Appuntamenti a tema astronomico in Calabria nelle prossime settimane
Grazie alle segnalazioni del nostro caro autore prof. Francesco Veltri, ecco gli eventi a tema astronomico organizzati nella regione Calabria. Durante gli eventi sarà possibile osservare il cielo guidati alla scoperta di costellazioni ed astri notevoli.
Si inizia il 1 agosto a Marcellinara, Città che Legge, in provincia di Catanzaro, con la Serata di Osservazione Astronomica. L’appuntamento è in piazza F. Scerbo per l’osservazione guidata ad occhio nudo (partecipazione gratuita e senza prenotazione).
Si prosegue poi con tre eventi successivi organizzati in collaborazione con il FAI Fondo Ambiente Italiano sabato 3 e domenica 11 e 25 agosto.
L’appuntamento è a Località Croce di Magara a Spezzano della Sila un’emozionante esperienza guidata dall’esperto astrofilo Francesco Veltri che illustrerà le meraviglie del cielo attraverso un’osservazione astronomica ad occhio nudo: un appassionante viaggio alla scoperta di stelle, costellazioni e miti sotto il cielo dei Giganti della Sila che faranno da sfondo ad una passeggiata in notturna dal grande fascino.
L’articolo descrive la realizzazione di una AllSkyCam fai-da-te, una camera che riprende tutto il cielo, utile per astrofili e astrofotografi per monitorare in tempo reale le condizioni della volta celeste. Questo dispositivo diventa indispensabile quando si opera da postazioni remote, permettendo di decidere se iniziare o terminare una sessione di ripresa.
L’idea nasce dalla necessità di sostituire una AllSkyCam non più funzionante dell’associazione ADARA. I costi dei nuovi modelli erano elevati, quindi si è optato per una soluzione economica fai-da-te utilizzando un Raspberry Pi con una camera compatibile, montato in una scatola stagna. Il costo totale è inferiore ai 250 euro.
Per il software, si è scelto frankAllSkyCam, un programma gratuito e leggero che fornisce funzionalità essenziali come gli orari di alba e tramonto, le fasi lunari, umidità e temperatura. La costruzione richiede componenti come un Raspberry Pi4, una scheda micro-SD ad alte prestazioni, una camera Pi HQ Cam, una lente fish-eye, resistenze anticondensa, un relè, un sensore di temperatura e umidità, una scatola stagna, un alimentatore e vari cavi e connettori.
L’articolo guida passo dopo passo l’assemblaggio, dalla preparazione della scatola, al montaggio dei componenti, alla configurazione della camera e del software. La messa a fuoco della camera può essere effettuata tramite un monitor locale o streaming video.
Il software frankAllSkyCam include funzionalità come la visualizzazione in tempo reale delle immagini del cielo, l’indicazione dei pianeti principali, la generazione automatica di timelapse e startrail, e l’integrazione con sensori interni ed esterni per monitorare le condizioni ambientali e gestire il sistema anticondensa. La configurazione del software è flessibile, permettendo di personalizzare aspetti come la risoluzione delle immagini, i parametri dei sensori e l’upload delle immagini su un sito web remoto.
Il progetto, testato in diverse condizioni climatiche per oltre due anni, si è dimostrato affidabile e stabile. Il software è disponibile su GitHub e offre una soluzione economica e facile da implementare per gli astrofili.
Realizzare una AllSkyCam e farla funzionare in pochi minuti con un software gratuito
Cos’è una AllSkyCam? A cosa serve?
Si tratta di una camera che inquadra tutto il cielo, da cui, il nome AllSkyCam. È molto utile agli astrofili, specialmente agli astrofotografi perché, grazie all’immagine del cielo in tempo reale, si riesce a guardare lo stato della volta celeste e, quindi, a capire se è il caso di cominciare/terminare una sessione. È evidente che diventa davvero necessaria quando si lavora da postazioni remote. In questi casi, la AllSkyCam è l’unico mezzo per capire in autonomia la situazione attuale e la tendenza evolutiva del cielo.
Alcuni astrofili usano la AllSkyCam per catturare foto delle meteore. Altri ancora, per generare simpatici video Timelapse del cielo e, perché no, la classica “strisciata al polo”, nota come “startrail”.
L’idea
Tutto è nato per necessità. Nella nostra associazione astrofili ADARA, sita a Brallo di Pregola, un’incantevole località dell’Oltrepò Pavese, avevamo già una AllSkyCam in servizio da diversi anni. Era la nostra finestra sul cielo, il nostro “corrispondente” che ci comunicava se potevamo attivare le nostre postazioni remote e cominciare le sessioni di ripresa.
Improvvisamente, la nostra AllSkyCam ha cessato di funzionare. Così, ci siamo posti il problema di sostituirla con una nuova. Pronti a cercare il nuovo modello… ed ecco l’amara sorpresa: per sostituirla con qualcosa di più recente, si sarebbe arrivati a spendere almeno 700 euro per un modello base, se non di più.
Subito ci sembrano troppi. Ci domandiamo: è mai possibile che, con la disponibilità di sensori CMOS a basso costo e con la diffusione delle videocamere di sorveglianza, ormai disponibili per qualche decina di euro, si debba arrivare a cifre così elevate?
Dopo un veloce giro in rete, troviamo l’alternativa fai-da-te. Ci occorre un Raspberry PI con una camera compatibile (ne esistono diversi modelli). Il tutto va montato in una scatola stagna, con una apertura protetta verso il cielo. Poi, un po’ di software per gestirla. E te la cavi con meno di 250 euro.
E il software? Girando per il web, è stato facile trovare diversi progetti open source, molto evoluti e molto carini, che arrivano a fornire funzionalità che, francamente, vanno anche oltre le nostre esigenze. Ed è proprio questo il punto. Qual è il problema da risolvere? Nel nostro caso, capire le condizioni del cielo ed avere qualche informazione a corredo, tipo:
Quando sorge/tramonta il sole e comincia/finisce il buio astronomico?
Quando sorge/tramonta la luna?
Qual è la fase lunare attuale?
Umidità e temperatura?
Insomma, sono queste le informazioni di base che ci aiutano a pianificare una sessione di ripresa o le attività da visualista.
Ebbene, in questo articolo vedremo come realizzare una AllSkyCam completa e ci affideremo ad uno dei software più leggeri esistenti. Si tratta del frankAllSkyCam, realizzato da… me!
Vediamo ora come costruirla.
La realizzazione
Va precisato che quando ti cimenti in un progetto fai-da-te, costruisci prototipi, capisci quello che non funziona, quello che va modificato. Commetti errori, impari e migliori. E questo ahimè ha un impatto economico. Ho comprato pezzi inutili, parti inadeguate, distrutto componenti… ma sono arrivato al risultato atteso. Ci sono arrivato divertendomi e raggiungendo un livello di prestazioni stabile. Le sperimentazioni, una volta realizzato il tutto, sono durate oltre un anno: la AllSkyCam è stata testata in ogni stagione e condizione meteo. E quindi neve, sole, pioggia, grandine e temperature estreme hanno aiutato a correggere il tiro e migliorare nel tempo. Ormai sono oltre due anni che le AllSkyCam installate lavorano bene. Il livello di maturità è soddisfacente e lo scopo di questo articolo è cercare condividere la mia esperienza per aiutare gli astrofili interessati ad arrivare velocemente alla realizzazione, evitando di commettere di nuovo gli stessi errori.
Partiamo subito dall’occorrente. Ecco la lista della spesa:
Raspberry Pi4 Model B. Va benissimo il modello 4GB RAM. Costo intorno ai 100 euro. Attenzione. Va bene anche un Pi Zero, anche se lo sconsiglierei. Alcuni amici astrofili hanno testato con il Pi zero e funziona senza problemi. Ovviamente, la generazione dei timelapse è veramente lenta. Andrebbe bene anche un vecchio Pi3 ma più avanti scopriremo che disporre di un Pi4 può offrire anche altre opportunità.
Una schedina di memoria micro-SD Card. Ho scelto quella ad alte prestazioni, essendo esposta alle intemperie h24. Nella mia esperienza, quelle ordinarie si danneggiano dopo qualche mese. I modelli “high endurance” sono molto più affidabili. Bastano 32GB. Ma vista la poca differenza di prezzo, ho scelto il taglio da 64GB, reperibile a circa 30 euro.
Una camera Raspberry Pi. Io ho optato per la Pi HQ Cam, ma funziona qualsiasi PiCam. Anche le ben note ArduCam. L’importante è che queste camerine funzionino con il pacchetto libcamera. Naturalmente è necessario il cavo flat per il collegamento della camerina. Di solito viene fornito a corredo. Il costo della HQ Cam si aggira intorno ai 65 euro
Lente fish-eye da montare davanti alla camerina. L’ho recuperata a circa 15 euro (170° totali, 1,7mm di focale).
Resistenze per evitare la formazione di condensa. Si possono utilizzare 2 striscette adesive da 12W, alimentate a 12V. Costo sui 10 euro. Naturalmente, è possibile usare qualsiasi altro tipo di resistenza (purché scaldi abbastanza) ma questo richiede alcune considerazioni che faremo più avanti, in un paragrafo dedicato.
Relè per comandare l’accensione/spegnimento delle resistenze. Circa 5 euro.
Sensore di temperatura e umidità, per misurare le condizioni interne al box. Circa 8 euro.
Scatola per contenere il tutto (esempio una IP65). Si recupera tra i 15 e i 20 euro.
Alimentatore 12V 10A, circa 10 euro.
Convertitore DC 12V – 5V per alimentare il Raspberry, circa 10 euro.
Connettore “aeronautico” RJ45, per collegare la AllSkyCam al cavo LAN. Evitabile se si dispone di copertura WiFi. Per prenderne 2 ci vogliono circa 15 euro.
Passacavi ermetico, per il cavo di alimentazione. Costa circa 1 euro se comprato in un Brico.
Cupolino in plexiglass, diametro da 3,5 pollici. Una dimensione maggiore risulta essere più sensibile a problemi di condensa interna. Costo inferiore ai 10 euro.
Una piccola tavoletta di legno multistrato, delle dimensioni della base della scatola elettrica, da inserire come supporto su cui montare i vari componenti.
Un po’ di cavo elettrico rosso-nero (DC)
Alcuni cavetti jumper Dupont, per collegare i sensori ed il relè al Raspberry PI. Un pacco intero costa sui 10 euro.
Silicone, per sigillare il cupolino alla scatola elettrica.
Un sacchetto da 50g di silica gel da lasciare nella scatola elettrica. Un pacchetto da 6 costa circa 15 euro.
Come si può notare, l’intero costo si aggira intorno ai 300 euro. Direi che tutto l’occorrente è reperibile su Amazon.
Assembliamo la nostra AllSkyCam!
Procediamo per passi.
La scatola deve essere dotata di un fondo “millefori” su cui montare i componenti. La mia ne era sprovvista, ragion per cui è stato necessario sagomare una tavoletta in multistrato su cui montare i componenti da posizionare sul fondo della scatola. Bisogna avere l’accortezza di non coprire tutto il fondo, ma lasciare una zona libera, per consentire l’ingresso del cavo LAN e del cavo di alimentazione 12V, che entreranno, appunto, dal fondo attraverso, rispettivamente, un connettore aeronautico RJ45 ed un passacavi. È ovvio che, in caso di uso del WiFi, entra solo il cavo di alimentazione. Va fatta una precisazione su questo punto. Il Raspberry Pi può essere alimentato con un PoEHat, cosa che ho voluto evitare per limitare i costi ed anche perché, nel caso specifico, la posizione della SkyCam è raggiunta dall’alimentazione.
Successivamente sono da posizionare il Raspberry Pi, l’adattatore DC 12V-5V ed il relè (che dovrà comandare le resistenze anticondensa) nel fondo della scatola cercando di ottenere la migliore combinazione di posizioni nella zona destra, lasciando, sul lato opposto, lo spazio per poter sistemare la camera. Una volta individuata la disposizione più ottimale dei componenti, è preferibile procedere con le operazioni di montaggio vere e proprie fuori della scatola, sulla tavoletta di legno sagomata, in modo da avere gradi di libertà nelle attività di assemblaggio.
Trovato un layout comodo, si procede con il fissaggio dei componenti, semplicemente avvitandoli sulla tavoletta di cui sopra (in alternativa, si possono usare dei ganci con fascette a stringere).
Trapano alla mano, si praticano 2 fori nel fondo della scatola per installare rispettivamente il passacavi attraverso il quale arriverà l’alimentazione 12V, ed il connettore aeronautico per il cavo LAN RJ45. Una nota. Se si vuole, si può evitare il connettore LAN RJ45 ed utilizzare, al suo posto, un normale passacavi. In tal caso, si passa il cavo 8 poli (Cat. 5e o 6) e poi si crimpa il connettore RJ45 maschio. Il problema però è che, in caso di smontaggio della AllSkyCam per manutenzione, dovremo tagliare il cavo e poi, al montaggio, ri-crimpare lo spinotto RJ45.
E’ il momento di collegare i primi cavi. La linea 12V deve arrivare direttamente all’alimentatore del Raspberry (convertitore 12V-5V) ed alle resistenze anticondensa, qui previa connessione al relé che ne comanderà accensione e spegnimento. Il connettore aeronautico andrà nella presa LAN del Raspberry.
Il relè offre, da un lato, tre connessioni verso il Raspberry: tensione di riferimento, tensione 5V+ e comando. Qui suggerirei di collegarli alla board del raspberry, tramite i cavetti Dupont, ai pin n.2 (5V), n.6 (Gnd)e n.18 (GPIO 24). E’ possibile scegliere anche pin diversi. Dall’altro lato, il relè offre l’uscita di tensione che alimenterà le resistenze.
E’ il momento di installare la camera di ripresa, nel nostro caso, la Pi HQ Cam. L’ho fissata al fondo della scatola usando dei piedini ad “L”, che hanno, sulla base, un foro di fissaggio e sull’apice, un foro filettato che consente il montaggio della camera. Naturalmente, dovremo montare la lente grandangolare, semplicemente avvitandola davanti al sensore CMOS. La camerina dovrà essere “innalzata” per uscire dalla scatola fino a sfiorare la superficie interna del cupolino. Quindi, va considerato l’uso di prolunghe facilmente reperibili anche su Amazon. Per regolare l’altezza, occorre quindi montare il cupolino al coperchio della scatola (vedi punti successivi) e poi fissare l’altezza definitiva della camera CMOS, che andrà collegata, tramite il suo cavo flat, alla board del Raspberry Pi, facendo attenzione al verso del cavo, il cui pin 0 è tipicamente quello azzurro (seguire il foglietto di istruzioni).
E’ giunto il momento di forare il coperchio della scatola elettrica per il successivo montaggio del cupolino. Occorre una fresa montata ad un trapano. Il foro deve essere centrato in corrispondenza dell’obbiettivo della camerina CMOS e deve avere un diametro tale da poter consentire il successivo montaggio del cupolino. In altre parole, se il diametro interno del cupolino è 3 pollici (circa 7,7cm) farei un foro da 6cm. Occorre, quindi, una fresa da 6cm. Effettuato il foro, procediamo con il fissaggio del cupolino. Questo, tipicamente, dispone di una serie di fiorellini sulla sua base di appoggio. E’ necessario praticare i fiorellini corrispondenti anche sul coperchio della scatola elettrica, in modo da consentire il fissaggio tramite piccoli perni e bulloni (tipicamente M2 o M3). Prima di avvitare, dobbiamo distribuire della colla siliconica sulla base di appoggio del cupolino. Dopo l’avvitatura dello stesso, occorre sigillare per bene i bordi esterni del cupolino stesso.
Montiamo ora le resistenze anticondensa. Ho utilizzato 2 striscette adesive da 12Watt. Mi sono accorto che producono un calore molto forte. L’idea era di attaccarle al cupolino, ma avrei rischiato deformazioni al plexiglass, per cui le ho incollate ad una striscetta di silicone che ho poi sistemato all’interno del cupolino. Le resistenze andranno collegati al polo positivo, in uscita dal relè, ed al polo negativo dell’alimentazione generale.
Ora che tutto è pronto, non rimane altro che installare il sistema operativo e procedere con la messa a fuoco della camera. Soltanto dopo sarà possibile chiudere definitivamente la scatola con le sue viti. Da notare che la Pi HQ Cam è quanto più possibile vicina al cupolino, in modo da limitare le distorsioni di immagine.
A sinistra – Particolare della AllSkyCam. Si notino le resistenze montate direttamente sul lato interno del cupolino, poi dopo rimosse per l’eccessivo calore generato.
La preparazione del software di sistema
E’ necessario disporre di una microSD Card (32GB è già sufficiente). La card va preparata con il sistema operativo Bullseye. Per far questo, occorre utilizzare il Raspberry PiImager (disponibile al sito www.raspberry.com/software), un tool molto semplice da usare.
Una volta installato sul PC/Mac, prima di scrivere l’immagine sulla microSD, vanno configurate le opzioni base (es. Hostname, WiFi/LAN, layout tastiera, time zone, username/password), ma questa configurazione esula dallo scopo di questo articolo. Va detto che il software AllSkyCam non necessita del sistema operativo completo di desktop. La versione “Lite” va più che bene. Anzi, è raccomandata.
Procediamo ora con il primo avvio del sistema. Inseriamo la scheda microSD nel Raspberry Pi, colleghiamo un monitor e, una volta avviato il sistema, procediamo all’aggiornamento del sistema operativo, digitando, al prompt dei comandi:
Adesso bisogna installare alcuni pacchetti software. E’ necessaria la connessione ad internet.
pip (per l’installazione di pacchetti Python, dovrebbe già essere presente nel sistema) – sudo aptinstall python3-pip
ImageMagick (libreria pythonper la gestione delle immagini) – sudo apt-get install libmagickwand-dev
ffmpeg (software per la generazione video, nel nostro caso, timelapse) – sudo aptinstallffmpeg
Procediamo adesso con la messa a fuoco della camera, digitando: libcamera-vid -t 100000
Ora vedremo, al monitor locale, il video trasmesso dalla Pi HQ Cam. Possiamo quindi mettere a fuoco ruotando la ghiera della camera, avendo cura di inquadrare il cielo. Possiamo aumentare la durata del video aumentando il valore 100000 della riga di comando. Nota: se non abbiamo un monitor da collegare al Raspberry Pi, possiamo comunque generare uno stream video e renderlo disponibile sulla rete: libcamera-vid -t 0 —inline —listen -o tcp://0.0.0.0:8888
Dopodiché, da un’altra postazione sulla stessa rete, possiamo usare, ad esempio un client VLC ed aprire il network stream, indicando l’indirizzo IP del Raspberry Pi e la porta sulla quale il Raspberry sta generando lo streaming (es. tcp/h264://raspberrypi.local:8888). La messa a fuoco tramite streaming video non è il massimo. Bisogna tener conto di qualche secondo di ritardo introdotto dalla trasmissione. Per cui bisogna procedere con piccole rotazioni della ghiera di messa a fuoco ed attendere di vedere l’effetto sul client video.
Una volta terminata la messa a fuoco, possiamo inserire nella scatola il sacchetto di silica gel e chiudere la AllSkyCam.
Nota: frankAllSkyCam utilizza il software libcamera (incluso nell’ultimo sistema operativo Raspberry). La versione precedente (raspistill) non è supportata.
Configurazione di frankAllSkyCam
È possibile configurare diversi aspetti, dalla risoluzione dell’immaginealla dimensione del font di caratteri, alla posizione del testo sull’immagine, etc. Ma concentriamoci sugli aspetti più importanti, lasciando gli altri settings con i valori predefiniti.
Il file di configurazione è situato in: /home/pi/frankAllSkyCam/config.txt
Per modificarlo,è possibile utilizzare l’editor nano: nano /home/pi/frankAllSkyCam/config.txt
Parametri base:
inte = AstroBrallo.com #nome della AllSkyCam
latitude = 44,73#latitudine del sito di osservazione
longitude = 9.31 #longitudine del sito di osservazione
time_zone = Europe/Rome #time zone
nel caso in cui si possegga un SQM-LE, bisogna abilitarlo in questo modo:
FTP_fileNameTimelapseMP4 = /videos/frankAllSkycam #cartella dei video timelapse
In base alla configurazione di cui sopra, la allskycam, le immagini startrail e i video timelapse verranno caricati su un sito remoto, tramite FTP. Naturalmente, se non si desidera usare un FTP remoto basta impostare isFTP=False
Due ulteriori parametri abilitano/disabilitano la generazione dei timelapse:
nightTL = True #True = viene generato il timelapse notturno; False = no
fullTL = True#True = viene generato il timelapse 24h; False = no
Il file allskycam_night.mp4 mostrerà solo il timelapse notturno, dal tramonto all’alba e verrà generato se nightTL = True
Analogamente, allskycam_24h.mp4 mostrerà le 24 ore e verrà generato se fullTL = True
Ci sono alcune altre opzioni. Il file config.txt è autoesplicativo ed è possibile personalizzare molti aspetti, incluso il logo, l’immagine della bussola, e “dati extra” che potremmo decidere di scrivere sulla nostra immagine AllSkyCam, ad esempio informazioni provenienti da sensori esterni,quali la velocità del vento, l’umidità, la temperatura e/o altro.
Una volta completata la configurazione, è necessario verificare se il tutto funziona. Dalla riga di comando, basta digitare: python3 -m frankAllSkyCam
Per verificare il funzionamento facciamo attenzione ad eventuali messaggi di errore (quasi sempre sono dovuti ad errori di configurazione. Quindi controlliamo bene il file config.txt)abbiamo diverse opzioni:
tramite browser, provarehttp://<your_raspberry_IP>
Sul disco locale del Raspberry Pi, verificare l’esistenza del file jpeg (nome del file contiene data ed ora): /home/pi/frankAllSkyCam/img/<img_folder_with_date>/
Sul sito web remoto (nel caso sia stato configurato) dovrebbe essere visibile l’immagine AllSkyCam
Se tutto funziona, rendiamo tutto automatico. Basta digitare questo comando: python3 -m frankAllSkyCam.crontab
A destra – La AllSkyCam completa. Si noti l’anello di silicone azzurro, interno al cupolino, introdotto per evitare il contatto diretto tra le resistenze ed il cupolino (al fine di evitare il rischio di deformazione dello stesso, dovuto all’eccessivo calore generato).
Gestione del sistema anticondensa
Il tema della formazione della condensa sul cupolino, e della sua gestione, è probabilmente la parte più complessa della realizzazione di una AllSkyCam. Esistono diverse scuole di pensiero: AllSkyCam ventilata, completamente sigillata, valvole di pressione, ed altre idee creative. Tutte sono più o meno funzionanti ma, nel mio caso, ho testato con successo questo approccio:
AllSkyCam completamente (ben) sigillata.
Installazione di un sensore di temperatura ed umidità interno al box, preferibilmente nell’area sottesa dal cupolino
Installazione di un sensore di temperatura ed umidità esterno al box
I due sensori potrebbero anche non essere necessari. Infatti, nel mio caso, per diversi mesi ho interrogato, via http, una stazione meteo che si trova a qualche Km di distanza, ricavando direttamente il valore del punto di rugiada della zona. Data la distanza, i valori non erano sempre attendibili, per cui ho pensato di rendermi autonomo e di installare i due sensori di cui sopra.
Mentre il sensore interno (2) sarà collegato direttamente al Raspberry Pi (ho usato un sensore DHT22 che costa circa 8 euro. Il software frankAllSkyCam include lo script per la lettura della temperatura), il sensore esterno (3) potrà essere anche lontano, comunque nella stessa zona di installazione. Nel mio caso, ho usato un sensore di umidità e temperatura WiFi, facilmente interrogabile via http. Una volta acquisiti i valori dei due sensori, diventa immediato calcolare direttamente il punto di rugiada con una delle formule che si possono trovare facilmente in Rete.
Il nostro software frankAllSkyCam dispone di un file python: /home/pi/frankAllSkyCam/tools/checkDew.py
che implementa la logica sopra descritta, e che ogni 10 minuti (è in crontab) acquisisce le letture dai sensori e provvede ad accendere o spegnere le resistenze, dopo aver ricavato il valore del punto di rugiada. In alternativa, è possibile guardare al valore del tasso di umidità interno e/o combinare questa informazione con quella relativa al punto di rugiada.
Alcuni astrofili hanno usato un approccio altrettanto empirico, probabilmente più semplice, e con ottimi risultati. Senza basarsi sui valori del punto di rugiada/umidità interna, hanno programmato l’accensione delle resistenze in modo incondizionato: accensione al tramonto e spegnimento dopo l’alba. In questo modo, hanno evitato l’installazione dei sensori. Attenzione però a non utilizzare resistenze troppo scaldanti: il cupolino potrebbe deformarsi in caso di calore eccessivo.
Le funzionalità del software frankAllSkyCam
Prima di procedere con l’installazione, mi soffermo sulle funzionalità di questo software, scritto da me (da cui il nome frankAllSkyCam). Oltre a fornire l’immagine del cielo in tempo reale, fornisce le seguenti informazioni:
Immagine fase della Luna (fase, %illuminazione, orari di alba e tramonto, prossima luna nuova)
Sole (orari di alba e tramonto)
Orari di inizio e fine del buio astronomico
SQM (calcolato dall’analisi dell’immagine, oppure letto dal lettore SQM-LE, se disponibile)
Indicazione dei pianeti principali presenti in cielo, con le rispettive icone
Valori provenienti da eventuali sensori sia collegati al Raspberry Pi, sia disponibili tramite rete (es. Temperatura, Umidità, dati di stazioni meteo, …)
Tali dati vengono riportati sull’immagine insieme con 2 loghi a scelta (es. Bussola e logo personale) e nome della location. Le posizioni di queste informazioni, la dimensione del testo, il colore del font (diurno e notturno) sono customizzabili da un file di configurazione.
Ogni mattina, questo software genera automaticamente:
Timelapse delle ultime 24 ore
Timelapse della notte appena trascorsa
Startrail della notte precedente
Inoltre, attraverso l’interfaccia web, visualizza le costellazioni in overlap all’immagine del cielo. In questo modo, accedendo – tramite browser – alla AllSkyCam è possibile vedere, tutte insieme, le informazioni utili a pianificare e gestire una eventuale osservativa.
Altra funzionalità è la gestione automatica anticondensa, ma questa verrà trattata più avanti, in un paragrafo dedicato.
Una nota a parte la merita la misurazione dell’SQM. Il software frankAllSkyCam comunica con un SQM LE leggendo i valori SQM ed adeguando, di conseguenza, il tempo di esposizione dell’immagine del cielo. Qualora non fosse disponibile un SQM-LE, il software fornisce una ottima stima del valore SQM, analizzando i dati del fotogramma. Per raggiungere questo risultato ho scritto un algoritmo “machine learning” addestrato con le letture reali dell’SMQ-LE. Il training è durato una settimana ed i valori di SQM calcolati sono quasi sovrapponibili a quellirilevati dall’SQM-LE.
Se si intende usare il Raspberry Pi anche come server web, è necessario che installare Apache (o altro server web). Per installare Apache, basta digitare questo comando: sudo aptinstall apache2 -y
dopodiché occorrerà creare la cartella che ospiterà l’immagine allskycam.jpg: sudo mkdir /var/www/html/img
A questo punto, occorre spostare il file index.html, generato durante l’installazione, nel server web locale: sudo mv /home/pi/frankAllSkyCam/index.html /var/www/html/
In questo modo, potremo vedere la nostra immagine del cielo usando semplicemente questo indirizzo: http://<indirizzo_IP raspberry/
Se vogliamo un vero e proprio sito web, questo viene fornito a corredo del software frankAllSkyCam, ed è immediatamente utilizzabile e personalizzabile.Una delle sue particolarità è la possibilità di mostrare l’overlay della mappa celeste sull’immagine del cielo, grazie ad un codice javascript open source disponibile in Rete. Un esempio reale è visibile qui:
Ultimo punto da considerare: dobbiamo decidere se la nostra AllSkyCam sarà destinata ad essere accessibile da utenti esterni oppure no. Se si, come credo, dovremo scegliere se utilizzare un sito web esterno alla nostra rete locale, oppure se usare il Raspberry Pi come web server pubblico. Nel primo caso, il software frankAllSkyCam esporterà l’immagine del cielo (via FTP) sul sito esterno. Questa soluzione potrebbe essere preferibile, sia per ragioni di sicurezza (in modo da evitare di esporre il Raspberry Pi su una rete pubblica), sia per evitare sovraccarico di richieste http che potrebbero degradare le prestazioni della nostra rete locale. Fare leva su un sito esterno è la mia preferenza personale. Ma comunque, qualora lo volessimo, è ovviamente possibile usare il Raspberry Pi come web server pubblico. In tal caso, sul nostro router, sarebbe necessaria una configurazione di “port forwarding” per esporre il servizio http del Raspberry Pi (su porta 80) su rete pubblica, associandolo ad una porta esterna (es. 8080). Il router si occuperà di reindirizzare le richieste in arrivo sulla porta 8080 verso la AllSkyCam che risponderà sulla porta 80. Dall’esterno bisognerà usare un indirizzo tipo questo:
http://<IP pubblico del mio router>:8080/
al posto dell’indirizzo IP pubblico del mio router è preferibile usare un servizio DNS (dinamico o statico, a seconda della natura del mio IP pubblico.
Naturalmente, frankAllSkyCam è gratuito e presente su GitHub.
Installazione del software frankAllSkyCam
L’installazione è davvero immediata. Assicurarsi di essere connessi ad internet e, dal prompt dei comandi del Raspberry Pi, digitare:
pip3 installfrankAllSkyCam
Se non si rilevano messaggi di errore, l’installazione è terminata, ma è necessario configurare ancora alcuni parametri, in base alle proprie preferenze. Per fare ciò, bisogna avviare il programma digitando: python3 -m frankAllSkyCam
Verranno create alcune cartelle:
/home/pi/frankAllSkyCam
cartella principale del programma
/home/pi/frankAllSkyCam/img
cartella delle immagini generate. Conterrà delle sottocartelle, ognuna relativa alle immagini di 24 ore. Il nome delle sottocartelle conterrà la data delle riprese. Queste cartelle verranno automaticamente cancellate dopo un numero “x” di giorni, definito nel file di configurazione
/home/pi/frankAllSkyCam/log
Cartella contenente i log del software
/home/pi/frankAllSkyCam/mq
Cartella contenente i file di supporto per il calcolo dell’SQM, quando il dispositivo SQM-LE non è disponibile
/home/pi/frankAllSkyCam/png
Cartella contenente il proprio logo, la bussola (entrambi personalizzabili), le immagini di luna e pianeti.
ed alcuni file, tra cui:
/home/pi/frankAllSkyCam/config.txt
/home/pi/frankAllSkyCam/index.html
config.txtcontiene la configurazione di frankAllSkyCam.
index.txt è una pagina web semplice che mostra l’immagine AllSky
Ora non resta che configurare le preferenze.
Conclusione
frankAllSkyCam ha un footprint bassissimo (richiede pochi Kb) ed una robustezza elevata, essendo basato sulle componenti del sistema operativo e su alcune librerie software consolidate. Nel corso del tempo (ormai è live da oltre 2 anni) è stato adottato da diversi astrofili nel mondo, anche su modelli di Raspberry molto economici (es. Raspberry Zero) e camere CMOS, pur compatibili con Raspberry Pi, ma con caratteristiche davvero base. Diciamo che fa il suo lavoro ed ha zero-issue riportate su GitHub. Quindi, se cercate una soluzione economica e “zero-sbatti”, questo potrebbe fare al vostro caso
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Il 22 luglio, il Chandra Operations Control Center di Burlington, ha organizzato un evento per celebrare l’occasione con tutto lo staff di Chandra. Tra gli oratori c’erano il direttore di Chandra Pat Slane, il direttore di CfA Lisa Kewley e Kevin Hix di MSFC. C’è stata anche una visita speciale dell’astronauta Cady Coleman, specialista di missione su STS-93, che ha tenuto un discorso e firmato autografi.
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Le immagini, create con i dati raccolti da Chandra, esplorano con raggi X tutti gli angoli dell’universo. Combinando i raggi X misurati da Chandra con altri osservatori spaziali e telescopi a terra, gli astronomi possono cercare di dare risposte ad alcune delle domande più complesse sui misteri del nostro cosmo.
Il 23 luglio 1999, lo Space Shuttle Columbia ha portato in orbita Chandra, all’epoca il carico utile più pesante mai trasportato dallo shuttle. Con il comandante Eileen Collins al timone, gli astronauti a bordo del Columbia hanno dispiegato con successo Chandra nella sua orbita altamente ellittica che lo porta a quasi un terzo della distanza dalla Luna.
“Per un quarto di secolo, Chandra ha fatto una scoperta dopo l’altra,” ha detto Pat Slane, direttore del Chandra X-ray Center situato presso lo Smithsonian Astrophysical Observatory di Cambridge, Massachusetts. “Gli astronomi hanno utilizzato Chandra per indagare su misteri di cui non eravamo nemmeno a conoscenza quando abbiamo costruito il telescopio, tra cui esopianeti ed energia oscura.”
I raggi X sono un tipo di luce particolarmente penetrante che rivela oggetti estremamente caldi e processi fisici molto energetici. Molte affascinanti regioni nello spazio brillano intensamente nei raggi X, come i detriti delle stelle esplose e il materiale che turbina attorno ai buchi neri. Anche stelle, galassie e persino pianeti emettono raggi X che possono essere studiati con Chandra.
La nuova serie di immagini è un campione di quasi 25.000 osservazioni che Chandra ha effettuato durante il suo quarto di secolo nello spazio.
Riproduzione del telescopio Chandra. Crediti @Nasa
Nel 1976, Riccardo Giacconi e Harvey Tananbaum proposero per primi alla NASA la missione che un giorno sarebbe diventata Chandra. Alla fine, Chandra fu selezionata per diventare uno dei “Grandi Osservatori” della NASA, insieme al telescopio spaziale Hubble e al Compton Gamma Ray Observatory e allo Spitzer Space Telescope, ora in pensione, ognuno dei quali osservava diversi tipi di luce.
Nel 2002, Giacconi è stato insignito del Premio Nobel per la fisica “per i contributi pionieristici all’astrofisica, che hanno portato alla scoperta di sorgenti cosmiche di raggi X”, gettando le basi per lo sviluppo e il lancio di Chandra.
Oggi, gli astronomi continuano a usare i dati di Chandra insieme ad altri potenti telescopi, tra cui il James Webb Space Telescope della NASA, IXPE (Imaging X-ray Polarimetry Explorer) e molti altri. Ad esempio, l’anno scorso, il lavoro di Chandra con Webb ha portato alla scoperta di due dei buchi neri più distanti mai visti (riportati qui e qui ), e il lavoro con IXPE ha rivelato le “ossa” di una mano cosmica spettrale, nello studio di una nebulosa a raggi X creata da una pulsar.
La scienza di Chandra ha portato a oltre 700 dottorati di ricerca e ha supportato un bacino di talenti eterogeneo di oltre 3.500 studenti universitari e laureati, circa 1.700 postdoc e oltre 5.000 ricercatori principali unici negli Stati Uniti e nel mondo. La domanda per l’utilizzo del telescopio è stata costantemente alta per tutta la durata della missione e alla fine solo il 20% di tutte le richieste sono state accolte per mancanza di tempo.
Gli scienziati hanno scritto oltre 10.000 articoli sottoposti a revisione paritaria e accettati basati sui dati di Chandra, raccogliendo quasi mezzo milione di citazioni, di fatto Chandra è una delle missioni NASA più produttive nel campo dell’astrofisica.
“A nome dell’equipaggio STS-93, siamo tremendamente orgogliosi del Chandra X-ray Observatory e del suo brillante team che ha costruito e lanciato questo tesoro astronomico”, ha affermato Eileen Collins, comandante della missione dello Space Shuttle Columbia che ha lanciato Chandra nello spazio nel 1999. “Le scoperte di Chandra ci hanno continuamente stupito e impressionato negli ultimi 25 anni”.
Questo montaggio contiene 25 nuove immagini con dati provenienti dall’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA, che vengono rilasciati per commemorare il 25° anniversario del telescopio nello spazio, come descritto nel nostro ultimo comunicato stampa . Dal suo lancio nello spazio il 23 luglio 1999, Chandra è stata la missione di punta della NASA per l’astronomia a raggi X nella sua flotta di “Grandi Osservatori”. Chandra scopre nuovi fenomeni esotici ed esamina vecchi misteri, osservando oggetti all’interno del nostro Sistema Solare fino quasi al limite dell’Universo osservabile.
Chandra scoprì rapidamente per la prima volta una sorgente puntiforme di raggi X nel centro di Cas A, in seguito confermata come una stella di neutroni. Poi Chandra fu utilizzato per scoprire prove di un “superfluido” all’interno della stella di neutroni sempre di Cas A, per determinare se la stella massiccia originale potrebbe essersi rivoltata durante l’esplosione, un altro tassello per comprendere il meccanismo di fine vita delle stelle massicce.
Nebulosa del Granchio Crediti: Raggi X: (Chandra) NASA/CXC/SAO, (IXPE) NASA/MSFC; Ottico: NASA/ESA/STScI; Elaborazione delle immagini: NASA/CXC/SAO/K. Arcand, L. Frattare e J. Schmidt
Fetta di Muonionalusta di 1.400g della
collezione di meteoriti dell’Osservatorio
del Monte Baldo.
ABSTRACT
Circa un milione di anni fa, in Lapponia, un meteorite illuminò la notte polare, dividendo la sua scia in frammenti incandescenti. Nessun uomo assistette all’evento, poiché nessuno era ancora giunto in quelle lande gelide. Nel 1906, vicino a Kitkiöjärvi in Svezia, due ragazzi trovarono una strana pietra, poi riconosciuta come siderite e denominata Muonionalusta. Nel corso degli anni, numerosi frammenti sono stati trovati e distribuiti in musei e collezioni private. Muonionalusta appartiene alla classe delle Sideriti Ottaedriti tipo IVA, caratterizzate da inclusioni di Triolite. Questo meteorite è uno dei più antichi, formatosi circa 4.5653 milioni di anni fa. Le sue tipiche figure di Widmanstätten, strutture lamellari visibili dopo specifici trattamenti, testimoniano la sua origine extraterrestre. Il ferro meteorico è stato usato dall’uomo per creare armi e utensili, come il pugnale del faraone Tutankhamon, recentemente confermato di origine meteorica.
Muonionalusta Il segreto del ferro
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FIGURA 6
L'immagine in copertina dell'articolo con in
sovraimpressione i redshift dei vari componenti
risolti nella mia immagine, tra i quali la
galassia distorta più distante di magnitudine
22.6 (nel canale r) a z=2.8, ossia ad una
distanza co-movente di 21 miliardi di anni
luce; nella parte alta del campo, è riportata
come riferimento la magnitudine (21 nel
canale r) di un’altra galassia dell’ammasso
fossile in primo piano a z=0.42, le cui due
giganti ellittiche centrali (gli occhi del gatto)
concorrono alla distorsione gravitazionale
delle quattro galassie di fondo.
ABSTRACT
L’articolo di Alessandro Ravagnin “Oltre i limiti” esplora il suo percorso di quasi 30 anni nell’astrofotografia, evidenziando l’evoluzione dalla semplice osservazione e disegno di oggetti celesti con un modesto telescopio Konus da 6 cm, alla cattura di fenomeni spaziali complessi con attrezzature avanzate per arrivare al Chesire Cat o Stregatto. Inizialmente limitato dal piccolo diametro del telescopio e dai cieli inquinati di Mestre, Ravagnin passò dai disegni alla fotografia analogica, e infine all’imaging digitale con le prime webcam come la Philips Vesta Pro. La sua passione per l’astronomia ha subito un salto significativo con l’acquisto di un telescopio C8, che gli ha permesso di catturare oggetti del sistema solare e immagini basilari del cielo profondo, nonostante le condizioni di visibilità sfavorevoli.
Un momento cruciale fu l’acquisto di una casa in campagna a Romano d’Ezzelino e la creazione di un osservatorio semi-automatizzato chiamato ADAM. Equipaggiato con un C11HD Edge e vari accessori, la capacità di Ravagnin di esplorare l’universo si ampliò notevolmente. Tuttavia, le limitazioni del cielo locale, con un valore SQM raramente superiore a 18,5/19 mag./arc sec², imposero sfide significative per l’imaging del cielo profondo. Scoprì che per ottenere immagini di alta qualità dalla sua posizione erano necessarie esposizioni molto più lunghe rispetto a quelle scattate sotto cieli più scuri con telescopi remoti in Cile, Namibia e Spagna, parte del progetto ShaRA che ha co-fondato nel 2022.
L’esplorazione delle lenti gravitazionali, un concetto previsto dalla relatività generale di Einstein, costituisce un tema centrale nel suo lavoro recente. Ravagnin ha accettato la sfida di fotografare questi fenomeni dal proprio giardino, concentrandosi su due specifiche lenti gravitazionali: “Cheshire Cat” (SDSS J103842.59+484917.7) e “Cosmic Horseshoe” (J1004+4112). Queste lenti, che agiscono come telescopi cosmici naturali, ingrandiscono e distorcono la luce proveniente da galassie lontane. Nonostante le difficoltà intrinseche, inclusi i lunghi tempi di esposizione e l’elaborazione meticolosa delle immagini, Ravagnin è riuscito a catturare l’elusivo “Cheshire Cat” integrando 20 ore di dati raccolti in diverse notti.
L’articolo sottolinea la disparità delle risorse disponibili per diversi astrofotografi e l’importanza di comprendere i limiti e le capacità delle proprie attrezzature e condizioni di osservazione. Il lavoro di Ravagnin mette in risalto la pazienza, la perseveranza e l’uso innovativo della tecnologia disponibile per spingere i confini dell’astrofotografia amatoriale. Il suo racconto dettagliato del processo, dalla selezione iniziale del target all’elaborazione finale dell’immagine, fornisce preziose intuizioni e ispirazione sia per i principianti che per gli astrofotografi esperti. Attraverso la sua dedizione e l’approccio creativo, Ravagnin dimostra che sono possibili realizzazioni straordinarie in astrofotografia anche in condizioni meno che ideali.
Sfide Impossibili Stregatto
Riprendo il cielo da ormai quasi 30 anni: quando ero giovanissimo mi dilettavo nel disegnare ciò che vedevo all’oculare riportando su un taccuino tutto quello che il mio piccolo Konus da 6cm di diametro mi permetteva di osservare: crateri lunari, bande nuvolose di Giove, macchie solari fotosferiche, qualche ammasso globulare. Quello era il mio Universo osservabile ed io muovevo i miei primi passi nello spazio profondo.
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NUOVO SERVIZIO EXPRESS PER LA SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO
Dopo i recenti disservizi dovuti ai ritardi nelle consegne da parte di Poste Italiane sul prodotto Piego Libri, grazie al suggerimento di un lettore, la direzione è lieta di annunciare il passaggio in tempi utili ad un nuovo contratto più celere “Premium Press“.
Le Poste Italiane sono lo strumento identificato dallo Stato per sostenere la diffusione della piccola editoria specializzata e per assolvere a tale ruolo esse ricevono un sostanziale contributo (vedi le tabelle rimborsi per il 2020 https://informazioneeditoria.gov.it/it/attivita/misure-di-sostegno-alleditoria/contributi-erogati/2020/ ). I contributi si rendono indispensabili perché la piccola editoria, come ugualmente la cultura in genere, non può competere con le dinamiche concorrenziali commerciali ma essendo altresì una funzione vitale per la crescita della Nazione essa deve essere preservata e accompagnata.
La direzione è determinata a far rispettare tale presupposto e per tal motivo sono ancora in essere reclami e procedure. Nel frattempo tuttavia, nell’interesse del lettore, è stato ritenuto opportuno tentare con un nuovo contratto che, seppur gestito dagli stessi organi, offre, almeno su carta, tempi e garanzie migliori per la consegna.
Non cantiamo quindi vittoria ma siamo fiduciosi e almeno per la prossima spedizione, il 269 in partenza in un paio di giorni, avremo fatto un altro tentativo
ShaRA#8.1 – Il Delfino Super Staking risultato finale
Indice dei contenuti
ABSTRACT
Il gruppo ShaRA, che esplora il cielo australe e occasionalmente il boreale, ha concluso il suo ottavo progetto con “il Delfino”, ShaRA#8.1. Dopo il successo del precedente progetto “ShaRA#7: The Shell”, il team ha continuato a utilizzare un telescopio remoto di un membro del gruppo, riducendo i costi e aumentando la flessibilità delle osservazioni. Hanno accolto due nuovi membri, Fabio Di Stefano e Alberto Lupi. Il progetto si è concentrato sulla nebulosa Testa di Delfino (SH2-308), ripresa con un telescopio Newton da 500mm in Cile. La stella Wolf-Rayet WR6 al centro della nebulosa ha creato una bolla visibile grazie alla sua espulsione di idrogeno e ai potenti venti stellari. L’elaborazione delle immagini ha evidenziato sia l’ossigeno ionizzato sia l’idrogeno. Il team ha identificato anche la nebulosa planetaria PN G234.9-09.7 e due possibili nuove planetarie non ancora classificate. Il progetto ha beneficiato di contributi da diverse località, inclusa la Namibia e l’Italia, con l’obiettivo di approfondire la comprensione scientifica di questi fenomeni. Il gruppo invita altri astrofili e professionisti a unirsi alla loro ricerca per classificare i nuovi oggetti scoperti, in attesa della chiusura dell’ottavo progetto nel prossimo numero.
di Alessandro Ravagnin, Andrea Iorio e ShaRA Team
Introduzione Il Delfino
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Il testo di Zaninotti Ranieri esplora i sogni tecnologici della fantascienza, affrontandoli con un approccio critico. Il teletrasporto, un concetto popolare, viene suddiviso in due tipi: il trasporto reale di materia e il trasferimento di informazioni per la ricostruzione dell’oggetto. Entrambi presentano enormi sfide tecniche, come l’energia richiesta e la precisione nella ricostruzione. Il metodo che prevede la disintegrazione e ricostruzione dell’originale viene criticato come un semplice duplicatore, sollevando anche questioni etiche.
L’idea di velocità superiori a quella della luce è altrettanto problematica. La fisica relativistica mostra che raggiungere o superare la velocità della luce richiederebbe energia infinita, rendendo questa possibilità irrealizzabile. I tachioni, particelle ipotetiche che superano la velocità della luce, sono teoricamente possibili ma praticamente inutilizzabili e non provate.
La teoria della curvatura dello spazio di Miguel Alcubierre, che prevede la manipolazione dello spazio-tempo per viaggiare velocemente, è affascinante ma attualmente impraticabile a causa delle immense masse richieste e dell’ipotetica necessità di materia con massa negativa.
Infine, il testo critica la possibilità di distruggere pianeti con un raggio come quello della Morte Nera di Star Wars, calcolando l’energia necessaria come immensamente superiore a quella emessa dal Sole in 150 anni.
Il documento conclude che la fantascienza, sebbene affascinante, dovrebbe essere apprezzata per il suo valore immaginativo piuttosto che per le sue previsioni tecniche sul futuro.
Introduzione
Quanti sono i sogni tecnologici che un affamato di fantascienza, anela di vedere un giorno realizzati?
A seguire ne affronteremo alcuni (del resto siamo in Astrodivagazioni niente di serio) ma non sarà per spezzare una lancia a loro favore, no, bensì sarà per affondarli criticamente e meticolosamente.
Se sei quindi un sognatore che spera di vedere il bel giorno in cui tutto questo sarà realizzato, chiudi pure il testo che stai leggendo e vai a prendere un bel fumetto di Flash Gordon; se invece vorrai ancora tuffarti nelle amare acque della scienza, allora armati di una poltrona, di un buon calice di Rum adeguatamente invecchiato (ma quello buono, non quelle schifezze dolciastre di moda al giorno d’oggi), e continua pure a leggere, io cercherò di essere il tuo Virgilio in questo viaggio nelle tristi bolge della cruda realtà.
Teletrasporto
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L’articolo “I dubbi di un viaggiatore potenziale terrorista” descrive l’esperienza dei controlli antiterrorismo negli aeroporti degli Stati Uniti, con particolare attenzione al test antiesplosivo. L’autore riflette sulla probabilità di falsi positivi, sottolineando che, nonostante l’alta efficienza degli strumenti nel rilevare esplosivi, la bassa incidenza di veri terroristi tra i passeggeri rende i falsi allarmi molto frequenti. Viene introdotto il Teorema di Bayes per spiegare come, nonostante la rara possibilità di un falso positivo (1 su 10.000), il grande numero di passeggeri non coinvolti in attività terroristiche fa sì che la maggior parte degli allarmi siano falsi positivi. L’articolo conclude enfatizzando l’importanza della matematica e della scienza per comprendere meglio questi sistemi e migliorare la consapevolezza pubblica.
Teorema di Bayes
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Fig. 5 Visualizzazione artistica della prima generazione di stelle. I modelli teorici suggeriscono che si siano iniziate a formare in protogalassie a partire da 100 milioni di anni dopo il Big Bang arricchendo poi l’ambiente circostante di elementi chimici creati al loro interno. Trovare le stelle di popolazione III è uno degli obiettivi più ambiziosi di JWST. [NOTA: immagine HR disponibile a https://webbtelescope.org/contents/articles/what-were-the-first-stars-like].
Indice dei contenuti
ABSTRACT
La ricerca delle galassie lontane, prime galassie, è un tema centrale dell’astronomia moderna, mirato a comprendere l’evoluzione dell’Universo. Le osservazioni di galassie distanti ci permettono di studiare i progenitori delle strutture attuali e di comprendere i processi fisici che hanno influenzato la loro formazione. Dopo il Big Bang, l’Universo era composto quasi esclusivamente da idrogeno ed elio. L’osservazione delle galassie lontane ci permette di tracciare l’arricchimento chimico dell’Universo, seguendo il filo che ha portato alla formazione delle galassie, del Sole e della vita stessa.
Negli anni ’60, con la scoperta dei primi quasar, è iniziata la ricerca di sorgenti a distanze cosmologiche. Il lancio dell’Hubble Space Telescope (HST) e l’iniziativa di osservare campi profondi (come l’Hubble Deep Field del 1995) hanno rivoluzionato questa ricerca, permettendo di studiare galassie che risalgono a quando l’Universo aveva meno di 2 miliardi di anni. Le osservazioni nell’infrarosso hanno permesso di indagare la formazione delle galassie in epoche ancora più remote, fino a meno di 300 milioni di anni dal Big Bang.
Il James Webb Space Telescope (JWST), lanciato con lo scopo di esplorare le prime stelle e galassie, ha rivoluzionato ulteriormente il campo. Le sue osservazioni hanno rivelato che l’Universo primordiale era molto più affollato di quanto previsto. Galassie luminose e massicce sono state trovate a redshift maggiore di 10, sfidando i modelli teorici preesistenti. La spettroscopia del JWST ha permesso di osservare dettagliate emissioni di gas ionizzato e scoprire buchi neri supermassicci in galassie risalenti a poche centinaia di milioni di anni dopo il Big Bang.
La ricerca continua a spingersi oltre, con l’obiettivo di trovare la prima generazione di stelle, la cosiddetta “popolazione III”, formata solo da gas primordiale. Strumenti come il telescopio spaziale Euclid e l’Extremely Large Telescope (ELT) contribuiranno significativamente a questa ricerca. Tuttavia, restano delle sfide, come la mancanza di strumenti osservativi nel medio infrarosso e nelle alte energie, necessarie per studiare i buchi neri primordiali. I prossimi decenni saranno cruciali per comprendere appieno l’evoluzione dell’Universo e le sue prime sorgenti luminose.
Una breve storia della ricerca delle galassie lontane
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Amanti delle stelle e dell’astronomia, segnatevi questa data sul calendario! Il 3 agosto ci ritroveremo presso il Rifugio Colle le Cese a Forca Canapine per una notte di osservazioni stellari, foto mozzafiato e tanto divertimento sotto le stelle.
Data: 3 agosto
Orario: dalle 16:00 in poi
Luogo: Rifugio Colle le Cese, Forca Canapine
Non perdere questa occasione unica per esplorare il cielo notturno insieme a esperti e appassionati. Porta il tuo telescopio, la tua macchina fotografica, o semplicemente la tua curiosità!
Il programma si arricchisce giorno per giorno e così siamo lieti di annunciare la partecipazione di alcuni fra gli astrofotografi più notevoli del territorio italiano. Tra gli ospiti d’eccezione del prossimo Star Party, che si terrà il 3 agosto 2024 presso l’ex rifugio Colle Le Cese, avremo due rinomati astrofotografi italiani: Alessandro Ravagnin e Andrea Bertocco.
Alessandro Ravagnin è ingegnere delle telecomunicazioni e autore di Coelum Astronomia con una passione profonda per l’astronomia e l’astrofotografia. Alessandro ha iniziato il suo viaggio nell’astronomia a 14 anni, trasformando col tempo il suo giardino in un osservatorio astronomico all’avanguardia. Fondatore del gruppo ShaRA, ha portato il team ha ottenere riconoscimenti internazionali e a partecipare a prestigiosi concorsi, arrivando fino alla finale dell’Astronomy Photographer of the Year 2024 organizzata dal Royal Museums Greenwich.
Andrea Bertocco ha iniziato la sua avventura astronomica all’età di sei anni, osservando la Luna e Giove. Con una formazione radicata nel Circolo Astrofili di Mestre, ha dedicato anni all’osservazione delle stelle variabili e alla pubblicazione di articoli scientifici. Andrea è noto per la sua capacità di combinare passione e praticità, mantenendo sempre viva la sua curiosità e dedizione. Capo dei T-Rex e membro fondatore del Team ShaRA, continua a ispirare con la sua instancabile attività.
Inoltre per questa speciale occasione, Astro AldoAldo Zanetti, responsabile del settore fotografia deepsky della UAI condividerà con noi la sua prima esperienza a Colle Le Cese e ci mostrerà il suo splendido scatto della Ghost Nebula.
Ghost Nebula di Aldo Zanetti
“Era parecchio tempo che volevo fare una buona ripresa di SH2-136, meglio conosciuta come la Ghost Nebula. Ero arrivato ad accumulare oltre 50 ore sotto il cielo della pianura padana, ma le luci che mi circondavano di Modena, Sassuolo, Rubiera introducevano gradienti difficilmente compatibili con la parte a riflessione della nebulosa. A luglio di due anni fa decisi di provare sotto un cielo più favorevole, e la scelta cadde su Forca Canapine, che numerosi amici astrofotografi mi avevano raccomandato per lo splendido cielo. Arrivai dopo un viaggio di 4 ore e mezzo di macchina, giusto in tempo per montare il setup e cominciare le riprese. Usavo un APO Askar FRA 600 a f/5.6 e una camera ASI2600MC, e cominciai a scattare a 300 secondi, con un gain di 150 e in bin 1. Uso ASIair per la guida, quindi controllato che tutto funzionasse a dovere mi gustai per un po’ un cielo che prometteva davvero bene, e vinto dalla stanchezza andai a riposare. La mattina dopo avevo 45 frame da integrare per cominciare a capire come procedere. Quando Pixinsight mi restituì l’immagine dopo la ripulitura del background per un po’ non riuscivo a crederci, poi proruppi in un grido di entusiasmo che risvegliò bruscamente gli amici che mi accompagnavano e che si fecero poi pagare la colazione per quello: avevo davanti agli occhi un’immagine fantastica, ricca di segnale come mai mi sarei aspettato! Non era neppure necessario fare altre notti di riprese, tanto forte era il segnale, ed infatti la notte dopo feci uno splendido Anello del Cigno, in due pannelli con la Velo e tutta la struttura circolare. Da allora sono un sostenitore acceso del cielo di Forca Canapine, ci vado per tutte le lune nuove che promettono un buon meteo, e mi ha fatto molto piacere quando per la luna nuova di maggio 2024 eravamo in 16 telescopi a fare foto da là”
Non perdete l’opportunità di conoscere Astro Aldo e di ammirare il suo straordinario lavoro. Vi aspettiamo!
Anche Coelum Astronomia sosterrà l’iniziativa, parteciperà all’evento la direttrice Molisella Lattanzi che interverrà presentando il progetto editoriale e raccontando la passione per la divulgazione e per arrivare alle stelle esistano tante strade!
Per l’occasione a tutti i partecipanti sarà consegnato in omaggio uno splendido poster 50×70 cm su carta lucida con soggetti deepsky.
La Nebulosa Testa di Cavallo
The Iris Nebula
La Magia del Punto Osservativo di Forca Canapine
Il punto osservativo di Forca Canapine, situato tra Umbria e Marche, è uno dei luoghi più suggestivi e affascinanti per l’osservazione astronomica in Italia. La sua storia è strettamente legata alla bellezza naturale dei Monti Sibillini e alla passione per l’astronomia di molti astrofili locali e non.
Colle Le Cese e la Via Lattea. Crediti Saverio Ferretti
Origini Geografiche e Naturali
Forca Canapine è un valico montano situato a circa 1.550 metri di altitudine, nei pressi del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Grazie alla sua posizione elevata e all’assenza di inquinamento luminoso, la zona offre un cielo notturno straordinariamente limpido e buio, ideale per l’osservazione astronomica.
Prime Osservazioni
Sin dagli anni ’80, appassionati di astronomia hanno riconosciuto il potenziale di Forca Canapine come sito di osservazione. Le prime iniziative furono piuttosto informali, con gruppi di astrofili che si radunavano per notti di osservazione con telescopi portatili e attrezzature di base. Verso la fine degli anni ’90, grazie agli sforzi dell’Unione Astrofili Italiani (UAI), Forca Canapine divenne una delle località dove si svolgeva lo StarParty di Primavera, uno degli appuntamenti più attesi dell’anno. Questo evento consolidò la reputazione del sito come zona di riferimento per gli astrofili di tutta Italia fino ai tragici giorni del terremoto del 2016.
A seguito dei danni provocati dal sisma nel 2016, nel novembre del 2023 nasce l’Associazione Astrofili Forca Canapine (AAFC). L’obiettivo dell’associazione è preservare il sito osservativo di Colle le Cese, situato a Forca Canapine, da interventi urbanistici inappropriati. Inoltre, l’AAFC si dedica alla valorizzazione e promozione del territorio circostante attraverso attività di ricerca scientifica, didattica e iniziative culturali a scopo ricreativo.
Continua Evoluzione
Oggi, Forca Canapine, grazie anche all’AAFC, ha l’intento di tornare ad essere un punto di riferimento e di ritrovo per gli appassionati di astronomia. L’Associazione Astrofili Forca Canapine lavora costantemente per migliorare l’esperienza degli osservatori, e avvicinare sempre più persone alla meraviglia del cielo notturno.
Forca Canapine non è solo un luogo di osservazione astronomica, ma anche un simbolo della passione e dell’impegno di una comunità di astrofili dediti alla condivisione della conoscenza del cosmo.
Messier 15 (M15) è un ammasso globulare situato nella costellazione di Pegaso, distante 35.700 anni luce dalla Terra. Scoperto dall’astronomo Giovanni Domenico Maraldi nel 1746, M15 è uno degli ammassi globulari più antichi e densi della Via Lattea, contenente oltre 100.000 stelle. Caratterizzato da un fenomeno di collasso del nucleo, presenta una regione centrale estremamente densa. È noto per ospitare la nebulosa planetaria Pease 1 e diverse stelle variabili del tipo RR Lyrae, utilizzate per misurare distanze galattiche. M15 contiene anche pulsar e sorgenti di raggi X. Si trova nel Braccio del Sagittario della galassia e la sua osservazione migliore avviene tra luglio e dicembre. Con un binocolo, appare come una nebulosa offuscata, mentre con telescopi di grande diametro si possono risolvere dettagli del nucleo e osservare la nebulosa planetaria.
Storia delle osservazioni
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Veduta dell'Abbazia di Praglia alle pendici settentrionali dei Colli Euganei
ABSTRACT
L’Abbazia di Praglia, fondata tra l’XI e il XII secolo, è situata alle pendici settentrionali dei Colli Euganei. Questa storica abbazia ha ospitato un’ampia gamma di attività, tra cui il restauro di libri antichi e la produzione di cosmetici e prodotti erboristici. Negli anni ’60, l’abbazia era anche un centro di attività astronomiche, grazie alla specola interna all’edificio.
La passione per l’astronomia nell’abbazia ha radici profonde, con influenze significative da parte di personalità come p. Callisto Carpanese e p. Gian Alberto Colombo. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la specola dell’abbazia ospitò materiali preziosi, inclusi i cavalli bronzei della Basilica di San Marco a Venezia, per proteggerli dai bombardamenti.
Negli anni ’50, la specola fu attrezzata con un osservatorio astronomico, grazie agli sforzi di p. Giuseppe Tamburrino e fra’ Corrado Valerio. Tuttavia, l’attività astronomica cessò negli anni ’60 e la specola fu dismessa nel 1974.
Nel 2022, un gruppo di astronomi e astrofisici veneti ha proposto il ripristino della specola per realizzare un moderno osservatorio astronomico. Il progetto prevede un osservatorio remotizzato, dotato di strumentazione avanzata come un telescopio ProRC 400 f8 Ritchey-Chrétien, donato da Officina Stellare. Il nuovo osservatorio sarà accessibile a ricercatori e appassionati e sarà utilizzato anche per attività didattiche e divulgative, grazie al supporto del Centro Congressi e della foresteria dell’abbazia.
Questo progetto rinnova la tradizione scientifica dell’abbazia, collegandosi alle antiche radici culturali e scientifiche delle istituzioni religiose. L’osservatorio sarà operativo dall’autunno 2024, offrendo opportunità di studio e osservazione sia per astronomi professionisti che per studenti e appassionati.
L’Abbazia di Praglia
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Credit: ESA/Hubble& NASA, ESO, O. De Marco, M. H. Özsaraç
ABSTRACT
La Nebulosa Laguna (Messier 8) catturata dal telescopio Hubble, evidenzia i processi energetici di formazione stellare che creano intricati intrecci di gas e polveri. Le tonalità incantevoli sono generate dalla luce stellare ad alta energia che ionizza gas come idrogeno, zolfo e ossigeno. Le stelle massicce dell’ammasso aperto NGC 6530 emettono venti e radiazione ultravioletta, scolpendo il materiale in strane strutture. La Nebulosa Laguna, che si estende per cento anni luce nella costellazione del Sagittario, è un sito attivo di formazione stellare dove le stelle neonate espellono getti di plasma che impattano sulla materia circostante.
Le stelle si formano da nubi molecolari che collassano sotto la gravità. Durante la contrazione, il materiale ruota formando un disco circumstellare da cui la giovane stella si nutre. Questo disco può disperdersi o formare pianeti. Le osservazioni del telescopio Hubble sono cruciali per individuare dischi protoplanetari, come nella Nebulosa di Orione. Gli astronomi utilizzano osservazioni nell’ottico e infrarosso per caratterizzare questi dischi nella Nebulosa Laguna, esplorando la formazione di granelli destinati a diventare pianeti.
L’immagine mostra dettagli intricati di addensamenti gassosi e filamenti di polveri modellati dai venti e dalla radiazione delle giovani stelle blu dell’ammasso centrale, rivelando i complessi processi della formazione stellare.
Nebulosa Laguna – MESSIER 8
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La Nebulosa Aquila (Messier 16), scoperta da Philippe Loys de Chéseaux nel 1746 e osservata successivamente da Charles Messier, è famosa per i Pilastri della Creazione, immortalati dal telescopio Hubble nel 1995. Situata nella costellazione della Coda del Serpente, è un giovane ammasso aperto con una nebulosa a emissione. L’ammasso contiene circa 500 stelle, alcune delle quali sono pre-sequenza principale e brillanti supergiganti blu. Strutture ultradense come i Pilastri della Creazione e la Guglia Stellare si trovano all’interno della nebulosa, ospitando processi di formazione stellare.
M16 si trova nel Braccio del Sagittario della Via Lattea, a circa 5700 anni luce dalla Terra. Gli addensamenti di polveri interstellari lungo la linea di vista hanno reso difficile la misurazione della distanza. La nebulosa è osservabile con un binocolo o un telescopio, mostrando una macchia chiara e allungata con un piccolo ammasso stellare al centro. I dettagli della nebulosa e delle stelle circostanti diventano visibili con telescopi di medio e grande diametro. La Nebulosa Aquila rappresenta un laboratorio naturale per studiare la formazione stellare e i suoi complessi processi.
Storia delle osservazioni
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Nell’immagine del telescopio Hubble una porzione della Nebulosa Anima (IC 1848), situata a circa 7.000 anni luce dalla Terra. Questa regione di formazione stellare ospita nubi oscure di polveri interstellari su uno sfondo di gas cremisi. La descrizione si concentra sui Free-floating Evaporating Gaseous Globules (frEGGs), piccole e dense formazioni gassose opache che diventano visibili quando illuminate da giovani stelle massicce. Un esempio è il globulo “KAG2008 globule 13”, che potrebbe dare origine a una stella di piccola massa. La Nebulosa Anima è caratterizzata da giovani ammassi stellari, bolle gassose modellate da venti stellari e intense radiazioni ultraviolette che riscaldano il materiale interstellare. I frEGGs, più recenti degli EGGs, sono densi e resistenti alla fotoevaporazione, proteggendo così la formazione di protostelle di piccola massa. La regione offre un’opportunità unica per studiare la formazione stellare e l’impatto delle stelle massicce sull’ambiente circostante.
Free-floating Evaporating Gaseous Globules o frEGG
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Rappresentazione dell'orizzonte degli eventi di un buco nero di Schwarzschild e della materia
esterna diretta verso di esso per attrazione gravitazionale.
Indice dei contenuti
ABSTRACT
Questo testo nasce con uno scopo particolare: invertire la freccia del tempo, andando dal futuro al passato, dalla fine all’inizio. Esso è l’esito dell’incontro fra l’astrofisica Camilla Pianta, esploratrice dell’universo con la passione per la scrittura, e l’artista Tommaso Duse, che incide i materiali, distruggendo, creando e trasformando in obbedienza alla terza legge di Lavoisier. Mentre cerca di dimostrare il legame tra cosmologia e cosmogonia mediante la sezione aurea, Tommaso si rivolge a Camilla con l’appellativo “Cosmilla”: lei ha sempre la testa “tra le stelle”, vuole viaggiare nel cosmo, ma litiga con il tempo. E allora, propone Tommaso, perché non costruire una macchina del tempo per tornare indietro fino al Big Bang, magari attraverso i buchi neri? Armata di formule matematiche e aiutata dall’estro creativo di Tommaso, Camilla decide di dare vita ad un progetto sul tempo, in cui confluiscono nozioni appartenenti alle più svariate teorie della fisica moderna. Con un po’ di scienza mista a fantascienza alla Carl Sagan, Camilla riuscirà infine ad effettuare il suo viaggio nel tempo e a passare da una parte all’altra dell’Universo (o, chissà, da un universo all’altro) con la logica fluidità che la fisica è capace di dare? Restate sintonizzati sulla web page di Coelum per successivi sviluppi del progetto.
Il concetto di tempo in filosofia e in fisica
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Il VLT Survey Telescope (VST), operativo dal 2011 al 2021, è uno dei più grandi telescopi ottici situato nell’emisfero australe, presso l’ESO a Cerro Paranal, nelle Ande Cilene. Equipaggiato con OmegaCAM, una camera a grande campo composta da 32 CCD, il VST è stato progettato per osservare vaste aree del cielo. Frutto di una collaborazione tra l’Osservatorio Astronomico di Capodimonte e l’ESO, è gestito da INAF dal 2022.
Il VST ha prodotto oltre 400 pubblicazioni scientifiche, coprendo argomenti che spaziano dalla fisica dei corpi del sistema solare alle galassie e fenomeni transienti. Con la fine dell’accordo INAF-ESO nel 2022, è stato istituito il Centro Italiano di Coordinamento del VST (VSTCen) per gestire l’accesso e l’uso del telescopio da parte della comunità scientifica.
Nel 2024, l’INAF ha organizzato un workshop a Napoli per discutere i progetti in corso e futuri, inclusi i grandi programmi pluriennali e nuovi strumenti. Il workshop ha anche evidenziato l’importanza della divulgazione astronomica, con programmi per avvicinare le nuove generazioni all’astronomia. L’evento ha incluso una panoramica delle operazioni del VSTCen e dei risultati di un sondaggio tra gli utenti.
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Arp 142 ripresa dalla NIRCam montata sul JWST Credit:
NASA, ESA, CSA, STScI
Le galassie interagenti di Arp 142 segnano il secondo anniversario del telescopio JWST James Webb
Un duo di galassie interagenti note come Arp 142 commemora il secondo anniversario scientifico del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA. La loro interazione in corso è stata messa in moto tra 25 e 75 milioni di anni fa, quando il Pinguino (catalogato individualmente come NGC 2936) e l’Uovo (NGC 2937) hanno completato il loro primo passaggio. Continueranno a ondeggiare e oscillare prima di fondersi in un’unica galassia tra centinaia di milioni di anni.
Immagine di ARP142 Credito: NASA, ESA, CSA, STScI
Prima del loro primo approccio, il Pinguino aveva la forma di una spirale. Oggi, il suo centro galattico brilla come un occhio, le sue braccia ora formano un becco, una testa, una spina dorsale e una coda a ventaglio.
Come tutte le galassie a spirale, la Penguin è ancora molto ricca di gas e polvere. La “danza” delle galassie esercita una forza gravitazionale sulle aree più sottili di gas e polvere della Penguin, facendole schiantare in onde e formare stelle. Cercate quelle aree in due punti: quello che sembra un pesce nel suo “becco” e le “piume” nella sua “coda”.
Intorno a queste stelle più recenti c’è materiale simile al fumo che include molecole contenenti carbonio, note come idrocarburi aromatici policiclici, che Webb è eccezionale nel rilevare. La polvere, vista come archi arancioni più deboli e profondi, si lancia anche dal suo becco alle penne della coda.
Al contrario, la forma compatta dell’Uovo rimane in gran parte invariata. Come galassia ellittica, è piena di stelle invecchiate e ha molto meno gas e polvere che possono essere tirati via per formare nuove stelle. Se entrambe fossero galassie a spirale, ciascuna terminerebbe la prima “torsione” con la formazione di nuove stelle e riccioli vorticosi, noti come code di marea.
Arp142 nel confronto con le immagini catturare da Webb e Hubble: Credit: NASA, ESA, CSA, STScI
Un altro motivo per cui l’Uovo appare indisturbato è che queste galassie hanno all’incirca la stessa massa, motivo per cui la galassia ellittica più piccola non è stata inghiottita o distorta dal Pinguino.
Si stima che il Pinguino e l’Uovo siano distanti circa 100.000 anni luce, piuttosto vicini in termini astronomici. Per contestualizzare, la Via Lattea e la nostra vicina più prossima, la Galassia di Andromeda, distano circa 2,5 milioni di anni luce, circa 30 volte la distanza. Anche loro interagiranno, ma non prima di circa 4 miliardi di anni.
In alto a destra dell’immagine c’è una galassia di taglio, catalogata PGC 1237172, che si trova a 100 milioni di anni luce più vicina alla Terra. È anche piuttosto giovane, brulicante di nuove stelle blu. Nell’immagine di Webb, solo nel medio infrarosso, PGC 1237172 praticamente scompare. La luce del medio infrarosso cattura in gran parte stelle più fredde e vecchie e un’incredibile quantità di polvere. Poiché la popolazione stellare della galassia è così giovane, “svanisce” nella luce del medio infrarosso.
Ceres ripreso da Dawn spacecraft. Credito: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA
Ceres è il più grande asteroide della fascia principale e l’unico considerato un pianeta nano in questa regione. Situato tra le orbite di Marte e Giove, Ceres rappresenta un oggetto di grande interesse per gli scienziati grazie alle sue caratteristiche uniche.
Indice dei contenuti
Aspetto e Forma
Ceres ha una forma quasi sferica, con una superficie composta principalmente da un miscuglio di ghiaccio e roccia. La sua superficie è segnata da numerosi crateri e presenta alcune caratteristiche uniche come il monte Ahuna Mons, una montagna isolata che si erge dalla superficie.
Caratteristiche Fisiche
Diametro: circa 940 km
Massa: 9.39 × 10^20 kg
Densità: 2.16 g/cm³
Gravità superficiale: 0.28 m/s²
Composizione: Roccia silicatica, ghiaccio d’acqua, sali idrati
Temperatura media superficiale: Circa -105°C
Dati dell’Orbita
Posizione nella fascia degli asteroidi: Tra Marte e Giove
Distanza media dal Sole: 2.77 UA (Unità Astronomiche)
Periodo orbitale: Circa 4.6 anni terrestri
Eccentricità orbitale: 0.08
Inclinazione orbitale: 10.6°
Strumenti e Missioni di Studio
Ceres è stato oggetto di studio di diverse missioni e strumenti scientifici che hanno fornito immagini dettagliate e dati preziosi:
– Hubble Space Telescope: ha fotografato Ceres in diverse occasioni, fornendo le prime immagini ad alta risoluzione del pianeta nano.
– Sonda Dawn della NASA: Lanciata nel 2007, la sonda Dawn ha raggiunto Ceres nel marzo 2015. Questa missione ha permesso di raccogliere una quantità enorme di dati, incluse immagini ravvicinate della superficie, misurazioni della composizione chimica e mappature della gravità.
La Scoperta di 1 Ceres: L’Astronomia del XIX Secolo
Il 1º gennaio 1801 segna una data fondamentale nella storia dell’astronomia. In quella notte, l’astronomo italiano Giuseppe Piazzi, direttore dell’Osservatorio di Palermo, scoprì un nuovo corpo celeste che avrebbe rivoluzionato la nostra comprensione del sistema solare. Questo oggetto, inizialmente scambiato per una cometa, si rivelò essere un asteroide, il primo mai osservato, che Piazzi battezzò Ceres, in onore della dea romana della fertilità e patrona della Sicilia.
All’inizio del XIX secolo, l’astronomia era una scienza che stava rapidamente evolvendo. Gli astronomi dell’epoca si avvalevano di telescopi ottici che rappresentavano il massimo della tecnologia allora disponibile. I telescopi erano principalmente rifrattori, con lenti di grande apertura* che permettevano di osservare gli oggetti celesti con una risoluzione senza precedenti per quei tempi. Tuttavia, le osservazioni erano condotte in modo rigorosamente manuale, e gli astronomi dovevano fare affidamento su scritture e disegni per documentare le loro scoperte.
Lo stesso Piazzi utilizzava un telescopio a rifrazione da 7,5 cm di apertura, uno strumento molto avanzato per l’epoca, ma le osservazioni erano complicate da limitazioni tecnologiche, come l’assenza di fotometria precisa e della spettrometria, tecniche che si sono rivelate di fondamentale importanza per l’astronomia moderna.
Dopo la scoperta di Ceres, l’entusiasmo per la ricerca di nuovi oggetti nella fascia degli asteroidi aumentò notevolmente. Nel 1802, l’astronomo tedesco Heinrich Wilhelm Olbers scoprì un secondo asteroide, Pallas. Successivamente, nel 1804, Karl Ludwig Harding scoprì Juno, e nel 1807 Olbers scoprì Vesta. Queste scoperte successive confermarono senza obra di dubbio che Ceres non era un’anomalia, ma parte di una vasta popolazione di corpi celesti minori orbitanti tra Marte e Giove.
Le osservazioni condotte da Piazzi e dai suoi contemporanei furono notevoli non solo per le scoperte fatte, ma anche per il metodo con cui furono effettuate. Senza l’ausilio della fotografia o dell’analisi digitale, questi astronomi furono in grado di identificare nuovi oggetti celesti basandosi su osservazioni meticolose e calcoli matematici, con una dedizione e abilità che sono la testimonianza della loro ingegnosità e di una profonda passione per la scienza.
Il telescopio rifrattore più grande costruito nel XIX secolo fu il Telescopio di Yerkes. Questo strumento monumentale, situato presso l’Osservatorio di Yerkes a Williams Bay, Wisconsin, USA, fu completato nel 1897. Progettato dall’astronomo George Ellery Hale, il telescopio ha un obiettivo con un diametro di 40 pollici (102 cm), che lo rende ancora oggi il più grande telescopio rifrattore mai costruito.
Caratteristiche del Telescopio di Yerkes
Diametro dell’obiettivo: 40 pollici (102 cm)
Lunghezza focale: 19,3 metri (63 piedi)
Montatura: Equatoriale, progettata per consentire il puntamento e il tracciamento accurati degli oggetti celesti
Costruttori: La lente fu realizzata dalla Alvan Clark & Sons, una delle più rinomate ditte di produzione di telescopi dell’epoca, mentre la montatura e la struttura furono progettate da Warner & Swasey.
Il Telescopio di Yerkes rappresenta un culmine nell’evoluzione dei telescopi rifrattori, un punto di svolta prima che i telescopi riflettori più grandi e potenti prendessero il sopravvento. Questo strumento fu utilizzato per numerose scoperte e osservazioni significative nel campo dell’astronomia, inclusi studi dettagliati di pianeti, stelle, nebulose e ammassi stellari.
La sua costruzione fu un’impresa ingegneristica notevole per l’epoca, che richiese progressi tecnologici sia nella produzione delle lenti che nella progettazione della montatura. Il telescopio di Yerkes rimane tutt’oggi operativo e continua ad essere un’attrazione storica e scientifica, testimonianza dell’ingegno e dell’abilità di astronomi e ingegneri del XIX secolo. Il Telescopio di Yerkes non solo rappresenta il picco della tecnologia dei rifrattori, ma segna anche un’era di transizione nell’astronomia. Con l’avvento del XX secolo, i telescopi riflettori, che utilizzano specchi al posto delle lenti, divennero la scelta preferita per le osservazioni astronomiche. I telescopi riflettori infatti possono essere costruiti con specchi molto più grandi, eliminando i problemi di aberrazione cromatica e di distorsione che limitano le capacità dei rifrattori di grandi dimensioni.
Nonostante questi cambiamenti, il Telescopio di Yerkes rimane una meraviglia dell’ingegneria astronomica del XIX secolo, simbolo di un’epoca di esplorazione e scoperta che ha gettato le basi dell’astronomia moderna.
Il team ShaRA è entusiasta di annunciare che lo scatto “il Divoratore di Galassie” è stato inserito nella lista dei finalisti al prestigioso concorso Astronomy Photographer of the Year 2024.
Il Royal Greenwich Museum ha pubblicato la lista dei finalisti del prestigioso concorso noto per celebrare l’eccellenza nell’astrofotografia a livello mondiale e che prevede diverse categorie e premi in denaro, fino a 10.000 sterline, nonché una folta partecipazione con molta competizione (più di 3500 partecipanti a questa sedicesima edizione).
La proclamazione dei vincitori avverrà il 14 settembre 2024 durante un evento online ed una cerimonia al museo, dove verranno esposte per un anno intero le migliori astrofotografie del concorso.
La redazione di Coelum si unisce all’entusiasmo dei membri dello ShaRA team per il fantastico risultato ottenuto. Entrare nella classifica dei finalisti del concorso Astronomy Photographer of the Year 2024 è già di per se un prestigioso obiettivo raggiunto, a confermare, semmai ce ne fosse bisogno la bravura espressa dal team.
Non solo bravura ma anche passione, condivisione, divertimento, tutto in una formula studiata da Alessandro Ravagnin, astrofotografo e autore di Coelum, fondatore del progetto ShaRA motivato da una curiosità infinita e dalla volontà di cimentarsi in nuove e sempre più affascinati sfide. Volontà e interesse che ha saputo trasmettere con sapienza anche agli altri membri che va ricordato sono fra i migliori astrofotografi d’Italia.
Ed ecco l’immagine finalista, si tratta di una ripresa di CG4 “Cometary Globule 4” ovvero una nebulosa che per la sua forma allungata appare come una cometa. Abbiamo raccontato la storia dello scatto della Spin Nebula come l’hanno soprannominata gli stessi membri del gruppo in COELUM n°263 del 2023 nell’articolo ShaRA#4.
Ricordiamo che l’immagine finale, “Il divoratore di Galassie” ottenuta dalla ShaRA Team è il risultato del Superstaking, tecnica sviluppata proprio dallo ShaRA team per dare vita ad un’immagine frutto del mix pesato su una votazione di qualità dei contributi di tutti i membri.
Anteprima della pubblicazione in Coelum 263 dei contributi dei singoli partecipanti
Gli scatti arrivano dal Chilescope e sono la somma di due riprese, una effettuata con il Telescopio 3, un Newton da 500mm F73 e la seconda con il telescopio da un metro di diametro.
Ecco il commento di Alessandro Ravagnin alla notizia: “Sono entusiasta di annunciare che il team ShaRA ha ottenuto un risultato straordinario, pubblicato questa mattina sul prestigioso sito del Royal Greenwich Museum e ripreso da importantissime testate internazionali! La foto “The Galaxy Devourer” è entrata nella shortlist del concorso Astronomy Photographer of the Year 2024. Il concorso, noto per celebrare l’eccellenza nell’astrofotografia a livello mondiale, prevede diverse categorie e premi in denaro, fino a 10.000 sterline, nonché una folta partecipazione con molta competizione (più di 3500 partecipanti a questa sedicesima edizione). La proclamazione dei vincitori avverrà il 14 settembre 2024 durante un evento online ed una cerimonia al museo, dove verranno esposte per un anno intero le migliori astrofotografie del concorso”
CG4 (Cometary Globule 4) è un complesso di nebulosità e polvere dalla forma molto particolare, situato nella costellazione australe della Poppa. La ‘testa’ del verme galattico ha dimensioni di circa 1,5 anni luce, mentre la propaggine che segue la testa, e che è diretta nella direzione opposta rispetto al resto della famosa supernova Vela, ha una lunghezza di circa otto anni luce.
I membri del gruppo che hanno contribuito a questo scatto: Marcella Botti (Italia), Vikas Chander (India), Massimo Di Fusco (Italia), Aygen Erkaslan (Svizzera), Marco Firenzuoli (Italia), Vincenzo Fiore (Italia), Vincenzo Fermo (Italia), Antonio Grizzuti (Italia), Andrea Lorio (Italia), Vittorio Liberti (Italia), Rolando Ligustri (Italia), Donato Lioce (Francia), Antonio Loro (Italia), Giampaolo Michieletto (Italia), Gianluigi Pazienza (Italia), Christian Privitera (Italia), Alessandro Ravagnin (Italia), Francesco Tiano (Italia), Cristiano Trabuio (Italia), Egidio Vergani (Italia)
La redazione di Coelum si unisce all’entusiasmo e al coro dei tanti complimenti tutti più che meritati!
Il gruppo astrofili Astro Amici Forlivesi annuncia il secondo star party Romagnolo 2024. Dopo lo star party Romagnolo di Giugno, ci ritroviamo per chiudere insieme l’estate, in una suggestiva location immersa nel verde tra le prima colline degli appennini. Per info e prenotazioni contatteci alla mail astroamiciforlivesi@gmail.com.
Ogni anno il 30 giugno si festeggia la giornata per richiamare l’attenzione sul rischio di impatti sul nostro pianeta. Anche quest’anno molti gli eventi organizzati e le notizie curiose.
L’Asteroid Day è una giornata internazionale dedicata alla sensibilizzazione sull’importanza della protezione del nostro pianeta dagli asteroidi. Si celebra ogni anno il 30 giugno, anniversario dell’evento di Tunguska del 1908, quando un asteroide esplose sopra la Siberia, causando una devastazione massiccia su un’area di oltre 2.000 chilometri quadrati.
L’idea dell’Asteroid Day è nata nel dicembre 2014 grazie agli sforzi del Dr. Brian May, noto astrofisico e chitarrista dei Queen, insieme al regista Grigorij Richters, all’astronauta Rusty Schweickart e alla biologa Danica Remy. La prima celebrazione ufficiale si è tenuta il 30 giugno 2015.
L’Asteroid Day è promosso dalla Asteroid Foundation, un’organizzazione no-profit che collabora con numerosi enti scientifici e educativi, tra cui l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), la NASA e l’Università del Colorado.
Curiosità sulle edizioni passate includono eventi in tutto il mondo, dai convegni scientifici alle attività didattiche nelle scuole. In alcune edizioni sono stati organizzati live streaming globali con esperti di asteroidi e scienziati che discutono delle ultime scoperte e delle tecnologie per difendere la Terra. Inoltre, ogni anno, l’evento raccoglie sempre più partecipanti e sostenitori, contribuendo a diffondere la conoscenza sui rischi e le opportunità legate agli asteroidi.
Quest’anno anche una sorpresa, la Nasa ha dedicato un asteroide alla cantante Annalisa, laureata in fisica ma soprattutto nota artista italiana. Si tratta dell’Asteroidi di fascia principale 20014 Annalisa..
Gli eventi organizzati in Italia:
Asteroid Day a Montecopiolo
associazione astronomica StarDust Strada provinciale montefeltresca, Montecopiolo
Asteroid Day a Montecopiolo
Osservatorio Montecopiolo Via montefeltresca, Montecopiolo
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Asteroid day
Museo Navale e Planetario di Imperia Calata Anselmi (Imperia), Imperia
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La Giornata Mondiale degli Asteroidi 2024
Astrodomus Piazzetta Potito de Sanctis, Castelgrande
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i Queen fra le Stelle-Asteroid Day
Planetario de l’Unione Sarda Piazza Unione Sarda, Cagliari
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Asteroid Day al Planetarium Pythagoras di Reggio Calabria
Planetarium Pythagoras – Società Astronomica Italiana Via Salita Zerbi – 89124 Reggio Calabria (Italia), Reggio Calabria
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Asteroid Day San Marcello Piteglio
Observatory San Marcello Osservtorio Astronomico Montagna Pistoiese
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Asteroide Potenzialmente Pericoloso (415029) 2011 UL21, passaggio ravvicinato per Asteroid Day 2024.
Dall’1 al 5 luglio attesi quasi 1800 partecipanti al meeting annuale della European Astronomical Society (EAS), il più grande congresso europeo dedicato all’astrofisica.
La città di Padova è pronta ad accogliere il prossimo meeting della European Astronomical Society (EAS), il più grande congresso europeo dedicato all’astrofisica che si terrà dall’1 al 5 luglio 2024. L’evento vedrà la partecipazione di quasi 1800 esperte ed esperti di astronomia e astrofisica, rendendolo uno degli appuntamenti più importanti dell’anno per la comunità astronomica internazionale. L’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha un ruolo di primo piano, non solo nell’organizzazione del congresso (dal punto di vista scientifico e logistico), ma anche per la forte presenza di ricercatrici e ricercatori che presenteranno alla comunità le ultime scoperte e i più recenti studi nel campo dell’astrofisica.
L’INAF, con la sua rete di osservatori e istituti di ricerca sparsi su tutto il territorio italiano, continua a essere un pilastro fondamentale per l’astronomia mondiale, contribuendo significativamente al progresso della conoscenza del cosmo (dalla terra allo spazio, osservando l’universo a tutte le lunghezze d’onda). Lo Scientific Organising Committee (SOC) del meeting è a guida INAF, con Bianca Poggianti, direttrice dell’INAF di Padova, e Giuseppina Micela, dirigente di ricerca presso l’INAF di Palermo.
Durante i cinque giorni del convegno, i partecipanti – provenienti da più di 60 paesi – avranno l’opportunità di assistere in modalità completamente ibrida (in presenza e online) a conferenze, workshop e presentazioni su una vasta gamma di argomenti, dai buchi neri alla formazione delle galassie, dai pianeti extrasolari alle onde gravitazionali, per non dimenticare l’astrochimica, dedicando ampio spazio anche alla data science e all’applicazione dell’intelligenza artificiale nell’astronomia, alla diversità della comunità di ricerca e alle sfide del public engagement. Sarà poi anche un’occasione per discutere delle attuali e future missioni spaziali (come il James Webb Space Telescope – JWST ed Euclid, oppure Athena e Plato), dei grandi osservatori che sono in fase di costruzione in tutto il mondo (ELT e SKAO), e delle nuove tecnologie che stanno rivoluzionando il modo in cui esploriamo l’universo.
La European Astronomical Society è stata fondata in Svizzera nel 1990 con lo scopo di promuovere l’astronomia e la ricerca spaziale in Europa, facilitando la collaborazione tra scienziati e sostenendo l’educazione scientifica. Il meeting annuale rappresenta un momento fondamentale per la condivisione delle conoscenze e per la creazione di nuove sinergie tra i ricercatori di tutto il mondo.
Gli organizzatori hanno ricevuto oltre 2350 abstract, il 16% in più rispetto al meeting EAS 2023 di Cracovia. Quest’anno i partecipanti da remoto avranno accesso a tutte le sessioni (plenarie, simposi, sessioni speciali ecc), in diretta o registrate, su una piattaforma virtuale, nonché accedendo alla piattaforma degli ePoster e allo spazio dedicato su Slack per EAS 2024. Tra le presentazioni sono previsti anche interventi dei vincitori dei premi MERAC e EAS e report dalle principali strutture di ricerca europee, che forniranno una panoramica completa delle attività e dei progressi in corso nel continente.
Grazie al contributo del gruppo che, all’interno di INAF, ha stilato il Gender Equality Plan, quest’anno il meeting della EAS offre un servizio di assistenza all’infanzia a pagamento per i partecipanti al meeting, per la prima volta all’interno del centro congressi. Questo servizio, pensato per facilitare la partecipazione al congresso dei genitori con bambini piccoli, contribuisce al raggiungimento dell’uguaglianza di genere nelle discipline STEM, in linea con l’obiettivo 5 dell’Agenda Onu 2030 per lo sviluppo sostenibile. Il servizio sarà gestito da personale qualificato e garantirà un ambiente sicuro e stimolante per i bambini, permettendo ai genitori di prendere parte alle varie sessioni del convegno. Il costo del servizio sarà mantenuto a una tariffa conveniente, riflettendo l’impegno dell’EAS a rendere il meeting inclusivo e accessibile a tutti i membri della comunità astronomica.
“Padova è una città che vanta una straordinaria tradizione per quanto riguarda la ricerca astronomica, e che è oggi uno dei centri di eccellenza a livello Europeo in questa disciplina. Per questa settimana la città diventa anche la capitale mondiale dell’astronomia”, commenta Sara Lucatello, astrofisica dell’INAF di Padova, già vicepresidente dell’EAS che, a partire da questa edizione, dirigerà in qualità di presidente (sarà la prima volta che un presidente proviene da un paese mediterraneo). “L’edizione 2024 vedrà la partecipazione di professioniste e professionisti che lavorano in tutti i campi dell’astrofisica e delle scienze spaziali, esperti di politiche scientifiche e divulgazione. Si discuteranno vari temi caldi dell’astrofisica moderna, dagli straordinari risultati ottenuti grazie a JWST alle grandi potenzialità dei telescopi in costruzione, come ELT e SKAO”.
Prima presidente donna nella storia dell’EAS, Lucatello ricoprirà la massima carica dell’organizzazione per due anni. Aggiunge: “È un particolare onore per me assumere, in occasione dell’EAS 2024, la presidenza della società che è cresciuta molto negli ultimi anni e che oggi conta più di 5300 membri. Succedere al precedente presidente, Roger Davies, che ha guidato EAS con competenza e dedizione per sette anni, non sarà un compito semplice, ma sono determinata a continuare nei suoi passi durante il mio mandato”.
Una gamma esplosiva di rosa e blu brillanti crea uno spettacolo straordinario per NGC 4449. Credito:
Osservatorio Internazionale Gemini/NOIRLab/NSF/AURA
Elaborazione delle immagini: J. Miller (Osservatorio Internazionale Gemini/NSF NOIRLab), M. Rodriguez (Osservatorio Internazionale Gemini/NSF NOIRLab), Rettore TA (Università dell'Alaska Anchorage/NSF NOIRLab), M. Zamani (NSF NOIRLab)
Indice dei contenuti
Gemini North cattura la galassia Starburst splendente di stelle appena formate
La galassia irregolare NGC 4449 mostra un indice elevato di attività di formazione stellare dovuto in parte alle molte fusioni in corso con le vicine galassie nane
Una festosa gamma di rosa e blu brillanti crea uno spettacolo straordinario in questa immagine catturata con il telescopio Gemini North, metà dell’Osservatorio Internazionale Gemini. l’altra metà è il Gemini Sud. Simile a una nuvola di coriandoli cosmici, questa immagine è stata rilasciata per celebrare il 25° anniversario di Gemini North. NGC 4449 è un ottimo esempio di attività starburst causata dall’interazione e dalla mescolanza delle galassie mentre la maggiore assorbe lentamente le sue vicine galattiche più piccole.
Il 25 giugno 1999 si è tenuta una cerimonia di inaugurazione a Maunakea, Hawaii, per svelare il nuovo telescopio di classe mondiale da 8,1 metri e rivelarne le immagini della prima luce, che all’epoca erano alcune delle immagini a infrarossi più nitide mai ottenute da un telescopio astronomico posizionato a terra. Negli ultimi due decenni e mezzo il grande specchio di Gemini North con la potente suite di strumenti e l’ottica adattiva avanzata hanno permesso agli astronomi di scrutare sempre più lontano nel cosmo. Dall’acquisizione della prima immagine diretta di un sistema multi-pianeta al test della teoria della relatività generale di Einstein – che ha aiutato gli astronomi a guadagnare il Premio Nobel 2020 – Gemini North ha contribuito notevolmente alla comprensione dell’Universo a favore dell’umanità. Inoltre, le variazioni osservate nella galassia, che si trova a 300 milioni di anni luce di distanza da noi, nella costellazione della Vergine, sono diverse da quelle mai viste prima e ancora una volta Gemini stimolerà nuove e importanti ricerche.
Sono necessarie ulteriori osservazioni per escludere spiegazioni alternative. Un’altra possibilità è che stiamo assistendo a un evento di distruzione mareale insolitamente lento, o addirittura a un nuovo fenomeno. Se si trattasse effettivamente di un evento di distruzione mareale, questo sarebbe l’evento più lungo e debole mai osservato. “Indipendentemente dalla natura delle variazioni, [questa galassia] fornisce informazioni preziose su come i buchi neri crescono ed evolvono”, conclude Sánchez Sáez. “Ci aspettiamo che strumenti come [MUSE installato sul VLT o i futuri strumenti di ELT (Extremely Large Telescope)] saranno fondamentali per comprendere [perché la galassia sta diventando più luminosa]”.
Grafica con due pannelli. Il lato sinistro è un'immagine a infrarossi del pianeta Giove, etichettata "Webb/NIRCam". Il pianeta è mostrato in più colori, soprattutto ai poli e sulla Grande Macchia Rossa, visibile come una tempesta circolare in basso a destra del pianeta. Lo Spot è circondato da un rettangolo frastagliato evidenziato. Il lato destro mostra un'immagine ravvicinata di quell'area in diversi colori, etichettata "Webb/NIRSpec". Credito:
ESA/Webb, NASA e CSA, Team Jupiter ERS, J. Schmidt, H. Melin, M. Zamani (ESA/Webb)
Utilizzando il telescopio spaziale James Webb JWST della NASA/ESA/CSA, gli scienziati hanno osservato la regione sopra l’iconica Grande Macchia Rossa di Giove per scoprire una varietà di caratteristiche mai viste prima. La regione, precedentemente ritenuta di natura insignificante, ospita una varietà di strutture e attività complesse che potrebbero avere origine dalle onde gravitazionali
La straordinaria sensibilità del JWST consente agli scienziati di studiare l’atmosfera superiore di Giove sopra la famigerata Grande Macchia Rossa scoprendo nuovi ed inaspettati dettagli come archi scuri e punti luminosi.
Gli astronomia hanno sempre considerata l’alta atmosfera un strato tutto sommato particolarmente tranquillo anche a causa delle deboli radiazioni solari che impattano sulla superficie di Giove così lontano dal Sole. Si stima infatti che le redazioni a cui Giove è sottoposto siano solo il 4% di quelle che invece cattura la Terra.
Analizzando la Grande Macchia Rossa con lo spettrografo del vicino infrarosso del JWST NIRSpec e scorti grandi movimenti della sezione più alta gli astronomi ipotizzano che alla base delle irregolari strutture possano esserci moti dovuti alle onde gravitazionali.
Un’immagine di una piccola area dell’atmosfera di Giove, a forma di rettangolo frastagliato. L’immagine è sfocata e varia dal rosso al blu nei colori, dove i colori più blu mostrano altitudini inferiori nell’atmosfera di Giove e i colori più rossi mostrano altitudini maggiori. Credito: Crediti: ESA/Webb, NASA e CSA, H. Melin, M. Zamani (ESA/Webb)
Simili effetti si verificano anche sulla Terra ma l’intensità è così contenuta da renderli irrilevanti. Diversa potrebbe essere la condizione su un pianeta molto ma molto più grande come è il gigante gassoso tanto da rendere questi fenomeni così violenti da condizionare i movimenti delle masse dell’atmosfera.
Si tratta di una prima ipotesi che potrà essere avvalorata anche con l’ausilio della missione Juice Jupiter Icy Moons Explorer dell’ESA che lanciato il 14 aprile 2023 effettuerà osservazioni dettagliate di Giove e delle sue tre grandi lune oceaniche – Ganimede, Callisto ed Europa.
Interessante, ma dovremo aspettare per scoprire il mistero!
La raccolta fondi ha superato quota 1000 euro, certo la strada è ancora molto lunga ma siamo grati a quanti stanno dimostrando concretamente il proprio affetto al progetto editoriale. COELUM ce la farà nonostante le Poste Italiane 😀
Grazie ai 38 sostenitori e forza a tutti gli altri c’è ancora molto da fare ed abbiamo bisogno di ogni piccolo gesto!
COELUM PARLERA’ SPAGNOLO!
COME FUNZIONA LA RACCOLTA FONDI SU kICKSTARTER
Che cos’è KickStarter
KickStarter è il servizio di raccolta fondi più famoso al mondo per il sostegno condiviso di progetti di valore innovativo e culturale.
Cosa puoi trovare su KickStarter
Su KickStarter sono attivi o stati finanziati molti progetti relativi allo Spazio. Satelliti Cubesat di start-Up, telescopi come il nuovissimo UniStellar, realizzato proprio con una raccolta fondi che è andata stra bene!
Perchè usare KickStarter?
I progetti che approdano su KickStarter riguardano sempre un pubblico di nicchia, che proprio per questa natura non riescono ad accedere a forme di finanziamento classiche. La partecipazione attiva invece risulta una soluzione vincente.
Come funziona KickStarter
KickStarter è famosissima all’estero e stra utilizzata da tutti i navigatori più smarth e curiosi. Il meccanismo è piuttosto semplice: si prenota un’intenzione di finanziamento garantito da una carta di credito. L’addebito tuttavia avverrà solo quando la campagna sarà conclusa e solo se il progetto avrà raccolto tutti i fondi. Altrimenti nessun costo e nessuna spesa. Semplice e sicuro no?
Perchè è bello partecipare alla raccolta fondi?
Il primo motivo deve essere la fiducia nel progetto, la convinzione che il servizio finale sarà un sicuro vantaggio per tutta la comunità e che sosterrebbe l’interesse sociale. D’altro canto però KickStarter ha sviluppato un meccanismo semplice anche di gratificazione immediata: le ricompense. In base all’importo donato si possono prenotare delle ricompense in genere molto vantaggiose.
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Coelum è rimasta una realtà genuina e contenuta negli anni, fedele ai principi ereditati dalla fondazione. Crediamo che il servizio offerto da Coelum sia utile alla promozione della cultura scientifica e vorremmo portare la qualità dell’astronomia italiana all’estero. Per farlo però Coelum preferisce rivolgersi alla comunità costruita in ben 27 anni di attività in cui: ha risposto alle richieste di informazioni, gestito un forum di esperti, creato approfondimenti su temi specifici per offrire una visione d’insieme completa su alcuni temi, dato visibilità a nomi più o meno noti, raccolto interviste e test sugli strumenti, proposto viaggi, dato visibilità alle iniziative locali, e molto molto altro..
Perchè abbiamo bisogno anche di te ma SUBITO?
Le fasi iniziali della raccolta fondi sono determinanti. Se la cifra donata sale rapidamente allora anche altri saranno spinti a credere nell’idea. E’ un sistema che si auto-alimenta. Ecco perchè non bisogna temporeggiare! La velocità è tutto. Per sostenere il progetto non serve “aspettare per vedere” tanto l’addebito non ci sarà fino a raggiungimento totale dell’ammontare, ma attendere rallenterà gli altri e così via fino a perdere l’entusiasmo.
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n questa immagine della Nebulosa Serpente ottenuta dalla Near-InfraRed Camera (NIRCam) del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA, gli astronomi hanno trovato un raggruppamento di deflussi protostellari allineati all'interno di una piccola regione (l'angolo in alto a sinistra). Credito:
NASA, ESA, CSA, STScI, K. Pontoppidan (Jet Propulsion Laboratory della NASA), J. Green (Space Telescope Science Institute)
L’allineamento dei getti bipolari fotografata da JWST in Serpens Nebula conferma le teorie sulla formazione stellare
Per la prima volta, un fenomeno che gli astronomi speravano da tempo di poter fotografare direttamente è stato catturato dalla Near-InfraRed Camera (NIRCam) del James Webb Space Telescope della NASA/ESA/CSA. In questa splendida immagine della Nebulosa Serpente, la scoperta si trova nella zona settentrionale di questa giovane e vicina regione di formazione stellare.
Questa immagine del telescopio spaziale James Webb della NASA/ESA/CSA mostra una porzione della Nebulosa Serpente, dove gli astronomi hanno scoperto un raggruppamento di deflussi protostellari allineati. NASA, ESA, CSA, STScI, K. Pontoppidan (Jet Propulsion Laboratory della NASA), J. Green (Space Telescope Science Institute)
Gli astronomi hanno scoperto un intrigante gruppo di flussi protostellari, formatisi quando getti di gas emessi da stelle appena nate si scontrano con gas e polvere vicini ad alta velocità. In genere questi oggetti hanno una varietà di orientamenti all’interno di una regione. Qui, invece, sono tutti inclinati nella stessa direzione, nella stessa misura, come la pioggia che cade durante un temporale.
La scoperta di questi oggetti allineati, resa possibile solo dalla straordinaria risoluzione spaziale e sensibilità di Webb alle lunghezze d’onda del vicino infrarosso, sta fornendo informazioni sui fondamenti di come nascono le stelle.
Quindi, in che modo l’allineamento dei getti stellari è correlato alla rotazione della stella? Quando una nube di gas interstellare collassa su se stessa per formare una stella, ruota più rapidamente. L’unico modo in cui il gas può continuare a muoversi verso l’interno è rimuovere parte dello spin (noto come momento angolare). Intorno alla giovane stella si forma un disco di materiale che trasporta il materiale verso il basso, come un vortice attorno a uno scarico. I campi magnetici vorticosi nel disco interno lanciano parte del materiale in getti gemelli che sparano verso l’esterno in direzioni opposte, perpendicolari al disco di materiale.
Nell’immagine Webb, questi getti sono identificati da strisce rosse luminose, che sono onde d’urto causate quando il getto colpisce il gas e la polvere circostanti. Qui, il colore rosso indica la presenza di idrogeno molecolare e monossido di carbonio.
Stelle della Nebulosa Serpente
La Nebulosa Serpente ha solo uno o due milioni di anni, che è molto giovane in termini cosmici. Ospita anche un ammasso particolarmente denso di stelle di nuova formazione (di circa 100.000 anni) al centro di questa immagine, alcune delle quali alla fine raggiungeranno la massa del nostro Sole (ne abbiamo parlato nella rubrica “Meraviglie del Cosmo” a pagina 30 di Coelum Astronomia n°265).
Le frecce della bussola nord ed est mostrano l’orientamento dell’immagine nel cielo. Si noti che la relazione tra nord ed est nel cielo (visto dal basso) è invertita rispetto alla direzione delle frecce su una mappa del terreno (visto dall’alto). La barra della scala è etichettata in anni luce, che è la distanza percorsa dalla luce in un anno terrestre. Un anno luce equivale a circa 9,46 trilioni di chilometri, o 5,88 trilioni di miglia. Credito: NASA, ESA, CSA, STScI, K. Pontoppidan (Jet Propulsion Laboratory della NASA), J. Green (Space Telescope Science Institute)
Serpens è una nebulosa a riflessione, il che significa che è una nuvola di gas e polvere che non crea luce propria ma brilla invece riflettendo la luce delle stelle vicine o all’interno della nebulosa.
La regione è stata sede di altre scoperte casuali, tra cui la “Bat Shadow” che batte le ali , che ha guadagnato il suo nome quando i dati del 2020 del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA hanno rivelato che batteva o si spostava.
Studi futuri
L’immagine straordinaria e la scoperta fortuita degli oggetti allineati sono in realtà solo il primo passo di questo programma scientifico. Il team ora utilizzerà il NIRSpec ( Near-InfraRed Spectrograph ) di Webb per studiare la composizione chimica della nuvola.
Domani, 20 giugno 2024, il solstizio d’estate segnerà l’inizio ufficiale dell’estate nell’emisfero nord. Questo evento astronomico avverrà alle 22:50 ora italiana (20:51 GMT), e rappresenterà il giorno più lungo dell’anno, con il maggior numero di ore di luce diurna.
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Come Avviene il Solstizio d’Estate
Il solstizio d’estate si verifica quando uno dei poli terrestri raggiunge la sua massima inclinazione verso il Sole. La Terra ruota attorno al Sole su un’orbita ellittica e anche attorno al proprio asse, inclinato di 23° 27′ . Questa inclinazione causa le stagioni. Al solstizio d’estate, il Polo Nord è inclinato direttamente verso il Sole, che raggiunge la sua massima altezza nel cielo, dando luogo al giorno più lungo dell’anno.
Significato e Tradizioni
Il termine “solstizio” deriva dal latino “solstitium”, che significa “sole fermo”, indicando il momento in cui il Sole sembra fermarsi nel suo movimento nel cielo. Questo evento ha un grande significato simbolico e culturale, celebrato da diverse civiltà nel corso della storia con vari rituali e festività.
In molte culture, il solstizio d’estate è un momento di festa, spesso accompagnato da falò, danze e cerimonie che celebrano la fertilità e l’abbondanza della stagione. Ad esempio, in Svezia, è tradizione danzare attorno a un palo di maggio decorato con fiori, mentre in paesi come la Danimarca e la Norvegia si accendono grandi falò per scacciare gli spiriti maligni e celebrare la luce.
Celebrazioni Moderne
Anche oggi, il solstizio d’estate viene celebrato in molti modi. A Stonehenge, in Inghilterra, migliaia di persone si radunano per osservare l’alba allineata con le antiche pietre, in un evento carico di significato storico e spirituale. Simili celebrazioni si tengono in altre parti del mondo, dove le persone accolgono l’estate con eventi comunitari, concerti e altre attività all’aperto.
Per visualizzare meglio il solstizio, ecco un’immagine che illustra come la Terra è inclinata rispetto al Sole durante questo evento:
In conclusione, il solstizio d’estate non è solo un fenomeno astronomico, ma anche un momento di grande rilevanza culturale e simbolica, celebrato con entusiasmo in tutto il mondo.
Riproduzione artistica. Alla fine del 2019, la galassia SDSS1335+0728 ha improvvisamente iniziato a brillare più luminosa che mai ed è stata classificata come avente un nucleo galattico attivo, alimentato da un enorme buco nero nel nucleo della galassia.
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Gli astronomi vedono un enorme buco nero risvegliarsi in tempo reale
Verso la fine del 2019, la galassia SDSS1335+0728, fino a quel momento del tutto trascurabile, ha improvvisamente iniziato a brillare più luminosa che mai. Per capirne il motivo, gli astronomi hanno utilizzato i dati provenienti da diversi osservatori spaziali e da terra, tra cui il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO (Osservatorio Europeo Australe), per seguire le variazioni di luminosità della galassia. In uno studio pubblicato oggi, concludono che stiamo assistendo a cambiamenti mai visti prima, probabilmente il risultato dell’improvviso risveglio del buco nero massiccio nel nucleo.
“Immaginate di aver osservato per anni una galassia lontana e che essa sia sempre apparsa calma e inattiva“, afferma Paula Sánchez Sáez, astronoma dell’ESO in Germania e autrice principale dello studio accettato per la pubblicazione su Astronomy & Astrophysics. “All’improvviso, il suo [nucleo] inizia a mostrare evidenti cambiamenti di luminosità, diversi da qualsiasi altro evento tipico osservato finora.” Questo è quello che è successo a SDSS1335+0728, che ora, da quando è diventata così brillane nel dicembre 2019, viene classificata come dotata di un “nucleo galattico attivo” (AGN dall’inglese ‘active galactic nucleus’) – una regione compatta e luminosa alimentata da un buco nero molto massiccio.
Alcuni fenomeni, come le esplosioni di supernova o gli eventi di distruzione mareale – cioè quando una stella si avvicina troppo a un buco nero e viene fatta a brandelli – possono rendere improvvisamente brillanti le galassie. Ma queste variazioni di luminosità durano tipicamente solo poche decine o, al massimo, qualche centinaio di giorni. SDSS1335+0728 continua a diventare sempre più luminosa, più di quattro anni dopo essere stata osservata ‘accendersi’ per la prima volta. Inoltre, le variazioni osservate nella galassia, che si trova a 300 milioni di anni luce di distanza da noi, nella costellazione della Vergine, sono diverse da quelle mai viste prima e indirizzano gli astronomi verso una spiegazione alternativa.
Il gruppo di lavoro ha cercato di comprendere le variazioni di luminosità utilizzando una combinazione di dati di archivio e nuove osservazioni provenienti da diverse strutture, incluso lo strumento X-shooter installato sul VLT dell’ESO nel deserto di Atacama in Cile. Confrontando i dati rivelati prima e dopo il dicembre 2019, hanno scoperto che SDSS1335+0728 ora irradia molta più luce alle lunghezze d’onda ultravioletta, ottica e infrarossa. La galassia ha anche iniziato a emettere raggi X nel febbraio 2024. “Questo comportamento non ha precedenti”, aggiunge Sánchez Sáez, che ha anche un’affiliazione con il Millennium Institute of Astrofisica (MAS) in Cile.
Questa rappresentazione artistica mostra due fasi nella formazione di un disco di gas e polvere attorno al massiccio buco nero al centro della galassia SDSS1335+0728. Il nucleo di questa galassia si è illuminato nel 2019 e continua a brillare oggi : è la prima volta che osserviamo un enorme buco nero attivarsi in tempo reale. Credito: ESO/M. Kornmesser
“L’opzione più concreta per spiegare questo fenomeno è che stiamo vedendo il [nucleo] della galassia che sta iniziando a mostrare (…) attività“, afferma la coautrice Lorena Hernández García, del MAS e dell’Università di Valparaíso in Cile. “Se così fosse, questa sarebbe la prima volta che vediamo l’attivazione di un buco nero massiccio in tempo reale”.
Al centro della maggior parte delle galassie, compresa la Via Lattea, si trovano buchi neri molto grandi, con massa pari a oltre centomila volte quella del Sole. “Questi mostri giganti di solito dormono e non sono direttamente visibili“, spiega il coautore Claudio Ricci, dell’Università Diego Portales, sempre in Cile. “Nel caso di SDSS1335+0728, abbiamo potuto osservare il risveglio del buco nero massiccio, [che] improvvisamente ha iniziato a nutrirsi del gas disponibile nei dintorni, diventando molto luminoso”.
“[Questo] processo (…) non è mai stato osservato prima“, aggiunge Hernández García. Studi precedenti avevano trovato alcune galassie inattive che dopo diversi anni erano diventate attive, ma questa è la prima volta che il processo stesso – il risveglio del buco nero – è stato osservato in tempo reale. Ricci, che è anche affiliato al Kavli Institute for Astronomy and Astrophysics dell’Università di Pechino, in Cina, aggiunge: “Questo potrebbe accadere anche a Sgr A*, il buco nero massiccio (…) situato al centro della nostra galassia“, ma non è chiaro quanto ciò sia probabile.
Sono necessarie ulteriori osservazioni per escludere spiegazioni alternative. Un’altra possibilità è che stiamo assistendo a un evento di distruzione mareale insolitamente lento, o addirittura a un nuovo fenomeno. Se si trattasse effettivamente di un evento di distruzione mareale, questo sarebbe l’evento più lungo e debole mai osservato. “Indipendentemente dalla natura delle variazioni, [questa galassia] fornisce informazioni preziose su come i buchi neri crescono ed evolvono”, conclude Sánchez Sáez. “Ci aspettiamo che strumenti come [MUSE installato sul VLT o i futuri strumenti di ELT (Extremely Large Telescope)] saranno fondamentali per comprendere [perché la galassia sta diventando più luminosa]”.
Il gruppo astrofili Astro Amici Forlivesi annuncia il secondo star party Romagnolo 2024. Dopo lo star party Romagnolo di Giugno, ci ritroviamo per chiudere insieme l’estate, in una suggestiva location immersa nel verde tra le prima colline degli appennini. Per info e prenotazioni contatteci alla mail astroamiciforlivesi@gmail.com.
Ami scattare fotografie? Partecipa alla 3a edizione del concorso “L’Universo in una foto” in cui luna, pianeti, stelle, ma anche nebulose e galassie la fanno da padrone.
Il concorso, a partecipazione gratuita e giunto alla sua terza edizione, è rivolto a tutti i fotografi del cielo notturno, sia astrofotografi professionisti che semplici appassionati, e vuole stimolare l’interesse per l’astronomia tramite l’uso creativo della fotografia.
Tre i temi in cui si articola il concorso:
1. Skyscapes: immagini di paesaggi naturali o soggetti architettonici urbani nelle quali il cielo notturno è un elemento significativo
2. Solar System: immagini di pianeti e oggetti celesti facenti parte del Sistema Solare;
3. Deep Sky: immagini di soggetti astronomici o eventi ad essi collegati, ripresi con fotocamera.
— Per partecipare al contest è necessario inviare il materiale tramite il servizio WeTransfer all’indirizzo di posta elettronica sichardtcafe@gmail.com a partire dal 15 giugno ed entro e non oltre il 15 settembre 2024 – ore 23:59.
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La Giuria sarà formata da Martina De Maio, astrofisica – Area Astronomia della Fondazione Museo Civico; Gianni Pasquali, astrofilo dedito alla divulgazione, affiliato all’Associazione Internazionale Astronomers Without Borders ed a Volunteer Translator ESO Science Outreach Representative; Adriano Frisanco, fotografo professionista che si occupa di fotografia pubblicitaria, industriale editoriale e di documentazione; Aldo Frisinghelli del Circolo Fotografico l’Immagine di Rovereto e Molisella Lattanzi direttrice della rivista Coelum Astronomia.
Le foto premiate potranno avere abbonamenti omaggio alla rivista Coelum o ingresso gratuito e visite guidate al Planetario del Museo Civico, unico in Italia a unire la precisione della visione del cielo notturno grazie al sistema analogico e i viaggi interplanetari e interstellari garantiti dai più recenti proiettori digitali fulldome.
Il concorso si concluderà con l’allestimento di una mostra temporanea a ingresso gratuito al Museo della Città di Rovereto nella quale saranno esposte le astrofotografie più meritevoli.
ORGANIZZATORI
Sichardt Cafè di Canta Mattia con la collaborazione della Fondazione Museo Civico di Rovereto, dell’associazione CCF Centro Cultura Fotografica @Trento, del Circolo Fotografico l’Immagine di Rovereto e media partner ufficiale la rivista Coelum Astronomia.
TEMA DELLA MANIFESTAZIONE
Dopo il successo della precedenti edizioni, ispirate dalle novità che hanno coinvolto il Planetario della Fondazione Museo Civico di Rovereto, il Sichardt Cafè ha maturato l’idea di rilanciare questo concorso volto a stimolare l’interesse per l’astronomia tramite l’uso creativo della fotografia, coinvolgendo nuovamente la stessa Fondazione Museo Civico. I partecipanti sono invitati a fotografare la volta celeste in tutte le sue meraviglie… Luna, pianeti, stelle ma anche nebulose e galassie, cercando di coglierli in maniera creativa ed emozionale. In particolare il contest si articola in tre sezioni:
Skyscapes: immagini di paesaggi naturali o soggetti architettonici urbani nelle quali il cielo notturno è un elemento significativo;
Solar System: immagini di pianeti e oggetti celesti facenti parte del Sistema Solare;
Deep Sky: immagini di soggetti astronomici o eventi ad essi collegati, ripresi con fotocamera.
PARTECIPANTI
Possono partecipare al contest: fotografi, appassionati di fotografia, ma anche semplici utenti che vogliano cimentarsi con l’argomento proposto, che cercano nelle loro notti insonni di catturare la bellezza del cielo. I partecipanti che non hanno compiuto la maggiore età alla data di inizio del contest dovranno avere l’autorizzazione dei genitori o di chi ne fa le veci. La partecipazione è gratuita. Sono esclusi dal contest i membri della giuria.
Requisiti e caratteristiche tecniche delle immagini
Ogni partecipante potrà presentare solo una fotografia in b/n o a colori con inquadratura verticale, orizzontale o panoramica per ogni categoria. È possibile presentare immagini trattate in post produzione con mezzi digitali o analogici purché, alla base, abbiano una o più immagini di natura fotografica (esibibile in originale RAW, JPEG, TIFF, su semplice richiesta della giuria – la mancata esibizione dell’originale comporterà l’esclusione dal concorso). Le foto dovranno essere in formato jpg (o jpeg) a 300dpi, con il lato lungo di 3000 px e peso non superiore a 10Mb per ciascuna foto. Le foto non dovranno contenere alcun “watermark” o riferimenti all’autore dello scatto (ad esempio nei dati EXIF), in modo da garantire la completa imparzialità della giuria. Previo accordo con l’autore potranno essere richieste altre versioni dello scatto (formato del file, dimensioni, risoluzione) se questo verrà selezionato per altri utilizzi (stampe, promozione pubblicitaria). Attenzione: non saranno ritenute valide le fotografie già inviate nelle precedenti edizioni.
Roberto Ragazzoni, the President of Italy’s National Institute for Astrophysics (INAF), and Xavier Barcons, ESO’s Director General, signed an agreement for the design and construction of the ANDES instrument. ANDES, the ArmazoNes high Dispersion Echelle Spectrograph, will be installed on ESO’s Extremely Large Telescope (ELT), and it will tackle a variety of astronomical questions, from searching for signs of life in exoplanets to testing variations of physical constants.
ANDES, VIA LIBERA ALLO STRUMENTO CHE CI DIRÀ DOVE C’È VITA SU ALTRI MONDI
L’ESO ha firmato l’accordo con un consorzio internazionale guidato dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) per la progettazione e la costruzione diANDES, uno strumento di altissima tecnologia che sarà installato sull’Extremely Large Telescope (ELT) dell’ESO, in costruzione sulle Ande cilene. ANDES verrà utilizzato per cercare segni di vita negli esopianeti e studiare le prime stelle che si sono accese nell’Universo, ma anche per testare le variazioni delle costanti fondamentali della fisica e misurare l’accelerazione dell’espansione dell’Universo.
L’accordo è stato firmato dal Direttore Generale dell’European Southern Observatory (ESO) Xavier Barcons e da Roberto Ragazzoni, Presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Ente che guida il consorzio ANDES. Alla cerimonia della firma erano presenti anche Sergio Maffettone, Console Generale d’Italia a Monaco di Baviera, e Alessandro Marconi dell’Università di Firenze e associato INAF, Principal Investigator di ANDES, oltre ad altri rappresentanti dell’ESO, dell’INAF e del consorzio ANDES, che vede la partecipazione di Istituti, Università ed Enti di Ricerca di 13 Paesi. La firma ha avuto luogo presso il quartier generale dell’ESO a Garching, in Germania.
“ANDES è una macchina che sfrutta molte delle tecnologie sviluppate in Italia e che complementa gli sforzi che come INAF stiamo facendo per individuare mondi alieni” commenta Roberto Ragazzoni, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. “Poterne analizzare chimicamente la composizione delle atmosfere è uno di quei problemi formidabili che mettono a dura prova la filiera tecnologica sia della ricerca che industriale. Anche se al limite delle sue capacità, potrebbe riuscire a fornire misure dirette della espansione dell’universo, ma certamente aprire nuovi quesiti che solleciteranno ulteriori sviluppi tecnologici, in un circolo virtuoso che l’INAF porta avanti da tempo”.
Lo strumento ELT ad alta risoluzione ANDES (precedentemente noto come HIRES) consentirà agli astronomi di studiare oggetti astronomici che richiedono osservazioni altamente sensibili. Verrà utilizzato per cercare segni di vita negli esopianeti simili alla Terra, trovare le prime stelle nate nell’Universo, testare possibili variazioni delle costanti fondamentali della fisica e misurare l’accelerazione dell’espansione dell’Universo.
Precedentemente denominato HIRES, ANDES(ArmazoNes high Dispersion Echelle Spectrograph) è un sofisticato spettrografo, uno strumento che divide la luce nelle lunghezze d’onda che la compongono in modo che gli astronomi possano determinare importanti proprietà degli oggetti astronomici, come la loro composizione chimica. Lo strumento avrà prestazioni senza precedenti nelle osservazioni in luce visibile e nel vicino infrarosso e, in combinazione con il potente sistema di specchi ed ottica adattiva che costituiscono ELT, consentirà enormi passi in avanti nello studio dell’Universo.
“ANDES è uno strumento con un enorme potenziale per scoperte scientifiche rivoluzionarie, che possono influenzare profondamente la nostra percezione dell’Universo ben oltre la comunità di scienziati”, afferma Alessandro Marconi.
ANDES permetterà di realizzare indagini dettagliate delle atmosfere di esopianeti simili alla Terra, consentendo agli astronomi di analizzare la loro composizione, alla ricerca di tracce legate alla presenza di vita. Sarà anche in grado di analizzare elementi chimici in oggetti lontani nell’Universo primordiale, rendendolo probabilmente il primo strumento in grado di rilevare le firme delle stelle diPopolazione III , le prime stelle in assoluto che si sono formate nell’Universo. Inoltre, gli astronomi saranno in grado di utilizzare i dati ANDES per verificare se le costanti fondamentali della fisica variano nel tempo e nello spazio. I suoi dati saranno utilizzati anche per misurare direttamente l’accelerazione dell’espansione dell’Universo, uno degli enigmi ancora insoluti dell’astrofisica.
Il contributo di INAF ad ANDES, oltre alla responsabilità di gestione manageriale e ingegneristica del progetto a livello di sistema e di sviluppo software (con le sedi coinvolte di Trieste per il management, Milano per l’ingegneria del sistema e Bologna per la parte di collegamento scientifico), copre anche la progettazione e la successiva realizzazione opto-meccanica e software, di alcuni moduli che compongono ANDES. In particolare, la sede INAF di Firenze con i contributi di quelle di Trieste e Brera è responsabile sia del collegamento in fibra ottica che consentirà il passaggio della luce tra i vari moduli di ANDES che del modulo di ottica adattiva. Oltre all’aspetto tecnologico, quello scientifico vede la partecipazione di ricercatrici e ricercatori di quasi tutte le sedi INAF, con quella di Trieste responsabile anche del coordinamento del pacchetto scientifico che studierà le galassie ed il mezzo intergalattico.
L’Extremely Large Telescope (ELT) sarà posizionato sulla cima del Cerro Armazones, a circa 3.046 metri di altezza nel deserto cileno di Atacama, circondato da viste mozzafiato sulle pianure sottostanti. Questa immagine (un rendering artistico) mostra come apparirà il telescopio in cima alla montagna. Il livellamento della cima del Cerro Armazones, in preparazione alla costruzione dell’ELT, è stato completato nel 2015.
Il telescopio ELT dell’ESO è attualmente in costruzione nel deserto di Atacama, nel nord del Cile. Quando entrerà in funzione alla fine di questo decennio, l’ELT sarà il più grande telescopio mai costruito al mondo, che aprirà letteralmente una nuova era nell’astronomia da Terra.
Chang’e-6: I campioni della Luna rientrati il 25 giugno sono in sicurezza
La capsula cinese Chang’e 6 atterrata il 25 giugno è stata trasferita a Pechino e aperta per accedere al suo prezioso carico. L’evento segna il successo della missione durata 53 giorni e che ha portato la sonda cinese sul lato nascosto della Luna.
La capsula contenente i campioni il 26 giugno ha raggiunto l’Accademia cinese di tecnologia spaziale (CAST) responsabile del progetto della missione ove è stata accolta con una cerimonia.
Il contenitore custodisce ben 2 kg di materiale lunare e i campioni sarà messi in sicurezza per il successivo trasporto nei centri di analisi, stoccaggio e distribuzione.
Come per il materiale raccolto dalla precedente sonda Chang’e 5 nel 2020 le parti saranno messe a disposizione per lo studio con precedenza ai ricercatori cinesi e dopo due anni potranno essere prenotati per ulteriori indagini da parte delle comunicatà internazionale. I ricercatori NASA hanno invece ottenuto un’autorizzazione speciale e vi accederanno prima.
Il video dell’apertura
Chang’e-6: La Cina Conquista la Faccia Nascosta della Luna
La missione Chang’e-6, lanciata il 3 maggio 2024 dalla base di Wenchang con un razzo Long March 5, rappresenta un ulteriore passo avanti per la Cina nell’esplorazione lunare.
Dopo un viaggio di quattro giorni, la sonda ha raggiunto l’orbita lunare, dove ha iniziato a studiare il sito di atterraggio previsto. Il 1° giugno 2024, Chang’e-6 ha effettuato un atterraggio morbido nel cratere Apollo, situato nella regione del bacino Polo Sud-Aitken (SPA) sulla faccia nascosta della Luna. Questa zona è particolarmente interessante per gli scienziati, poiché si ritiene che possa contenere indizi cruciali sulla storia e l’evoluzione della Luna e del sistema solare.
Le attività della sonda
Il lander di Chang’e-6 ha iniziato immediatamente le operazioni di raccolta dei campioni. Entro 48 ore dall’atterraggio, ha esteso un braccio robotico per prelevare materiali dalla superficie e ha utilizzato un trapano per raccogliere campioni da una profondità di circa 2 metri. Il 3 giugno 2024, il modulo ascendente, contenente circa 2 kg di campioni di suolo e rocce, si è sollevato dalla superficie lunare e ha raggiunto l’orbita, dove si è agganciato al modulo orbitante. I campioni saranno trasferiti al modulo di rientro, progettato per proteggere il materiale durante il rientro nell’atmosfera terrestre, e saranno riportati sulla Terra, con l’atterraggio previsto nella regione di Siziwang Banner, in Mongolia Interna, Cina, il 25 giugno 2024.
La missione Chang’e-6 durerà complessivamente 53 giorni e prevede diverse fasi complesse, simili a quelle della missione Chang’e-5 del 2020, che ha riportato campioni dalla faccia visibile della Luna. Tuttavia, Chang’e-6 affronta sfide uniche, essendo la prima missione a riportare campioni dalla faccia nascosta della Luna, che non è visibile direttamente dalla Terra e richiede l’uso del satellite di comunicazione Queqiao-2 per trasmettere i dati tra la sonda e il centro di controllo missione sulla Terra.
Dettagli tecnici
Dal punto di vista tecnico, la missione Chang’e-6 è un capolavoro di ingegneria. La sonda è composta da quattro elementi principali: un orbiter, un lander, un ascender e un modulo di rientro. L’orbiter rimane in orbita lunare per facilitare le comunicazioni e le operazioni di navigazione, mentre il lander, equipaggiato con strumenti scientifici avanzati, effettua le operazioni di campionamento. L’ascender è responsabile del trasporto dei campioni in orbita, dove saranno trasferiti all’orbiter per il viaggio di ritorno verso la Terra. Il modulo di rientro è progettato per proteggere i campioni durante il rientro nell’atmosfera terrestre e garantire un atterraggio sicuro.
La sonda ultimata prima del lancio. Crediti CNSA
Gli strumenti a bordo del lander includono un braccio robotico per la raccolta dei campioni, un trapano capace di raggiungere una profondità di circa 2 metri per prelevare campioni sotterranei, e vari sensori e analizzatori per esaminare le proprietà fisiche e chimiche del suolo lunare. Questi strumenti permettono agli scienziati di raccogliere dati preziosi che contribuiranno a una migliore comprensione della storia e dell’evoluzione della Luna.
Le Comunicazioni
Un altro aspetto cruciale della missione è la comunicazione. Utilizzando il satellite Queqiao-2, la missione supera le difficoltà di comunicazione dovute alla mancanza di linea diretta di vista tra la faccia nascosta della Luna e la Terra. Queqiao-2 funge da ponte di comunicazione, trasmettendo i dati raccolti dal lander al centro di controllo missione sulla Terra.
Il satellite Queqiao-2 in una riproduzione artistica in orbita intorno alla Luna
I progetti dell’esplorazione lunare cinese
La missione Chang’e-6 rappresenta un notevole avanzamento nelle capacità esplorative della Cina, posizionandola come uno dei leader globali nell’esplorazione spaziale. Con il successo delle sue missioni lunari, la Cina continua a prepararsi per future missioni con equipaggio umano e la costruzione di una stazione di ricerca lunare internazionale entro la fine degli anni ’30. Il programma lunare Chang’e, iniziato con le missioni orbitali Chang’e-1 e Chang’e-2, e proseguito con le missioni di atterraggio Chang’e-3 e Chang’e-4, ha mostrato una progressione costante in termini di complessità e ambizione.
Oltre a raccogliere campioni e dati scientifici, la missione Chang’e-6 ha anche l’obiettivo di testare tecnologie chiave per future missioni con equipaggio umano. La Cina ha piani ambiziosi per l’esplorazione spaziale, con missioni programmate per valutare le risorse potenziali nella regione polare sud della Luna e per costruire una stazione di ricerca lunare internazionale entro la fine degli anni ’30. Questi sforzi sono parte di un piano più ampio che prevede la collaborazione internazionale e lo sviluppo di tecnologie avanzate per l’esplorazione spaziale.
In sintesi, la missione Chang’e-6 è un passo significativo verso una nuova era di esplorazione spaziale. Con il successo delle sue missioni lunari, la Cina sta costruendo le basi per una presenza sostenibile sulla Luna e oltre, aprendo la strada a nuove scoperte scientifiche e a un futuro di esplorazione interplanetaria.
Riepilogo della Missione Chang’e-6
Lancio e Arrivo:
La sonda Chang’e-6 è stata lanciata il 3 maggio 2024, utilizzando un razzo Long March 5 dalla base di lancio di Wenchang.
Ha raggiunto l’orbita lunare dopo circa quattro giorni di viaggio.
Fase di Atterraggio:
Dopo aver orbitato e studiato la superficie per alcune settimane, la sonda ha effettuato un atterraggio morbido il 1° giugno 2024, all’interno del cratere Apollo, situato nel bacino Polo Sud-Aitken (SPA) sulla faccia nascosta della Luna.
Questa regione è particolarmente interessante per gli scienziati poiché si ritiene possa contenere indizi cruciali sulla storia e l’evoluzione della Luna e del Sistema Solare.
Operazioni di Raccolta Campioni:
Il lander ha iniziato le operazioni di raccolta campioni entro 48 ore dall’atterraggio.
Utilizzando un braccio robotico e un trapano, ha prelevato campioni di suolo e rocce sia dalla superficie sia da una profondità di circa 2 metri.
I campioni raccolti sono stati trasferiti al modulo ascendente, che si è sollevato dalla superficie lunare il 3 giugno 2024 e ha raggiunto l’orbita lunare per l’aggancio con l’orbiter.
Ritorno sulla Terra:
Il modulo di rientro, contenente i campioni, sarà lanciato verso la Terra e si prevede che atterri nella regione di Siziwang Banner, in Mongolia Interna, Cina, il 25 giugno 2024.
La missione avrà una durata totale di 53 giorni.
Aspetti Tecnici della Missione
Componenti Principali della Sonda:
Orbiter: Resta in orbita lunare per facilitare le comunicazioni e le operazioni di navigazione.
Lander: Equipaggiato con strumenti scientifici avanzati per la raccolta e l’analisi dei campioni.
Ascender: Trasporta i campioni raccolti in orbita lunare per il trasferimento all’orbiter.
Modulo di Rientro: Progettato per proteggere i campioni durante il rientro nell’atmosfera terrestre e garantire un atterraggio sicuro.
Strumenti a Bordo:
Braccio Robotico: Utilizzato per raccogliere campioni dalla superficie.
Trapano: Perforatore capace di raggiungere una profondità di circa 2 metri per prelevare campioni sotterranei.
Sensori e Analizzatori: Per esaminare le proprietà fisiche e chimiche del suolo lunare.
Comunicazioni:
Utilizzo del satellite Queqiao-2 per la trasmissione dei dati tra la faccia nascosta della Luna e la Terra, superando le difficoltà di comunicazione dovute alla mancanza di linea diretta di vista.
Per ulteriori dettagli, puoi consultare l’articolo completo su SpaceNews e Space.com
Un membro dell'equipaggio della STS-125 a bordo dello Space Shuttle Atlantis ha catturato questa immagine del telescopio spaziale Hubble della NASA il 19 maggio 2009. La NASA ha detto che il telescopio è entrato in uno stato di ibernazione più di una settimana fa quando uno dei suoi giroscopi -- parte del sistema di puntamento -- è risultato malfunzionante. Hubble è rimasto al sicuro ma inattivo fino a martedì 4 giugno 2024 quando i tecnici hanno stabilito che Hubble continuerà a funzionare ma con un unico giroscopio. Credit: NASA
Indice dei contenuti
Problemi Recenti per Hubble Space Telescope
Negli ultimi mesi, l’Hubble Space Telescope ha affrontato diversi problemi tecnici che hanno portato alla sospensione temporanea delle sue operazioni scientifiche. Il principale tra questi problemi riguarda uno dei giroscopi, strumenti fondamentali per mantenere l’orientamento e la stabilità del telescopio nello spazio. Questo articolo esamina le recenti difficoltà tecniche di Hubble, le possibili soluzioni, e il futuro di questo strumento iconico.
Problemi Principali
Il 24 maggio 2024, Hubble è entrato in modalità sicura a causa di letture errate da parte di uno dei suoi tre giroscopi operativi. I giroscopi sono cruciali per determinare la direzione in cui il telescopio è puntato e per mantenerlo stabile durante le osservazioni. Questa non è la prima volta che Hubble affronta problemi con i giroscopi; una situazione simile si era verificata a novembre 2023, quando un altro giroscopio aveva causato l’interruzione delle operazioni scientifiche.
Durante l’ultima missione di servizio dello Space Shuttle nel 2009, furono installati sei nuovi giroscopi. Attualmente, tre di questi sono ancora funzionanti, inclusa l’unità che ha recentemente mostrato problemi. Anche se Hubble può operare con un solo giroscopio, questa configurazione ridurrebbe la sua efficienza e capacità di osservazione.
Soluzioni e Piani Futuri
Il team di ingegneri della NASA sta lavorando per identificare soluzioni a breve termine, tra cui la possibilità di riconfigurare Hubble per operare con un solo giroscopio, mantenendo gli altri come riserva. Questa soluzione permetterebbe al telescopio di continuare a funzionare, sebbene con alcune limitazioni operative con un’incidenza pari al circa il 12%. Inoltre, è in corso uno studio di fattibilità per una possibile missione di servizio privata che potrebbe coinvolgere SpaceX. Tale missione avrebbe l’obiettivo di riparare o ri-boostare Hubble, mantenendolo in un’orbita più stabile e prolungandone la vita operativa.
La collaborazione con SpaceX, nell’ambito del programma Polaris, potrebbe vedere l’utilizzo della Crew Dragon per un intervento sul telescopio. Questa possibilità è ancora in fase di valutazione, e non ci sono ancora dettagli specifici sui passi successivi. Tuttavia, questa missione rappresenterebbe un’opportunità per dimostrare le capacità di servizio satellitare in orbita da parte di aziende private.
Contesto Storico e Significato
Lanciato nel 1990, Hubble ha rivoluzionato la nostra comprensione dell’universo, fornendo immagini straordinarie e dati scientifici di inestimabile valore. Durante i suoi oltre trent’anni di servizio, Hubble ha subito cinque missioni di manutenzione da parte degli astronauti dello Space Shuttle, che hanno permesso di aggiornarne gli strumenti e prolungarne la vita operativa.
Nonostante la sua età, Hubble continua a essere un asset scientifico di grande valore. Le sue osservazioni hanno contribuito a scoperte fondamentali in astrofisica, dall’espansione accelerata dell’universo alla caratterizzazione di pianeti extrasolari. NASA prevede che Hubble continuerà a fare scoperte significative collaborando con altri osservatori, come il telescopio spaziale James Webb, almeno per il prossimo decennio.
Conclusione
In conclusione, nonostante i recenti problemi tecnici, il Telescopio Spaziale Hubble rimane uno strumento insostituibile per l’astronomia e dovrebbe arrivare ancora operativo al 2035 anno previsto per l’interruzione delle sue funzioni. Le soluzioni in corso di studio, inclusa la possibilità di una missione di servizio privata, offrono speranze per la continuazione delle operazioni scientifiche di Hubble. Con il supporto di nuove tecnologie e collaborazioni, Hubble potrebbe continuare a esplorare l’universo per molti anni a venire, affermando ancora una volta il suo ruolo centrale nella ricerca astronomica.
Il grafico è la rappresentazione di curve di luce impilate derivante dall'analisi di adattamento globale descritta in Global Fits of Citizen Science e TESS Transit Data for Comparison Sezione 4.3 e 5.1 di WASP-77 A b.
Indice dei contenuti
Migliorare le effemeridi degli esopianeti sfruttando i dati scientifici dei professionisti e dei cittadini: un caso di Citizen Science con WASP-77 A b
Grazie all’aumento della capacità di trasferimento dati delle nostre reti, la Citizen Science è oramai da diversi anni uno strumento solido e confermato per assistere ed aiutare la ricerca professionale. Un intervento che si dimostra deciso soprattutto quando ogni indagine richiede di miscelare molti dati raccolti da più fonti.
L’articolo, suggerito alla redazione da Nicoletta Iannascoli, coautrice dello studio, illustra come con il giusto impegno sia oggi possibile contribuire alla ricerca mondiale addirittura facilitando il lavoro del colossale James Webb Space Telescope JWST.
Lo studio aiuta a definire meglio i parametri dell’esopianeta WASP-77A b così da facilitare e ottimizzare in termini di precisione le osservazioni future.
Complimenti dalla Redazione di COELUM a tutti i coautori dell’articolo per l’ottimo risultato e l’espressione di grande professionalità!
Abstract
Presentiamo le effemeridi aggiornate e i parametri fisici per l’esopianeta WASP-77A b combinando 64 osservazioni di transito da terra e dallo spazio, 6 osservazioni di eclissi dallo spazio e 32 osservazioni di velocità radiale così da produrre la soluzione orbitale più precisa per questo target fino ad oggi raggiunta. Una simile ottimizzazione aiuterà la pianificazione del James Webb Space Telescope (JWST) e le osservazioni di Ariel negli studi atmosferici.
In risultato dei nuovi calcoli emerge:
un nuovo periodo orbitale pari a 1.360029395±5.7×10-8 giorni,
un nuovo tempo di transito intermedio di2459957.337860±4.3×10-5 BJDTDB (data giuliana baricentrica nella scala temporale dinamica baricentrica; Eastman et al. (2010) )
un nuovo tempo di metà eclissi di2459956.658192±6.7×10-5 BJDTDB.
I metodi utilizzati inoltre contribuiscono a ridurre le incertezze sulla massa del pianeta di 1.6654±4.5×10-3𝑀𝐽𝑃 e periodo orbitale 1.360029395±5.7×10-8 giorni rispettivamente per fattori pari a 15,1 e 10,9.
Attraverso un confronto congiunto dell’analisi di adattamento dei dati di transito presi da iniziative spaziali e guidate dalla ricerca amatoriale, il nostro studio dimostra il potere di includere i dati raccolti dagli cittadini rispetto all’adattamento dei soli dati spaziali. Inoltre, includendo una vasta gamma di dati di citizen science provenienti da ExoClock, Exoplanet Transit Database (ETD) e Exoplanet Watch, è possibile aumentare la base di osservazioni e quindi migliorare costantemente il calcolo delle effemeridi rispetto a ciò che sarebbe ottenibile con i soli dati TESS.
Introduzione
Determinare correttamente le effemeridi di transito di un pianeta è essenziale per la pianificazione efficiente delle osservazioni di follow-up (Zellem et al.,2020) con telescopi come il telescopio spaziale James Webb (JWST), il telescopio spaziale Hubble (HST) o l’imminente missione Ariel, il cui lancio è previsto per il 2029, e che osserverà le atmosfere di 1.000 esopianeti.
Effemeridi accurate aiutano a garantire che questi telescopi spaziali altamente competitivi siano utilizzati nel modo più efficiente possibile per massimizzare la loro produzione scientifica contribuendo a ridurre le spese generali.
I tempi medi di transito precisi dell’esopianeta, per cui un pianeta passa direttamente davanti alla sua stella ospite, sono cruciali per caratterizzare l’atmosfera di un esopianeta attraverso la spettroscopia di trasmissione.
A causa delle incertezze delle effemeridi, i buffer del tempo di osservazione devono essere inclusi prima e dopo il tempo di transito intermedio previsto per garantire che l’intero transito venga catturato oltre alle misurazioni di base pre e post transito del solo flusso della stella ospite. Man mano che un pianeta completa orbite aggiuntive attorno alla sua stella ospite, le incertezze sul suo tempo di transito intermedio aumentano, creando la necessità di ripetute osservazioni di follow-up e nuove analisi.
Poiché il numero di esopianeti e candidati esopianeti confermati continua ad aumentare, le previsioni dicono che supereranno i 10.000 esemplari solo dalla missione TESS della NASA, ci sarà una forte domanda di effemeridi aggiornate sugli esopianeti per consentire analisi ottimizzate.
Studi precedenti hanno dimostrato che è possibile aggiornare con successo il tempo di transito medio di un esopianeta attraverso collaborazioni con professionisti e “scienziati cittadini” che utilizzano piccoli telescopi terrestri.
Fra gli esempi quello degli studenti iscritti a un corso di ricerca completamente online presso l’Arizona State University che hanno acquisito osservazioni del pianeta WASP-104 b effettuate con un telescopio robotico da 6 pollici a terra. Gli studenti sono stati in grado di migliorare l’incertezza sul tempo di transito intermedio per questo particolare obiettivo del 2,7% rispetto alla pubblicazione più recente. Sforzi come questi gettano le basi per continue collaborazioni scientifiche tra professionisti e cittadini che possono aiutare con il mantenimento delle effemeridi degli esopianeti.
Insieme al tempo di transito medio di un pianeta, anche il tempo di metà eclissi è un parametro cruciale per gli astronomi che caratterizzano le atmosfere esoplanetarie.
Durante l’eclissi, il pianeta passa dietro la stella che così ne blocca temporaneamente la luce riflessa e l’emissione termica. Le eclissi, quando il pianeta passa dietro la sua stella ospite, consentono agli astronomi di misurare la luce riflessa e l’emissione termica di un pianeta. Determinare il tempo di metà eclissi di un pianeta quando un’eclissi ancora non è stata osservata in precedenza, richiede non solo di conoscere bene il suo tempo di transito medio, ma anche di sapere qual è l’eccentricità della sua orbita e quanto passa al periastro, parametri che possono essere dedotti dalle misurazioni della velocità radiale. Pertanto, l’inclusione dei dati di velocità radiale nell’analisi migliora significativamente la precisione nella previsione del transito e dei tempi dell’eclissi, e l’orbita del pianeta per la pianificazione delle osservazioni JWST e Ariel.
In questo sforzo, utilizziamo WASP-77 A b per dimostrare la potenza della combinazione di un’ampia gamma di dati fotometrici di transito ed eclissi (raccolti sia da scienziati cittadini che da telescopi spaziali) con dati di archivio sulla velocità radiale per acquisire parametri orbitali e planetari precisi. WASP-77 A b, un Giove caldo in orbita attorno a una stella di tipo spettrale G8 V con V-mag = 10,294 ± 0,007.
Vi invitiamo a leggere l’articolo completo e relativi riferimenti su arXiv:2405.19615v1
UNIVERSO IN FORTEZZA
Venerdì 14 giugno H 18-24
Sabato 15 giugno H 10-24
Domenica 16 giugno H 10-24
Fortezza Nuova, Scali della Fortezza nuova, Livorno
Seconda edizione del festival di astronomia
Dal 14 al 16 giugno 2024, alla Fortezza Nuova, torna “Universo in Fortezza”, seconda edizione del festival di astronomia che nel 2023 ha riscosso grande successo. Organizzato dall’Alsa, Associazione livornese scienze astronomiche attiva sul territorio da oltre trent’anni, il festival promuove la divulgazione scientifica con un format coinvolgente, rivolto a a un pubblico generico e appassionato, trasversale per età. Con l’obiettivo di spostare l’asticella oltre le 3000 presenze accorse da tutta Italia per assistere conferenze tenute da luminari della scienza, per immergersi nelle suggestive mostre a tema astronomico e per le emozionanti serate osservative al telescopio, quest’anno sono previsti anche laboratori per bambini e realtà virtuale.
Patrocinata dal Comune di Livorno e dal Museo di storia naturale del Mediterraneo, la manifestazione continuerà a godere della partecipazione di importanti enti, come l’Osservatorio gravitazionale europeo Ego-Virgo, insignito del premio Nobel per la fisica nel 2017 per aver contribuito alla scoperta delle onde gravitazionali, l’azienda aerospaziale Kayser Italia, specializzata nella ricerca scientifica e tecnologica a bordo di piattaforme spaziali, l’Osservatorio astrofisico di Arcetri Inaf, la rivista Coelum, il progetto Cultura immersiva, il laboratorio teatrale Manifattura Lizard, @TOMOSpodcast e, come media partner, PuntoRadio.
“Da sempre l’umanità si interroga sul proprio posto all’interno dell’universo e l’astronomia accende passione e curiosità in persone di ogni età e cultura. La meraviglia che genera in noi il cielo stellato e la bellezza affascinante dell’universo fanno da guida in questo festival dove appassionati, bambini e adulti incontrano astronomi e astrofili e scoprono la passione che anima la ricerca e la divulgazione scientifica. Questa manifestazione di astronomia costituisce, quindi, una novità nel territorio livornese e si colloca all’interno di un percorso divulgativo della astronomia e della scienza in generale, che rientra nello statuto Alsa” affermano gli organizzatori Alessio Biondi, Daniele Righetti. E proseguono: “Ci piacerebbe che l’evento continuasse ad essere riproposto ogni anno, creando un appuntamento fisso per la cittadinanza, in modo da contribuire all’offerta culturale sul territorio livornese e alla valorizzazione di una struttura come la Fortezza Nuova, che costituisce un “salotto” per la città”.
Locandina Universo in Fortezza Festival dell’Astronomia
La mostra di astrofotografia
Per tutta la durata del festival, nella Sala degli archi, circa 50 fotografie astronomiche in grande formato scattate dai soci Alsa ai cieli livornesi condurranno il visitatore tra i corpi celesti dalla luna ai quasar. Si tratta di un continuum con la mostra dell’anno precedente e con “Immagini dall’Universo” del 2022, che prevede diversi scatti inediti.
Le conferenze
Perla del festival, le conferenze raduneranno scienziati dell’Osservatorio di onde gravitazionali Ego-Virgo, ricercatori dell’Osservatorio di Arcetri Inaf e di Kayser Italia, esponenti culturali della rivista astronomica Coelum per approfondire appassionanti temi astronomici come le esplorazioni spaziali e si svolgeranno tra la sala del forno durante le ultime ore di sole e il palco all’aperto di sera.
Le videoproiezioni
Parallelamente, durante l’arco della giornata, affascinanti videoproiezioni di galassie e nebulose curate dai soci Alsa saranno diffuse sulle pareti del tunnel ad accogliere i visitatori e proseguiranno nella sala del forno.
La realtà virtuale
Nella sala degli archi, saranno installati alcuni visori che, con la supervisione di personale specializzato, condurranno il pubblico in un emozionante viaggio immersivo nell’universo. L’attrazione, proposta dalla startup “Cultura immersiva”, è stata selezionata tra i primi 5 migliori progetti culturali dall’Unione Europea ed è presente in più di 10 città italiane dove ha raccolto, assieme all’expo di Dubai, più di 50 mila utenti. L’esperienza, a pagamento, è prenotabile sul sito del progetto www.culturaimmersiva.it
I laboratori per bambini
Grande novità di quest’anno sarà l’estensione della proposta divulgativa ai bambini. Sotto la tensostruttura, dalle 17, “Le costellazioni raccontano” Valentina Lisi (Manifattura Lizard) coinvolgerà il giovane pubblico con una narrazione di teatro di carta incentrata sulla mitologia delle costellazioni. L’iniziativa è gratuita, consigliata dai 6 anni in poi a gruppi di massimo 12 bambini e richiede la prenotazione a manifatturalizard@gmail.com.
Le serate osservative al telescopio
Per chiudere in bellezza l’offerta, anche quest’anno sarà possibile tutto il weekend dalle 21:30 osservare la luna, le stelle doppie e gli ammassi stellari con i potenti telescopi in dotazione all’Alsa. Saranno, inoltre, proiettati su schermo i risultati della visione per i presenti che intendano assistere, guidati dagli esperti.
I servizi bar e ristorazione
Fortezza Nuova ospita, durante tutta la stagione estiva, servizi bar e ristorazione. È possibile in loco, per gli avventori della rassegna, scegliere in un ampio ventaglio di attività commerciali che vanno dal beverage allo street food ai cibi caratteristici per colazioni, merende, caffè, gelati, stuzzichini, aperitivi, pasti e dopo cena.
PROGRAMMA COMPLETO
Venerdì 14 giugno
18:00 | Apertura e presentazione del festival con ospiti e autorità
19:00 | Apertura mostra astrofotografia, opere olio su vela di Paola Turio e video proiezioni
21:00 | Conferenza “Il lato oscuro dell’universo. Dai buchi neri alla materia oscura: esplorare il cosmo che non vediamo” con: Barbara Patricelli (ricercatrice di Virgo, UniPi), Federico Lelli (Inaf – Osservatorio astrofisico di Arcetri). Modera: Vincenzo Napolano (Osservatorio gravitazionale Europeo)
Dalle 21:30 | Osservazione al telescopio della luna, delle stelle doppie e degli ammassi stellari
Sabato 15 giugno
10:00-24:00 | Sala degli archi | Mostra astrofotografia, opere olio su vela di Paola Turio e video proiezioni
10:00-24:00 | Sala del forno | Video proiezioni curate da Damiano Esposito (Alsa) con i soci Silvia Porciani, Virginia Gnan, Michele Scardigli, Gabriele Comandi
10:00- 24:00 | @TOMOSpodcast, curato da Iramar Amaral
11:00-19:00 | Sala degli archi | Realtà virtuale, su prenotazione a pagamento: https://culturaimmersiva.it/livorno/
17:00-19:00 | Sotto la tensostruttura | Laboratori per bambini, su prenotazione, gratuito: manifatturalizard@gmail.com
18:00 | Sala del forno | Conferenza “Alla scienza serve la filosofia? Sì. E perché mai?!” con Molisella Lattanzi (direttrice di Coelum Astronomia) e Filippo Onoranti (filosofo)
21:00 | Palco esterno | Conferenza “Ottica adattiva: perchè gli astronomi hanno bisogno di specchi deformabili, piramidi di vetro e laser per vedere più chiaramente l’universo”. Relatore: Runa Briguglio (Inaf – Osservatorio astrofisico di Arcetri).
Dalle 21:30 | Osservazione al telescopio della luna, delle stelle doppie e degli ammassi stellari
Domenica 16 giugno
10:00-24:00 | Sala degli archi | Mostra astrofotografia, opere olio su vela di Paola Turio e video proiezioni
10:00-24:00 | Sala del forno | Video proiezioni curate da Damiano Esposito (Alsa) con i soci Silvia Porciani, Virginia Gnan, Michele Scardigli, Gabriele Comandi
10:00- 24:00 | @TOMOSpodcast, curato da Iramar Amaral
17:00-19:00 | Sotto la tensostruttura | Laboratori per bambini, su prenotazione, gratuito: manifatturalizard@gmail.com
18:00 | Sala del forno | Conferenza | “L’immensità dell’universo. Dai sistemi solari alle galassie remote” con Armado Bracci (socio Alsa ed ex professore del liceo scientifico Cecioni)
21:00 | Palco esterno | Conferenza “Misure impossibili. Tecnologie all’avanguardia da Virgo all’esplorazione dello Spazio” con Federico Lavorenti (Kayser), Fiodor Sorrentino (ricercatore Virgo, Infn). Modera: Giada Rossi (Osservatorio gravitazionale Europeo)
Dalle 21:30 | Osservazione al telescopio della luna, delle stelle doppie e degli ammassi stellari
Ingresso gratuito Orari:
Venerdì 14 giugno H 18:00-24:00
Sabato 15 giugno H 10:00-24:00
Domenica 16 giugno H:00-24:00
Capodimonte capitale dell’astronomia con il congresso della Società Astronomica Italiana
Astrofisici di fama internazionale provenienti da tutta Italia saranno a Napoli dal 3 al 7 giugno per il LXV Congresso Nazionale della Società Astronomica Italiana.
Nata nel 1871 come Società degli Spettroscopisti Italiani, è stata la prima società professionale specializzata in “astronomia fisica”. Da sempre i suoi congressi sono apprezzati come straordinaria occasione di incontro e confronto per tutti gli astrofisici italiani attivi nei vari ambiti scientifici e tecnologici.
“Un incontro importante che vuole fare il punto sui risultati raggiunti nei vari campi dell’astrofisica, con uno sguardo al futuro e alla crescita di nuovi talenti” sottolinea Marcella Marconi, organizzatrice della conferenza.
Il congresso, che ritorna a Napoli dopo 14 anni, ha per titolo “Dagli Universi isola all’astronomia multimessaggera: 100 anni di rivoluzioni” e intende celebrare i successi e i progressi che hanno caratterizzato la ricerca astrofisica. E’ infatti trascorso solo un secolo da quando l’astronomo americano Edwin Hubble dimostrò che Andromeda non faceva parte della Via Lattea, ma era una diversa, seppur vicina, galassia distante circa due milioni di anni luce da noi e che pertanto la nostra galassia non era la sola nell’Universo.
La scoperta degli Universi isola aprì la strada alla misura dell’espansione dell’Universo, alla scala delle distanze cosmiche, alla cosmologia e all’astrofisica moderna. Tali scoperte e i paralleli sviluppi tecnologici hanno rivoluzionato lo stato delle conoscenze del cosmo a partire dal Sistema solare, fino alla recente rivelazione delle onde gravitazionali con la nascita dell’astronomia multimessaggera.
Il congresso è ospitato dall’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, sede napoletana dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, il principale ente di ricerca italiano per lo studio dell’universo. “Un privilegio ospitare a Napoli colleghi da tutta Italia per porre le basi delle nuove scoperte che saranno possibili con i telescopi e gli strumenti del futuro” commenta orgoglioso il direttore dell’Osservatorio di Capodimonte Pietro Schipani.
Una sessione del congresso è dedicata alla diffusione della cultura astronomica e alla didattica dell’astrofisica nelle scuole con la partecipazione di personale docente delle scuole secondarie superiori per sottolineare lo stretto legame tra lo sviluppo delle conoscenze e la formazione.
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