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SVIZZERA 2011: alla ricerca dei neutrini perduti!

I neutrini viaggiano più veloci della luce! La notizia è di quelle che fanno sobbalzare dalla sedia (leggi la notizia) e proviene da ambienti accademici di tutto rispetto, nientemeno che nell’ambito dell’esperimento OPERA che coinvolge il CERN di Ginevra ed i laboratori del Gran Sasso in Italia. Caspita! Certo occorrono ancora verifiche sperimentali ed ulteriori conferme, ma se tutte queste dessero esito positivo sarebbe una vera e propria rivoluzione scientifica che minerebbe l’assioma secondo cui la luce è un limite invalicabile. Questo almeno stando alla teoria della relatività ristretta di Einstein (leggi l’Editoriale di Coelum n. 152).

zichichi

A pochi giorni dalla scoperta decido di partecipare al Festival della Fisica di Lecco e alla conferenza del celeberrimo fisico Antonino Zichichi, il quale dopo una brillante digressione su Enrico Fermi, la sua vita e le sue scoperte, inevitabilmente si sofferma sui neutrini e sulla loro presunta velocità superluminale, ipotizzando un universo a più di 40 dimensioni per poterla spiegare.

Occorre vederci più chiaro, occorre organizzare un viaggio al CERN di Ginevra, forse lì avremo le risposte che cerchiamo. E così, ancora una volta ci si avvale dell’appoggio logistico-organizzativo dell’agenzia viaggi CTM Robintur e del supporto di Coelum, Coop Camelot e Lunar Society Italia.

A cura di

esploriamo l’universo

mostre e iniziative itineranti a carattere scientifico

I prossimi appuntamenti di ‘Coelum Viaggi’

canguri
Australia 1-16 Novembre 2012 – Prenotazioni entro e non oltre il 30 marzo 2012
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titolo
L’Islanda è una vetrina delle forze che hanno plasmato la terra: eruzioni, sorgenti geometriche , inondazioni. Terra dai contrasti forti e dai colori imprevedibili, con un cuore vulcanico ed una superficie ricca di cascate, ghiacciai eterni , deserti di lava e verdi pascoli.

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Informazioni sui viaggi:

CTM di Robintur spa – Via Bacchini 15,
Modena – Tel 059/2133701 ctm.gruppi@robintur.it www.robintur.it

Informazioni astronomiche:

Sig. Massimiliano Di Giuseppe 338/5264372 www.esploriamoluniverso.com
Sig. Ferruccio Zanotti 338/4772550 www.esploriamoluniverso.com
The Lunar Society: Sig. Paolo Minafra 339/2929524

La Elenin si è disintegrata

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Elenin - ottobre

Elenin - ottobre
Il percorso apparente della 45P Honda-Mrkos-Pajdusakova nel mese di ottobre si svolgerà tra il Leone e la Vergine. La cometa potrà essere osservata sull’orizzonte est almeno un’ora prima del sorgere del Sole. Il giorno 7, come mostrato nella figura, la 45P si troverà a 5° di distanza dalla cometa Elenin, che però sarà osservabile con molta difficoltà a causa della disgregazione in atto.
Tabella Elenin Ottobre
Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo “La Elenin si è disintegrata” tratto dalla rubrica Comete di Rolando Ligustri presente a pagina 64 di Coelum n.152

Ganymed completa il suo storico volo

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GANYMED

GANYMEDSiamo nella parte finale del velocissimo volo di (1036) Ganymed, l’asteroide che grazie alla sua elevata eccentricità e inclinazione orbitale si sta fiondando verso il sistema solare interno spostandosi mediamente di 1,2° gradi al giorno. In ottobre Ganymed si muoverà da nord a sud partendo da Andromeda fino a raggiungere l’Ariete, dove incontrerà Giove e la sua omonima luna. Durante il suo percorso apparente di 35° di lunghezza si avvicinerà a parecchi oggetti del profondo cielo, come ad esempio (la sera del 24 ottobre) la NGC 772 di cui si parla a pag. 36. Nella figura, i cerchietti rossi indicano la posizione dell’asteroide nei momenti topici della storica opposizione.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini dettagliate, nell’articolo tratto dalla rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 59 di Coelum n.152

Draconidi 2011: incrociamo le dita!

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Draconidi 2011
Il cielo verso nordovest come apparirà alle 22:00 del prossimo 8 ottobre. Al centro della scena ci sarà proprio la costellazione del Draco, con la testa alta circa 40° sull’orizzonte. La posizione del radiante, situato tra le stelle beta (Rastaban) e ni Draconis, è indicata dall’asterisco giallo. Il nostro consiglio è ovviamente quello di prepararsi all’evento raggiungendo località lontane da qualsiasi forma di inquinamento luminoso.
Draconidi 2011
Il cielo verso nordovest come apparirà alle 22:00 del prossimo 8 ottobre. Al centro della scena ci sarà proprio la costellazione del Draco, con la testa alta circa 40° sull’orizzonte. La posizione del radiante, situato tra le stelle beta (Rastaban) e ni Draconis, è indicata dall’asterisco giallo. Il nostro consiglio è ovviamente quello di prepararsi all’evento raggiungendo località lontane da qualsiasi forma di inquinamento luminoso.

Come abbiamo ampiamente annunciato nello scorso numero (Coelum 151), lo sciame delle Draconidi, che si manifesta di solito debolmente l’8 ottobre, data in cui la Terra interseca il piano orbitale della cometa progenitrice 21P/Giacobini-Zinner, potrebbe quest’anno dare luogo a una spettacolare tempesta di meteore.

Secondo le previsioni, la sera dell’8 ottobre del 2011 la Terra passerà nei pressi di un gruppetto di filamenti di polveri rilasciati dalla cometa Giacobini-Zinner in occasione dei passaggi al perielio avvenuti tra il 1887 e il 1926. La maggior parte degli esperti ritiene che la Terra s’immergerà in un flusso molto consistente di particelle; qualcuno (come il russo Michael Maslov e il nostro Aldo Vitagliano) teme invece che il nostro pianeta attraverserà solo le parti periferiche e meno dense delle nuvole di polveri.

La pioggia di meteore dovrebbe manifestarsi con due picchi piuttosto ravvicinati nel tempo. Il primo è previsto per le 19:09 locali, difficile da seguire a causa del cielo ancora chiaro, mentre il secondo, previsto per le 21:57, sarà comodamente osservabile (anche se disturbato dalla presenza di una Luna che tramonterà solo verso le 4:20).

Le stime sul numero di meteore non possono essere precise, ma si parla di uno ZHR (tasso orario zenitale) variabile tra le 600 e le 1000 meteore l’ora. Visto che questa stima è fatta per lo zenit e per un cielo piuttosto scuro, è verosimile pensare che, se le previsioni verranno rispettate, potrebbero essere realmente visibili circa 300-400 meteore l’ora.

Forse non si tratterà di una tempesta come quelle davvero epocali del 1933 e del 1946, ma ci saranno comunque ottime probabilità di assistere ad un qualcosa che si preannuncia davvero emozionante e insolito per la stragrande maggioranza degli amatori (le tempeste di meteore sono infatti molto più rare delle eclissi di Sole, tanto per citare uno dei fenomeni più ricercati).

Indice dei contenuti

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Altre risorse:

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Marte in transito nell’ammasso del Presepe

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M44

M44Poco dopo le 2:00 del 1 ottobre si potrà seguire il sorgere di Marte proprio mentre sarà in transito nell’ammasso del Presepe. La figura mostra la posizione del pianeta alle ore 3:00 dello stesso giorno e quella alle ore 3:00 del giorno dopo.

Una falce di Luna e Antares nei pressi dello Scorpione

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Antares e una falce di Luna

Antares e una falce di Luna

La sera del 1° ottobre, verso le 20:00, si aprirà una strettissima finestra temporale (un po’ prima di quell’ora il cielo sarebbe ancora troppo chiaro, e dopo gli oggetti sarebbero troppo bassi) attraverso la quale sarà possibile osservare una sottile falce lunare stazionare nel cuore dello Scorpione nei pressi della rossa Antares. Inutile dire, visto che il nostro satellite sarà alto a quell’ora poco più di una decina di gradi, che l’osservazione sarà piacevole solo in presenza di un cielo assolutamente limpido. Consigliato l’uso di un binocolo.

Nel Cielo – Tre galassie nella luce di Giove

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Nel Cielo - Ottobre 2011

Giove in opposizione sarà sicuramente la superstar del mese per ciò che riguarda la classifica degli oggetti celesti più cercati dagli osservatori. Il gigante gassoso, quasi al massimo storico del suo diametro apparente, richiamerà su di se la maggior parte dei telescopi amatoriali, tanto che ci è venuto da pensare: perché non usare quel grande occhio luminoso in modo da attirare l’attenzione degli osservatori anche su oggetti deep-sky posti nelle vicinanze?
E così abbiamo fatto, scegliendo per la rubrica di questo mese tre galassie distanti appena una decina di gradi dal gigante gassoso: M74, NGC 772 e NGC 770.
Nel Cielo - Ottobre 2011
Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 36 di Coelum n.152

Lanciato il “Palazzo Celeste”

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Segnando un importante traguardo per il programma spaziale della Cina, una versione modificata e potenziata del vettore Lunga Marcia 2 ha portato nello spazio il primo modulo senza equipaggio della stazione chiamata “Palazzo Celeste”. È giunto in orbita per fungere da obiettivo per i test di rendezvous automatico e attracco, con lo scopo di collaudare i relativi sistemi necessari, prima della costruzione di una stazione spaziale di classe Mir, cosa che avverrà più avanti nel decennio.

Il razzo Lunga Marcia 2F T1, dotato di quattro booster a propellente liquido, è decollato dal Centro di Lancio Satellitare Jiuquan, nel nord della Cina centrale, alle 1316 UTC (21:16 ora locale), salendo maestosamente nel limpido cielo notturno. Il lancio è stato seguito in diretta dalla televisione cinese.

Non ci sono stati problemi, né per il vettore, né per la Tiangong 1 e le telecamere sul razzo hanno mostrato il modulo spaziale che si separava, come previsto, dopo aver raggiunto la sua orbita preliminare. “Il lancio di Tiangong 1 è stato completato con successo”, ha detto il Gen. Chang Wanquan , comandante in capo del progetto spaziale cinese con equipaggio, al presidente cinese Hu Jintao e agli alti funzionari del governo riuniti presso il Comando Aerospaziale e Centro di Controllo di Pechino. Dopo un giro di applausi, Hu si è personalmente congratulato con i tecnici di controllo della missione. Il lancio del Tiangong 1 è stato l’ultimo passo di una lenta, ma costante evoluzione del programma spaziale finalizzato a costruire una stazione spaziale cinese in orbita bassa che peserà circa 60 tonnellate. “Il primo passo è stato la dimostrazione delle capacità di volo spaziale umano”, ha detto Joan Johnson-Freese, un analista di politica spaziale e un esperto del programma spaziale cinese presso il Collegio US Naval War. La fase due era fondamentalmente lo sviluppo delle capacità di rendezvous e attracco e il passo tre è la costruzione di una stazione spaziale di grandi dimensioni. Tiangong fa quindi parte della fase due, serve per dimostrare la capacità di docking e rendez-vous. “Se vogliamo paragonare in termini analoghi al programma spaziale degli Stati Uniti, (Mercury, Gemini e Apollo), loro sono circa al Gemini. Stanno facendo un sacco di test tecnologici”.

Alimentata ad energia solare, Tiangong 1 misura 10,5 metri di lunghezza, 3,3 metri di larghezza e pesa 8,5 tonnellate, con un volume pressurizzato di 15 metri cubi, in grado di alloggiare tre astronauti. Dispone di un modulo sperimentale pressurizzato in cui gli equipaggi in visita possono vivere e lavorare e un “modulo risorse” che contiene la gestione dell’energia elettrica, la propulsione e i sistemi di supporto vitale.

Per puro confronto, la Stazione Spaziale Internazionale è gestita da Stati Uniti, Russia, Europa, Canada e Giappone, ha le dimensioni di un campo da calcio, pesa oltre 450 tonnellate e ha un volume pressurizzato paragonabile ad un Boeing 747. È stata gestita con equipaggi in rotazione fino a sei elementi per più di 11 anni. Ma il progetto Tiangong, che dovrebbe funzionare per circa due anni, è un importante passo avanti per i cinesi e un chiaro segno delle ambizioni spaziali del grande paese.

I controllori di volo hanno in programma di portare il Tiangong 1 in un’orbita quasi circolare a 340 km di quota. Se tutto va bene, una capsula non abitata, Shenzhou 8, sarà lanciata a metà novembre in una missione di rendezvous automatico e attracco con l’avamposto. L’aggancio è previsto per due giorni dopo il lancio e la Shenzhou trascorrerà 12 giorni ormeggiata a Tiangong 1 prima di partire e tornare sulla Terra. Se questo volo andrà bene, i cinesi potranno portare avanti il programma con il lancio, l’anno prossimo, di una missione abitata, utilizzando la navicella spaziale Shenzhou 9. Se si verificassero problemi con la missione iniziale, potrebbe essere lanciato un secondo volo senza equipaggio prima di mettere delle persone a bordo del veicolo Shenzhou 10.

Tiangong e il test di volo Shenzhou sono di grande importanza per il popolo cinese ed è, ovviamente, un importante passo avanti per il programma aerospaziale di Pechino. Dopo una serie di voli di prova senza equipaggio, nel mese di ottobre 2003 la Cina è diventata la terza nazione, dopo gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica/Russia, a lanciare un veicolo spaziale con equipaggio. Yang Liwei è stato il primo “taikonauta” decollando a bordo della navicella Shenzhou 5. Nell’ottobre 2005 è stata lanciata con successo Shenzhou 6 con due membri d’equipaggio e poi Shenzhou 7, portando a tre gli uomini d’equipaggio, ha volato nel settembre 2008 eseguendo anche la prima attività extraveicolare. Ormai i cinesi sono impegnati a costruire questa grande stazione spaziale in modo totalmente indipendente entro il 2020 e stanno affrontando in modo molto serio il loro programma spaziale.

I cinesi in realtà non hanno annunciato obiettivi a lungo termine se non la costruzione di questa una stazione spaziale, ma eventuali missioni umane lunari restano una possibilità. Spesso si parla di collaborazione internazionale, ma pare che molte persone nella comunità aerospaziale cinese credano che per la Cina sia meglio non collaborare perché lavorare per conto proprio permette loro di procedere più sistematicamente, passo dopo passo.

Risorse on-line:

  • Il sito dell’Agenzia Nazionale Spaziale Cinese CNSA

ArXiv, vent’anni al servizio della scienza, ora in cerca di sostegno

Paola se li ritrova tutte le mattine nella casella email. Marco ha la app per riceverli via RSS sul telefonino. Eleonora e Luigi, invece, li leggono sul web. Ma per tutt’e quattro, quale che sia il mezzo usato, controllare i nuovi articoli caricati su arXiv è immancabilmente la prima attività lavorativa della giornata. Un appuntamento quotidiano che condividono con centinaia di migliaia di ricercatrici e ricercatori di tutto il mondo: sono infatti 400mila gli utenti che ogni settimana si avvalgono del suo servizio di preprint, scaricando – sempre a settimana – un milione di paper, e caricandone a loro volta 75mila ogni anno. Come dire, non c’è fisico, astrofisico o matematico al mondo che non interagisca pressoché quotidianamente con arXiv. Completamente gratuito e accessibile a chiunque, è uno di quegli strumenti umilissimi – anche l’interfaccia grafica è quanto mai spartana – e cresciuti un po’ in sordina che però, nel corso degli anni, ha finito per trasformare in modo radicale il modo di lavorare, comunicare e condividere i propri risultati nel mondo scientifico, o quanto meno nel campo delle scienze cosiddette dure.

E pensare che all’inizio – esattamente vent’anni fa, era l’agosto del 1991 – il suo creatore, Paul Ginsparg, come racconta egli stesso in un articolo uscito sull’ultimo numero di Nature, si attendeva che arXiv avrebbe ospitato non più di 100 articoli all’anno. «Mi ero trasferito da poco al Los Alamos National Laboratory, nel New Mexico», ricorda ora, «e per la prima volta avevo un computer sul tavolo, tutto per me. Decisi così di creare un bulletin board, ma avevo in mente un gruppo ristretto di amici e colleghi, qualche centinaia, tutte persone che si occupavano di fisica teorica delle alte energie». Da allora, gli articoli finiti nel suo database sono diventati 700mila, l’arco di discipline contagiate dal fenomeno si allarga e la curva di crescita pare inarrestabile.

Scienza 2.0, senza abbonamenti né peer-review

Il principio di funzionamento è molto semplice: sono gli autori stessi degli articoli a effettuare l’upload dei propri lavori. E di solito ciò avviene prima che vengano pubblicati sulle riviste scientifiche: da qui, il nome di preprint. «Li può caricare chiunque », dice Paola Grandi, ricercatrice all’INAF IASF Bologna, «anche se, generalmente, quando lo carichi dici già da quale rivista è stato accettato, e questa è un’indicazione di serietà del lavoro, perché significa che prima di essere messo in rete è stato vagliato dai referee. Quando ci sono competizioni scientifiche molto accese, però, le persone possono scegliere di caricare il loro articolo anche prima che sia passato attraverso la revisione d’una rivista: questo per poter dimostrare di essere stati i primi a scriverlo». Poi, una volta che l’articolo è caricato su arXiv, chiunque nel mondo – scienziato o meno – lo può leggere dal proprio PC, senza bisogno di alcun abbonamento o iscrizione. «E infatti i ricercatori, almeno per quello che ne so io, difficilmente poi vanno a sfogliare le riviste: non si guardano più, è tutto su arXiv».

Non solo: l’impatto di arXiv sulla letteratura scientifica è ormai tale che, come riporta Ginsparg nel suo intervento, la posizione in cui un paper appare nell’elenco giornaliero di una determinata disciplina influenza, addirittura a distanza di sei anni, il numero di citazioni che l’articolo stesso riceve. Un fenomeno che conoscono bene soprattutto i ricercatori più giovani, abilissimi a scegliere il momento migliore della giornata per effettuare l’upload. «Per noi italiani è alle dieci di sera, quando sul server di arXiv scattano le quattro di pomeriggio», rivela Eleonora Torresi, assegnista di ricerca all’INAF IASF Bologna. «Quella infatti è la deadline quotidiana: gli articoli sottomessi fino alle 21.59 (ora italiana) compaiono in rete già il giorno successivo, ma se sono la prima a caricarlo quando scattano le 22:00, il mio articolo apparirà sì due giorni dopo, dunque con un giorno di ritardo, però sarà il primo della lista». E visto che, solo per la sezione di astrofisica, la cosiddetta astro-ph, i nuovi articoli sono parecchie decine al giorno, essere in cima alla schermata è un modo quanto mai efficace per essere notati, ricordati e di conseguenza, come mostra Ginsparg, citati dai colleghi.

Gratuito, libero ed efficace, dunque. Ma il fatto di non contemplare un meccanismo di controllo, di peer-review, sulla validità dei lavori caricati – lavori che, come abbiamo visto, non necessariamente sono già stati accettati da riviste scientifiche – non mette a repentaglio la qualità del servizio? «Io penso di no, anzi: la storia c’insegna che nella scienza, a volte, i filtri possono risultare disastrosi. Per cui penso sia molto importante che esista anche un canale di contatto libero fra gli scienziati», afferma Luigi Foschini, dell’INAF Osservatorio astronomico di Brera, «e questo non può limitarsi alle email, ai blog o ai social network, perché alla fine, se si vuole fare scienza in modo dettagliato e accurato, l’articolo scientifico rimane il mezzo fondamentale. Senza contare che, potendo far circolare un nostro lavoro prima della pubblicazione, diamo ai colleghi la possibilità di segnalarci eventuali errori, o instaurare collaborazioni. E non dimentichiamo che persino i referee non sono infallibili, per cui può anche capitare che un articolo venga rifiutato senza che ce ne sia motivo».

Un successo insostenibile

In ogni caso, un minimo di controllo, anche su arXiv, esiste: se ne occupa un gruppo di moderatori, tutti volontari, che avvalendosi di filtri automatici e di una rapida lettura degli abstract riescono a intercettare i lavori più discutibili. Si tratta di una percentuale di paper irrisoria, molto al di sotto dell’1%, da quanto riporta Ginsparg, e quasi tutti confinati sempre attorno agli stessi argomenti: relatività generale, meccanica quantistica e teorie unificate per la fisica; prove dell’ipotesi di Riemann, della congettura di Goldbach e nuove dimostrazioni dell’ultimo teorema di Fermat per la matematica; e infine, per l’informatica, il problema P vs NP. Data la quantità enorme di articoli caricati ogni giorno, però, è comunque un’attività che richiede una notevole mole di lavoro.

Attività che, insieme alle tante altre comunque necessarie a tenere in piedi arXiv, i volontari su cui si regge il servizio ormai non sono più in grado di sostenere. Occorre un nuovo modello di funzionamento e finanziamento. Se ne discuterà in settembre, alla Cornell University, in un meeting con tutte le istituzioni internazionali che stanno sponsorizzando il progetto. Nel frattempo, arXiv si appella a tutti gli enti che quotidianamente ne fanno uso – università, dunque, istituti di ricerca e laboratori pubblici – per ottenere un aiuto a proseguire la sua missione.

Per saperne di più:

GAC – Gruppo Amici del Cielo

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Tutte le riunioni sono ad ingresso libero e avranno luogo alle ore 21.00 in sede a Barzago (LC).
07.10: “Ammassi Stellari”, a cura di D. Trezzi.
Per info: didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

Morti e feriti in Argentina per la caduta di un meteorite?

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No.. una fuga di gas!
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AGGIORNAMENTO 29/09

A quanto pare si è trattato di una… messinscena. L’esplosione c’è stata ma le testimonianze di una palla di fuoco caduta sul luogo (e della relativa immagine diffusa in rete, ma che già si sospettava essere un falso) sarebbero servite solo a creare il caso per nascondere installazioni abusive di impianti di gas. Il crollo sarebbe quindi dovuto a una fuga di gas e non a qualche oggetto caduto dal cielo.

Fonte: El Mundo

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BUENOS AIRES. Un’esplosione avvenuta ieri mattina a Monte Grande, periferia di Buenos Aires in Argentina,  ha procurato la morte di una donna e otto feriti, oltre alla distruzione di due case e due automobili.

La causa potrebbe essere stata la caduta di un frammento di meteorite,  numerosi testimoni oculari avrebbero infatti visto una “palla di fuoco” cadere dal cielo pochi attimi prima dell’esplosione. Sono in corso perizie scientifiche che, al momento, non escludono alcuna ipotesi.

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E’ RIENTRATO IL SATELLITE UARS

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Il titolo di Corriere.it crea allarmismo totalmente ingiustificato

Un satellite colpirà l’Italia, falso!

Ma se siamo fortunati ci sarà un bello spettacolo

In queste ore (23:30 del 22 Settembre) sta girando una notizia, soprattutto sui media classici, che come nella più classica delle situazioni è un misto tra verità (poca) e molto allarmismo, alla ricerca del solito scoop.

ULTIMO AGGIORNAMENTO del 24 settembre ore 17:37

uars

Un comunicato diffuso dalla NASA questa mattina conferma l’avvenuto rientro del satellite UARS in un orario compreso tra  le 5:23 e le 07:09 (ora italiana) di oggi.

Dal Joint Space Operations Center in California arriva nel pomeriggio anche la conferma che sono note le coordinate di impatto di tutti i detriti del satellite, caduti sull’Oceano Pacifico settentrionale al largo delle coste americane, senza causare – a quanto risulta finora – alcun danno a cose o persone.

Il center for orbital and reentry debris studies ha effettuato una nuova stima, l’ultima è delle ore 12.02 UT (14.02 italiane), che posticipa il probabile rientro per le 03:16 UT del 24 settembre, quindi circa le 5 e un quarto di domani mattina. Il decadimento orbitale è decisamente rallentato ma l’incertezza è diminuita, pur essendo comunque alta,  a +/- 5 ore.

La previsione di caduta si è spostata sul nord Africa ma l’intervallo di +/- 5 ore è ancora troppo ampio perché una previsione abbia davvero significato.

Qui la mappa con tutti i punti previsti di impatto nell’arco dell’intervallo di +/- 5 ore.

Come vedete puo’ ancora cadere… ovunque! La piu’ probabile resta sempre la caduta in mare aperto.

L’unica notizia certa fino ad ora è che il satellite della NASA UARS è destinato nei prossimi giorni a rientrare nell’atmosfera della Terra. Vista la consistente massa, circa 6 tonnellate e mezzo, gli scienziati hanno affermato che alcuni frammenti (una ventina), anche di cospicue dimensioni, potranno raggiungere la superficie terrestre.

Non è possibile prevedere al momento ne l’istante in cui il satellite entrerà nell’atmosfera, ne quindi il punto in cui gli eventuali detriti raggiungeranno il suolo. Il satellite è completamente fuori controllo, quindi nessuno può decidere quando e dove farlo precipitare. Tutto dipende dalla sua orbita e dalla densità dell’atmosfera a quelle altezze.

Gli scienziati della NASA hanno comunque calcolato che la probabilità che i detriti cadano in zone abitate, coinvilgendo persone, è bassa, circa 1 su 3200.
Questa bassa probabilità si comprende molto meglio se consideriamo che il 70% del globo è coperto di acque, e nel restante 30% la concentrazione umana è estremamente ridotta (basti pensare ai giganteschi deserti o alle immense catene montuose). Questi sono i fatti, che tutti possono controllare qui e qui, con aggiornamenti in tempo reale.

Non si sa molto di più al riguardo, solamente che le eventuali popolazioni vicine al punto di rientro dovrebbero assistere ad uno spettacolo celeste davvero unico: un’immensa palla di fuoco che probabilmente si frammenterà e lentamente solcherà il cielo, perfettamente visibile anche di giorno.

Partendo da una base di verità, i media classici riportano titoli altisonanti e allarmistici in cui si paventerebbe l’impatto sul territorio italiano. Questa volta la palma di titolo più minaccioso (finora) spetta alla versione online del Corriere della Sera.

E’ bene sottolineare che questo allarmismo è totalmente ingiustificato perché ancora nessuno è in grado di prevedere il punto di impatto dei detriti e non sarà possibile fino a pochi minuti prima dell’entrata nell’atmosfera di UARS.

Il titolo di Corriere.it crea allarmismo totalmente ingiustificato

L’Italia ha le stesse, piccolissime, probabilità di essere raggiunta dai detriti in caduta, quindi il titolo utilizzato potrebbe essere valido per qualunque paese del mondo, ad esclusione dell’Antartide, non raggiunta dall’orbita del satellite.
Consiglio quindi a tutti di stare calmi e se siete curiosi di restare sintonizzati qui per sapere quando si verificherà il rientro.

Se volete conoscere più di questo satellite e dello spettacolo nel cielo che produrrà, date un’occhiata al sito space.com. Ultimo consiglio: se volete avere notizie astronomiche serie, non informatevi mai presso la stampa generalista, soprattutto italiana!

Ulteriori aggiornamenti sul blog “Astronomia per tutti” di Daniele Gasparri..

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Altre risorse online:.

  • Il comunicato dell’Agenzia Spaziale Italiana
  • Gli aggiornamenti ufficiali NASA
  • Dal Center for Orbital and Reentry Debris Studies previsioni aggiornate in tempo reale
  • Il sito UARS Reentry con un ulteriore elenco di siti tra aggiornamenti, previsioni, immagini e animazioni.
  • Dal sito Heavens Above un link apposito per il tracciamento della traiettoria di UARS in tempo reale.
  • Monitoraggio in italiano a cura del Gruppo Astrofili Polesiani
  • Aggiornamenti in italiano anche da Astronautinews con una mappa che indica ad ogni aggiornamento il punto previsto di impatto
  • Aggiornamenti e link utili anche sul sito di Paolo Attivissimo
  • L’opinione  sul Post di Amedeo Balbi
  • Un altro articolo per chiarirsi le idee su Query online
  • Clamoroso dal CERN: neutrini più veloci della luce!

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    cernGiunge dal CERN una clamorosa notizia che, se verificata, potrebbe mettere in seria crisi l’assetto della fisica teorica moderna, o aprire insperate possibilità sperimentali verso lo studio di nuove dimensioni o viaggi temporali: un fascio di neutrini, diretti dai laboratori del CERN di Ginevra verso i rivelatori del laboratorio INFN del Gran Sasso in Italia avrebbero percorso i 730 km di distanza a velocità superluminale, più veloci della luce!

    Precisamente, un fascio di neutrini avrebbe raggiunto in “anticipo” rispetto al tempo previsto i rivelatori, precedendo di 20 metri sul traguardo i fotoni, viaggiando cioè a una velocità di 300006 km/sec, oltre 6 km/sec più veloci della luce.

    Poiché la velocità della luce è stata postulata dalla teoria della Relatività di Einstein come un limite invalicabile – anche se alcune teorie prevedono l’esistenza di particelle superluminali, i cosiddetti tachioni – la verifica dell’esistenza di particelle che coesistono con i fotoni e più veloci di essi rischia di mettere in discussione l’impianto dell’intera teoria.

    Altra possibilità, molto suggestiva, è che i neutrini abbiano trovato una “scorciatoia”, viaggiando per una frazione di tempo in altre dimensioni – la cui esistenza è prevista dalla teoria delle stringhe e da altre teorie alternative al modello standard – o possano aver addirittura viaggiato nel tempo.

    Laboratori del Gran Sasso (INFN). OPERA, il rilevatore di particelle che ha registrato il passaggio del fascio di neutrini sparati dal CERN, attraverso il terreno a 730 km di distanza, che ha permesso di concludere che i neutrini sono arrivati a destinazione in anticipo rispetto al previsto, viaggiando a velocità superiore a quella della luce. Credit: CNRS Photothèque/IPNL / ILLE, Bernard

    Il tutto necessita ovviamente di conferme sperimentali, anche se i fisici del CERN sostengono nel report pubblicato su arxiv.org che in oltre sei mesi di verifiche e controverifiche si sentono di poter escludere errori di tipo strumentale o accidentale. Resta aperta la questione del limite di sensibilità delle misurazioni effettuate – anni fa un risultato simile pubblicato dai ricercatori del progetto Minos in Canada si arenò di fronte all’incertezza sul dato misurato – o dei possibili effetti provocati sul laboratorio del Gran Sasso dal recente sisma che ha colpito l’Abruzzo… in ogni caso i fisici di tutto il mondo sono stati allertati alla caccia della conferma sperimentale, primi fra tutti gli statunitensi del FermiLab.

    Il portavoce stesso del progetto OPERA, cui collaborano oltre 160 ricercatori di 11 paesi diversi tra cui l’Italia, Antonio Ereditato è molto cauto sulla scoperta. In una intervista sul sito della rivista scientifica Science, afferma che è presto per dichiarare sbagliata la relatività di Einstein e che  servirà del tempo perché la comunità scientifica verifichi e ricontrolli i dati fino a ora raccolti.

    Ci vorranno infatti anni di analisi ed esperimenti, ma se i risultati fossero confermati saremmo di nuovo in prossimità di un “salto” qualitativo nella nostra conoscenza della natura, paragonabile alla transizione dal mondo di Aristotele a quello di Newton, e dal mondo di Newton a quello dello stesso Einstein.

    Nulla di particolarmente sconvolgente: gli scienziati ci sono abituati!

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    Altre risorse online:

    Gruppo Astrofili Rozzano

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    Escursioni in montagna per l’osservazione degli astri a Pian dell’Armà (PV): 30 settembre.
    Per informazioni: 3803124156 e 3332178016
    info@astrofilirozzano.it
    www.astrofilirozzano.it

    Riprendere la pioggia di Draconidi del prossimo 8 ottobre. I

    Nell’articolo Tempesta di Draconidi in Ottobre? pubblicato su Coelum n.151 a pag 16, l’autore Daniele Gasparri oltre a raccontarci la loro storia e come sia possibile effettuare delle previsioni sulle circostanze e sulla consistenza della pioggia,  ci dà anche alcuni suggerimenti per immortalare il fenomeno. Vediamone la prima parte.

    Per orari, mappa e circostanze seguite il nostro appuntamento con le Draconidi nel cielo del mese.

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    In caso di PIOGGIA, che fare? (prima parte)

    Le piogge meteoriche sono in effetti gli eventi più semplici da osservare e registrare e forse tra i più spettacolari. È sufficiente trovarsi in un luogo buio, lontano dalle luci delle grandi città, ed alzare lo sguardo verso il cielo.

    A dire la verità, la presenza della Luna quasi piena, se da una parte rappresenta un indiscutibile svantaggio nell’osservazione delle meteore più deboli, può essere utilizzata anche a nostro favore: non è più necessario percorrere centinaia di chilometri alla ricerca di un cielo incontaminato, è sufficiente che l’inquinamento luminoso residuo sia meno invadente di quello prodotto dalla Luna.

    Stando alle osservazioni degli anni precedenti, le Draconidi sono caratterizzate da meteore abbastanza deboli, raramente più luminose della magnitudine +2 (ma attenzione alla descrizione della tempesta del 1933 fatta da De Mottoni!). Per cercare di registrare la loro (probabile) debole luminosità dovremo mettere in pratica alcuni accorgimenti.
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    RIPRESE A GRANDE CAMPO CON DIGICAM

    La strada della ripresa digitale a grande campo resta a mio avviso la più semplice e spettacolare, soprattutto se si riesce a sfruttare le proprietà della zona di cielo nella quale dobbiamo dirigere la nostra attenzione.

    Una miriade di Geminidi ripresa nel 2007 dall’astronomo ungherese Erno Berko (che ha compositato molte immagini diverse raccolte in quattro diverse notti!) con una camera allsky, capace di riprendere in un frame l’intera volta celeste. Per quanto di solito molto efficienti (i risultati si vedono in questa foto!), nel caso delle deboli Draconidi questo tipo di ottiche a fisheye potrebbe rivelarsi poco produttivo.

    Per riprendere le strisciate prodotte dalle meteore è sufficiente avere una reflex digitale qualsiasi o una digitale compatta che consenta pose superiori a 30 secondi, ed utilizzare l’obiettivo a più grande campo possibile, di almeno 25 millimetri di focale. Non bisogna tuttavia cadere nella trappola del grandissimo campo: gli obiettivi super grandangolari o i fish-eye, sebbene spettacolari, riducono la magnitudine limite delle meteore effettivamente registrabili, con l’aggravante della presenza della Luna che rischia di oscurare gran parte del fotogramma.

    Il supporto della fotocamera può essere una piccola montatura equatoriale motorizzata o anche un semplice treppiede, a seconda delle vostre esigenze e necessità. L’uso di una montatura equatoriale motorizzata e ben stazionata consente di avere stelle puntiformi durante le lunghe pose ed identi-ficare molto bene le costellazioni riprese. L’uso di un supporto che non controbilancia il moto della Terra, oltre ad essere più semplice da gestire, può risultare spettacolare se si dispone di un campo abbastanza vasto da inquadrare la vicina stella polare. In questo modo si potrà ottenere un effetto davvero unico: registrare contemporaneamente la pioggia di meteore e la rotazione delle stelle attorno al polo nord celeste!

    Una foto realizzata in occasione della pioggia delle Leonidi del 1999 mostra uno star trail interrotto dalla caduta di parecchie meteore. A volte basta quindi una semplice camera fissa…

    A prescindere dal supporto scelto, particolare cura deve essere dedicata alle impostazioni della fotocamera. Le meteore solcano il cielo a grande velocità e questo è il problema principale nella loro ripresa. Se l’occhio riesce ad osservare meteore di magnitudine comparabile a quella delle più deboli stelle visibili ad occhio nudo, il supporto
    fotografico non è altrettanto sensibile, tanto che è difficile riprendere meteore più deboli della magnitudine +3.

    Se vogliamo catturare il maggior numero di meteore, dobbiamo probabilmente mettere in secondo piano il fattore estetico e la pulizia dell’immagine: la priorità diventa quella di raggiungere nel minor tempo possibile la massima profondità dell’immagine. Questo si traduce nell’impostare la sensibilità più alta consentita (1600-3200 ISO o maggiori per le fotocamere più complesse) e riprendere con obiettivi estremamente luminosi, non curandosi troppo delle inevitabili aberrazioni ai lati del campo inquadrato. Assolutamente da evitare quindi la chiusura del diaframma: lavorate sempre con il rapporto focale più luminoso consentito dall’obiettivo.

    Con queste impostazioni e la presenza della Luna in fase molto avanzata non riuscirete probabilmente a fare esposizioni maggiori di 4-5 minuti, pena la saturazione del sensore con annessa perdita totale di informazioni. Scattate sempre in formato RAW o al limite nel formato combinato jpg + RAW ed in modo continuo, senza alcuna pausa tra una ripresa ed un’altra, soprattutto a ridosso dei massimi. Il consiglio è quello di iniziare nonappena il cielo diventa abbastanza buio fino ad almeno un’ora dopo il secondo massimo previsto.

    Prestate moltissima attenzione alla messa a fuoco perché un piccolissimo errore potrebbe fare la differenza tra vedere e non vedere le meteore. Il consiglio migliore che posso darvi è quello di scegliere almeno un mese prima il sito osservativo e riprendere nelle stesse condizioni che si presenteranno presumibilmente la sera dell’8 Ottobre: stessa fase lunare, stesso obiettivo e sensibilità. Vista la rarità dell’evento meglio dedicarvi una serata per prepararsi  piuttosto che dover aspettare 40 anni per la prossima pioggia!

    Nella successiva fase di elaborazione si analizzeranno gli scatti e si deciderà se sommarne tutti o solamente quelli che mostrano le meteore.
    Qualsiasi sia la vostra referenza, non utilizzate algoritmi che prevedono la mediana o il sigma clip, altrimenti le meteore verranno cancellate: in questi casi si effettua solamente la somma o la media.

    [continua]

    Altre risorse:

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    Pioggia di Draconidi

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    Le Draconidi, meteore poco conosciute, si preparano a uno spettacolo che, se rispetterà le previsioni, sarà il più cospicuo del genere negli ultimi 25 anni, perfettamente visibile dall’Italia nella prima serata del prossimo 8 ottobre.

    Il cielo verso nordovest come apparirà alle 22:00 del prossimo 8 ottobre. Al centro della scena ci sarà proprio la costellazione del Draco, con la testa alta circa 40° sull’orizzonte. La posizione del radiante, situato tra le stelle ν e β Draconis, è indicata dall’asterisco giallo.

    Altre risorse:

    La stupefacente superficie di Vesta nel video della DAWN

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    La NASA ha diffuso due nuovi filmati ottenuti dalle riprese ad alta definizione effettuate dalla sonda automatica DAWN, in orbita attorno all’asteroide gigante Vesta. I filmati, che riprendono intere rotazioni del planetoide, viste dall’equatore e dalle regioni polari, confermano quanto sia alieno ed affascinante questo remoto oggetto della Fascia Principale degli asteroidi.

    Le immagini, a dir poco straordinarie (e siamo solo all’inizio di una serie di fly-by sempre più ravvicinati), hanno già rivoluzionato le nostre – finora assai scarse – conoscenze sul secondo asteroide del Sistema Solare.

    I due emisferi appaiono completamente diversi, con uno che mostra una superficie estremamente tormentata, solcata da numerosi crateri, segni di intensi bombardamenti meteorici e di rimodellamenti confusi e sovrapposti, mentre l’altro evidenzia un’alternanza di scarpate, dirupi, depressioni e alture di enigmatica natura. Una serie di corrugamenti concentrici attraversano il pronunciato rigonfiamento equatoriale, evidenziando una strutturazione che sembra confermare l’ipotesi della fusione per impatto di due diversi oggetti protoplanetari, avvenuta ai primordi della storia del Sistema Solare.

    Ancora senza spiegazione il picco che sovrasta la depressione dell’emisfero meridionale: originatosi per l’impatto con l’asteroide che scavò il bacino o per geodinamica interna a Vesta? Le prossime ricognizioni della DAWN, a risoluzione sempre più spinta, potrebbero fornire le informazioni che ancora mancano per risolvere questo complicatissimo puzzle astronomico. Infatti, le attuali condizioni di illuminazione di Vesta rispetto al Sole rendono tuttora impossibile la visione del 10% della superficie.

    La DAWN sta cominciando a spiralare verso un’orbita più ravvicinata, per raggiungere la quota di 680 Km, da dove inizierà la seconda fase di esplorazione di Vesta.
    Intanto, ecco di seguito uno dei bellissimi video realizzati selezionando le oltre 2800 riprese finora ottenute, il secondo  video può essere visualizzati sul sito della NASA.

    Embedded video from

    NASA Jet Propulsion Laboratory California Institute of Technology

    Le altre notizie sull’incontro tra DAWN e Vesta:

    Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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    25.09, ore 16: “Giornate Europee del patrimonio: Le favole del Cielo” a cura di C. Bontempi. Planetario di Lumezzane, via Mazzini 92.

    Ogni martedì, ore 21, escluso l’ultimo martedì del mese, apertura dell’Osservatorio Astronomico Serafino Zani (informazioni 030 /872164).
    Ogni venerdì, ore 21, apertura della Specola Cidnea “Angelo Ferretti Torricelli” del Castello di Brescia, a cura dell’U.A.B. (prenotazioni al numero 030/2978672).

    osservatorio@serafinozani.it
    segnala@astrofilibresciani.it
    www.astrofilibresciani.it

    Scoperto un esopianeta di un sistema stellare binario

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    La missione Kepler della NASA ha individuato a 200 anni luce dalla Terra un pianeta circumbinario, ovvero orbitante attorno a due stelle, per la prima volta in modo diretto. Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt

    Il panorama fantascientifico del tramonto di due soli ravvicinati – come immaginato dal regista di Star Wars nel cielo di Tatooine, pianeta natale di Anakin e Luke Skywalker – forse non appartiene più solo al mondo della fantasia: i ricercatori della missione Kepler hanno annunciato la scoperta di un mondo che orbita attorno ad un sistema stellare binario, denominato Kepler-16b.

    Le analogie con Tatooine però finiscono qui: Kepler 16-b non è – a quanto se ne può dedurre dai metodi di rilevamento indiretto che hanno consentito la scoperta – un pianeta roccioso come la Terra, ma piuttosto un gigante gassoso tipo Saturno, con una massa circa un terzo e un diametro pari a tre quarti quelli di Giove.

    I tre corpi orbitanti uno attorno all’altro in una animazione di T. Pyle. Credit: NASA/JPL-Caltech/T. Pyle

    Il pianeta orbita in 225 giorni a 65 milioni di Km dai suoi soli, due stelle entrambe più fredde del Sole, una rossa di tipo K e una arancione di tipo M. Ha una temperatura stimata di –100°C, il che lo pone appena oltre la fascia di abitabilità delle stelle parenti ma, se possedesse una luna simile a Titano, il satellite gigante di Saturno, su questa potrebbero esistere teoricamente le condizioni di abitabilità.

    Kepler-16b è stato scoperto seguendo le periodiche variazioni di luminosità del sistema binario, dovute al transito sul globo stellare del disco scuro del pianeta: un metodo di per sé già abbastanza difficoltoso, complicato ulteriormente dal fatto che le stelle costituiscono una coppia binaria ad eclisse.

    La curva di luce di una stella binaria a eclisse. Quando la stella più piccola passa davanti a quella più grande abbiamo un'eclisse primaria, mentre abbiamo un'eclisse secondaria quando quella più grande occulta (parzialmente o totalmente) la più piccola. Credit: NASA.
    Curva di luce di Kepler-16b. Oltre alla classica curva di luce di una binaria a eclisse, in questo caso sono stati registrati due ulteriori picchi di luce, riapparire a intervalli di tempo apparentemente irregolari: questi hanno permesso di individuare con certezza e in modo diretto il pianeta. Credit: NASA.

    Altre risorse:

    Gruppo Astrofili Rozzano

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    Escursioni in montagna per l’osservazione degli astri a Pian dell’Armà (PV): 23/24 e 30 settembre.
    Per informazioni: 3803124156 e 3332178016
    info@astrofilirozzano.it
    www.astrofilirozzano.it

    GAC – Gruppo Amici del Cielo

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    Tutte le riunioni sono ad ingresso libero e avranno luogo alle ore 21.00 in sede a Barzago (LC).
    23.09: Introduzione al cielo Autunnale e osservazione coi telescopi sociali.
    Per info: didattica@amicidelcielo.it
    www.amicidelcielo.it

    Gruppo Astrofili Lariani

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    Continuano durante il mese di agosto le aperture dell’Osservatorio di Monte Galbiga (CO), inizio ore 21:00:
    23.09: “ISS: la Stazione Spaziale Internazionale tra passato, presente e futuro”. Incontro, a cura di Marco Papi, incentrato sulla storia e le prospettive future della stazione orbitante.
    Per informazioni: tel 328 0976491
    Email: astrofili_lariani@virgilio.it
    www.astrofililariani.org

    Gruppo Astrofili Rozzano

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    Ciclo “E…state con Luigi” a cura di Luigi Folcini, inizio ore 21:00:
    22.09: “Telescopi ottici particolari”.

    Escursioni in montagna per l’osservazione degli astri a Pian dell’Armà (PV): 5/6 e 26/27 agosto; 2/3, 23/24 e 30 settembre.
    Per informazioni: 3803124156 e 3332178016
    info@astrofilirozzano.it
    www.astrofilirozzano.it

    Mira la “Meravigliosa” visibile ad occhio nudo

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    Omicron Ceti “Mira” (AR = 02h 19m 20,8s; Dec = - 02° 58' 40"). Capostipite di una categoria di stelle variabili a lungo periodo e ad ampio intervallo di variazione di luminosità. Fu riconosciuta come variabile, per la prima volta, da David Fabricius nel 1596. Le stelle di questo tipo sono tutte rosse, e lo spettro di Mira è infatti di tipo M5. Grazie alle misure del satellite Hipparcos, conosciamo la distanza della stella con buona precisione: 419 ± 58 anni luce (Coelum n. 34).

    Mira (Omicron Ceti), la “Meravigliosa”, è una famosissima e storica stella variabile che fa parte della Balena, estesissima costellazione poco conosciuta dai più.

    L’astro varia la propria luminosità di ben 7-8 magnitudini in un periodo attorno ai 330 giorni, fattore che lo porta ad elevarsi da stellina anonima di decima magnitudine, visibile al telescopio, a stella luminosa facilmente visibile a occhio nudo (può raggiungere la seconda magnitudine, la stessa della Polare).

    Proprio in questo periodo Mira si sta avviando verso il proprio massimo. Alcune osservazioni la indicano leggermente più luminosa di Menkar, la stella Alfa della costellazione, che brilla di mag. 2,5.

    Vi invitiamo dunque a seguire Mira, tra l’altro facilmente individuabile perché molto vicina al pianeta Giove. L’osservazione non sarà comodissima perché la stella raggiunge una buona altezza in cielo solo nel cuore della notte (dalle 2.00 in poi).

    Chi sarà disposto a fare uno sforzo, rubando al sonno qualche manciata di minuti, potrà ammirare la “Meravigliosa” splendere in cielo come una regina, per poi affievolirsi nel corso dei prossimi mesi fino a scomparire.

    La pioggia di meteoriti del 16 luglio in Kenya

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    (c) 2011 Mike Farmer

    Soltanto ora cominciano a venire alla luce dettagli sulla pioggia di meteoriti verificatasi in Kenya lo scorso 16 luglio, quando almeno quattro villaggi di una delle zone più povere dell’Africa centro-occidentale sono stati interessati da cadute al suolo di frammenti meteoritici, associati ai bolidi celesti avvistati quel giorno, alle 10.30 locali, nel cielo del continente africano.

    Da allora almeno 14 kg di rocce spaziali del genere condrite – la specie di meteoriti più conosciuta e diffusa – sono stati recuperati nel corso di varie missioni allestite allo scopo di studiare campioni di detriti interplanetari “freschi” ed appena arrivati dallo spazio, quindi praticamente ancora incontaminati da erosioni atmosferiche.

    Il cacciatore di meteore Michael Farmer con Rose Kamande e il frammento da 3,4 chili. (c) 2011 Mike Farmer

    Se è vero che ogni anno almeno 1400 meteoriti precipitano sul nostro pianeta, soltanto il 3% di essi sopravvive all’ablazione in atmosfera, e ancora di meno sono gli eventi testimoniabili da osservatori locali.
    In questo caso parecchi, poverissimi, braccianti o lavoratori dei campi di caffè della zona attorno a Kihum Wiri – località che probabilmente sarà scelta per designare in futuro questa pioggia di meteoriti – hanno assistito in diretta alla caduta delle meteore, raccogliendone in alcuni casi sostanziosi campioni, come nel caso di Rose Kamande, che ha raccolto un sasso da 3,4 kg nel villaggio di Thika, dopo aver udito il rumore di un bolide simile ad un tuono. Oppure l’anonimo abitante di Muguga, dove un frammento di 70 g gli ha sfondato il tetto di casa.

    Un paio di spedizioni scientifiche occidentali, già arrivate sui luoghi per raccogliere e classificare i campioni, si sono unite agli improvvisati collezionisti locali: una buona occasione per questi ultimi di racimolare qualche dollaro – una piccola fortuna, dato il reddito medio dell’Africa più povera, spesso  equivalente a mesi o anni di lavoro per i locali – e per i ricercatori l’opportunità di archiviare testimonianze oculari utili per ricostruire le caratteristiche scientifiche della pioggia di Kihum Wiri del 16 luglio 2011.

    La LRO riprende i siti degli allunaggi storici

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    Nell'immagine qui sopra (cliccare per ingrandire) è visibile il tracciato delle impronte lasciate dagli astronauti Alan Shepard e Edgar Mitchell durante le due passeggiate lunari della missione Apollo 14 (fu alla fine della seconda passeggiata che Shepard tirò fuori le due famose palline da golf che lanciò, utilizzando una piccola asta, per diverse centinaia di metri). Nell'immagine è visibile anche il secondo stadio del modulo di atterraggio Antares. Credit: NASA's Goddard Space Flight Center/ASU

    Siamo sicuri che – anche dopo la pubblicazione di questa nuova serie di immagini ad altissima definizione dei siti di sbarco e di operazioni degli allunaggi “storici” delle missioni Apollo degli anni 70, riprese dalla LRO – continuerà ad esserci qualcuno che dubiterà ancora che la NASA abbia mai mandato veramente uomini sulla Luna…

    La malafede è dura a morire anche di fronte all’evidenza più manifesta, anche se le immagini diffuse dalla NASA dovrebbero lasciare pochi dubbi in proposito.

    Stavolta i siti di sbarco dell’Apollo 12, 14 e 17 sono stati fotografati da 21 km di quota, con una risoluzione di pochi metri, sufficiente a visualizzare i profili di oggetti, relitti dei lander e dei moduli sganciati, le strumentazioni lasciate in loco dagli astronauti, oltre alle tracce delle passeggiate lunari e degli spostamenti  a bordo del Lunar Rover.

    L’insieme è spettacolare e, a chi ancora conserva il ricordo delle prime, tremolanti immagini in bianco e nero trasmesse in diretta dalla Luna negli anni settanta, rinnova l’emozione di allora.

    Lo scopo del LRO è in realtà di affinare le modalità di ripresa ad alta risoluzione per poter guidare gli sbarchi futuri, previsti dal programma di ripresa delle esplorazioni umane del nostro satellite, interrotte da oltre quarant’anni: praticamente si tratta di ricominciare a progettare da capo un’impresa che resta sempre ai limiti delle nostre possibilità tecnologiche, non disponendo più degli ingenti finanziamenti di cui godevano le missioni Apollo…

    Questa immagine interattiva mostra due viste del sito di atterraggio dell’Apollo 17 riprese dall’LRO. Basta cliccare e trascinare la barra bianca verticale per passare da un’immagine all’altra. L’immagine di sinistra è stata rilasciata il 5 settembre scorso, quella di destra è uno zoom di un’immagine del 2009. Per riprendere queste nuove immagini la sonda è stata spostata in un’orbita piu’ bassa. Le due immagini non combaciano perfettamente per via delle differenti condizioni di ripresa (condizioni di luce, angolo di ripresa e altre variabili), inoltre la luminosità delle immagini è stata alterata per mettere in evidenza particolari della superficie. [Credit: NASA’s Goddard Space Flight Center/ASU]

    Addio Angioletta, “signora dei pianeti”

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    La notte scorsa è morta la planetologa Angioletta Coradini; aveva 65 anni ed è stata una delle protagoniste della ricerca astronomica in Italia. È stata fra i primi ricercatori al mondo a studiare le rocce lunari portate a Terra dalle missioni Apollo e ha dato l’impronta a missioni scientifiche di primo piano nell’esplorazione del Sistema Solare.

    Direttrice dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (IFSI-INAF), Angioletta Coradini può essere considerata “la signora dei pianeti” per il prestigio e la competenza che ha dimostrato fin dall’inizio della sua carriera. Nata a Rovereto (Trento) il primo luglio 1946, ha sempre lavorato a Roma, dove si era laureata in Fisica nel 1970, prima nell’università La Sapienza, poi presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e infine presso l’INAF.

    All’inizio della sua carriera scientifica, le ricerche geologiche condotte nel Golfo di Cagliari avevano fatto guadagnare al suo gruppo una fama internazionale: “perciò la Nasa ci dette i campioni da analizzare”, aveva detto la planetologa in un’intervista. Nel suo laboratorio, allora presso l’università di Roma La Sapienza, polveri e rocce lunari “arrivarono per corriere diplomatico”, ma in breve il gruppo si guadagnò la piena fiducia della Nasa: “periodicamente andavamo negli Usa a presentare i risultati del nostro lavoro e ci consegnavano nuovi campioni da studiare”.
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    Si devono alle ricerche di Angioletta Coradini “gli occhi” che stanno osservando Marte e Venere a bordo delle missioni dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) Mars Express e Venus Express. Si deve infatti al suo gruppo la progettazione dello spettrometro Virtis (Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer), che si trova anche a bordo della sonda dell’Esa Rosetta, in viaggio verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, dove il suo arrivo è previsto nel 2014.

    Il contributo della planetologa è anche alla base della missione Cassini su Saturno, nata dalla collaborazione fra Nasa, Esa e Agenzia Spaziale Italiana, e della missione Dawn, la sonda della Nasa che ha incontrato gli asteroidi Vesta e Cerere.

    Con Angioletta Coradini “scompare una grande scienziata italiana”: così il neo-presidente dell’Istituto nazionale di Astrofisica (INAF), Giovanni Bignami, ricorda la planetologa, “un’amica e una collega” con la quale ha collaborato sia nell’Agenzia Spaziale Europea (ESA), sia nell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). “Era una persona fantastica – ricorda Bignami – e una delle grandi scienziate italiane nel nostro campo. Era una persona unica, che mi ha fatto innamorare della planetologia: lei lo aveva capito e le piaceva”. Gli ultimi anni della sua vita, prosegue Bignami, sono stati difficili, “tra la malattia da un lato e dall’altro i problemi di gestione con i passati vertici dell’INAF. Di questo mi dispiace perché so che le ha causato sofferenze che avrebbero potuto essere evitate”.

    A ricordare Angioletta Coradini tra gli altri Enrico Flamini, coordinatore scientifico dell’ASI: “Ho conosciuto Angioletta Coradini già all’epoca della mia tesi quando erano da poco arrivati, presso il Reparto di Planetologia del CNR, i campioni delle rocce lunari delle missioni Apollo. Angioletta era già conosciuta nel mondo scientifico e collaborava sia con la NASA che con l’Accademia per le Scienze sovietica. Di lei ho sempre ammirato l’inesauribile energia e l’ottimismo con cui affrontava i problemi. Questi due fattori sono stati determinanti nel corso degli anni ed hanno consentito di realizzare i più ambiziosi e complessi strumenti, realizzati in Italia, imbarcati su missioni sia europee che americane”.

    Altri incarichi Scientifici di rilievo in Progetti Internazionali

    Associazione Astris – Roma

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    L’Associazione Astris a.p.s.(associazione di promozione sociale), grazie al suo nuovo statuto, apre le iscrizioni a tutti gli appassionati e simpatizzanti di astronomia. Per l’anno in corso sono pianificate le seguenti attività:
    13.10 – Evoluzione dell’Universo
    Per informazioni: astris.roma@gmail.com
    www.astrisroma.org

    La prima foto dalla Juno

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    La Terra e la Luna fotografate dalla JunoCam il 26 agosto scorso da una distanza di 9,66 milioni chilometri). Image credit: NASA/JPL-Caltech/SwRI
    La Terra e la Luna fotografate dalla JunoCam il 26 agosto scorso da una distanza di 9,66 milioni chilometri). Image credit: NASA/JPL-Caltech/SwRI

    La sonda Juno, lanciata verso Giove lo scorso 5 agosto, è regolarmente in rotta verso il gigante gassoso mentre continuano le operazioni iniziali di calibrazione degli strumenti do bordo. La telecamera di bordo JunoCam è stata rivolta per una prima ripresa del sistema Terra-Luna, restituendo un’immagine forse non spettacolare, ma carica di suggestione…

    Non è la prima volta che Terra e Luna vengono inquadrate nello stesso campo di vista della telecamera di una sonda in allontanamento verso “Giove e lo spazio infinito”, ma l’immagine del nostro pianeta ridotta ad un puntolino di luce, affiancato a distanza da un altro puntolino ancora più piccolo, la nostra Luna, è capace di richiamarci alle nostre effettive dimensioni più di molti ragionamenti filosofici.

    La ripresa è stata effettuata il 26 agosto scorso mentre la Juno si trovava già a 9,66 milioni di km dalla Terra, allontanandosi alla velocità di 124 900 km/h.

    La posizione della sonda Juno il 24 agosto (Eyes on the Solar System)

    Non sarà l’ultima foto di casa che riprenderà di qui al 4 luglio 2016, giorno in cui arriverà al sistema gioviano: la Juno tornerà nei pressi della Terra il 9 ottobre 2013, per l’assist che dovrà accelerare la sua velocità di 7,3 km/sec, necessari per oltrepassare la Fascia degli Asteroidi. Un’ultima occasione per una nostalgica foto di casa prima di lanciarsi verso Giove.

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    • Il sito della Missione Juno

    Scoperta una mini-stella fatta di diamanti

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    Figure 1: Schematic view of the Pulsar-Planet system PSR J1719-1438 showing the pulsar with 5.7 ms rotation period in the centre, and the orbit of the planet in comparison to the size of the sun (marked in yellow). Credit: Swinburne Astronomy Productions, Swinburne University of Technology (Click image for higher resolution).
    La riproduzione schematica del sistema Pulsar-Planet PSR J1719-1438 mostra la pulsar (al centro) e l'orbita della compagna; il tutto rapportato alle dimensioni del nostro Sole rappresentato in giallo. Credit: Swinburne Astronomy Productions, Swinburne University of Technology.

    Quando si parla di gemme del cielo si pensa al poetico paragone usato dagli astronomi per illustrare le meraviglie della volta celeste, ma stavolta i ricercatori del Max Planck Institut hanno scoperto quella che sembra proprio una vera stella fatta di puri diamanti, compagna della Pulsar PSR J1719-1438.

    Da qualche tempo si sapeva che questa pulsar nella costellazione del Serpente, che ha un periodo di 5,7 millisecondi, possiede un compagno di massa molto minore ad alta densità, probabilmente una nana bianca con cui forma un sistema binario. Un tempo la stella compagna doveva essere una gigante, cui la straordinaria gravità della pulsar ha strappato via, progressivamente, quasi tutta la massa originaria.

    Il Radiotelescopio australiano Parkes (diametro 64 m) Credit: CSIRO Astronomy and Space Science (CASS).

    Ora, grazie ad una campagna di osservazioni condotte al Radiotelescopio australiano Parkes da 64 metri di diametro, la compagna si è rivelata una nana bianca al carbonio, con una densità tale da fondere gli atomi di questo elemento nella forma allotropica caratteristica dei diamanti.

    L’oggetto, di dimensioni praticamente planetarie, ruota attorno alla pulsar in un’orbita di raggio medio pari al raggio del Sole, e sembra avere una densità pari almeno a quella del platino.

    Ciò rende il sistema binario, di per sé già esotico, del tutto peculiare, perché l’insieme di circostanze particolari che rendono possibile la trasformazione del residuo di una stella un tempo di grande massa in una specie di pianeta cristallino è del tutto insolita. Un raro gioiello dell’astrofisica.

    GAC – Gruppo Amici del Cielo

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    Tutte le riunioni sono ad ingresso libero e avranno luogo alle ore 21.00 in sede a Barzago (LC).
    09.09: Serata libera e proiezione astro-fotografie estive dei soci.
    Per info: didattica@amicidelcielo.it
    www.amicidelcielo.it

    Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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    07.09, ore 16: “Osservazioni al telescopio e al microscopio” per le famiglie e gli insegnanti, presso l’Osservatorio Serafino Zani.

    Ogni martedì, ore 21, escluso l’ultimo martedì del mese, apertura dell’Osservatorio Astronomico Serafino Zani (informazioni 030 /872164).
    Ogni venerdì, ore 21, apertura della Specola Cidnea “Angelo Ferretti Torricelli” del Castello di Brescia, a cura dell’U.A.B. (prenotazioni al numero 030/2978672).

    osservatorio@serafinozani.it
    segnala@astrofilibresciani.it
    www.astrofilibresciani.it

    GINEVRA e il CERN – 4/6 Novembre 2011

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    cern

    cernEuropean Organization for Nuclear Research
    Coelum viaggi in collaborazione con CTM Robintour, Coop. Camelot e The Lunar Society organizza un viaggio di 3 giorni con visita a Ginevra e Losanna.

    L’Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare, comunemente conosciuta con l’acronimo CERN, è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. Si trova al confine tra Svizzera e Francia alla periferia ovest della città di Ginevra. La convenzione che istituiva il CERN fu firmata il 29 Settembre 1954 da 12 stati membri. Oggi ne fanno parte 20 stati membri più alcuni osservatori, compresi stati extraeuropei. Scopo principale del CERN è quello di fornire ai ricercatori gli strumenti necessari per la ricerca in fisica delle alte energie. Questi sono principalmente gli acceleratori di particelle, che portano nuclei atomici e particelle subnucleari ad energie molto elevate, e i rivelatori che permettono di osservare i prodotti delle collisioni tra fasci di queste particelle.

    the lunar societyAd energie sufficientemente elevate, i prodotti di queste reazioni possono essere radicalmente differenti dai costituenti originali dei fasci, e a più riprese sono state prodotte e scoperte in questa maniera particelle fino a quel momento ignote.

    1° giorno  venerdì 04 /11 –  Ferrara –  Bologna – Modena- Parma-  Piacenza-  Milano  / GINEVRA

    Ritrovo dei partecipanti e partenza in pullman GT per GINEVRA. All’arrivo, sistemazione nelle camere riservate in hotel e pranzo libero a carico dei partecipanti. Nel pomeriggio, incontro con la guida e visita della città: con la sua tradizione umanitaria e l’atmosfera cosmopolita, è a giusto titolo
    considerata la “capitale della pace” poiché qui vi sono la sede europea dell’ONU e la sede principale della Croce Rossa. Il simbolo della «metropoli più piccola del mondo» è il «jet d’eau», un’affascinante fontana sul Lago Lemano il cui getto crea una colonna d’acqua alta 140 metri. Sulla riva sinistra del lago troneggia il centro storico, il cuore di Ginevra che ospita il quartiere dello shopping e degli affari. Esso è dominato dalla Cattedrale di St-Pierre, anche se il centro vero e proprio della città vecchia è la Place du Bourg-de-Four, la piazza più antica della città. I viali, le vie che costeggiano il lago, gli innumerevoli parchi, i pittoreschi vicoli del centro storico e gli eleganti negozi invitano a concedersi tranquille passeggiate. Cena in ristorante e pernottamento in hotel.

    2° giorno, sabato 05/11   – CERN

    Prima colazione in hotel e parte della mattinata a disposizione per visite libere facoltative in città o semplici e rilassanti passeggiate sul lungolago. In tarda mattinata, trasferimento al CERN per l’ingresso e la visita alle ore 12.00 dell’esposizione “Microcosm” all’interno della quale sarà possibile esplorare i misteri dell’universo e scoprire le enormi apparecchiature utilizzate dai fisici, gli acceleratori ed i rivelatori e vedere come lavora ogni parte di essi. A seguire, ingresso e visita all’esposizone  “Universo di particelle” che permette di esplorare  il mondo delle particelle facendo immergere il visitatore in un ambiente unico e spettacolare. Alle ore 14.00 ingresso e visita guidata del CERN con 30 minuti di passeggiata introduttiva, 15 minuti di filmati e circa 2 ore di visite all’interno delle aree sperimentali. pranzo libero a carico dei partecipanti nel corso della giornata, cena in ristorante e pernottamento in hotel.

    3° giorno, domenica 06/11  – LOSANNA / MONTREUX / Milano -Piacenza-Parma  – Modena -Bologna -Ferrara

    Prima colazione in hotel e, in mattinata, trasferimento a Losanna Losanna Losanna Losanna, per la visita guidata della città sviluppatasi su tre colline, circondata da vigneti, con il Lago Lemano ai suoi piedi. Si visita lo stupendo centro storico, per lo più chiuso  al traffico e dominato dalla cattedrale. I piccoli vicoli con caffè e boutique caratterizzano l’immagine del cuore medievale di questa città. Al termine, proseguimento per la visita guidata della vicina Montreux, graziosa cittadina adagiata lungo due insenature, famosa per la dolcezza del suo clima, meta del turismo internazionale. Pranzo libero a carico dei partecipanti  e, nel pomeriggio, partenza per il rientro in Italia.

    Quota individ. (minimo 35 persone) € 330,00

    Suppl. CAMERA SINGOLA € 69,00

    • Le quote sono state calcolate in base al cambio: 1,00 CHF = 0,77 €€ Ogni variazione del cambio comporterà modifica delle quote.

    La quota comprende: * viaggio A/R in pullman GT (preventivo calcolato nel rispetto del regolamento CEE nr. 561/2006 entrato in vigore in data 11 aprile 2007) * vitto e alloggio autista * sistemazione in hotel 3***sup. a Ginevra in camere doppie con servizi privati * tassa di soggiorno (CHF 2,50 per persona per notte) * trattamento di mezza pensione in hotel (l’acqua in caraffa ai pasti
    in genere è prevista e viene servita ai tavoli) * visite guidate come da programma (all’interno del CERN + 2 ore circa a Ginevra + 4 ore circa a Losanna/Montreux * assicurazione medico-bagaglio.

    La quota non comprende: * ingressi a musei e monumenti (CERN gratuito) * navigazione sul lago (CHF 19,00 per 1h15) * pranzi  bevande ai pasti * mance, extra personali in genere * tutto quanto non indicato espressamente alla voce “La quota comprende”.

    Per informazioni e prenotazioni: CTM di Robintur spa
    Tel 059/2133701; ctm.gruppi@robintur.it – www.robintur.it

    Per info astronomiche: M. Di Giuseppe (338/5264372); F. Zanotti
    (338/4772550); P. Minafra (339/2929524)

    Stelle fredde come la nostra pelle

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    Il cerchio al centro dell'immagine indica una delle nane Y (il puntino verde) rilevate dai sensori all'infrarosso di Wise (Wide-field Infrared Survey Explorer). Si tratta di WISE 1828+2650 la più fredda tra le nane brune scoperte fino ad ora, con una temperatura inferiore ai 25 gradi; la stella si trova nella costellazione della Lyra .Image credit: NASA/JPL-Caltech/UCLA

    Gli scienziati della NASA del team della WISE (Wide-field Infrared Survey Explorer) hanno scoperto sei nane Y, stelle così fredde da avere temperature superficiali non più alte di quelle del corpo umano! Gli oggetti, troppo freddi per poter essere individuati in luce visibile, sono stati scoperti grazie ai sensori infrarossi della WISE: dopo una lunga “caccia” durata oltre un decennio, una mezza dozzina di nane Y in un raggio di una quarantina di anni luce dal Sole.

    L'illustrazione rappresenta tre diverse tipologie di nane brune, simili per dimensioni (hanno circa la stazza di Giove) ma differenti per colore e temperatura: più calde le nane L (1400°C, di color rosso e deboli) e T (900°C, rosso scuro e ancora meno luminose delle L), più fredde le Y (anche <25°!!!) da poco scoperte da WISE. Image credit: NASA/JPL-Caltech

    Queste stelle sono le più fredde tra le nane brune, oggetti di massa troppo piccola per accendere le reazioni di fusione nucleare, che consentono alle stelle di splendere ed irradiare energia: si devono limitare ad una debole emissione nell’infrarosso. Possiedono atmosfere simili a quelle dei pianeti giganti gassosi, ma sono più facili da rilevare di questi ultimi, perché sono isolate nello spazio e non confuse nell’alone luminoso di una stella parente.

    Una delle sei stelle scoperte, la nana Y WISE 1828+2650, detiene ora il record di stella più fredda finora conosciuta, con una temperatura stimata inferiore a 25°C; l’altra nana Y WISE 1541-2250, lontana secondo il WISE circa 7 anni luce dal Sole, potrebbe diventare il settimo sistema stellare più vicino al Sole, al posto di Ross 154.

    La sensibilità dei sensori di WISE apre alla possibilità di scoprire una Nana Bruna, finora sconosciuta, ad una distanza anche inferiore a quella di Proxima Centauri, la stella conosciuta finora più vicina (4,3 anni luce circa) al nostro Sole.


    Associazione Astris – Roma

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    L’Associazione Astris a.p.s.(associazione di promozione sociale), grazie al suo nuovo statuto, apre le iscrizioni a tutti gli appassionati e simpatizzanti di astronomia. Per l’anno in corso sono pianificate le seguenti attività:
    08.09 – Il cielo autunnale (relatore Battisti)
    Per informazioni: astris.roma@gmail.com
    www.astrisroma.org

    Addio a Piero Tempesti

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    Piero Tempesti al telescopio "Cooke" negli anni '60

    Il 28 agosto scorso è scomparso a Treviso, dove viveva ormai da parecchi anni, Piero Tempesti, decano degli astronomi italiani.

    Nato a Firenze il 17 marzo 1917, nel 1947 Tempesti si era laureato in Fisica all’Università di Bologna, dove rimase ad insegnare astronomia per due anni prima di passare all’Osservatorio di Catania e poi a quello di Teramo-Collurania, che diresse dal 1958 al 1975.

    In seguito ha insegnato presso l’Università La Sapienza di Roma.

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    Piero Tempesti nel 2006 alla base dello storico telescopio "Cooke" di Collurania, durante la cerimonia di conferimento della Cittadinanza Onoraria di Teramo. A destra l'amico e collaboratore Sig. Agostino di Paolantonio.

    Noto a livello professionale per le sue pioneristiche osservazioni nel campo della fotometria fotoelettrica, Tempesti si è interessato in particolare di stelle variabili, nove, asteroidi e comete pubblicando innumerevoli articoli sulle principali riviste scientifiche.

    E’ stato inoltre autore di opere divulgative che hanno reso la sua figura molto popolare tra gli appassionati di astronomia.

    Nel 2000 gli è stato assegnato il Premio Lacchini e nel 2006 gli è stata conferita la cittadinanza onoraria di Teramo.

    In alto Piero Tempesti al telescopio "Cooke" negli anni '60

    Biancaneve è … rosa

    Sarebbe più corretto chiamarlo planetoide, plutoide o pianeta nano 2007 OR10, secondo l’orrenda definizione decisa dalla IAU, perchè appartiene alla classe dei KBO transplutoniani, ma tutti lo chiamano ancora Biancaneve, dal nomignolo (Snow White) affibbiatogli all’epoca della scoperta.

    Si pensava, allora, che il KBO grosso all’incirca come la metà di Plutone, fosse un oggetto interamente ricoperto di ghiaccio, frammento della disgregazione di un corpo primordiale maggiore.

    L'orbita del planetoide Biancaneve (2007 OR10)

    Le stime più recenti propendono invece per una colorazione rosata o addirittura rossastra, dovuta al metano ghiacciato che ne ricoprirebbe la superficie, misto ai ghiacci d’acqua di probabile origine criovulcanica.

    Snow White, secondo uno studio degli astronomi del CalTech, possiederebbe infatti una tenue atmosfera di metano, destinata periodicamente a ghiacciare al suolo a seconda dell’andamento stagionale, mentre gli altri componenti volatili andrebbero gradualmente dispersi nello spazio.

    In scala, i maggiori oggetti trans-nettuniani conosciuti (Cortesia www.mikebrownsplanets.com/2011/08/redemption-of-snow-white-part-1.html

    Un po’ come capita a Quaoar, altro KBO che conobbe qualche anno fa momenti di notorietà in quanto considerato, allora, il più lontano pianeta del Sistema Solare scoperto. Da allora, l’inflazione di oggetti transnettuaniani o transplutoniani scoperti, molti di stazza comparabile a Plutone, ha suggerito alla IUA di declassare anche Plutone dal rango di Pianeta a pianeta minore.

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    APPOFONDIMENTI


    Esplosa una Supernova in M101: la più vicina degli ultimi 40 anni!

    La supernova 2011fe nella galassia ospite M101 in una bellissima immagine ripresa da Rolando Ligustri (CAST Observatory - Talmassons UD) lo scorso 27 agosto.

    In una delle galassie più conosciute e vicine alla Terra – la spirale M101 situata a 21 milioni di anni luce di distanza – è esplosa una supernova di tipo Ia. Questi spettacolari eventi coinvolgono sistemi binari formati da due stelle degenerate: la più densa assorbe materiali dalla compagna di maggior massa, fino ad esplodere in una catastrofe cosmica tale da generare una luminosità pari all’intera galassia in cui si trova.

    La scoperta è avvenuta il 24 agosto scorso da parte del Caltech Palomar Transit Factory Project e l’esplosione della supernova 2011fe (inizialmente catalogata come PTF11kly) è stata osservata fin dai suoi primissimi istanti.

    La luminosità dell’oggetto, che al momento della release del Caltech splendeva con una magnitudine di +17,2, è già aumentata di parecchie magnitudini in breve tempo (nella foto in alto del 27 agosto la luminosità è di +12,8 mentre le ultime osservazioni la stimano addirittura di mag. +11,7.).

    La sequenza mostra l'improvvisa esplosione della SN PTF11kly che nella lastra del 23 agosto non era presente, appare in quella del 24 e si intensifica nell'immagine del 25...

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    Inoltre, le condizioni di visibilità sono tali che l’AAVSO ne raccomanda l’osservazione anche agli astrofili che volessero cimentarsi in misure di fotometria, riportando la magnitudine delle stelle di sfondo scelte come riferimento. Anche le riprese occasionali eventualmente effettuate in questi giorni andrebbero conservate ed inviate all’AAVSO per le ricalibrazioni successive, utili al calcolo della curva di luce della SNIa.

    È la prima volta che un evento di questo genere viene osservato fin dalle primissime fasi evolutive: costituisce pertanto una ghiotta occasione sia per aumentare le nostre conoscenze sul processo fisico coinvolto, sia come target per osservazioni amatoriali.

    Orsa Maggiore

    Le coordinate (J2000) riportate per l’oggetto sono:

    AR: 14:03:05.81 – Dec: +54:16:25.4.

    La galassia Messier 101 trova nella costellazione dell’Orsa Maggiore (AR: 14h 03m 12.6s – – Dec: +54 20′ 57″).

    Una nuova AstroView-App per l’iPhone

    Una nuova applicazione di carattere astronomico è disponibile (a pagamento, $ 1,99) per l’iPhone, l’iPodTouch e l’iPad: è l’Astro View 1.0.1, scaricabile dal sito di itunes.

    Si tratta di un simulatore di vista al campo di un oculare combinato con strumenti di aperture variabili tra 50 mm e 610 mm, incrementabili di 5 mm per volta. Le combinazioni di oculari vanno da 2 mm a 55 mm, con campi di vista da 30° a 110°. L’applicazione consente la visualizzazione della simulazione di come apparirebbe un oggetto astronomico inquadrato da uno strumento di una data apertura e lunghezza focale nel campo di un oculare di una data focale, al pari delle simulazioni disponibili in molti software astronomici per PC, con corredo dei dati fisici e numerici relativi.

    Ogni simulazione viene paragonata con l’immagine ottenibile della Luna, con la medesima combinazione di strumento e oculari, come riferimento di immediato confronto. Il software disponibile comprende una guida interattiva per principianti, ma appare di utilizzo intuitivo e piacevole, grazie ad uno scroller sul display principale che consente l’immediata visualizzazione delle modifiche richieste, senza dover cambiar pagina per l’input di nuovi dati.

    Scoperta la frammentazione della cometa 213P/Van Ness

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    Lo scorso 5 agosto, mentre stavamo riprendendo la cometa 213P/Van Ness (vedi il diagramma dell’orbita), che in quel periodo mostrava una copsicua anticoda (probabilmente effetto di una “dust trail”, vedi foto in basso), ci siamo accorti della presenza nella coda della cometa, in un frammento della stessa, con una chioma ed una coda ben sviluppata.

    Il frammento, da noi denominato “parte-B”, e poi ufficialmente ribattezzato dal Minor Planet Center col nome di “Cometa 213P-B/VAN NESS”, mostrava al momento della nostra osservazione una piccola chioma avente circa 5-arcsec di diametro, ed una coda di 22-arcsec verso sud-ovest, e si trovava 5,3-arcmin in PA 239 gradi, rispetto al nucleo primario della cometa 213P.

    L’annuncio della nostra scoperta, assieme a quella di un astrofilo spagnolo (J. Gonzalez) che ha avvistato il fenomeno indipendentemente da noi, e quelle del gruppo italiano di San Marcello Pistoiese (da noi allertato per una conferma) sono state pubblicate su di un’apposita circolare del Minor Planet center.

    La nostra scoperta è stata effettuata tramite il telescopio R-C da 2-m del Faulkes telescope North (Haleakala) nell’ambito di un progetto didattico che coinvolge alcuni studenti delle scuole inglesi.

    Maggiori informazioni sul blog dell’Osservatorio di Remanzacco (Sezione Comete UAI, CARA).

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