Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di marzo consultare il sito del Planetario.
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Saranno questi, se la cometa non avrà proprio deluso del tutto, i momenti migliori per la ripresa fotografica della Pan-STARRS. La cometa supera i +19° di
altezza e tramonta più di due ore dopo il Sole. Ci sarà abbastanza tempo per realizzare delle ottime fotografie.
La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
Una rappresentazione artistica del satellite Planck (ESA)
È la Mappa con la ‘emme’ maiuscola. Quella che i cosmologi di tutto il mondo attendevano impazienti dal 2009, anno del lancio del telescopio spaziale Planck dell’Agenzia Spaziale Europea. Oggi, puntuale, è stata presentata al mondo nel corso di una conferenza stampa internazionale che si è tenuta a Parigi. È il frutto dei primi 15 mesi e mezzo di raccolta dati, il risultato di una perlustrazione dell’intero cielo nelle bande di frequenza da 30 a 857 GHz: quelle dove si annida la radiazione cosmica di fondo a microonde, la luce fossile primigenia, risalente a quando l’universo aveva appena 380.000 anni.
La mappa di Planck dell’Universo a microonde
Nella mappa qui in alto, le anisotropie della radiazione cosmica di fondo (CMB, cosmic microwave background) osservate da Planck. La CMB è l’immagine della luce più antica del nostro Universo, impressa nel cielo quando l’Universo aveva appena 380.000 anni. Mostra lievissime differenze di temperatura, corrispondenti a regioni di densità leggermente diverse fra loro, che rappresentano i semi di tutte le strutture formatesi successivamente: le stelle e le galassie di oggi.
Il press kit con immagini, video, animazioni e documentazione aggiuntiva.
Con pazienza certosina, gli scienziati del team di Planck – molti dei quali italiani – l’hanno distillata dal mare d’impurità che la contaminavano. Il risultato è la mappa più accurata e precisa che mai stia stata prodotta della CMB (Cosmic Microwave Background), la prima luce del cosmo. Nei meandri del suo labirinto si celano non solo i semi originari di tutte le strutture osservabili oggi, dagli ammassi di galassie alle stelle, ma anche i parametri fondamentali dell’universo. Parametri che, se in gran parte confermano il cosiddetto “modello standard della cosmologia”, presentano anche alcune sorprese. E lasciano affiorare domande inedite. Domande che, per ottenere risposta, potrebbero richiedere una nuova fisica.
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Qualcosa è cambiato
Partiamo dunque dalle novità. Anzitutto, l’universo ha da oggi qualche capello bianco in più. Se a WMAP (il satellite NASA predecessore di Planck) aveva dichiarato un’età di circa 13,7 miliardi di anni, ora è costretto ad ammettere di averne 13,82, milione più milione meno. Detta così sembrano gli argomenti di conversazione tra i personaggi di Big Bang Theory, ma in realtà è un numero che a sua volta deriva da un altro parametro d’importanza cruciale: la costante di Hubble. Costante che indica la velocità alla quale l’Universo si sta oggi espandendo, e che i dati di Planck attestano a 67.15: un valore significativamente inferiore rispetto a quello correntemente utilizzato in astronomia.
Un secondo aggiustamento va poi apportato alla ricetta cosmica. Se la natura degli ingredienti continua a rimanere in gran parte oscura, per quanto riguarda le dosi Planck s’è fatto un’idea ben precisa. Cresce, seppure di uno zero virgola, la fetta della materia “normale”, quella di cui sono fatte le stelle e le galassie, che passa dal 4% al 4,9%. Incrementa di un buon quinto il contributo dell’altra materia, quella “oscura”, della quale continuiamo a non sapere alcunché se non che si attesta ora su un ragguardevole 26,8%. Cede invece terreno, pur continuando a farla da padrona, l’energia oscura: i dati di Planck indicano che costituisce il 68,3% dell’universo, dunque meno di quanto si pensava.
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Tre anomalie che il modello non spiega
Ma in fondo questi sono solo ritocchi, per quanto significativi. Diverso il discorso, invece, per i tre principali scostamenti rilevati da Planck rispetto al modello standard: nel loro caso, si tratta di autentiche anomalie. La più sorprendente, del tutto inattesa, riguarda lo spettro di potenza delle fluttuazioni della temperatura della CMB: a grandi scale angolari non corrispondono a quelle previste dal modello standard. Il loro segnale, dicono i dati, è meno intenso di quanto implicherebbe la struttura a scala angolare più piccola osservata da Planck. Sembra molto complicato, e in effetti lo è. Provando a tradurre in un linguaggio a noi più affine, potremmo dire che, ascoltando la sinfonia del cosmo primordiale, Planck s’è accorto che è un po’ carente nei suoni bassi.
Delle altre due anomalie, invece, già si mormorava qualcosa, dunque colgono i cosmologi meno di sorpresa. Una è il cosiddetto cold spot, una regione fredda che si estende su una porzione di cielo molto più ampia del previsto. L’altra è un’asimmetria fra le temperature medie nei due emisferi opposti del cielo, in contrasto con quanto predetto dal modello standard, secondo il quale l’Universo dovrebbe essere grosso modo simile in tutte le direzioni in cui lo osserviamo. Entrambe erano già state notate anche dal predecessore di Planck, la missione WMAP della NASA, ma erano state in gran parte ignorate per i dubbi che permanevano circa le loro origini cosmiche. A questo punto, però, non si possono più nascondere sotto il tappeto. «La rilevazione di queste anomalie da parte di Planck scioglie ogni dubbio circa la loro realtà», dice Paolo Natoli, ricercatore all’Università di Ferrara e associato INAF. «Non è più possibile attribuirle a errori introdotti dalle misure: ci sono davvero. Ora dobbiamo riuscire a spiegarle in modo convincente».
Una conferma stringente dell’inflazione
Per il resto, le informazioni estratte dalla nuova mappa di Planck forniscono, con un’accuratezza mai raggiunta prima, una serie di conferme eccellenti del modello standard. «Una delle più importanti riguarda le fluttuazioni primordiali: quelle da cui si sono formate, nel tempo, le galassie, le stelle e tutte le strutture che osserviamo. Grazie a Planck, oggi sappiamo che quelle fluttuazioni obbediscono con grande precisione a una statistica gaussiana. Questo risultato rappresenta la più stringente conferma dell’inflazione», spiega il responsabile dello strumento LFI di Planck, Nazzareno Mandolesi, membro del CdA dell’Agenzia Spaziale Italiana e associato INAF. «Ora occorre però comprendere che cosa l’abbia messa in moto, pochissimi istanti dopo il Big Bang. «Prendiamo la nuova particella identificata al CERN: se, come sembra, è davvero il bosone di Higgs, essa ha un ruolo fondamentale nel dare una massa a tutte le particelle elementari del modello standard. Ma potrebbe essere anche la misteriosa particella che scatena l’inflazione? Queste sono le domande con le quali una nuova fisica, situata all’intersezione fra cosmologia e fisica fondamentale, dovrà confrontarsi negli anni a venire».
«Le informazioni raccolte da Planck possono essere condensate nel grafico in alto, detto "spettro di potenza". La curva mostra le oscillazioni acustiche primordiali, onde di pressione che hanno generato i semi gravitazionali delle strutture cosmiche. L'asse orizzontale, da sinistra a destra, rappresenta frequenze crescenti mentre l'asse verticale rappresenta l'ampiezza del "suono cosmico"».
In attesa della fisica del futuro, almeno per oggi gli scienziati di Planck possono però concedersi una tregua. «Dopo vent’anni di lavoro e di attesa, è un’emozione straordinaria vedere in diretta l’universo neonato con una definizione senza precedenti. È un po’ come sbarcare per la prima volta su un continente ignoto», dice Marco Bersanelli dell’Università degli Studi di Milano. «Le mappe di Planck portano i segni inequivocabili di processi che sono avvenuti nella prima frazione di secondo dopo l’inizio della storia cosmica, e ci sorprendono con alcune tracce impreviste la cui natura al momento sfugge a qualsiasi spiegazione».
23.03: Convegno dell’Astronomia non professionale piemontese presso l’Osservatorio Astronomico
di Torino – Pino Torinese.
Per dettagli e informazioni: info@gawh.net
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Il 22 marzo l’altezza s’incrementa di poco e la cometa si fa sempre più debole. La coda di polveri è ortogonale all’orizzonte.
La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
Il resto della supernova di Keplero apparsa nel 1604 e ripresa oggi dal telescopio spaziale chandra della NASA nei raggi X. L’area tratteggiata indica la struttura a disco scoperta dai ricercatori. Crediti: NASA/CXC/NCSU/M.Burkey et al.
Il resto della supernova di Keplero apparsa nel 1604 e ripresa oggi dal telescopio spaziale chandra della NASA nei raggi X. L’area tratteggiata indica la struttura a disco scoperta dai ricercatori. Crediti: NASA/CXC/NCSU/M.Burkey et al.
Sono passati più di quattro secoli da quando nel 1604 Keplero identificò un nuovo astro nel cielo, apparso all’improvviso e brillante più di tutte le altre stelle, scomparso poi alla vista dopo alcuni mesi. Quell’evento, inspiegabile all’epoca, era associato all’esplosione di una supernova, l’ultima che sia avvenuta nella nostra Galassia. Un fenomeno che, grazie ai più avanzati strumenti a disposizione degli astrofisici, ha ancora oggi molto da rivelare. Gli ultimi studi condotti su quel che rimane di questa gigantesca esplosione, ovvero una nube di gas e polveri in espansione, condotti con le osservazioni nei raggi X del telescopio spaziale Chandra della NASA hanno INFATTI permesso di ricostruire come si sia prodotta la supernova di Keplero. Secondo Mark Burkley, della North Carolina State University, che ha guidato il team coinvolto nello studio, l’esplosione è stata innescata in un sistema stellare binario in cui un astro era una nana bianca e l’altro una gigante rossa, dando vita a quella che viene chiamata una Supernova di tipo Ia. Viene così confermato uno dei due possibili scenari oggi più accreditati per l’innesco di questi fenomeni, scartando invece la possibilità che l’esplosione sia avvenuta in seguito alla fusione di due nane bianche. “Non possiamo certo dire che sia così per tutte le supernovae di tipo Ia, ma la nostra analisi per quella di Keplero ci fa ritenere che sia stata innescata da una nana bianca che ha strappato materia da una compagna” dice Burkley. “Capire come avvengano queste esplosioni è fondamentale per migliorare i processi per la misura delle distanze cosmiche in cui vengono utilizzati questi oggetti celesti”.
I ricercatori sono giunti a queste conclusioni analizzando le immagini nei raggi X di Chandra in cui si evidenzia una struttura discoidale in prossimità del centro del resto della supernova, interpretata come il risultato della collisione tra il materiale espulso dalla supernova e quello presente attorno alla gigante rossa prima dell’esplosione, anche se non viene esclusa la possibilità che quello osservato possa essere semplicemente il pulviscolo associato all’esplosione. A rafforzare però la convinzione che questo disco sia legato alla compagna della stella esplosa ci sono due ulteriori indizi: il primo è dato dalla presenza in esso di tracce significative di magnesio, elemento chimico che non viene prodotto in maniera così massiccia in un evento di tipo Ia. Il secondo è che una struttura molto simile per estensione e posizione e riconducibile a brandelli di stella espulsi da venti stellari piuttosto che veri e propri resti di supernova sia stata osservata da un altro telescopio spaziale, Spitzer, ma questa volta nell’infrarosso.
Insomma, mistero risolto per l’origine della supernova di Keplero? Tutt’altro. Questo studio rafforza da un lato l’ipotesi che per le supernovae di tipo Ia possano esistere differenti processi d’innesco e dall’altro solleva il dubbio che la stessa supernova presa in esame sia tutt’altro che ‘standard’. Altre simulazioni e analisi di dati raccolti da Chandra suggerirebbero infatti che quella del 1604 è stata un’esplosione di supernova di eccezionale potenza. “Potremmo capire quanto di normale o di anormale ci sia nella supernova di Keplero se potessimo scoprire e analizzare radiazione prodotta nell’esplosione che sia stata riflessa da qualche nube interstellare e che abbia impiegato qualche centinaio di anni per tornare sulla Terra: un’eco di luce” sottolinea Stephen Reynolds, coautore dello studio recentemente pubblicato online sul sito della rivista Astrophysical Journal.
22.03: “Le nostre future destinazioni: le dieci stelle più vicine” di Loris Lazzati.
Dopo le conferenze serali, meteo permettendo, si potranno osservare gli oggetti del cielo con i telescopi del Gruppo.
Per info: Tel. 0341.367584
www.deepspace.it
Il 20 marzo l’altezza s’incrementa di poco e la cometa si fa sempre più debole. La coda di polveri è ortogonale all’orizzonte.
La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
20 Marzo 2013 ore 12:02 – Equinozio di primavera: inizia la primavera astronomica
Il 20 marzo il sole infatti si troverà al Punto Gamma, dove la sua declinazione (e anche l’ascensione retta) sarà esattamente pari a zero. Sorgerà quasi perfettamente a est e tramonterà quasi perfettamente a ovest, con una durata del giorno teoricamente uguale a quella della notte. A complicare le cose contribuiscono in realtà molti altri fattori (ad esempio la rifrazione atmosferica) tanto che alle nostri latitudini la parità si raggiunge in realtà circa tre giorni prima dell’equinozio.
Come è noto, l’equinozio di primavera può cadere solo il 19, 20 o 21 marzo, anche se nel 19° e 20° secolo si è verificato sempre il 20 o il 21. L’ultimo 19 marzo è stato alla fine del diciottesimo secolo e il prossimo sarà solo nel 2044.
Nel 21° secolo poi si è verificato il 21 marzo solo nel 2003 e nel 2007, e la cosa non si è più ripetuta fino al 21 marzo 2102!!
Nella figura una comparazione tra l’arco diurno (il percorso apparente del Sole dovuto alla rotazione terrestre) del Solstizio estivo, degli equinozi e del Solstizio invernale.
Una composizione di immagini da mondi diversi. Crediti composizione: Mike Malaska. Crediti immagini: Asteroide Itokawa (Hayabusa) ISAS/JAXA/Gordan Ugarkovic; Luna (Apollo 17) NASA; Venere (Venera 14) IKI/Don Mitchell/Ted Stryk/Mike Malaska; Marte (Mars Exploration Rover Spirit) NASA/JPL/Cornell/Mike Malaska; Titano (Cassini Huygens) ESA/NASA/JPL/University of Arizona; Terra, Mike Malaska.
Facciamo un gioco: trovare analogie e diversità tra rocce, crateri e altri dettagli di panorami apparentemente simili. In realtà, malgrado le similitudini, quelli che stiamo guardando sono mondi diversi, distanti tra loro milioni di chilometri.
L’immagine di oggi è un montaggio in cui sono state riportate in scala e assemblate le fotografie scattate su diverse superfici planetarie dalle missioni spaziali che le hanno visitate. Un simbolo della lunga collaborazione tra le varie agenzie spaziali e le comunità scientifiche che hanno permesso l’esplorazione contemporanea di corpi diversi del sistema solare. Ma anche una carrellata di mondi solo apparentemente simili ma con storie evolutive molto differenti, che hanno dato vita a condizioni di vita completamente diverse.
Una composizione di immagini da mondi diversi. Crediti composizione: Mike Malaska. Crediti immagini: Asteroide Itokawa (Hayabusa) ISAS/JAXA/Gordan Ugarkovic; Luna (Apollo 17) NASA; Venere (Venera 14) IKI/Don Mitchell/Ted Stryk/Mike Malaska; Marte (Mars Exploration Rover Spirit) NASA/JPL/Cornell/Mike Malaska; Titano (Cassini Huygens) ESA/NASA/JPL/University of Arizona; Terra, Mike Malaska.
L’immagine è stata realizzata dal planetologo Mike Malaska, per conto della americana Planetary Society. Mike ha selezionato alcune immagini storiche dell’esplorazione spaziale, portandole in scala e ordinandole (da sinistra verso destra) per complessità geologica crescente, da un primordiale asteroide fino a uno dei tanti oceani che ricoprono la nostra Terra.
La prima è stata scattata sulla superficie di Itokawa, un piccolo Near Earth Asteroid dalla forma di una nocciolina lunga 600 m e del diametro medio di circa 300 m. Iotokawa ha ospitato la visita della sonda giapponese Hayabusa che lo ha raggiunto nel 2005 dopo un viaggio di oltre due anni, atterrando su di essa e prelevando dei campioni del suolo, successivamente riportati a Terra. Itokawa è il secondo asteroide su cui sia atterrata una sonda, dopo Eros visitato da NEAR nel 2001. Ed è in assoluto il primo da cui si siano riportati a terra dei campioni. La superficie, è quella di un corpo indifferenziato e senza atmosfera, craterizzato da impatti con altri corpi, ma privo degli effetti di fenomeni geologici che ne abbiano potuto modificare la superficie.
Nella seconda immagine, la Luna fotografata nel 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17, l’ultima missione umana realizzata dalla NASA. L’Apollo 17 è allunata a Taurus-Littrow, una valle scelta proprio per analizzare l’altopiano lunare più antico, risalente all’impatto che ha formato il Mare Imbrium e valutare le possibilità di un’attività vulcanica nelle vicinanze. L’immagine racconta la storia di un corpo non modellato da agenti atmosferici e geologicamente poco attivo. Non agendo sulla Luna forze tettoniche, non si vedono tracce di eruzioni vulcaniche o fenomeni sismici ad averne modificato la superficie di recente.
Il terzo panorama è stato realizzato sul suolo di Venere ed è una immagine storica, realizzata dalla missione sovietica Venera 14. Insieme alla sua gemella Venera 13 questa sonda è stata lanciata nel 1981 per atterrare sulla superficie del pianeta e raccogliere dati e preziose immagini resistendo per qualche ora alle terribili condizioni venusiane. A differenza dei corpi precedenti, Venere ha una densissima atmosfera composta principalmente da anidride carbonica che genera una pressione al suolo di 90 volte quella terrestre e un effetto serra tale da comportare tempertaure medie di oltre 400 gradi su tutto il pianeta. Quella che vediamo nell’immagine è una superficie più giovane delle precedenti, figlia dall’intensissima attività vulcanica che ha rimodellato il suolo del pianeta in un passato relativamente recente.
A seguire, Marte, fotografato più recetemente da Spirit, il primo dei due rover gemelli della NASA che dal 2004 hanno inziato a esplorare il pianeta, funzionando contro ogni aspettativa fino al 2011. L’immagine sembrerebbe quella di un deserto di sabbia con rocce stratificate e dai bordi taglienti, dunque poco esposte a processi atomsferici. E se attualmente le condizioni sul pianeta rosso, la sua tenue atmosfera e le condizioni di pressione e temperatura al suolo, rendono impossibile l’esistenza di acqua liquida, gli scienziati sono sempre più convinti che in un passato più o meno lontano questa possa essere esistita ed aver modificato la superficie del pianeta, esattamente come succede oggi per la Terra. E proprio come succede per la Terra, anche Marte ha un clima che risente di stagioni periodiche, un’intensa attività vulcanica e alcuni indizi suggeriscono che nella sua storia sia esistita attivita tettonica.
La penultima immagine è l’orizzonte di Titano, fotografato dalla sonda europea Huygens nel 2005, alla fine della sua avventurosa discesa nell’atmosfera della Luna di Saturno. Qui, il panorama potrebbe sembrare terrestre, con rocce arrotondate, levigate da processi atmosferici simili a quelli del nostro pianeta. I dati raccolti dagli strumenti ancora funzionanti sulla Cassini-Huygens parlano di una luna con una atmosfera di azoto, metano e idrocarburi dove esiste un ciclo del metano che alimenta i laghi che si trovano sulla sua superficie, in tutto e per tutto simile a quello terrestre dell’acqua.
Acqua protagonista dell’ultima immagine, decisamente terrestre, uno dei tanti oceani che ricoprono oltre il 70% del nostro pianeta. Una delle possibili conclusioni di una serie di processi evolutivi, che in presenza di alcune fortuite e quasi miracolose condizioni (definite da quella che si chiama “zona abitabile” del pianeta) può portare, in alcuni rari casi, alla nascita della vita.
La Giuria scientifica della settima edizione del Premio Galileo, presieduta per il 2013 da Paco Lanciano, ha selezionato lo scorso gennaio la cinquina finalista delle opere da sottoporre al giudizio della Giuria popolare, formata da circa 2.500 studenti delle IV superiori di tutte le Province italiane:
Massimo Bucciantini, Michele Camerota, Franco Giudice con “Il telescopio di Galileo”, 2012 Einaudi;
Sergio Pistoi con “Il DNA incontra Facebook – Viaggio nel supermarket della genetica”, 2012 Marsilio;
Frank Close con “Neutrino”, 2012 Raffaello Cortina;
Sam Kean con “Il cucchiaino scomparso e altre storie della tavola periodica degli elementi”, 2012 Adelphi;
Giorgio Vallortigara con “La mente che scodinzola”, 2012 Mondadori.
La premiazione dell’opera vincitrice, selezionata tra la cinquina finalista da una giuria popolare, formata da studenti di 110 istituti superiori di altrettante province italiane, si svolgerà giovedì 9 maggio 2013 presso il Centro Altinate/San Gaetano, via Altinate, 71.
Incontri con gli autori finalisti Centro culturale Altinate/San Gaetano, via Altinate, 71 – Padova
I cinque finalisti del Premio letterario Galileo presentano le loro opere durante un ciclo di incontri. Gli appuntamenti serali sono aperti a tutta la cittadinanza, mentre quelli che si svolgono di mattina sono dedicati alle scuole.
martedì 9 aprile, ore 21:00 e mercoledì 10 aprile, ore 10:30 Incontro con Frank Close, autore di “Neutrino”
martedì 16 aprile, ore 21:00 e mercoledì 17 aprile, ore 9:30
Incontro con Giorgio Vallortigara, autore di “La mente che scodinzola”
mercoledì 24 aprile, ore 11:30 e ore 21:00
Incontro con Sergio Pistoi, autore di “Il DNA incontra Facebook – Viaggio nel supermarket della genetica”
lunedì 29 aprile, ore 11:30 e ore 21:00 Incontro con Massimo Bucciantini, Michele Camerota e Franco Giudice, autori di “Il telescopio di Galileo”
martedì 7 maggio, ore 11:30 e ore 21:00 Incontro con Sam Kean, autore di “Il cucchiaino scomparso”
Di seguito le schede dei cinque libri in concorso. Invitiamo tutti i lettori a leggerli e ad esprimere la propria opinione.
La sera del 18 marzo la Pan raggiungerà i +18° di altezza. Luminosità ed estensione saranno in calo, ma la cometa tramonterà circa un’ora e trequarti dopo il Sole. Ci sarà quindi la concreta possibilità (ora consigliata: le 19:00) di vederla e di riprenderla su uno sfondo di cielo scuro.
La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di marzo consultare il sito del Planetario.
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 049.773677
info@planetariopadova.it
www.planetariopadova.it
Incontro e Osservazione in occasione del passaggio della Cometa Panstarrs L4 C/2011.
Programma della serata.
L’associazione culturale “La Bottega dei Mondi Impossibili”, con il patrocinio del Comune di Noci e della Unione Astrofili Italiani, in occasione del prossimo passaggio al perielio della Cometa Panstarrs L4 C/2011 propone una serata a tema incentrata sulle comete, queste magnifiche vagabonde del nostro sistema solare.
L’evento avrà luogo presso la “Dimora Albireo”, antico casolare in pietra situato nella campagna nocese, in un’incantevole cornice di muretti a secco, ulivi e frutteti.
La serata comincerà alle ore 16,30 con un seminario dal titolo “Le Comete: un tuffo verso il nostro Sole” tenuto dal Dottore in Astronomia Alessandro Schillaci dell’Università di Roma “La Sapienza”. Nel seminario verrà spiegato con un linguaggio semplice e diretto cosa sono le Comete, la loro origine e il loro ruolo all’interno del nostro Sistema Solare.
Al termine del seminario un ricco buffet di prodotti tipici Nocesi accompagnerà i visitatori verso le osservazioni dirette del cielo, dove potremo ammirare la Cometa Panstarrs L4 C/2011 novella visitatrice del Sistema Solare interno. Le osservazioni verranno condotte con un telescopio automatizzato da 280mm di apertura in configurazione Schmidt Cassengrain. Una volta tramontata la cometa ci sarà l’occasione di sfruttare la potente strumentazione a disposizione per l’osservazione dei più evidenti oggetti astronomici del cielo invernale, tra cui la famosa Nebulosa di Orione, i numerosi Ammassi Aperti visibili, il pianeta Giove e la Luna in fase crescente.
Il costo della serata è di 20 euro, ridotto a 10 euro per i bambini fino a 12 anni e soci UAI tessera muniti.
6° FIERA
della scienza
della tecnica
dell’astronomia
delle scienze naturali e
degli strumenti scientifici
L’edizione 2013 di SCIENZA & NATURA EXPO sarà dedicata in gran parte all’Astronomia con la presenza di stand commerciali e conferenze a tema. Come tradizione saranno presenti spazi dedicati alla Biologia ed alle Biotecnologie, alla Microscopia, ai Fossili e ai Minerali, alla Micologia, ecc.
Prossimamente maggiori dettagli e il programma completo degli eventi collaterali.
Per informazioni: Tel. 02/75.62.711
scienzanatura@parcoesposizioninovegro.it
www.parcoesposizioninovegro.it
Ad aprire (e a chiudere) la scarna lista dei fenomeni celesti di marzo sarà l’ennesima congiunzione tra Luna e Giove la sera del 17 nel contesto spettacolare dell’ammasso delle Iadi, con i due oggetti che raggiungeranno la minima distanza angolare.
Il 16 marzo con la cometa alta quasi +17° sullo stesso azimut del Sole, la coda di ioni dovrebbe apparire quasi esattamente ortogonale all’orizzonte.
La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
In queste immagini, il procedimento seguito per ottenere gli spettri. (i) il telescopio punta la stella: si può notare l’ombra del coronografo; (ii) viene attivato il sistema di ottica adattiva: l’immagine diventa molto più nitida; (iii) la stella viene occultata dal coronografo e si dà inizio a un’esposizione di 5 minuti; (iv) viene calibrato il sensore di fronte d’onda, che permette la rimozione degli effetti dovuti a difetti delle ottiche; (v) i dati vengono processati da un algoritmo sviluppato ad hoc, ed emergono chiaramente i quattro pianeti.
Non solo li hanno visti: ne hanno pure catturato la firma chimica. Ed è una firma che lascia sbalorditi. Oggetto di quest’impresa notevole, i cui risultati sono usciti sull’ultimo numero di The Astrophysical Journal, è il sistema planetario in orbita attorno a HR 8799, una stella a 128 anni luce dalla Terra. Di pianeti extrasolari e di sistemi planetari se ne conoscono a centinaia, ma nella maggior parte dei casi ciò che di essi è possibile osservare è solo un’ombra, un effetto indiretto: come l’occultazione della stella ospite, o le perturbazioni gravitazionali che essa subisce. A maggior ragione, dunque, quest’osservazione ha una portata storica: per la prima volta non solo sono stati osservati direttamente quattro pianeti, ma si sono pure ottenuti i loro spettri. Tutto in un colpo solo.
In queste immagini, il procedimento seguito per ottenere gli spettri. (i) il telescopio punta la stella: si può notare l’ombra del coronografo; (ii) viene attivato il sistema di ottica adattiva: l’immagine diventa molto più nitida; (iii) la stella viene occultata dal coronografo e si dà inizio a un’esposizione di 5 minuti; (iv) viene calibrato il sensore di fronte d’onda, che permette la rimozione degli effetti dovuti a difetti delle ottiche; (v) i dati vengono processati da un algoritmo sviluppato ad hoc, ed emergono chiaramente i quattro pianeti.
Per ottenerli, gli astronomi hanno fatto ricorso a una suite di strumenti e software, battezzata Project 1640, installata sul telescopio Hale, in California, al Palomar Observatory. Una suite composta, anzitutto, da un sistema di ottica adattiva avanzatissimo, capace di correggere milioni di volte al secondo le aberrazioni introdotte dalla turbolenza dell’atmosfera terrestre. Poi un coronografo, in grado di rimuovere con precisione l’accecante luce della stella madre, da 1 a 10 milioni di volte più intensa di quella dei pianeti. Ancora, uno spettrografo che sforna immagini al ritmo di 30 al secondo. E, infine, un sensore di fronte d’onda.
Ma cosa ci dicono, gli spettri così ottenuti? In breve, che là fuori la natura mostra una varietà inaspettata: un apparente squilibrio chimico tale da rimettere in discussione cos’è normale e cosa no. Ammoniaca e metano, per esempio: ci si attendeva che le due molecole, in mondi dalle temperature non troppo estreme, tendessero a convivere, seppure in proporzioni variabili. E invece è saltato fuori che nei quattro pianeti attorno a HR 8799 può esserci anche solo l’una o solo l’altro. Questo nonostante la temperatura media sia, almeno secondo gli standard astronomici, relativamente tiepida: di poco superiore ai 700 gradi. C’è poi dell’anidride carbonica, e fin qui nulla d’anomalo, ma anche dell’acetilene: una molecola mai osservata prima in un pianeta extrasolare.
«Sono risultati molto strani», conferma il primo autore dell’articolo, Ben Oppenheimer, dell’American Museum of Natural History. «Questi pianeti caldi e “rossi” sono diversi da qualsiasi altro oggetto dell’universo conosciuto. Tutti e quattro hanno spettri diversi fra loro, e tutti e quattro mostrano peculiarità. Insomma, i teorici avranno parecchio da lavorare».
Provando a riassumerlo schematicamente, ecco l’insolito quartetto che s’è parato innanzi a Oppenheimer e colleghi: assegnando ai quattro pianeti le lettere da ‘b’ a ‘e’, come fanno gli astronomi, risulta che ‘b’ sembra aver tutto fuorché il metano, a ‘c’ mancano sia il metano sia l’anidride carbonica, a ‘d’ difetta invece l’ammoniaca mentre ad ‘e’ mancano ammoniaca e metano. In compenso, sembra che su tutti ci sia un cielo almeno parzialmente nuvoloso, come si deduce dall’abbondanza della componente “rossa” negli spettri. E per fortuna, verrebbe da dire, visto che la stella ospite, HR 8799, oltre a esibire un comportamento quanto mai ballerino (la sua luminosità varia dell’8% in appena due giorni), emette raggi ultravioletti in quantità mille volte superiore al Sole.
Una buona crema protettiva, in ogni caso, non basterebbe, spiega Ian Parry, della Cambridge University, fra i coautori dell’articolo: «Dagli spettri si deduce chiaramente che questi quattro mondi sono troppo tossici e troppo caldi per ospitare la vita come noi la conosciamo. Ma la cosa veramente interessante sono le prospettive delle tecniche che abbiamo sviluppato: tecniche che un giorno saranno in grado di offrirci la prima prova certa dell’esistenza della vita su un pianeta al di fuori del sistema solare».
In Italia operano decine di planetari. Ecco alcune delle strutture esistenti nel nostro Paese: Amelia (Terni), Bedonia (Parma), Bologna, Brembate di Sopra (Bergamo), Cagliari, Caserta, Catania, Crespano del Grappa (Treviso), Crotone, Ferrara, Firenze, Foligno, Genova, Lecco, Livorno, Lumezzane (Brescia), Marina di Carrara, Milano, Mira (Venezia), Modena, Napoli (Città della Scienza), Nus (Aosta), Padova, Perugia, Pisa, Prato, Ravenna, Roma (Museo della Civiltà Romana), Reggio Calabria, Rocca di Cave (Roma), Roccapalumba (Palermo), Rovigo, Saltara (Pesaro-Urbino), San Giovanni in Persicelo (Bologna), Torino (Osservatorio di Pino Torinese), Trento, Treviso, Trieste, Valmontone (Roma) e Venezia Lido.
L’elenco completo dei planetari lo si può richiedere all’Associazione dei Planetari Italiani (PLANIT), che ha sede a Lumezzane (Brescia), presso il Centro studi e ricerche Serafino Zani (tel. 030/872164).
www.planetari.org
Il 13 marzo, in diretta dal Cile, è stato possibile assistere in streaming all’inaugurazione di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), il progetto astronomico più grande del mondo nelle Ande cilene, celebrando così il suo passaggio da progetto in fase di costruzione ad osservatorio completamente funzionante.
Di seguito un video con i momenti salienti della cerimonia e degli eventi correlati.
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ALMA è un radiointerferometro astronomico all’avanguardia, che comprende uno schieramento di 66 radiotelescopi da 12 e 7 metri che osservano alle lunghezze d’onda millimetriche e sub-millimetriche. E’ stato costruito sul plateau di Chajnantor a 5000 metri di altitudine nel deserto di Atacama, nel Cile settentrionale. ALMA offrirà la possibilità di studiare la nascita delle stelle nell’universo primordiale e di ottenere immagini dettagliate della formazione delle stelle e dei pianeti nell’universo locale.
Tra gli oratori all’inaugurazione, ci saranno: il Direttore di ALMA, Thijs de Graauw, lo Scienziato Capo del progetto, Ryohei Kawabe, il Professor Ewine van Dishoeck dell’Università di Laiden e precedente Board Member di ALMA, e il Capo del Dipartimento di Ingegneria, Michael Thorburn.
Un nuovo collegamento dal Cile con ALMA è in programma durante la fiera Scienza&Natura (Speciale Astronomia) che si terrà il 6/7 aprile al Parco Esposizioni di Novegro (Milano).
Non perdetevelo! Vi aspettiamo in Fiera con eventi per grandi e piccini!
Indice dei contenuti
Video Credit:
ALMA (ESO/NAOJ/NRAO). Editing: Martin Kornmesser and Herbert Zodet. Web and technical support: Mathias André and Raquel Yumi Shida. Written by: Javier Perez Barbuzano and Herbert Zodet. Narration: Sara Mendes da Costa. Music: John Stanford (johnstanfordmusic.com). Footage and photos: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)/NRAO/General Dynamics C4 Systems, ESO, Christoph Malin (christophmalin.com), L. Calçada, M. Kornmesser, the NASA/ESA Hubble Space Telescope. Directed by: Herbert Zodet. Executive producer: Lars Lindberg Christensen.)
Dal grafico in alto (aggiornato all'11 marzo) la cometa sembra essere stata osservata di magniutine 0! Uscendo dall'andamento previsto in base alle osservazioni delle ultime settimane (linea rossa) e riavvicinandosi alle previsioni più ottimistiche ottenute dalle prime osservazioni. Sembrerebbe diretta verso la magnitudine -1 promessa dalle migliori aspettative. Continuiamo quindi a seguirla... meteo italiano permettendo...
ULTIMO AGGIORNAMENTO
BUONE NOTIZIE! Le ultime osservazioni della cometa fanno ben sperare; il grafico a destra infatti (aggiornato all’11 marzo) riporta gli ultimi dati sulla luminosità della cometa che sembra essere arrivata alla magnitudine 0! Pare quindi uscita dal modesto andamento delle ultime settimane (linea rossa) per riavvicinarsi alle più ottimistiche previsioni iniziali (linea verde). E non solo, sembrerebbe addirittura orientata a raggiungere la magnitudine negativa delle migliori aspettative! Continuiamo quindi a seguirla!
…meteo italiano permettendo…
Il 14 marzo l’altezza supererà di poco i +15° e con un pizzico di ottimismo si potrà sperare di riuscire a vedere anche la coda di ioni.
La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala), con il cielo quindi ancora quasi chiaro.
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
15.03:“Il cielo all’equinozio di primavera” a cura di Gianpietro Ferrario.
Dopo le conferenza, meteo permettendo, si potranno osservare gli oggetti del cielo con i telescopi del Gruppo. Per info: Tel. 0341 367 584
www.deepspace.it
SKYLAUNCH – Ogni secondo giovedì del mese.
Partiremo a bordo dei razzi che hanno dato il via alle principali missioni di esplorazione del Sistema Solare ripercorrendone il lancio, fino alle scoperte, con Stefano Capretti.
15.03, Da marzo ad settembre 15 serate di apertura al pubblico dell’Osservatorio Astronomico Felsina.
Associazione Astrofili Bolognesi Osservatorio Astronomico Felsina – Monte San Pietro (Bologna)
www.associazioneastrofilibolognesi.it/
www.uai.it
Dione in una recente immagine della Cassini-Huygens. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
A guardarla distrattamente sembrerebbe una copia meno butterata della nostra Luna. Non ha i continenti di Titano, non sono visibili gli sbuffi dei geyser di Encelado, non è bicolore, rossiccia e bianca, come Giapeto. A prima vista, Dione potrebbe sembrare una delle meno curiose tra le tante lune di Saturno. Eppure le immagini della sonda Cassini Huygens ci mostrano un mondo in parte segnato da dirupi di ghiaccio e con una superficie dalla doppia natura, frutto di una storia geologica ancora tutta da capire.
Dione in una recente immagine della Cassini-Huygens. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute
Il ritratto di oggi è uno dei più recenti realizzati dalla missione Cassini-Huygens con la Narrow Angle Camera il 23 Dicembre scorso, quando la sonda si trovava a poco meno di 250.000 Km dalla luna. L’immagine è nel visibile e la sua risoluzione è di 1,5 Km per ogni pixel (si consiglia di vedere l’immagine nel formato ad alta risoluzione). Nell’inquadratura, il polo nord della luna si trova in alto e ruotato di 39 gradi a sinistra e l’immagine è centrata in modo da evidenziare uno dei fenomeni più peculiari di Dione (55 gradi di latitudine e 85 gradi di longitudine ovest).
A catturare l’attenzione sono le fratture sottili e brillanti che percorrono gran parte della superficie della luna (vedi la parte illuminata verso la destra del disco). La loro misteriosa esistenza era già stata rivelata dalle prime immagini delle camere delle missioni Voyager nel 1980. Oggi si pensa che queste fratture luminose siano delle strutture geologicamente giovani, delle rupi scoscese che tagliano come enormi canyon la superficie di Dione, esponendo alla luce il materiale ghiacciato e luminoso della crosta. In molti punti, questi diurpi si sovrappongono ai pochi e piccoli crateri presenti, rivelando dunque una loro formazione più recente (vedi più in basso o a questo link una immagine più dettagliata di queste strutture che ricoprono la superficie di Dione).
Un close-up della superficie di Dione. Crediti: NASA/JPL/Space Science Institute
Una seconda caratteristica della luna, meno evidente da questo ritratto, è il fatto che Dione sia un corpo celeste dalla doppia anima. Nella parte poco illuminata e poco visibile del disco, si indovina infatti una diversa superficie della luna, coperta di crateri in numero e di dimensioni ben superiori a quelli visibili nella parte illuminata dell’immagine.
Per essere spiegata, questa caratteristica necessita di un minimo di conoscenza della dinamica del satellite di Saturno. Dione ruota in modo sincrono intorno a Saturo presentando al pianeta sempre la stessa faccia, e la sua superficie mostra una chiara distinzione tra i due emisferi: quello anteriore (nella direzione del moto) e quello posteriore (nella direzione contraria). Se l’emisfero anteriore, come abbiamo visto, è coperto da una rete di brillanti e sottili striature su sfondo scuro e da crateri di dimensioni limitate, al contrario l’emisfero posteriore è ricoperto da crateri di dimensioni ben più grandi (si contano crateri più grandi di 100 Km, assenti sull’altro emisfero).
Una differenza, questa, in netta opposizione con quanto predetto dalla teoria che, in modo intuitivo, propenderebbe per una craterizzazione piu evidente della faccia nella direzione del moto e che, per essere spiegata, prevede forti sconvolgimenti nel passato di questa misteriosa luna di Saturno.
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Milano 6-7 aprile 2013 Parco Esposizioni di Novegro (MI)
Pad. D Stand 73 e 76
Coelum Astronomia, rivista scientifica da 15 anni in Italia punto di riferimento per chi ama l’astronomia,
VI INVITA a partecipare alla fiera Scienza&Natura che si terrà il prossimo 6-7 aprile presso il parco esposizioni di Novegro, Milano.
In questa sesta edizione “Speciale Astronomia” sono molti gli eventi culturali in programma adatti a grandi e piccini!
Dal collegamento con l’ESO del Cile, alle conferenze, al planetario FULL DOME…
Inoltre spettacoli e osservazioni al telescopio, anche in notturna!
Il 12 marzo la cometa si avvicinerà ai +15° di altezza, e dopo una mezz’ora dal tramonto del Sole potrebbe rendersi visibile.
L’angolo tra coda e linea dell’orizzonte starà intanto lentamente aumentando. La figura illustra la posizione della cometa al momento del tramonto del Sole (situato in corrispondenza del dischetto giallo, non in scala).
Aspettavamo questa “grande cometa” da mesi, e adesso, proprio in dirittura, sembra che ci ritroveremo ad osservare soltanto una bella cometa, però incapace di avere la meglio sulla luce del crepuscolo… Sarà proprio così? O per una volta l’astronomo resterà doppiamente sorpreso?
Nell’incertezza, abbiamo comunque deciso di fare finta di niente, e di mettere in cantiere lo stesso articolo che avevamo in mente quando le notizie “infauste” sul dimagrimento della Pan-STARRS non erano ancora arrivate. Un articolo doppio, per la precisione, con la prima parte dedicata all’osservazione visuale e la seconda a quella fotografica. Mal che vada avremo fatto esperienza per l’arrivo di fine anno della ISON…
Continuate a seguire con noi l’evoluzione della Pan-STARRS attraverso gli aggiornamenti, le immagini e i dettagli che pubblicheremo, quasi giorno per giorno, proprio dal 7 marzo in poi nella sezione Cielo del mese oppure, assieme ad articoli di approfondimento e interviste agli esperti a cura di Claudio Pra e Marco Bastoni, su Coelum 168 di marzo ora in edicola e in versione digitale online.
Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di marzo consultare il sito del Planetario.
Per informazioni e prenotazioni: Tel. 049.773677
info@planetariopadova.it
www.planetariopadova.it
Ormai giunto alla sesta edizione, il corso di astronomia amatoriale, proposto dal Gruppo Astrofili Groane, è stato rivisto e ampliato sulla base delle esperienze degli anni scorsi. Pensato per i neofiti che vogliono avvicinarsi all’astronomia, fornisce le basi essenziali per l’orientamento nella volta celeste, la conoscenza di base dei fenomeni astronomici e la cognizione necessaria per l’utilizzo degli strumenti per le osservazioni astronomiche. In questa nuova edizione e’ stata ampliata la parte che riguarda un approccio amatoriale alle basi dell’astrofisica e l’astronautica.
Gli incontri, della durata di circa 1 h e mezza, in orario serale (dalle 21:00), avranno luogo presso la Sede di via Monte Rosa 8/A in Garbagnate Mil.se.
Giovedì 14 marzo 2013: “L’ambiente celeste e il sistema solare”
Verranno trattati i sistemi di riferimento e le coordinate celesti. L’orientamento in cielo e riconoscimento delle principali costellazioni, il sistema solare e gli elementi che ne fanno parte.
Giovedì 21 marzo 2013: “Stelle e profondo cielo”
Introduzione all’universo, e spiegazione dei principali oggetti che ne fanno parte: Galassie, Stelle, nebulose.
Giovedì 04 aprile 2013: “Un po’ di cosmologia”
Principi cosmologici di omogeneità e isotropia, la misura dell’universo. Le leggi di Newton, relatività generale e i buchi neri.
Giovedì 11 aprile 2013: “L’occhio vuole la sua parte”
Introduzione al funzionamento e al corretto uso dei vari tipi di telescopi disponibili sul mercato del settore amatoriale.
Giovedì 18 aprile 2013: “E quindi uscimmo a riveder le stelle”
Applicazione pratica dell’uso del telescopio: serata guidata di osservazione all’aperto con gli strumenti messi a disposizione dal G.A.G. (Presso sede Parco Groane).
Giovedì 9 maggio 2013: “Astronautica: la storia infinita della conquista”
Partendo dagli albori dei primi progetti, che hanno portato lʼuomo a vedere il pianeta Terra dallo spazio, passando alla conquista della Luna fino alle recenti stazioni spaziali e il futuro dei viaggi nello spazio.
Giovedì 16 maggio 2013: “Arte. Mitologia e Astronomia”
Come l’astronomia è stata interpretata dall’arte nel corso dei secoli. La mitologia delle costellazioni.
Quota unica di iscrizione: 45,00€
Per l’uscita all’aperto (18/04/13) in caso di maltempo si procederà ad un recupero concordato con gli iscritti.
La quota comprende inoltre il manuale di astronomia a colori scritto dai soci del G.A.G. e la tessera socio valida per l’anno 2013.
Tramite sito internet www.gruppoastrofiligroane.org e-mail: info@gruppoastrofiligroane.org o rivolgersi a Guido: 3356049426
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