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Luna in fase di 9/10 giorni. Osserviamo la Palus Epidemiarum

Un’osservazione suddivisa in due serate consecutive, in quanto il terminatore lunare nel suo lento e inarrestabile scorrere sulla superficie lunare transiterà proprio sulla struttura che il 22 e il 23 luglio 2018 sarà oggetto delle nostre osservazioni, condizionandone la visibilità in relazione al suo passaggio: la Palus Epidemiarum.

Nel caso specifico il nostro satellite sarà in fase di 9,70/10,70 giorni (Colong. 29,2°/41,4°; altezza iniziale +27°42’/24°29′). La sera del 22 luglio la Luna culminerà in meridiano alle 21:33 a +28°, mentre la sera successiva sarà in meridiano alle 22:20 a +25°.

Si tratta di una regione relativamente pianeggiante con un diametro di circa 300 km, la cui formazione risale al Periodo Geologico Imbriano collocato da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa. È uno fra i meno estesi mari lunari situato nel settore sudoccidentale del nostro satellite, a sudovest del mare Nubium e a sudest del mare Humorum.

Individuare la Palus Epidemiarum sul disco della Luna sarà semplice se orienteremo il telescopio sul settore di sudovest, fra la grande area scura del mare Nubium e il bordo lunare. Nella seconda serata potrà essere ancora più semplice essendo parzialmente illuminato dalla luce solare anche il mare Humorum, situato a nordovest della Palus Epidemiarum.

La Palus Epidemiarum è delimitata a oriente (lato mare Nubium) dai crateri Campanus (diametro 49 km e pareti alte 2.000 metri; origine dal Periodo Geologico Imbriano Inferiore collocato a 3,8 miliardi di anni fa) e Mercator (diametro 49 km e pareti alte 1.760 metri; origine dal Periodo Geologico Nectariano collocato a 3,8 miliardi di anni fa). Oltre Mercator, una estesa zona montuosa che termina sul mare Nubium con la Rupes Mercator, una scarpata lunga circa 190 km orientata in direzione sudest/nordovest. La sua formazione risale al Periodo Geologico Pre Imbriano, collocato da 4,5 a 3,8 miliardi di anni fa. Estesa dal cratere Mercator fino ai crateri Cichus (diametro 43 km) e Cichus-B (diametro 14 km) costituisce la parete est-sudest del cratere Weiss (diametro 68 km), un eccezionale soggetto da osservare in dettaglio, possibilmente con un’ampia gamma di ingrandimenti compatibili col sistema ottico a disposizione e col sempre purtroppo incerto seeing.

Sull’estremità meridionale di questa Palus, domina incontrastato il cratere Capuanus di 61 km di diametro, la cui formazione risale al Periodo Geologico Pre Imbriano collocato da 4,5 a 3,8 miliardi di anni fa. Il sistema di pareti intorno al cratere, alte mediamente 2450 metri, presenta versanti scoscesi a sud, mentre a sudovest l’intrusione di Capuanus-P (diametro 78 km) ne modificò l’originaria conformazione. La massima altezza viene raggiunta lungo la parete ovest, dove sarà possibile ammirare anche le notevoli creste in modo particolare sul settore nordovest oltre alle loro propaggini montuose che si inoltrano sulla pianura per vari chilometri verso occidente. A est-nordest, solo modesti rilievi separano questo piccolo mare lunare dal molto più vasto mare Nubium.

Il bordo occidentale della Palus Epidemiarum è delimitato da una estesa regione collinare, cosparsa anche da numerosi crateri fra cui spiccano Dunthorne e Lepaute entrambi di 17 km di diametro.

Il fondo di questa Palus attirerà l’attenzione esattamente fra i crateri Campanus e Mercator dove una stretta valle pone in comunicazione i due mari col notevole dettaglio di un segmento delle Rimae Ramsden che ne segue il corso.

Altri interessanti dettagli non mancano certamente, fra cui l’inconfondibile cratere Marth (diametro 7 km) con la sua particolare struttura concentrica, situato in posizione quasi centrale, e l’eccezionale largo solco della Rima Hesiodus che, dall’area a nord di Capuanus, si estende verso oriente per oltre 310 km lungo il margine meridionale del mare Nubium fino all’omonimo cratere Hesiodus di 44 km. Altrettanto interessante l’osservazione di Ramsden di 26 km di diametro con pareti di 2000 metri, proveniente dal Periodo Geologico Imbriano collocato da 3,8 a 3,2 miliardi di anni fa. Questo cratere si trova al centro delle Rimae Ramsden, un intricato reticolo di solchi intersecantisi ed estesi per circa 140 km per la cui osservazione è richiesto uno strumento riflettore intorno ai 250/300mm.

Oltre che nella Palus Epidemiarum, riscontriamo la presenza di Domi in modo particolare anche nella platea di Capuanus. Infatti  sul fondo del cratere sarà interessante individuare Capuanus-1 di 5,6 km (centrosud), Capuanus-2 di 9 km (est), Capuanus-3 di 10 km (est), Capuanus-4 di 7 km (est), Capuanus-5 di 10 km (nordovest), Capuanus-6 di 9 km (nord).

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Inizia l’era dell’astronomia dei neutrini

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In questo rendering artistico, basato su un’immagine reale del laboratorio IceCube al Polo Sud, una sorgente distante emette neutrini rilevati sotto il ghiaccio dai sensori di IceCube chiamati DOM. Crediti: IceCube / NSF

Per la prima volta, gli scienziati sono riusciti a individuare la possibile sorgente di un neutrino cosmico grazie all’associazione con una sorgente di raggi gamma, cioè fotoni di alta e altissima energia. Si tratta di un blazar, ossia una galassia attiva con un buco nero supermassiccio al centro, distante 4,5 miliardi di anni luce, in direzione della costellazione di Orione. A questo straordinario risultato, pubblicato oggi su Science, i ricercatori sono arrivati combinando i dati del rivelatore di neutrini IceCube, che opera tra i ghiacci del Polo Sud, e altri 15 esperimenti per la rivelazione dei fotoni da terra e nello spazio. L’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e varie Università italiane hanno dato contributi determinanti attraverso la partecipazione dei propri ricercatori a molti degli esperimenti e osservatori coinvolti nella scoperta.

Il numero di novembre 2017 dedicato alla nascita dell’astronomia multimessaggero, in occasione della prima individuazione visuale di una sorgente di onde gravitazionali. Ora, e sempre grazie a partire da una rilevazione di raggi gamma, è stata individuata per la prima volta la probabile sorgente di un neutrino. Per leggere gratuitamente il numero cliccare sull’immagine.

Questa osservazione senza precedenti, frutto del lavoro “corale” dell’astronomia multimessaggero, ha fornito anche un solido indizio verso la spiegazione di uno dei maggiori misteri ancora irrisolti: l’origine dei raggi cosmici di altissima energia. I raggi cosmici sono, infatti, composti prevalentemente da protoni, particelle elettricamente cariche che sono quindi deviate dai campi magnetici che permeano lo spazio, impedendoci di risalire alla loro origine. Un aiuto per chiarire questo mistero, che dura da oltre 100 anni, arriva dai neutrini che sono prodotti proprio dai protoni di alta energia. Essendo particelle neutre e con massa piccolissima, i neutrini non vengono deviati dai campi magnetici e interagiscono pochissimo con la materia, dimostrandosi dunque perfetti messaggeri, in grado di portarci diritti alla loro origine.

Nichi D’Amico, presidente dell’Inaf, commenta entusiasta: «Anche in questa scoperta, come nel caso dell’emissione di onde gravitazionali da parte del primo merger di due stelle di neutroni mai osservato, la potenza di fuoco di cui dispone l’Inaf, a tutte le lunghezze d’onda e con strumentazione di avanguardia da terra e dallo spazio, si è dimostrata determinante per rispondere ad alcune delle domande fondamentali per la comprensione dell’universo».

Dal neutrino all’osservazione spaziale e terrestre. Crediti: da un video della National Science Foundation

Una osservazione, molti messaggeri. Era il 22 settembre 2017 quando il rivelatore di neutrini IceCube osservava un interessante neutrino, battezzato poi IC-170922A. Interessante perché la sua energia molto elevata, pari a 290 TeV (teraelettronvolt, mille miliardi di elettronvolt), indicava, con ogni probabilità, che era stato originato da un lontano oggetto celeste molto “attivo”. Poiché, in base alle teorie, la produzione di neutrini cosmici è sempre accompagnata da raggi gamma, quando IceCube ha visto IC-170922A ha subito lanciato un’ “allerta neutrino” a tutti i telescopi, disseminati nello spazio e sulla Terra, nella speranza che le loro osservazioni potessero aiutare a individuarne con precisione la sorgente. E così è stato.

Il satellite Fermi, realizzato dalla Nasa e che conta su una importante partecipazione di Asi, Inaf e Infn, osservando con il telescopio Lat i raggi gamma molto energetici provenienti dalla direzione del neutrino, ha trovato un’emissione coincidente con una sorgente di raggi gamma che era in stato “eccitato”. Era il blazar TXS 0506+056: un nucleo galattico attivo, cioè un buco nero supermassiccio al centro di una galassia che espelle un getto di materia relativistica, flussi di particelle e radiazioni energetiche a velocità vicine a quella della luce. Fermi-Lat ha diramato subito l’allerta tramite un ATel, un Telegramma Astronomico come viene chiamato, che ha consentito a tutti gli altri 14 esperimenti di puntare la sorgente. Il satellite italiano Agile, realizzato da Asi con il contributo di Inaf e Infn, ha quindi confermato l’informazione di Fermi-Lat con un altro Telegramma. Anche i telescopi Magic, realizzati e gestiti con il contributo importante di Inaf e Infn, sull’isola di La Palma alle Canarie, che studiano i raggi gamma da terra attraverso la radiazione Cherenkov prodotta dall’interazione dei fotoni gamma provenienti dalle sorgenti celesti con l’atmosfera terrestre, hanno orientato i loro giganteschi specchi verso la sorgente riuscendo, con 12 ore di osservazione, a rivelarla osservandola a un’energia mille volte maggiore di quella di Fermi, fornendo così un altro importante pezzo per il completamento di questa scoperta.

Tra gli esperimenti che studiano i fotoni e che hanno rivelato la sorgente, ci sono anche altri tre satelliti con una significativa partecipazione italiana: Swift, della Nasa, che ha un piccolo campo di vista ma una elevata capacità di ‘girarsi’ per ripuntare velocemente una sorgente improvvisamente ‘eccitata’, NuSTAR, sempre della Nasa, che con i propri telescopi per i raggi X riesce a fare immagini dell’Universo ad alta energia, e Integral, dell’Esa, che non hanno visto la sorgente ma ha fornito un limite superiore alla sua intensità, permettendo agli scienziati di escludere che il neutrino fosse associato a un lampo di raggi gamma (grb, Gamma Ray Burst).

Rendering artistico di un nucleo galattico attivo. Il buco nero supermassiccio al centro del disco di accrescimento invia un getto di materia ad alta energia nello spazio. Crediti: DESY, Science Communication Lab

Grazie alla combinazione di tutte le diverse osservazioni è stato così possibile individuare proprio nel blazar TXS 0506+056, che si trova al cuore di una galassia a una distanza di 4,5 miliardi di anni luce dalla Terra, la probabile sorgente del neutrino. La distanza di tale galassia ospite è stata misurata da un team di ricercatori dell’Inaf di Padova.

L’identificazione della sorgente dei raggi cosmici. Diversamente dal caso delle onde gravitazionali e del violento lampo gamma prodotti nella fusione di due stelle di neutroni, dove l’identificazione della sorgente si basava su una coincidenza temporale molto stretta, l’associazione fra il neutrino di IceCube e la sorgente TXS 0506+056, indicata dal telescopio Lat a bordo di Fermi, si fonda sulla coincidenza di posizione, all’interno di un decimo di grado, la cui affidabilità è stata calcolata basandosi sui dati Fermi-Lat. Per riuscire ad associare IC-170922A con la sorgente TXS 0506+056, il team Fermi-Lat ha dovuto riprodurre l’intero cielo gamma e studiarne la variabilità arrivando a valutare la probabilità di una coincidenza spaziale spuria a meno dell’1%. Un ulteriore indizio viene dall’osservazione da parte di Magic dei fotoni gamma a energie prossime a quelle del neutrino rivelato da IceCube, che rende questa associazione ancora più stringente e permette di avere un quadro più chiaro sull’origine di entrambe le emissioni.

Conclusione. Nel blazar TXS 0506+056 il getto, alimentato dalla materia espulsa dal disco di accrescimento del buco nero nel quale era precipitata, è proprio la regione in cui le osservazioni di onde radio e di raggi gamma ci dicono che vengono accelerate particelle di alta energia. Adesso, che oltre ai raggi gamma abbiamo osservato anche un neutrino molto energetico, possiamo concludere che, oltre agli elettroni (e ai positroni), ci sono sicuramente anche protoni accelerati. Possiamo, inoltre, affermare che, per produrre il neutrino osservato, questi protoni sono sicuramente di energia estremamente elevata. Oltre a testimoniare in maniera chiara la presenza di protoni accelerati, il neutrino IC-170922A ci permette di risolvere, in parte, il mistero rappresentato dai raggi cosmici di energie estreme. Questo straordinario risultato della neonata astronomia multimessaggero conferma dunque la strettissima connessione che sussiste tra i diversi messaggeri cosmici.

Per saperne di più:

Leggi l’articolo pubblicato su Science Multi-messenger observations of a flaring blazar coincident with high-energy neutrino IceCube-170922A, della collaborazione IceCube, Fermi-LAT, MAGIC, AGILE, ASAS-SN, HAWC, H.E.S.S, INTEGRAL, Kanata, Kiso, Kapteyn, Liverpool telescope, Subaru, Swift/NuSTAR, VERITAS e VLA/17B-403

Leggi la news su Media Inaf “Un neutrino da 5 miliardi di anni

Guarda il servizio video sul canale YouTube MediaInaf TV:


 

Un variopinto panorama celeste

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Nuove osservazioni ottenute con il telescopio VLT (Very Large Telescope) dell'ESO mostrano l'ammasso stellare RCW 38 in tutto il suo splendore. L'immagine è stata presa durante le verifiche della camera HAWK-I con il sistema di ottica adattiva GRAAL: mostra in uno squisito dettaglio RCW 38 e le nubi di gas incandescente che lo circondando, con tentacoli oscuri di polvere che si attorcigliano nel nucleo brillante di questa giovane raccolta di stelle. Crediti: ESO/K. Muzic
Nuove osservazioni ottenute con il telescopio VLT  dell’ESO mostrano l’ammasso stellare RCW 38 in tutto il suo splendore. L’immagine è stata presa durante le verifiche della camera HAWK-I con il sistema di ottica adattiva GRAAL: mostra in uno squisito dettaglio RCW 38 e le nubi di gas incandescente che lo circondando, con tentacoli oscuri di polvere che si attorcigliano nel nucleo brillante di questa giovane raccolta di stelle. Crediti: ESO/K. Muzic

L’immagine, ottenuta con lo strumento per immagini infrarosse HAWK-I montato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, mostra l’ammasso stellare RCW 38. Osservando a lunghezze d’onda infrarosse, HAWK-I può esaminare ammassi stellari avvolti nella polvere come RCW 38, fornendo una vista ineguagliabile della formazione stellare che avviene all’interno. Questo ammasso contiene centinana di stelle giovani, calde e massicce e si trova a circa 5500 anni luce dalla Terra, nella costellazione delle Vele.

Una vista più ampia su RCW38. L’immagine è un composito a colori ottenuto a partire dalle pose della DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Il campo di vista è approssimativamente 2,4 x 2,4 gradi. Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2. Acknowledgment: Davide De Martin

La zona centrale di RCW38 è visibile qui come una regione brillante e bluastra, un’area popolata da numerose stelle molto giovani e da protostelle ancora nel processo di formazione. L’intensa radiazione che si riversa da queste stelle appena nate fa brillare il gas circostante, in netto contrasto con i rivoli di polvere cosmica, più fredda, che si snodano nella zona, dolcemente illuminati di tinte più cupe di rosso e arancio. Il contrasto crea la scena spettacolare che sembra una celeste opera d’arte.

Immagini precedenti di questa regione, in luce visibile, sono suggestivamente diverse – le immagini ottiche appaiono quasi senza stelle, a causa della polvere e del gas che ne bloccano la vista. Le osservazioni nell’infrarosso, invece, ci permettono di penetrare lo schermo di polvere e di scavare nel cuore di questo ammasso stellare.

HAWK-I è installato sul telescopio UT4 (Yepun) del VLT e opera alle lunghezze d’onda del vicino infrarosso. Ha molti compiti scientifici, tra cui ottenere immagini di galassie vicine o di grandi nebulose, ma anche di stelle singole e di esopianeti. GRAAL è un modulo di ottica adattiva che permette a HAWK-I di produrre immagini spettacolari, usando quattro fasci laser proiettati nel cielo notturno, che fungono da stelle di riferimento artificiali e vengono usate per correggere gli effetti della turbolenza atmosferica – producendo così un’immagine più nitida.

Questa immagine è stata ottenuta nell’ambito di una serie di osservazioni di controllo – un processo noto come verifica scientifica – per HAWK-I e GRAAL. I test sono parte integrante del percorso di messa in opera di un nuovo strumento al VLT e comprendono un certo numero di osservazioni scientifiche tipiche per verificare e dimostrare le capacità del nuovo strumento.

 

Conversazioni cosmiche tra Saturno e Encelado

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Encelado con i suoi getti e sullo sfondo il grande Signore degli Anelli. Cassini, con il suo strumento RPWS, ha registrato un'imponente movimento di onde di plasma da Saturno verso i suoi anelli e verso la sua luna attiva Encelado. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Encelado con i suoi getti e sullo sfondo il grande Signore degli Anelli. Cassini, con il suo strumento RPWS, ha registrato un’imponente movimento di onde di plasma da Saturno verso i suoi anelli e verso la sua luna attiva Encelado. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Un nuovo studio sui dati raccolti durante il Grand Finale della missione Cassini rivela un’interazione sorprendentemente potente e dinamica delle onde di plasma che si muovono da Saturno ai suoi anelli e alla sua luna Encelado.

Nello spazio i suoni non viaggiano, lo sappiamo, ma così come le onde radio vengono raccolte e interpretate dai nostri dispositivi per farci ascoltare l’ultima hit della nostra band preferita, allo stesso modo la sonda Cassini ha rilevato onde elettromagnetiche nelle frequenze radio mentre percorreva le sue orbite ravvicinate al pianeta con gli anelli.

Ecco come suona la conversazione elettrodinamica tra Saturno e Encelado…

Queste registrazioni, qui sulla Terra, sono state amplificate e riprodotte attraverso un altoparlante e quello che si può sentire lo sentite qui a destra, cliccando sul video! La registrazione è del 2 settembre 2017, solo due settimane prima del tuffo della sonda nell’atmosfera del pianeta, che ne ha concluso la missione. La registrazione è stata convertita dal team RPWS presso l’Università dello Iowa, guidato dal fisico, e PI dello strumento RPWS, Bill Kurth. Quello che sentite però è una “conversazione” acellerata… Il tempo di registrazione è stato infatti compresso da 16 minuti a 28,5 secondi. In realtà i vari suoni sarebbero molto più lunghi, bassi e diluiti.

Lo studio di queste registrazioni  mostra però, per la prima volta, come le onde di plasma viaggiano sulle linee di campo magnetico che collegano Saturno alla sua luna Encelado. Le linee di campo magnetico agiscono come se fossero un circuito elettrico, con l’energia che scorre avanti e indietro tra i corpi che collegano, Saturno e la sua luna. Proprio come l’aria o l’acqua, infatti, il plasma (il quarto stato della materia) genera onde per trasportare energia, e lo strumento Radio Plasma Wave Science (RPWS) a bordo della sonda Cassini ha registrato alcune di queste intense ondate di plasma durante uno dei suoi incontri più ravvicinati a Saturno.

cover Coelum astronomia 214
Il numero dedicato alla missione per il suo Grand Finale, un viaggio per immagini e scoperte lungo tutti i vent’anni di missione. Leggilo gratuitamente in formato digitale o scaricalo in pdf cliccando sulla copertina!

Tra la Terra e la Luna non accade nulla di simile. A differenza della Luna, infatti, Encelado è immersa nel campo magnetico di Saturno ed è geologicamente attiva: i suoi getti di vapore acqueo ionizzano e riempiono l’ambiente intorno a Saturno. L’energia che emette viene raccolta e incanalata dalle linee di campo magnetico che la trasportano fino al pianeta, che risponde, percorrendo una lunghissima distanza, un po’ come nel gioco da bambini in cui due bicchieri di plastica vengono collegati con un filo e le onde sonore lo percorrono permettendo di parlarsi e sentirsi da un capo all’altro. Una interazione simile avviene anche tra Saturno e i suoi anelli, anche loro molto dinamici.

«Encelado è come un piccolo generatore che gira intorno a Saturno e sappiamo che è una fonte di energia continua», spiega Ali Sulaiman, scienziato planetario dell’Università dell’Iowa e parte del team RPWS. «Ora scopriamo che Saturno risponde lanciando segnali sotto forma di onde di plasma, attraverso il circuito di linee di campo magnetico che lo collegano ad Encelado a centinaia di migliaia di chilometri di distanza».

Un’interazione elettrodinamica quindi estremamente estesa, che riguarda non solo Encelado ma anche il sistema di anelli. Una scoperta resa possibile solo dalle orbite estremamente inclinate del Grand Finale che hanno portato la sonda adavvicinare il pianeta come non mai, passando tra la cima della sua atomosfera e il bordo interno degli anelli, e che ci mostra quanto diverso e movimentato sia da questo punto di vista il sistema planetario di Saturno rispetto a quello degli altri pianeti, compreso il nostro.

Sulaiman è l’autore principale di due articoli che descrivono i risultati di questo studio, pubblicati di recente in Geophysical Research Letters.

A. H. Sulaiman et al. Enceladus auroral hiss emissions during Cassini’s Grand FinaleGeophysical Research Letters (2018). DOI: 10.1029/2018GL078130

A. H. Sulaiman et al. Auroral hiss emissions during Cassini’s Grand Finale: Diverse electrodynamic interactions between Saturn and its rings, Geophysical Research Letters (2018). DOI: 10.1029/2018GL077875


 

Prima serata con Luna, Regolo e Venere

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A metà luglio, alle ore 21:45 guardando a occidente, con il cielo ancora chiaro per il tramonto, potremo scorgere, piuttosto bassi, una bella falce di Luna (fase del 10%), molto vicina alla stella Regolo, la lucida della costellazione del Leone.

I due saranno separati di appena un grado e mezzo e, guardando appena più in alto e a sud (a poco più di 5 gradi di distanza) potremo vedere anche il pianeta Venere, molto brillante (mag. – 3,7), a completare il quadro.

Sarà una bella occasione per scattare delle fotografie di paesaggio che comprendano i tre astri in congiunzione, ma dovremo affrettarci perché i tre tramonteranno in breve tempo (entro le 22:10).

Per quanto riguarda Venere, poi, c’è sempre la possibilità per chi ha uno strumento di provare ad osservarne le fasi! Non perdete il racconto di Claudio Pra sulle sue osservazioni di Venere e delle sue fasi (come sempre disseminato di preziosi consigli):

➜ Gobba a levante… Venere crescente!

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio 2018

➜ La LUNA di luglio e agosto.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a nord del mare Crisium fino al cratere Mercurius

➜ Scopri le costellazioni del Cielo di luglio e agosto con la UAI, che questo mese ci porta “a Est di Deneb”

➜ Mentre questo mese Stefano Schirinzi ci racconta la costellazione del Drago (I parte)

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Unione Astrofili Senesi

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10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.

Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella).
04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.

Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria.
13.07 e 27.07, ore 22:00: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Giove, Saturno e Marte.
24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Unione Astrofili Italiani

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Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it

Le campagne nazionali UAI

20-21 Luglio La notte bianca dell’Apollo 11
Quarta edizione dell’evento promosso dalla Sezione di Ricerca Astronautica UAI, in occasione dell’anniversario del primo allunaggio e del “gigantesco balzo per l’umanità” di Neil Armstrong
http://astronautica.uai.it

27 luglio La notte della Luna & del Pianeta Rosso!
La notte più ricca di eventi astronomici dell’anno: in prima serata l’eclisse totale di Luna, in congiunzione con il pianeta Marte all’opposizione. La Luna Rossa incontra il Pianeta Rosso! Un evento che il pubblico potrà seguire in occasione delle innumerevoli serate osservative organizzate dalle associazioni di astrofili su tutto il territorio nazionale
http://divulgazione.uai.it

10-12 agosto Le Notti delle Stelle
Il più atteso appuntamento dell’estate astronomica durante il quale le associazioni astrofile proporranno una o più serate dedicate all’osservazione delle Perseidi. L’iniziativa è abbinata a “Calici di Stelle” manifestazione enogastronomica promossa il 10 agosto dal Movimento Turismo del Vino e dall’Associazione Nazionale Città del Vino.
http://divulgazione.uai.it

I convegni e le iniziative UAI
16-19 luglio Scuole Estive di metodologie didattiche della scienza

Le scuole estive di astronomia dell’UAI, dedicate agli insegnanti, ma non solo, da quest’anno in ben tre sedi dislocate sul territorio nazionale: presso l’Osservatorio Astronomico di Campo Catino a Guarcino (FR), a Modica (RG) a cura del Centro Ibleo Studi Astronomici e presso l’Osservatorio Astronomico Cà del Monte in provincia di Pavia
http://didattica.uai.it

Il circuito nazionale degli Star Party UAI
13-15 luglio
8° Star Party di Campo Catino
Lo Star Party del Centro-Sud nel territorio più sorvegliato dall’Inquinamento Luminoso a 1.800 m. s.l.m.: un ampio piazzale con visibilità a 360° e un intero albergo a disposizione degli astrofili, con un ricco programma di attività
http://www.ataonweb.it
www.campocatinobservatory.org

13-15 luglio 18° Star Party delle Madonie
Lo Star Party siciliano più “longevo”, organizzato dall’O.R.S.A. di Palermo presso Piano Battaglia, nel Comune di Petralia Sottana, in pieno Parco delle Madonie
http://www.orsapa.it

Dawn. Il “bright spot” di Ceres in 3D

Il mosaico di Cerealia Facula, nel cratere Occator di Cerere, ripresto dalla sonda della NASA Dawn il 22 giugno. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA
Il mosaico di Cerealia Facula, nel cratere Occator di Cerere, ripresto dalla sonda della NASA Dawn il 22 giugno. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UCLA/MPS/DLR/IDA

Da diversi anni, ormai, la sonda DAWN della NASA sta orbitando intorno a Cerere (o Ceres, in latino), l’asteroide più grande del sistema solare, di cui ci siamo occupati più volte in questo blog. I passaggi ravvicinati hanno rivelato via via particolari sempre più interessanti e intriganti, ma la caratteristica più interessante e bizzarra è sicuramente la misteriosa macchia bianca (“bright spot”), talmente brillante da essere visibile persino nelle immagini di Hubble, benchè scattate da milioni di km di distanza.

In realtà probabilmente non si tratta di una macchia propriamente bianca, quanto piuttosto di una macchia molto più chiara del terreno circostante, visto che l’albedo, ossia sostanzialmente il “grado di biancore”, di Cerere è di solo 0.09, dove “1” rappresenta il bianco e “0” il nero.

Il più recente cambiamento di assetto di Dawn ha portato la sonda in un’orbita il cui punto più vicino a Cerere, detto in gergo “periastro”, è a soli 35 km di quota, contro i 380 dell’orbita precedente. È da questa quota che Dawn ha scattato le bellissime immagini di cui abbiamo parlato in quest’altro articolo, e che qui riproponiamo in versione particolare: “anaglifo 3d”, “parallel eyes”, “crossed eyes” e “3d flicker”.

Il primo tipo di immagine (qui a destra) è piuttosto noto, per vederla servono i classici occhialini “rosso-blu”, trattandosi del classico “anaglifo“.

Poichè però non tutti hanno gli occhialini rosso-blu, ecco disponibili vari altri modi per vedere un’immagine 3d sul monitor o sullo schermo del cellulare.

Parallel eyes (“occhi paralleli”)

È possibile osservarla rilassando lo sguardo come se si stesse guardando un oggetto lontano, in modo che gli oggetti vicini appaiano sdoppiati: quando le due immagini centrali si sovrappongono, si ottiene l’effetto 3d. È però possibile farlo solo con immagini molto piccole, i cui centri non distino tra loro più della distanza tra gli occhi, che è di 6-7 cm.

Questo tipo di immagine si presta anche ad essere visualizzata su cellulare tramite visori 3d come il Google Cardboard, che grazie all’ausilio di due lenti permettono di mettere a fuoco un oggetto vicino anche se i due occhi sono orientati parallelamente come quando si guarda un oggetto lontano.

Crossed eyes (occhi incrociati)

Al contrario del caso precedente, bisogna “incrociare gli occhi” in modo da vedere, anche in questo caso, un’immagine sdoppiata; quando le due coppie di immagini si sovrappongono, l’immagine centrale risulta in 3d.

3d flicker (animazione 3d)

I metodi sopradescritti sono piuttosto faticosi e possono portare a mal di testa e problemi agli occhi, quindi ecco, sempre a destra, un metodo che permette di visualizzare immagini 3d senza ausilio di occhialini o di distorsioni oculari: si tratta di una rapida animazione fatta di due o più fotogrammi, abbastanza rapida da ingannare l’occhio e il cervello in modo da fargli credere di vedere un oggetto 3d.

Qualunque metodo decidiate di usare, noterete che la macchia bianca in questione risulta essere quello che sembra un ghiacciaio con tanto di emissari da fusione. Pare però che non si tratti di acqua bensì di sali, ed è interessante notare come il terreno non sia semplicemente collinare, ma sembra quasi raggrumato, come se l’acqua (o il ghiaccio, o i sali) avessero causato una strana aggregazione del terreno, un po’ come succede quando lasciamo cadere qualche goccia d’acqua da un bicchiere sulla sabbia di una spiaggia.

Vista però la scarsa qualità e la piccola dimensione delle immagini disponibili, potrebbe anche trattarsi di una mera illusione ottica e la formazione potrebbe essere un normale altopiano. I prossimi passaggi dovrebbero permettere di ottenere ulteriori immagini della zona, non più definite ma magari da altri punti di vista.

Crediti

Le immagini 3d sono state realizzate dall’autore dell’articolo tramite il programma gratuito StereoPhotoMaker.

Le immagini originali sono reperibili sul “photojournal” della NASA: https://photojournal.jpl.nasa.gov/catalog/PIA22477
Entrambe le foto hanno lo stesso numero di catalogo PIA22477 . Non sono purtroppo al momento disponibili i metadati sulla posizione reciproca di Dawn, Ceres e Sole, che permetterebbero di meglio valutare luci, ombre e dimensioni.

Sono disponibili vari siti ufficiali sulla missione:

http://www.dawn-mission.org/
https://dawn.jpl.nasa.gov/
https://www.facebook.com/dawn.mission/

Le nuove immagini saranno disponibili via via su https://dawn.jpl.nasa.gov/multimedia/images/


 

Luna e Aldebaran prima dell’alba

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La mattina del 10 luglio, guardando verso est, potremo scorgere – appena sorti – una sottile falce di Luna (fase del 12,8%) e la stella alfa del Toro, Aldebaran (mag. +0,9).

I due astri si troveranno a una distanza di poco più di 3 gradi. Il luogo dell’incontro è quello dell’ammasso aperto delle Iadi e in particolare la Luna transiterà vicinissima alla stella Gamma Tauri (mag. +3,7).

Sull’orizzonte sudovest, sempre presente il brillante Marte, in cammino verso la sua Grande Opposizione

➜ 27 luglio: Marte, la Grande Opposizione 2018

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio 2018

➜ La LUNA di luglio e agosto.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a nord del mare Crisium fino al cratere Mercurius

➜ Scopri le costellazioni del Cielo di luglio e agosto con la UAI, che questo mese ci porta “a Est di Deneb”

➜ Mentre questo mese Stefano Schirinzi ci racconta la costellazione del Drago (I parte)

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Astrofili Trieste CCAT – Speciale Marte

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In arrivo, un Luglio astronomico tinto di rosso!

In concomitanza dell’imminente “grande opposizione” di Marte, il Circolo Culturale Astrofili Trieste dedicherà gli appuntamenti didattici del mese – RISERVATI AI SOLI SOCI – interamente al pianeta rosso, con relazioni a tema.

Assolutamente da non perdere – ANCHE PER IL PUBBLICO – la data del 27/7, con il doppio, eccezionale appuntamento dell’eclisse totale di Luna più lunga del secolo (1h 44’ di totalità!) e dell’opposizione di Marte, con il disco del pianeta largo ben 24,31’: nell’occasione, i telescopi dell’osservatorio “B.Zugna” offriranno ai presenti l’opportunità di osservare “live” sia gli evanescenti dettagli marziani che il nostro satellite naturale, arrossato dalla luce solare rifratta dalla nostra atmosfera.

Maggiori news in seguito, stay tuned!

www.astrofilitrieste.it


 

La controversa origine dell’ossigeno molecolare

Vista della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko dalla sonda Rosetta. Crediti: ESA.
La cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Crediti: ESA.

La sonda Rosetta dell’Agenzia Spaziale Europea ha accompagnato la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko nel suo viaggio intorno al Sole da agosto 2014 a settembre 2016, rilasciando sulla sua superficie il lander Philae e terminando il suo encomiabile lavoro con uno schianto programmato sulla cometa stessa il 30 settembre 2016.

Quando la cometa si è trovata abbastanza vicina al Sole, il ghiaccio sulla sua superficie è sublimato, ossia è  passato direttamente dallo stato solido allo stato gassoso, formando attorno alla cometa una tenue atmosfera chiamata chioma. L’analisi della chioma da parte degli strumenti a bordo di Rosetta ha rivelato che l’atmosfera non conteneva solo acqua, monossido di carbonio e anidride carbonica, come previsto, bensì anche ossigeno molecolare. L’ossigeno molecolare è costituito da due atomi di ossigeno uniti tra loro (O2) e sulla Terra, dove viene prodotto dalla fotosintesi, è essenziale per la vita. In passato è stato rilevato intorno ad alcune delle lune ghiacciate di Giove, ma non era assolutamente previsto che fosse trovato attorno ad una cometa.

Inizialmente, il team scientifico di Rosetta pensava che l’ossigeno provenisse dal corpo principale della cometa, il suo nucleo. Ciò significa che doveva trattarsi di ossigeno molecolare “primordiale”, ossia già presente quando la cometa stessa si formò agli albori del Sistema solare, 4.6 miliardi di anni fa.

Nel 2017 un altro gruppo di ricercatori ha tuttavia suggerito che l’ossigeno molecolare nelle comete potrebbe avere un’origine diversa, avendo scoperto un nuovo modo di produrlo nello spazio a partire da ioni energetici, ossia da molecole elettricamente cariche. I ricercatori hanno proposto che le reazioni con ioni energetici sulla superficie della cometa 67P potrebbero essere la fonte dell’ossigeno molecolare rilevato.

Alla luce di questa nuova ipotesi, i membri del team di Rosetta hanno analizzato nuovamente i dati sull’ossigeno della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. In un articolo pubblicato su Nature Communications, guidato dai fisici dell’Imperial College di Londra, viene ora riportato che il meccanismo proposto per produrre ossigeno sulla superficie della cometa non è sufficiente a spiegare i livelli osservati nella chioma.

L’autore principale del lavoro, Kevin Heritier del Dipartimento di Fisica dell’Imperial College, ha dichiarato: «Il primo rilevamento di ossigeno molecolare nella chioma di 67P è stato molto sorprendente ed eccitante. Abbiamo testato la nuova teoria della produzione di ossigeno molecolare superficiale utilizzando osservazioni di ioni energetici, particelle che attivano i processi superficiali che potrebbero portare alla produzione di ossigeno molecolare. Tuttavia, abbiamo scoperto che la quantità di ioni energetici presenti non poteva produrre abbastanza ossigeno molecolare per tenere conto della quantità osservata nella chioma».

Marina Galand, del Dipartimento di Fisica presso l’Imperial College, co-autrice del lavoro e Co-Investigator del Rosetta Plasma Consortium, ha aggiunto: «È possibile che parte dell’ossigeno molecolare rilevato sia stato generato sulla superficie della cometa, ma la maggior parte dell’ossigeno molecolare presente nella chioma non è prodotto attraverso tale processo».

Vista della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko dalla sonda Rosetta. Crediti: ESA.

La nuova analisi è coerente con la conclusione iniziale del gruppo di ricerca, ossia che l’ossigeno molecolare è molto probabilmente primordiale. Sono state proposte altre teorie e non possono ancora essere escluse, ma la l’ipotesi dell’origine primordiale è quella che si adatta meglio ai dati. Ipotesi peraltro supportata anche da recenti teorie che hanno rivisto la formazione dell’ossigeno molecolare nelle nubi scure e la presenza di ossigeno molecolare nel Sistema solare iniziale. In accordo con questi modelli, l’ossigeno molecolare creato si sarebbe congelato su piccoli granelli di polvere, che hanno raccolto sempre più materiale, accumulandosi a formare la cometa e bloccando l’ossigeno nel suo nucleo.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Communications l’articolo “On the origin of molecular oxygen in cometary comae” di L. Heritier, K. Altwegg, J.-J. Berthelier, A. Beth, C. M. Carr, J. De Keyser, A. I. Eriksson, S. A. Fuselier, M. Galand, T. I. Gombosi, P. Henri, F. L. Johansson, H. Nilsson, M. Rubin, C. Simon Wedlund, M. G. G. T. Taylor e E Vigren

 

Leggi Anche

Lo Speciale ROSETTA in occasione del Finale di Missione pubblicato su Coelum Astronomia 204

• Da GIOTTO a Rosetta: 30 anni di esplorazione cometaria
• Interviste esclusive ai protagonisti: Cesare Barbieri, Fabrizio Capaccioni, Alessandra Rotundi, Kathrin Altwegg e Andrea Accomazzo
• Le scoperte scientifiche di una missione di successo
• Il finale della missione


 

Eta Carinae, culla di raggi cosmici

La grande esplosione di Eta Carinae, negli anni ’40, ha creato la nebulosa Homunculus, che vediamo in questa immagine ripresa da Hubble. Alla distanza di circa un anno luce, la nube in espansione contiene abbastanza materiale da dare vita ad almeno 10 copie del nostro Sole. Credito: NASA, ESA e il team ERO di Hubble SM4

Un nuovo studio che utilizza i dati del telescopio spaziale NuSTAR della NASA suggerisce che Eta Carinae, il sistema stellare più luminoso e massiccio entro 10.000 anni luce, sta accelerando particelle ad alta energie, alcune delle quali potrebbero raggiungere la Terra sotto forma di raggi cosmici.

«Sappiamo che le onde d’urto delle stelle esplose possono accelerare le particelle dei raggi cosmici a velocità vicine a quelle della luce, un incredibile impulso di energia», spiega Kenji Hamaguchi, astrofisico del Goddard Space Flight Center della NASA e autore principale di lo studio. «Processi simili devono verificarsi anche in altri ambienti estremi. Il nostro studio ci dice che Eta Carinae è uno di questi».

Sappiamo ormai che i raggi cosmici con energie superiori a 1 miliardo di elettronvolt (eV) arrivano fino a noi da ben oltre il nostro sistema solare, ma trattandosi di particelle – elettroni, protoni e nuclei atomici – portatori di carica elettrica, vengono deviate quanto incontrano dei campi magnetici. Questo scombina i loro percorsi rendendo difficile identificarne l’origine.

Eta Carinae, situata a circa 7.500 anni luce di distanza nella costellazione meridionale della Carina, è famosa per un’esplosione, durante il diciannovesimoo secolo, che per breve tempo l’ha resa la stella più luminosa del cielo. Da questo evento si è anche creata una enorme nebulosa a forma di clessidra, ma la causa dell’esplosione è ancora incerta. Il sistema infatti è formato da una coppia di stelle massicce le cui orbite eccentriche le portano insolitamente vicine ogni 5,5 anni. Le stelle contengono 90 e 30 volte la massa del nostro Sole e passano a 225 milioni di chilometri di distanza nel momento in cui sono più vicine – all’incirca la distanza media che separa Marte e il Sole.

«Entrambe le stelle di Eta Carinae emettono potenti flussi chiamati venti stellari», spiega Michael Corcoran, parte del team sempre al Goddard. «Il punto in cui questi venti interferiscono cambia durante il ciclo orbitale, e produce un segnale periodico nei raggi X a bassa energia che stiamo tracciando da più di due decenni».

Il telescopio spaziale a raggi gamma Fermi della NASA osserva ha osservato anche un cambiamento nei raggi gamma – in una sorgente come Eta Carinae, la luce accumula molta più energia dei raggi X. Ma la vista di Fermi non è così acuta come i telescopi a raggi X, quindi gli astronomi non sono riusciti a confermare la connessione.

Per colmare il divario tra il monitoraggio a raggi X a bassa energia e le osservazioni di Fermi, Hamaguchi e i suoi colleghi si sono quindi rivolti a NuSTAR. Lanciato nel 2012, NuSTAR può rilevare raggi X di energia molto maggiore rispetto a qualsiasi telescopio precedente. Utilizzando quindi sia i nuovi dati acquisiti che quelli archiviati, il team ha esaminato le osservazioni NuSTAR tra il marzo 2014 e giugno 2016, insieme alle osservazioni a raggi X a energia più bassa del satellite XMM-Newton dell’Agenzia spaziale europea sempre nello stesso periodo.

Un immagine artistica del telescopio spaziale NuStar della NASA. Crediti: NASA

I raggi X di Eta Carinae a bassa energia, o “morbidi”, provengono dal gas nella zona in cui i venti stellari si scontrano, dove le temperature superano i 40 milioni di gradi Celsius. Ma NuSTAR ha rilevato una sorgente che emette raggi X sopra i 30.000 eV, circa tre volte più potenti di quelli che possono essere spiegati dall’azione delle onde d’urto nei venti in collisione (per confronto, l’energia della luce visibile varia da circa 2 a 3 eV!).

Lo studio, pubblicato lunedì 2 luglio su Nature Astronomy, dimostra che questi raggi “duri” variano con il periodo binario dell’orbita e mostrano un modello di produzione di energia simile a quello dei raggi gamma osservati da Fermi.

Eta Carinae brilla nei raggi X in questa immagine dall’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA. I colori indicano  le diverse energie. Il rosso si estende da 300 a 1.000 elettronvolt (eV), il verde varia da 1.000 a 3.000 eV e il blu da 3.000 a 10.000 eV. Per confronto, l’energia della luce visibile varia da circa 2 a 3 eV. Le osservazioni  di NuSTAR (in verde) rivelano una fonte di raggi X con energie circa tre volte superiori a quelle rilevate da Chandra.  Crediti: NASA/CXC and NASA/JPL-Caltech

La migliore spiegazione sembra essere, sia per l’emissione di raggi X sia per l’emissione di raggi gamma, l’accelerazione di elettroni nelle violente onde d’urto lungo il confine dei venti stellari in collisione. I raggi X rilevati da NuSTAR e i raggi gamma rilevati da Fermi deriverebbero quindi dalla luce stellare a causa di un enorme aumento di energia dovuto all’interazione con questi elettroni.

Alcuni di questi elettroni superveloci, così come accade a qualsasi altra particella accelerata, sfuggono dal sistema e probabilmente alcuni alla fine arrivano fin sulla Terra, dove possono essere rilevati come raggi cosmici.

«Sapevamo da tempo che la regione attorno a Eta Carinae era fonte di emissione in raggi X e raggi gamma ad alta energia», conclude Fiona Harrison, PI di NuSTAR e professoressa di astronomia al Caltech di Pasadena , California. «Ma finché NuSTAR non è stato in grado di darci la direzione della radiazione, dimostrare che proveniva dal sistema binario e permetterci di studiarne le proprietà in dettaglio, l’origine era ancora un mistero». Ora risolto…

Per ulteriori informazioni su NuSTAR, visita:

https://www.nasa.gov/nustar

http://www.nustar.caltech.edu


 

Venere calante con Regolo

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La sera del 9 luglio, volgendo lo sguardo verso l’orizzonte ovest, potremo osservare una bella congiunzione tra il brillante pianeta Venere (mag. –4,1) e la stella alfa della costellazione del Leone, Regolo (mag. +1,4).

I due astri saranno ancora immersi nelle ultime luci del crepuscolo serale, ma sarà comunque facile individuarli, stretti in un abbraccio di poco più di un 1° di separazione (con Venere a nordovest di Regolo).

Di Venere, essendo un pianeta interno (più vicino al Sole di noi), possiamo osservarne le fasi proprio come le vediamo sulla Luna – volendo anche in pieno giorno – questa sera potremmo vederlo in fase calante verso l’Ultimo Quarto (fase 66,9%):

➜ Leggi anche Gobba a levante… Venere crescente!

Altrettanto facile sarà poi riconoscere l’imponente figura del Leone, che ci ha accompagnato nei mesi scorsi e ora è pronta a tuffarsi in verticale sotto l’orizzonte.

➜ Scopri le costellazioni del Cielo di luglio e agosto con la UAI, che questo mese ci porta “a Est di Deneb”

➜ Mentre Stefano Schirinzi ci racconta la costellazione del Drago (I parte)

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Luglio 2018

➜ Non perdere poi i principali passaggi della ISS a luglio di Giuseppe Petricca

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Corso di Astrofisica

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CorsoAstrofisicaGALHassin_2018

CorsoAstrofisicaGALHassin_2018
Con: Corrado Lamberti, Sabrina Masiero, Salvo Massaro, Claudio Zellermayer.
Dal 30 luglio al 3 agosto: presso la Fondazione Gal-Hassin – Centro internazionale per le scienze astronomiche Isnello, Via della Fontana Mitri – Isnello (PA)

Termine ultimo di iscrizione: sabato 14 luglio

Per informazioni: Tel 0921 662890
email: info@galhassin.it
sito web: www.galhassin.it

Unione Astrofili Senesi

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10.08, ore 21:30: Calici di stelle al castello di Montarrenti. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Calici di stelle”.Osservatorio aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata in particolare alle meteore dello sciame delle Perseidi, anche se sarà possibile osservare altri oggetti del cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria.

Il Cielo del Mese. Ogni primo giovedì del mese, ritrovo a Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli”. In caso di tempo incerto verificare al numero 3388861549 (Davide Scutumella).
07.07, ore 22:00: Il Cielo di Luglio.
04.08, ore 21:30: Il Cielo di Agosto.

Il cielo al castello di Montarrenti. Serate osservative ogni secondo e quarto venerdì del mese. Prenotazione obbligatoria.
13.07 e 27.07, ore 22:00: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Giove, Saturno e Marte.
24.08, ore 21:30: Serata dedicata al cielo estivo: protagonisti gli ammassi stellari (sia globulari che aperti) e i pianeti Marte e Saturno.
Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Prima immagine confermata di un pianeta appena nato, catturata dal VLT dell’ESO

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Questa spettacolare immagine catturata dallo strumento SPHERE installato sul VLT (Very Large Telescope) dell'ESO, è la prima fotografia chiara di un pianeta, colto nel momento in cui si sta formando intorno alla stella nana PDS 70. Il pianeta si distingue nitidamente, un punto brillante alla destra del centro dell'immagine oscurato da un coronografo, una maschera che blocca la luce accecante della stella centrale. Crediti: ESO/A. Müller et al.
Questa spettacolare immagine catturata dallo strumento SPHERE installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, è la prima fotografia chiara di un pianeta, colto nel momento in cui si sta formando intorno alla stella nana PDS 70. Il pianeta si distingue nitidamente, un punto brillante alla destra del centro dell’immagine oscurato da un coronografo, una maschera che blocca la luce accecante della stella centrale. Crediti: ESO/A. Müller et al.

Un team di astronomi, con a capo un gruppo del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg, Germania, ha catturato un’istantanea spettacolare della formazione planetaria intorno alla giovane stella nana PDS 70. Usando lo strumento SPHERE installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO – uno dei più potenti cercatori di pianeti in funzione – l’equipe internazionale ha realizzato la prima rilevazione robusta di un giovane pianeta, chiamato PDS 70b, che si sta tracciando un cammino nel materiale stesso da cui si formano i pianeti, intorno alla giovane stella.

L’immagine a colori mostra il cielo intorno alla debole stella nana PDS 70 di colore aranciato (al centro dell’immagine). La stella blu e brillante in alto a destra è χ Centauri. Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2. Acknowledgement: Davide De Martin

Lo strumento SPHERE ha anche permesso di misurare la luminosità del pianeta a diverse lunghezze d’onda, in modo da poterne derivare alcune proprietà dell’atmosfera. Le immagini del disco e del pianeta, e lo spettro del pianeta, sono stati ottenuti nel corso di due programmi di survey chiamati SHINE (SpHere INfrared survey for Exoplanets) e DISK (sphere survey for circumstellar DISK). SHINE mira a catturare l’immagine di 600 giovani stelle vicine nel vicino infrarssso sfruttando l’alto contrasto e la grande risoluzione angolare di SPHERE per scoprire e caratterizzare nuovi esopianeti e sistemi planetari. DISK invece esplora sistemi planetari giovani già noti e i loro dischi circumstellari per studiare le condizioni iniziali della formazione planetaria e l’evoluzione dell’architettura dei pianeti.

Il pianeta si distingue chiaramente nelle nuove osservazioni, visibile come un punto brillante alla destra del centro oscurato dell’immagine. Si trova a circa tre miliardi di chilometri dalla stella centrale, circa la distanza tra Urano e il Sole. L’analisi mostra che PDS 70b è un pianeta gigante gassoso con una massa pari ad alcune volte quella di Giove. La superficie del pianeta raggiunge temperature dell’ordine di 1000°C, rendendolo molto più caldo di qualsiasi pianeta del Sistema Solare.

La regione scura al centro dell’immagine è dovuta a un coronografo, una maschera che blocca la luce accecante della stella centrale e permette così agli astronomi di rilevare il disco, molto più debole, e i compagni planetari. Senza questa maschera, la debole luce del pianeta risulterebbe completamente affogata nell’intensa luce di PDS 70.

«I dischi intorno alle giovani stelle sono i luoghi di nascita dei pianeti, ma finora solo una manciata di osservazioni ha potuto trovarvi tracce di pianeti neonati», spiega Miriam Keppler, alla guida dell’equipe che ha scoperto il pianeta in formazione in PDS 70. «Il problema è che finora la maggior parte dei candidati pianeti avrebbero potuto essere invece solo delle strutture nel disco».

La scoperta del giovane compagno di PDS 70 è un risultato scientifico entusiasmante che ha già motivato nuovi approfondimenti. Un secondo gruppo, che include molti degli astronomi del gruppo che ha realizzato la scoperta, tra cui Keppler, ha continuato le osservazioni iniziali del giovane compagno planetario di PDS 70 in maggior dettaglio. Hanno prodotto la spettacolare immagine mostrata qui, ma sono anche riusciti a ottenere uno spettro del pianeta. Le analisi dello spettro indicano la presenza di nubi nell’atmosefera di PDS 70b.

Il compagno planetario di PDS 70 ha scolpito un disco di transizione – un disco protoplanetario con un gigantesco “buco” al centro. Le lacune interne erano note da decenni e si pensava che fossero prodotte dall’interazione disco-pianeta. Ora possiamo vedere per la prima volta il pianeta.

«I risultati di Keppler ci hanno fornito una nuova finestra sulle prime fasi, complesse e ancora poco chiare, dell’evoluzione planetaria,» commenta André Müller, a capo del secondo gruppo che ha studiato il giovane pianeta. «Dovevamo osservare un pianeta nel disco di una stella giovane per capire chiaramente il processo che porta alla formazione planetaria». Determinando le proprietà fisiche e atmosferiche del pianeta, gli astronomi possono verificare i modelli teorici della formazione dei pianeti.

Sbirciare la nascita di un pianeta avvolta dalla polvere è stato possibile solo grazie alle impressionanti capacità tecnologiche dello strumento SPHERE dell’ESO, che studia esopianeti e dischi intorno a stelle vicine usando una tecnica nota come immagine ad alto contrasto – una vera sfida! Anche se si riesce a bloccare la luce della stella con un coronografo, SPHERE deve comunque usare strategie di osservazione pianificate accuratamente e delicate tecniche di analisi dati per filtrare il segnale molto debole dei pianeti in formazione intorno a giovani stelle brillanti, a lunghezze d’onda ed epoche diverse.

Per estrarre il debole segnale del pianeta da quello della stella brillante vicina, gli astronomi usano un metodo sofisticato che sfrutta la rotazione terrestre. In questo modo osservativo, SPHERE continua a raccogliere immagini della stella su un periodo di parecchie ore, mantenendo lo strumento il più stabile possibile. Di conseguenza, il pianeta sembra ruotare lentamente, modificando la sua posizione sull’immagine rispetto all’alone stellare. Usando algoritimi numerici elaborati, le singole immagini vengono combinate in modo da filtrare tutte le parti dell’immagine che non si muovono durante l’osservazione, come il segnale dalla stella stessa. Così rimane solo quello che apparantemente si muove – rendendo visibile il pianeta.

Tomas Henning, direttore del Max Planck Institute for Astronomy e a capo di questi gruppi di ricerca, riassume così l’avventura scientifica: «Dopo più di un decennio di storzi immani per costruire questa macchina con tecnologia avanzata, ora SPHERE ci permette di raccogliere buoni risultati con la scoperta di pianeti neonati!».

Ulteriori Informazioni

Questo risultato è stato pubblicato in due diversi articoli, intitolati: “Discovery of a planetary-mass companion within the gap of the transition disk around PDS 70” e “Orbital and atmospheric characterization of the planet within the gap of the PDS 70 transition disk”, entrambi pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.


 

Accedemia delle Stelle

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accademiadellestelle5-8 luglio: Vacanze astronomiche in Umbria. In un favoloso B&B (con piscina) e basso inquinamento luminoso; ogni pomeriggio conferenza ogni sera guida al cielo e ossevazioni con un potente telescopio.

20-22 luglio: Scuola di Archeoastronomia. I metodi dell’archeoastronomia. Corso riconosciuto dal MIUR.

A settembre riprendono i Corsi di Astronomia: Astronomia insolita e curiosa. Corso base di astronomia pratica.

Eventi in tutta italia: animeremo serate osservative in tutta Italia. Scopri i nostri appuntamenti alla pagina https://www.accademiadellestelle.org/eventi/

Info: https://www.accademiadellestelle.org
FB: https://www.facebook.com/accademia.dellestelle/

E si parte con i protagonisti del mese di Luglio: Luna e Marte

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Il mese di luglio inizia con una congiunzione in cui i soggetti dell’incontro sono anche i protagonisti principali del mese: la Luna (fase del 93%) e il pianeta Marte (mag. – ,1).

Il teatro dell’incontro è costituito dalla regione centrale della costellazione del Capricorno, area del cielo dominata da Marte in questo periodo. I due astri si troveranno a una distanza di poco meno di 4 gradi, con la Luna posta a nord del Pianeta Rosso.

All’ora indicata i due oggetti raggiungeranno la minima distanza reciproca ma la congiunzione si potrà ammirare già dalle 23:15 del giorno precedente, quando Luna e Marte saranno più bassi sull’orizzonte di est-sudest, consentendo di realizzare fotografie che comprendano elementi del paesaggio.

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➜ La LUNA di luglio e agosto.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a nord del mare Crisium fino al cratere Mercurius

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Il Cielo di Luglio 2018

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 15 Luglio > 01:00; 31 Luglio > 00:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 15 Luglio > 01:00; 31 Luglio > 00:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2018)

Luna

Sole e Pianeti

Quasi allo zenit, si staglieranno invece le sagome inconfondibili dell’Ercole, della Lira, con la bella Vega, e del Cigno, mentre nei pressi dell’orizzonte il meridiano sarà dominato dall’inconfondibile figura del Sagittario, in cui si troverà anche Saturno, e più in alto dall’Aquila. Verso est, intanto, saranno al sorgere Pegaso, con il suo “grande quadrato” stellare e Andromeda.

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IL SOLE

Dopo aver raggiunto, il 21 giugno scorso, il suo punto più alto nel cielo, la nostra principale fonte di luce tornerà a ridurre sempre più la sua declinazione. A metà luglio raggiungerà (alla latitudine di 42° N) un’altezza dall’orizzonte intorno ai +70°. Ancora presto per un aumento sostanziale delle ore utili all’osservazione degli oggetti del cielo profondo, a metà luglio la notte astronomica avrà una durata di poco meno di 5 ore, ma che non si farà attendere per il mese successivo.

COSA OFFRE IL CIELO

Per Mercurio luglio inizia al meglio: sarà facile avvistare il primo pianeta del Sistema Solare nel chiarore del tramonto, sull’orizzonte orientale, su cui sarà comunque piuttosto alto per i primi 20 giorni del mese. Assieme a lui Venere e Giove, ancora ottimamente osservabili, il primo alla sera, e il secondo per tutta la prima parte della notte. Per quanto riguarda Venere non perdete l’interessante articolo di Claudio Pra con il racconto dell’osservazione delle sue fasi (coem sempre disseminato di preziosi consigli):

Gobba a levante… Venere crescente!

Saturno, reduce dall’opposizione del 27 giugno, si trova ancora nel suo momento di migliore osservabilità, e sarà visibile per tutto il mese tutta la notte. Come sempre dettagli e consigli su:

Il Cielo di Luglio e Agosto su Coelum Astronomia 224

Ma i protagonisti del mese di luglio saranno Marte e la Luna!

La Grande Opposizione di Marte e l’Eclissi Totale di Luna

Nei mesi scorsi abbiamo seguito Marte nel suo graduale avvicinamento alla Terra, sempre più grande e luminoso, in luglio questo processo raggiunge il suo massimo, con il raggiungimento dell’opposizione il 27 luglio. Il giorno del massimo avvicinamento sarà invece il 31 luglio. Questa occasione sarà davvero speciale: si tratta infatti di una Grande Opposizione! E come se non bastasse, il 27 luglio Marte sarà anche in congiunzione con una magnifica Eclissi di Luna Totale!

Gli articoli su Marte sono davvero tanti, e disseminati nelle varie sezioni della rivista, dall’attualità alla storia, ai dettagli e consigli osservativi e fotografici, al futuro dell’esplorazione di Marte e del Sistema solare. Per non dimenticare i tanti appuntamenti con associazioni e gruppi astrofili per la sua osservazione! Il punto di partenza perciò sarà la copertina del nostro speciale, ma non fermatevi li e seguite i link 😉

27 luglio: Marte, la Grande Opposizione 2018

LA LUNA

Oltre all’osservazione dell’Eclissi di Luna non mancano poi i consueti consigli per l’osservazione (anche con un semplice binocolo) delle falci di Luna e delle formazioni del nostro satellite naturale a cura di Francesco Badalotti

➜ La LUNA di luglio e agosto.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a nord del mare Crisium fino al cratere Mercurius

Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com.
E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in
PhotoCoelum!

E ancora su Coelum astronomia 224

ISS 2 bianconi

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS a luglio

➜ Comete. La vecchia conoscenza e la giovane promessa

e il Calendario di tutti gli eventi di maggio 2018, giorno per giorno

Da Coelum astronomia 223 non dimentichiamo invece Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Luglio e Agosto su Coelum Astronomia 224

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Hayabusa 2 è giunta a destinazione

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immagine stereoscopica di Ryugu (parallel eyes) Credit: Brian May / Patrick Michel / JAXA
immagine stereoscopica di Ryugu (parallel eyes) Credit: Brian May / Patrick Michel / JAXA

Uno dei primi ad annunciare l’evento è stato Brian May, astrofisico e chitarrista dei Queen (!), che da Milano ha rilanciato la prima immagine stereoscopica di Ryugu (quella che mostriamo in apertura). I due frames sono stati ripresi a soli 13 minuti di distanza e la piccola differenza di prospettiva, dovuta alla rotazione dell’asteroide, fornisce di fatto una immagine in rilievo che però va vista da un occhio allenato o tramite un visore stereoscopico, in modo che l’occhio destro veda l’immagine a destra e viceversa; le due immagini vengono poi combinate dal cervello per restituire la sensazione di profondità. Questa tecnica è detta “parallel eyes” perchè i due occhi puntano in direzioni parallele, come se fissassero un unico oggetto a distanza infinita… siccome però lo schermo è a poche decine di centimetri, ci vuole un certo sforzo (e un pò di allenamento) per costringere gli occhi a mettere a fuoco così vicino senza perdere il suddetto allineamento. Un trucco consiste nell’avvicinarsi molto allo schermo senza sforzarsi di fissarlo ma rilassando lo sguardo come se si guardasse oltre; una volta che le due immagini (sfocate) appaiono sovrapposte, bisogna allontanarsi lentamente cercando di mantenerle allineate, in modo da vedere l’immagine 3D sempre più a fuoco e apprezzarla in pieno). Una diversa tecnica, che personalmente trovo più comoda da usare, è quella del “cross-eyes” in cui le due immagini sono scambiate di posto e vengono guardate incrociando gli occhi come se l’oggetto fosse molto più vicino; qui sotto ho realizzato la versione da usare in questo caso:

Versione “Crossed Eyes” dello stereogramma – Credit: Brian May / Patrick Michel / JAXA – Processing: M. di Lorenzo
credit: JAXA / Processing: M. Di Lorenzo

Qui a destra, la prima immagine ripresa dalla distanza di 20 km e pubblicata su twitter, opportunamente processata per mostrare i minimi dettagli; è stata aggiunta la barra della scala. Assumendo che la scala originale (2,16 m/pixel) non sia stata manomessa, da questa immagine è possibile stimare il diametro polare ed equatoriale: 840 x 880 metri rispettivamente (il secondo dato più incerto a causa della presenza del terminatore e quindi della difficoltà nello stimare la parte mancante). Il grosso cratere poco sopra l’equatore misura circa 110 metri.

Intanto l’istituto Chiba ha annunciato ieri di essere riuscito a fare la prima stima accurata di distanza dall’asteroide utilizzando il laser altimetro e misurando il tempo di andata e ritorno degli impulsi di luce. I primi tentativi erano stati effettuati 4 giorni prima, ma la riflettività dell’asteroide si è rivelata più bassa del previsto e solo ieri si è riusciti a rivelare la luce riflessa (o meglio, diffusa) dalla sua superficie; ne è risultata una distanza di 22,4 km. Secondo la tabella di marcia ufficiale, questa era effettivamente la distanza attorno alle 4 UT (le 6 ora italiana) ma quei tabulati erano stati calcolati prima della misura in questione e potrebbero venire corretti a breve…

La decima e ultima correzione di rotta (TMC-10) è avvenuta alle 0:51 UTC (2:51 ora italiana) ed ha portato la velocità relativa della sonda da 55 cm/s a meno di 1 cm/s, come mostrato nel seguente diagramma tratta dall’ultima press release e presentato anche all’odierna conferenza stampa (entrambe rigorosamente in idioma nipponico):


Infine, qui sotto, i grafici della distanza e della velocità relativa relative all’intera fase di approccio (riportati anche nel Mission Log); a destra anche l’andamento delle dimensioni apparenti dell’asteroide e della scala delle immagini riprese dalla fotocamera telescopica ONC-T. I gradoni orizzontali non sono realistici e derivano da buchi temporali nei tabulati ufficiali di JAXA, presumibilmente dovuti a revisioni sui valori di distanza realmente rilevati, discrepanti rispetto al modello precedente.

Data source: Jaxa – Processing: M. Di Lorenzo

Riferimenti: https://twitter.com/haya2e_jaxa

Leggi anche:

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‘Oumuamua. A forma di sigaro, ma pur sempre una cometa

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Illustrazione di ‘Oumuamua, il primo oggetto interstellare visto passare all’interno del nostro Sistema solare. Crediti: European Southern Observatory/M. Kornmesser.

‘Oumuamua, il corpo a forma di sigaro avvistato per la prima volta lo scorso 19 ottobre dall’osservatorio Haleakala delle Hawaii, l’unico finora noto proveniente da fuori il Sistema solare, dopo un po’ d’incertezza è stato ora catalogato come cometa. Lo sostiene un nuovo studio pubblicato il 27 giugno su Nature.

Questo viandante spaziale è stato infatti oggetto di dibattito fin dalla sua prima osservazione: inizialmente catalogato come una cometa, poi come un esoasteroide a causa delle mancata evidenza di attività tipica delle comete in concomitanza con il passaggio vicino al Sole, e infine come il primo di una nuova categoria di oggetti interstellari, a cui si deve la sua catalogazione sotto la sigla 1I/2017 U1.

‘Oumuamua, che in lingua hawaiana significa “esploratore” o ”messaggero”, è un corpo inusualmente oblungo di circa 800 metri, di colore rosso scuro, dall’origine sconosciuta (ma una ricerca pubblicata nei mesi scorsi ritiene derivi da un sistema di stelle binario), che ha ruzzolato attraverso il sistema solare seguendo una traiettoria iperbolica.

Marco Micheli del Coordination Centre Esa Ssa-Neo di Frascati e i colleghi autori dello studio hanno studiato il moto di ‘Oumuamua nel Sistema solare sulla base di osservazioni fatte sia da terra che dallo spazio.

Le osservazioni hanno mostrato che l’arco lungo il quale l’oggetto ha viaggiato non può essere spiegato esclusivamente dall’attrazione gravitazionale del Sole, dei pianeti o degli asteroidi più grandi. I ricercatori hanno scoperto che parte dell’accelerazione di allontanamento dal Sole deve essere di natura non gravitazionale, dimostrando come tutti i dati astronometrici (ovvero di posizione di ‘Oumuamua) possono essere descritti una volta che la componente non gravitazionale viene inclusa nel modello.

Nell’illustrazione ‘Oumuamua corre verso la periferia del nostro sistema solare. Crediti: NASA / ESA / STScI

Grazie al modello utilizzato, gli autori del nuovo studio hanno anche potuto escludere altre spiegazioni plausibili per il moto non gravitazionale, inclusa la pressione emessa dalla radiazione solare, l’interazione magnetica con il vento solare o gli effetti geometrici originati dalla supposta conformazione di ‘Oumuamua, ovvero di più corpi separati di origine spaziale.

Gli scienziati hanno scoperto che la spinta dei gas emessi dal corpo celeste possono essere una spiegazione fisica coerente del moto di ‘Oumuamua, postulando che esso si comporti come una cometa in miniatura.

Un’ipotesi coerente con i risultati che dimostrano come gli spettri osservati e l’assenza di attività cometaria siano in linea con il corpo di una cometa con un sottile mantello isolante, come già aveva rivelato uno studio pubblicato su Nature Astronomy nel 2017 che ipotizzava come un lungo periodo di esposizione ai raggi cosmici avesse portato alla stratificazione superficiale di materiale organico e isolante, proteggendo il nucleo ghiacciato dalla vaporizzazione che si verifica al passaggio ravvicinato con il Sole. Questo spiega l’assenza di attività cometaria, nonostante ‘Oumuamua ricordi il nucleo di una cometa.

Stabilendo quindi che l’oggetto abbia un corpo ghiacciato, lo scenario dipinto dallo studio eseguito dai ricercatori è in linea con le predizioni che suggeriscono che solo una piccola parte degli oggetti interstellari possono essere asteroidali.

Il fatto che manchi la polvere come solitamente si osserva nelle comete dipende anche da una atipica distribuzione della dimensione dei granelli di polvere, priva di quelli più piccoli, da un basso rapporto polvere-ghiaccio o da una diversa evoluzione superficiale a causa del suo lungo viaggio.

Il paper conclude affermando che, in ogni caso, questi importanti aspetti di natura fisica di ‘Oumuamua non possono ancora essere risolti in maniera conclusiva sulla base delle osservazioni fatte finora; e che osservazioni in sito sarebbero fondamentali per spiegarne l’ambigua natura.

Per saperne di più:

Leggi su Nature l’articolo “Non-gravitational acceleration in the trajectory of 1I/2017 U1 (‘Oumuamua)“, di Marco Micheli, Davide Farnocchia, Karen J. Meech, Marc W. Buie, Olivier R. Hainaut, Dina Prialnik, Norbert Schörghofer, Harold A. Weaver, Paul W. Chodas, Jan T. Kleyna, Robert Weryk, Richard J. Wainscoat, Harald Ebeling, Jacqueline V. Keane, Kenneth C. Chambers, Detlef Koschny e Anastassios E. Petropoulos


 

Marte: così non lo avete mai visto

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Immagine composita con cinque porzioni della superficie marziana riprese dallo strumento CaSSIS. Crediti: Esa/Roscosmos/Cassis/Inaf Padova
Immagine composita con cinque porzioni della superficie marziana riprese dallo strumento CaSSIS. Crediti: Esa/Roscosmos/Cassis/Inaf Padova

Le immagini scattate dallo strumento Colour and Stereo Surface Imaging System (CaSSIS), svelate nel corso di un workshop organizzato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), mostrano il Pianeta rosso in una veste totalmente nuova ed inaugurano l’iniziativa di rilascio di un’immagine inedita a settimana. Saranno immagini in 3D dalle quali si potranno fare analisi morfologiche della superficie marziana.

CaSSIS è una camera realizzata per acquisire immagini ad alta risoluzione di Marte ed è uno degli strumenti a bordo del Trace Gas Orbiter (Tgo) della missione Esa ExoMars 2016, in orbita intorno il Pianeta rosso dall’ottobre del 2016. Progettato sotto la direzione di Nicolas Thomas dell’Università di Berna (Svizzera), CaSSIS è un progetto internazionale realizzato dall’Agenzia spaziale italiana in collaborazione con l’industria italiana, in particolare Leonardo che ha fornito il cuore optronico (piano focale ed elettronica di processamento). Responsabile nazionale del programma è Gabriele Cremonese dell’Istituto nazionale di astrofisica di Padova.

In occasione della Grande Opposizione 2018, sul numero di Coelum astronomia di luglio e agosto tutti i consigli e i dettagli per l\’osservazione. Aprofittando anche di un straordiario evento: il giorno dell\’opposizione infatti Marte sarà anche in congiunzione con una Luna in Eclisse Totale. Come sempre in formato digitale e gratuito, clicca sull’immagine e leggi!

«Le immagini ottenute dalla camera stereo CaSSIS mostrate durante l’evento, sono inedite in termini di risoluzione spaziale e sono – ha commentato Barbara Negri, responsabile dell’Unità esplorazione e osservazione dell’universo dell’Asi – a colori reali, cioè non artificialmente realizzate al computer. Il team scientifico dell’Inaf di Padova ha realizzato un software unico che permette di generare immagini 3D del suolo marziano partendo dall’acquisizione di coppie stereo ottenute dalla camera. Altra qualità unica per lo strumento CaSSIS è l’estensione delle immagini, che è di 10 km perpendicolarmente alla direzione di moto. Il lavoro che sta svolgendo il team scientifico italiano su CaSSIS, dimostra la grande capacità dell’Italia di svolgere un ruolo di leadership nell’analisi dei dati scientifici di Marte».

CaSSIS ha osservato i siti che sono stati identificati come potenziali fonti di gas “traccia”, studiando i processi dinamici di superficie – ad esempio, la sublimazione, i processi di erosione e il vulcanismo – che potrebbero contribuire alla formazione dei gas atmosferici. Lo strumento verrà utilizzato anche per individuare potenziali siti di atterraggio valutando le pendici locali, le rocce e altri possibili pericoli. Grazie ad un meccanismo di rotazione, lo strumento è inoltre in grado di acquisire immagini in configurazione stereoscopica, consentendo così una ricostruzione tridimensionale della superficie del pianeta.

Sempre per la Grande Opposizione 2018, anche due interessantissimi approfondimenti: ripercorriamo i fatti storici di cui Marte è stato testimone durante le sue grandi opposizioni, parallelamente al passato e al presente della sua scoperta e della sua esplorazione, e un secondo articolo sulle sfide da affrontare nel futuro per l’esplorazione di Marte e dello spazio con equipaggio umano.

«La camera sta funzionando molto bene e la quantità di dati di alta qualità che sta producendo è impressionante, in questi giorni abbiamo superato le 1000 immagini acquisite dalla fine del commissioning, incluse le coppie stereo. L’analisi scientifica delle immagini è già iniziata e prevediamo di sottomettere le prime pubblicazioni nelle prossime settimane”, ha specificato Gabriele Cremonese di Inaf».

La camera è a bordo della sonda Tgo in orbita intorno a Marte, parte della missione ExoMars 2016. L’orbiter avrà anche il compito di effettuare le attività di comunicazioni con la Terra durante la missione del 2020, quando sul Pianeta rosso arriverà un rover che avrà il compito di analizzare, tra l’altro, il sottosuolo del pianeta con un drill, capace di perforare fino a due metri di profondità, ideato e realizzato grazie al contributo della ricerca e dall’industria italiana. Per la missione europea di ExoMars l’Italia è prime scientifico e industriale.

Guarda il servizio video sul canale YouTube MediaInaf Tv:


 

#30 giugno Asteroid Day la diretta del GAMP

Il 30 giugno 2018 si svolgerà la quarta edizione dell’Asteroid Day, giornata internazionale per informare l’opinione pubblica sul pericolo di impatto asteroidale e a prevenzione e studio dei NEA.

Per l’occasione è stato organizzata una conferenza presso l’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese, che verrà anche trasmesso in diretta streaming (anche su questa pagina).


Il meeting avrà inizio alle ore 16:00 con un intervento di Paolo Bacci, Responsabile della Sezione Asteroidi dell’UAI, sulla storia e sulla caratterizzazione degli asteroidi; a seguire verrà presentato da 4 studenti un brillante lavoro da loro effettuato presso l’Osservatorio relativo alle curve di luce. Successivamente Domenico Antonacci, Presidente dell’Associazione Cascinese Astrofili, riferirà sullo stato del Progetto A.M.I.C.A. (Asteroid Mitigation, Information and Coordination Activity). Infine Paolo Bacci e Martina Maestripieri presenteranno i risultati ottenuti in questi anni dall’Osservatorio di San Marcello.

Il clou della giornata sarà alle ore 21:15 quando interverranno illustri professionisti del Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa. In particolare il Professor Andrea Milani, uno dei maggiori esperti di meccanica celeste, parlerà del pericolo di impatto asteroidale con il nostro pianeta mentre l’intervento del Professor Giovanni Federico Gronchi sarà focalizzato sulla determinazione delle orbite degli asteroidi e in particolare di quelli vicini alla Terra.

Leggi anche L’osservazione degli ASTEROIDI. Il contributo degli astrofili di Paolo Bacci, scritto proprio in occasione di questo Asteroid Day e pubblicato su Coelum Astronomia di giugno.

Segui la diretta web anche qui e su www.coelum.com


 

Astronomiamo

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astronomiamo

astronomiamo

30.06, ore 19:00: Canale Monterano
27.07: Eclisse al Gilda on the Beach
10.08, ore 22:30: Cielo in PIazza a Supino (FR)

Info: http://www.astronomiamo.it/

#29giugno Asteroid Day 2018 interviste in streaming

«La minaccia da parte degli asteroidi è un problema internazionale che dovrebbe essere affrontato globalmente, interessando ad ogni livello tutte le nazioni coinvolte nell’avventura spaziale: dalle istituzioni educative ai centri di ricerca e alle agenzie spaziali» [Luca Parmitano, astronauta]

L’Asteroid Day è un evento mondiale annuale che si tiene ogni 30 di giugno per ricordare l'evento Tunguska, che ha avuto luogo in Siberia nel 1908, quando un asteroide esplose in atmosfera vaporizzando 2.000 km quadrati di foresta. Le Nazioni Unite hanno proclamato il 30 giugno la Giornata Mondiale dell’Asteroide. L’Asteroid Day mira a sensibilizzare gli abitanti del pianeta dal rischio di un impatto asteroidale cosa può essere fatto per proteggere la Terra, le sue famiglie, le comunità e le generazioni future da un evento catastrofico.

Solamente pochi giorni fa la NASA e la Casa Bianca hanno pubblicato un nuovo rapporto nel quale si discutono le strategie per affrontare in modo efficace il rischio da impatto cosmico. La NASA ritiene che sia necessario produrre uno sforzo al fine di migliorare le capacità della nazione di rilevare, localizzare e caratterizzare gli asteroidi vicini alla Terra. Inoltre, nel documento, si auspica che ci si adoperi al fine di escogitare nuovi modi per deviare un asteroide in rotta di collisione con la Terra e si sollecitano i diversi Paesi ad una cooperazione internazionale, sotto la guida americana, per approfondire le nostre conoscenze sugli asteroidi. Infine, al governo statunitense viene chiesto di elaborare un piano per affrontare l’emergenza, regionale o globale, costituita dal rischio da impatto di un grande asteroide con il nostro pianeta.

E’ l’ulteriore conferma che gli asteroidi incutono preoccupazioni giustificate anche alla nazione più potente di questo pianeta. L’ASTEROID DAY è quindi una giornata importante perché ci ricorda quanto siamo esposti, in modo anche potenzialmente catastrofico, alla caduta di meteoriti, comete ed asteroidi.

In un video intervista ne parlemo con Ettore Perozzi, fisico, si occupa professionalmente di scienze planetarie, missioni spaziali e divulgazione scientifica, Rodolfo Coccioni, Professore Ordinario di Paleontologia e Paleoecologia presso l’Università degli Studi di Urbino, si è più volte occupato, ricoprendo ruoli di prestigio, di geologia, geologia ambientale e Geodinamica, Luca Gasperini è primo ricercatore presso l’Istituto di Scienze Marine del CNR (ISMAR-CNR) e Professore incaricato presso Università di Bologna, svolge le sue ricerche nell’ambito della Geologia/Geofisica Marina in particolare si occupa di metodi geofisici, geologia strutturale, stratigrafia sismica, ricostruzioni geodinamiche, impattologia, Simona Romaniello, responsabile della sezione Education del Planetario di Torino e Daniele Gardiol, Primo Tecnologo presso l’Osservatorio Astrofisico INAF di Torino.

Qui sopra e sul sito Empiricamente, dal 29 giugno sera, troverete il video, condotto da Enrico Bonfante con le interviste in occasione dell’Asteroid Day 2018

Interviste organizzate e gestite da Rodolfo Calanca, Luigi Bignami, Enrico Bonfante e Alan Zamboni.

Siti di riferimento:

EANweb

Associazione culturale Empiricamente

Curiuss

Coelum Astronomia (media partner)

Per contatti:

Rodolfo Calanca, rodolfo.calanca@gmail.com

Enrico Bonfante, enrico.bonfante@gmail.com


 

#29giugno SECCHI DAY – Il pioniere dell’Astrofisica nel bicentenario della nascita in streaming

Per celebrare il bicentenario del padre dell'astrofisica, il Ministero dello sviluppo economico ha emesso un francobollo commemorativo realizzato da Cristina Bruscaglia. È la seconda volta che accade: il Vaticano lo ricordò con una serie di francobolli il 25 giugno 1979 per il centenario della scomparsa.

Quella del 28 giugno (ma qualche storico sostiene che la data corretta è il 29…), è una data importante per l’astrofisica mondiale: due secoli fa nasceva infatti a Reggio Emilia padre Angelo Secchi, uno dei fondatori di una nuova scienza fisica applicata agli astri.
Se volessimo indicare il nome di un fondatore dell’astrofisica, non potremmo fare a meno di proporre proprio il nome di Secchi come il primo nella lista dei pretendenti più accreditati.

Fu un grande studioso del Sole e tra i primi a proporre una divisione in classi degli spettri stellari. I suoi contributi scientifici lo collocano tra i maggiori studiosi del cielo dell’800. Tra l’altro, egli fu un grande osservatore del Sole; lo ricordiamo perché per vide la struttura granulare della fotosfera e seguì con grande precisione l’evoluzione delle macchie solari.

Le sue osservazioni e i suoi studi riguardarono inoltre la morfologia delle protuberanze solari, la descrizione delle “ombre volanti” e della cromosfera che chiamò col termine di “prateria ardente” e i filamenti gassosi che emergevano e si muovevano dal bordo del Sole e che furono da lui chiamati “spicule”, termine che fu poi adottato ufficialmente dall’Unione Astronomica Internazionale. Fino a padre Angelo Secchi si era attribuita scarsa importanza a due fenomeni visibili durante le eclissi totali di Sole: la corona e le protuberanze. Famoso fu il suo trattato: Le Soleil, pubblicato a Parigi nel 1870.

Leggi l’articolo completo su Padre Angelo Secchi: il pionerie dell’astrofisica nel bicentenario della nascita.

Per celebrare il bicentenario del padre dell’astrofisica, il Ministero dello sviluppo economico ha emesso un francobollo commemorativo realizzato da Cristina Bruscaglia. È la seconda volta che accade: il Vaticano lo ricordò con una serie di francobolli il 25 giugno 1979 per il centenario della scomparsa.

Il 29 giugno, in onore di padre Secchi, pubblicheremo alcune interviste fatte alla dottoressa Ileana Chinnici, dell’INAF di Palermo, biografa di Padre Secchi, al professor Massimo Mazzoni, attuale segretario della Società Astronomica Italiana, l’organizzazione figlia di quella Società degli Spettroscopisti Italiani, fondata nel 1871 dallo stesso padre Secchi e da Pietro Tacchini. Seguiranno le interviste ad Alessandro Bianconi e Marco Monaci, che si occupano di osservazioni solari in alta risoluzione e a Fulvio Mete, una dei maggiori esperti italiani di spettroscopia solare.

Qui sopra e sul sito Empiricamente, dal 29 giugno, troverete il video, condotto da Enrico Bonfante con le interviste in onore del bicentenario di padre Angelo Secchi.

Interviste organizzate e gestite da Rodolfo Calanca, Luigi Bignami, Enrico Bonfante e Alan Zamboni.

Siti di riferimento:

EANweb

Associazione culturale Empiricamente

Curiuss

Coelum Astronomia (media partner)

Per contatti:

Rodolfo Calanca, rodolfo.calanca@gmail.com

Enrico Bonfante, enrico.bonfante@gmail.com


SOGNANDO MARTE…
Tra passato, futuro
e la meraviglia dell’osservazione del cielo!

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Luna e Saturno in opposizione

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Appena il cielo si sarà fatto sufficientemente scuro, potremo goderci, guardando verso sudest, una bella congiunzione tra la Luna piena e Saturno nel  momento dell’opposizione al Sole.

Saturno in opposizione

Nelle prime ore della sera sarà possibile osservare e fotografare i due astri in prossimità dell’orizzonte, includendo quindi nell’inquadratura alcuni elementi del paesaggio.
Con il passare delle ore i due guadagneranno altezza, per arrivare al momento di minima distanza, alle ore 4:10 del 28 giugno, momento in cui la Luna passerà a 1,7° a ovest del pianeta.

➜ La LUNA di giugno.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione fra i fra i mari Nectaris e Fecunditatis

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Giugno

E ancora…

➜ Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!

➜ Scopri le costellazioni del Cielo di giugno con la UAI, che questo mese ci porta in viaggio tra gli ammassi globulari nella costellazione di Ercole

➜ Mentre questo mese Stefano Schirinzi ci racconta la costellazione del Corvo


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Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”

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Tutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo.
L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.
23.06, dalle 16:30 alle 18:30: Il Sole fa tic tac – Laboratorio di astronomia per bambini da 6 a 11 anni
La partecipazione è gratuita. Iscrizione è obbligatoria perché i posti sono limitati.
Per info e prenotazioni: didattica@astrofilivicentini.it
27.07, dalle ore 21:00: La notte della luna rossa – Star Party del Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”
Osserveremo l’ECLISSI TOTALE DI LUNA e il tramonto e il sorgere dei pianeti. Per tutta la notte sarà disponibile un buffet gentilmente offerto dai soci.
11.08 dalle ore 21:00 alle 23:30: La notte delle stelle cadenti – Calici di stelle in Osservatorio
Osservazione del cielo dal piazzale del nostro Osservatorio, con i telescopi dei soci. Osserveremo in visuale le meteore, le cosiddette “stelle cadenti”. Durante la serata si potranno degustare ottimi calici di vino e spumante, gentilmente offerti dai soci.
Astrorazzo all’Osservatorio Astrofisico di Asiago
28.08, dalle 9.30 alle 12:30 e dalle 14:40 alle 18:00. I ragazzi dai 6 ai 14 anni potranno costruire il proprio razzo dotato di endoreattore a propellente solido e lanciarlo in tutta sicurezza. I ragazzi devono essere accompagnati da un genitore. Prenotazione obbligatoria entro il 31 luglio, i posti sono limitati.
Info prenotazioni e costi: visite.asiago@oapd.inaf.it. SIT (sportello informazioni turstiche): 0424 462221. In caso di maltempo l’evento verrà rinviato a domenica 2 settembre.

www.astrofilivicentini.it

Il VLT realizza il test finora più preciso della relatività generale di Einstein al di fuori della Via Lattea

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Ecco un'immagine della vicina galassia ESO 325-G004, ottenuta a partire dai dati raccolti dal telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA e dallo strumento MUSE installato sul VLT. MUSE ha misurato la velocità delle stelle di ESO 325-G004 per produrre la mappa della dispersione di velocità che viene sovraimposta all'immagine di Hubble. Conoscere la velocità delle stelle permette agli astronomini di derivare la massa di ESO 325-G004. L'inserto mostra l'anello di Einstein che risulta dalla distorsione della luce proveniente da una sorgente piiù lontana a causa della massa di ESO 325-G004 che si frappone nel cammino della luce. L'anello è visibile dopo la sottrazione dell'immagine della galassia in primo piano che funge da lente gravitazionale. Crediti: ESO, ESA/Hubble, NASA
Lla vicina galassia ESO 325-G004, vista dal telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA e dallo strumento MUSE installato sul VLT. MUSE ha misurato la velocità delle stelle di ESO 325-G004 per produrre la mappa della dispersione di velocità che viene sovraimposta all'immagine di Hubble. L'inserto mostra l'anello di Einstein che risulta dalla distorsione della luce proveniente da una sorgente più lontana a causa della massa di ESO 325-G004 che si frappone nel cammino della luce. L'anello è visibile dopo la sottrazione dell'immagine della galassia in primo piano che funge da lente gravitazionale. Crediti: ESO, ESA/Hubble, NASA

Con lo strumento MUSE installato sul VLT dell’ESO, un’equipe guidata da Thomas Collet, dell’Università di Porthsmouth nel Regno Unito, ha calcolato per la prima volta la massa di ESO 325-G004 misurando i moti delle stelle all’interno di questa vicina galassia ellittica.

Collett spiega: «Abbiamo usato i dati del VLT in Cile per misurare la velocità delle stelle in ESO 325-G004 – e ciò ci ha peremsso di capire quanta massa debba esserci nella galassia per mantenere le stelle in orbita».

Ma l’equipe ha potuto anche misurare un’altro aspetto della gravità. Usando il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA hanno osservato un anello di Einstein prodotto dalla luce di una galassia distante che viene distorta dalla presenza di ESO 325-G004 sulla linea di vista. Osservare l’anello ha permesso agli astronomi di misurare come la luce, e perciò anche lo spazio-tempo, vengono distorti dall’enorme massa di ESO 325-G004.

Questo schema mostra come la luce di una galassia lontana venga deformata dall'effetto gravitazionale di una galassia in primo piano, che si comporta come una lente e fa apparire la galassia distante distorta ma più brillante, andando a comporre caratteristici anelli di luce, noti come anelli di Einstein. L'analisi della distorsione ha rivelato che alcune delle galassie lontane che formano stelle sono brillanti come 40mila miliardi di Soli, amplificate dall'effetto della lente gravitazionale fino a 22 volte. Crediti: ALMA (ESO/NRAO/NAOJ), L. Calçada (ESO), Y. Hezaveh et al.

La teoria delle relatività generale di Einstein prevede che gli oggetti deformino lo spazio-tempo intorno a loro, deflettendo così la luce che passa loro vicino. Ciò risulta in un fenomeno noto come lente gravitazionale. L’effetto è apprezzabile solo per oggetti molto massicci. Si conosce qualche centinaio di lenti gravitazionali forti, ma la maggior parte è troppo lontana per poterne misurare con precisione la massa. In ogni caso la galassia ESO 325-G004 è una delle lenti più vicine, a soli 450 milioni di anni luce dalla Terra

Questa infografica mette a confronto i due metodi usati per misurare la massa della galassia ESO 325-G004. Il primo usa il telescopio VLT (Very Large Telescope) per misurare la velocità delle stelle di ESO 325-G004. Il secondo usa il telescopio spaziale Hubble per osservare un anello di Einstein prodotto dalla luce di una galassia di sfondo che viene piegata e distorta dalla presenza della massa di ESO 325-G004. Confrontando i due metodi si è determinato che la teoria della relatività generale di Einstein funziona su scale extragalattiche - una dimensione in cui non era mai stata messa alla prova. Crediti: ESO, ESA/Hubble, NASA

Collett continua: «Grazie allo strumento MUSE conosciamo la massa della galassia che sta in primo piano e abbiamo misurato la deformazione dovuta alla lente gravitazionale con Hubble. Abbiamo quindi confrontato questi due modi di misurare la forza di gravità – e i risultati sono stati quelli previsti dalla relatività generale, con un’incertezza di solo il 9 percento. È il test più preciso della relatività generale fuori dalla Via Lattea fino a oggi. E tutto questo usando una sola galassia!».

La relatività generale è stata verificata con squisita accuratezza sulla scala del Sistema Solare, mentre i moti delle stelle al centro della Via Lattea sono in corso di studio, ma non c’erano stati in precedenza test accurati su più grandi scale astronomiche. Verificare le proprietà della gravità su grande scala è fondamentale per confermare la validità dei modelli cosmologici correntemente accettati.

I risultati qui riportati potrebbero avere implicazioni importanti per i modelli di gravità alternativi alla relatività generale. Queste teorie alternative prevedono che gli effetti della gravità sulla curvatura dello spazio-tempo dipendano dalla “scala”. Ciò significa che la gravità dovrebbe comportarsi in modo diverso sulle grandi scale astronomiche o sulle scale più piccole come quella del Sistema Solare. Collett e la sua squadra trovano che ciò sia improbabile a meno che le differenze si verifichino solo su scale più grandi di 6000 anni luce.

«L’Universo è un posto fantastico, che ci fornisce queste lenti che possiamo usare come laboratori», aggiunge uno dei membri del team: Bob Nichol dell’Università di Porstmouth. «Dà grande soddisfazione usare i migliori telescopi del mondo per sfidare Einstein, per scoprire alla fine che aveva ragione lui!».

Ulteriori Informazioni

Questo risultato è stato presentato nell’articolo intitolato “A precise extragalactic test of General Relativity” di Collett et al., pubbicato dall rivista Science.


Sempre Giove e Zubenelgenubi al chiaro di Luna

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Nuovo appuntamento, ricorrente in questo periodo, con una bella congiunzione a tre, tra la Luna (fase del’83%), il brillante pianeta Giove (mag. –2,3) e la stella principale della costellazione che ospita l’incontro, la padrona di casa Zubenelgenubi (Alfa Librae, mag. +2,6).

La Luna si troverà a 3,3° a nord di Giove e 3,6° a nordovest della stella, e saranno ancora i giorni buoni per l’osservazione delle sue formazioni, come ci racconta sempre Fransco Badalotti nella sua bella rubrica:

➜ La LUNA di giugno.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione fra i fra i mari Nectaris e Fecunditatis

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Giugno

E ancora…

➜ Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!

➜ Scopri le costellazioni del Cielo di giugno con la UAI, che questo mese ci porta in viaggio tra gli ammassi globulari nella costellazione di Ercole

➜ Mentre questo mese Stefano Schirinzi ci racconta la costellazione del Corvo


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Tana per i barioni mancanti

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Rappresentazione artistica del mezzo intergalattico calo e caldissimo, una miscela di gas con temperature che vanno da centinaia di migliaia di gradi (caldo) a milioni di gradi (caldissimo) che permea l’universo in una struttura simile a una ragnatela filamentosa. Crediti per l’illustrazione e la composizione: ESA / ATG medialab; dati: ESA / XMM-Newton / F. Nicastro et al. 2018; simulazione cosmologica: R. Cen
Rappresentazione artistica del mezzo intergalattico calo e caldissimo, una miscela di gas con temperature che vanno da centinaia di migliaia di gradi (caldo) a milioni di gradi (caldissimo) che permea l’universo in una struttura simile a una ragnatela filamentosa. Crediti per l’illustrazione e la composizione: ESA / ATG medialab; dati: ESA / XMM-Newton / F. Nicastro et al. 2018; simulazione cosmologica: R. Cen

Ci sono voluti circa vent’anni di ricerca, ma alla fine sono stati trovati proprio dove e come la teoria aveva previsto. Stiamo parlando dei barioni mancanti, vale a dire la materia ordinaria, una cui considervole porzione sembra essere scomparsa sotto i nostri occhi negli ultimi dieci miliardi di vita dell’Universo. La scoperta è stata realizzata grazie all’osservazione più lunga mai realizzata di un singolo quasar da parte del telescopio XMM-Newton dell’ESA. Il team internazionale che ha condotto la ricerca, guidato da Fabrizio Nicastro dell’INAF di Roma, ha pubblicato i suoi risultati sull’ultimo numero della rivista Nature.

Sappiamo ormai da decenni che il 30-40 percento dei barioni che ci aspettiamo di trovare nell’Universo locale sfuggono alle osservazioni. I barioni sono ciò che consideriamo materia ordinaria, vale a dire stelle, pianeti, gas, polveri e anche noi stessi. Teoria e osservaziooni indirette di questa materia durante le prime fasi di vita dell’Universo, sono in grado di fornire sia stime di quantità, facendo emergere la considerevole porzione di materia mancante, sia una possibile soluzione a questo rompicapo. Stando ai modelli, infatti, i barioni “sfuggenti” si troverebbero lungo filamenti di gas che collegano tra loro le galassie. Tali filamenti sono formati principalmente da idrogeno ionizzato, e quindi sono molto deboli e difficili da osservare. Grazie all’avvento, circa 20 anni fa, degli osservatori spaziali ai raggi X in grado di effettuare misure spettroscopiche ad alta risoluzione, gli astronomi hanno potuto iniziare ad indagare questo mistero. Nonostante i numerosi sforzi, fino ad ora erano state realizzate rilevazioni non conclusive, con bassa significatività.

La composizione cosmica della materia ordinaria. Crediti: ESA

Per ottenere qualche indizio in più su questa grossa porzione di materia mancante, i ricercatori hanno puntato il telescopio XMM-Newton dell’ESA sul quasar chiamato 1ES 1553+113. Grazie alle osservazioni pianificate dal team tra il 2015 e il 2017, e a una serie di puntamenti precedenti, disponibili in archivio, il set di dati è arrivato a coprire in tutto tre settimane di osservazione continua: l’esposizione più lunga in assoluto su una singola sorgente di quel tipo. L’incredibile mole di informazioni spettroscopiche raccolta si è trasformata in una “radiografia” dettagliata del materiale che si trova tra noi e il quasar. Questo ha permesso ai ricercatori di scoprire una serie di deboli righe di assorbimento dovute alla presenza di enormi quantità di barioni nascosti nel materiale caldo e gassoso che si estende anche per milioni di anni luce tra una galassia e l’altra.

«Le nostre osservazioni, giunte dopo diciotto anni di incessanti tentativi da parte di diversi gruppi di ricerca nel mondo, hanno finalmente individuato la materia ordinaria mancante dell’Universo», dice Fabrizio Nicastro, ricercatore dell’INAF e primo autore dell’articolo. «La materia che abbiamo trovato è esattamente nella posizione e nella quantità predette dalla teoria, quindi possiamo dire di aver risolto uno dei più grandi misteri dell’astrofisica moderna: quella dei barioni mancanti».

Per saperne di più:

  • Leggi sulla rivista Nature l’articolo Observations of the missing baryons in the warm–hot intergalactic medium di F. Nicastro, J. Kaastra, Y. Krongold, S. Borgani, E. Branchini, R. Cen, M. Dadina, C. W. Danforth, M. elvis, F. Fiore, A. Gupta, S. Mathur, D. Mayya, F. Paerels, L. Piro, D. Rosa-Gonzalez, J. Schaye, J. M. Shull, J. Torres-Zafra, N. Wijers e L. Zappacosta

Guarda il servizio video di MediaInaf Tv:



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Astroiniziative UAI – Unione Astrofili Italiani

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Tutti i primi lunedì del mese: UNA COSTELLAZIONE SOPRA DI NOI
Un viaggio deep-sky in diretta web con il Telescopio Remoto UAI – tele #2 ASTRA Telescopi Remoti. Osservazioni con approfondimenti dal vivo ogni mese su una costellazione del periodo. Basta un collegamento internet, anche lento. Con la voce del Vicepresidente UAI, Giorgio Bianciardi
http://telescopioremoto.uai.it

Le campagne nazionali UAI
1-2 giugno Il Cielo a portata di mano. Giornata Nazionale Osservatori Aperti

La giornata italiana nazionale degli osservatori accessibili, collegata al progetto nazionale “Stelle per tutti”, per valorizzare e promuovere la rete di quasi 100 strutture pubbliche, gestite dagli astrofili: una risorsa per la diffusione della cultura scientifica in Italia.
http://divulgazione.uai.it

23 giugno Occhi su Saturno… e su Giove, Venere e Marte!
All’inizio di un’ estate favorevole alle osservazioni planetarie, una serata con tanti eventi in tutta Italia dedicati al pianeta Saturno, il signore degli anelli, e agli altri pianeti osservabili in orario serale. L’evento è promosso dall’Associazione Stellaria in collaborazione con l’UAI
www.occhisusaturno.ithttp://divulgazione.uai.it

I convegni e le iniziative UAI
23-24 giugno
Meeting Corpi Minori UAI

Organizzato dalle Sezioni Asteroidi, Comete e Meteore, presso l’Osservatorio Astronomico “Beppe Forti”, Montelupo (FI), in collaborazione col Gruppo Astrofili di Montelupo.
http://www.uai.it/ricerca.html

La Luna nella Vergine

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Segnaliamo un’altra larga congiunzione tra il nostro satellite (fase del 66%) e la stella alfa della costellazione della Vergine, Spica (mag. +0,95). La Luna passerà a 8,3° a nordovest della stella.

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Gruppo Astrofili Vicentini

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LOGO-ASTROFILITutti i martedì sera, dalle 21:00 alle 23:00, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI): Osservazione pubblica del cielo. L’osservatorio sarà aperto al pubblico. La partecipazione è gratuita e non è necessario prenotare. Durante le aperture al pubblico verranno effettuate anche delle mini conferenze e dei mini corsi i cui contenuti saranno pubblicati di volta in volta sui vari canali social del nostro gruppo e sul Giornale di Vicenza. L’apertura avrà luogo con qualsiasi tempo.

01.06, dalle ore 21:00 per tutta la notte fino al sorgere del sole: La notte bianca – Star Party del Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”, presso l’Osservatorio. Osserveremo il tramonto ed il sorgere di Venere, Giove, Saturno, Marte, Luna e di tutti gli altri corpi celesti. Per tutta la notte sarà disponibile un buffet gentilmente offerto dai soci.

23.06, dalle 16:30 alle 18:30: Il Sole fa tic tac – Laboratorio di astronomia per bambini da 6 a 11 anni, presso l’Osservatorio Astronomico “G. Beltrame” in Via S. Giustina 127 ad Arcugnano (VI). La partecipazione è gratuita. L’iscrizione è obbligatoria perché i posti sono limitati. Per ulteriori informazioni e per le iscrizioni scrivete a didattica@astrofilivicentini.it

Per ulteriori informazioni consultare il sito: http://www.astrofilivicentini.it/

Unione Astrofili Senesi

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Le serate hanno inizio alle ore 22:00.
02.06: Il cielo di giugno. In caso di cielo sereno, come ogni primo sabato del mese, l’appuntamento per i soci e per il pubblico è alle ore 22.00 presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo di questo periodo particolarmente ricco di galassie e con Giove protagonista. In caso di tempo incerto telefonare per conferma a Davide Scutumella 3388861549.

08.06: Il cielo al castello di Montarrenti. Come ogni secondo venerdì del mese, dalle ore 22.00 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo tardo primaverile: bellissimi gruppi di galassie e ammassi (sia globulari che aperti). Sarà visibile anche il pianeta Giove coi satelliti galileiani. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio).

22.06: Il cielo al castello di Montarrenti. Come ogni quarto venerdì del mese, dalle ore 22.00 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo di inizio estate. La luna, coi suoi crateri sarà uno degli oggetti principali d’osservazione, oltre al pianeta Giove e ai tanti tesori di Scorpione e Sagittario. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it, inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio)..

23.06: Occhi su Saturno. Anche quest’anno l’associazione partecipa all’evento nazionale “Occhi su Saturno”.
A partire dalle 22.00 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto ai soci e al pubblico per una serata osservativa dedicata al “signore degli anelli”, che mostrerà oltre alla sua caratteristica principale (appunto, l’anello) anche i suoi satelliti principali. Ingresso libero, senza prenotazione.

Per informazioni, seguiteci sul sito www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Venere nei pressi di M 44, l’ammasso aperto del Presepe

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Torniamo nuovamente nel cuore della costellazione del Cancro: se siamo stati fortunati (soprattutto per via del meteo) abbiamo già avuto modo di osservare l’incontro tra Venere, Luna e M 44 il 16 giugno. Ora, alle ore 22:30 del 19 giugno, l’incontro sarà più intimo, coinvolgendo solo Venere e l’ammasso aperto del Presepe (M 44).

L’intimità non sarà solo dovuta all’incontro a due (non più disturbato dall’ingombrante presenza della Luna), ma anche per la vicinanza dei due soggetti, con Venere che si porterà ad appena 0,8° dal centro dell’ammasso.

Il 19 giugno Venere tramonterà alle ore 23:20 circa e quindi non avremo moltissimo tempo per tentare la fotografia, anche perché il cielo sarà per lungo tempo rischiarato dalle ultime luci del tramonto.

Con pose sufficientemente lunghe da impressionare le stelle di M 44, Venere apparirà certamente “bruciato”, come una chiazza luminosissima, ma non ci sarà alternativa, data la grande differenza di magnitudine tra gli oggetti coinvolti (le stelle di M 44 sono tutte sopra la mag. +6). Possono però tornare utili i consigli di Giorgia Hofer in occasione della congiunzione di Venere con un altro ammasso aperto:  Venere al tramonto con le Pleiadi.

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Lune lontane possono ospitare la vita

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Impressione d’artista di una esoluna potenzialmente abitabile in orbita attorno a un pianeta gigante in un distante sistema solare. Crediti: Nasa Gsfc: Jay Friedlander e Britt Griswold
Impressione d’artista di una esoluna potenzialmente abitabile in orbita attorno a un pianeta gigante in un distante sistema solare. Crediti: Nasa Gsfc: Jay Friedlander e Britt Griswold

Tutti abbiamo sentito parlare della ricerca di vita su altri pianeti, ma se guardassimo anche su altre lune? In un articolo pubblicato due giorni fa, il 13 giugno, su The Astrophysical Journal, i ricercatori dell’Università della California a Riverside (Ucr), e dell’Università del Southern Queensland hanno identificato più di cento pianeti giganti che potrebbero ospitare lune capaci di sostenere la vita. Il loro lavoro guiderà la progettazione di futuri telescopi in grado di rilevare queste lune e cercare segni rivelatori di vita nelle loro atmosfere.

Dal lancio del telescopio Kepler della Nasa nel 2009, gli scienziati hanno identificato migliaia di pianeti al di fuori del nostro sistema solare, detti esopianeti. Uno degli obiettivi principali della missione Kepler è identificare pianeti che si trovano nella zona abitabile della loro stella, dove cioè la temperatura renda possibile la presenza di acqua liquida  e, di conseguenza, sia potenzialmente presente la vita.

I pianeti terrestri, rocciosi, sono i primi obiettivi nella ricerca della vita, perché alcuni di loro potrebbero essere geologicamente e atmosfericamente simili alla Terra. Ma un altro posto in cui guardare è dato dai numerosi pianeti gassosi giganti identificati durante la missione Kepler. Sebbene non siano essi “in prima persona” i candidati alla presenza di vita, i pianeti simili a Giove nella zona abitabile possono ospitare lune rocciose, chiamate esolune, che potrebbero sostenere la vita.

«Sono attualmente conosciute 175 lune che orbitano intorno agli otto pianeti del nostro sistema solare. Sebbene la maggior parte di queste lune orbitino intorno a Saturno e Giove, che sono al di fuori della zona abitabile del Sole, potrebbe non essere così per altri sistemi planetari», afferma Stephen Kane, professore associato di astrofisica planetaria e membro del Centro di astrobiologia delle terre alternative dell’Ucr. «Includere le esolune rocciose nella nostra ricerca della vita nello spazio amplierà notevolmente i luoghi in cui possiamo osservare».

I ricercatori hanno identificato 121 pianeti giganti le cui orbite sono all’interno delle zone abitabili delle loro stelle. Pianeti gassosi così vicini alla propria stella sono meno comuni dei pianeti terrestri, ma si pensa che ciascuno di essi possa ospitare diverse grandi lune.

Gli scienziati hanno ipotizzato che le esolune potrebbero fornire un ambiente favorevole alla vita, forse persino migliore della Terra. Questo perché ricevono energia non solo dalla loro stella, ma anche dalla radiazione riflessa dal pianeta cui orbitano attorno. Attualmente, nessuna esoluna è stata confermata.

«Ora che abbiamo creato un database dei pianeti giganti conosciuti che orbitano nella zona abitabile della loro stella, saranno fatte osservazioni dei migliori candidati a ospitare potenziali esolune, per aiutare a definire le proprietà attese delle esolune. I nostri studi di follow-up aiuteranno a definire il design dei futuri telescopi in modo da poter rilevare queste lune, studiarne le proprietà e cercare segni di vita», dichiara Michelle Hill, studentessa universitaria presso l’Università del Southern Queensland che collabora col gruppo di Kane.

Per saperne di più:


L’Universo attraverso un prisma!
È online Coelum Astronomia di giugno
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Luna e Regolo in seconda serata

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La tarda serata del 18 giugno permetterà di osservare una larga congiunzione tra la stella Regolo (Alfa Leonis, mag. +1,35) e la Luna (fase del 32%). Il nostro satellite passerà a 6,5° a nordest di Regolo.

Ricordiamo anche che questa è una delle due serate migliori per l’osservazione della regione tra i mari Nectaris e Fecunditatis sulla Luna. Approfittatene!

Leggi anche ➜ La LUNA di giugno.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Giugno

E ancora, su Coelum Astronomia 223 di giugno:

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Accademia delle Stelle

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accademiadellestelle-giugno18Giugno: Corsi e conferenze

Il lunedì: Corso di Archeoastronomia: Conferenze di Archeoastronomia e Astronomia Culturale per scoprire le conoscenze astronomiche degli antichi attraverso l’importanza che l’astronomia ha avuto in tutta la storia dell’umanità.

Il giovedì: Corso avanzato: Vedremo insieme argomenti che non vengono trattati di solito nei corsi base di astronomia. Approfondimenti che rivestono un interesse enorme. Non è richiesta alcuna preparazione di base.

5-7 luglio: Vacanza sotto le stelle in Umbria. In un favoloso b&b (con piscina) e basso inquinamento luminoso; ogni pomeriggio conferenze e ogni sera guida al cielo e osservazioni con un potente telescopio.

Per contatti e informazioni: http://www.accademiadellestelle.org

Astrochannel: seminari e coffee-talk

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Una TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

OA Palermo, 31/05/2018 @ 15:30 Angelo Adamo (INAF Palermo), “Prima l’uovo o la gallina? Prima la scienza o la narrazione?”
OA Brera, 05/06/2018 @ 14:00 Chiara Salvaggio (INAF Brera), “NGC 5907 ULX-1: la Stele di Rosetta per decifrare stati di accrescimento estremo nei sistemi binari di sorgenti ultra-luminose in X”
OA Brera, 19/06/2018 @ 14:00 Stefano Sandrelli (INAF Brera), “Che cos’è’ e come funziona l’Ufficio Comunicazione INAF per la Didattica e la Divulgazione”.
Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
Astrochannel è un software di Marco Malaspina – Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

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