Ha fatto rapidamente il giro del web e come al solito alcuni siti, anche importanti (per fortuna pochi), hanno cavalcato con grande entusiasmo la notizia appena diffusa ma l’hanno fatto, come solito, nel modo (o con tono) sbagliato. La notizia riportata da alcune parti (evito di fare nomi) è la seguente: è stato scoperto un nuovo pianeta nel Sistema Solare, molto distante e almeno 10 volte più massiccio della Terra, in pratica una via di mezzo tra il nostro pianeta e il gigante gassoso Nettuno. Detto in questi termini, però, l’annuncio trionfalistico è falso: non è stato scoperto nessun pianeta di questo tipo nel nostro Sistema Solare e con piacere noto che questa volta la gran parte dei mass media, soprattutto online, ha riportato la notizia in modo corretto.

La notizia in realtà è ben diversa da quanto è stato in più luoghi raccontato. Come faccio a saperlo? Sono il solito disfattista? Nient’affatto.

Quando si viene raggiunti da un annuncio scientifico, a maggior ragione se sembra incredibile, occorre sempre fare un minimo lavoro di ricerca e risalire alla fonte primaria. La cosa positiva è che tutte le scoperte scientifiche vengono pubblicate, con calcoli/osservazioni/dimostrazioni convincenti su riviste specializzate che passano al setaccio l’articolo prima che venga pubblicato per vedere se contiene errori, inesattezze o veri e propri strafalcioni. In pratica, questo evita la pubblicazione di bufale, il ché, nell’anarchia informativa di internet, è una bellissima cosa.
Nel nostro caso, la fonte primaria è un interessante articolo di Batygin e Brown, del Caltech (California Istitute of Technology) pubblicato sull’Astronomical Journal e disponibile a tutti per la letturaquesto link. Bene, ora che abbiamo a disposizione la fonte a cui si riferiscono tutte le notizie lette e sentite possiamo spendere mezz’ora del nostro tempo e leggere le 12 pagine per capire di cosa veramente si parla. Se vi fidate del sottoscritto vi faccio un piccolo e semplificato riassunto, così vi risparmio del tempo e un mal di testa assicurato nel cercare di decifrare quanto detto dai ricercatori; alla fine è proprio questo il ruolo di un divulgatore.

Bene, iniziamo dalla conclusione, poi risaliremo la china: non è stato scoperto alcun nuovo pianeta. Lo studio dei due ricercatori è meramente teorico; non è stato fisicamente osservato alcun nuovo pianeta. Sebbene quindi l’approccio sia puramente fisico-matematico, è comunque interessante e insieme possiamo cercare di capire meglio la situazione.
Negli ultimi anni si sono continuati a scoprire nuovi corpi celesti remoti. Molti di questi fanno parte della grande famiglia chiamata fascia di Kuiper (detti KBO, Kuiper Belt Objects): un serbatoio di oggetti ghiacciati, delle vere e proprie potenziali comete giganti, il cui capostipite è Plutone. Altri corpi celesti sono ancora più interessanti perché sembrano essere un collegamento tra la fascia di Kuiper e il gigantesco alone che circonda tutto il Sistema Solare, fino a oltre un anno luce di distanza, chiamato nube di Oort. Il capostipite di questi oggetti è Sedna, un corpo celeste alquanto misterioso che ha un’orbita molto allungata che lo porta fino a quasi 146 miliardi di km dal Sole.

Il numero crescente di corpi celesti, in particolare di nuovi KBO, ha permesso ai ricercatori del Caltech di cominciare a fare uno studio statistico approfondito sulle loro proprietà orbitali. In pratica hanno tracciato le orbite di tutti questi corpi celesti e hanno cercato di capire se ci fosse qualcosa che li accomunasse. Con un po’ di sorpresa hanno scoperto che i corpi della fascia di Kuiper finora conosciuti tendono ad avere un’orientazione delle orbite concentrata attorno ad alcuni valori particolari. Poiché la fascia di Kuiper si pensa essere costituita da milioni di corpi celesti che possiedono orbite differenti e che non dovrebbero avere alcun collegamento le une alle altre, il fatto che invece queste sembrano avere delle proprietà comuni ha fatto venire più di un sospetto. Inoltre, Batygin e Brown hanno scoperto (e dimostrato) che non solo questi corpi celesti hanno orbite con orientazioni simili ma non sono neanche disposti in modo uniforme nello spazio, preferendo raggrupparsi in determinate regioni.

Insomma, i KBO, come gli esseri umani, preferiscono stare in gruppi. Se per noi è una cosa normale, per degli oggetti grandi decine o centinaia di chilometri, non dotati di cervello, non è scontato, anzi. Calcoli alla mano, infatti, la probabilità che questi corpi celesti abbiano assunto in modo casuale questa disposizione orbitale è dello 0.007%. Esagerando un po’, in pratica è come mischiare un mazzo di 52 carte e sperare che casualmente queste si dispongano tutte in fila: difficile, molto difficile. Se quindi dovessimo trovare un mazzo in cui tutte le carte fossero messe in ordine crescente e divise per semi, cosa ci verrebbe da pensare? Che non c’entra il caso: qualcuno le ha ordinate di proposito.

A una conclusione del genere sono arrivati i due ricercatori del Caltech: qualcosa, molto probabilmente, ha ordinato le orbite altrimenti disordinate degli oggetti della fascia di Kuiper. Bene, chi è stato a mettere ordine in questa remota stanza del Sistema Solare e a mantenerlo per miliardi di anni?

In viola sono indicate le orbite anomale dei sei oggetti della Fascia di Kuiper analizzate nello studio, mentre in giallo è indicata quella che sarebbe l'orbita del "nono pianeta" in grado di far "tornare i conti". Crediti: Caltech/R. Hurt (IPAC)

Dopo complesse simulazioni al computer,  Batygin e Brown sono arrivati a una possibile soluzione. Se si inserisce nel Sistema Solare esterno un pianeta 10 volte più massiccio della Terra e lo si colloca nella giusta orbita, questo può svolgere la mansione che mia madre, per 19 lunghi anni, ha sperato io facessi con la mia stanza. Da qui la previsione, del tutto teorica, che nella periferia del Sistema Solare potrebbe trovarsi un altro pianeta, che è sfuggito a tutte le osservazioni fatte fino a questo momento. Tra tutti gli scenari esplorati, questo sembra essere quello che, sulla base delle attuali conoscenze delle periferie del Sistema Solare, appare più probabile.
Come potete vedere, la scoperta trionfale con cui è stato annunciato il nuovo corpo celeste si è ridimensionata, anche se lo studio effettuato è molto intrigante e non fa che confermare le sensazioni di molti planetologi. Il nuovo pianeta spiegherebbe in modo naturale il flusso di nuove comete dalla nube di Oort, il comportamento bizzarro delle orbite di Sedna e della famiglia che si porta appresso e anche la presenza di alcuni oggetti della fascia di Kuiper con orbite fortemente inclinate. Insomma, mettendo ad hoc un pianeta con queste caratteristiche per giustificare l’allineamento orbitale degli oggetti della fascia di Kuiper, molte delle anomalie presenti e passate dei corpi celesti remoti si spiegherebbero in modo relativamente semplice.

Naturalmente, tra l’ipotizzare qualcosa che riesce a spiegare delle anomalie di un gruppo di oggetti che conosciamo a malapena (e a cui mancano ancora migliaia, se non milioni, di corpi all’appello) e parlare di scoperta c’è di mezzo il metodo scientifico, ovvero l’osservazione di questo fantomatico pianeta. Sono gli stessi Batygin e Brown a concludere il loro articolo con una chiamata alle armi, come per dire: “Signori, questi sono i nostri calcoli, ora cerchiamo il pianeta e vediamo se c’è o no”.

Il pianeta ipotizzato potrebbe essere una superterra, un oggetto che si pensa sia una via di mezzo tra un corpo roccioso e un pianeta gassoso. Di superterre ne conosciamo diverse in altri sistemi stellari ma non abbiamo idea delle loro caratteristiche perché non ne abbiamo a disposizione (a questo punto FORSE) nel Sistema Solare. Un simile oggetto non dovrebbe essere difficile da rivelare con i moderni grandi telescopi date le sue, ipotetiche, generose dimensioni e un’orbita che non dovrebbe essere troppo diversa da altri, remoti KBO (e qui lancio un dubbio che tra poco proverò a spiegare: abbiamo scoperto oggetti di qualche centinaio di km di diametro con un’orbita simile, come ha fatto a sfuggire un pianeta che risulterebbe migliaia di volte più brillante?).

Il grosso problema sarà riconoscerlo tra le milioni di stelle del cielo. Come si fa infatti a distinguere una stella da un pianeta tanto lontano che risulterebbe sempre un punto indistinto? L’unico modo è osservarlo per un intervallo di tempo sufficientemente lungo e rivelare il lento moto attraverso le stelle, segno che si tratta di un corpo celeste molto più vicino che orbita attorno al Sole. Il problema è che questo pianeta, se davvero esistesse, si troverebbe così lontano dal Sole che si muoverebbe molto, molto lentamente nel cielo. La scienza moderna, purtroppo, non ama le osservazioni prolungate nel tempo e senza la minima garanzia di successo, perché di mezzo ci sono gli esseri umani e la smania di produrre risultati per ottenere (o continuare a mantenere) preziose risorse economiche. L’ipotetico pianeta potrebbe avere un’inclinazione orbitale elevata, quindi disporsi un po’ ovunque nel cielo (e il cielo è grande!), oppure, a causa della forte eccentricità orbitale, potrebbe trovarsi nel punto più lontano dal Sole, a centinaia (o migliaia) di miliardi di chilometri dal Sole e risultare molto debole. Resta ancora l’alternativa che il pianeta non è stato trovato fino a questo momento perché semplicemente non c’è.

Qualunque sia la verità, si è riaperto in modo fragoroso un interessante campo della ricerca. Con l’articolo di Batygin e Brown sono sicuro che a molti planetologi verrà la curiosità di approfondire la questione e molti enti di ricerca saranno di certo più propensi ad accettare una campagna osservativa di lunga durata, la cui posta in gioco ora sembra più concreta rispetto a qualche giorno fa.

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2 Commenti

  1. Bravo Daniele, hai chiarito le idee di quanti come me avevano appreso la notizia addirittura dal tg di una rete nazionale!
    Ovviamente la notizia è stata data nella forma trionfalistica da te stigmatizzata.
    Ancora grazie, ora, alla luce della tua esauriente e chiarissima spiegazione, la cosa può davvero essere interessante da seguire e da indagare anche da parte degli astrofili dilettanti.

  2. Grazie Daniele,
    un lavoro molto utile quello che hai fatto. Capita sempre più spesso, agli astrofili che si occupano di fare divulgazione ad un pubblico molto variegato, di imbattersi in domande di chiarimento su notizie come questa.
    Avere una risposta chiara aiuta a rispondere in modo esauriente e e corretta.
    E’ affascinante come dopo secoli si presenti ancora la curiosità e la possibilità matematica di dover cercare un ipotetico pianeta… come prima della scoperta di Cerere…. assolutamente bello!
    Grazie.