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Acqua su Marte: una breve guida per i non addetti ai lavori

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L’annuncio della NASA di questi giorni è di quelli che non si scordano: su Marte sarebbe stata osservata la presenza di sali idrati sulla superficie delle note striature nere che ripercorrono le pendici di molte montagne marziane, che da anni fanno arrovellare gli scienziati circa la loro origine. La presenza di questi sali potrebbe rappresentare – secondo lo studio pubblicato su Nature Geoscience – un indicatore dell’esistenza di acqua liquida su queste striature, per lo meno in alcuni momenti dell’anno, quando le temperature sono più elevate.

Sebbene si tratti di una ricerca senza dubbio degna di nota, la storia della ricerca di vita, e quindi di acqua, su Marte è molto lunga (oltre 40 anni!) e ricca di scoperte e osservazioni importanti che hanno condotto fin qui. Per fare un po’ di chiarezza, specie per i non addetti ai lavori, OggiScienza propone qui una breve guida per punti con le tappe e i protagonisti che è necessario conoscere alla luce della recente scoperta della NASA.

1971: è in quest’anno che viene lanciata la missione Mariner 9, che per la prima volta mostra le immagini della superficie del pianeta rosso dove gli scienziati individuano le prime tracce di solchi. Solchi prodotti – è la supposizione al tempo dell’osservazione – da fiumi e laghi che sarebbero stati presenti in passato sulla superficie marziana.

Dark Slope Streaks: si tratta di canali scuri osservati dagli scienziati già 40 anni fa, che partono dalla cima di alcuni monti nella regione equatoriale di Marte e scendono verso valle. Negli ultimi dieci anni gli scienziati hanno cominciato a studiare l’origine di questi misteriosi canali scuri e fino a oggi si ipotizzava che potessero essere dovuti anche al rotolamento di detriti verso il basso. La nuova scoperta della NASA suggerisce invece che i responsabili possano invece essere rivoli di acqua salata in forma liquida, che sarebbero presente in alcuni momenti in quella zona.

Ghiaccio su Marte: la presenza di ghiaccio sotto forma di permafrost nelle zone polari è stata accertata da Mars Express. Una quantità enorme, che se sciolta potrebbe ricoprire l’intero pianeta. La presenza di ghiaccio però non basta per poter parlare di vita su Marte (del resto basta considerare che noi congeliamo il cibo per fare in modo che non possano sopravvivere microrganismi). È necessario che l’acqua si trovi allo stato liquido.

Mars Reconnaissance Orbiter (MRO): è la sonda della NASA lanciata nel 2005, le cui osservazioni hanno permesso di individuare i sali idrati presenti sul pianeta rosso. Ha diversi obiettivi, fra cui, oltre all’individuazione di tracce di acqua, quello di individuare un possibile luogo di atterraggio per future missioni umane su Marte.

HiRISE (High Resolution Imaging Science Experiment): è il telescopio più grande mai utilizzato nello spazio profondo e appartiene proprio a MRO. È questo telescopio che ha fotografato i lander Opportunity e Curiosity mentre solcavano la superficie marziana.

Horovitz: è il cratere marziano (diametro 64,9 km) dalla sommità del quale partono i canali scuri sulla cui superficie sono stati individuati i sali idrati.

Lujendra Ojha: giovane dottorando del Georgia Institute of Technology, che ha contribuito alla ricerca pubblicata su Nature Geoscience il 28 settembre scorso, sotto la guida di Alfred McEwen. Come si apprende non appena si apre il suo sito web, è chitarrista in una band che suona Heavy Metal.

Metano: la presenza di metano nelle profondità di Marte e nell’atmosfera è stata accertata dalla sonda Curiosity nel 2014. Siccome uno dei modi più comuni tramite cui il metano si forma è grazie all’idrogeno, i ricercatori ritengono che esso stesso potrebbe essere una traccia della presenza di idrogeno su Marte, che a sua volta potrebbe essere correlato con la possibile presenza di acqua.

Oceani: sebbene al momento nessuno abbia visto con i propri occhi l’acqua su Marte, è ormai cosa nota che in passato, circa 4,3 miliardi di anni fa, sul pianeta ci fosse acqua. Il pianeta rosso ospitava infatti un oceano più grande addirittura del nostro oceano Atlantico – molto grande dunque se pensiamo che Marte è di dimensioni più piccole della Terra – che ne ricopriva l’intera calotta settentrionale. La scoperta che si trattasse proprio di un oceano è stata resa nota lo scorso marzo dalla NASA, ed è stata realizzata utilizzando il Very Large Telescope allo European Southern Observatory, e il telescopio Keck delle Hawaii.

Perclorato di magnesio: è il sale idrato osservato da MRO. Come da definizione, si tratta del sale di magnesio dell’acido perclorico. Un sale idrato è un sale che quando cristallizza ingloba nella sua struttura un certo numero di molecole di acqua.

Temperatura: gioca un ruolo importantissimo nella formazione di acqua liquida. Le temperature di Marte però generalmente non permettono questo lusso: su questo pianeta nella maggior parte dei casi l’acqua ghiaccia oppure evapora. La temperatura superficiale media è infatti di circa 210 K (cioè circa -60 °C), e varia a seconda delle stagioni e della latitudine: si va da minime di -130 °C nelle regioni polari, in inverno, a massime di 20 °C nelle regioni equatoriali, in estate. In linea di principio quindi esiste uno spiraglio di tempo e di superficie in cui l’acqua allo stato liquido sarebbe possibile, cioè l’estate nell’area equatoriale, che è proprio quella in cui sono stati osservate le tracce di sali idrati.

La NASA conferma la possibile presenza di acqua liquida sulla superficie marziana

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Acqua allo stato liquido potrebbe essere all’origine di misteriose e dinamiche strutture osservate sulla superficie marziana, secondo i dati raccolti da una sonda della NASA.

La scoperta è stata resa possibile da CRISM, il potente occhio robotico a bordo della sonda Mars Reconnaissance Orbiter della NASA. Nel corso degli anni, la fotocamera ha studiato migliaia di strutture note come linee inclinate ricorrenti (LIR), dall’inglese Recurring Slope Lineae (RSL). Si tratta di bande scure con larghezze comprese tra 0,5 e 5 metri che dall’alto dell’orbita di MRO paiono quasi delle striature. Queste bande, situate in genere su pendii piuttosto ripidi (25-40 gradi di inclinazione) continuano ad allungarsi verso il fondovalle per tutta la stagione calda, per poi incominciare a ritirarsi con l’avvento della stagione fredda. A monte di queste strutture si trovano quasi sempre complessi o affioramenti rocciosi, spesso associati a canali. Nell’emisfero australe, le LIR sono state osservate perlopiù lungo pendii rivolti in direzione dell’equatore, mentre nelle regioni equatoriali sono orientate in modo da ricevere la massima insolazione. Che all’origine delle LIR vi fossero meccanismi a base di acqua già lo si sospettava, ma finora gli scienziati non erano ancora mai riusciti a trovare una prova decisiva.

Le RSL nel cratere Horowitz.

Lo spettrometro CRISM ha rilevato sali idrati in quattro diversi siti con presenza di linee inclinate ricorrenti. A partire da questi nuovi dati, gli scienziati hanno ricostruito pezzo dopo pezzo il meccanismo all’origine di queste strutture, confermando che l’acqua, nella forma di brina, gioca un ruolo di primo piano nella formazione delle LIR.

“L’acqua pura evaporerebbe o si ghiaccerebbe rapidamente alle attuali condizioni della superficie di Marte,” scrivono i ricercatori. “Tuttavia, le brine sono molto meno volatili rispetto all’acqua pura grazie a punti di solidificazione e ritmi di evaporazione inferiori. Numerosi sali, tra cui solfati, cloruri e perclorati, sono stati rilevati sulla superficie marziana. Questi sali possono abbassare le temperature di congelamento dell’acqua di addirittura 80 K, abbassare i ritmi di evaporazione dell’acqua di un ordine di magnitudine e assorbire l’umidità atmosferica, aumentando così la possibilità di formare un deposito stabile di acqua liquida sulla superficie dell’attuale Marte.”

Secondo i dati raccolti da MRO, i pendii che ospitano queste misteriose strutture superano sempre 250 K di temperatura (-23 gradi centigradi) e spesso, ma non sempre, 273 K (0° C). In almeno quattro di questi siti, CRISM ha osservato le caratteristiche impronte d’assorbimento dell’acqua con sali idrati a 1.4, 1.9 e 3.0 micrometri di lunghezza d’onda. Lo spettrometro opera su 544 canali spettrali a cavallo tra la porzione visibile e quella del vicino infrarosso dello spettro elettromagnetico, tra 0.36 e 3.92 micrometri di lunghezza d’onda. Tutti e quattro i siti si trovano a latitudini medie nell’emisfero australe. Le misurazioni sono state effettuate a fine estate, quando le linee avevano raggiunto la loro massima estensione e alcune avevano già iniziato a ritirarsi.

“L’origine dell’acqua delle RSL rimane un mistero, data l’estrema aridità dell’ambiente marziano,” ammettono i ricercatori. Le ipotesi principali comprendono la fusione di ghiacci sotterranei, la cui esistenza è però molto improbabile, la deliquescenza di sali igroscopici, i quali però non sono ancora stati rilevati, e la presenza di falde acquifere, che però non sarebbero in grado di spiegare perché tutte le RSL osservate finora sembrano sfociare da affioramenti rocciosi situati sulla sommità di pendii. “È plausibile che in parti diverse di Marte vi siano meccanismi di formazione diversi, “concludono gli scienziati.”

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25.09 “Cent’anni di relatività: l’anniversario e le prospettive di una teoria straordinaria” conferenza di Luigi Foschini.
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25.09: “La fisica e i Simpson” di Laura Fumagalli.

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28 settembre: torna in Italia l’Eclisse Totale di Luna

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La Luna non passerà al centro del cono d’ombra, tanto che la magnitudine (o grandezza) dell’eclisse (valore che dà la misura di quanto il disco lunare sia penetrato all’interno del cono d’ombra) sarà di 1,2764, a fronte di un massimo che in rari casi arriva a sfiorare l’1,9 (se tale valore è <1 l’eclisse sarà parziale, se =1 il disco lunare sarà tangente a quello dell’ombra – e l’eclisse totale quindi brevissima – mentre se >1 la totalità avrà una durata più o meno lunga a seconda del valore numerico). Nel caso del 28 settembre la durata della totalità sarà di un’ora e 12 minuti, con la Luna che al momento del massimo sarà alta circa +25° sull’orizzonte ovest-sudovest.

L’ultima eclisse lunare totale visibile dall’Italia si è verificata il 15 giugno 2011 ma, come qualcuno ricorderà, la Luna si levò dall’orizzonte quando era già parzialmente entrata nel cono d’ombra.

A parte la scomodità dell’orario, quella del prossimo settembre sarà invece un’eclisse abbastanza favorevole per il nostro paese. Le condizioni di osservabilità saranno infatti ottimali per quasi tutte le fasi, e solo l’uscita dalla penombra avverrà (tranne che nelle località italiane più a ovest) con la Luna bassa sull’orizzonte o già tramontata.

Il disco del nostro satellite inizierà a immergersi nella penombra alle 2:11, quando sarà alto mediamente +46° sull’orizzonte di sud-sudovest.

Poco meno di un’ora dopo, alle 3:07, comincerà a scivolare nel cono d’ombra e a cambiare decisamente colore.

Alle 4:11 inizierà la totalità, che alle 4:47 raggiungerà la fase del massimo oscuramento.

Alle 5:23 finirà la totalità, e alle 6:27 la Luna uscirà completamente dall’ombra.

Fasi e condizioni di visibilità dell’Eclisse Totale di Luna in Italia. Sono indicati gli istanti (TMEC) dell’inizio delle diverse fasi e, per ognuna delle cinque città, le relative altezze della Luna sull’orizzonte astronomico e gli azimut (cliccare per ingrandire).

L’eclisse avverrà nella parte meridionale della costellazione dei Pesci, in una regione priva di stelle cospicue e lontana anche dalla Via Lattea; il che limiterà l’inventiva di quegli astrofotografi che, negli ultimi anni, erano riusciti a produrre splendide foto della Luna rossa su sfondi di stelle o di nubi galattiche.

In mancanza di “quinte” celesti, ci saranno però i paesaggi terrestri a fare da sfondo all’eclisse. E in questo aiuterà moltissimo (sempre che si riesca a stare svegli fino a quell’ora) l’altezza sull’orizzonte sempre più prossima della Luna al profilo superiore del paesaggi, naturalistico, urbano o suburbano che sia.

Sulla scelta dello strumento più adatto, per ognuna delle svariate tecniche che si possono usare per riprendere l’eclisse,  rimandiamo all’articolo di Daniele Gasparri, pubblicato in Coelum n. 149 e alle pagine online suggerite a fine articolo.

Altri spunti e suggerimenti si possono trovare sfogliando le immagini dei nostri lettori su Photocoelum (vedi: eclisse totale di luna, eclissi di Luna, Luna rossa, o più generalmente la categoria Luna e Eclissi di Luna, dove per ogni foto sono indicati, per lo più, anche strumentazione, tempi, condizioni e modalità di ripresa).

Per effemeridi di Luna e pianeti vedi il Cielo di Settembre

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Sull’argomento

Eclisse totale di Luna: che fare?

Eclisse di Luna: tutto quello che si può fare durante i 100 minuti di totalità – 2

Eclisse di Luna: tutto quello che si può fare durante i 100 minuti di totalità – 3

Società Astronomica Fiorentina

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La S.A.F. ONLUS da settembre si sposta presso il Punto Lettura Luciano Gori (ex biblioteca dell’Isolotto) in Via degli Abeti (Firenze). Le conferenze, il gruppo di studio e le serate osservative, manterranno la cadenza mensile, con orario 21:15 – 23:0

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Associazione Ligure Astrofili Polaris a Genova

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25.09 Osservazione della Luna in Corso Italia.
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22.09: “Ipotesi di chiesa orientata in equinoziale nell’Isola Capraia” di Enrico Calzolari.
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25.09: “Il Sole, nascita ed evoluzione della nostra stella”. Al telescopio: la Luna gibbosa.
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Associazione Cascinese Astrofili

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25/26.09: Notte Europea dei Ricercatori.
Ore 21:30: Osservazione pubblica della volta celeste. Solo il 26.09: osservazione del Sole, dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:30 alle 18:00. Presso la sede dell’Oss. di Onde Gravitazionali Ego-Virgo. Attività al CAMS (Centro Astronomico del Monte Serra), presso Agriturismo Serra di Sotto, Strada Prov. Monte Serra a Buti (PI). Per prenotare la cena presso l’agriturismo: Simone 338.9976330 oppure Giulio 392.0297877

Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347.4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329.6116984
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Ricordo di Leonida Rosino

Leonida Rosino (al centro) con Francesco Bertola (a sinistra nella foto) e il prof. Taffara, ad Asiago, nel 1968. Cortesia Francesco Bertola.

Il 31 luglio scorso [n.d.r. del 1997], in prossimità del Suo 82° compleanno, è scomparso il Prof. Leonida Rosino, una delle figure più illustri dell’astronomia italiana e internazionale di questa seconda metà del secolo.

I risultati scientifici da Lui ottenuti e la Sua azione incisiva volta allo sviluppo dell’astronomia sono destinati a lasciare una profonda traccia negli anni a venire.

Nato a Treviso, Rosino si laurea in Fisica all’Università di Padova nel 1938 con una tesi sulle atmosfere stellari. Relatori furono il Prof. Bruno Rossi, fondatore dell’Astronomia X, e il Prof. Giovanni Silva, all’epoca intensamente impegnato ad Asiago nella realizzazione del telescopio più grande d’Europa, e alla cui successione Rosino sarà più tardi chiamato.

Appena laureato Rosino inizia la sua attività all’Università di Bologna, dotata del telescopio riflettore da 60 cm posto a Loiano.

Leonida e Rosalia Rosino in compagnia di Guido Horn D'Arturo a Bologna nel settembre 1950. Cortesia della signora Rosalia Rosino.

Rimane come assistente a Bologna fino al 1953, e nel giro di quindici anni, alcuni dei quali purtroppo resi difficili dalla guerra, Rosino riesce a sfruttare al massimo la capacità di un telescopio che anche allora non poteva essere certo considerato di grandi dimensioni, ottenendo tuttavia risultati scientifici che lo impongono subito all’attenzione internazionale. Egli si rende conto che il miglior uso del telescopio, che gli veniva messo a completa disposizione, era quello di intraprendere studi sistematici che richiedevano un impiego quasi giornaliero dello strumento. Rosino inizia tutto un filone di ricerca sulle stelle variabili, che si dirama negli studi delle U Geminorum, variabili a guizzo senza periodicità, delle variabili erratiche T Tauri, situate nella zona di presequenza del diagramma H-R, e infine delle regolarissime RR Lyrae degli ammassi globulari.

Esaminando ora dal punto di vista storico le ricerche svolte a Loiano ci si accorge del grande impatto che esse hanno avuto sullo sviluppo dell’astronomia italiana. Con questo tipo di ricerca Rosino diventa il pioniere in Italia dell’astrofisica di osservazione. E se oggi siamo una comunità astronomica molto vivace, che si è imposta a livello internazionale realizzando il telescopio Galileo e a breve scadenza, speriamo, il binoculare con due specchi di otto metri di diametro, lo dobbiamo alla tradizione iniziata da Rosino a Loiano, e dal Suo collega ed amico Livio Gratton, che negli stessi anni a Merate conduceva ricerche spettroscopiche di primo piano sulle stelle novae.

Nel 1953, all’età di 38 anni, Rosino vince la cattedra universitaria, che lo porterà prima a Cagliari, poi a Bologna ed infine a Padova nel 1956. Che la sua destinazione finale fosse Padova era già chiaro fin dal 1953, quando Gli venne affidato l’incarico della direzione dell’osservatorio di Asiago. Ciò che attraeva fortemente Rosino verso Padova non era il ritorno ai luoghi di origine, all’università dove si era laureato. A Bologna si trovava molto bene, la città era ospitale e nel 1944 aveva sposato una bolognese, la signora Rosalia, che svolgerà un ruolo di grande rilievo accanto a Lui, sensibile a tutte le esigenze di un uomo completamente dedicato alla scienza.

I coniugi Rosino in occasione del 7° raduno IAU a Zurigo nell'agosto del 1947. Alla destra di Rosino, M. Cimino e signora. La delegazione italiana, presieduta dal Prof. G. Abetti, era inoltre composta da: G. Armellini, G. Cassinis, G. Cecchini, G. Conti, A. Colacevich, G. De Strobel, M. G. Fracastoro, A. Gennaro, L. Gratton, E. Krüger, E. Martin, G. Righini, G. Silva, L. Volta, F. Zagar. Cortesia signora Rosalia Rosino.

Rosino è attratto da Padova perché l’Università aveva posto sull’altopiano di Asiago, nel 1942, un grande telescopio, con cui avrebbe potuto compiere delle ricerche ancora più spinte, già intraprese usando i telescopi dell’osservatorio di Yerkes (Chicago) alla fine degli anni ‘50.

A Padova l’attività di Rosino diventa duplice. Da una parte continua le ricerche iniziate a Loiano, aggiungendovi anche lo studio sistematico delle novae e delle supernovae (ne scoprirà una quindicina nel volgere di pochi anni). Dall’altra si dedica intensamente allo sviluppo delle capacità osservative dell’osservatorio di Asiago.

Il riflettore Schmidt da 65-90 cm di Asiago.

Nel 1958 entra in funzione il telescopio Schmidt di 40-50 cm. Nel 1967, nel secondo centenario della fondazione della Specola di Padova, un nuovo telescopio Schmidt, più potente, con ottiche di 65-90 cm, viene inaugurato ad Asiago. Infine nel 1973, a celebrazione del 5° centenario della nascita di Copernico, viene installato a Cima Ekar, sempre sull’altopiano di Asiago, ma in posizione più isolata per evitare gli effetti dell’inquinamento luminoso, il grande riflettore di 182 cm. Ovviamente tutti questi telescopi, e anche l’originale metro e venti, vennero man mano dotati delle più sofisticate attrezzature ausiliarie e al tempo stesso affiancati da strumenti di riduzione e di calcolo. A completamento di questo fervore strumentale, nel 1968, Rosino ottiene l’istituzione del Corso di Laurea in Astronomia, primo in Italia, che attira verso l’Università di Padova studenti di tutta la Penisola.

Visto in retrospettiva, questo secondo periodo dell’attività di Rosino, il periodo padovano che va dal 1953 al 1985, data del collocamento a riposo, è da considerarsi quello dell’affermazione di Padova come uno dei centri astronomici di più alto livello scientifico. Se oggi decine e decine di ricercatori svolgono la loro attività in un ambiente di alto prestigio, trovandosi così sin dall’inizio in una posizione di grande vantaggio, questo è dovuto all’opera illuminata di Leonida Rosino, che ha creato una delle capitali dell’astronomia di osservazione, per la quale merita la gratitudine di tutta la comunità astronomica italiana.

Tra le doti umane di Rosino, che non vanno considerate disgiunte da quelle scientifiche, ne ricorderò una in particolare: la grande disponibilità verso gli altri, soprattutto verso coloro che con lui condividevano la passione per la scienza. Rosino è stato per tutta la sua vita, giorno dopo giorno, anche successivamente al collocamento a riposo, sempre sul posto di lavoro, con una regolarità eccezionale. In qualsiasi momento si poteva bussare alla Sua porta sicuri di essere immediatamente ricevuti. Non aveva nessun problema nell’interrompere il lavoro che stava svolgendo per poter discutere dei progetti che gli venivano sottoposti, per dare consigli sul modo migliore di portare avanti la ricerca e spesso anche per parlare di questioni che esulavano dal campo astronomico e che andavano dai grandi problemi di natura filosofica a quelli della vita di tutti i giorni. Va ricordata inoltre la sua disponibilità verso gli astrofili, perché anche Lui in fondo era un astrofilo nel suo intimo. Partecipava con interesse ai loro convegni ed era prodigo di consigli ed incoraggiamenti.

Lascio al lettore il compito di cogliere gli altri elementi della grande personalità umana di Leonida Rosino, pubblicando nella pagina successiva il testo del discorso da Lui pronunciato nell’Archivio Antico dell’Università a conclusione della cerimonia celebrativa del suo 80° compleanno nel novembre del 1995. Pur nella sua brevità e nella sua asciuttezza, lo considero il più bel testamento che Egli potesse lasciarci.

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Francesco Bertola dal 1974 professore di Astrofisica presso l’Università di Padova. In precedenza ha lavorato presso l’Osservatorio Astronomico di Padova (1963-72) ed è stato professore di Astronomia all’università di Lecce (1972-74). È socio della Società Italiana di Fisica e di diverse società scientifiche internazionali, tra cui l’American Astronomical Society e la International Astronomical Union. Dal 1987 è socio corrispondente dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Si è interessato, tra l’altro, di fotometria e dinamica delle galassie, di morfologia dell’universo e di diversi problemi connessi alla strumentazione astronomica.

Un panorama mozzafiato dei paesaggi di Plutone: valli glaciali e banchi di nebbia?

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Nuovi, straordinari panorami trasmessi dalla sonda New Horizons ci offrono una spettacolare visuale dei paesaggi alieni di Plutone, il pianeta nano visitato dalla missione americana a Luglio di quest’anno. Le immagini mostrano la stupefacente e inaspettata varietà della superficie di Plutone, con vaste pianure gelate popolate da ghiacciai di azoto, metano e monossido di carbonio e imponenti catene montuose di pura acqua ghiacciata che raggiungono i 3500 metri di quota.

I Norgay Montes, in primo piano, e gli Hillary Montes, lungo l'orizzonte. A destra, Spuntik Planum.

Alla sua risoluzione massima, il panorama trasmesso da New Horizons copre 1250 chilometri di superficie. A destra si nota subito Sputnik Planum, la vasta pianura gelata che costituisce il lobo sinistro del cuore di Tombaugh Regio, fiancheggiata al centro dell’immagine dalle due catene montuose dei Norgay e degli Hillary Montes, alte rispettivamente 3500 e 1500 metri. I territori più collinosi visibili a sinistra sono intervallati da quelli che gli scienziati ritengono essere ghiacciati di azoto.

L’immagine è stata scattata circa 15 minuti dopo il culmine del flyby, quando New Horizons ha raggiunto la sua minima distanza, di circa 12500 chilometri, da Plutone. Al momento dello scatto, la sonda si trovava già circa 18 mila chilometri oltre il pianeta nano.

“Questa foto ti fa davvero sentire come se fossi lì, su Plutone, a guardare con i tuoi stessi occhi il panorama,” spiega Alan Stern, responsabile della missione. “Ma questa immagine è anche un tesoro di informazioni scientifiche, con nuovi dettagli sull’atmosfera, sulle montagne, sui ghiacciai e sulle pianure di Plutone.”

Grazie alla favorevole geometria orbitale, l’immagine mostra anche almeno una dozzina di stratificazioni di foschia all’interno dell’atmosfera di Plutone, composta in gran parte di azoto, fino ad almeno 100 chilometri di quota. In prossimità del terminatore, la linea tra giorno e notte, è perfino visibile quello che sembra essere un banco di nebbia celato tra le montagne.

La regione in cui gli scienziati sospettano sia all'opera un qualche meccanismo di trasporto glaciale.

“Oltre ad essere incredibili, queste foschie a bassa quota suggeriscono cambiamenti meteorologici tra il giorno e la notte, proprio come accade qui sulla Terra,” spiega Will Grundy del Lowell Observatory di Flagstaff, l’osservatorio che all’inizio dello scorso secolo portò all’individuazione di Plutone da parte di Clyde Tombaugh.

L’immagine ha anche permesso agli scienziati di raccogliere preziosi indizi sul ciclo di azoto di Plutone, per certi versi simile a quello idrologico della Terra. Il panorama mostra infatti delle zone luminose appena a est di Spuntik Planum dove gli scienziati sospettano si possano essere depositati recenti strati di ghiaccio provenienti proprio da Sputnik Planum.

Il trasporto di ghiaccio (frecce blu) da Spuntik Planum ai territori orientali potrebbe avvenire attraverso valli glaciali (frecce rosse) larghe 3-8 km.
La stessa regione dell'immagine precedente nel nuovo panorama.

Il trasporto di questi ghiacci sarebbe avvenuto tramite valli glaciali larghe tra i 3 e gli 8 chilometri situate proprio a cavallo tra i due diversi territori.

“Non ci aspettavamo di trovare indizi di un ciclo glaciale a base di azoto su Plutone all’opera nelle gelide condizioni del sistema solare esterno,” spiega Alan Howard dell’Università del Virginia. “Alimentato dalla debole luce solare, questo ciclo potrebbe essere paragonabile al ciclo idrologico che alimenta le calotte polari della Terra, nel quale l’acqua evapora dagli oceani, ricade sotto forma di neve e ritorna negli oceani attraverso i flussi glaciali.”

“In questo senso, Plutone è sorprendentemente simile alla Terra,” aggiunge Stern, “e nessuno l’aveva previsto.”

Già le immagini inviate nei primissimi giorni post-flyby avevano rivelato paesaggi straordinari e completamente diversi da ciò che ci aspettavamo: montagne di acqua ghiacciata fino a 3500 metri di quota, ghiacci di azoto in movimento, gelide pianure di metano, monossido di carbonio e azoto, un’atmosfera più vasta e definita ma anche più rarefatta di quanto previsto, un’estesa coda di plasma, campi di dune e molto altro ancora.

Per un’analisi dettagliata di tutte le scoperte effettuate finora, vi segnaliamo un nostro articolo di 13 pagine sul numero di Settembre (n. 195) della rivista Coelum Astronomia (disponibile anche in versione digitale cliccando qui). Inoltre, a breve pubblicheremo qui sul nostro sito un’intervista a due scienziati planetari riguardo Plutone e i dati trasmessi da New Horizons.

Gruppo Amici del Cielo di Barzago

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31.10“Montagne stellari” di Pierangelo Trezzi.
Per info: didattica@amicidelcielo.it
www.facebook.com/groups/15788424963
www.amicidelcielo.it

Associazione Cascinese Astrofili

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20.09, ore 21:30: “Osserviamo il 1° quarto di Luna” e osservazione del profondo cielo.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347.4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329.6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
ò www.astrofilicascinesi.it

Gruppo Astrofili Lariani

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19.09: Osservazione degli oggetti del Profondo cielo (nebulose, ammassi aperti e globulari).
Per informazioni: Tel 347.6301088
info@astrofililariani.org
www.astrofililariani.org

Associazione Ligure Astrofili Polaris a Genova

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18.09 “Viandanti solitari e occasionali: meteore, comete, satelliti, asteroidi” di Piero Guerrini.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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18.09 Osservazione dal piazzale della funivia per i Piani d’Erna.
Per info: 0341.367584 – ò www.deepspace.it

Associazione Astrofili Bassano del Grappa

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19.09, ore 21:30: International observe the Moon Night con Roberto Garofalo. Serata dedicata all’osservazione della Luna.

Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
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Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it

Gruppo Astrofili Lariani

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19.09 e 03.10: Osservazione del profondo cielo.

Per informazioni: Tel 347.6301088
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Congiunzione stretta di Marte e Regolo, con Giove e Venere al contorno

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Alle sei del mattino e ancora sull’orizzonte est, ma questa volta la data è quella del 25 settembre. Giove, Marte e Venere saranno ancora lì, ma più raggruppati e alti. E il punto focale della scena sarà questa volta occupato dalla congiunzione tra Marte e Regolo, separati soltanto da 47 primi d’arco.

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Associazione Cascinese Astrofili

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15.09, ore 21:30: “Campi Stellari”. Osservazione pubblica presso la sede ACA. In caso di maltempo l’Associazione organizzerà un dibattito su temi recenti di Astronomia.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347.4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: cell: 329.6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
ò www.astrofilicascinesi.it

Nuovi paesaggi di Plutone da New Horizons!

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La sonda New Horizons della NASA ha inviato nuove fotografie ad alta risoluzione degli straordinari paesaggi alieni di Plutone, l’ex-nono pianeta che il 14 luglio di quest’anno ha perso il suo status di oggetto celeste inesplorato per merito proprio della sonda statunitense.
Ormai a otto settimane dallo storico flyby, Plutone non è altro che un piccolo puntino di luce 60 milioni di chilometri alle spalle di New Horizons. Ma per noi terrestri, l’esplorazione del pianeta nano è appena iniziata: il 5 settembre, New Horizons ha ripreso la trasmissione dei dati ad “alta velocità”, cioè quelli raccolti da quattro dei sette strumenti di bordo – tra cui le fotocamere Ralph/MVIC e LORRI – che terminerà solo alla fine del 2016. Per più di un anno, continueranno ad arrivare nuove immagini e nuovi dati di Plutone (clicca qui per i dettagli).

Un'immagine di Plutone a 800 metri per pixel di risoluzione. La foto mostra, in basso, parte del terreno più scuro e antico (come suggerito dalla presenza di numerosi crateri) e parte di Sputnik Planum, la giovanissima pianura glaciale visibile in alto. Tra le due regioni si trova una blocco montuoso con quelle che secondo alcuni scienziati potrebbero essere dune di azoto (il campo di creste orizzontali e parallele tra di loro).

Le immagini includono alcuni tra i terreni più antichi fotografati finora da New Horizons. In un’immagine è perfino visibile quello che secondo alcuni scienziati potrebbe essere un campo di dune.
“Vedere dune su Plutone – se questa è davvero la loro natura – sarebbe completamente inaspettato, perché oggi l’atmosfera di Plutone è molto sottile,” spiega William McKinnon della Washington University. “O Plutone aveva un’atmosfera più densa in passato, o qualche processo che dobbiamo ancora comprendere è all’opera. È un grattacapo.”

Un'altra immagine delle propaggini settentrionali di Spuntik Planum.

Già le immagini inviate nei primissimi giorni post-flyby avevano rivelato paesaggi straordinari e completamente diversi da ciò che ci aspettavamo: montagne di acqua ghiacciata fino a 3500 metri di quota, ghiacci di azoto in movimento, gelide pianure di metano, monossido di carbonio e azoto, un’atmosfera più vasta e definita ma anche più rarefatta di quanto previsto, un’estesa coda di plasma e molto altro ancora.

Per un’analisi dettagliata di tutte le scoperte effettuate finora, vi segnaliamo un nostro articolo di 13 pagine sul numero di Settembre (n. 195) della rivista Coelum Astronomia (disponibile anche in versione digitale cliccando qui). Inoltre, a breve pubblicheremo qui sul nostro sito un’intervista a due scienziati planetari riguardo Plutone e i dati trasmessi da New Horizons.

La posizione delle due immagini precedenti rispetto a una foto più ampia che copre tutta Sputnik Planum.

“Plutone ci sta mostrando una diversità di terreni e una complessità di processi che sfidano qualunque cosa vista nel Sistema solare,” spiega Alan Stern, responsabile della missione. “Se un artista ci avesse dipinto questo Plutone prima del flyby, lo avremmo probabilmente ignorato.”
“La superficie di Plutone è tanto complessa quanto quella di Marte,” gli fa eco Jeff More della NASA. “Le montagne potrebbero essere massicci blocchi di ghiaccio d’acqua gallegianti su un deposito più denso, vasto e soffice di azoto ghiacciato all’interno di Sputnik Planum.”

Questa immagine mostra come i deboli ma ben definiti strati di foschia già osservati nelle immagini trasmesse a Luglio siano sufficientemente importanti da causare una sorta di crepuscolo; sono cioè in grado di illuminare debolmente la superficie anche subito dopo che il Sole è tramontato.

Le immagini ravvicinate ritraggono le propaggini nord-orientali di Sputnik Planum, la vasta pianura ghiacciata che costituisce il lobo sinistro di Tombaugh Regio, la famosa struttura chiara a forma di cuore che interrompe una fascia scura – probabilmente costituita di toline, molecole non volatili – nota come Cthulhu Regio, che avvolge il resto dell’equatore.

Rilasciate le foto ad alta risoluzione dei famosi “bright spot” di Cerere!

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Questa nuova foto scattata dalla sonda Dawn da 1470 chilometri di quota e a una risoluzione spaziale di 140 metri per pixel ritrae il cratere Occator sul pianeta nano Cerere, sito dei misteriosi puntini luminosi notati già durante la fase di avvicinamento, a inizio anno. Essendo le misteriose chiazze molto luminose, per produrre questa immagine gli scienziati hanno dovuto assemblare due immagini a diverse esposizioni. Mentre si continua a discutere sulla possibile natura di queste strutture – le teorie prevalenti al momento suggeriscono depositi di ghiaccio, sale o attività criovulcaniche – Dawn ha iniziato ieri la sua terza campagna di mappatura della superficie dall’orbita HAMO. (Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA)

Vedi anche

Due mattine in compagnia di Venere e Luna

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Alle 6:00 del mattino del 10 settembre ci sarà da seguire il primo degli eventi celesti che, nel corso del mese, prenderanno campo poco prima dell’alba sull’orizzonte est. In questo caso, l’attrattiva principale sarà la congiunzione tra Venere e una sottile falce di Luna calante, con i due oggetti separati di 2,3°. Se il cielo non si farà intanto troppo luminoso (il Sole a quell’ora sarà alto –7°), ci si potrà accorgere anche della presenza di Marte (molto debole, di mag. +1,8) e di quella di Giove, più in basso, ma molto luminoso (mag. –1,5).

Il giorno seguente, alla stessa ora, la falce di Luna sempre più esile si troverà al centro del gruppo di pianeti.

Volete vedere le vostre immagini pubblicate sulla rivista e scelte per la galleria delle migliori immagini del mese? Inviatecele con tutti i dettagli di ripresa su gallery@coelum.com!

Per le effemeridi di Luna e pianeti vedere il Cielo di settembre

Associazione Astronomica Mirasole di Opera

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12.09: “Che cosa è la vita: una visione sistemica e innovativa.” di Pierluigi Luisi
ufficio.stampa@astromirasole.it ò www.astromirasole.it

Associazione Astronomica Mirasole

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12.09: “Che cosa è la vita: una visione sistemica e innovativa.” di Pierluigi Luisi.
ufficio.stampa@astromirasole.it
www.astromirasole.it

Settembre il mese dell’astronomia di strada!

Ob john dobsonIl 14 settembre 1915, nasce a Pechino John Dobson.
Protagonista di una vita assai poco convenzionale, per non dire straordinaria, Dobson non è stato solo l’ideatore del telescopio
che prende il suo nome, ma un religioso, un pensatore, un divulgatore, un uomo che ha fatto del “portare le stelle tra la gente” la missione di una vita…

Per commemorare il centenario dalla nascita, la Sidewalk Astronomers ha dichiarato settembre “John Dobson Month”, il mese di John Dobson e invita gli appassionati di tutto il mondo, a qualsiasi livello e con qualsiasi strumentazione a disposizione, ad andare “in strada” a mostrare il cielo alla gente di passaggio..

Perciò durante il mese di settembre, PRENDETE I VOSTRI TELESCOPI E PORTATELI ALL’ANGOLO DI UNA STRADA, di un parco, di una piazza e condividete con i curiosi le meraviglie del cielo.

E se vorrete mandarci un breve resoconto della vostra esperienza, inviatela su coelumastro@coelum.com, la pubblicheremo su queste stesse pagine! Oppure inseritele direttamente nei commenti qui sotto e condividetele con i nostri lettori.

..

I Sidewalk Astronomers, letteralmente “astronomi da marciapiede”, nascono proprio grazie a John Dobson e alla sua voglia di portare l’astronomia in strada li dove «dark skies and the public collide», ovvero dove i cieli bui e il pubblico si “scontrano” e quale modo migliore quindi per celebrarlo se non invitare i singoli amatori ad unirsi “a lui”?

Coelum ha più volte supportato questo tipo di attività, dal memorabile Hanc Marginis firmato da Rodolfo Calanca (Coelum 91), all’editoriale di Emiliano Ricci (Coelum 139), che in piazza ci andò davvero per qualche tempo, alla testimonianza di Nazzareno Terzaroli, conosciutissimo a Roma per i suoi happening osservativi (Coelum 136), agli articoli dedicati a Dobson e quindi appoggia e condivide più che volentieri questo progetto.

Nel loro sito gli Sidewalker Astronomers mettono a disposizione una serie di suggerimenti e risorse per individuare i luoghi migliori e gli eventi di richiamo (tutto in inglese…  ma per le serate migliori potete tenere d’occhio anche il nostro cielo del mese, con le congiunzioni e gli eventi di nota, i migliori anche da “portare in strada”).

Inoltre potrete tenere conto delle ore che dedicate a questa attività, ricevendo dei badge di riconoscimento, utilizzando i moduli che mettono a disposizione per inviare un report della vostra serata (e che permettono anche all’associazione di tener traccia della diffusione di questo tipo di iniziative individuali)..

Sull’argomento

ABBIAMO VISTO LE MONTAGNE DI PLUTONE – le interviste

Su Coelum 195, trovate un approfondito articolo, a firma di Pietro Capuozzo, su New Horizons e il suo flyby di Plutone del 14 luglio, con un’intervista in esclusiva, raccolta da Filippo Bonaventura, con le impressioni a caldo di Alan Stern (Principal Investigator della missione New Horizons).

Per gli approfondimenti Pietro si è servito anche di informazioni di prima mano fornite da due giovani ricercatori: Amy Barr Mlinar, del Planetary Science Institute, e Edgard Rivera-Valentin, planetologo del National Astronomy and Ionosphere Center dell’Osservatorio di Arecibo.

Pubblichiamo quindi le loro interviste in versione integrale, ringraziandoli per le preziose informazioni e la pazienza (nonostante igli impegni del  momento) con cui hanno risposto ai numerosi quesiti del nostro Pietro.

Non mancate ovviamente di leggere l’articolo “Abbiamo visto le montagne di Plutone” su Coelum 195 di settembre 2015.

Buona Lettura!

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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11.09 “Il Medioevo nel Purgatorio di Dante” di Dario Angelibusi, storico medievista.
Per info: 0341.367584 – ò www.deepspace.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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09.10 “Andromeda, la principessa dei cieli” proiezione a cura di Mery Ravasio.
Per info: 0341.367584 – ò www.deepspace.it

Associazione Cascinese Astrofili

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09.09, ore 21:00: Serata di solidarietà per l’Asilo IL PANDA di Cascina (PI). L’Astronomia è sempre stato promotrice dello sviluppo positivo della nostra civiltà, l’Associazione vuole contribuire a dare un segno di contrapposizione agli atti incivili di vandalismo che hanno devastato la scuola per l’infanzia “Il Panda”. Una serata di aggregazione, di scienza e di attività dedicata all’osservazione della volta celeste con i telescopi. Durante la serata saranno raccolti fondi e materiale di consumo che verranno messi a disposizione della scuola. Presso: Il giardino della scuola per l’infanzia “Il Panda”, in via G. Galilei, 3 a Cascina

Per informazioni:
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Nel Cielo – Quattro globulari nell’arco dell’arciere

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Ed è proprio da Kaus Borealis (lambda Sagittarii, mag. +2,8) che converrà partire per andare alla ricerca del primo spigolo del “quadrilatero”, situato meno di 2,5° a nordest dalla stella. Stiamo parlando di M22, il terzo più luminoso globulare del cielo (dopo Omega Centauri e 47 Tucanae) e il quarto per dimensioni angolari (dopo Omega Centauri, 47 Tucanae e M4); quindi più grande e brillante anche del più famoso M13, sebbene un po’ penalizzato dalla limitata altezza sull’orizzonte che può raggiungere alle nostre latitudini.

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 50 di Coelum n. 195

Asteroidi – Eunomia e Vesta DUE RAGAZZE FACILI

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Ben ritrovati a tutti i miei lettori appassionati di asteroidi. Passate bene le ferie? Sì? No? Così così? Beh, comunque siano andate, non pensateci più… Come si dice qui: «alle nostre orme sulla sabbia ci pensi il vento!».

Quest’anno ricominciamo senza particolari clamori. E sarà infatti un settembre asteroidale dai toni classici, niente bizzarrie e molta concretezza. In quale altro modo infatti si possono definire le opposizioni di due autentiche colonne della Fascia come Vesta ed Eunomia? Nomi solidi, dimensioni imponenti, luminosità da neofiti muniti di binocoli da teatro… Cos’altro chiedere di più? Niente, credo. Tanto è vero che cominciamo subito, partendo dallo storico “numero quattro” scoperto da Olbers nel 1807 (a proposito, lo sapevate che l’astronomo tedesco era convinto del fatto che non si fosse trattato di una scoperta fortuita, ma assolutamente programmata? La cosa è troppo lunga da spiegare qui, dirò in redazione di raccontarvene la storia in un prossimo Hanc Marginis).

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 68 di Coelum n.195

Associazione Astrofili Bassano del Grappa

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06.09, ore 17:00: “Fenomeni celesti visti da un fotografo” di Valter Binotto.

Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it

La Luna, le Iadi e Aldebaran

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Una delle poche congiunzioni che per essere vista non costringerà ad alzarsi poco prima dell’alba sarà quella del 5 settembre tra Luna e Iadi.

L’ora migliore per fotografarla sarà infatti quella prossima all’una del mattino, quando i due oggetti saranno ancora vicini all’orizzonte (+10°) e potranno essere inquadrati in un contesto paesaggistico. Verso le 0:30, la Luna (all’Ultimo Quarto e quindi ancora abbastanza luminosa, tanto che bisognerà sperare in una notte limpida e senza eccessiva umidità) avrà appena occultato gamma Tauri e si preparerà a fare la stessa cosa anche con Aldebaran. Purtroppo, troppo tardi, visto che la stella alfa del Toro verrà raggiunta dopo le sette del mattino, quando il Sole sarà già sorto.

N.B. Per esigenze grafiche la dimensione del dischetto lunare, in questa e nelle altre illustrazioni, è due o tre volte superiore alla giusta scala immagine.

Il Cielo di Settembre

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Verso ponente saranno ancora visibili, ma ormai declinati e prossime al tramonto, le estese costellazioni della tarda primavera (Boote con la brillante Arturo, Ofiuco, Ercole e il Serpente), ma con il passare del tempo il cielo muterà completamente aspetto: prima della mezzanotte saranno già visibili le Pleiadi sull’orizzonte nordest, mentre nella seconda parte della notte si potrà godere della presenza contemporanea di M42 in Orione e della Nebulosa Velo nel Cigno.

EFFEMERIDI

L’evento più importante del mese per la nostra stella sarà ovviamente il passaggio al nodo discendente sull’equatore celeste il giorno 23, quando in pratica il Sole avrà declinazione pari a zero e si verificherà l’equinozio d’autunno, ovvero l’istante in cui inizia l’autunno astronomico (la primavera per l’emisfero sud).

Per quanto riguarda le congiunzioni, settembre sarà un periodo abbastanza monotono. Ci saranno sì delle belle congiunzioni planetarie, ma abbastanza simili tra loro e tutte osservabili soltanto di mattina, verso est (tutti i pianeti osservabili ad occhio nudo avranno infatti elongazione ovest).

Il pezzo forte arriverà però a fine mese, il 28 settembre, con il verificarsi di un’Eclisse Totale di Luna; fenomeno che qui da noi mancava dal 2011, con la Luna in vicinanza del perigeo.

Continuate a seguirci su tutti i nostri canali (cielo del mese sul nostro portale, social, newsletter e, ovviamente, abbonandovi alla rivista), per restare informati ed avere tutti i dettagli, le circostanze e le cartine degli eventi più importanti del mese!


Rosetta: la cometa dà spettacolo nel giorno del suo perielio

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Una delle ultime immagini rilasciate dall'ESA della cometa 67P, ripresa da Rosetta il 16/8/15, a soli tre giorni dal perielio, e rielaborata dallo staff di Coelum Astronomia. L'immagine ha una risoluzione di 28,2 m/px ed è stata ripresa a 331 km dal centro della cometa. Crediti: ESA/Rosetta/NavCam-CC BY-SA IGO 3.0/Coelum

Una delle ultime immagini rilasciate dall'ESA della cometa 67P, ripresa da Rosetta il 16/8/15, a soli tre giorni dal perielio, e rielaborata dallo staff di Coelum Astronomia per metterne in risalto la spettacolare attività. L'immagine ha una risoluzione di 28,2 m/px ed è stata ripresa quando la sonda si trovava a 331 km dal centro della cometa. Crediti: ESA/Rosetta/NavCam-CC BY-SA IGO 3.0/Coelum

Alle 4:03 del 13 agosto, ora italiana, la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko ha toccato il perielio della sua orbita, il punto della sua traiettoria attorno al Sole più vicino alla nostra stella. Al momento del perielio, il nucleo si trovava a 185 986 924 chilometri dal Sole, tra le orbite della Terra e di Marte, e a 265 138 407 km dalla Terra. Naturalmente, la sonda Rosetta, che ha raggiunto la cometa ormai più di un anno fa, si è potuta godere lo spettacolo in prima fila, dall’alto dei suoi 327 chilometri di quota.

Le ultime misurazioni, effettuate poche ore prima del perielio, indicano che il nucleo sta versando 1000 chili di polveri e altri 300 chili di vapore acqueo nello spazio ogni secondo – dieci volte in più rispetto ad Agosto dell’anno scorso, quando la cometa era a 750 milioni di chilometri dalla sua posizione attuale.

Animazione creata con immagni riprese poche ore prima del perielio. Riprese dalla camera OSIRIS Credits ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Le prime immagine pubblicate sono state scattate dalla fotocamera di navigazione (NavCam) e da quella scientifica (OSIRIS) tra le 19:35 del 12 agosto e le 3:04 del giorno del perielo, meno di un’ora prima. Le immagini sono state riprese da 327 chilometri di quota, una distanza di sicurezza resa necessaria dall’interferenza delle particelle di polvere con gli inseguitori di stelle, i dispositivi necessari a determinare ed eventualmente correggere l’assetto della sonda.

Nel corso degli ultimi mesi, la luce solare è riuscita a penetrare anche nell’emisfero meridionale della cometa dopo cinque anni e mezzo di completa oscurità, rivelando così nuovi paesaggi alieni e permettendo agli scienziati di individuare quattro nuove regioni. Le nuove regioni, che si vanno ad aggiungere alle 19 già catalogate, sono state chiamate Anhur, Khonsu, Sobek e Wosret, in onore di antiche divinità egizie. Le nuove regioni sono sparse su entrambi i lobi del nucleo. Fra meno di sette mesi, queste aree saranno nuovamente invase dall’oscurità.

Man mano che il nucleo della cometa si avvicinava al Sole, i termometri di Rosetta hanno rilevato un aumento delle temperature dai 70 gradi centigradi sottozero misurati un anno fa a circa zero gradi. Nelle prossime settimane, nonostante la cometa abbia già iniziato ad allontanarsi dal Sole, inaugurando così la sua scalata verso l’afelio, le temperature dovrebbe continuare ad aumentare fino a un paio di decine di gradi sopra lo zero.

Un frammento con dimensioni comprese tra 1 e 50 metri si stacca dal nucleo, in queste foto riprese il 30 Luglio a 185 km dalla cometa. Credits ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

I primi fuochi d’artificio erano già scoppiati qualche giorno fa. Il 29 luglio, in particolare, Rosetta aveva osservato un getto talmente potente staccarsi dalla cometa da risultare più luminoso del nucleo stesso, da alterare la composizione dei gas nella chioma – l’involucro gassoso che avvolge il nucleo – e da allontanare momentaneamente il vento solare in entrata, il flusso di particelle cariche provenienti dal Sole, creando una cavità diamagnetica mai osservata prima. Per tutti i dettagli su quel getto, vi rimandiamo a questo nostro articolo di pochi giorni fa (clicca qui).

Nonostante il perielio del 2015 sia ormai alle nostre spalle – e il prossimo non avverrà prima di altri 6.5 anni, ben oltre la “data di scadenza” della missione di Rosetta – le attività del nucleo dovrebbero continuare ad aumentare nell’arco delle prossime settimane, man mano che il calore solare penetra in profondità nella cometa e fa scattare la sublimazione dei ghiacci.

La coda della cometa ha già superato i 120 mila chilometri di estensione, ma dovrebbe continuare ad gonfiarsi per ancora un mese circa, dal giorno del perielio.
“Appena le attività rallenteranno, ci riavvicineremo al nucleo per mappare tutti i cambiamenti,” spiega Nicolas Altobelli dell’ESA. Inoltre, non tutte le speranze sono perdute per il recupero del robottino Philae, la sonda adagiatasi sul nucleo della cometa a Novembre dell’anno scorso dopo un drammatico e sensazionale triplice atterraggio. La sonda si è risvegliata a Giugno e da allora ha trasmesso a intermittenza. Entro fine mese, Rosetta si riporterà a latitudini favorevoli per stabilire un ponte di comunicazione con Philae (tutte le ultime scoperte scientifiche da Philae sono disponibili cliccando qui, mentre gli ultimi aggiornamenti sul suo stato di salute sono disponibili qui).

Pio & Bubble Boy – Coelum n.195 – 2015

Pio e Bubble Boy - Mario Frassati - Coelum 195

Stazione Spaziale, i più spettacolari transiti del periodo

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Nel mese di settembre, la ISS tornerà ad attraversare i nostri cieli al mattino, prima dell’alba. Per questo riportiamo i transiti maggiormente evidenti e luminosi visibili da gran parte del Paese, così da poter giustificare ogni sveglia. Il 10 settembre, dalle 05:44 alle 05:52, osservando da SSO a ENE, la Stazione sarà visibile da tutta Italia, con osservabilità migliore dal Centro-Sud e magnitudine di picco –2,7. Inoltre, la ISS passerà abbastanza vicino alla coppia Luna-Venere: una occasione fotografica da non perdere!

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