Unnuovo studio statunitense, pubblicato in questi giorni su Nature Geoscience, ha riesaminato i dati ottenuti della sonda Nasa Lro, Lunar Reconaissance Orbiter, e da uno spettrometro Nasa a bordo dell’orbiter lunare indiano Chandrayaan-1, per stimare nuovamente la presenza di acquasul nostro satellite, trovandola ubiquamente incastonata su tutta la superficie.
I risultati contraddicono alcuni studi precedenti, che avevano rilevato la presenza di una quantità maggiore di acqua alle latitudini polari della Luna e un andamento altalenante in base al giorno lunare, che dura 29.5 giorni terrestri.
«Abbiamo scoperto che, indipendentemente dall’ora del giorno o dalla latitudine che osserviamo, il segnale che indica acqua sembra essere sempre presente», sintetizza Joshua Bandfield dell’Istituto di scienza dello spazio a Boulder, in Colorado (Usa), primo autore della nuova ricerca. «Non sembra che la presenza di acqua dipenda dalla composizione della superficie, né che si muova da un punto a un altro».
Immagine composita della superficie lunare realizzata dal Moon Mineralogy Mapper della Nasa a bordo della sonda Isro Chandrayaan-1. Crediti: Isro/Nasa/JPL-Caltech/Brown Univ./Usgs
L’incertezza riguardo alla presenza di acqua sulla Luna, nonché sulla sua origine, deriva principalmente dal modo in cui tale molecola viene rilevata: l’evidenza più forte ottenuta finora proviene dalla misura dell’intensità della luce riflessa dalla superficie lunare, all’interno della quale la presenza d’acqua è indicata da una specifica impronta spettrale nella banda infrarossa di radiazione.
Ma la superficie lunare può risultare abbastanza calda da emettere luce propria, un bagliore nella regione infrarossa dello spettro. Per i ricercatori, la sfida è esattamente quella di distinguere la luce riflessa da quella emessa, operazione per la quale è necessario avere informazioni molto accurate sulla temperatura.
Grazie alle misure di temperatura della Luna ottenute dallo strumento Diviner Radiometer Experiment (water diviner = “rabdomante”) a bordo di Lro, gli autori del nuovo studio hanno elaborato un nuovo modello termico; modello che è stato quindi applicato ai dati raccolti dal Moon Mineralogy Mapper a bordo della sonda Chandrayaan-1, strumento che ha fornito la prima mappa mineralogica della superficie lunare e per primo individuato acqua ghiacciata ai poli.
Luna in rotazione ricostruita dai dati di Lro. Crediti: Lro, Arizona State U., Nasa
Gli autori del nuovo studio ritengono che l’acqua sulla Luna sia principalmente presente come gruppi ossidrilici OH legati ad altre molecole per comporre gli idrati e idrossidi che costituiscono il suolo lunare.
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Le fasi della Luna in gennaio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti Coelum Astronomia CC-BY
Le fasi della Luna in marzo, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti Coelum Astronomia CC-BY
Marzo inizia con la Luna che alle 01:51 del giorno 2 sarà in Plenilunio, con età di 14,16 giorni, a un’altezza di +50° nel cielo sudoccidentale dove andrà a tramontare in prossimità del sorgere del Sole. Nelle serate successive, col procedere della fase calante, il nostro satellite sorgerà sempre più tardi rendendosi pertanto visibile nelle ore notturne entrando in fase di Ultimo Quarto alle 12:20 del 9 marzo a –12° sotto l’orizzonte di sudovest andando poi a concludere la fase calante col Novilunio del 17 marzo alle 14:12.
Le effemeridi complete giornaliere della Luna le trovi nel Cielo di Marzo
A marzo osserviamo
La prima proposta di marzo è per la serata del giorno 1 quando il punto di Massima Librazione riguarderà la zona fra i crateri Humboldt (213 km) e Abel (117 km) con interessamento anche del vicino cratere Barnard (104 km) situati in prossimità del bordo lunare orientale nella regione a est dei crateri Petavius e Furnerius.
Con la seconda proposta di questo mese, programmata per la serata del 24 marzo, continuiamo il nostro viaggio sulle grandi strutture allineate in senso nord/sud lungo il margine orientale del mare Nubium, dedicando questa volta la nostra attenzione al cratere Walther.
La terza e principale proposta riguarda la regione più orientale del mare Imbrium, l’area dei crateri Archimedes, Aristillus e Autolycus che andremo a visitare il 25 marzo, delimitata a oriente dalle imponenti e spettacolari catene montuose del Caucasus e degli Appennini.
Per approfondire queste osservazioni, per le falci di Luna e la sua luce cinerea e per tutte le altre informazioni, leggi la Luna di Marzo 2018 su Coelum astronomia 220 (è sempre gratis, puoi scaricarlo in pdf oppure stampare le pagine che ti interessano di più 😉 ).
➜ La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211
E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione il momento giusto!
Ecco come apparirà la congiunzione tra la Luna e la stella Alfa della costellazione del Leone, Regolo, ormai prossima a tramontare sotto l’orizzonte ovest. Per esigenze di rappresentazione grafica la Luna appare ingrandita rispetto al normale. Crediti immagine: Coelum Astronomia CC-BY
Ecco come apparirà la congiunzione tra la Luna e la stella Alfa della costellazione del Leone, Regolo, ormai prossima a tramontare sotto l’orizzonte ovest. Per esigenze di rappresentazione grafica la Luna appare ingrandita rispetto al normale. Crediti immagine: Coelum Astronomia CC-BY
Iniziamo le nostre osservazioni di marzo la mattina del primo giorno del mese. Il bersaglio sarà la Luna che, alle ore 5:45 circa, poco prima di tuffarsi sotto l’orizzonte ovest, ci regalerà la visione di un bell’incontro con la stella Regolo (Alfa Leonis, mag. +1,4).
I due astri si troveranno in una congiunzione piuttosto stretta: saranno separati, nel momento della minima distanza alle 5:54, da appena 0,9° (dal bordo lunare, 1,2° dal centro). All’orario indicato in cartina sarà ancora possibile fotografare il duetto incorniciato dagli elementi del paesaggio, essendo la Luna alta circa 7° sull’orizzonte, con Regolo posta appena più in alto.
Attenzione perché, poco prima dell’ora indicata, si potrà assistere anche a un passaggio luminoso della Stazione Spaziale Internazionale!
E in queste notti di (più o meno) Luna Piena poi, non dimentichiamo anche la possibilità di suggestive riprese del paesaggio da lei illuminato, soprattutto in questi giorni in cui la neve ricopre buona parte del territorio italiano… perciò: ➜ Leggi La Luna illumina la notte
Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Marzo
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Mar > 23:00; 15 Mar > 22:00; 30 Mar > 21:00.
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Mar > 23:00; 15 Mar > 22:00; 30 Mar > 21:00.
Ad annunciare la nuova stagione sarà come sempre il Leone che, con il suo caratteristico profilo segnato dalla stella Regolo, dominerà verso sud, circondato da costellazioni molto meno appariscenti come il Leone Minore, il Sestante, la Coma, ecc. Niente a che vedere con l’impressionante lucentezza delle costellazioni invernali, ma c’è da tener conto del fatto che in primavera la porzione di cielo che si offre ai nostri occhi è quello che sta al di fuori del piano della Via Lattea, dove le stelle sono molto più rare e il cielo è dominato da oggetti extragalattici percepibili soltanto al telescopio. Più a est, Vergine, Boote ed Ercole, in successione, saranno già in viaggio verso il meridiano, annunciando quest’ultima addirittura un sapore di estate.
In marzo il Sole si muoverà nell’Acquario fino al giorno 12, per entrare poi nella grande costellazione dei Pesci, dove vi resterà per il resto del mese. Le ore di buio diminuiranno ancora, tanto che a inizio mese la durata della notte astronomica sarà di poco più di 9,5 ore e alla fine soltanto di 7,85 (vedi la tabella “Notte Astronomica” con gli orari). Il Sole sta infatti “risalendo” velocemente l’eclittica, e il giorno 20 (data dell’equinozio di primavera) si troverà al punto gamma (g) dove la sua declinazione – e anche l’ascensione retta – saranno esattamente pari a zero.
Cosa offre il cielo
Ricordiamo, prima di tutto, due importanti eventi nel corso di questo mese: nella notte tra il 24 ed il 25 marzo 2018 si tornerà all’ora legale estiva (TU+2). In quella data, a partire dalle ore 02:00 locali, bisognerà portare gli orologi avanti di un’ora.
Inoltre, la Luna sarà Nuova il 17 marzo e quindi si presenteranno le condizioni migliori per tentare la Maratona Messier, ovvero l’osservazione in un’unica notte di tutti (o quasi) i 110 oggetti del celebre catalogo, nel fine settimana del 17-18 marzo.
Marzo è sicuramente un mese dominato dalla presenza serale dei pianeti Mercurio e Venere: ogni sera, al tramonto, con il cielo ancora chiaro, sarà possibile riconoscere facilmente la brillante Venere, accompagnata dal più piccolo ma comunque brillante Mercurio, li vedremo alla minima distanza nell’evento del 5 marzo.
Qualche consiglio su come riprenderli al meglio lo troviamo nella rubrica Uno scatto al mese:
La Luna sarà invece la protagonista del mattino, accompagnandoci alla scoperta degli astri e dei pianeti che popoleranno il cielo prima dell’alba, in una serie di incontri che meritano qualche parola in più e un progetto per la ripresa di questa “passeggiata lunare” tra gli astri, rispetto alla nostra usuale e sintetica lista.
➜ Organizzati in anticipo con Il Cielo di Marzo su Coelum Astronomia 220
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Il brillamento solare proveniente dal gruppo di macchie del 14 ottobre 2014, riprese da SDO. Credits: Tahar Amari et al./Center for Theoretical Physics/École Polytechnique/NASA Goddard/Joy Ng
Il brillamento solare proveniente dal gruppo di macchie del 14 ottobre 2014, riprese da SDO. Credits: Tahar Amari et al./Center for Theoretical Physics/École Polytechnique/NASA Goddard/Joy Ng
Una drammatica battaglia di potere magnetico si combatte sulla superficie del Sole, proprio nel cuore delle eruzioni solari. È quanto emerge da un nuovo studio, pubblicato l’8 febbraio su Nature, su dati provenienti dal Solar Dynamics Observatory (SDO) della NASA, che evidenzia il ruolo della “geografia” magnetica (topografia) nello sviluppo delle eruzioni solari che possono scatenare eventi meteorologici nello spazio attorno alla Terra.
Guidati da Tahar Amari, astrofisico al Centro di Fisica Teorica dell’École Polytechnique di Palaiseau Cedex, in Francia, gli autori dello studio hanno osservato i brillamenti solari, intense esplosioni di radiazione e luce. Molti di questi, quando particolarmente intensi, sono seguiti da un’espulsione di massa coronale, chiamata CME, una massiccia eruzione a forma di bolla di materiale solare e campo magnetico. Ma non a tutti i brillamenti segue una CME… e il motivo non è ancora chiaramente compreso.
Usando i dati dell’SDO, gli scienziati hanno esaminato un gruppo di macchie solari grandi quanto Giove dell’ottobre 2014, in un’area di complessi campi magnetici, spesso sito di attività solare. Si è trattato del più grande gruppo di macchie degli ultimi due cicli solari e di una regione estremamente attiva.
Sebbene le condizioni sembrassero quelle ideali pronte per una nuova eruzione, la regione non ha mai prodotto un’importante CME, ma ha emesso un potente brillamento di classe X, la classe più intensa di questo tipo di fenomeno. Ma allora, cosa manca perché avvenga anche un’espulsione di massa coronale?
Il team ha utilizzato le osservazioni dell’SDO di campi magnetici sulla superficie del Sole, in potenti modelli che calcolano il campo magnetico della corona solare, o dell’alta atmosfera, e hanno osservato come si è evoluto nel tempo poco prima del brillamento. Il modello ha rivelato una lotta tra due strutture magnetiche chiave: una corda di campo (o di flusso) magnetico attorcigliata – già nota per essere associata all’inizio di una CME – e una densa gabbia di campi magnetici che sovrastano la corda.
In queste immagini la corda di flusso solare, in azzurro, che si attorciglia sempre più in modo instabile, senza però riuscire a lasciare la superficie solare. I modelli mostrano infatti come non abbia la forza di sfondare la gabbia magnetica che la sovrasta (in giallo). Credits: Tahar Amari et al./Center for Theoretical Physics/École Polytechnique/NASA Goddard/Joy Ng
Quello che si è scoperto è che questa gabbia magnetica impediva fisicamente l’espulsione di massa coronale, ovvero la produzione di una CME. Poche ore prima del brillamento, la rotazione naturale della macchia solare contorceva la corda magnetica che diventava sempre più attorcigliata e instabile. Ma la corda non è mai uscita dalla superficie, non aveva abbastanza energia per rompere la gabbia, pur riuscendo a sferzare una parte della gabbia, innescando il brillamento.
In questa immagine, la corda è riuscita a "rompere" la gabbia. Ne deriverà un'espulsione di massa coronale, la cosidetta CME che provocherà una "tempesta solare", con un possibile danno ai nostri sistemi satellitari di comunicazione. Credits: Tahar Amari et al./Center for Theoretical Physics/École Polytechnique/NASA Goddard/Joy Ng
Modificando nel modello le condizioni iniziali della gabbia, gli autori dello studio hanno scoperto che se la gabbia fosse stata più debole in quel momento, il 24 ottobre 2014 avremmo assistito a una potente CME. Il prossimo passo sarà lo studio di questa interazione tra gabbia e corda magnetica in altre eruzioni.
«Siamo stati in grado di seguire l’evoluzione di una regione attiva, prevedere la probabilità di eruzione e calcolare la quantità massima di energia che l’eruzione può rilasciare», ha detto Amari. «Si tratta di un metodo pratico che potrebbe diventare importante, con l’aumento delle capacità computazionali, nella previsione del tempo meteorologico spaziale».
Previsioni importanti, perché questi eventi hanno forte impatto anche per noi, non tanto per noi sulla superficie (che siamo comunque protetti dalla magnetosfera del nostro pianeta), ma per la fitta rete di satelliti dedicati alle comunicazioni ad esempio, o per eventuali future missioni spaziali con esseri umani a bordo.
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Convegni presso la sede del Giornale di Vicenza, ore 17:00
17.02: Alberto Corso “BAGLIORI NEL BUIO” (sede GdV).
Corso di astrofotografia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00
05.02: “tecniche di ripresa Grande Campo con DSLR” 3° lezione 12.02: “tecniche di ripresa profondo cielo con DSLR” 4° lezione 19.02: “tecniche di elaborazione immagini e interpolazione (le possibilità e i software necessari)” 5° lezione 25.02: “Osserviamo la nostra Stella” Osservatorio aperto dalle 14:30-17:00.
Corso di cosmologia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00
28.02: “una cartolina dal Big Bang. La cosmologia moderna da Einstein al WMAP” 1° lezione
Sede ed Osservatorio: Via Santa Giustina 127 – 36057 Arcugnano (VI)
In alto, a sinistra. Nell’immagine sono riportate le circostanze della congiunzione/occultazione per la città di Milano, da cui si potrà osservare la Luna occultare, dal suo lembo in ombra, la stella Aldebaran. Guardando verso sud, si potranno rintracciare la Luna e Aldebaran alte più di 64° sull’orizzonte. RIcordiamo che al momento dell’inizio del fenomeni il cielo sarà ancora molto chiaro. A destra possiamo vedere una cartina della penisola italiana, praticamente tagliata in due tra le zone in cui sarà possibile osservare l’occultazione (Nord Italia). Le zone del centro saranno invece interessate da un passaggio radente della Luna sulla stella. Si consiglia in ogni caso di consultare un planetario software aggiornato per ottenere le circostanze precise del fenomeno per la propria posizione geografica. Inoltre, per chi vorrà tentare l’osservazione o la ripresa, si consiglia sempre di prepararsi con un largo anticipo per non rischiare di perdere l’evento.
In alto, a sinistra. Nell’immagine sono riportate le circostanze della congiunzione/occultazione per la città di Milano, da cui si potrà osservare la Luna occultare, dal suo lembo in ombra, la stella Aldebaran. Guardando verso sud, si potranno rintracciare la Luna e Aldebaran alte più di 64° sull’orizzonte. RIcordiamo che al momento dell’inizio del fenomeni il cielo sarà ancora molto chiaro. A destra possiamo vedere una cartina della penisola italiana, praticamente tagliata in due tra le zone in cui sarà possibile osservare l’occultazione (Nord Italia). Le zone del centro saranno invece interessate da un passaggio radente della Luna sulla stella. Si consiglia in ogni caso di consultare un planetario software aggiornato per ottenere le circostanze precise del fenomeno per la propria posizione geografica. Inoltre, per chi vorrà tentare l’osservazione o la ripresa, si consiglia sempre di prepararsi con un largo anticipo per non rischiare di perdere l’evento.
Chiudiamo il mese, il 23 febbraio, con una congiunzione stretta tra la Luna e l’immancabile Aldebaran, nella splendida cornice del Toro, con il magnifico ammasso aperto delle Iadi e, a poca distanza, le Pleiadi. La minima distanza di soli 18’ (se osservata dal Centro Italia secondo il nostro solito riferimento 12°E 42°N) verrà raggiunta alle 18:20, con i due astri alti nel cielo: potremo seguirli mentre si allontaneranno tra loro avvicinandosi nel contempo allo skyline dell’orizzonte ovest, verso la mezzanotte, tramontando un’ora e mezza dopo circa.
DalNord Italia si potrà invece assistere a una occultazione, poco più che radente, con Aldebaran immersa nel lembo oscuro della Luna circa venti minuti prima e della durata di poco più di mezz’ora. Si consiglia l’uso di un software planetario astronomico per ottenere le circostanze precise del fenomeno in base al punto di osservazione.
Questa vista su Saturno ci mostra il lato immerso nella notte del pianeta, illuminato di tonalità dorate dalla luce riflessa degli anelli. È un mosaico di alcune delle ultime immagini riprese dalla sonda Cassini, e mostrano (nel cerchietto bianco) dove la sonda si sarebbe tuffata nell’atmosfera del pianeta alcune ore dopo.
Pur essendo in quel momento immersa nella notte, il Sole è sorto nell’area nel momento del tuffo che ha concluso i 13 anni di esplorazione di Saturno.
Le immagini, riprese con filtri RGB, mostra la scena in un colore molto vicino al colore naturale. Sono state riprese dalla camera grandangolare il 14 settembre 2017, quando la sonda si trovava a circa 634 mila chilometri dal pianeta.
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Questa animazione mostra due immagini scattate dalla camera High Resolution Imaging Science Experiment sul Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa. È possibile notare i resti del Mars Phoenix Lander sul sito di ammartaggio nel 2008 e a fine 2017, quando la polvere marziana ha oscurato gran parte di ciò che era visibile due mesi dopo l’arrivo della sonda. Il lander è nella parte superiore delle immagini, il guscio posteriore e il paracadute in basso. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Arizona
Questa animazione mostra due immagini scattate dalla camera High Resolution Imaging Science Experiment sul Mars Reconnaissance Orbiter della Nasa. È possibile notare i resti del Mars Phoenix Lander sul sito di ammartaggio nel 2008 e a fine 2017, quando la polvere marziana ha oscurato gran parte di ciò che era visibile due mesi dopo l’arrivo della sonda. Il lander è nella parte superiore delle immagini, il guscio posteriore e il paracadute in basso. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Univ. of Arizona
Lanciato il 4 agosto 2007 dalla Cape Canaveral Air Force Station in Florida, il lander della Nasa Phoenix arrivò su Marte nel 2008 e rimase operativo per soli 5 mesi, analizzando il suolo e l’ambiente circostanti il sito di ammartaggio fino a quando i pannelli solari smisero di funzionare. Dopo dieci anni, la fotocamera High Resolution Imaging Science Experiment (Hirise) a bordo dell’americano Mars Reconnaissance Orbiter è riuscita a regalarci un nuovo scatto dei resti del lander, ormai sommersi dalla scura polvere marziana.
La carcassa, lo “scudo” protettivo a forma di cono e il paracadute sono ancora visibili negli scatti del 21 dicembre 2017, ma – rispetto a quelli del 2008 – sono ormai quasi totalmente sepolti. Entrambe le foto coprono un’area larga circa 300 metri.
Con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Fiumicino e all’interno della rassegna culturale Fiumicino Inverno, una serata dedicata interamente al Padre della Scienza Moderna.
Programma della serata:
– Conferenza sulla vita di Galileo
– Osservazioni della Luna con una replica del telescopio storico
– Osservazione della Luna con i telescopi moderni del Gruppo Astrofili Palidoro
Media sponsor: COELUM Astronomia
INGRESSO LIBERO
Casa della Partecipazione
Via del Buttero, 10, 00057 Maccarese RM
Info: info@astrofilipalidoro.it – 3475010985
Convegni presso la sede del Giornale di Vicenza, ore 17:00
17.02: Alberto Corso “BAGLIORI NEL BUIO” (sede GdV).
Corso di astrofotografia:
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05.02: “tecniche di ripresa Grande Campo con DSLR” 3° lezione 12.02: “tecniche di ripresa profondo cielo con DSLR” 4° lezione 19.02: “tecniche di elaborazione immagini e interpolazione (le possibilità e i software necessari)” 5° lezione 25.02: “Osserviamo la nostra Stella” Osservatorio aperto dalle 14:30-17:00.
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Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Presso la Sala dei Giganti, Palazzo Liviano, Piazza Capitaniato 7, Padova
9 febbraio Concerto Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo.
16 febbraio Spettacolo teatrale: Giancarlo Giannini legge Galileo
L’uomo, lo scienziato, l’artista, autore di “nuovi scoprimenti di innumerabili stelle” e di una nuova visione dell’universo.
Presso il Cinema Teatro MPX, Padova 23 febbraio Spettacolo teatrale. “RIVOLUZIONE GALILEO. IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME”
Durante lo spettacolo, Corrado Augias e Giovanni C.F. Villa, curatore della mostra, racconteranno al pubblico chi era realmente Galileo e quale fu il suo straordinario apporto alla storia dell’umanità.
Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
02.02, ore 18:30: “Nel Cielo: l’Auriga e il sistema stellare di Capella”. Relatore: Stefano Schirinzi 09.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Il problema del riscaldamento globale”. Relatore: Edoardo Bogatec 16.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Europa, il più bizzarro dei satelliti di Giove”. Relatore: Giovanni Chelleri 17.02, ore 15:00, sala incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste: “Vita nel cosmo: quali prove, stando alle attuali conoscenze?”. Relatore: Giovanni Chelleri e Paolo Nordio 23.02, ore 18:30: “Astrotecnica: guida base per la scelta del primo telescopio”. Relatore: Paolo Marra.
Queste immagini sono state scattate da Hubble nel corso di due anni per osservare la graduale scomparsa di una gigantesca tempesta a vortice sul pianeta Nettuno. Crediti: Nasa, Esa, M.H. Wong e A.I. Hsu (UC Berkeley)
Anche le gigantesche tempeste ai confini del Sistema solare a volte devono dimagrire e si mettono a dieta. È il caso di un misterioso vortice osservato per due anni dal telescopio Hubble di Nasa ed Esa sul gigante, gassoso e gelido pianeta Nettuno. Dalla forma ovale, questa tempesta è passata in 24 mesi dai 5000 km iniziali ai 3700 km attuali.
I giganteschi vortici scuri – a volte abbastanza estesi da inglobare l’Oceano Atlantico, da Boston al Portogallo – sono stati avvistati per la prima volta dalla sonda Voyager 2 negli anni Ottanta e da allora hanno giocato a nascondino, apparendo e scomparendo a loro piacimento. Solo Hubble è riuscito, in questi anni, a tenerne traccia, nonostante siano spariti per per molto tempo negli anni Novanta.
Il grande vortice che vedete nelle foto è stato studiato dal 2015 nell’ambito del programma Outer Planet Atmospheres Legacy (Opal), che si occupa di mappare i quattro pianeti del Sistema solare esterno (Giove, Saturno, Urano e Nettuno). Come la Grande Macchia Rossa su Giove, anche questo vortice nettuniano spiraleggia, seguendo una direzione anticiclonica, raccogliendo materiale dalle profondità dell’atmosfera ghiacciata dell’ultimo pianeta della nostra “famiglia”. Per materiale intendiamo acido solfidrico, un gas incolore che sulla Terra è riconoscibile per lo sgradevole odore di uova marce. Ma a differenza della Grande Macchia Rossa, questa è assai più effimera: la tempesta gioviana è visibile ormai da 200 anni, mentre gli oscuri vortici di Nettuno durano pochissimi anni, e in questo caso Hubble è riuscito a fotografarne la fase finale, quella dell’uscita di scena.
Il misterioso vortice si comporta in modo diverso da quanto previsto dagli esperti. «A quanto pare stiamo osservando la scomparsa di questo vortice oscuro, e ciò che vediamo è diverso da quello che ci aspettavamo basandoci su altri studi», dice Michael H. Wong dell’Università Berkeley in California, primo autore dello studio. Dalle simulazioni effettuate in precedenza si evinceva che il vortice, avvicinandosi all’equatore, «avrebbe dato origine a una spettacolare attività nuvolosa», spiega il ricercatore. Così non è stato: invece di andar via “col botto”, la tempesta è scomparsa lentamente. Un’anomalia che potrebbe essere dovuta alla direzione: il moto era infatti verso il polo sud, invece che verso l’equatore.
Venere e Nettuno con le stelle di fondo cielo come appariranno all'ora indicata. Attenzione a non confondere Nettuno per la stellina poco meno luminosa al suo fianco. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Eccoci invece con una congiunzione stretta tra il brillante Venere (mag. –3,9) e il piccolo e lontano Nettuno (mag. +8,0), il tutto complicato da una bassa altezza sull’orizzonte e dalla luce del crepuscolo della sera.
Inutile dire che si tratta di una congiunzione stretta ma riservata ai possessori di un binocolo o un piccolo telescopio, con un orizzonte libero e limpido… noi però ve lo segnaliamo comunque! Qualcuno riuscirà nell’impresa? Fatecelo sapere!
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Il satellite Erg rileva gli elettroni dispersi nella magnetosfera dalle “chorus wave”. Crediti: 2018 Erg science team
Il satellite Erg rileva gli elettroni dispersi nella magnetosfera dalle “chorus wave”. Crediti: 2018 Erg science team
Da sempre le aurore boreali hanno affascinato chiunque avesse la fortuna di poterle osservare dal vivo: drappi e onde dai colori cangianti e stupefacenti che volteggiano e piroettano nei cieli delle zone più a nord (e sud) del nostro pianeta. Per saperne di più sui meccanismi di formazione delle aurore, non solo terrestri, leggi lo speciale nell'ultimo numero di Coelum Astronomia 199 di febbraio 2018. Clicca sull'immagine per accedere alla lettura gratuita.
Il meccanismo che si cela dietro la loro danza è un segreto ben custodito ma, grazie agli sforzi di un team internazionale di scienziati e usando i dati del satellite giapponese Erg (noto anche come Arase), lanciato alla fine del 2016, è stato possibile svelarne una piccola parte: quella riguardante le aurore pulsanti.
Come suggerisce il nome, le aurore pulsanti sono enormi macchie luminose, estese decine o finanche centinaia di chilometri, che si illuminano ritmicamente. Secondo un articolo pubblicato oggi su Nature, queste particolari aurore, che solitamente è possibile osservare palpitare nei cieli alle prime luci dell’alba, sono il risultato dell’interazione, nella magnetosfera, fra gli elettroni e un tipo di onde di plasma chiamate chorus waves. Queste suonano come dei veri e propri cori di cinguettii e pistole laser, ascoltabili però solo se le loro frequenze vengono trasposte a lunghezze d’onda udibili all’orecchio umano.
Le onde di plasma si formano all’equatore, e come talentuosissimi cantanti mandano ritmicamente in frenesia gli elettroni che incontrano. Questi, in preda al ritmo, seguono le curve del campo magnetico fino ai poli dove precipitano in una cascata di particelle cariche, quindi, raggiungendo i gas dell’atmosfera, li eccitano, generando le famose luci nei cieli polari.
«Le aurore sono causate da riconfigurazioni globali nella magnetosfera, che rilascia l’energia del vento solare immagazzinata», spiega Satoshi Kasahara dell’università di Tokyo, primo firmatario del paper. «Sono caratterizzate da un aumento di luminosità dal tramonto a mezzanotte, seguito da violenti movimenti di distinti archi aurorali che in seguito si rompono e appaiono come diffuse e pulsanti chiazze d’aurora all’alba».
L’osservazione è stata possibile grazie a uno speciale sensore presente a bordo del satellite della Jaxa (l’agenzia spaziale giapponese), capace di distinguere gli elettroni sparpagliati in giro dai cori da quelli normalmente presenti nella magnetosfera. Attraverso speciali telecamere a tutto cieloposizionate a terra, è stato possibile osservare, in concomitanza con il flusso di elettroni, il formarsi di aurore pulsanti confermando quindi il loro legame con i cori.
Per saperne di più:
Leggi su Nature l’articolo “Pulsating aurora from electron scattering by chorus waves“, di S. Kasahara, Y. Miyoshi, S. Yokota, T. Mitani, Y. Kasahara, S. Matsuda, A. Kumamoto, A. Matsuoka, Y. Kazama, H. U. Frey, V. Angelopoulos, S. Kurita, K. Keika, K. Seki e I. Shinohara
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Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…
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17.02: Alberto Corso “BAGLIORI NEL BUIO” (sede GdV).
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05.02: “tecniche di ripresa Grande Campo con DSLR” 3° lezione 12.02: “tecniche di ripresa profondo cielo con DSLR” 4° lezione 19.02: “tecniche di elaborazione immagini e interpolazione (le possibilità e i software necessari)” 5° lezione 25.02: “Osserviamo la nostra Stella” Osservatorio aperto dalle 14:30-17:00.
Corso di cosmologia:
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28.02: “una cartolina dal Big Bang. La cosmologia moderna da Einstein al WMAP” 1° lezione
Sede ed Osservatorio: Via Santa Giustina 127 – 36057 Arcugnano (VI)
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Il lancio del Falcon Heavy è stato un evento di portata mediatica notevolissima, sapientemente gestito da Elon Musk facendo uso di tutte le “armi” comunicative a sua disposizione e non solo: Musk, SpaceX e Tesla hanno potuto contare non solo sull’attenzione di tutti i media, ma anche su una rete di appassionati che sui social network ha scatenato una gran cassa quasi senza precedenti per un volo inaugurale di un vettore pesante. Vettore che non è il razzo più potente mai realizzato, ma che senza ombra di dubbi libera tutta l’audience dei voli spaziali, gli Stati Uniti e parzialmente anche la NASA, da quella sensazione di immobilismo che grava sull’esplorazione spaziale, primariamente americana, ben lontana dai fasti degli anni delle missioni Apollo e persino dalla regolarità quasi impiegatizia, ma gradevole ai palati degli appassionati, dello Space Shuttle.
La NASA versa in condizioni quanto mai precarie: da oltre un anno è priva di un amministratore facente funzioni ed è il periodo più lungo di sempre nel quale si sia trovata in un simile frangente. La nomina di Jim Bridenstine è ancora in sospeso e si ha l’impressione che lo rimarrà per molto ancora. In questo stato, l’agenzia spaziale sta annaspando nel dare anche solo un primo segnale positivo per quello che sarà il primo volo del vettore SLS e un evento come quello del Falcon Heavy ha fatto bene a tutti, perché se pure non si configura come pietra miliare di alcunché, ed è formalmente l’avvio dell’attività per un nuovo vettore commerciale pesante (e solo per il momento il più potente), sappiamo bene di quali sottintesi (e meno sottintesi) sia stato caricato in merito all’esplorazione spaziale e specificamente di quella di Marte. Sebbene tutte le previsioni cronologiche di Elon Musk rispetto al primo lancio verso il Pianeta Rosso e al primo volo cislunare di SpaceX siano state riviste in lungo e abbiano confermato che per la conquista dello spazio il marketing non basta, il lancio riuscito del Falcon Heavy è stato liberatorio, perché ha confermato che tutto sta procedendo e che se a volte (anzi, spesso) si pecca di eccessivo entusiasmo (o di boutade), è anche vero che nulla è sin ora stato rinnegato.
L’orbita della roadster è mostrata in verde (cliccare per ingrandire). Quella in arancione è l’orbita di Marte, mentre in blu è mostrata l’orbita terrestre (fonte: OrbitSimulator.com Graphic)
Ecco quindi che il volo del Falcon Heavy, l’atterraggio riuscito di due booster su tre, ma soprattutto la diretta di Starman dalla spazio a bordo della roadster Tesla, sono stati una manna mediatica, commerciale, ma anche collettiva, per le aspettative degli esperti del settore e dei semplici appassionati. Nulla come quelle riprese della roadster sullo sfondo del disco della Terra, i riflessi dei continenti nella vernice della sua carrozzeria tra i giochi di luce del sole nello spazio, hanno reso più entusiasti anche i meno propensi ad esserlo. Se è vero che la Tesla non era la prima quattro ruote a sfrecciare nello spazio e che tre l’avevano già fatto, giacendo oggi silenti sulla superficie della Luna dopo ben più gloriose esplorazioni, è anche vero che la Tesla è la prima a lasciare il sistema Terra-Luna e a dirigersi non verso Marte, dove il più dell’informazione incauta l’ha spedita, ma in un’orbita eliocentrica che eccede quella di Marte e si avvicinerà con ogni probabilità alla fascia degli asteroidi.
Soggetto: AUTO
Le effemeridi per osservare la Tesla
di Paolo Bacci
La notte del 10 febbraio, dall’Osservatorio Astronomico della Montagna Pistoiese struttura del comune di San Marcello Piteglio (PT), assieme a Martina Maestripieri, al termine di una serata osservativa sugli asteroidi, abbiamo provato a puntare il telescopio da 0,60-m F/4, alle coordinate previste per osservare l’automobile. Con sorpresa e stupore nelle nostre immagine compariva un punto luminoso di +17,5 magnitudini, che con il passare del tempo si spostava: era la luce riflessa della Tesla!
Anche sul sito del Minor Planet Center alla pagina “The Distant Artificial Satellites Observation Page” è possibile ottenere le coordinate per poter osservare l’autovettura nello spazio. Ancora per qualche giorno poco prima dell’alba, astrofili muniti di un’adeguata strumentazione potranno provare ad immortalare la Tesla: effettuando pose da 60 secondi l’auto nelle nostre immagini sarà puntiforme.
Qui trovate le effemeridi, estrapolate utilizzando alcune misure di posizione effettuate da alcuni osservatori, per poter osservare la Testa riferite al sito di San Marcello, (ma comunque utilizzabili per gli osservatori italiani).
Si consiglia di effettuare una serie di immagini abbastanza lunga (mezz’ora è più che sufficiente) per poter apprezzare lo spostamento.
Sul prossimo numero di Coelum Astronomia (220 di marzo 2018) un resoconto piiù ampio della ripresa.
Da questa settimana la NASA ha aggiunto all’interfaccia HORIZONS Webdel Jet Propulsion Laboratory, che è quella che raccoglie le informazioni per l’osservazione di tutti i corpi celesti conosciuti, la possibilità di calcolare le effemeridi per l’osservazione dell’ultimo stadio del Falcon Heavy con la roadster e Starman.
È sufficiente aprire questo link, inserire “SpaceX” nel Target body nel caso non lo sia, impostare data e luogo di osservazione, e cliccare su “generate ephemeris”. Appariranno le informazioni sulla posizione e le effemeridi per l’osservazione con un telescopio.
Dalla pagina che si apre apprendiamo alcuni dettagli, più o meno noti, della missione.
La roadster porta nel baule un modellino Hot Wheels di sé stessa guidata da un modellino di Starman e una copia digitale di “Fondazione” di Isaac Asimov, più noto qui in Italia con il titolo “Cronache della galassia”. C’è anche una placca affissa tra lo stadio superiore del Falcon Heavy e la Tesla che riporta i nomi di più di 6000 dipendenti di SpaceX. Va anche aggiunto che su qualche circuito della Tesla, una piastra riporta la dicitura «fatto sulla Terra dagli umani», come lo stesso Elon Musk ha riportato in un suo post di Instragram il giorno del lancio. Tutto questo, insieme al richiamo alla “Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams fatto da quella scritta «Don’t panic» sul display del cruscotto della Tesla e alle note di “Life on Mars” di David Bowie durante il lancio, fanno forse dell’evento il più grande festival della cultura pop e nerd che si possa immaginare unito al lancio di un razzo.
Il materiale informativo della NASA include anche la postilla secondo cui «errori di previsione potrebbero aumentare considerevolmente a seguito della mancanza nel modello della pressione solare, della radiazione termica e accelerazioni impreviste proveniente dal rilascio di gas». Queste ultime sono decisamente probabili: un’auto può non contenere carburante, ma è costruita con materiali non concepiti per i viaggi nello spazio. Le plastiche e le strutture suscettibili di fusione o sublimazione andranno gradualmente a deteriorarsi sotto l’azione radiativa del Sole e cosmica e non si può escludere che l’aria dei pneumatici, per esempio possa fuoriuscire e determinare piccole ma non trascurabili variazioni nell’orbita percorsa.
Se la NASA ha comunicato le coordinate della Tesla e di Starman qualche giorno dopo il lancio del Falcon Heavy, la ricerca dei suoi stadi mediante l’osservazione telescopica è cominciata a partire dal lancio, segnando una maratona osservativa non stop che sta ancora continuando in questi giorni. Gli appassionati americani che si trovavano sulla “space coast” al lancio, hanno potuto osservare attraverso le lenti di teleobiettivi e telescopi tutte le fasi dell’immissione in orbita terrestre, dal distacco degli stadi alle spinte, persino il dettaglio della terza spinta che ha immesso il payload nell’orbita finale.
Gli appassionati hanno addirittura calcolato i parametri orbitali del payload prima ancora che SpaceX li rilasciasse. Marco Langbroek, astrofilo olandese di cui abbiamo parlato qualche tempo fa in merito all’osservazione dei satelliti spia e al ritrovamento della missione NASA IMAGE, ha calcolato la proiezione orbitale sulla superficie terrestre, prima che la Tesla e Starman si dirigessero nello spazio profondo.
Nei giorni successivi osservatori astronomici e dilettanti si sono poi cimentati nell’osservazione mentre la roadster si allontanava sempre più. Ieri, l’Elecnor Deimos Space Surveillance & Tracking Centre basato nella Spagna meridionale ha ripreso il payload mentre era alla distanza stimata di 720.000 km dalla Terra.
Anche Gianluca Masi con il suo VirtualTelescope ha tenuto uno speciale live sull’osservazione della Tesla su YouTube, il cui video è riportato in coda all’articolo. Il viaggio dell’ultimo stadio del Falcon Heavy con a bordo quel pout-pourri di cultura pop e geek sarà lungo. Non tutto quanto si trova a bordo continuerà ad orbitare coeso e indisturbato per milioni di anni, perché degraderà e verrà parzialmente consumato. Secondo l’astrofisico Jonathan McDowell dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, il payload del Falcon Heavy non raggiungerà la fascia degli asteroidi, ma si limiterà ad oltrepassare l’orbita di Marte. Tuttavia, nonostante questi distinguo, il viaggio è e sarà un simbolo di quella parte dei cittadini della Terra che guarda verso il cielo e cerca. Cerca la Tesla come gli asteroidi, cerca i satelliti nascosti come le galassie e cerca anche di immaginarsi il futuro che verrà, con l’auspicio che oltre ogni calcolo economico e politico, si tratti di un futuro di conquista dello spazio.
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Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Presso la Sala dei Giganti, Palazzo Liviano, Piazza Capitaniato 7, Padova
9 febbraio Concerto Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo.
16 febbraio Spettacolo teatrale: Giancarlo Giannini legge Galileo
L’uomo, lo scienziato, l’artista, autore di “nuovi scoprimenti di innumerabili stelle” e di una nuova visione dell’universo.
Presso il Cinema Teatro MPX, Padova 23 febbraio Spettacolo teatrale. “RIVOLUZIONE GALILEO. IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME”
Durante lo spettacolo, Corrado Augias e Giovanni C.F. Villa, curatore della mostra, racconteranno al pubblico chi era realmente Galileo e quale fu il suo straordinario apporto alla storia dell’umanità.
Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
Non è affascinante come la “Pale Blue Dot”, ma quest’immagine di un ammasso stellare è quella che ne ha battuto il record di distanza dopo più di 27 anni. Crediti: Nasa/Jhuapl/Swri
Non è affascinante come la “Pale Blue Dot”, ma quest’immagine di un ammasso stellare è quella che ne ha battuto il record di distanza dopo più di 27 anni. Crediti: Nasa/Jhuapl/Swri
La sonda della Nasa New Horizons, che nel luglio 2015 ha sorvolato il pianeta nano Plutone, sta ora inoltrandosi nella parte esterna del Sistema solare, percorrendo più di un milione di km al giorno verso la sua destinazione: un cosiddetto Kbo, uno dei corpi minori presenti nella fascia di Kuiper, denominato 2014 MU69, che New Horizons raggiungerà tra meno di un anno, il primo gennaio 2019.
Ogni tanto la sonda, che viaggia in ibernazione per risparmiare energia, ha bisogno di risvegliarsi e fare il punto della sua posizione, per verificare di essere sulla giusta rotta. Questo si ottiene scattando una foto a una zona di cielo nota, per orientarsi con la posizione delle stelle.
L’ultima foto di navigazione all’ammasso stellare Wishing Well, ripresa dalla camera Long Range Reconnaissance Imager a bordo di New Horizons lo scorso 5 dicembre, rappresenta un piccolo scatto per una sonda ma un record per il genere umano. Si tratta infatti dell’immagine scattata dalla maggiore distanza mai raggiunta dalla Terra, 6.12 miliardi di chilometri, quasi 41 volte la distanza Terra-Sole.
Un particolare di “Pale Blue Dot”. Crediti: Nasa Jpl
Una distanza (di poco) superiore a quella in cui il Voyager 1 si voltò indietro verso il Sistema solare che si stava lasciando alle spalle e ottenne – tra l’altro – il famoso ritratto, conosciuto come “Pale Blue Dot”, dove la Terra appare come un tenue puntino azzurro sperduto nell’immensità del cosmo. Le fotocamere del Voyager vennero spente dopo quell’epica panoramica, lasciando incontrastato il record di distanza per oltre 27 anni.
Non contenta di avere surclassato il record del Voyager 1, subito dopo New Horizons ha scattato altre due immagini, puntando questa volta la sua camera telescopica verso due oggetti della fascia di Kuiper, 2012 HZ84 e 2012 HE85, per indagarne forma e dimensioni e verificare se presentassero anelli o lune.
Riprese in falsi colori di 2012 HZ84 (sx) e 2012 HE85 (dx). Sono le immagini scattate alla distanza maggiore dalla Terra, e le più ravvicinate per oggetti della fascia di Kuiper. Crediti: Nasa/Jhuapl/Swri
Doppio record: le immagini in falsi colori dei due corpi sono al momento quelle catturate da un velivolo spaziale posto alla maggiore distanza, e sono quelle riprese da più vicino di oggetti della fascia di Kuiper.
Ora New Horizons è tornata in ibernazione (aquesto linksi può vedere dove si trova) e verrà risvegliata dal centro di controllo delJohns Hopkins Applied Physics Laboratorya Laurel, nel Maryland (Usa), soltanto il 4 giugno prossimo, quando comincerà tutte le verifiche e i preparativi per l’incontro dell’anno nuovo con MU69.
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02.02, ore 18:30: “Nel Cielo: l’Auriga e il sistema stellare di Capella”. Relatore: Stefano Schirinzi 09.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Il problema del riscaldamento globale”. Relatore: Edoardo Bogatec 16.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Europa, il più bizzarro dei satelliti di Giove”. Relatore: Giovanni Chelleri 17.02, ore 15:00, sala incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste: “Vita nel cosmo: quali prove, stando alle attuali conoscenze?”. Relatore: Giovanni Chelleri e Paolo Nordio 23.02, ore 18:30: “Astrotecnica: guida base per la scelta del primo telescopio”. Relatore: Paolo Marra.
L'emisfero australe di Giove ripreso da Juno durante il sorvolo ravvicinato del 16 dicembre. Juno ha ripreso questa immagine, qui a colori enfatizzati, alle 18:24 TU, quando la sonda era a circa 30.970 chilometri dall'atmosfera di Giove a una latitudine di 49,9°S, approssimativamente a metà strada tra l'equatore del pianeta e il suo polo sud. L'immagine è stata elaborata da Gerald Eichstädt della community di scienziati cittadini della JunoCam. Crediti: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Gerald Eichstädt
E si è completata con successo anche la decima orbita scientifica della sonda Juno della NASA, che il 7 febbraio ha effettuato un sorvolo ravvicinato dell’atmosfera del gigante gassoso arrivando, alle 18:36 PST (3:36 della mattina dell’8 febbraio per il nostro fuso orario) al punto più vicino di 3500 chilometri dalla cima delle nuvole del pianeta.
Si è trattato di un passaggio dedicato allo studio della gravità del pianeta, durante questo tipo di orbite, che si focalizzano su esperimenti gravitazionali, Juno è orientata verso Terra in modo da poter trasmettere dati in tempo reale sia con il trasmettitore di frequenze in banda X che in banda Ka. A Terra pronte a ricevere i dati le antenne a Goldstone (California) del Deep Space Network della NASA, che stanno tutt’ora raccogliendo dati.
Tutti gli strumenti scientifici di Juno, compresa l’immancabile JunoCam, erano in funzione durante il sorvolo.
Le nuove immagini raw sono come sempre a disposzione nel sito della JunoCam Community. Chiunque può partecipare alla community scaricando le immagini così come arrivano dalla sonda, per elaborarle e condividerle, per evidenziare le formazioni dell’atmosfera a scopo scientifico ma anche solo estetico (leggi l’articoloJuno profondo rosso su Coelum astronomia 218), partecipare alla scelta dei punti di interesse su cui puntare la JunoCam nei prossimi passaggi, oppure inviare le proprie immagini di Giove ottenute con la propria strumentazione, per aumentare la quantità di dati a disposizione della missione.
Se anche voi avete voglia di provare, o state partecipando, segnalateci i vostri migliori risultati! Potete caricarli con un commento sulla vostra esperienza su Photocoelum oppure inviarli a gallery@coelum.com
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Marte (mag. +1,1) e la sua nemesi, la rossa Antares (alfa Scorpii; mag. +1,1). I due astri infatti sia per luminosità che per colore si somigliano molto (anche se Marte mostrerà sempre una luce più ferma della sfavillante stella) e infatti Antares significa proprio “rivale di Ares” ovvero Marte. In questi giorni avranno, tra l'altro, esattamente la stessa luminosità.
Come abbiamo vistonei giorni precedenti, Marte e Antares viaggiano appaiati nel cielo del mattino di febbraio restando sempre sotto i 10° di distanza. Il giorno 12 raggiungeranno però la minima distanza, anche se non particolarmente stretta, con Marte a 5,1° a nordest della rossa stella dello Scorpione.
Saturno e Giove (rispettivamente uno più in basso verso est e l’altro più alto verso ovest) saranno anch’essi a disposizione delle vostre osservazioni, ma a debita distanza dalla coppia…
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
Ancora un paio di giorni e la Luna, ormai diventata una sottile falce (fase 18%), raggiunge anche Saturno… l’ultimo pianeta del mattino a sorgere dall’orizzonte est.
Raggiungeranno un’altezza utile (intorno ai 10°) per l’osservazione solo dopo le 5 del mattino, ma avremo modo di seguirli fino a quando si spegneranno nella luce dell’alba.
Marte, con la compagna di questo mese, Antares, e Giove li anticiperanno sempre però a distanza, ma nel cielo buio non sarà difficile individuarli, anche se occorrerrà una ripresa davvero ampia per includerli nel quadro.
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
L'orbita di 2018 CB e, nel riquadro, la traiettoria geocentrica (in verde) Credit: http://astro.vanbuitenen.nl / MPC-IAU (inserto) - Processing: M. Di Lorenz
L'orbita di 2018 CB e, nel riquadro, la traiettoria geocentrica (in verde) Credit: http://astro.vanbuitenen.nl / MPC-IAU (inserto) - Processing: M. Di Lorenz
Domenica scorsa, l’osservatorio del Catalina Sky Survey in Arizona ha fatto una doppia scoperta interessante: si trattava di due asteroidi PHA di dimensioni medio-piccole, entrambi destinati a passare a distanza ravvicinata nei giorni successivi.
Ormai gli asteroidi scoperti che passano a meno di una distanza lunare dalla Terra si sussegono più che settimanalmente (2018 CB è il decimo scoperto da inizio anno), l'attenzione è alta e gli strumenti che abbiamo ci permettono di individuarli sempre prima e sempre con maggior precisione. In questo grafico vediamo le orbite degli asteroidi potenzialmente pericolosi noti (più di 1,400!) catalogati dall'inizio del 2013. NASA / JPL-Caltech (n.d.R Coelum Astronomia).
Il primo, battezzato 2018 CC, è già transitato la sera di martedì, a 189000 km dalla Terra, metà della distanza lunare. Si è trattato del primo passaggio sub-lunare del mese e l’ottavo dall’inizio dell’anno. Decisamente più raro l’incontro con il secondo oggetto, 2018 CB, che è previsto passare a soli 63360 km dalla superficie terrestre oggi alle 23:29 ora italiana. Si tratta di una distanza che lo piazza al decimo posto nella classifica dei passaggi più ravvicinati degli ultimi 12 mesi e, tra questi, con i suoi 18-39 metri di diametro stimato, è il secondo asteroide più grande dopo 2017 QP1 passato l’estate scorsa.
Anche questo passaggio, come quello di 2002 AJ129 avvenuto 4 giorni fa, sarà possibile seguirlo in tempo reale tramite ilVirtual Telescope a partire dalle ore 21. Come ha spiegato Gianluca Masi, responsabile del sito, “L’asteroide 2018 CB sarà visibile dall’Italia nelle prime ore della sera del 9 febbraio, quando sarà prossimo al massimo della luminosità“. Al momento del massimo avvicinamento, l’asteroide non sarà osservabile dall’Italia, perché tramontato da poco. Di seguito la sua curva di luce prevista, con un abbassamento dovuto alla congiunzione con il Sole:
Curva di luce prevista per 2018 CB - Credit: Gideon van Buitenen (astro.vanbuitenen.nl)
Un ultimo aspetto da sottolineare è il fatto che, contrariamente alla maggior parte degli incontri ravvicinati con oggetti da poco scoperti, in questo caso c’è stato un preavviso sufficiente ad organizzare numerose osservazioni anche con il radar e questo ha permesso di affinare grandemente la precisione della sua traiettoria e dell’orbita, come dimostrato nella tabella seguente (che verrà aggiornata nei prossimi giorni); come si vede, l’errore sulla distanza minima si è ridotto del 96% in 3 giorni e anche i principali parametri orbitali sono migliorati di 2-3 ordini di grandezza!
Data source: JPL/CNEOS - Processing: M. Di Lorenzo
Una simile precisione sarebbe auspicabile per tutti gli oggetti che si avvicinano pericolosamente alla Terra, in maniera da poter eventualmente evacuare le zone interessate per tempo. In effetti, anche nel caso di 2018 CB, le prime osservazioni suggerivano la possibilità di futuri impatti di questo oggetto con la Terra (specialmente nel 2025), una eventualità che poi è stata completamente esclusa grazie a ulteriori osservazioni.
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Sede ed Osservatorio: Via Santa Giustina 127 – 36057 Arcugnano (VI)
L’evento si intitola: “La scienza dell’altra metà del cielo“, e sarà condotta da Enrico Bonfante e da Alan Zamboni. La serata sarà ricca di interviste a protagoniste della scienza e della cultura scientifica.
Scienza e parità di genere sono di vitale importanza per il raggiungimento di obiettivi di elevato sviluppo culturale e sociale in un mondo globale, libero e democratico. È con questo spirito che l’ONU promuove azioni che accrescono il coinvolgimento delle donne e delle ragazze nella scienza, per rendere effettivo il loro inserimento, pieno e paritario, nelle attività di ricerca scientifica e tecnologica. Ancora oggi, infatti, in base ad una ricerca svolta in 14 Paesi, la probabilità per le studentesse di conseguire una laurea, master o dottorato in discipline scientifiche sono rispettivamente del 18%, 8% e 2%, mentre le percentuali degli studenti di sesso maschile sono doppie: 37 %, 18% e 6%.
Ed è per questi motivi che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che proclama l’11 febbraiol’International Day of Women and Girls in Science, allo scopo, come dice Antonio Guterres, Segretario delle Nazioni Unite: “… di porre fine ai pregiudizi, prevedendo maggiori investimenti nella scienza, tecnologia, ingegneria e matematica a favore di tutte le donne e ragazze, in modo da creare opportunità per la loro carriera e il loro avanzamento professionale”.
Leggi anche
L’Astronomia dell’altra Metà del Cielo, su Coelum astronomia 219. Un articolo sulle donne che hanno contribuito a fare la storia dell’astronomia di Rodolfo Calanca.
Nel corso della nostra diretta web interverranno: Gabriella Bernardi, giornalista scientifica; Sara Gandini, oncologa; Sofia Sarperi, astrofisica; Ginevra Trinchieri, astrofisica, INAF-Osservatorio Astronomico di Brera e Presidente della Società Astronomica Italiana; Ilaria di Tullio, CNR, progetto GENERA; Lucia Votano, fisica, già Direttrice dei Laboratori del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Potrete seguire la diretta su youtube, o direttamente qui sotto e nella home di Coelum.com, a partire dalle ore 21:00 dell’11 febbraio.
Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…
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La notte successiva alla congiunzione con Giove, la Luna (fase 30°) nel suo moto retrogrado incontra Marte (mag. +1,1) e la sua nemesi, la rossa Antares (alfa Scorpii; mag. +1,1). I due astri infatti sia per luminosità che per colore si somigliano molto (anche se Marte mostrerà sempre una luce più erma della sfavillante stella) e infatti Antares significa proprio “rivale di Ares” ovvero Marte.
I due avranno in questa circostanza esattamente la stessa luminosità e colore e la Luna, non troppo invadente, completerà il quadro. Uno spettacolo da non perdere!
L’orario sarà meno comodo del giorno recedente, dovremo infatti attendere almeno le 4 del mattino perché i tre astri siano sorti dall’orizzonte estsudest e raggiungano un’altezza che ermetta di vederli tutti e tre quasi allineati in un segmento di circa 9°. Potremo però forse più comodamente osservarli, alti in cielo, nel crepuscolo del mattino.
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
Nell'immagine tutto il campo ripreso dalla CFHT-MegaCam in lunghezze d'onda ottiche, con una forte saturazione e contrasto del colore per evidenziare la natura dei vari componenti. Immagine: CFHT, Pierre-Alain Duc (Observatoire de Strasbourg) e Jean-Charles Cuillandre (CEA Saclay / Obs. De Paris).
Nell’immagine tutto il campo ripreso dalla CFHT-MegaCam in lunghezze d’onda ottiche, con una forte saturazione e contrasto del colore per evidenziare la natura dei vari componenti. L’immagine mostra numerose strutture galattiche ed extragalattiche, alcune molto estese e scure, come i filamenti di polvere interstellare in primo piano (chiamati anche cirri galattici). Immagine: CFHT, Pierre-Alain Duc (Observatoire de Strasbourg) e Jean-Charles Cuillandre (CEA Saclay / Obs. De Paris).
L’ampia immagine di campo catturata dalla MegaCam, la fotocamera da 380 megapixel del Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT che si trova sul Mauna Kea, Hawaii), è centrata sulla galassia NGC 7331, ed è stata oggetto di uno studio sulla vicina NGC 7317.
Ma l’attenzione degli scienziati per questa zona di cielo in realtà è stata sempre catturata dalla condensazione di galassie attorno al campo di ripresa, poco distanti (almeno prospetticamente) da NGC 7331: il famoso Quintetto di Stephan, un gruppo compatto di 5 galassie, nella costellazione del Pegaso (non tutte interagenti tra loro), che prende il nome dall’astronomo francese Édouard Stephan, che fu il primo ad osservarlo nel 1878. Il gruppo però comprende
In tempi molto più recenti, diventato per la sua bellezza una delle icone dell’osservazione e della fotografia astronomica, anche il telescopio spaziale Hubble ha osservato più volte il Quintetto, fornendo immagini dettagliatissime delle collisioni galattiche in corso.
Il Quintetto di Stephan, infatti, racchiude ed è l’esempio di riferimento di tutto quello che serve per lo studio dell’evoluzione di sistemi di galassie interagenti. Nelle immagini le vediamo infatti sottoposte a una serie di effetti quali interazioni e collisioni lente, che creano flussi stellari gravitazionali, ma anche collisioni galattiche ad alta velocità, esplosioni di gas, esplosioni stellari e tutto quello che riguarda la creazione e l’evoluzione anche di sistemi stellari intergalattici. Insomma… un campo di prova per tutta l’astrofisica extragalattica.
In questo mosaico il Quintetto di Stephan nella sua interezza, a colori reali, così come è stato pubblicato nel calendario CFHT/Coelum 2018. Nell’immagine sono esaltati gli aloni e i gas che mostrano i legami tra le componenti, NGC 7317, parte del gruppo, è quella in basso a destra. Immagine: CFHT / Coelum, Jean-Charles Cuillandre (CFHT / CEA Saclay / Obs. De Paris) e Giovanni Anselmi (Coelum)
Grazie alle sue caratteristiche uniche, il Quintetto di Stephan è stato quindi ampiamente studiato e osservato, in tutto lo spettro elettromagnetico, ed è stato oggetto di numerose simulazioni numeriche complesse. E stato anche campo di controversie sull’effettivo significato cosmologico del redshift, da parte di sostenitori di cosmologie alternative rispetto al prevalente Modello Standard (sulla cui diatriba abbiamo pubblicato numerosi articoli fino al lungo articolo conclusivo in tre parti:Qualche chiarimento sulle cosmologie alternative diAlberto Cappi).
Tuttavia, i modelli non sono riusciti fin’ora a definire il ruolo di ogni galassia nell’insieme del gruppo. Un nuovo studio, pubblicato nei Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, ha rivisitato il sistema con immagini ottiche multibanda multiple ottenute con la MegaCam del telescopio Canada-France-Hawaii (CFHT), incentrate sul rilevamento di strutture a bassa luminosità superficiale (LSB).
In particolare, è stata rilevata un’aura diffusa rossastra nella galassia NGC 7317, un alone di vecchie stelle il cui ruolo era stato finora ignorato nei modelli. Sono poi visibili numerosi filamenti diffusi aggiuntivi, alcuni dei quali vicini alla galassia in primo piano NGC 7331, la cui struttura suggerisce quindi una contaminazione per emissione di cirri galattici.
NGC 7317 deve quindi aver interagito a lungo con gli altri membri del gruppo, in un processo che viene chiamato cannibalismo galattico. Il cannibalismo galattico si verifica quando le forze gravitazionali di una galassia, o di un gruppo di galassie più grandi, lentamente distruggono una galassia più piccola, inglobandone il materiale. Caratteristiche distintive di questo processo sono proprio la presenza di flussi o aloni di stelle che orbitano intorno alla galassia più grande, come l’alone di stelle rosse visto intorno a NGC 7317.
Una prima conseguenza è che il Quintetto di Stephan deve essere molto più antico di quanto attualmente si pensa, e questo potrebbe richiedere la necessità di rivedere i modelli di formazione ed evoluzione di questo sistema, che potrebbe portare, alla fine, alla formazione di una galassia ellittica gigante.
Una seconda conseguenza più generale, e forse anche di maggiore importanza, è l’attuale rinnovato interesse, nel campo scientifico, per l’imaging profondo sulle galassie vicine, che può come abbiamo visto portare non solo maggiori informazioni ma vere e proprie rivoluzioni sulla storia dell’evoluzione di questi gruppi di galassie.
Sono molti ormai i programmi osservativi – tra cui alcuni sviluppati proprio all’interno della collaborazione CFHT, la cui strumentazione è particolarmente adatta per questo tipo di studi – che mirano a decodificare la storia passata delle galassie attraverso la rilevazione diretta, nel loro ambiente, di deboli ed estese caratteristiche, tecnica che ha preso il nome di archeologia galattica.
Dal 2000, CFHT produce, in collaborazione con Coelum Astronomia, il calendario da collezioneHawaiian Starlight basato proprio sulle bellissime immagini del cielo catturate dalla MegaCam. Le immagini vengono ottenute durante osservazioni speciali nel tempo osservativo a disposizione del Direttore del CFHT, quando le condizioni atmosferiche, in particolare la stabilità dell’atmosfera, non sono adatte alle osservazioni scientifiche regolari. Nonostante questo, alcune di queste immagini a volte si rivelano di grande interesse scientifico: ed è proprio questo il caso.
I prodotti Hawaiian Starlightsono distribuiti per l’Europa da Coelum Astronomia. Potete trovare i magnifici poster e molte delle edizioni del Calendario astronomico CFHT/Coelum, compresa l’edizione 2018 che vedete qui a lato, nel nostro astroshop.
Un video in timelapse di Jean-Charles Cuillandre, tra gli autori dello studio, creato con le immagini della collaborazione CFHT/Coelum e immagini, che attraversano stagioni e zone di cielo, dei panorami visibili dall’Osservatorio CFH sul Mauna Kea. Cliccando sull’immagine potete vedere dettagli, immagini e il trailer del film, acquistabile sempre tramite il nostro astroshop.
L’Osservatorio CFH ospita un telescopio ottico e a infrarossi di 3,6 metri. Si trova sulla cima del vulcano inattivo Mauna Kea, a 4200 metri, nell’isola delle Hawaii.
Revisiting Stephan’s Quintet with deep optical images. Di Pierre-Alain Duc, Jean-Charles Cuillandre, Florent Renaud. Monthly Notices of the Royal Astronomical Society: Letters, Volume 475, Issue 1, 21 March 2018, Pages L40–L44.
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La mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche. Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.
16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo 23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri
Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova) 12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo. 19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione. 9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.
Infografica con le fasi salienti del lancio (cliccare per ingrandire). Crediti: SpaceX
Infografica con le fasi salienti del lancio (cliccare per ingrandire). Crediti: SpaceX
Poesia. Non c’è altro modo per descrivere l’incredibile incontro tra perfezione tecnologica ed estetica che si è realizzato questa sera – martedì 6 febbraio, a partire dalle 21:45 ora italiana – sui cieli della Florida. E negli schermi di milioni di persone che, attraverso i dispositivi più disparati, hanno assistito in diretta al primo lancio di test di Falcon Heavy. Un lancio destinato, a ragione, a rimanere nella storia. Perché con le sue oltre 63 tonnellate di carico utile è il lanciatore di maggior potenza oggi esistente al mondo. Perché mai prima d’ora una compagnia privata aveva spedito nello spazio un razzo così potente. Perché non ci sono parole per restituire l’emozione e la bellezza di quello che è successo.
Emozione, sì. Con tutti gli ingredienti, suspense in testa, senza farsi mancare nulla. Compreso il rinvio all’ultimo momento, dalle 19:45 alle 21:45, quasi al limite della finestra di tre ore consentita per il lancio. Giusto il tempo per far iniziare Sanremo…
Così, mentre mezza Italia assisteva sorpresa all’incursione del contestatore sul palco dell’Ariston, sulla rampa di lancio 39A del Kennedy Space Center si accendevano i tre Falcon 9 di SpaceX – uniti insieme a formare i tre stadi del più potente lanciatore dai tempi del mitico Saturn V.
Fiorello stava invece duettando con Baglioni sulle note di “E tu” quando, a otto minuti dal lancio, assolto il suo compito, un’altra coppia ben collaudata – i due stadi primari esterni riutilizzabili del Falcon Heavy, entrambi già usati in precedenti occasioni – rientrava sulla Terra, compiendo un doppio atterraggio simultaneo talmente spettacolare (a 300 metri l’uno dall’altro!) che, se non fosse avvenuto sotto lo sguardo ipnotizzato di migliaia di persone, riuscirebbe davvero difficile crederci.
View from SpaceX Launch Control. Apparently, there is a car in orbit around Earth. pic.twitter.com/QljN2VnL1O
E se al pubblico del Festival della canzone toccava apprendere sgomento, da una telefonata, che Laura Pausini non poteva essere presente a causa di una laringite, lassù a qualche centinaia di km sopra le nostre teste, dagli altoparlanti di una Tesla Roadster rossa in volo verso Marte (o meglio, verso un’orbita solare molto ellittica, che si spingerà oltre quella del Pianeta rosso) – guidata da un manichino con tuta spaziale, e in procinto d’attraversare le fasce di Van Allen – si sarebbero potute sentire le note di “Space Oddity”, non fosse che nel vuoto le onde sonore non si propagano.
A sbavare appena l’altrimenti mostruosa perfezione di tutta la sequenza, il mancato recupero (lo apprendiamo dal Washington Post mentre stiamo scrivendo, ancora non è stato dichiarato ufficialmente) del terzo Falcon 9, quello centrale, atteso in mare, a circa 500 km dalla costa, da una delle due autonomous spaceport drone ship di SpaceX, la rampa marina robotica “Of course I still love you”. Ma è proprio questa piccola pecca, quest’unica nota steccata, a darci la misura delle difficoltà enormi che gli uomini e le donne di SpaceX hanno saputo affrontare e superare in questi anni. E a rendere l’intera impresa un poco più umana, “Made on Earth by humans”, come inciso su un circuito stampato a bordo della Tesla e postato dallo stesso Elon Musk su Instagram poco dopo il lancio.
Se non avete ancora visto il video del lancio e volete concedervi qualcosa di emozionante:
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Giove e Luna si incontrano tra le stelle della bilancia, dove già li avevamo visti lo scorso mese: nonostante l’orario non proprio comodo, sarà un’altra bella occasione per immortalarli in fotografie che ritraggano anche gli elementi del paesaggio. Per esigenze grafiche, la luna appare ingrandita. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Giove e Luna si incontrano tra le stelle della bilancia, dove già li avevamo visti lo scorso mese: nonostante l’orario non proprio comodo, sarà un’altra bella occasione per immortalarli in fotografie che ritraggano anche gli elementi del paesaggio. Per esigenze grafiche, la luna appare ingrandita. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
La notte tra il 7 e l’8 febbraio la Luna (fase 46%), in fase calante poco dopo l’Ultimo Quarto, incontrerà Giove (mag. –2,0). I due astri sorgeranno dall’orizzonte est-sudest poco prima dell’1:30, con la Luna a 4,2° a est di Giove, praticamente allineati all’orizzonte.
Guadagneranno poi velocemente altezza: il consiglio è quello di attendere l’orario indicato in cartina, ossia le 2:30 circa, per riprenderli nella cornice del paesaggio. Ma Luna e Giove potranno poi essere osservati fino al mattino, seguiti a distanza da Marte, Saturno e la rossa Antares
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Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio
Annunciato nel 2011 da Elon Musk, CEO e fondatore di SpaceX, il vettore pesante della compagnia spaziale Americana con sede a Hawthorne, in California, sarebbe dovuto essere pronto per il lancio dalla base di Vandemberg in California nel 2013.
Dopo anni di ritardi, ripensamenti e affinamenti del progetto iniziale, a seguito del successo della prima accensione di prova dei 27 motori Merlin-1D avvenuta lo scorso 24 gennaio 2018 e dopo avere ottenuto dalla Federal Aviation Administration (FAA) la necessaria autorizzazione, SpaceX ha confermato che tenterà il lancio del nuovo razzo oggi 6 febbraio 2018.
Per il debutto del Falcon Heavy la finestra di lancio si apre alle 19:30 ora italiana (18:30 UTC – 13:30 ora locale della Florida) per chiudersi 3 ore dopo, periodo per il quale le condizioni meteorologiche previste sono per lo 80% favorevoli al lancio.
Con il lancio del Falcon Heavy SpaceX tenterà anche di effettuare il recupero in contemporanea dei 3 booster che compongono il primo stadio del razzo: i due corpi laterali, che dovrebbero completare la fase di spinta circa 2 minuti e mezzo dopo i decollo, torneranno indietro verso Cape Canaveral per tentare l’atterraggio sulle piattaforme preparate da SpaceX (Landing Zone 1 e 2) mentre il corecentrale, terminata la fase di spinta pochi secondi dopo i booster laterali concluderà il suo volo tentando di atterrare sulla piattaforma OCISLY, in attesa nell’Oceano Atlantico al largo della costa della Florida.
La Tesla Roadster, con il passeggero Starman, prima di essere rinchiusa nella copertura aerodinamica del Falcon Heavy. (C) Elon Musk
Se il lancio avrà successo, il risultato finale sarà l’immissione in un orbita intorno al Sole, con afelio in prossimità dell’orbita di Marte, di una autovettura Tesla Roadster rossa con a bordo “Starman”, un manichino che indossa un prototipo delle tute che SpaceX ha sviluppato per i prossimi equipaggi da inviare con le capsule Dragon V2 sulla Stazione Spaziale Internazionale.
A seguire una animazione di quanto dovrebbe accadere domani, pubblicata sul canale YouTube di Spacex.
Qui sotto invece il video per seguire la diretta di domani del lancio trasmessa da SpaceX su Youtube, che presumibilmente comincerà pochi minuti prima delle 19:30 ora italiana.
Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…
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02.02, ore 18:30: “Nel Cielo: l’Auriga e il sistema stellare di Capella”. Relatore: Stefano Schirinzi 09.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Il problema del riscaldamento globale”. Relatore: Edoardo Bogatec 16.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Europa, il più bizzarro dei satelliti di Giove”. Relatore: Giovanni Chelleri 17.02, ore 15:00, sala incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste: “Vita nel cosmo: quali prove, stando alle attuali conoscenze?”. Relatore: Giovanni Chelleri e Paolo Nordio 23.02, ore 18:30: “Astrotecnica: guida base per la scelta del primo telescopio”. Relatore: Paolo Marra.
Nella periferia di Centaurus A, una galassia a circa 13 milioni di anni luce da noi, si aggirano alcune galassie nane satelliti. Niente di strano, se non fosse che 14 (su 16 osservate) di queste galassie si aggirano in un modo che sta creando parecchi grattacapi ai cosmologi: osservazioni e simulazioni non vanno d’accordo. Peggio ancora: ciò che mostrano le osservazioni, illustraun articolopubblicato oggi su Science, non è spiegabile dal modello cosmologico standard, quello basato sulla materia oscura fredda.
Federico Lelli, 33 anni, coautore dell’articolo pubblicato su Science, è nato a Chiaravalle (Ancona) ed è oggi ricercatore postdoc all’Eso
Fra i ricercatori che hanno firmato lo studio, guidato da Oliver Müller dell’Università di Basilea, c’è anche un giovane ricercatore italiano, Federico Lelli, nato a Chiaravalle (Ancona), il paese natale di Maria Montessori. «A dire il vero sono cresciuto in un paese limitrofo, Castelferretti», dice Lelli a Media Inaf, «dove le scuole elementari e medie non sono montessoriane. Ritengo però che la scelta di diventare uno scienziato sia maturata durante il liceo scientifico, dove ho avuto ottime professoresse di matematica e fisica». E ottime devono esserlo state davvero, visto che oggi Lelli – laurea a Bologna e PhD ad Amsterdam – è ricercatore postdoc a Monaco, allo European Southern Observatory. Dove lo abbiamo raggiunto per comprendere la portata della sua scoperta.
Cosa c’è che non torna, nelle 16 galassie nane satelliti di Centaurus A da voi studiate?
«Il modello cosmologico Lambda-Cdm (lambda cold dark matter) assume che le galassie si formino all’interno di aloni di materia oscura. Gli aloni più grandi, che ospitano galassie massicce come la Via Lattea, sono circondati da una miriade di aloni satelliti più piccoli, che ospitano galassie nane. Le simulazioni cosmologiche mostrano che le galassie nane dovrebbero essere distribuite in modo casuale attorno alla galassia centrale e dovrebbero muoversi in modo caotico, come api attorno all’alveare. In Centaurus A, invece, troviamo che le nane satelliti si dispongono su di un piano e mostrano un movimento coerente. Questa situazione può essere interpretata come un disco spesso di satelliti che orbitano intorno alla galassia centrale. Queste configurazioni sono estremamente rare nelle simulazioni cosmologiche che utilizzano la materia oscura: un sistema di satelliti come quello di Centaurus A dovrebbe essere osservato solo una volta su mille».
Si verifica solo su Centaurus A, questo comportamento anomalo?
«Alcuni anni fa, lo stesso comportamento è stato osservato da altri astronomi attorno alla Via Lattea e alla nostra vicina Andromeda. Visto che questi piani di nane satelliti dovrebbero essere molto rari, alcuni scienziati hanno iniziato a sostenere che il Gruppo Locale – che contiene sia la Via Lattea che Andromeda – potrebbe essere anomalo. Nel nostro studio dimostriamo che questo non è il caso: un comportamento simile è osservato attorno a Centaurus A, che si trova al di fuori del Gruppo Locale».
Andromeda, la Via Lattea e ora Centaurus A, dunque. In totale, tre galassie su centinaia di miliardi. Non è un po’ poco, per dire che c’è qualcosa da rivedere nel modello cosmologico?
«È importante notare che queste tre galassie – la Via Lattea, Andromeda e Centaurus A – sono gli oggetti per cui abbiamo le informazioni più dettagliate e più precise riguardo la distribuzione e cinematica delle nane satelliti. Sarà difficile studiare altre galassie con la stessa accuratezza, visto che sono più distanti da noi e i loro satelliti sono meno luminosi, ma abbiamo già dei progetti al riguardo. Al momento, possiamo affermare che sistemi di satelliti come la Via Lattea, Andromeda, e Centaurus A dovrebbero essere osservati ciascuno con una probabilità al di sotto dell’un per cento. Se facciamo un conto semplicistico moltiplicando queste probabilità, otteniamo qualcosa come una possibilità su un milione, che è un po’ come vincere alla Lotteria Nazionale. O siamo stati incredibilmente fortunati, oppure c’è qualcosa da rivedere».
Centaurus A e le sue galassie nane satelliti. Crediti: Christian Wolf & SkyMapper Team/Australian National University
Siete stati i primi ad accorgervene?
«Il primo autore del nostro articolo – Oliver Müller dell’Università di Basilea – aveva già studiato Centaurus A in precedenza e trovato che i satelliti si dispongono su di un piano, ma non aveva ancora considerato l’informazione sulla velocità dei satelliti. Le velocità dei satelliti sono estremamente importanti quando si fanno dei confronti tra osservazioni e simulazioni. Nelle simulazioni accade spesso che vi siano piani “spuri” di galassie satelliti dovuti ad allineamenti casuali lungo la linea di vista dell’osservatore. Ad esempio, se consideriamo esclusivamente la distribuzione spaziale dei satelliti nel cielo, un sistema come Centaurus A si può trovare una volta su cinque nelle simulazioni, quindi non ci sarebbe nulla di strano. Quando si considerano anche le velocità dei satelliti, invece, il quadro cambia completamente e il sistema di Centaurus A diventa molto raro. In sostanza, la nostra idea è stata quella di aggiungere l’informazione sulle velocità nel mix per fare un confronto più preciso con le simulazioni cosmologiche».
Ma se non c’è materia oscura, i moti delle galassie negli ammassi come si spiegano, secondo lei? E i risultati cosmologici, per esempio quelli derivanti dallo spettro delle anisotropie del fondo cosmico a microonde?
«Calma. Il nostro studio dimostra che il problema dei “piani di satelliti” non è limitato al Gruppo Locale, ma è più generale. Nella migliore delle ipotesi, questo problema indica che c’è qualcosa che non va con le attuali simulazioni cosmologiche e qualcosa di profondo da capire riguardo la formazione delle galassie nane. Nella peggiore delle ipotesi, invece, questo problema potrebbe essere un campanello d’allarme: non possiamo escludere la possibilità che l’attuale modello cosmologico debba essere rivisto nelle sue fondamenta, considerando che la materia oscura non è ancora stata rilevata e l’energia oscura rimane un altro grande mistero».
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Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.
Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Presso la Sala dei Giganti, Palazzo Liviano, Piazza Capitaniato 7, Padova
9 febbraio Concerto Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo.
16 febbraio Spettacolo teatrale: Giancarlo Giannini legge Galileo
L’uomo, lo scienziato, l’artista, autore di “nuovi scoprimenti di innumerabili stelle” e di una nuova visione dell’universo.
Presso il Cinema Teatro MPX, Padova 23 febbraio Spettacolo teatrale. “RIVOLUZIONE GALILEO. IL CIELO STELLATO SOPRA DI ME”
Durante lo spettacolo, Corrado Augias e Giovanni C.F. Villa, curatore della mostra, racconteranno al pubblico chi era realmente Galileo e quale fu il suo straordinario apporto alla storia dell’umanità.
Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
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