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Congresso Internazionale di fisica solare Solarnet-S3

 Congresso Internazionale di fisica solare, Solarnet-S3 che si terrà a Mestre (Venezia) dall’11 al 15 settembre prossimi

 

Solarnet-S3

Sun in Science and Society

11–15 Settembre 2023
M9 – MUSEO DEL ‘900
Mestre, Venezia

M9-Museo del ‘900 di Mestre, Venezia, ospita dall’11 al 15 settembre p.v., l’appuntamento internazionale Solarnet-S3. Obiettivo di questo attesissimo congresso: creare e rafforzare i legami tra eliofisici, scienziati, ingegneri, parti interessate ed economisti.

Solarner-S3Sun in Science and Society è l’occasione, per gli scienziati solari di tutto il Mondo, per presentare ed illustrare lo stato dell’arte della fisica solare, la connessione Sole-Terra e le capacità tecnologiche sulle quali si sta facendo ricerca. Scienziati, ingegneri, stakeholder ed economisti esamineranno le connessioni della fisica solare con l’astrofisica, la scienza e la nostra società.

Cinque giorni di incontri per approfondire tematiche di varia natura, legate al mondo della ricerca solare, che spaziano dall’attività solare ed i suoi driver o dell’impatto della fisica solare su economia e società, dati per la società civile, istruzione e sensibilizzazione o si parlerà del Sole come Stele di Rosetta per l’astrofisica e per la fisica. Di estrema importanza socio-economica internazionale gli approfondimenti più tecnici, dove si tratterà di telescopi terrestri ad alta risoluzione e tecnologia per la fisica solare. Il 12 settembre M9-Museo del ‘900 ospiterà un evento pubblico con brevi seminari e la proiezione del docufilm Reaching for the Sun di Emilio JGarcía. Per info: https://solarnet-s3.com/.

Il congresso, patrocinato dalla Regione Veneto e dalla Camera di Commercio di Venezia Rovigo, che vede come gold sponsor INAF ed EIE Group Srl e come sponsor ADS e l’European Solar Physics Division, è organizzato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dall’Università di Catania nell’ambito del progetto SOLARNET H2020. Questo progetto ha ricevuto finanziamenti dal programma di ricerca e innovazione European Union’s Horizon 2020 nell’ambito della convenzione di sovvenzione n. 824135.

Per info contattare ScienzImpresa

2023: India batte Russia 1 a 0

L’India diventa la quarta potenza a sbarcare sulla Luna con dei rover mentre la Russia fallisce il medesimo obiettivo soltanto pochi giorni prima

 

A poche ore di distanza dal clamoroso fallimento della missione Luna-25 con cui la Russia, a distanza di 47 anni puntava a tornare sul nostro satellite, scorre su tutti i media internazionali la notizia dell’allunaggio ad opera della sorprendente India.

L’India, che a passi da gigante sta recuperando il gap tecnologico con le superpotenze, mette a segno un duro colpo all’immagine sovietica con un sorpasso prestigioso messo a segno proprio nell’agosto 2023.

Ma andiamo per gradi e riepiloghiamo cosa è accaduto sia sul fronte russo che su quello indiano.

Luna-25, l’apripista di una serie di sonde russe destinate ad una nuova era di studio della Luna, viene lanciata il 10 agosto alla volta del nostro satellite. Meta di atterraggio, o meglio di allunaggio, la regione denominata Boguslawsky Crater. Rapidamente al sonda entra nell’orbita lunare, è il 16 agosto scorso. Durante il suo tragitto la sonda rimanda anche diversi scatti selfie con la Terra nello sfondo. Il team di controllo è euforico, tutto procede al meglio.

La navicella spaziale russa Luna-25 viene vista durante i preparativi pre-lancio. La sonda si è schiantata sulla Luna questo fine settimana.(Credito immagine: Roscosmos)

Di contro la sonda indiana, Chandrayaan-3, era già stata lanciata a bordo di un razzo LVM3 il 14 luglio precedente dallo spazio porto di Sriharikota, sulla costa orientale dell’India,  entrando in orbita lunare nei primi giorni del mese di agosto.

Il 18 Agosto la sonda indiana si stacca dal suo modulo di propulsione ed il 20 inizia a frenare. Nei giorni successivi, il 21 e 22 agosto la sonda entra in contatto anche con l’orbiter della sonda Chandrayaan-2, il precedente tentativo dell’India di approdare sul suolo lunare fallito nel 2019. L’orbiter per oltre 4 anni ha atteso l’arriva della seconda missione.

Contemporaneamente in Russia i colleghi sovietici sono alle prese con il controllo della sonda ma il 19 agosto alle 14:57 ora russa, il lander ha smesso di inviare segnali a Terra. I successivi tentativi di ripristinare i contatti non hanno riportato esiti positivi. Gli scienziati russi hanno comunicato la notizia attraverso Telegram annunciando che “una manovra sbagliata avrebbe indirizzato in maniera errata la sonda verso la superficie lunare causandone lo schianto”. E’ il 21 agosto quando la voce viene ufficializzata e rimbalza su tutti i canali mediatici.

Immagini della Terra (a sinistra) e della Luna (a destra) scattate dalla navicella spaziale russa Luna-25 durante il suo volo sulla Luna il 13 agosto 2023, da una distanza di circa 310.000 km dalla Terra.(Credito immagine: DUE RAS)

Gli scienziati indiani però non si sono fatti scoraggiare o influenzare e ieri, 23 agosto, appena il Sole ha illuminato il sito di atterraggio sono iniziate le manovre di atterraggio. Lo storico sbarco è stato seguito in diretta nazionale dal popolo indiano e trasmesso dall’emittente nazionale Doordarshan. Uno storico successo dovuto al totale rifacimento del sistema di atterraggio montato sul lander Vikram.

Ora che il lander è pacificamente adagiato sul suolo lunare il piccolo rover Pragyan dovrebbe iniziare a scarrozzare fra rocce e polveri alla raccolta di campioni.

E’ importante notare come i due lander, quello russo e quello indiano, fossero destinati entrambi a raggiungere due zone molto vicine del suolo lunare poste ai bordi del polo sud che rimane il target più ambito in questa nuova ora di esplorazione lunare.

Un’immagine dal vivo dalla luna scattata da Chandrayaan-3 e un grafico della sua posizione durante l’atterraggio.(Credito immagine: ISRO)

La sonda Luna-25 era destinata ad aprire una nuova era l’esplorazione lunare russa, seguendo le orme della oramai storica Luna-24 atterrata nel 1976 nel Mare Crisium ed in grado di riportare sulla Terra dei campioni di suolo lunare. Da allora l’attenzione del colosso sovietico per la Luna è rimasta sopita fino a questo nuovo slancio. Nulla di sprecato ovviamente, come per i colleghi indiani, lo studio dei dati raccolti sulle fasi di controllo della sonda e sugli errori, consentiranno di migliorare le progettazione dei modelli successivi già previsti. Tuttavia è da immaginare che tutto il programma subirà dei ritardi, così come accaduto per le sonde Chandrayaan che ha visto slittare di ben 4 anni il secondo tentativo.

Insomma nella nuova corsa alla prezioso miniera, come oggi viene considerata la Luna, per oggi segna un vincitore: l’India, ma la gara è lunga e le sorprese non mancheranno.

 

 

 

 

I favolosi anni 90 dell’Astronomia – 1995

1995, rimanere negli anni ’90!

Se anche voi come in Jumanji, state ancora cercando di uscire dagli anni ’90 ma non riuscite perché un lancio di dadi sbagliato vi riporta sempre al punto di partenza, allora questa rubrica fa per voi.

Ma poi, perché uscire dagli anni ’90? Guardate che poi negli anni 2000 vengono gli effetti di tangentopoli, i millennials e i risvoltini! Siete sicuri? No? Ok, allora muoviamoci all’interno di questi meravigliosi e sfolgoranti anni come otarie in uno schiuma party! Oggi si parla del 1995, l’anno in cui nasceva per la prima volta il linguaggio C e la playstation faceva il suo debutto in società, sfondando di prepotenza le vetrine di ogni negozio ed entrando a far parte, a sua insaputa, dell’olimpo delle console. Il 1995 fu anche l’anno in cui vene fondata ebay.

Tautologicamente parlando, oggi voi acquistate gadget anni ’90 sulla stessa piattaforma. Se ci pensate, non vi esplode il cervello? Vi sentite vecchi come Zio Tibia? No? Avete mai guardato come sono ridotti Xena e Hercules oggi? Su su, non disperate. In fondo sono solo…27 anni fa.

Il 1995 arriva così, di punto in bianco, più provvidenziale degli accordi di Shengen, più appiccicoso delle manine di gomma delle patatine e più tossico del crystalball. Nel 1995 arriva l’individuazione della causa del morbo della mucca pazza. Vi ricordate? Quel periodo in cui non si mangiava più carne di bovini, tutti parlavano di prioni anche senza capirne una cippa e la psicosi era salita a livelli tali che il mondo si divideva fra chi se ne fregava e chi tacciava di follia i carnivori. Mi sembra ricordare qualcosa…ah, sì. I giorni d’oggi  E il Covid 19. Questo morbo in realtà fu diagnosticato per la prima volta nel 1986 in Gran Bretagna, ed era particolarmente sibillino perché, appunto, mangiando carni di animali colpiti da BSE, specialmente parti in contatto con il midollo spinale, gli esseri umani potevano contrarre la malattia di Creuzfeldt-Jacob. Quindi niente più pearà veronese e ossibuchi per due anni! Come se non bastasse in Africa centrale si scatenò il virus Ebola, che prendeva il suo nome dall’affluente del fiume Congo dove si manifestò per la prima volta. Più letale dell’AIDS nel 1976, provocò un morbo caratterizzato da violente emorragie che rapidamente portavano a morte. Il 1995 fu anche l’anno delle pecore clonate. Erano due agnelli, chiamati Megan e Morag, ottenuti a partire da due embrioni il cui nucleo era stato ottenuto da cellule di altri embrioni di nove giorni e che furono poi trapiantati nell’utero di altre due pecore per portare a termine la gestazione.

E anche l’astronomia in quell’anno fissò dei paletti niente male. Venne infatti scoperto 51 Pegasi B, il primo pianeta extrasolare in assoluto, orbitante attorno ad una stella, 51 Pegasi appunto, che con una massa pari a circa la metà di quella di Giove.

Rappresentazione artistica dell’esopianeta 51 Pegasi b | ESO Italia

Venne scoperto usando le deboli oscillazioni stellare procurate dalla forza gravitazionale esercitata dal pianeta e misurando l’effetto Doppler che si ha quando la stella oscilla avanti e indietro, in direzione della Terra. Curioso che nello stesso anno uscisse waterworld, se pensate che negli anni successivi vennero scoperti pianeti interamente fatti di acqua. Ma meno tamarri. In quest’anno i due telescopi Keck delle Hawaii permisero anche di scoprire la galassia più distante allora e tuttora conosciuta, posta a circa 13.4 miliardi di anni luce di distanza da noi.

I due telescopi KECK https://keckobservatory.org/

Mentre i cinema rilasciavano una delle pietre miliari del cinema americano di fantascienza, Apollo 13, la sonda Galileo bucava l’atmosfera di Giove e la Pioneer 11 chiudeva i battenti a causa di un guasto al sistema di alimentazione. Ancora, ci fu il lancio del Rossi X-ray Timing Explorer (RXTE), un satellite della nasa usato per osservare la variazione nel tempo delle sorgenti astronomiche di raggi X come buchi neri, stelle di neutroni, pulsar a raggi X e lampi X. Nello stesso anno, per non farsi mancare nulla, il matematico inglese Andrew Wiles sblocca l’ultimo ostacolo verso la soluzione definitiva del problema posto da Pierre de Fermat nel XVII secolo che dice che l’equazione xn+yn=zn non ha soluzioni intere positive per n>2.

Alla Terra questa cosa non importava più di tanto, infatti il buco dell’ozono continuava ad espandersi ed il suo nucleo interno solido continuava a ruotare nel nucleo esterno fluido in modo debolmente più rapido del resto del pianeta. Ma questo gli scienziati lo scoprirono proprio in quell’anno, mentre i climatologi erano tutti concordi nell’attribuire il riscaldamento del clima all’inquinamento chimico dell’atmosfera determinato da alcune attività umane. L’effetto dell’inquinamento è quello di alterare le proprietà dell’atmosfera e di trattenere parte del calore reirradiato dalla superficie terrestre.

E sapete cosa? Ancora oggi siamo qui a raccontarcela che il pianeta si sta riscaldando ma nessuno muove un dito.

Ciao bamboli, ci vediamo la settimana prossima per un tuffo nel 1996!

News da Marte #20

 

Bentornati su Marte!
Questo 20esimo appuntamento della rubrica è particolarmente ricco di immagini e video prodotti su Marte da tutti e tre gli apparati robotici messi in campo dalla NASA: Curiosity, Perseverance e Ingenuity.
Iniziamo con quest’ultimo, si parte!

Tre nuovi voli per Ingenuity e un’emergenza in volo
Durante la lunga sosta iniziata il 27 aprile, data del suo 52esimo volo, l’elicottero aveva sperimentato un blackout radio totale che si era risolto solo il 28 giugno quando Perseverance ha superato alcune collinette che bloccavano le comunicazioni radio tra i due apparati.

Il via libera per un nuovo volo è arrivato finalmente il 22 luglio con uno spostamento programmato verso nord di 203 metri da percorrere in circa 135 secondi. Il piano di volo era moderatamente complesso e prevedeva per Ingenuity una variazione di quota da 5 a 2.5 metri per dei rilievi fotografici mirati, e un’ascesa finale a 10 metri per permettere alla camera di navigazione di eseguire la consueta procedura di selezione dell’area di atterraggio. Ma le cose non sono andate come previsto.

Dopo soli 74 secondi di volo e 142 metri percorsi Ingenuity ha sperimentato un’anomalia che ha fatto avviare, per la prima volta da quando l’elicottero sta lavorando su Marte, il sotto-programma LAND_NOW che ha iniziato una sequenza di atterraggio d’emergenza.

L’elicottero ha toccato il suolo come da attese e senza rischi, dimostrando la robustezza dei software di volo.
Le analisi preliminari condivise dal team che gestisce le attività dell’elicottero portano a pensare che il computer abbia rilevato una discrepanza nella sincronizzazione tra le immagini della camera di navigazione e i dati rilevati dall’unità inerziale, cioè quell’insieme di sensori che permette di calcolare la posizione e orientazione del velivolo nello spazio circostante.

Un’anomalia simile era già avvenuta nel corso del volo numero 6 del 22 maggio 2021, quando un analogo disallineamento dei fotogrammi aveva portato Ingenuity ad oscillare pericolosamente avanti e indietro a 10 metri dal suolo. Da allora i programmatori hanno aggiunto una correzione al software di volo per gestire problemi simili, ma stavolta il numero di frame “fuori controllo” ha superato la quantità gestibile dalla patch.

Ingenuity fotografato nel Sol 871 da Perseverance il giorno prima del volo 54 da soli 50 metri di distanza. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras

In seguito all’anomalia, per ragioni non chiarite del tutto, Ingenuity ha perso i frame acquisiti durante lo spostamento. Si è così reso necessario un nuovo breve volo finalizzato all’acquisizione di immagini attorno alla zona di atterraggio per determinare con sicurezza la posizione.

La nuova attività, la 54esima, ha avuto luogo il 3 agosto o Sol 872. A soli 50 metri di distanza si trovava Perseverance, così i tecnici non si sono fatti sfuggire l’occasione sia di fotografare l’elicottero che di filmarlo durante il breve volo in hovering sul posto.

Vi presento così il risultato della combinazione di quattro flussi video: due delle camere di Ingenuity e due dalle camere MastCam-Z di Perseverance. Ho incluso anche qualche sequenza prima del volo dove le pale dei rotori vengono fatte oscillare per modificare l’angolo di attacco.

 

Sicuramente degno di menzione anche un particolare dell’unica immagine a colori acquisita da Ingenuity, che nella parte superiore ha inquadrato il rover. Si notano anche le tracce lasciate sulla sabbia marziana dalle ruote.

Perseverance visto da Ingenuity durante il volo 54, Sol 872. NASA/JPL-Caltech/Piras

Una volta appurato che l’elicottero era perfettamente operativo, è stato possibile riprendere i piani di esplorazione con il volo 55 che ha avuto luogo il 12 agosto. Nel corso di esso Ingenuity ha volato verso ovest per 264 metri in 143 secondi eseguendo una serie di fotografie delle aree sorvolate. Non ci sono molti fotogrammi a disposizione ma con i 32 sinora rilasciati ho potuto comporre un altro video che, a velocità tripla di quella reale, mostra il terreno esplorato dall’elicottero.

 

Con questo più recente spostamento Ingenuity raggiunge i 12503 metri volati, con una vita operativa di quasi 98 minuti. Questo piccolo elicottero raggiungerà mai i suoi limiti? Speriamo di no!

Perseverance: dure rocce, una punta rotta ma un prelievo nel sacco
Nella precedente News abbiamo lasciato Perseverance impegnato con lo studio della roccia esposta dall’abrasione eseguita a Ypsilon Lake. Le analisi sono proseguite per 4 Sol, sino a quando il rover è stato fatto spostare di circa 80 metri verso est in direzione di un altro dei grandi massi che si trovano in questa regione. I geologi ritengono che queste pesanti rocce siano state trasportate da impetuosi flussi d’acqua che scorrevano qui miliardi di anni fa, fornendo così il potenziale per osservare materiali formatisi molto lontani dalle aree esplorabili dal rover.

Nel Sol 856 (18 luglio) Perseverance raggiunge il grosso masso Dragon’s Egg, eccolo nelle immagini seguenti fotografato prima in gran dettaglio con un mosaico della MastCam-Z e poi con un po’ di contesto sul paesaggio circostante grazie alla NavCam.

Visuale di Dragon’s Egg da parte della Left MastCam-Z, Sol 857. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
Sol 856, ripresa di Dragon’s Egg della Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras

Le attività di contatto con la roccia hanno inizio nel Sol 858, quando il rover “assaggia” la pietra con la sua fresa producendo un’abrasione superficiale. Possiamo vedere l’azione nel seguente video che coglie una sequenza di 20 minuti.

Come mostrato nel video, dopo circa 7 minuti l’operazione viene interrotta forse perché il software ha rilevato un insufficiente avanzamento nella roccia a causa della sua durezza. L’abrasione risultante, oltre a esporre gli strati superficiali della roccia, frattura la zona attorno alla fresatura portando alla luce delle aree con una colorazione molto scura. Queste risulteranno più evidenti dopo la pulizia della roccia tramite il soffiatore ad azoto.

Dragon’s Egg immediatamente dopo l’operazione di fresatura, Left NavCam nel Sol 859. NASA/JPL-Caltech/Piras
Osservazione dell’abrasione per mezzo della camera Watson, Sol 859. NASA/JPL-Caltech

Rocce del genere, con stratificazioni e rivestimenti superficiali, si formano per l’azione dell’acqua e di particelle minerali che vengono fissate. Sulla Terra sono coinvolti, talvolta, anche processi biologici attuati da batteri sebbene il loro ruolo non sia completamente chiaro.

Le osservazioni tramite la camera Watson sono ripetute anche di notte illuminando il target tramite i led che circondano l’obiettivo.

Un’altra immagine di Watson ma in luce artificiale, Sol 859. NASA/JPL-Caltech

Il Sol 863 (25 luglio) è il momento di sfoderare la punta vera e propria e tentare un prelievo che sarà eventualmente battezzato Lost Lake.
Anche questa operazione viene documentata dalle HazCam anteriori e possiamo condensare in pochi secondi i 30 minuti di lavoro sulla roccia.

Il risultato delude però le attese. Dragon’s Egg si conferma un target estremamente duro: la punta non riesce a penetrare nella roccia e uno dei suoi quattro denti addirittura si spezza (ma non temete, il rover è dotato di un ampio set di punte intercambiabili).

Zoom sulla punta danneggiata dal tentativo di prelievo. NASA/JPL-Caltech/MSSS/Piras
Su Dragon’s Egg si aggiunge l’abrasione della punta di Perseverance appena pochi cm a sinistra dell’ampia fresatura, Sol 864. NASA/JPL-Caltech/Piras

Il team che controlla il rover accetta di buon grado che Dragon’s Egg non vuole svelare troppo dei propri segreti, quindi dopo un ulteriore giorno di analisi il rover viene fatto spostare verso nord-ovest per indagare altre rocce, stavolta dei basamenti sedimentari già adocchiati da Ingenuity nel corso del volo 52, che si spera si rivelino più amichevoli.

Un po’ di contesto per comprendere gli spostamenti del rover e dell’elicottero ci viene fornito dalla mappa della missione. NASA/JPL-Caltech

Nel corso di cinque giorni, tra i Sol 866 e 871, Perseverance percorre circa 420 metri giungendo nella località Dream Lake (nei pressi della quale era probabilmente destinato ad atterrare l’elicottero nel corso dell’incompleto volo 53). E a proposito di Ingenuity: nel Sol 871, alla vigilia del volo di verifica del posizionamento raccontato nel precedente paragrafo, il rover si trova a circa 50 metri dall’elicottero. La posizione è ottima per fotografarlo e ciò viene fatto nel Sol 871 con la MastCam-Z (producendo la foto che vi ho mostrato nel paragrafo precedente) e qualche tempo dopo, Sol 879, con il piccolo telescopio della SuperCam.

Mosaico di cinque immagini della SuperCam, Sol 879. NASA/JPL-Caltech/Piras

Ma torniamo al nostro rover.
Con l’arrivo a Dream Lake Perseverance inizia a dedicare le proprie attenzioni a un’ampia lastra rocciosa che viene ripulita per mezzo del soffiatore ad azoto gDRT portando alla luce strutture molto interessanti insieme a conglomerati di minerali.

Confronto di porzioni di Dream Lake prima e dopo la pulizia superficiale. NASA/JPL-Caltech

Osservazioni più dettagliate rivelano la presenza di piccole gemme incluse nella roccia il cui colore verde fa presumere si tratti di olivina, un minerale già incontrato in precedenza da Perseverance.

Sol 879, visuale ravvicinata della camera Watson che rivela alcune probabili inclusioni di olivina. NASA/JPL-Caltech

Questa stessa roccia qualche giorno più tardi (Sol 877, 8 agosto) viene raschiata con la fresa esponendo materiali freschi che vengono in seguito analizzati dagli strumenti.

La Right NavCam osserva l’abrasione appena eseguita, Sol 877. NASA/JPL-Caltech/Piras
L’abrasione è stata ripulita con il soffiatore gDRT e viene qui fotografata in grande dettaglio dalla camera Watson, Sol 877. NASA/JPL-Caltech

Gli scienziati si mostrano soddisfatti delle analisi e interessati alla roccia Dream Lake, così nel Sol 882 (13 agosto) il rover viene comandato per tentare un prelievo.

Sol 882, al centro dell’immagine il foro appena eseguito dal trapano di Perseverance. NASA/JPL-Caltech/Piras

Il prelievo stavolta ha successo, il rover riesce a estrarre il campione di roccia da Dream Lake! Poche ore dopo il carotaggio è già stato consegnato al Sample Handling Arm per le foto di verifica.

La Left MastCam-Z conferma visivamente il successo del prelievo di roccia. NASA/JPL-Caltech/Piras
La CacheCam riprende la sommità del campione, qui contenuto nella fiala e in attesa di essere sigillato. NASA/JPL-Caltech

Al momento della chiusura dell’articolo non c’è conferma, né dalle immagini grezze né nella pagina dedicata all’elenco dei campioni raccolti, del fatto che la fiala sia stata sigillata.

Nel frattempo la movimentazione del rover non è ostacolata, tant’è che nel Sol 884 Perseverance ha iniziato uno spostamento verso sud dove studierà un nuovo affioramento roccioso. Potrebbe essere una variante di quello appena studiato o presentare un’origine geologica completamente diversa. Inoltre non sono terminate le investigazioni sui grandi massi portati qui dalla forza dell’acqua in quanto gli scienziati sono ancora desiderosi di mettere le mani sopra uno di questi campioni.

Posizioni di Perseverance e Ingenuity aggiornate al 18 agosto. NASA/JPL-Caltech

Al termine di questi piani il rover si dirigerà verso ovest nella zona di confine tra il letto dell’antico fiume e il suo bordo in un luogo chiamato “Mandu Wall”. Questo segnerà la conclusione della corrente Upper Fan Campaign (che possiamo tradurre come ‘Campagna dell’alveo superiore’) e l’inizio di una nuova campagna per investigare le formazioni rocciose ricche di carbonati lungo il bordo interno del Cratere Jezero.

Deviazioni e scalate per Curiosity
Nonostante abbia raggiunto a inizio agosto gli 11 anni di lavoro su Marte il veterano dei rover marziani non conosce riposo.
Le passate settimane l’hanno visto impegnato per ben due mesi in una scalata molto ripida, la più difficile mai affrontata, che attraverso dislivelli sino a 23° l’hanno portato a giungere sano e salvo nella località “Jau”, caratterizzata da numerosi crateri da impatto larghi sino a 25 metri.

Ma per farlo i tecnici in controllo del rover hanno dovuto lavorare duramente dopo che sette tentativi di superamento del dislivello erano falliti, bloccando anticipatamente l’esecuzione programmata degli spostamenti a causa dell’eccessivo slittamento delle ruote.

I tentativi di scalata di Curiosity a cavallo tra i Sol 3839 e 3857 (circa tra fine maggio e inizio giugno). NASA/JPL-Caltech

Si è così dovuta cercare di una via alternativa percorribile per il rover che in ogni caso, a fronte di un notevole allungamento della distanza (la deviazione è stata di circa 150 metri), non avrebbe garantito la riuscita della traversata. Questo perché nella pianificazione del percorso le immagini satellitari aiutano solo sino a un certo punto, le particolarità del terreno da attraversare possono essere valutate solo una volta che siano osservabili direttamente da Curiosity.

Non è la prima volta che gli ingegneri si sono trovati davanti sabbia, rocce e salite, ma Marte non aveva mai posto queste tre difficoltà al rover contemporaneamente.

Il lavoro congiunto dei programmatori del percorso con la loro conoscenza del rover, dei geologi per distinguere le aree sicure e quelle pericolose, persino di figure specializzate che valutano la copertura satellitare nel caso di attraversamento di canyon particolarmente ripidi, ha reso un successo i due mesi di lavoro per guidare Curiosity verso una via sicura.

L’arrivo di Curiosity a fianco a un grande cratere nella località “Jau”. NASA/JPL-Caltech/MSSS
Visione d’insieme degli ultimi spostamenti di Curiosity. Ben evidente nella parte superiore la larga deviazione oggetto di questa cronaca. NASA/JPL-Caltech

Le strane crepe nel fango viste da Curiosity
Meritano di essere riportati qui alcuni dettagli su un paper pubblicato sulla rivista Nature il 9 agosto con prime firme di Rapin, Dromart e Clark. In esso viene analizzato un curioso pattern esagonale che Curiosity ha osservato nel giugno del 2021 in una cosiddetta regione di transizione argilla-solfato che è stata denominata “Pontours”.

Ci troviamo di fronte a delle crepe preservate nell’antico fango che gli scienziati ritengono si siano formate in seguito a lunghi cicli di ambienti umidi e secchi che si sono alternati nel corso del tempo. Questo tipo di spaccature assume dapprima una forma a T i cui angoli, con successive reidratazioni, vengono smussati e addolciti sino a raggiungere la forma a Y attualmente visibile.

Mosaico di immagini della Mastcam di Curiosity, Sol 3154. NASA/JPL-Caltech/MSSS
Zoom e analisi del pattern. Rapin, W., Dromart, G., Clark, B.C. et al. Sustained wet–dry cycling on early Mars. Nature
Nel sol 1566 (31 dicembre 2016) Curiosity documenta un esempio di fratturazione del terreno che non ha subìto cicli di umidità. Gli angoli tra le spaccature sono di circa 90°. NASA/JPL-Caltech/MSSS

La possibilità che Marte, come la Terra, in passato abbia attraversato dei cicli stagionali di clima umido e secco, è elettrizzante per gli scienziati. Si ritiene infatti che questa alternanza sia utile, o forse persino indispensabile, alla creazione delle molecole biologiche complesse (si parla di polimerizzazione prebiotica) che definiamo i “mattoni della vita”, i quali avrebbero poi permesso la formazione di vita microbica.

Mentre 11 anni di osservazioni di Curiosity stanno confermando l’esistenza di un ambiente che avrebbe potenzialmente potuto sostenere la vita, questa nuova ricerca potrebbe aver individuato le prove di un ambiente che ne potesse addirittura favorire l’origine in un’epoca tra 3.6 e 3.8 miliardi di anni fa, in un’era geologica nota come transizione Noachiana-Esperiana. Per maggiori dettagli vi rimando all’articolo completo e di libero accesso disponibile a questo link https://www.nature.com/articles/s41586-023-06220-3

Anche per questo aggiornamento da Marte è tutto, alla prossima!

Introduzione alla Spettroscopia con Star Analyser

La spettroscopia astronomica ha l’obiettivo di registrare e misurare la distribuzione nel flusso luminoso delle stelle nei vari colori.

 

I colori rappresentano le lunghezze d’onda e quindi l’energia dei fotoni emessi dalla sorgente. I fotoni si possono considerare come dei messaggeri e la spettroscopia rappresenta lo strumento che permette di estrarre dalla luce le informazioni fisiche sulla sorgente, come una sorta di impronta digitale. L’articolo si prefigge di fornire al lettore gli elementi introduttivi e di base necessari per orientarsi dentro l’affascinante mondo della spettroscopia.

Requisiti

E’ inutile negarlo, chi affronta la spettroscopia deve affrontare un percorso ad ostacoli che potrà risultare più semplice per gli astrofili che avranno già maturato esperienze di astrofotografia e (meglio) di fotometria. L’approdo alla spettroscopia di solito arriva al termine di un percorso evolutivo ed apre improvvisamente scenari sconfinati che portano naturalmente a porsi domande sulla tipologia delle stelle che si sta osservando. Tutti questi stimoli hanno una valenza fortemente didattica che faranno crescere la voglia di conoscere ed approfondire i fondamenti dell’astrofisica. Certo non è mia intenzione scoraggiare i neofiti, anzi. Si possono fare esperienze di spettroscopia anche in visuale, montando un reticolo di diffrazione direttamente sull’oculare. Si potranno così distinguere le differenze spettrali tra le varie stelle. Non dimentichiamo che padre Angelo Secchi, fondatore dell’astrofisica, fece così la prima classificazione delle stelle in classi spettrali

 

Star Analyser

Il modo più semplice ed economico per iniziare a praticare la spettroscopia è quello di dotarsi di un reticolo di diffrazione Star Analyser 100, montato come un filtro sulla camera di ripresa (Fig. 1). La versione SA 200, con una maggiore dispersione, può essere montata più vicina al sensore all’interno della ruota porta-filtri.

Figura 1: Il reticolo di diffrazione Star Analyser 100 ed il suo montaggio sul naso della camera di ripresa. La tacca di riferimento aiuta ad orientare correttamente il reticolo.

 

Il reticolo produce l’immagine delle stelle (ordine 0) con il loro spettro diffratto (ordine 1). Il filtro va ruotato opportunamente, cercando di mantenere lo spettro delle stelle a destra e in orizzontale (Fig. 2)

Figura 2: Immagine della stella (a sinistra) ed il suo spettro orizzontale (a destra).

 

Le dimensioni dello spettro diffratto dipenderanno dalla focale del telescopio, dalla distanza del reticolo rispetto al sensore e dalla dimensione dei pixel di quest’ultimo. Occorrerà trovare il giusto compromesso per la propria configurazione, evitando di ottenere spettri troppo piccoli, a scapito della risoluzione, o spettri troppo dispersi, a scapito della sensibilità.

Acquisizione degli spettri

Le immagini degli spettri andranno acquisite con le stesse modalità operative utilizzate nella fotografia astronomica. Particolarmente critica è la fase di focheggiamento, da farsi su una stella luminosa di tipo A. In prima approssimazione si può mettere bene a fuoco la stella per poi cercare di migliorare il fuoco osservando le righe di assorbimento dello spettro. Spettri di stelle luminose potranno essere acquisiti con pose brevi di pochi secondi, mentre per spettri di stelle poco luminose saranno necessarie pose guidate anche di diversi minuti. Occorre porre molta attenzione al livello massimo del segnale per cercare di tenerlo al di sotto del livello di saturazione del sensore. Per i migliori risultati le immagini vanno pre-trattate con dark e flat frame e mediate per massimizzare il rapporto segnale/rumore finale.

Possiamo farci un’idea del risultato raggiungibile con l’esempio di Fig. 3 sul campo stellare intorno alla variabile DY Peg (10a mag) ripreso con Star Analyser dall’autore con una posa di 300s ed un telescopio da 20cm. Si vedono le stelle di campo con i rispettivi spettri diffratti. Notare come i due spettri evidenziati siano diversi già ad una prima visione della strisciata, proprio in ragione della diversa tipologia delle due stelle che li hanno prodotti. Si tratta infatti di una stella bianca di tipo A e di una stella rossa di tipo M.

Figura 3: (sopra) Campo stellare intorno alla variabile pulsante DY Peg.(sotto a sinistra) Spettro della stella variabile DY Peg di tipo A.
(sotto a destra) Spettro della stella di campo GSC 01712-01246 di tipo M.

 

Una sessione spettroscopica minimale consiste nell’osservazione del target di interesse assieme ad una stella di riferimento di tipo A, collocata entro pochi gradi dal target, che servirà per la calibrazione in lambda e per la correzione della risposta strumentale, concetti che approfondiremo tra poco.

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Perseidi 2023: le meteore di San Lorenzo (o di Laurentia?)

Le “Lacrime di San Lorenzo” sono uno degli eventi astronomici più attesi dell’anno, lo sciame meteorico che illumina le nostre notti estive!

Le Perseidi, una delle piogge meteoriche più spettacolari dell’anno e tra le più semplici da osservare, complice il periodo delle vacanze estive.
Scopriamo cosa sono e come osservarle al meglio!

Il radiante, il punto da cui sembrano partire tutte le scie luminose, guardando verso Nord Nord Est alle 23 circa del giorno 13 agosto. Crediti: https://theskylive.com/

Le Lacrime di San Lorenzo

Il nome popolare dello sciame deriva dalla ricorrenza del martirio di San Lorenzo, avvenuto il 10 agosto del 238, le cui lacrime sono nella tradizione riconducibili alle “stelle cadenti” che vediamo nel cielo. In Italia l’evento è conosciuto dalla popolazione anche per la celebre poesia di Pascoli, 10 agosto (E tu, Cielo, dall’alto dei mondi… d’un pianto di stelle lo innondi quest’atomo opaco del Male!).

Quest’anno scopriamo anche qualcosa in più. Storia vuole che anche per le stelle cadenti di San Lorenzo o del 10 agosto, i miti pagani di fondino con quelli cristiani ed ecco improvvisamente tornare alla ribalta il mito di Priapo, dio della fertilità, i cui molti nomi richiamano all’organo genitale maschile. Il 10 di agosto per le popolazioni pagane si chiedeva a Priapo di benedire i raccolti e il dio diffondeva il suo sperma sulle campagne.

Nella storia molte festività inizialmente pagane sono state poi sostituite da riti cristiani, ne è un esempio anche il natale, e così da Laurentia, protettrice delle prostitute e un tempo definita come la madre terra che si rendeva disponibile alla fertilità dei campi, la controparte femminile di Priapo, si RRIVA a San Lorenzo forse anche per la somiglianza dei nomi.

In realtà lo sciame di meteore è attivo per un periodo molto più ampio, tra il 17 luglio e il 24 agosto, con un importante diminuzione di visibilità dopo il picco.

La cometa Swift-Tuttle

Il picco delle lacrime di San Lorenzo, meglio note come Perseidi, non cade precisamente il 10 Agosto ma nella notte tra il 12 ed il 13. Nella sua orbita intorno al Sole il nostro pianeta interseca il passaggio della cometa Swift-Tuttle, scoperta nel 1862 dall’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli.
Le meteore che vediamo in cielo sono il residuo di comete ed asteroidi che rilasciano una scia di polvere al loro passaggio intorno alla nostra stella. Ogni anno la Terra attraversa questa scia di particelle che, a contatto con la nostra atmosfera e a causa dell’attrito, produce il fenomeno tanto ammirato nelle calde notti estive. Il colore dello sciame è determinato dalla composizione dei detriti rilasciati in combinazione con elementi presenti nella nostra atmosfera, anche se è difficile distinguerli ad occhio nudo.
Come osservarlo al meglio?

Come osservare le Perseidi

La cometa Swift-Tuttle ha un passaggio periodico ogni 135 anni: l’ultimo transito risale al 1992, momento in cui ha “rifornito” l’incrocio con la nostra orbita di nuovi detriti spaziali. Il picco di osservazione, come detto in precedenza, ricade nella notte tra il 12 e il 13 agosto, anzi a dire il vero quest’anno alle 07 del mattino del 13 ma con il Sole oramai alto. In compenso tutta la notte con il naso in su sarà favorita da una Luna quasi nuova, impercettibile, che favorirà il buio, luci artificiali consentendo!

Ricordiamo che il nome delle Perseidi deriva dal radiante, il punto da cui sembrano provenire nel cielo le meteore, che si trova nella costellazione di Perseo. Individuate dunque la traccia di stelle dell’eroe mitologico, dopo le 22 verso nord-est, e godetevi la magia ad occhio nudo: lontani dall’inquinamento quest’anno se ne vedranno almeno 100  50 ogni ora (100 ZHR).
Buon osservazione!

Scopri di più con il Cielo del Mese!

In sintesi: cosa è accaduto alla Voyager 2

Concetto artistico che mostra la navicella spaziale Voyager della NASA su uno sfondo di stelle. Credito: NASA/JPL-Caltech

 

Allarme Rientrato: la Voyager 2 è ancora con noi!

Nei giorni scorsi la Voyager 2 è tornata ad occupare le prime pagine (termine oramai arcaico ce ne rendiamo conto, ma il gergo è duro da perdere) della stampa internazionale.
Post e homepage di tutto il mondo si soffermati sulle sorti delle cara e oramai “vecchietta” sonda, partita nel lontano 20 agosto 1977 e da allora intenta ad esplorare l’ignoto fino ai confini del Sistema Solare.
Si lo sappiamo, a parlare della Voyager, di entrambi le sonde a dire il vero, si diventa inevitabilmente nostalgici ma tant’è che neanche il nostro caro @sergiastro nella sua rubrica prima dedicata agli ’80 e poi ai famosi ’90 è andato tanto indietro nel tempo da riuscire ad occuparsene.
Va bene, torniamo ai nostri giorni e in sintesi a raccontare cosa è successo.
Il 28 luglio scorso la NASA rende noto che il segnale della sonda è perso. PERSO! Insomma, la sonda che tanto ci ha fatto sognare potrebbe essere semplicemente e definitivamente spenta per sempre. Non esattamente notizia da poco, certo non cambierà le nostre vite, ma come si accennava in precedenza, c’è chi è affezionato.
Ma i tecnici sono subito abbastanza ottimisti, infondo la sonda potrebbe solo essersi girata. Ma torniamo all’inizio.

Una serie di comandi pianificati inviati alla navicella spaziale Voyager 2 della NASA il 21 luglio ha inavvertitamente fatto puntare l’antenna a 2 gradi dalla Terra. Di conseguenza, Voyager 2 era più in grado di ricevere comandi o trasmettere dati sulla Terra.

Voyager 2 si trova a più di 12,3 miliardi di miglia (19,9 miliardi di chilometri) dalla Terra e questo cambiamento ha interrotto la comunicazione tra Voyager 2 e le antenne terrestri del Deep Space Network (DSN) della NASA. Ma tutto risulta sotto controllo.

Voyager 2 infatti è programmata per ripristinare il suo orientamento più volte all’anno per mantenere la sua antenna puntata verso la Terra ed il ripristino successivo automatico è programmato per il 15 ottobre, momento che avrebbe sancito la ripresa della comunicazione.

Diciamo che la calma e la rassegnazione non caratterizzano gli scienziati in genere, figuriamoci alla NASA.

Il 1 agosto la NASA diffonde un nuovo annuncio. Utilizzando più antenne, il Deep Space Network (DSN) della NASA è stato in grado di rilevare un segnale portante dalla Voyager 2. Un segnale portante è ciò che il veicolo spaziale utilizza per inviare i dati sulla Terra. Il segnale è molto debole, ma esso conferma che il veicolo spaziale è ancora operativo e che continua sulla traiettoria prevista. L’annuncio prosegue perchè, sebbene la missione preveda che il veicolo spaziale torni a puntare la sua antenna verso la Terra a metà ottobre, il team farà un tentativo di comandare la Voyager prima, utilizzando un’antenna DSN per “gridare” il comando a Voyager di girare la sua antenna.

Tutto è bene quel che finisce bene, la Voyager 2 è ancora in contatto con noi!

Il 4 agosto arriva l’ultimo aggiornamento: la NASA ha ristabilito le comunicazioni.
La struttura Deep Space Network dell’agenzia a Canberra, in Australia, ha inviato l’equivalente di un “urlo” interstellare a più di 19,9 miliardi di chilometri alla Voyager 2, istruendo la navicella a riorientarsi e riportare la sua antenna verso la Terra. Con un tempo luce di sola andata di 18,5 ore affinché il comando raggiungesse la Voyager, i controllori della missione hanno impiegato 37 ore per attendere il segnale di ritorno e conferma dell’esito dell’operazione. Alle 00:29 EDT del 4 agosto, il veicolo spaziale ha iniziato a restituire dati scientifici e di telemetria, indicando che sta funzionando normalmente e che rimane sulla traiettoria prevista.

la Redazione di Coelum va in pausa

Avviso: la Redazione di Coelum va in pausa

 

Dal 09 al 19 agosto i servizi di segreteria e di redazione andranno in pausa per concedere a tutto lo staff qualche giorno di riposo.

Tutte le attività informative torneranno operative al 100% a partire dal giorno 20 agosto.

Sono garantiti i servizi di assistenza clienti ed abbonamenti per le comunicazioni inviate a assistenza.vendite@coelum.com. Tutte le richieste saranno evase il prima possibile.

Buone Ferie a tutti!

 

I favolosi anni 90 dell’Astronomia – 1994

Il 1994, un anno denso e scoppiettante!

Ciao! Come butta? Siete pronti per una nuova avventura negli anni ’90? Avete finito il latte con lo Sprint?

Se vi sentite un senso di rilassatezza, probabilmente è perché lo Xanax sta facendo effetto oppure perché Bill Clinton e Boris Yeltsin hanno appena firmato gli accordi del Cremlino per fermare il puntamento dei missili nucleari verso obiettivi random.

Se invece sentite una insofferenza che serpeggia sapete cos’è?

E’ che manca solo un anno al giro di boa che porterà irrimediabilmente verso lo scivolo che condurrà all’era dei MILLENNIAL! Ora vi sentite vecchi? BENE! Avete già cominciato a inveire sui giovanotti dicendo: “eh, negli anni ’90’…”. Beh, avete ragione!

Negli anni ’90 c’erano le serie belle, quelle come Friends e Cinque in famiglia! Per non parlare di E.R., che ha generato orde di adulti oggi ormai o medici o ipocondriaci. Gli anni ’90 erano il regno del “cavalca l’onda”, già iniziato negli anni ’80, dove tutto subiva un merchandising talmente aggressivo da far stampare anche i copri-gabinetti con le immagini di The Mask e i kleenex con la faccia di Mufasa del Re Leone. Lo tiravi fuori per soffiarti il naso e ti veniva da piangere: così ne consumavi di più.

Nel 1994 uscì persino un videogame picchiaduro chiamato Shaq-fu! SHAQ-FU! Il protagonista era Shaquille O’Neal! Ma vi rendete conto? Poi due disgrazie a caso: il 1994 vide la morte del cantante dei Nirvana Kurt Kobain e, per stare in tema (poi non dite che gli anni ’90 non sono attuali!), a Surat, in India, dilagò un’epidemia di peste polmonare che mietette centinaia di vittime. Però il 1994 ci ha dato anche cose buone, come gli immensi Stargate e Schindler’s List, lo Yo-Yo e le ciambelline Mister Day.

In quell’anno venne anche scoperta una biosfera batterica nelle profondità oceaniche a profondità di 500 m e oltre nell’oceano Atlantico. Il 1994 fu anche l’anno in cui vennero gettate le basi del primo computer quantistico grazie a Peter Shor, che trovò un algoritmo efficiente di fattorizzazione per descrivere la somma di stati con coefficienti complessi usata per ridurre i tempi di calcolo.

Sempre nello stesso anno venne anche pubblicata la dimostrazione dell’ultimo teorema di Fermat ad opera di Andrew Wiles.

In attesa della costruzione dell’acceleratore di particelle più potente mai realizzato, quello del CERN, vennero scoperti i quark top, le particelle elementari di cui si cercava conferma già da una ventina d’anni ed il Darmstadtio e il Roentgenio, gli elementi chimici transuranici con numeri atomici rispettivamente 110 e 111. E mentre i paleontologi e gli antropologi continuavano a dissotterrare animali estinti, balene con capacità deambulatorie e ominidi come se non ci fosse un domani (venne scoperta una nuova specie di ominide, l’Australopithecus anamnensis, grazie a Mary Leakey), veniva individuata la regione del cervello che regolava le capacità di gestire il futuro negli umani.

E nell’Universo cosa accadeva? Beh, per cominciare, il 16 luglio, 20 frammenti della cometa Shoemaker-Levy 9 si schiantarono su Giove, producendo forti emissioni di raggi X innescati dall’impatto. Altri brillamenti si verificarono anche nelle regioni aurorali del pianeta alle alte latitudini settentrionali, per ragioni che non sono ancora completamente comprese.

In this striking image we see the comet fragments of Shoemaker-Levy 9.

Mi ricordo che avevo ritagliato gli articoli di giornale che ne parlavano. Una volta c’era il vero taglia e incolla, mica oggi! Lo stesso anno ci fu anche la scoperta della galassia più vicina alla nostra, una galassia nana, la Galassia Nana Ellittica del Sagittario, posta a 50000 anni luce dal centro della nostra Galassia, nella costellazione omonima.

Per un inizio ecco ora una fine. Venne lanciato GGS-WIND con a bordo il Transient Gamma Ray Spectrometer (TGRS) e lo strumento Konus gamma-ray burst, che è ancora operativo oggi e si concluse la missione Magellano su Venere, servita per realizzare le mappe più dettagliate di questo pianeta grazie alle tecniche più avanzate di imaging radar.

Diagram of WIND spacecraft.

La Luna faceva da Star per un set fotografico operato dal satellite lunare statunitense Clementine, lanciato nel gennaio dello stesso anno. Il risultato fu un book ad altissima risoluzione di tutta la sua superficie composto da due milioni di immagini in 7 differenti lunghezze d’onda, dall’ultravioletto vicino al vicino infrarosso. Insomma, anche il 1994 fu denso di eventi astronomici, la scienza continuava a piantare pietre miliari e molte sarebbero continuate a sorgere. A dispetto di tutto. Perché, come diceva il buon vecchio Forrest Gump: “la vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai quello che ti capita!”. Ora vi lascio perché ho voglia da mettermi le cuffie e spararmi a palla Basket Case dei Green Day.

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ARCHEASTRONOMIA – 4 interventi per 4 autori

Nel numero 263 appena uscito:

📌ARCHEOLOGIA E ASTRONOMIA: Una relazione complicata di Alberto Cora

📌L’ERA DEGLI DEI: L’astronomia nell’antico Egitto di Marco Sergio Erculiani

📌L’ARCHEOASTRONOMIA IN SICILIA: Introduzione alla scienza che studia gli orientamenti di antichi monumenti di Andrea Orlando

📌L’UOMO E IL TORO di Guido Cossard


1. ARCHEOLOGIA E ASTRONOMIA: Una relazione complicata di Alberto Cora

 

E’ innegabile che tra archeologi e astronomi i rapporti non sono stati sempre semplici né indolori. Come testimonia quello che accadde un paio di secoli fa con l’Archeologia Egizia.

Infatti, nell’800 alcuni scienziati, matematici e astronomi si sentirono in dovere di formulare opinioni e teorie sulla costruzione delle piramidi nella piana di giza e in particolare sulla grande piramide. Opinioni e teorie ristrette al loro campo specifico di ricerca senza l’indispensabile supporto delle conoscenze archeologiche, contribuendo a ingenerare confusione e disinformazione.

Ne nacque una pseudoscienza denominata “piramidologia” in un momento di notevole espansione per l’archeologia egizia, poiché proprio a metà ottocento la curiosità puramente intellettuale che affascinava i cultori dell’egittologia si affermava grazie a Jean-François Champollion che aveva, da qualche decennio, decifrato i geroglifici.

Nel giro di poco tempo un astronomo, Charles Piazzi-Smyth, effettuò quella che fu una vera e propria invasione di campo [fig.1].

Charles Piazzi-Smyth non era né un ciarlatano né un visionario ma un serio stimatissimo studioso di astronomia.

Nato a Napoli dal capitano della Royal Navy William Henry Smyth e sua moglie Annarella fu tenuto a battesimo dal celebre astronomo italiano Giuseppe Piazzi, che il padre aveva conosciuto a Palermo durante il servizio nel Mediterraneo.

Era diventato Astronomo reale di Scozia e professore di astronomia alla reale Accademia di Edimburgo, quando cominciò a interessarsi delle teorie espresse dall’amico John Taylor.

John Taylor ipotizzava straordinarie conoscenze astronomiche e matematiche da parte dei costruttori della grande piramide; si diceva convinto che un monumento tanto perfetto nelle linee e nelle dimensioni (la piramide di Cheope), orientato in modo così preciso sui quattro punti cardinali, non poteva essere opera umana.

Probabilmente la sua opera sarebbe rimasta semisconosciuta, limitata ai soli ambienti colti dove si era diffusa, se non fosse stato per Charles Piazzi-Smyth che ne abbracciò le teorie, le elaborò e le sviluppò nel suo libro “Our inheritance in the Great Pyramids” [fig.2].

Nel quale sosteneva che la grande piramide non poteva essere opera degli egizi a causa de […] la loro inveterata tendenza all’idolatria, al culto degli animali, all’affermazione di sé, al vanto cainita di se stessi […] ma dei loro antagonisti.

[….] Continua a leggere in COELUM ASTRONOMIA N° 263


 

2. L’ERA DEGLI DEI: L’astronomia nell’antico Egitto di Marco Sergio Erculiani

L’antico Egitto è sempre stato ammantato di mistero ed esercita un fascino costante ma è necessario fare chiarezza fra storia e mito, anche se spesso si compenetrano l’un l’altro, e tener fede alle fonti per non scivolare nell’abisso della pseudoscienza.

Nel breve articolo a seguire troverete un elenco di curiosità astronomiche-storiche legate alla tradizione egiziana con nessuna pretesa di esaustività. Anzi lo sfida è proprio motivare ad un ricerca più approfondita che non può mancare di stupire visto i numerosissimi spunti che se ne possono già trarre pur rimanendo ad un livello di trattazione superficiale.

L’archeoastronomia è una  disciplina ben definita, come spiegano gli illustri autori degli articoli che troverete in questo numero di COELVM ASTRONOMIA. E’ bene quindi affidarsi ad esperti che possono mostrarci chiaramente la differenza fra la storia e la finzione.

La tradizione del popolo egiziano ci narra di un civiltà straordinaria che teneva in enorme considerazione lo studio degli astri tanto da creare una complessa simbologia collegata sia al culto funerario che alla religione finanche alla struttura sociale. Come spesso accadde per i popoli antichi come celti e Maya, gli astri finirono per ricoprire una posizione privilegiata  nelle singole culture in quanto avevano effetto diretto, attraverso la capacità di scandire il tempo, sulle attività pratiche, come semina e raccolto, su quelle politiche e anche religiose, come le rituali celebrazioni annuali.

Un buon esempio è rappresentato dal frutto di una recente scoperta ad opera di un gruppo di ricercatori del ministero egiziano del turismo e delle antichità di una collezione di rilievi all’interno del tempio di Esna.

Il tempio, noto anche come Tempio di Khnum, è in realtà una parte di un complesso di più templi dedicato all’antico dio egizio Khnum e alle sue consorti Menhit e Nebtu, al loro figlio Heka e alla dea Neith. Risale all’epoca tolemaica nella città egiziana di Esna, che al tempo si chiamava Latopolis [Fig.1].

La particolarità di questo tempio sono le rappresentazioni del cielo al suo interno che raffigurano i segni dello zodiaco, diversi pianeti come Giove, Saturno e Marte, e una serie di stelle e costellazioni utilizzate per misurare il tempo.

Lo strato di sporcizia e fuliggine depositato dal tempo è stato tolto come una pesante coperta di lana da sopra questi capolavori dell’arte egizia, sotto il quale essi hanno riposato per quasi 2000 anni. Secondo Christian Leitz, direttore del Dipartimento di egittologia dell’Università di Tubinga, le rappresentazioni dello zodiaco sono molto rare nei templi egizi. Lo stesso zodiaco, infatti, non è comparso in Egitto fino all’epoca tolemaica, quando furono poi utilizzati per decorare tombe private e sarcofagi. Secondo gli storici, lo zodiaco assunse un ruolo di rilievo, tanto che nei testi astrologici sono stati trovati anche oroscopi incisi su frammenti di ceramica. Nei rilievi sono visibili varie creature, tra cui un serpente con la testa di ariete, un uccello con la testa di coccodrillo, la coda di un serpente e quattro ali, e raffigurazioni di serpenti e coccodrilli [Fig.2] [Fig.3].

[….] Continua a leggere in COELUM ASTRONOMIA N° 263


 

3. L’ARCHEOASTRONOMIA IN SICILIA: Introduzione alla scienza che studia gli orientamenti di antichi monumenti di Andrea Orlando

L’archeoastronomia è la disciplina che studia il rapporto tra uomo, architetture e cielo nell’antichità. Per meglio comprendere le conoscenze ed il pensiero dei nostri antenati vengono studiati gli orientamenti (astronomici e topografici) di antichi edifici (tombe, templi, piramidi, chiese, ecc.).

Oggi abbiamo ormai perso contatto con il cielo, l’inquinamento luminoso e la tecnologia hanno purtroppo spezzato quel forte legame con i cicli celesti che per millenni ha sostenuto diverse attività umane. Ma c’è stato un periodo nella storia dell’uomo in cui l’architettura si ‘ancora astronomicamente’, ovvero il momento in cui le conoscenze astronomiche vengono incorporate negli edifici. Oggi sappiamo che ciò accadde ancor prima della cosiddetta ‘rivoluzione neolitica’, avvenuta circa 7000 anni fa, evento che segnò l’introduzione dell’agricoltura e della pastorizia.

L’archeoastronomia esplora quindi la connessione tra astronomia e vita quotidiana, che era certamente legata agli aspetti pratici, come per esempio la gestione del calendario agricolo, ma anche ad un meccanismo fondamentale delle dinamiche sociali, ovvero la gestione del potere.

In ambiente internazionale ormai da alcuni anni si utilizza anche la parola skyscape, termine che fornisce un taglio netto con l’uso anacronistico della parola “astronomia”  per descrivere forme non-moderne di “osservazione del Cielo”. Il cielo è stato spesso trascurato nel mondo archeologico ma l’etnografia e l’archeoastronomia ci raccontano della sua importanza in tutte le culture.

Tra i padri fondatori della disciplina ricordiamo Sir Norman Lockyer (1836-1920), grande astronomo britannico, fondatore ed editore per oltre 50 anni della ben nota rivista Nature, egli studiò gli orientamenti di numerosi templi antichi, sia in Inghilterra che in Egitto.

Ci sono moltissimi monumenti orientati conosciuti ormai in tutto il mondo, architetture che sono state studiate in maniera molto approfondita negli ultimi 100 anni. Molti di questi monumenti fanno parte del patrimonio dell’Umanità (UNESCO). Tra essi ricordiamo alcuni famosi monumenti preistorici in Europa, ovvero: Newgrange, Stonehenge ed il dolmen de Menga.

Il tumulo di Newgrange in Irlanda [fig.1], costruito intorno al 3.200 a.C., si trova nella Valle del Boyne, a circa 50 km a nord-ovest di Dublino. Questa grande tomba a corridoio è formata da un alto muro perimetrale di pietre in quarzo bianco e scuro. La struttura, con le sue pietre perfettamente incastrate e la copertura di numerosi metri di terra di riporto, presenta al suo interno una camera centrale cruciforme. Al di sopra dello stretto passaggio d’ingresso si trova un’apposita apertura, una piccola finestra che permette ad un raggio di Sole, all’alba del giorno del solstizio d’inverno (tra il 21 ed il 22 dicembre), di illuminare la camera sepolcrale per circa 15 minuti [fig.2]. Per questo breve intervallo di tempo, oggi come 5000 anni fa, la luce illumina l’oscurità, il mondo dei morti viene in contatto con il mondo dei vivi.

In Inghilterra Stonehenge, senza dubbio il più famoso fra tutti i siti megalitici europei (e non solo), è situato in posizione isolata nella piana gessosa e ondulata di Salisbury, nella contea del Wiltshire. Questo straordinario monumento, costruito a più riprese nell’arco di circa 1000 anni (tra il 3000 ed il 2000 a.C. circa), è formato da un fossato con terrapieno che racchiude l’iconico edificio costruito con enormi pietre. Un insieme di grandi rocce chiamate sarsen vanno a formare il grande cerchio esterno, mentre delle pietre più piccole, le bluestones, formano un altro cerchio più interno.

[….] Continua a leggere in COELUM ASTRONOMIA N° 263


 

4. L’UOMO E IL TORO di Guido Cossard

Una quarantina di anni fa, quella dell’archeoastronomo era un’attività molto difficile. Considerati ai margini della scienza, guardati con diffidenza anche da una certa parte del mondo scientifico, spesso confusi con astrologi, sciamani e cartomanti, ci si concentrava su orientamenti astronomici dimostrabili e evidenti al fine di ribadire la fondatezza delle nostre tesi. In quel momento era soprattutto necessario cercare una serie di prove sul campo che dimostrassero l’affidabilità e la rigorosità delle ricerche archeoastronomiche e di conseguenza ci si concentrava sulle misure e sul calcolo.

Oggi per fortuna il problema è superato e non è più messo in discussione il fatto che nell’antichità l’uomo osservasse le stelle e che l’astronomia fosse al centro della sua vita culturale. Ecco allora che l’archeoastronomia è in grado di fare un grande balzo in avanti; in questo momento non basta più cercare orientamenti, tracciare righe sulle carte, misurare altezze e calcolare declinazioni astronomiche: oggi, dando per scontata tutta questa parte, è necessario inserire l’aspetto astronomico nel contesto culturale di riferimento, interpretare non più soltanto le direzioni sul terreno, ma capire perché venivano fatte certe scelte e quali erano le connessioni con la vita sociale, culturale, religiosa e artistica del momento.

In altre parole, è il momento di passare dall’archeoastronomia tradizionale all’astronomia culturale.

Si possono percorrere diverse strade per farlo ma, anche in questo caso, è necessario iniziare a tracciare la via.

Tra le mille possibilità esistenti ne ho scelta una trovo decisamente significativa: quella del rapporto tra l’uomo e il toro, particolarmente indicata per cogliere gli aspetti astronomici della costellazione omonima, con quelli legati al mito, alle tradizioni e al culto. Nel toro, mito, religione e astronomia si fondono in modo così spontaneo che è impossibile capire dove termini uno e dove inizi l’altra.

Il toro non è un animale qualsiasi. A partire dalle ispirate e delicate sue più antiche rappresentazioni, risalenti ad almeno 20.000 anni fa, e tracciate da artisti anonimi sul soffitto della caverna spagnola di Altamira, il toro è sempre stato considerato con particolare riguardo dall’uomo.

Al toro è legata una simbologia profonda e diversificata, espressione di forza, possanza, energia selvaggia e incontrollata, capacità riproduttiva, fertilità come concetto ancora più generale.

In numerose tradizioni, le ampie corna del toro sono assimilate al crescente lunare e di conseguenza l’animale è associato all’astro, come mostrano esplicitamente alcune monete celtiberiche rinvenute a Monte Bego [fig.1].

Secondo alcune religioni l’animale stesso veniva considerato una divinità; in altri casi si riteneva che ne fosse il servitore; nel caso dell’orientale toro Nandi, esso era la cavalcatura di Shiva.

Tra il toro e l’uomo si è sempre stabilito un profondo e complesso rapporto di amicizia, di lotta, di misura reciproca, di confronto e di paura. Solo nei confronti di questo animale si è venuta a determinare una relazione così profonda e universale, tanto che la prima costellazione celeste di cui si hanno riferimenti sicuri e lontanissimi nel tempo è forse quella del Toro.

Alla base della relazione ci deve essere un motivo che, guarda caso, è di natura essenzialmente astronomica.

Fenomeno che non avviene assolutamente in riferimento ad altri animali, inoltre, sono state introdotte delle parole specifiche per indicare precisi processi che riguardano il toro.

Il termine taurocatapsia, letteralmente, significa il salto del toro. Il rito è di origine minoica: la più bella rappresentazione artistica di un atleta che sfida il toro, saltandolo, è un affresco ritrovato nel palazzo di Cnosso, che potrebbe risalire addirittura al 1700 avanti Cristo [fig.2].

[….] Continua a leggere in COELUM ASTRONOMIA N° 263


Ben 20 pagine di Archeastronomia su COELUM ASTRONOMIA N°263 IV BIMESTRE.

Il Cielo di Agosto 2023

IL CIELO DI AGOSTO 2023

SUPERLUNA 2 Agosto ORE 21:43

Massimo delle Perseidi 13 agosto ore 07:15

LUNA BLU 31 Agosto

COSTELLAZIONI DI AGOSTO 2023

Per larga parte il cielo è attraversato da striature e macchie chiare; la Via Lattea prende d’agosto una consistenza densa e si direbbe che trabocchi dal suo alveo; il chiaro e lo scuro sono così mescolati da impedire l’effetto prospettico d’un abisso nero sulla cui vuota lontananza campeggiano, ben in rilievo, le stelle; tutto resta sullo stesso piano: scintillio e nube argentea e tenebre.

I.Calvino  – Palomar

@teresamolinaro ci racconta il cielo estivo entrando nel dettaglio delle costellazioni visibili in questo mese, con uno sguardo agli oggetti più interessanti per l’astrofotografia.

In agosto seguiamo: Scorpione, l’Aquila, il Sagittario, il Cigno tutto su Le Costellazioni del mese di Agosto

I principali eventi di Agosto 2023

Agosto tabella eventi
Data Orario Oggetto/i Evento
01/08/2023 19:31:27 Luna Piena
02/08/2023 06:51:45 Luna Perigeo
03/08/2023 11:25:01 Luna-Saturno Congiunzione
07/08/2023 03:46:16 Luna Nodo Ascendete
08/08/2023 01:18:26 Venere Afelio
08/08/2023 10:42:52 Luna-Giove Congiunzione
08/08/2023 11:28:18 Luna Ultimo Quarto
09/08/2023 02:03:07 Luna-Urano Congiunzione
09/08/2023 13:53:57 Luna-Pleiadi Congiunzione
10/08/2023 02:42:17 Mercurio Massimo Elongazione Est
10/08/2023 19:25:32 Mercurio Afelio
13/08/2023 06:15:49 Perseidi Massimo
13/08/2023 12:10:11 Venere Congiunzione Inferiore
13/08/2023 23:15:26 Luna-Polluce Congiunzione
15/08/2023 00:56:10 Luna-Presepe Congiunzione
16/08/2023 10:38:03 Luna Nuova
16/08/2023 12:54:50 Luna Apogeo
16/08/2023 21:37:21 Luna-Regolo Congiunzione
19/08/2023 00:06:34 Luna-Marte Congiunzione
21/08/2023 11:06:42 Luna-Spica Congiunzione
21/08/2023 17:22:32 Luna Nodo Discendete
23/08/2023 20:49:50 Mercurio Stasionario Moto Retrogrado
24/08/2023 10:57:12 Luna Primo Quarto
25/08/2023 03:05:55 Luna-Antares Congiunzione
27/08/2023 08:52:04 Saturno Opposizione
30/08/2023 16:51:02 Luna Perigeo
30/08/2023 19:07:44 Luna-Saturno Congiunzione
31/08/2023 02:35:26 Luna Piena

Tutte le effemeridi del mese di Agosto 2023 sono disponibili in file csv

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LUNA

Ben due pleniluni per agosto e la Luna più grande di tutto il 2023

Per il mese di Agosto la Luna ci riserva momenti di intenso spettacolo. Già il giorno 2 del mese la concomitanza fra due fattori, una Luna quasi al perigeo (molto vicina alla Terra) e la fase piena, darà origine alla seconda occasione per quest’anno (la prima è stata in Luglio) per ammirare la SuperLuna, la più grande di tutto il 2023 con ben 2019.8 secondi d’arco di grandezza apparente.

Tutto nella rubrica Luna di Agosto 2023

COMETE

IL GRANDE BOTTO DELLA 12P/PONS-BROOKS

Per approfondire: le comete di Agosto 2023 a cura di @claudiopra

ASTEROIDI

Per Agosto ci aspettano in opposizione (914) Palisana(10) Hygiea , (13) Egeria e (433) Eros
Trovi tutto qui: Mondi in miniatura – Asteroidi, Agosto 2023 a cura di @mioxzy

TRANSITI NOTEVOLI ISS

La ISS – Stazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.

La ISS Stazione Spaziale Internazionale per il mese di Agosto si farà attendere e non poco! Primo avvistamento utile solo giovedì 24 (oddio ma l’estate è già finita??)

Non perdere la rubrica Transiti notevoli ISS per il mese di Agosto 2023 a cura di @stormchaser

SUPERNOVAE – AGGIORNAMENTI

Leggi tutti gli aggiornamenti sulle ultime Supernovae scoperte nell’articolo a cura di @fabio-briganti e Riccardo Mancini

Cieli sereni a tutti!


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Rilasciate le prime immagini di EUCLID, e sono solo delle prove!

Immagine del test di messa in servizio iniziale – strumento NISP Crediti ESA

Rilasciate le prime immagini catturate dai due strumenti montati su Euclid: tutto fa ben sperare!

Euclid non sarà completamente operativo prima di un paio di mesi ma il team non ha resistito e ha raccolto subito i primi scatti “tanto per farsi un’idea”.

E neanche a dirlo: lasciano senza fiato!

“Dopo più di 11 anni di progettazione e sviluppo di Euclid, è ricevere queste prime immagini”, afferma Giuseppe Racca, project manager di Euclid. “È ancora più incredibile se pensiamo che solo l’inizio. L’Euclide completamente calibrato alla fine osserverà miliardi di galassie per creare la più grande mappa 3D mai vista del cielo”.

Ma passiamo subito al sodo.

Euclid monta due strumenti: VISible di Euclid (VIS) e NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer).

L’Universo in radiazione visibile

Ed ecco i primi scatti nel visibile

Immagine del test di messa in servizio iniziale: campo visivo completo dello strumento VIS e zoom avanti per i dettagli. Crediti ESA

Lo strumento VISible di Euclid (VIS) scatterà immagini super nitide di miliardi di galassie per misurarne le forme. Guardando da vicino questa prima immagine, si intravede già la generosità che offrirà il VIS; mentre alcune galassie sono molto facili da individuare, molte altre sono macchie sfocate nascoste tra le stelle, in attesa di essere svelate da Euclide in futuro. Sebbene l’immagine sia ricca di dettagli, l’area di cielo che copre è in realtà solo circa un quarto della larghezza e dell’altezza della Luna piena.

L’immagine è ancora più speciale se si considera che il team di Euclid si è spaventato quando ha acceso lo strumento per la prima volta: ha rilevato uno schema inaspettato di luce che contaminava le immagini. Indagini successive hanno indicato che un po’ di luce solare si stava insinuando nella cella, probabilmente attraverso una piccola fessura; problema che per fortuna si è risolto ruotando Euclid, che in alcune determinate posizioni sarà al riparo dall’infiltrazione di raggi solari.

L’Universo in infrarosso

Immagine del test di messa in servizio iniziale – strumento NISP Crediti ESA

 

Lo strumento NISP (Near-Infrared Spectrometer and Photometer) di Euclid ha un duplice ruolo: visualizzare le galassie nella luce infrarossa e misurare la quantità di luce che le galassie emettono a varie lunghezze d’onda. Questo secondo strumento consentirà di calcolare quanto è lontana ogni galassia.

Combinando le informazioni sulla distanza con quelle sulle forme delle galassie misurate dal VIS, saremo in grado di mappare come le galassie sono distribuite nell’Universo e come questa distribuzione cambia nel tempo. In definitiva, questa mappa 3D disegnerà anche la distribuzione di materia oscura ed energia oscura.

Nell’immagine sottostante, prima di raggiungere il rivelatore NISP la luce proveniente dal telescopio di Euclid è passata attraverso un filtro che misura la luminosità ad una specifica lunghezza d’onda dell’infrarosso.

 

Fonte: ESA/Webb

Coelum Astronomia 263 IV 2023 Digitale

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SUPERNOVAE: aggiornamenti Agosto 2023

RUBRICA SUPERNOVAE COELUM   N. 112

ARRIVA UN’ALTRA SUPERNOVA SN2023fyq  IN NGC4388

Mentre la famosa supernova SN2023ixf in M101 continua a dare spettacolo con una luminosità ancora notevole intorno alla mag.+12,5 sembrerebbe ormai assodato il tipo di questa supernova e cioè una tipo IIL. Abbiamo chiesto ulteriori informazioni agli astronomi dell’osservatorio di Asiago, che hanno confermato questa classificazione, ma con una particolare anomalia: la curva di luce mostra un lento declino, più marcato nelle bande blu, non è perciò piatta come una classica IIP, ma rimane comunque molto più lenta di una tipica IIL, quindi potremmo essere di fronte ad un oggetto di transizione tra le due classi.

Dovrebbe rimanere fra le mag.+12 e mag.+13 ancora per un mese, poi quando finirà la ricombinazione dell’Idrogeno e si assesterà sulla coda radioattiva, a quel punto la luminosità inizierà a calare molto più rapidamente. Intanto lo scopritore di questa importante supernova, il famoso astrofilo giapponese Koichi Itagaki, non è rimasto fermo a cullarsi sugli allori di questa importante scoperta ed ha continuato la sua frenetica ricerca, che lo ha portato nella notte del 23 luglio ad individuare una luminosa nuova stella di mag.+13,6 nella galassia a spirale NGC4388 posta nella costellazione della Vergine a circa 60 milioni di anni luce di distanza.

1) Immagine della SN2023fyq in NGC4388 ottenuta dall’astrofilo giapponese Koichi Itagaki il 24 luglio con la supernova salita alla mag.+13,3.

 

NGC4388 è situata in un ricco gruppo di galassie, dove troneggiano le due galassie lenticolari M84 e M86 insieme a molte altre galassie a spirale fra cui spiccano NGC4438, NGC4435 e NGC4402. Già con un’analisi preliminare è saltato subito all’occhio che la posizione di questo nuovo oggetto luminoso coincideva perfettamente con quella del transiente AT2023fyq, scoperto il 17 aprile alla mag.+19,51 dal programma professionale americano denominato Zwicky Transient Facility (ZTF). Questo debole transiente aveva oscillato come luminosità tra le mag.+19 e mag.+19,5 fino agli inizi di giugno, per salire poi verso la mag.+18 agli inizi di luglio. In base alla curva di luce era stato perciò classificato come una semplice stella variabile. Di solito le supernovae, sia di tipo I che di tipo II, al momento dell’arrivo della prima luce sul ns. pianeta, impiegano circa due o al massimo tre settimane per raggiungere il massimo di luminosità. Com’era possibile che questo oggetto avesse impiegato oltre tre mesi (dal 17 aprile) per raggiungere un ipotetico massimo di luminosità? Forse quella debole stella variabile non era lo stesso oggetto individuato da Itagaki?

2) Bella immagine a colori della SN2023fyq in NGC4388 ottenuta dall’astrofilo brasiliano Fabio Feijo in remoto dall’Osservatorio di Siding Spring in Australia con un telescopio 279mm F.2,2 somma di 6 immagini da 120 secondi.

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La Luna di Agosto 2023

Il licantropo, (dal greco λúkος, lýkos «lupo» e ἄνθρωπος ánthropos «umano» quindi letteralmente: «lupo-umano») detto anche lupo mannaro o uomo lupo, è una creatura leggendaria della mitologia e del folclore poi divenuta tipica della letteratura e del cinema dell’orrore.

Secondo la leggenda sarebbe un essere umano condannato da una maledizione (o già dalla nascita) a trasformarsi in una bestia feroce a ogni plenilunio, sebbene ci siano casi in cui la trasformazione è volontaria. (fonte Wikipedia)

Eppur non sono uguali. Vedi: orroreaprimavista.it

Ben due pleniluni per agosto e la Luna più grande di tutto il 2023

Per il mese di Agosto la Luna ci riserva momenti di intenso spettacolo. Già il giorno 2 del mese la concomitanza fra due fattori, una Luna quasi al perigeo (molto vicina alla Terra) e la fase piena, darà origine alla seconda occasione per quest’anno (la prima è stata in Luglio) per ammirare la SuperLuna, la più grande di tutto il 2023 con ben 2019.8 secondi d’arco di grandezza apparente. Come per l’evento di luglio, bel tempo permettendo, sarà il momento per dare vita a scatti romantici caratterizzati da una Luna particolarmente rossa. Meglio pianificarli con anticipo! La Luna sorgerà alle 21:27 per un osservatore sito in Roma. Sullo sfondo a fare da cornice le costellazioni del Capricorno a destra e l’Aquario a sinistra. Nella foto panoramica potrebbe trovare spazio anche Saturno che sorge più o meno alla stessa ora e posto a circa 10° di distanza verso Est dal nostro satellite.

La Luna il 2 agosto alle ore 22:00 https://theskylive.com/

La vicinanza non troppo stretta fra Luna e Saturno si ripete la sera successiva il 3, questa volta con il pianeta collocato sopra al satellite spostato verso sud. La distanza si riduce leggermente arrivando sino a poco più di 7 gradi.

La mattina del 4 agosto, una luna non più piena ma con fase al 93% sorge poco dopo le 22:30 nella costellazione dei Pesci accompagnata da Nettuno, piccolo puntino luminoso in alto in direzione Est rispetto al satellite, distanza 4° e 30’ circa. La situazione migliora leggermente nella tarda notte, dopo le 03:00 del mattino successivo quando gli astri si avvicineranno fino a 3° e 30’ di distanza.

Nella notte, a cavallo fra il giorno 7 e 8 agosto altro incontro della Luna questa volta con il gigante Giove. La Luna, oramai al 55,7% di fase si alzerà dall’orizzonte intorno alla 23:30 ma dovremo aspettare ancora qualche minuto per vedere sorgere anche Giove. Trascorsi i 30 minuti dopo la mezzanotte i due astri saranno entrambi ben visibili in cielo e partiranno da una distanza di circa 4° e 28’ per poi via via avvicinarsi sempre più sino a meno di 3° di separazione intorno alle 3 del mattino. Massimo avvicinamento poco dopo le 8 del mattino ma a quell’ora il Sole sarà già alto.

La sera dell’8, o sarebbe meglio dire la notte dell’8 oramai superata la mezzanotte, la Luna e Giove si saranno oramai allontanati ma la visione potrebbe essere ugualmente avvincente soprattutto sotto un cielo con un buon seeing. In pochi gradi quadrati e piuttosto allineati troveremo in ordine da est verso sud: le Pleidi, La Luna sfiorata in basso da Urano, e Giove.

Nelle notti dal 10 agosto “San Lorenzo”, notte delle stelle cadenti, fino al 13 agosto, quando si prevede il massimo dello sciame, la Luna sarà dalla nostra parte sorgendo sempre più tardi, ben oltre la mezzanotte e riducendo via via sempre più la porzione visibile illuminata dal Sole. Il giorno 13 la Luna avrà fase di solo il 10%, praticamente una piccolissima falce.

Nel mese di Agosto le giornate si saranno già un po’ accorciate e il 18 si potrebbe azzardare l’osservazione di una minuscola falce di Luna (2,2%) ad ovest di Marte con subito sotto Mercurio. Il Sole sarà tramontato da poco, insomma dovremmo trovarci in una condizione di cielo davvero molto limpido e un orizzonte ad ovest totalmente scoperto.

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–  Ogni fenomeno lunare e rispettivi orari sono rapportati alla Città di Roma, dati rilevati dai siti https://theskylive.com/http://www.marcomenichelli.it/luna.asp


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I favolosi anni 90 dell’Astronomia – 1993

1993, l’anno della cometa

“In piedi, campeggiatori, camperisti e campanari! Mettetevi gli scarponi! Oggi fa freddo! Qui fa freddo ogni giorno!” Negli anni 90 il freddo era più pungente o eravamo noi con qualche chilo di meno? E non venite a raccontarmi che non ci sono più le mezze stagioni, che nel 1993 nemmeno la Cecoslovachia esisteva più.

Il 1993 arriva così, di punto in bianco, dopo il 1992. E chi se lo aspettava? Questo fu l’anno in cui la scienza fece un passl da gigante, ci furono i primi embrioni umani clonati. Forse era nell’aria, anche il cinema ci andava giù pesante con la genetica. Infatti mentre Jimurassic Park faceva sbavare il 99.9% dei maschietti dell’epoca, incrementando dello stratanto percento la vendita di qualsiasi oggetto ricordasse anche solo lontanamente un dinosauro, Bayside School ci catapultava direttamente nel pieno dei drammi adolescenziali.

Il 1993 fu struggente come Philadelphia, eclettico come Mrs Doubtfire, sfacciato come la tata e spaccone come Cliffanger messi assieme.

Io ho lavorato nel campo dell’astrobioligia. E mente chi dice che X-files non ha contributo almeno in piccola parte a questa passione. Perchè c’è un piccolo alieno in ognuno di noi.

E mentre plotoni di adolescenti smanettavano con capolavori galattici come Doom e Day of the Tentacle, come abbiamo detto più e più volte, all’Universo non gliene fregava un “amatocarlo”.

Tuttavia gli esseri umani non lo sapevano e quell’anno, gli astronomi Eugene e Carolyn Shoemaker e David H. Levy, scoprivano l’omonima cometa Shoemaker-Levy.

This NASA/ESA Hubble Space Telescope image of Jupiter’s cloudtops was taken at 5:32 EDT on July 16, 1994, shortly after the impact of the first fragment (A) of comet Shoemaker-Levy 9. A violet (410 nanometer) filter of the Wide Field Planetary Camera 2 was used to make the image 1.5 hours after the impact. The impact site is visible as a dark streak and crescent-shaped feature in the lower left of the image, and is several thousand kilometers across. The comet entered the atmosphere from the south in the direction of the streak at an angle of about 45 degrees from the vertical. The crescent-shaped feature may be the remains of the plume that was ejected back along the entry path of the projectile. The features are probably dark particles from the comet, or possibly condensates dredged up from Jupiter’s deep atmosphere.

Il 1993 vide anche la conferma che la Via Lattea è circondata da un alone di materia oscura, ad opera di Douglas N.C. Lin, astronomo della University of California. Questo tipo di materia, trovandosi a bassa temperatura, non emette radiazione ed è quindi invisibile ai telescopi. Si stima che la maggior parte della massa dell’Universo, circa il 90% della massa totale, sia costituita proprio da essa.

Nello stesso anno venne anche osservata la prima supernova dallo spazio. Venne chiamata SN1113J ed era nella galassia M81. Le radiazioni emanate nelle bande radio, infrarosse, visibili e ultraviolette vennero registrate infatti dagli strumenti a bordo di vari veicoli spaziali. Era la seconda supernova più luminosa osservata nel ventesimo secolo.

Ora un’altra cosa spettacolare. Venne rivelata, grazie alle sonde spaziali Voyager 1 e 2, un’intensa emissione radio a bassa frequenza proveniente dall’eliopausa, che è quella regione al limite del Sistema Solare dove l’energia generata dagli effetti gravitazionali ed elettromagnetici del Sole sulle particelle di materia è dello stesso ordine di grandezza di quella dovuta alle cause che non dipendono dal Sole come l’agitazione.

Stiamo parlando di una zona posta tra 80 e 670 UA dal Sole, ossia tra 12 e 100 miliardi di km!

Il 1993 fu l’anno in cui venne convalidato il Global Positioning System o, per gli amici, il GPS. Senza di esso schiere di automobilisti starebbero ancora cercando la posizione del distributore di benzina più vicino e migliaia di influencer non potrebbero geotaggarsi mentre si fanno un selfie in bagno mentre si radono la barba che non hanno. Con il lancio del ventiquattresimo satellite Navstar infatti la flotta dell’US Air Force si completa.

Il 1993 vide anche la fine delle operazioni scientifiche del COsmic Background Explorer (COBE), che per diverso tempo ha studiato lo spettro e le anisotropie (disuniformità) del fondo cosmico a 3 K nella banda di energia da 0,1 a 10 mm e nell’infrarosso.

Nello stesso anno la NASA perdette in un’esplosione il Mars Observer mentre tentava di operare una manovra in un’orbita marziana. Era la prima croce nera, la prima sonda interplanetaria persa dall’agenzia spaziale americana. Con essa se ne andò anche il rivelatore di gamma ray burst di bordo, che assieme al Compton Gamma Ray Observatory e alla sonda solare Ulysses aveva contribuito a svelare i misteri di questi fenomeni ancora poco conosciuti.

Venne tuttavia rilevato un gamma ray burst proprio lo stesso giorno del Superbowl della National Football League del 1993, divenuto noto come “Superbowl burst”.

Il 25 aprile 1993 venne lanciato il mini-satellite ALEXIS, che sta per Array of Low Energy X-ray Imaging Systems, del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti (DOE) contenente sei telescopi compatti operanti nella banda X e ultravioletto estremo.

Il 20 febbraio del 1993 è la volta anche del quarto satellite giapponese per l’astronomia a raggi X, l’Advanced Satellite for Cosmology and Astrophysics (ASCA). Insomma, non si può proprio dire che l’astronomia degli anni ’90 non fosse figa. Ma d’altronde lo erano anche i computer agli occhi di noi adolescenti, con grandi sogni ed energie illimitate, anche se rispetto all’Universo eravamo più piccoli di Mighty Max in uno dei suoi cofanetti.

Alla prossima con lo scopiettante 1994!

Le Comete di Agosto 2023

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Cartina per agosto della 12P Pons-Brooks. Le stelle più deboli sono di mag. 11.

IL GRANDE BOTTO DELLA 12P/PONS-BROOKS

12P/ Pons-Brooks

Cometa di medio periodo che ripassa dalle nostre parti ogni 71 anni circa. Con qualche mese di anticipo sul previsto (arriverà al perielio il prossimo aprile “toccando” la quarta magnitudine) è balzata agli onori della cronaca il 20 luglio per un outburst che le ha fatto guadagnare ben 5 magnitudini in poche ore, portandola dalla mag. 16,6 alla 11,5. L’ evento, non nuovo per questo oggetto, si è verificato quasi esattamente nel cento undicesimo anniversario dalla sua scoperta. Dopo il “botto”l’”astro chiomato” ha cominciato lentamente a indebolirsi, rimanendo comunque su valori alla portata di telescopi di medie dimensioni. Il consiglio è di cercarla il più presto possibile, prima che la luminosità torni alle misure precedenti l’evento. Ed in ogni caso sarà bene tenerla monitorata, non si sa mai che possano verificarsi altri outburst. I telescopi andranno puntati verso la testa del Drago non appena fa buio, quando l’oggetto sarà più alto in cielo.

Della 12P avremo comunque modo di riparlare fra qualche tempo, all’ approssimarsi del suo passaggio vicino al Sole (sempre che non riservi altre sorprese).

Cartina per agosto della 12P Pons-Brooks. Le stelle più deboli sono di mag. 11.

ACCEDI PER SAPERE DI PIU’ SULLE COMETE 103P/Hartley 2  – C/2023 E1 ATLAS – C/2020 V2 ZTF 

 

 

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Mondi in miniatura – Asteroidi, Agosto 2023

GLI ASTEROIDI DI AGOSTO

 

Il 4 di Agosto vedremo (914) Palisana raggiungere l’opposizione, momento in cui raggiungerà  magnitudine 11,7 da una distanza di 1.06 unità astronomiche dalla Terra. (10) Hygiea sarà in opposizione il giorno 10 brillando di magnitudine pari a 9,8 da una distanza di 2.04 unità astronomiche. (13) Egeria si troverà in opposizione il giorno 15 quando brillerà di magnitudine 11.1. da una distanza di 1.83 unità astronomiche dalla terra. Il 26 del mese avremo in opposizione (8) Flora che brillerà di magnitudine 8.5 da una distanza di 1 unità astronomica dalla terra.

In The Sky. org

Il 15 di agosto avremo l’opportunità di vedere in opposizione anche il primo Near Earth Object ad essere scoperto (433) Eros, momento nel quale raggiungerà la magnitudine 11.3 da una distanza di 0.75 unità astronomiche dalla terra.

Piccola Biografia di: 433 EROS

o anche 1898DQ oppure 1956 PC

Scoperto da Carl Gustav Witt il 13 di Agosto del 1898, (433) Eros appartiene al gruppo degli asteroidi NEA, i cosidetti Near-Earth Asteroids o asteroidi Near-Earth, sottofamiglia Amor. Gli Amor sono un gruppo di NEA  la cui orbita li porta ad incrociare tra la Terra e Marte, avvicinandosi anche molto alla Terra ma generalmente non attraversandone l’orbita, come invece fanno quelli delle famiglie Apollo e Aten. (433) Eros ha un’altra peculità, quella di attraversare l’orbita di Marte e per questo rientra anche nella categoria degli asteroidi di tipo Mars Crosser.

 

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Transiti ISS notevoli per il mese di Agosto 2023

La ISSStazione Spaziale Internazionale sarà rintracciabile nei nostri cieli sia ad orari mattutini che serali. Avremo molti transiti notevoli con magnitudini elevate durante il secondo mese estivo, auspicando come sempre in cieli sereni.

La ISS Stazione Spaziale Internazionale per il mese di Agosto si farà attendere e non poco! Primo avvistamento utile solo giovedì 24 (oddio ma l’estate è già finita??)

24 agosto

Si inizierà il giorno 24 Agosto, dalle 05:19alle 05:26, osservando da SO a ENE. La ISS sarà visibile da tutta la nazione per il miglior transito del mese con una magnitudine massima di -3.8.

25 Agosto

Si replica il 25 Agosto, dalle 04:32 verso SE alle 04:37 verso ENE. Visibilità migliore per il Sud Italia, con magnitudine di picco a -3.1.

26 Agosto

Passiamo al giorno 26 Agosto con un nuovo transito dalle 05:18 in direzione O alle 05:25 in direzione NE. Osservabile al meglio dal Nord Italia con una magnitudine massima di -3.2. Se osservata dal Centro, la ISS sarà vicina alla Stella Polare.

27 Agosto

L’ultimo transito del mese sarà parziale e si avrà il 27 Agosto, dalle 04:31 alle 04:36, da Na NE. Magnitudine di picco a -3.6 non appena la ISS uscirà dall’ombra della Terra. Passaggio osservabile da tutto il paese.

Tabella costruita con le informazioni ricavate da https://www.heavens-above.com/

 

 

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.

In caso di Booster della ISS eseguiti nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo gli orari possono differire anche in maniera significativa. Vi invitiamo a controllare sempre il sito https://www.heavens-above.com/ soprattutto in caso di programmazione di una sezione di osservazione.


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Le Costellazioni di Agosto 2023

COSTELLAZIONI DI AGOSTO 2023

Per larga parte il cielo è attraversato da striature e macchie chiare; la Via Lattea prende d’agosto una consistenza densa e si direbbe che trabocchi dal suo alveo; il chiaro e lo scuro sono così mescolati da impedire l’effetto prospettico d’un abisso nero sulla cui vuota lontananza campeggiano, ben in rilievo, le stelle; tutto resta sullo stesso piano: scintillio e nube argentea e tenebre.

I.Calvino  – Palomar

Il cielo d’agosto ci trascina nel vivo dell’estate e da amanti nel cielo non possiamo perderci neanche una  notte di stelle: volgendo lo sguardo a sud-est è la Via Lattea la regina indiscussa, e con essa le costellazioni che rappresentano l’estate boreale.

Sarà una vera emozione ammirare lo Scorpione, l’Aquila, il Sagittario, il Cigno e i tanti altri asterismi che con il loro scintillìo di stelle illuminano le calde notti d’agosto.

LA COSTELLAZIONE DEL SAGITTARIO

Una tipica costellazione dell’estate boreale è quella del Sagittario, che transita al meridiano intorno al 20 agosto eppur rimanendo bassa sull’orizzonte meridionale, può essere facilmente osservata per tutto il periodo estivo e individuata grazie al particolare asterismo della Teiera composta dalle sue stelle più luminose.

Si tratta di una delle costellazione dello zodiaco più importanti poiché contiene al suo interno il Centro Galattico, il punto più ricco e luminoso della nostra galassia, osservabile senza difficoltà ad occhio nudo da luoghi privi di qualsiasi impedimento luminoso.

La stella principale del Sagittario è ε Sagittarii, una gigante bianca-azzurra con magnitudine 1,79, nota come Kaus Australis, poiché rappresenta la parte bassa dell’arco che tiene in mano il Sagittario; la seconda stella più brillante è Sigma Sagittarii, o Nunki, una gigante azzurra di magnitudine 2,05 e poi c’è Zeta Sagittarii, la terza stella più luminosa.

OGGETTI NON STELLARI NEL SAGITTARIO

Il Sagittario è ricco di oggetti non stellari: esso ospita un numero considerevole  di oggetti del catalogo Messier, in particolar modo ammassi globulari come M22, uno dei più consistenti, che contiene più di mezzo milione di stelle.

Nella costellazione non mancano nemmeno le nebulose, come M8 (Nebulosa Laguna), M20 ( Nebulosa Trifida), M17 (Nebulosa Omega) al confine con la costellazione dello Scudo, e diversi ammassi aperti.

Interessante l’oggetto M24, ovvero la Piccola Nube Stellare del Sagittario: si tratta di  una estesa nube di polveri, gas e stelle, al cui interno è collocato anche l’ammasso aperto NGC 6603.

Nebulosa Laguna e Trifida Fabio di Stefano

M17 Nebulosa Omega Mirko Tondinelli Gianni Lacroce

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ASTROBELVEDERE – un sogno al passato

Dal Mondo delle Associazioni un angolo in cui rimanere sospesi fra futuro e passato: AstroBelvedere

 

Nel nuovo corso di COELUM ASTRONOMIA ogni tanto fa capolino uno spazio, non sempre disponibile ahinoi, ove alla redazione piace raccontare alcune iniziative ad opera di associazioni che si caratterizzano per qualche particolarità.

Nel numero 263 (a proposito è in spedizione!) è la volta dei sognatori di ASTROBELVEDERE, associazione di promozione culturale calabrese di Belvedere Marittimo appunto con l’immancabile passione per l’astronomia ovviamente ma dipinta con un  piacevolissimo gusto retrò. Dalle fervide menti dei membri è nato un luogo unico ove il presente e il futuro della condivisione si intrecciano con il calore del passato.

Vi lasciamo ad una parte del racconto a cura del presidente dell’associazione Giorgio Dini.

ASTROBELVEDERE

Tra i vicoli silenziosi di una borgata calabrese, c’è un posto dove il tempo sembra essersi fermato e dove si celebra il passato; un passato fatto di grandi scoperte e in cui i padri dell’astronomia hanno rivelato una fetta di conoscenza, che ha cambiato per sempre la visione del mondo, qui si trova il Club di AstroBelvedere.

AstroBelvedere è un’associazione culturale nata dall’idea del suo fondatore e attuale presidente Giorgio Dini, che dopo aver condiviso per anni la sua passione per l’astronomia, ha deciso di concretizzare il suo sogno, insieme a sua moglie Anna Maria Valente e al suo amico d’infanzia Luigi Benvenuto, hanno dato vita al progetto culturale che ha lo scopo di accompagnare tutti, ma proprio tutti, in un meraviglioso viaggio alla scoperta dell’Universo.

L’associazione, inizialmente itinerante nelle sue attività, da qualche mese, grazie al supporto dei numerosi soci e sostenitori, ha dato origine a AstroBelvedere Club, un circolo culturale volutamente situato nel centro storico di Belvedere Marittimo (CS), un luogo pensato per i soci, dove far nascere idee, condividere progetti, dove trovano spazio conferenze dedicate all’astronomia, corsi, proiezioni e numerose altre iniziative.

Arredato totalmente con mobili e oggetti di recupero – trovati in giro tra vecchie case e mercatini – rievoca le epoche delle grandi scoperte. Passeggiando nei locali ci si può imbattere nelle copie dei ritratti di Galileo, Copernico, Newton e altri, oppure nei quotidiani originali dello sbarco sulla luna incorniciati, copie di quadri storici dedicati all’astronomia e alcuni telescopi “retrò”, il tutto per conciliare un arredamento in stile vittoriano. Una poltrona in legno invita a rilassarsi nella sua imbottitura posta per altro accanto ad una riproduzione di un camino in legno e con un telescopio in ottone.

Dettaglio interno di AstroBelvedere @Giorgio Dini

 

[…]

La struttura conserva anche una biblioteca con oltre 300 testi consultabili. Tra le mura del Club c’è spazio anche per la tecnologia e l’arte: al piano superiore, ci sono postazioni informatiche messe a disposizione per lavoro, studio e ricerca, ma anche un pianoforte di fine ‘800 che aspetta solo di essere suonato. Non c’è nulla di meglio che leggere un libro o lavorare al computer sentendo il profumo di ragù che serpeggia tra i vicoli liberato dalla  finestra della cucina di qualche autentica signora, patrimonio di questa Calabria insieme alle sue bellezze storiche e architettoniche.

[…]

La descrizione completa del progetto con i servizi offerti agli avventori e le iniziative è su COELUM ASTRONOMIA N°263 IV BIMESTRE.

JWST NEWS: Rilevato vapore acqueo in una zona di formazione rocciosa

Immagine Artistica

Webb rileva il vapore acqueo nella zona di formazione del pianeta roccioso

Nuove misurazioni del Mid-InfraRed Instrument (MIRI) del James Webb Space Telescope della NASA/ESA/CSA hanno rilevato il vapore acqueo nel disco interno del sistema PDS 70, situato a 370 anni luce di distanza. Si tratta del primo rilevamento di acqua nella regione abitabile di un disco già noto per ospitare due o più protopianeti.

L’acqua è essenziale per la vita così come la conosciamo. Tuttavia, gli scienziati discutono su come abbia raggiunto la Terra e se gli stessi processi possano interessare anche altri esopianeti rocciosi in orbita attorno a stelle lontane.

Nuove intuizioni potrebbero provenire dal sistema PDS 70, che ospita un disco interno e uno esterno separati da uno spazio di otto miliardi di chilometri, all’interno dei quali si trovano due noti pianeti giganti gassosi. Il MIRI ha rilevato il vapore acqueo nel disco interno del sistema a distanze inferiori a 160 milioni di chilometri dalla stella, nella regione in cui potrebbero formarsi pianeti rocciosi e terrestri (la Terra orbita a 150 milioni di chilometri dal nostro Sole).

“Abbiamo visto l’acqua in altri dischi, ma mai così vicino e in un sistema in formazione. Di certo non avremmo potuto farlo prima di Webb”, ha affermato l’autrice principale dello studio Giulia Perotti del Max Planck Institute for Astronomy (MPIA) di Heidelberg, in Germania.

” e’ una scoperta estremamente eccitante perchè sotto indagine c’è la regione in cui si formano tipicamente pianeti rocciosi simili alla Terra “, ha aggiunto il direttore dell’MPIA Thomas Henning, coautore dell’articolo. Henning è il ricercatore co-principale del MIRI (Mid-InfraRed Instrument) di Webb, che ha effettuato il rilevamento, e il ricercatore principale del programma MINDS (MIRI Mid-Infrared Disk Survey) che ha raccolto i dati.

Un ambiente umido per la formazione di pianeti

PDS 70 è una stella di tipo K, più fredda del nostro Sole, e si stima che abbia 5,4 milioni di anni quindi diciamo relativamente anziana rispetto ai sistemi con dischi planetari, anche per questo la scoperta del vapore acqueo è sorprendente.

Nel corso del tempo, il contenuto di gas e polvere dei dischi che formano i pianeti diminuisce, sia a causa della radiazione e dei venti emessi dalla stella centrale che rimuovono tale materiale, sia perchè la polvere si trasforma in oggetti più grandi che alla fine formano pianeti. Poiché gli studi precedenti non sono riusciti a rilevare l’acqua nelle regioni centrali di dischi di età simile, gli astronomi sospettavano che potesse non sopravvivere all’impatto con la radiazione stellare, portando a un ambiente secco per la formazione di pianeti rocciosi.

Gli astronomi non hanno ancora rilevato la formazione di pianeti all’interno del disco di PDS 70. Tuttavia, vedono le materie prime per costruire mondi rocciosi, sotto forma di silicati. La rilevazione del vapore acqueo implica che se i pianeti rocciosi si stanno formando lì, avranno acqua a loro disposizione fin dall’inizio.

“ Troviamo una quantità relativamente grande di piccoli granelli di polvere. In combinazione con il nostro rilevamento del vapore acqueo, il disco interno è un luogo molto eccitante “, ha affermato il coautore Rens Waters della Radboud University nei Paesi Bassi.

Qual è l’origine dell’acqua?

La scoperta solleva la questione della provenienza dell’acqua. Il team di MINDS ha preso in considerazione due diversi scenari per spiegare la loro scoperta.

Una possibilità è che le molecole d’acqua si stiano formando sul posto, dove le rileviamo, quando gli atomi di idrogeno e ossigeno si combinano. Una seconda possibilità è che le particelle di polvere ricoperte di ghiaccio vengano trasportate dal disco esterno freddo al disco interno caldo, dove il ghiaccio d’acqua sublima e si trasforma in vapore. Un tale sistema di trasporto sarebbe sorprendente, poiché la polvere dovrebbe attraversare l’ampio varco scavato dai due pianeti giganti.

Un’altra questione sollevata dalla scoperta è come l’acqua possa sopravvivere così vicino alla stella, dove la luce ultravioletta della stella dovrebbe rompere i legami fra le molecole. Molto probabilmente, il materiale circostante, come polvere e altre molecole d’acqua, funge da scudo protettivo. Di conseguenza, l’acqua rilevata vicino a PDS 70 potrebbe sopravvivere alla distruzione.

Infine, il team utilizzerà due degli altri strumenti di Webb, la Near-InfraRed Camera ( NIRCam ) e il Near-InfraRed Spectrograph ( NIRSpec ) per studiare il sistema PDS 70 nel tentativo di ottenerne una comprensione ancora maggiore.

Fonte: ESA/Webb

Facciamo il punto sul salvataggio dei turisti spaziali: a chi tocca?

In un momento di forte instabilità geopolitica abbiamo chiesto a Veronica Moronese dell’Italian Institute for the Future lo stato dell’arte della sicurezza degli astronauti e dei viaggiatori dello spazio. Ecco la sua testimonianza

(estratto dal cartaceo n°263 Coelum Astronomia)

 

Il salvataggio degli astronauti nello scenario della New Space Economy

Durante le prime fasi dell’escalation bellica in Ucraina Dimitry Rogozin, direttore generale di Roscosmos, ha espresso senza mezzi termini la posizione dell’Agenzia Spaziale Russa nei confronti delle sanzioni con cui l’occidente ha reagito al conflitto sul suolo ucraino. Tra le altre esternazioni via social, Rogozin ha invocato la revoca delle sanzioni imposte alla Russia paventando lo spettro dell’interruzione del funzionamento delle navicelle russe che riforniscono la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) come conseguenza delle misure di pressione economica contro Mosca. Tale circostanza avrebbe interessato il segmento russo della Stazione da cui dipende la correzione dell’orbita dell’avamposto umano nello spazio, così ridotto a bieco mezzo di intimidazione: dalle parole del responsabile di Roscosmos si deduceva infatti non solo che la più grande esperienza di collaborazione nello spazio sarebbe giunta al termine, ma anche che lo spegnimento delle componenti russe legate alla ISS avrebbe potuto causare lo schianto della stazione su suolo europeo o statunitense.

Abbiamo poi assistito alle desolanti immagini degli addetti allo spazioporto di Baikonur intenti a coprire le bandiere dei Paesi partner del programma Soyuz. Con quel gesto, la Russia ha voluto porre simbolicamente fine, auspicabilmente in via provvisoria, a più di cinquant’anni di collaborazione e sforzo comune per raggiungere lo spazio a beneficio di tutta l’umanità.

Figura 1: Primo Piano di Dimitri Rogozin

 

Con tali premesse, più di una voce ha sollevato un ulteriore preoccupante interrogativo legato proprio alla Stazione Spaziale Internazionale, nella triste ironia del suo ambivalente ruolo nella nuova situazione di deterioramento delle relazioni intergovernative, in cui si è trovata ad essere contemporaneamente oggetto di minaccia e unica occasione non interrotta di pacifica coesistenza e collaborazione a livello statale tra la Russia e le altre nazioni coinvolte nel progetto. Una volta accertata la mancanza di ogni concreto fondamento delle allusioni alla possibilità di un rientro incontrollato della ISS, infatti, l’attenzione si è immediatamente concentrata sull’equipaggio a bordo della Stazione in orbita attorno alla Terra. In particolare, da più parti si è levata una comprensibile preoccupazione intorno al rientro dell’astronauta statunitense Mark Vande Hei dai 355 giorni di missione che gli sono valsi il primato USA in termini di permanenza nello spazio. La preoccupazione nasceva dalla circostanza che il rientro dell’astronauta sarebbe avvenuto per mezzo della navetta russa Soyuz la quale, in aggiunta, al termine del viaggio di rientro atterra su controllo di Roscosmos nel territorio del Kazakhstan.

È facile intuire come in una situazione incredibilmente tesa a livello di rapporti internazionali, in cui al conflitto sul campo in Ucraina risponde una fitta trama di misure economiche sanzionatorie e l’interruzione delle relazioni diplomatiche, gli analisti impegnati nella valutazione dei risvolti spaziali del conflitto ucraino abbiano immaginato che tale circostanza potesse rappresentare una facile occasione per perpetrare un gioco di forza di cui hanno già fatto le spese programmi di inestimabile valore scientifico come ExoMars.

L’astronauta della NASA e ingegnere di volo Expedition 65 Mark Vande Hei prova e conduce controlli di tenuta sulla tuta di lancio Sokol

 

L’interruzione della collaborazione con la Russia ha spinto l’Esa a cercare strade alterative per inviare comunque il rover Rosalind Franklin su Marte senza contare sul vettore e il lander Kazachok forniti da Roscosmos. Auspicabilmente, il rover verrà lanciato con una missione a guida europea o in collaborazione con altri partner per mezzo di lanciatori e siti di lancio compatibili.

[…]

Il Trattato sullo spazio ha visto la luce ai tempi della Guerra Fredda, e proprio la contingenza della divisione globale in blocchi di influenza contribuì enormemente allo spirito di collaborazione e volontà pacifica che permea l’intero testo del Trattato sullo Spazio, e che ha condotto l’assemblea internazionale a volere gli astronauti come emissari non (solo) di una singola Nazione ma di tutta la Terra. Mai come oggi possiamo apprezzare la lungimiranza di quelle poche parole a cui per più di mezzo secolo l’intera comunità degli Stati terrestri ha guardato per creare il clima di collaborazione, rispetto e reciproca fiducia che ha permesso agli astronauti di lavorare per il bene di tutta l’umanità senza dover temere alcun genere di ripercussione come conseguenza delle mutevoli circostanze geopolitiche e dei conflitti che affliggono il nostro pianeta.

[…]

Con l’avvio delle missioni private e lo sdoganamento delle attività spaziali gestite autonomamente da società di capitali, tuttavia, la situazione pare essere radicalmente cambiata. Si potrebbe pensare che iniziali crepe nella solidità dell’impianto normativo cui poggia la garanzia di intervento a supporto della sicurezza personale fuori dall’atmosfera terrestre abbiano cominciato ad aprirsi con i primi viaggi turistici nello spazio. In effetti, già da una prima analisi di questa nuova frontiera dello sfruttamento economico del cosmo appare evidente che i turisti spaziali, sebbene ricevano un addestramento generico per prepararsi al lancio, non rientrino nella definizione di membri dell’equipaggio del mezzo spaziale su cui trascorrono un semplice soggiorno di piacere. Ciò è vero anche laddove si voglia dare un’interpretazione estensiva ai trattati in considerazione del fatto che, all’epoca in cui furono redatti, la categoria dei turisti spaziali non venne inclusa nel novero delle persone sottoposte a tale regime di tutela perché semplicemente inimmaginabile.

Se sul salvataggio degli astronauti le nazioni concordano quali norme invece tutelano i nuovi “Turisti dello spazio”?

Il vulnus normativo, tuttavia, è in questo caso solamente apparente e di scarsa rilevanza pratica.

Trovate l’articolo completo di Veronica Moronese su Coelum Astronomia 263 IV Bimestre 2023.

E non dimenticare il grande CONCORSO dedicato agli ABBONATI di COELUM! Leggi tutto qui!

Si alza il sipario sul Leone – 20 luglio ore 21 circa

Congiunzione 20 luglio Marte - Regolo - Venere - Luna Credit: https://theskylive.com/

 

Spettacolo all’orizzonte stasera 20 luglio per le 21 circa. Nel Leone : Regolo, Luna (piccola falce), Venere, Marte e Mercurio

Difficile inquadrarli tutti nello stesso scatto per diversi motivi:
– molto bassi sull’orizzonte
– falce di Luna solo al 10%
– poco dopo il tramonto e la luce del crepuscolo potrebbe ancora condizionare
Escluso Mercurio i 4 astri: Regolo, Luna, Marte e Venere si troveranno in una porzione di cielo di circa 7° quadrati. Abbastanza buono per entrare in un’unica inquadratura.
Orizzonte ben libero è necessario. Alle 20 e 50 Venere sarà alto sull’orizzonte solo 10° e man mano anche gli altri tenderanno ad abbassarsi.
Per le fasi della Luna potete leggere La Luna di Luglio
Luna
Magnitudine: -6.97
Diametro: 29’33.2″
Frazione Illuminata: 0.081
Fase: 147 °
Distanza: 404329.4 km
Angolo di posizione: 20.2
Librazione in latitudine: -4.83
Librazione in longitudine: -1.81

Marte
Magnitudine: 1.8
Diametro: 4.0 ”
Frazione Illuminata: 0.962
Fase: 22 °
Distanza: 2.322692159 au
Distanza: 347469801 km
Distanza dal Sole: 1.653167393 au
Distanza dal Sole: 247310322 km
Velocità: 22.2km/s
Angolo di posizione: 13.5
Inclinazione del polo: 24.5
Inclinazione solare: 25.1

Venere
Magnitudine: -4.4
Diametro: 46.2 ”
Frazione Illuminata: 0.151
Fase: 134 °
Distanza: 0.364407696 au
Distanza: 54514615 km
Distanza dal Sole: 0.727613028 au
Distanza dal Sole: 108849360 km
Velocità: 34.8km/s
Angolo di posizione: 19.0
Inclinazione del polo: 3.6
Inclinazione solare: 1.9

Dati raccolti da Cartes Du Ciel.


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Gli scatti che “Segnano il tempo” – PhotoCoelum

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Ecco gli Scatti scelti fra i tanti caricati in PhotoCoelum online

e pubblicati nel numero 263 di COELUM ASTRONOMIA.

Resteranno INDELEBILI per gli anni a venire.

(estratto dal cartaceo n°263 Coelum Astronomia)

Nelle immagini a seguire le anteprime degli scatti pubblicati nella Sezione PhotoCoelum di COELUM ASTORNOMIA n° 263 a breve in spedizione.

Grazie a: Omar Cassanti,  @lorenzo-busilacchi, @morenopicchiMoreno, @patti, @stellinanew, @davidem27, Gianni Melis, @salvo-lauricella, @machalley e Attilio Bruzzone, @alessandromezzera, @angelomeduri e @amastelli @andrealosi @galassia60,

La Galleria su carta lucida formato 23×28 cm è su Coelum Astronomia 263 IV Bimestre 2023.

NON PERDERE IL CONCORSO COELUM!

 

Macchia Solare fotografata casualmente dall’Elba

Scatto con Nikon Macchia AR3310 lavorata in Camera Raw di Gian Carlo Diversi

L’enorme macchia solare  AR3310
ripresa in uno scatto fotografico

 

Nell’immagine in copertina di Gian Carlo Diversi appare con sorpresa uno strano alone della parte bassa del Sole.

Lo scatto è stato ripreso l’11 luglio 2023 dalla spiaggia di Naregno nel comune di Capoliveri (Isola d’Elba) e dopo alcune verifiche nell’ombra è stata riconosciuta la macchia AR3310 che nei giorni scorsi ha fatto tanto parlare di se anche per le sue enormi dimensioni.

Secondo l’autore, che osserva quasi quotidianamente il Sole sempre all’alba, sono state le condizioni meteo e del luogo, particolari di quella mattina, a rendere possibile la ripresa e senz’altro ha influito anche l’umidità dell’aria influenzata da correnti più fresche residue delle instabilità proprio di quei giorni.

Macchia AR3310 di Gian Carlo Diversi

Macchia AR3310 di Gian Carlo Diversi

Gli scatti prodotti sono stati una quindicina tutti in formato raw, di cui l’autore ci mostra quelli in post produzione in camera-raw dando il valore del bianco in automatico per rendere la luce del Sole il più fedele possibile.
Lo scatto isolato del Sole invece è stato lavorato sempre in camera raw, ma questa volta  per poter, nei limiti del possibile, evidenziare al massimo la grandezza della macchia solare.
Lo scatto è a mano libera ma ci sarebbe stato il tempo per utilizzare un cavalletto, peccato non averlo con se.
La strumentazione:
Macchina: NiKonD3200
Data: 07/11/2023
Ora: 05:55
Tempo: 1/500
Diafr: f/8
Iso: 200
300mm
Nikkor 55/300mm f/4,5-5,6
Alcuni esperti collaboratori di COELUM, opportunamente consultati hanno considerato lo scatto assolutamente plausibile visto l’eccezionalità dell’evento.

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COELUM ASTRONOMIA è anche il Cielo del Mese che da oltre 300 appuntamenti la redazione cura con dettagli, tabelle, effemeridi, eventi, consigli e suggerimenti. Non tralasciando nulla: asteroidi, Luna, comete, Sole, Pianeti ed eventi eccezionali. Tutto con l’aiuto di collaboratori sempre preparati e disponibili.

COELUM ASTRONOMIA è tutto questo da oltre 25 anni contando sulle proprie capacità e sul supporto di quanti apprezzano il lavoro professionale svolto.

Come più volte anticipato COELUM a piccoli passi ma costanti sta affrontando grandi cambiamenti con l’obiettivo di preservare una tradizione e un servizio storico che altrimenti andrebbe perso, come accaduto per altre realtà, alle prese con le sempre più stringenti difficoltà del mercato.

Dopo il ritorno al cartaceo, cuore del progetto editoriale, finalmente è nata la versione digitale, poi è stata implementata la Community per offrire spazi privati ove gestire in maniera autonoma tutto il proprio mondo COELUM. Sappiamo che molti passaggi vanno ancora limati ma la struttura sta prendendo corpo e per completare le migliorie servono risorse.

Inoltre nello scorso anno, lanciando la Community, abbiamo promesso agli iscritti alcuni vantaggi oltre all’accesso alla versione digitale ed ecco che finalmente ci siamo!

COME CAMBIA LA FRUIZIONE DEI CONTENUTI ONLINE PER GLI UTENTI DI COELUM

A partire dal prossimo 25 luglio 2023 alcuni contenuti online saranno ad accesso limitato, in particolare:

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E per tutti gli altri?

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Le news non saranno limitate (notizie in tempo reale e di attualità), saranno fruibili in maniera gratuita.

 

PERCHE’ QUESTO CAMBIAMENTO E’ NECESSARIO?

Il lavoro di COELUM è mosso è vero da una grande passione ma nei tanti anni (e iniziano ad essere davvero tanti) le risorse economiche indispensabili per sorreggere la struttura sono state conferite da pochi e preziosi abbonati. Contemporaneamente diverse decine di milioni di utenti hanno attinto nozioni dal sito senza che nulla sia mai stato chiesto. Informazioni scelte, rielaborate, arricchite grazie al sostegno di chi è affezionato al progetto editoriale e riconosce il valore di una cultura che va anche raccolta e non solo diffusa. 

Su questa linea COELUM ha deciso di premiare i tanti sostenitori del cartaceo offrendo loro ampio accesso a tutti i servizi, è il nostro grazie ed anche quello di chi ci ha preceduto. Chiediamo invece un nuovo sforzo a chi forse in questi anni ha preferito temporeggiare o ha solo procrastinato. Coraggio! E’ ora di fare ciascuno la propria parte!

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La Direzione
Coelum Astronomia

 

News da Marte #19

Bentornati su Marte! Il racconto delle ultime settimane sul pianeta rosso coinvolge le recenti attività di Perseverance, uno studio appena pubblicato che analizza i dati del rover e – sorpresa sorpresa – il 52esimo volo di Ingenuity. Si parte!

Perseverance è ancora molto indaffarato
Avevamo lasciato il rover marziano impegnato con il prelievo Otis Peak dalla roccia Emerald Lake, portato a termine il Sol 832 (23 giugno terrestre). Qualche giorno marziano dopo Perseverance ha proseguito gli spostamenti in direzione sud-ovest come illustrato nella mappa sottostante.

Da questa nuova posizione adocchia una particolare roccia che gli scienziati battezzano Ypsilon Lake. Si presenta molto più grande delle rocce circostanti e non sorprende che abbia attirato le attenzioni dei controllori di missione.

Prima rilevazione della roccia Ypsilon Lake nel Sol 838, osservazione da parte della Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras

Nel Sol 843 il rover trova una via sicura per avvicinarsi alla roccia e può così osservarla più nel dettaglio con i suoi strumenti fotografici.

Ypsilon Lake da vicino, foto del Sol 845 ancora da parte della Left NavCam. NASA/JPL-Caltech/Piras

Due Sol più tardi Perseverance mette in azione uno dei suoi strumenti, mai menzionato in queste cronache ma comunque di grande interesse. Si tratta del Gas Dust Removal Tool (gDRT), qui evidenziato nella stessa immagine mostrata poco sopra.

Lo strumento Gas Dust Removal Tool installato sulla torretta del braccio robotico. NASA/JPL-Caltech/Piras

Il gDRT viene usato per soffiare via la polvere dalla superficie delle rocce, spesso quelle appena raschiate ma non solo. È costituito da un serbatoio principale (quello molto appariscente nella foto) che è stato caricato con circa 159 grammi di azoto. Una serie di elettrovalvole permette il rilascio di piccole quantità del gas pressurizzato attraverso l’ugello. Ogni azionamento consiste in quattro brevissimi soffi che rilasciano ciascuno 0.138 grammi di azoto.

Schema dello strumento. Fonte: Thermal Design and Validation of Mars 2020 Gas Dust Removal Tool (gDRT), Edgardo Farias, Elizabeth Jens, Barry Nakazono, Jason Kempenaar and Keith Novak, Jet Propulsion Laboratory

Per mezzo del gDRT Perseverance dà una spolverata a una piccola porzione della roccia di interesse, e il risultato dell’operazione è visibile nella sequenza delle due fotografie che seguono (consigliata l’apertura delle foto).

Sol 847, Perseverance orienta il gDRT verso la parte di Ypsilon Lake che intende ripulire. NASA/JPL-Caltech/Piras

Al termine dell’operazione di pulizia la torretta è stata ruotata e ora Perseverance può iniziare una serie di osservazioni dettagliate. Quella documentata nell’immagine consiste in un’analisi con lo strumento SHERLOC. NASA/JPL-Caltech/Piras

Dettaglio dell’area ripulita fornito dalla camera Watson. NASA/JPL-Caltech

Visuale più ampia di Ypsilon Lake prodotta dalla Left NavCam. Sol 848. NASA/JPL-Caltech/Piras

I lavori di Perseverance non sono però conclusi, perché due giorni dopo quest’ultima foto il rover mette in azione la sua speciale fresa ed esegue un’abrasione. Come di consueto l’operazione viene documentata dalle sue camere, con le visuali migliori che ci sono fornite dalla Front Left HazCam. Il risultato nel video che segue.

 

Il foro dell’abrasione osservato da vicino dalla camera Watson montata sul braccio robotico, Sol 850. NASA/JPL-Caltech

Osservazioni dettagliate vengono eseguite anche con lo strumento SHERLOC. Lo menziono di rado perché il suo prodotto più interessante non sono le immagini, ma mi è utile fornire un po’ di contesto per il prossimo paragrafo. Il fantasioso acronimo sta per Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals ed è uno spettrografo a luminescenza e scattering Raman. La possibilità di eseguire l’osservazione di due fenomeni spettrali, la fluorescenza nativa e la risonanza Raman, amplia il ventaglio di rilevazioni permesse dallo strumento. In entrambi i casi si studia la reazione del campione all’illuminazione per mezzo di un laser nel profondo ultravioletto (DUV) per dedurre la presenza di varie classi di composti organici.

Il fascio laser, la cui larghezza è inferiore ai 100 micron, viene fatto scorrere per mezzo di un sistema ottico per scansionare un’area di 7×7 mm. Sherloc è dotato anche di una camera, otticamente allineata con il laser, chiamata Autofocus Context Imager (ACI) che produce immagini in bianco e nero dal grande dettaglio che sono usate per fornire agli scienziati un contesto visivo dell’area analizzata dallo spettrografo. In aggiunta alle immagini dell’ACI è possibile combinare anche quelle dell’altra camera associata allo strumento SHERLOC, ovvero Watson

Le due camere di SHERLOC, Watson e ACI, osservano un target di calibrazione. L’intero riquadro è l’immagine catturata da Watson mentre il rettangolo in bianco e nero rappresenta il campo visivo della camera ACI. Fonte: Bhartia, R., Beegle, L.W., DeFlores, L. et al. Perseverance’s Scanning Habitable Environments with Raman and Luminescence for Organics and Chemicals (SHERLOC) Investigation.

Ho provato anche io a combinare le immagini di Watson e Sherloc-ACI relativamente alle osservazioni della roccia Ypsilon Lake, vi mostro di seguito qualche elaborazione.

Acquisizione della camera Watson. NASA/JPL-Caltech

Acquisizione della camera SHERLOC-ACI. NASA/JPL-Caltech

Allineamento delle due immagini. NASA/JPL-Caltech/Piras

Il vantaggio di poter combinare le immagini delle due camere di SHERLOC è che da una parte ACI fornisce un’acquisizione ad altissima risoluzione spaziale (10.1 micron/pixel) e dall’altra Watson aggiunge informazioni cromatiche, non meno importanti per caratterizzare i materiali studiati.

Visuale d’insieme di Ypsilon Lake con l’abrasione eseguita da Perseverance, Sol 850 (11 luglio). NASA/JPL-Caltech/Piras

Tanti, tantissimi minerali organici
Una ricerca pubblicata su Nature il 12 luglio riporta la scoperta nel cratere Jezero di varie specie di minerali organici. Già prima d’ora era stata accertata la presenza di tali composti in meteoriti provenienti da Marte o nel cratere Gale, attualmente esplorato dal rover Curiosity.

La conferma della presenza di composti organici nel cratere Jezero aggiunge un ulteriore tassello alla nostra conoscenza del pianeta rosso. Il loro rinvenimento in una regione dall’accertato passato umido porta eccitazione da parte degli astrobiologi ma è la dottoressa Sunanda Sharma, prima autrice dell’articolo, a frenare eventuali entusiasmi.

Il rinvenimento di questi composti “è un indizio elettrizzante in quanto sono spesso considerati i mattoncini della vita” – spiega la dottoressa Sharma. “Possono tuttavia essere generati anche da processi non biologici.” È su questo aspetto che si baseranno i futuri studi, per capire più nel dettaglio quali siano i minerali rilevati e la natura biologica o geologica della loro formazione.

I dati su cui si sono basati i ricercatori sono stati prodotti dallo strumento SHERLOC (che dal precedente paragrafo per noi non ha praticamente più segreti). Perseverance ha eseguito delle misurazioni su dieci rocce nelle regioni Máaz e Séitah visitate nel corso del suo primo anno (terrestre) di lavoro su Marte. 

Le dieci rocce analizzate da Perseverance. Fonte: Sharma, S., Roppel, R.D., Murphy, A.E. et al. Diverse organic-mineral associations in Jezero crater, Mars. Nature (2023)

Tutti i dieci campioni sottoposti a SHERLOC hanno mostrato la presenza di composti organici, a coprire complessivamente un intervallo temporale che va da 2.3 a 2.6 miliardi di anni fa indicando quindi la loro presenza già in un tempo parecchio remoto nella storia geologica marziana.

Per quanto tecnicamente molto avanzato, Perseverance non dispone degli strumenti per svolgere analisi in maggior dettaglio. La conferma dell’origine organica e l’identificazione specifica delle molecole rinvenute richiederanno che i campioni vengano riportati sulla Terra per l’analisi di laboratorio.

Tuttavia questa ricerca indica la possibilità che un ciclo organico-geochimico più complesso possa essere esistito su Marte di quanto fosse stato precedentemente descritto da misurazioni in situ.

Ingenuity ha volato!
È stata una notizia giunta un po’ a sorpresa.
Il 28 giugno Perseverance, grazie allo spostamento eseguito in corrispondenza del Sol 836, supera un importante dislivello e dopo
63 giorni riprende contatto con l’elicottero Ingenuity!
In quel momento, grazie a un aggiornamento pubblicato dalla NASA, la community di appassionati viene messa al corrente del fatto che il volo 52, quello che su queste pagine abbiamo atteso a lungo, sia stato già eseguito!

Era il 27 aprile, di fatto a ridosso della data stimata, quando Ingenuity ha portato a termine lo spostamento verso ovest di 363 metri. Grazie ai fotogrammi del volo, gli ultimi dei quali sono stati diffusi 17 luglio, possiamo sperimentare anche noi l’intero spostamento dell’elicottero. Lo facciamo attraverso le riprese delle due camere di bordo con i flussi video precisamente allineati tra loro.

A questo punto è doveroso correggere le valutazioni imprecise relative all’altimetria che, durante queste settimane, separava Ingenuity e Perseverance.

Poco prima dell’ultimo volo la posizione dei due robot era quella nella figura sottostante, con una distanza reciproca di poco meno di 170 metri e con un rilievo che, rispetto alla posizione di Perseverance, si elevava per 8.5 metri. Da questa posizione la comunicazione tra i due era garantita, e infatti è in questa condizione che il rover ha potuto inviare a Ingenuity il piano per il volo 52.

Posizioni prima del volo 52

Giunge il Sol 776, e all’alba del nostro 27 aprile Ingenuity porta a termine il volo programmato.
La sua distanza dal rover è ora di 520 metri e il profilo altimetrico peggiora notevolmente dal punto di vista della comunicazione radio: all’ampio rilevo si aggiunge un’ulteriore cresta che porta a 9.5 i metri di dislivello massimo rispetto alla posizione di Perseverance.

Posizione al Sol 776 al termine del volo 52: Ingenuity è in completa ombra radio

Trascorrono varie settimane, durante le quali ogni tentativo di comunicazione da parte di Perseverance fallisce. Il rover prosegue le sue attività nelle regioni Onahu Outcrop ed Emerald Lake (descritte nel dettaglio in News da Marte #18), al termine delle quali può dirigersi verso ovest e finalmente, il 28 giugno, torna in visibilità del suo compagno elicottero. È il Sol 836 e i due distano ancora parecchio tra loro (circa 400 metri) ma il profilo altimetrico è evidentemente più favorevole con un dislivello che, riferito alla posizione di Ingenuity, è di poco superiore ai 5 metri. 

Sol 836, Perseverance e Ingenuity riprendono contatto

In queste settimane Ingenuity sta trasmettendo al rover una gran quantità di immagini relative non solo al più recente volo ma anche ad altri dei mesi passati, svuotando la sua memoria da centinaia di MB di dati. Non mi dilungo oltre nell’occupare queste pagine, ma qualora vi interessasse trovate una playlist con (quasi) tutti i voli che curo su YouTube all’indirizzo https://www.youtube.com/playlist?list=PL7Re8WpuVU3LPzHhx2wpLkpayuEpztqIr

Anche per questo aggiornamento marziano è tutto, alla prossima.

Lenti – non chiamiamoli difetti

Dettagliata trattazione di alcuni segni caratteristici che le lenti possono mostrare ma, come suggerisce l’autore, non chiamiamoli difetti!

(estratto dal cartaceo n°263 Coelum Astronomia)

Quando si parla di un telescopio astronomico, inevitabilmente l’immagine che si affaccia alla mente è quella di un lungo tubo con una lente frontale ed un piccolissimo oculare dalla parte opposta vicino al quale l’osservatore si posiziona per ammirare l’Universo. Lo strumento ideale è un cannocchiale definito da Galileo.

L’idea romantica e priva di difetti dell’osservazione attraverso questo tipo di strumenti da parte del neofita, dopo l’entusiasmo iniziale, si scontra con un’amara realtà:le aberrazioni ottiche. Tuttavia, salvo casi eccezionali di veri e propri strumenti scadenti (anche se oramai sono rari grazie ad una produzione industriale migliorata parecchio), quelli che generalmente si bollano come difetti, le aberrazioni appunto, spesso sono solo caratteristiche proprie del tipo di strumento che si sta utilizzando e della sua progettazione. Si tratta, come per qualsiasi altro prodotto, del frutto di compromessi progettuali imputabili alla natura stessa dello strumento, delle dimensioni, dei materiali, dei costi e tempi connessi con la produzione.

Lo scopo di questo articolo è offrire al lettore una carrellata di problematiche, evitando di definirli “difetti”, che caratterizzano gli strumenti a lente, partendo dall’aberrazione cromatica fino all’aberrazione sferica, passando per l’astigmatismo, i riflessi fantasma e la vignettatura. Essere coscienti dei limiti della propria attrezzatura è importante fondamentale per assaporare al meglio la visione di Luna, pianeti e stelle, senza soffermarsi troppo sui “difetti” appunto che la luce crea ai nostri occhi, spesso pure anche essi non troppo precisi!

[…]

Aberrazione cromatica.

Per comprendere che cos’è l’aberrazione cromatica, occorre introdurre il concetto della dispersione della luce.

Il fenomeno della dispersione della luce bianca, cioè della sua scomposizione nello spettro dei colori visibili (l’esempio più diretto è quello del prisma) è dovuto alla variazione dell’indice di rifrazione di un materiale in funzione della lunghezza d’onda della luce. Proprio il fenomeno della dispersione sta alla base di quella che è l’aberrazione caratteristica dei sistemi che contengono lenti: l’aberrazione cromatica.

[…]

Figura 2: Una ripresa di M31 effettuata dalla città con un obiettivo Nikon ED 180mm f/2.8 e camera ASI 533 PRO. E’ visibile un residuo di aberrazione cromatica che appare come un alone rosso (il colore rosso anziché azzurro-viola è dovuto all’uso di un filtro LPS) attorno alle stelle.

[…]

Aberrazione sferica.

Si tratta di un effetto geometrico e  che affligge sia le lenti che gli specchi; il telescopio spaziale Hubble è stata la sua vittima più eccellente. Se la curvatura della lente ricalca quella di una sfera, inevitabilmente i raggi distanti dall’asse verranno focalizzati ad una distanza differente dalla lente rispetto a quelli più centrali.

Di conseguenza la luce sarà distribuita sugli anelli periferici della figura di diffrazione, generando non più un unico punto di fuoco ma piuttosto agendo spalmando il fascio lungo l’asse ottico mostrando immediatamente una diminuzione della nitidezza delle immagini e una focalizzazione difficoltosa.

Per contenere gli effetti di questo problema, si dice che le lenti vengono “asfericizzate”, cioè alle stesse non vengono più assegnate curvature semplici come quelle derivate dalla geometria della sfera, ma più complesse in modo da correggere il percorso ottico dei raggi luminosi dal centro alla periferia, l’obiettivo è farli convergere verso il fuoco.

[…]

A sinistra l’immagine di una stella priva di aberrazione, al centro la stessa stella con aberrazione sferica di ¼ d’onda, e a destra due esempi di intra ed extra focale di una stella prodotta da un’ottica sottocorretta

[…]

L’articolo continua con la trattazione di Coma e curvatura di campo, Astigmatismo, Riflessi Fantasma, Ottiche Tensionate, Vignettatura, Errori di assialità del treno otticoOttiche Scollimate. Nell’articolo sono presenti immagini campione per riconoscere il difetto e suggerimenti su come contenerli. L’articolo di Christian Privitera è su Coelum Astronomia 263 IV Bimestre 2023.

La Stella del GrAG la prima catalogata come Gigante Rossa Oscillante

E’ ITALIANA LA PRIMA STELLA GIGANTE ROSSA OSCILLANTE MAI CATALOGATA

 

Scoperta dagli astrofili del Gruppo Astrofili Galileo Galilei di Tarquinia (GrAG), la stella GrAGVar036 è la prima della sua specie ad essere inserita in un catalogo ufficiale, determinando una nuova categoria di stelle variabili.

Nel Giugno di quest’anno, il team di ricerca scientifica del GrAG di Tarquinia ha sottoposto alla valutazione dell’AAVSO, l’associazione internazionale che cura il principale catalogo
scientifico di stelle variabili, una nuova stella variabile scoperta durante la sua campagna di ricerca di variabili pulsanti, stelle binarie e protostelle. Lo studio ha convinto l’AAVSO, che il 4 Luglio ha censito appositamente per lei una nuova categoria di stelle variabili, battezzata ORG (Oscillating Red Giant).

Al link a seguire il catalogo ufficiale dell’AAVSO che riporta la stella in questione e la assegna alla tipologia ORG (Oscillating Red Giant).
Il catalogo, è il Variable Star Index (VSX), il principale catalogo di stelle variabili riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale.
L’AAVSO non ha fatto comunicati particolari in proposito, ma non è solita farne. Ha però aggiunto la definizione di ORG nelle designazioni delle tipologie di variabili del suo catalogo con la seguente descrizione:
Oscillating Red Giants. Red giants showing small amplitude non-radial oscillations. These stars have convective envelopes where turbulent motions act over various time scales and velocities, producing acoustic noise which can stochastically drive or damp resonant, p-mode oscillations. The oscillation amplitudes are believed to scale with the luminosity. Pulsation periods range from minutes to several hours to days. They have been found in the long and uninterrupted observations from space (CoRoT, Kepler, and TESS missions).

Al momento GrAGVar036 è l’unica ORG censita, come si può verificare facendo una ricerca avanzata nel catalogo per “Variable Type”.

L’AAVSO ci ha spiegato, nello scambio di mail successivo alla nostra sottomissione della stella variabile, che avrebbero aggiunto questa categoria proprio per GrAGVar036.
L’individuazione di queste stelle non è nuova, come diciamo nel Comunicato, ma recente e tra gli articoli in letteratura spicca quello di M. Hon et al. del 2021 che citiamo nella scheda stessa di GrAGVar036 sul catalogo dell’AAVSO (https://arxiv.org/pdf/2108.01241.pdf) e con cui tecnicamente condividiamo la scoperta di GrAGVar036. Per spiegare il motivo per cui l’AAVSO ha censito la stella solo dopo il nostro studio e le ha dato il nostro identificativo bisogna entrare nel merito di quell’articolo. Lo studio sottostante all’articolo di Hon et al. non è basato sull’osservazione diretta delle stelle che prende in considerazione, né delle loro curve di luce, ma sull’applicazione di algoritmi di machine learning che hanno analizzato milioni di dati del satellite TESS ed estratto in modo automatico un elenco di migliaia di stelle che statisticamente rispondono alle caratteristiche che si ritiene debbano avere le giganti rosse oscillanti. Questi metodi sono scientificamente validi per analizzare con campioni statisticamente solidi le caratteristiche di queste stelle, ma difficilmente bastano a catalogarle, cioè ad affermare con certezza che una singola stella dell’elenco appartiene proprio a questa tipologia di variabili. Gli algoritmi infatti hanno sempre una percentuale di falsi positivi o falsi negativi: hanno cioè dei limiti di precisione e di accuratezza che sono difficilmente misurabili, in particolare quando si adotta la tecnica del machine learning. L’importanza del nostro lavoro amatoriale, in questo caso, è nell’avere individuato in modo indipendente la stella e averne studiato direttamente la fotometria dai dati TESS accertandone la natura con sicurezza.
Per spiegare meglio questo concetto, vi forniamo a titolo di esempio due stelle che nelle ultime settimane abbiamo catalogato sullo stesso database dell’AAVSO. Si tratta di una variabile Gamma Doradus (GDOR) chiamata TIC 139428875 https://www.aavso.org/vsx/index.php?view=detail.top&oid=2387661 e di una variabile Alfa2 Canum Venaticorum (ACV) chiamata TIC 192730709 https://www.aavso.org/vsx/index.php?view=detail.top&oid=2387670.
Anche queste due stelle compaiono in un altro articolo, citato nella scheda AAVSO e recentissimo. In questo caso l’articolo scientifico del 2023 ha individuato, sempre con metodi algoritmici, oltre 15mila stelle di tipo ELL (variabili binarie ellissoidali). La nostra analisi però ha mostrato che queste due stelle non sono variabili ELL, ma di tutt’altra tipologia: una GDOR è una variabile pulsante intrinseca, mentre una ELL è un sistema binario a contatto. In questi casi l’algoritmo ha sbagliato. L’articolo scientifico resta valido per altre ragioni, dato che sviluppa analisi statistiche. Ma se tutte quelle stelle fossero state classificate nel catalogo internazionale delle stelle variabili solo in base a quell’articolo, avrebbero generato numerosi errori nel catalogo, molto difficili da correggere.
Per questa ragione l’AAVSO si basa fortemente sul lavoro degli astronomi amatoriali e di gruppi come il nostro che, oltre ad usare tecniche numeriche e algoritmi di analisi, possono affiancare il lavoro di molti astrofili nell’analisi diretta di curve di luce e singole stelle – nel nostro caso siamo una ventina di appassionati soci del GrAG- arrivando, in alcuni casi fortunati, a catalogare per primi una nuova tipologia di oggetti celesti.
Nel primo anno di attività dall’avvio del suo osservatorio astronomico, interamente realizzato dai soci nell’area messa a disposizione dall’Università Agraria di Monte Romano (VT), il gruppo di ricerca del GrAG ha scoperto oltre trenta nuove stelle variabili, appartenenti a diverse categorie, arricchendo anche in altri casi il lavoro degli astronomi professionali sui campi di ricerca più attuali e coinvolgendo nelle attività scientifiche oltre 20 “citizen scientist”, come sono chiamati dalla comunità scientifica internazionale gli
astronomi non professionisti che si dedicano alla ricerca.
di M. Grassi, C. Marino, C. Mazzacurati per il comitato scientifico del Gruppo Astrofili Galileo Galilei

Oscure stelle

Oscure stelle

L’Universo non avrà mai fine,
perché proprio quando sembra
che l’oscurità abbia distrutto ogni cosa,
e appare davvero trascendente,
i nuovi semi della luce rinascono dall’abisso.
-Philip K. Dick-

Quando l’Universo cominciò a formare le stelle, il tempo cantava una canzone antica. E mentre la melodia si diffondeva per lo spazio-tempo, enormi sfere di materia prendevano forma. Oggi, di questa antica canzone rimangono soltanto tracce flebili e frammentarie, ma dalle poche note che ci sono pervenute è stato comunque possibile ascoltare una storia molto antica.

Se è vero che la prima generazione di stelle nell’Universo deve ancora essere osservata, esistono tuttavia almeno due teorie principali per questi oggetti:  esse sono stelle di popolazione III che bruciano idrogeno oppure sono stelle oscure, fatte di idrogeno ed elio, ma alimentate dal riscaldamento della materia oscura invece che dalla fusione nucleare.

Oggi sappiamo che la materia oscura costituisce circa il 25% dell’intero Universo. Le prove della sua esistenza provengono dalle misure della radiazione cosmica primordiale, in particolare dalle anomalie nella dipendenza radiale delle curve di rotazione delle galassia e dalle lenti gravitazionali.

Sebbene essa sia una parte imprescindibile dell’Universo, la origine fisica rimane ancora, per buona parte, sconosciuta.

Secondo una delle teorie più accreditate, si pensa che essa sia fatta di particelle invisibili che non riflettono né assorbono la luce, ma siano tuttavia in grado di esercitare una attrazione gravitazionale sulla materia che le circonda. Tra i principali candidati ci sono le WIMP, particelle massicce debolmente interagenti.

Quando esse si scontrano, si annichilano, trasferendo calore alle nubi collassate di idrogeno e convertendole in stelle oscure. Se questa teoria venisse confermata, l’identificazione di stelle oscure supermassicce permetterebbe di conoscere la materia oscura in base alle loro proprietà osservate.

Attualmente il telescopio spaziale James Webb ha osservato degli oggetti che potrebbero proprio essere dei candidati promettenti ad essere stelle oscure.

Confermarne l’esistenza potrebbe aiutare a risolvere un quesito emerso dalle osservazioni del famoso telescopio: sembrano infatti esserci troppe grandi galassie nell’Universo primordiale per adattarsi alle previsioni del Modello Standard della cosmologia.

Se infatti alcuni degli oggetti che assomigliano alle prime galassie sono in realtà stelle oscure, le simulazioni della formazione delle galassie primordiali concorderebbero meglio con le osservazioni.

Gli oggetti JADES-GS-z13-0, JADES-GS-z12-0 e JADES-GS-z11-0, originariamente identificati come galassie nel dicembre 2022 dal JWST Advanced Deep Extragalactic Survey (JADES), hanno cominciato a brillare fra 320 e 400 milioni di anni dopo il Big Bang, rendendoli alcuni dei primi oggetti mai visti.

Sebbene ancora non sia stato certificato se essi siano galassie contenenti milioni di stelle ordinarie di Popolazione III o stelle oscure, sappiamo che queste ultime  hanno abbastanza luce per competere con un’intera galassia di stelle, potendo teoricamente crescere fino a diversi milioni di masse solari ed essere fino a 10 miliardi di volte più luminose del Sole.

Per approfondire:

Cosmin Ilie et al. 2023. Supermassive Dark Star candidates seen by JWST. PNAS 120 (30): e2305762120  ; DOI: 10.1073/pnas.2305762120

Studio Scientifico sulla Supernova SN 2023ixf

Uno dei grafici presenti all'interno dell'accurato studio che vi invitiamo a leggere nel link dell'articolo. Crediti: Giorgio Bianciardi Susy Ghia (Telescopio Remoto UAI) Arcangelo Ciccarelli (Stazione Astronomica dei Marsi) Marco D'Angelo Giuseppe Conzo Mara Moriconi (Gruppo Astrofili Palidoro) Zlatko Orbanic (Explorer Observatory) Nello Ruocco (Osservatorio Astronomico Nastro Verde) Ian Sharp (Ham Observatory) Uhlar Milan Filip Walter (Observatory and Planetarium Prague and Czech Astronomical Society)

Importante studio scientifico della comunità astronomica italiana sulla Supernova in M101

Riprendiamo com molto piacere il comunicato stampa ricevuto in Redazione ed inviato dal Gruppo Astrofili Palidoro.

Si tratta di un attento studio coordinato sulla variazione di luminosità dell’oggetto a cui hanno partecipato numerose realtà italiane. Gli autori sono Giorgio Bianciardi Susy Ghia (Telescopio Remoto UAI) Arcangelo Ciccarelli (Stazione Astronomica dei Marsi) Marco D’Angelo Giuseppe Conzo Mara Moriconi (Gruppo Astrofili Palidoro)  Zlatko Orbanic (Explorer Observatory) Nello Ruocco (Osservatorio Astronomico Nastro Verde) Ian Sharp (Ham Observatory) Uhlar Milan Filip Walter (Observatory and Planetarium Prague and Czech Astronomical Society).

Il comunicato ufficiale:

Un follow-up osservativo ha visto coinvolti astrofili e astronomi di tutta Europa per lo studio della Supernova SN 2023ixf. Tantissime informazioni riportate nella pubblicazione appena resa disponibile per la comunità scientifica.
La Supernova, già nota di tipologia II, si è mostrata essere, attraverso i nostri dati fotometrici, una tipo II-L con un calo di 2.5 magnitudini dal momento dell’esplosione, questo sta ad indicare che la luminosità decresce linearmente, a differenza delle supernove di tipo II-P, la cui luminosità rimane stabile per circa 100 giorni. Infine, dai dati spettrometrici, si è osservata l’espansione vera e propria del materiale stellare. Tutti i dettagli sono presenti nel paper pubblicato su arXiv al seguente link: https://arxiv.org/abs/2307.05612

ABSTRACT DELL’ARTICOLO

Sono state eseguite osservazioni fotometriche multibanda e la loro relativa valutazione a grandezze strumentali utilizzando filtri Johnson-Cousins ​​standard (B, V, Rc) e filtri Sloan r e g, e non standard (Filtri R, G, B e Cancella).

La Supernova in M101 CREDITI: Giorgio Bianciardi, Marco D’Angelo, Giuseppe Conzo, Zlatko Orbanić, Arcangelo Mimino Ciccarelli, Filip Walter.

I dati sono stati registrati da 9 osservatori e dal MicroObservatory
Robotic Telescope Network (vedi elenco in fondo). Gli spettri a bassa risoluzione della supernova di tipo II SN 2023ixf sono stati eseguiti durante la salita al massimo di luminosità e nei primi 50 giorni dopo il massimo.
I risultati descrivono la rapida ascesa verso il massimo (2,5 magnitudini circa in cinque giorni nel filtro B) e la lenta diminuzione dopo il massimo (0,0425 ± 0,02 magnitudini/giorno nel filtro B).
I risultati evidenziano la forte variazione degli indici di colore B-V durante i primi 50 giorni (da -0,20 ± 0,02 a +0,85 ± 0,02) e V-R (da 0 ± 0,01 a +0,50 ± 0,01) dopo l’esplosione, presumibilmente corrispondente al raffreddamento della fotosfera stellare. Inoltre, la presenza di forte H-alfa e le linee H-beta con un forte profilo P Cygni, indicano l’esistenza di un involucro gassoso in espansione lontano dalla stella. A 50 giorni dall’esplosione la magnitudo è diminuita rispetto al massimo osservato per continuare dove è sbiadito di 2,5 magnitudini (filtro B), quindi proponiamo che SN 2023ixf sia un tipo II, sottotipo L, supernova (SNe).

FINE ABSTRACT

Sono molte le realtà professionali e non che in questi mesi hanno seguito l’evento catastrofico con attenzione. Di certo, nelle prossime settimane, riceveremo molte altre notizie e conferme.

Complimenti dalla Redazione a tutto il team impegnato nell’accurata analisi dei dati!


L’approfondimento sulla Supernova SN 2023ixf è pubblicato in COELUM ASTRONOMIA n°263 in prossima distribuzione PRENOTA ORA LA TUA COPIA

Superata Quota 50% per l’E-ELT

Questa immagine, scattata alla fine di giugno 2023, mostra l'immagine presa da una webcam del cantiere dell'ELT (Extremely Large Telescope) dell'ESO a Cerro Armazones, nel deserto cileno di Atacama, ove ingegneri e operai edili stanno attualmente assemblando la struttura della cupola del telescopioa un ritmo vertiginoso.Cambiandoogni giorno in modo evidente, la struttura in acciaio acquisterà presto la familiare forma arrotondata tipica delle cupole. Lo sfondo stellato è dominato dal nucleo della Via Lattea, la nostra galassia, e dalla Grande e Piccola Nube di Magellano, due galassie nane che orbitano intorno alla nostra. Crediti: ESO

Completato a metà l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO

Comunicato stampa ESO

L’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO (l’Osservatorio Europeo Australe) sarà un telescopio terrestre rivoluzionario con avrà uno specchio principale di 39 metri e sarà il più grande telescopio al mondo per osservare la luce visibile e infrarossa: il più grande occhio del mondo rivolto verso il cielo. La costruzione di questo progetto tecnicamente complesso sta avanzando a un buon ritmo, e ora l’ELT supera il traguardo del 50% di completamento.

Il telescopio si trova in cima al Cerro Armazones, nel deserto cileno di Atacama, dove in questo momento ingegneri e operai edili stanno assemblando la struttura della cupola del telescopio a un ritmo vertiginoso. Cambiando ogni giorno in modo evidente, la struttura in acciaio acquisterà presto la familiare forma arrotondata tipica delle cupole.

Gli specchi del telescopio e altri componenti sono in costruzione presso varie aziende in Europa, e anche questi lavori procedono molto bene. L’ELT dell’ESO avrà un pionieristico design ottico a cinque specchi, che include un gigantesco specchio principale (M1) composto da 798 segmenti esagonali. È stato già prodotto più del 70% delle forme grezze degli specchi e dei supporti per questi segmenti, mentre M2 e M3 sono stati fusi e ora sono in fase di lucidatura. I progressi su M4, uno specchio adattivo e flessibile che regolerà la propria forma mille volte al secondo per correggere le distorsioni causate dalla turbolenza dell’aria, sono particolarmente impressionanti: tutti e sei i sottili petali sono completati e vengono ora integrati nell’unità strutturale. Inoltre, tutte e sei le sorgenti laser, altro componente chiave del sistema di ottica adattiva dell’ELT, sono state prodotte e consegnate all’ESO per le verifiche.

Anche tutti gli altri sistemi necessari per completare l’ELT, tra cui il sistema di controllo e le attrezzature necessarie per assemblare e mettere in servizio il telescopio, stanno procedendo bene nello sviluppo o nella produzione. Inoltre, tutti e quattro i primi strumenti scientifici di cui sarà dotato l’ELT sono nella fase finale di progettazione e per alcuni sta per iniziare la fase di produzione. Infine, la maggior parte dell’infrastruttura di supporto per l’ELT si trova ora presso o vicino al Cerro Armazones. Per esempio, l’edificio tecnico che, tra l’altro, sarà utilizzato per lo stoccaggio e il rivestimento di diversi specchi di ELT è completamente costruito e attrezzato, mentre lo scorso anno è entrato in funzione un impianto fotovoltaico che fornisce energia rinnovabile al sito.

La costruzione dell’ELT dell’ESO è iniziata nove anni fa con una cerimonia “esplosiva”. La cima del Cerro Armazones è stata appiattita nel 2014 per fare spazio al gigantesco telescopio.

Questa immagine, scattata alla fine di giugno 2023, mostra una ripresa effettuata da un drone del cantiere dell’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO a Cerro Armazones, nel deserto cileno di Atacama, ove ingegneri e operai edili stanno attualmente assemblando la struttura della cupola del telescopio a un ritmo vertiginoso. Cambiando ogni giorno in modo evidente, la struttura in acciaio acquisterà presto la familiare forma arrotondata tipica delle cupole. Crediti:
ESO

Si prevede però che il completamento del restante 50% del progetto sarà notevolmente più rapido rispetto alla costruzione della prima metà dell’ELT, che comprendeva il lungo e meticoloso processo di finalizzazione del progetto della stragrande maggioranza dei componenti da produrre per l’ELT. Inoltre, alcuni degli elementi, come i segmenti dello specchio e i relativi componenti di supporto e sensori, hanno richiesto una prototipazione dettagliata e verifiche significative prima di essere prodotti in serie. Per di più, la costruzione è stata influenzata dalla pandemia di COVID-19, con la chiusura del sito per diversi mesi e ritardi nella produzione di molti dei componenti del telescopio. I processi di produzione sono ora completamente ripresi e resi più efficienti, perciò si prevede che la restante metà dell’ELT richiederà solo cinque anni. Tuttavia, costruire un telescopio così grande e complesso come l’ELT non è esente da rischi finché non è completo e funzionante.

Il direttore generale dell’ESO, Xavier Barcons, afferma: “L’ELT è il più grande della prossima generazione di telescopi terrestri ottici e nel vicino infrarosso e il più avanzato nella costruzione. Raggiungere il 50% di completamento non è un’impresa da poco, date le sfide inerenti a progetti grandi e complessi, ed è stato possibile solo grazie all’impegno di tutti quanti all’ESO, al supporto continuo degli Stati membri dell’ESO e all’impegno dei nostri partner industriali e dei consorzi dedicati agli strumenti. Sono veramente orgoglioso che l’ELT abbia raggiunto questo traguardo“.

Il piano è di iniziare le osservazioni scientifiche nel 2028: l’ELT dell’ESO affronterà questioni astronomiche del calibro di: siamo soli nell’Universo? Le leggi della fisica sono universali? Come si sono formate le prime stelle e galassie? Cambierà radicalmente ciò che sappiamo del nostro Universo e ci farà riflettere anche sul posto che occupiamo nel cosmo.

Note

La percentuale di completamento dell’ELT è stimata in base al suo “valore prodotto” (earned value, in inglese), una metrica di gestione del progetto utilizzata per valutare l’avanzamento di un progetto che tiene conto sia della pianificazione che dei costi. Attualmente l’ELT ha superato il 50% del piano di progetto.

Fonte: Comunicato ESO

Transiti ISS notevoli – 10 e 12 luglio

Come promesso prima segnalazione per questo mese di Luglio

La ISS Stazione Spaziale Internazionale torna ben visibile nei cieli d’Italia! Molte le occasioni da non perdere e le prime sono domani, 10 luglio, l’11 e a finire il 12 luglio.

Nei prossimi tre giorni avremo tre transiti notevoli che, come mostrato le mappe interesseranno l’Italia.

Si inizia il 10 luglio con una ISS molto luminosa visibile soprattutto sui cieli del Sud Italia, nelle prime ore della sera, sorgerà verso Sud-Ovest e pian piano smetterà di splendere ad Est Nord Est. Ben 10 minuti di tempo per individuarla.

Il passaggio dell’11 sarebbe il massimo per tutti gli italiani, purtroppo ahinoi, la ISS transiterà dopo le ore 4 della notte, insomma q5 minuti di transito in cui la ISS attraverserà tutta l’Italia a magntudine -3.6°! Qualcuno di voi resterà sveglio?

Ma per essere davvero appagati dovremo aspettare ancora solo un altro giorno in più, mercoledì 12 luglio per ben 19 minuti dalle 22:12 alle 22:23, da SO a NE la ISS sarà visibile da tutta Italia con magnitudine ben 3,7! Uno spettacolo da non perdere!

A seguire le mappe dei tracciati e la tabella con i prossimi appuntamenti anche per il resto del mese di Luglio.

10 Luglio

Si inizierà il giorno 10 Luglio, dalle 22:14 verso SO alle 22:24verso ENE. Visibilità migliore dal Sud Italia con magnitudine di picco a -3.4. Osservabile senza problemi, meteo permettendo.

11 Luglio

Si replica l’11 Luglio, dalle 04:42alle 04:53, osservando da NO a ESE. La ISS sarà ben visibile da tutta Italia, con una magnitudine massima si attesterà su un valore di -3.6.

12 Luglio

Il transito del 12 Luglio si avrà dalle 22:12 alle 22:23, da SO a NE, con una magnitudine massima di -3.7. Uno dei passaggi serali migliori del mese, osservabile da tutta Italia.

 

 

N.B. Le direzioni visibili per ogni transito sono riferite ad un punto centrato sulla penisola, nel centro Italia, costa tirrenica. Considerate uno scarto ± 1-5 minuti dagli orari sopra scritti, a causa del grande anticipo con il quale sono stati calcolati.


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L’ITALIANO VINCENZO VAGNONI DELL’INFN ALLA GUIDA DELLA COLLABORAZIONE LHCB AL CERN

Vincenzo Vagnoni, nuovo coordinatore (spokesperson) della collaborazione internazionale LHCb

VINCENZO VAGNONI DELL’INFN e autore di COELVM in un ruolo di prestigio internazionale

 

Vincenzo Vagnoni, ricercatore della Sezione di Bologna dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, è stato eletto coordinatore (spokesperson) della collaborazione internazionale LHCb, che ha costruito e opera uno dei quattro grandi rivelatori di particelle del Large Hadron Collider del CERN. Vagnoni, già responsabile nazionale INFN per LHCb, ha assunto il nuovo incarico il 1° luglio e nei prossimi quattro anni guiderà la grande comunità di oltre 1500 persone, che vede l’Italia e l’INFN partecipare con oltre 200 connazionali, che nel corso degli anni hanno contribuito al progetto in modo sostanziale a livello sia scientifico sia manageriale.

L’inizio dell’incarico di Vincenzo Vagnoni, che sarà responsabile del coordinamento di tutte le attività dell’esperimento, coincide con un intenso periodo di lavoro per la collaborazione, impegnata, dopo la fase di upgrade del rivelatore LHCb conclusasi nel 2022, con il terzo periodo di presa dati (Run 3) di LHC, il più grande e potente acceleratore di particelle al mondo. Grazie alla migliorata sensibilità dell’esperimento, ci si aspetta che LHCb potrà continuare a fare luce su eventi rari, nel tentavo di comprendere le ragioni dell’asimmetria tra materia e antimateria, e studiare nel dettaglio gli stati esotici della materia.

La collaborazione LHCb è costituita da circa 850 scienziati appartenenti a 80 Università e laboratori sparsi in tutto il Mondo.

L’esperimento LHCb rappresenta una grande sfida scientifica e tecnologica, una delle meraviglie che l’umanità riesce a realizzare quando collabora per il raggiungimento di un obiettivo condiviso di nuova conoscenza”, commenta Vincenzo Vagnoni.. “La collaborazione LHCb ha pubblicato, dal 2010 ad oggi più di 600 articoli scientifici su riviste internazionali, grazie all’analisi dei dati dei Run 1 e 2 di LHC, ma ancora non è neanche a metà strada. Una caratteristica peculiare dell’esperimento LHCb è di essere in grado di ricercare l’esistenza di particelle ancora ignote anche qualora l’energia di LHC non fosse sufficiente a produrle, grazie a misure di precisione in grado di sfruttare effetti quantistici di particelle di grande massa sul comportamento di particelle già note. È incredibile pensare che la fisica delle particelle sperimentale consente di investigare se qualcosa di nuovo esiste oltre il Modello Standard, anche se al momento le macchine acceleratrici di cui disponiamo non hanno energia a sufficienza per materializzare la nuova fisica. I prossimi anni saranno cruciali per segnare la strada da percorrere nei prossimi decenni, per accrescere la nostra conoscenza del mondo subatomico, fino ad arrivare al grande collisionatore da 100 km in fase di studio al CERN”, conclude Vagnoni.

Al fine di incrementare ulteriormente la capacità dell’esperimento di individuare eventuali indizi di nuova fisica oltre il Modello Standard, tra le attività che vedranno impegnati Vagnoni e la collaborazione LHCb nei prossimi anni ci saranno anche quelle rivolte alla pianificazione del secondo aggiornamento del rivelatore, in previsione dell’avvio della fase di alta luminosità di LHC (High Luminosity LHC).

“Alla fine di questo decennio abbiamo in programma un nuovo aggiornamento del rivelatore, che ci consentirà durante l’ultimo decennio di vita di LHC, fino all’inizio degli anni 2040, di accrescere enormemente la statistica di dati, per misurare con precisione sempre crescente effetti sensibili all’esistenza di nuova fisica”, spiega Vagnoni. “Se quello che abbiamo fatto finora e stato molto difficile, quello che dovremo fare in futuro lo sarà ancora di più. Bisogna guardare avanti, sempre, senza paura”.

La collaborazione internazionale LHCb è composta da circa 1500 persone tra ricercatori, tecnologi e tecnici, provenienti da 20 Paesi di tutto il mondo. I gruppi INFN rappresentano circa il 15% del totale della collaborazione, e danno contributi fondamentali a svariati aspetti del rivelatore LHCb, della presa dati e della successiva analisi dei dati raccolti. L’INFN, attraverso le sezioni di Bari, Bologna, Cagliari, CNAF, Ferrara, Firenze, Genova, Laboratori Nazionali di Frascati, Milano, Milano Bicocca, Padova, Perugia, Pisa, Roma La Sapienza, Roma Tor Vergata, ha inoltre svolto un ruolo decisivo negli interventi di aggiornamento del rivelatore effettuati durante il Long Shtudown 2 di LHC.

Ricercatore dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Bologna, dal 2005. Dal 2016 al 2018 è stato responsabile scientifico (physics coordinator) della collaborazione internazionale LHCb. È autore di oltre 600 articoli pubblicati su riviste internazionali nel settore della fisica delle particelle, che spaziano da misure di precisione di asimmetrie di comportamento materia-antimateria allo studio della dinamica di particelle costituite da quark cosiddetti pesanti.

Fonte: INFN  Istituto Nazionale Fisica Nucleare

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Regolamento uso sezione PhotoCoelum

 

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La Direzione

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SuperLuna 3 Luglio da non perdere

 

Questa sera 3 Luglio da non perdere la SUPERLUNA

La superluna è un fenomeno ottico che si verifica quando due fattori sono concomitanti. La Luna, che non cambia mai dimensione reale ma solo apparente, in alcuni periodi dell’anno sembra più grande e più rossa rispetto al solito. Si tratta del risultato della combinazione di due eventi. Il primo è la Luna Piena, il 3 luglio infatti, la Luna tutta illuminata sarà al giorno 15° e con fase al 100%, il secondo è la distanza dalla Terra che il giorno 4 luglio sarà minima a soli 360.147 km, si dice che la Luna è al Perigeo.

Anche se i due eventi non si combinano proprio nello stesso giorno ma a distanza di poche ore, la loro vicinanza fa della Luna del ciclo di Luglio una delle apparentemente più grandi di tutto il 2023 con un diametro pari a 33′ e 10”, seconda solo a quella che si verificherà circa un mese più tardi il 2 agosto.

Il colore rosso invece è un fenomeno legato all’atmosfera terrestre che altera i colori percepiti dall’occhio umano e più evidente quando gli oggetti sono all’orizzonte. L’atmosfera per sua natura tende e riflettere le frequenze della luce più blu e lasciar passare invece quelle rosse. Quando un oggetto di trova all’orizzonte la sua luce deve attraversare, per giungere ai nostri occhi, uno strato più spesso di atmosfera e ciò amplifica l’effetto. In tal modo la Luna appena sorta sembrerà di un rosso fuoco perdendo di intensità man mano che si alzerà nel cielo.

Il giorno 3 la Luna sorgerà nel Sagittario alle ore 21 e 43 per un osservatore sito a Roma. Crediti: https://theskylive.com/

A partire dalle 21.30 saranno trasmesse le immagini della Luna ripresa dal vivo con i telescopi e gli astronomi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) da Cagliari, Palermo e Loiano (Bologna). Ospite speciale: Licia Troisi, scrittrice, astrofisica e divulgatrice scientifica.
Il link alla diretta:
Di seguito, il testo integrale della notizia su EduINAF:
Diretta organizzata da EduINAF per lunedì 3 luglio per osservare la prima “Superluna” dell’anno, il momento in cui la fase di Luna piena si verifica quando il nostro satellite naturale è alla minima distanza dalla Terra.

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Successo per la missione italiana Virgin Galactic

Grande successo (non scontato) per il lancio della Missione Italiana a bordo della Virgin Galactic

 

Si è concluso ieri, 29 giugno, con successo il volo turistico spaziale organizzato dalla Virgin Galactic con a bordo in tutto 4 italiani.

Il volo della Virgin Galactic è durato circa 90 minuti durante i quali la navetta è arrivata oltre i 15km di quota accompagnata da un aereo pilota.

Sono 4 i membri dell’equipaggio, 3 imbarcati sulla missione principale rimasta per 3 minuti in microgravità:

  • Pantaleone Carlucci, ingegnere del CNR;
  • Colin Bennett, istruttore astronauta alla Virgin Galactic;
  • il colonnello Walter Villadei dell’Aeronautica Militare, che si sta addestrando per una “futura missione spaziale orbitale” alla Stazione Spaziale Internazionale, secondo i materiali Virgin Galactic;
  • Il tenente colonnello Angelo Landolfi, medico dell’Aeronautica Militare.

L’equipaggio del Galactic 01, da sinistra a destra, il colonnello Walter Villadei, Pantaleone Carlucci, il tenente colonnello Angelo Landolfi e Colin Bennet.(Credito immagine: Virgin Galactic)

un quarto membro era invece a bordo dell’aereo che ha trascinato la navetta in quota, si tratta del pilota Nicola Pecile di Udine, unico collaudatore del nostro Paese finora selezionato dalla Virgin Galactic.

Durante la missione frutto di un accordo commerciale tra l’Aeronautica Militare e Virgin Galactic, dopo un saluto con la bandiera italiana, i tre protagonisti della missione italiana Virtute 1 (Volo italiano per la ricerca e la tecnologia suborbitale) hanno iniziato a condurre i 13 esperimenti previsti nella missione, cercando di sfruttare al meglio i circa 3 minuti di microgravità. Carlucci e Landolfi indossavano sensori per controllare funzione fisiologiche importanti, come quelle cardiache e cerebrali, come le funzioni legate al movimento. Entusiasmo nei commenti dei protagonisti della missione, che nella conferenza stampa di chiusura hanno detto che la missione “è andata meglio del previsto” ed è stata “un’esperienza indimenticabile”. C’è stato anche un po’ di tempo per godere di una “meravigliosa vista all’esterno”, hanno detto, anche se i 13 esperimenti non hanno lasciato loro molto tempo per distrarsi. Di questi, Doosy e Liulin, entrambi del Cnr, sono destinati a raccogliere le prime misure della radiazione cosmica nella mesosfera, ossia nella regione dell’atmosfera che sarà raggiunta dal volo suborbitale e compresa fra 50 e 100 chilometri di quota. Oltre che Cnr e Aeronautica Militare (questi ultimi in collaborazione con ospedale Maggiore Policlinico e Università di Milano e Università Politecnica delle Marche) gli esperimenti sono stati programmati da Università di Roma Tor Vergata, Università di Padova, l’azienda T4i (fonte ANSA).

Ma oggi non manca chi si chiede perché l’Italia abbia dovuto spendere tanto (ufficialmente un biglietto costa al pubblico 450mila euro, ma la cifra pagata dal nostro paese non è stata resa pubblica) per ottenere 3 minuti di microgravità. Molti di più ne vengono offerti dai voli parabolici che si svolgono da almeno 15 anni con grandi aerei come i 747 e dalla Stazione Spaziale Internazionale. Interpellata, l’Aeronautica non ha dato risposta.

Si ricorda inoltre che di Villadei si parlò per le presunte frizioni con Samantha Cristoforetti, all’epoca del di lei addio alla divisa dell’Aeronautica nel 2020, e per l’addestramento come cosmonauta russo a Baikonur in Russia. Sia Cristoforetti che Villadei hanno smentito ogni dissidio. (fonte Repubblica.it).

Qui il video sintesi della missione:

 

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