno Levico-Compet. Ecco gli orari (Compet alla Malga Montagna Granda sono poi circa 5 km di strada).

New Horizons chiama casa: è viva!

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La standing ovation al centro di controllo di New Horizons a Laurel, nel Maryland.

Al centro operativo (MOC) si attende il primo segnale di New Horizons dopo l'incontro. Sarà la conferma che la sonda è sopravvissuta

Ieri, 14 Luglio, abbiamo avuto il privilegio di essere i testimoni diretti della stesura di una nuova pagina nella storia dell’esplorazione spaziale. Alle 13:49:57, la sonda New Horizons della NASA ha concluso una traversata del sistema solare durata nove anni e mezzo, incontrando Plutone e le sue lune a una distanza di 12500 chilometri dalla superficie del pianeta nano.

Al centro di controllo di Laurel, nel Maryland, i festeggiamenti sono già finiti da tempo, ma in realtà fino ad adesso lo stato della missione era ancora incerto: la sonda infatti è rimasta in silenzio radio programmato per tutta la durata dell’incontro. Ma alle 2:52:47 di stanotte la svolta: la sonda ha inviato un breve segnale in direzione della Terra, prontamente captato dalle antenne del Deep Space Network a Madrid, confermando di essere sopravvissuta allo storico incontro.

Un monitor mostra un'antenna del Deep Space Network a Madrid in collegamento con New Horizons: la sonda ce l'ha fatta e sta comunicando con la Terra.

E il bello è che la vera missione, almeno per noi terrestri, inizia adesso.

Nonostante la sonda abbia già trasmesso abbastanza dati da permettere agli scienziati di effettuare un’importante scoperta sull’atmosfera di Plutone, i computer di bordo custodiscono ancora più del 99 percento dei dati richiesti dalla missione, immagini ad altissima risoluzione comprese.

Il primo segnale post-incontro, che come dicevamo è arrivato intorno alle tre ora italiana, ha permesso agli ingegneri di scaricare solo la telemetria di base, per confermare che New Horizons è vegeta (oltre che viva) e approfondire in dettaglio il suo stato di salute.

Il segnale di New Horizons è arrivato alle 2:52:47 di stanotte ora italiana. E ora si può davvero festeggiare: la missione è stata un successo.

Le prime immagini dovrebbero arrivare in una finestra di trasmissione di 1.5 ore prevista per le 12:59 di oggi ora italiana, quando New Horizons trasmetterà una foto di Caronte a una risoluzione di 2.3 km/pixel, una di Plutone a 3.9 km/pixel e una di Idra a 3.2 km/pixel. Queste prime tre foto saranno tutte pancromatiche, cioè in bianco e nero. Naturalmente, la NASA si riserverà il diritto di visionare queste immagini prima di condividerle con il pubblico, quindi è impossibile dire l’orario preciso in cui usciranno.

Alan Stern, principal investigator della missione, fa irruzione nel centro di controllo per festeggiare.

Anche se i dettagli a nostra disposizione per ora sono pochi (ma continueremo ad aggiornarvi in tempo reale), i primi dati suggeriscono che l’incontro sia stato del tutto nominale. Nella lettura dei dati, tutti i sottosistemi hanno riportato valori nella norma: livelli di energia, utilizzo delle memorie (il che vuol dire che New Horizons ha ottenuto tutti i dati richiesti!), stato termico, stato del sistema di propulsione (pressioni nei serbatoi comprese), stato di trasmissione eccetera. New Horizons non ha violato alcun limite imposto dal software di bordo, che ha operato nominalmente per tutta la durata del silenzio radio.

Nella conferenza stampa post-risveglio c'è stato spazio anche per un coro in onore della visibilmente esausta Alice Bowman, a capo delle operazioni durante il flyby.

La sonda è passata circa 70 km più vicina a Plutone di quanto previsto, ma comunque ben all’interno del suo corridoio-bersaglio di 100 per 150 chilometri. Centrare un corridoio così sottile da 5 miliardi di chilometri di distanza è come provare a colpire una pallina da golf a Roma verso una buca a Dubai. Certo, con il dettaglio non insignificante che la pallina da golf chiamata New Horizons è piena di propulsori per correggerne l’assetto e la traiettoria. Ma resta pur sempre un’impresa di navigazione incredibile.

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Su Coelum, fino a questa sera, potrete seguire NASA TV e in particolare la diretta di questa sera, 15 luglio,  alle 21, con una conferenza stampa sullo stato della missione e sulle prime immagini ad alta rioluzione della superficie di Plutone e Caronte! Qui il dettaglio delle trasmissioni e il video per seguire NASA TV

Associazione Astrofili Bassano del Grappa

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17.07, ore 21:30: venerdì al telescopio “Saturno” di Adriana Parinetto e Laura Bertollo.
Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it

Associazione Cascinese Astrofili

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18.07: Scienza sotto le stelle. Giardino Piccioli, in via Mazzini, a Cascina:
ore 21:30: “Il progetto A.M.I.C.A: Asteroid Mitigation, Information and Control Activity” di Domenico Antonacci.
ore 22:00: “Evoluzione stellare: la vita delle stelle” a cura di Massimiliano Razzano.

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

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