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Comete di aprile 2021

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Cliccando sull'immagine potete vedere il grafico della magnitudine attesa e quella osservata del sito aerith.aerith.net di Seiichi Yoshida.

Aprile è il mese in cui la C/2020 R4 ATLAS dovrebbe raggiungere la massima luminosità.

Dopo essere passata al perielio in marzo, si avvicinerà al nostro pianeta, transitando il giorno 23 a circa settanta milioni di chilometri dalla Terra brillando, secondo le previsioni, di una discreta nona magnitudine, valore che ne fa l’oggetto finora più luminoso del 2021.

Cliccando sull'immagine potete vedere il grafico della magnitudine attesa e quella osservata del sito aerith.net di Seiichi Yoshida.

Sarà anche facile da seguire per gran parte del periodo considerato per la favorevole posizione occupata in cielo. Nel corso del mese la cometa guadagnerà infatti decisamente in declinazione, alzandosi sempre più sull’orizzonte.

Partendo dalla porzione centrale dell’Aquila, dopo una breve capatina entro i confini dell’Ofiuco, attraverserà l’Ercole, la Corona Boreale e il Bovaro, terminando la sua corsa mensile (dopo ben novanta gradi) nei Cani da Caccia. Le osservazioni, se per la prima decade del mese la si doveva cercare a ridosso dell’alba, dalla seconda decade potranno cominciare in piena notte, e addirittura svolgersi in tarda serata nella terza decade.

Il 22 aprile transiterà nei pressi della nebulosa planetaria NGC 6210, di magnitudine +9,3. L’incontro è però piuttosto “largo”, considerati i circa tre gradi che separeranno i due oggetti.
Cartina e effemeridi riferite alla vostra località su Astronomiamo.it


La Luna di Aprile 2021

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I tenui colori della Luna di Valeriano Antonini. Per i dettagli di ripresa cliccare sull'immagine. Crediti Coelum Astronomia/Valeriano Antonini

Il mese di aprile si apre col nostro satellite che alle 00:00 sarà in fase di 18,5 giorni a un’altezza di +4°, essendo sorto da soli 30 minuti ma già pronto a farsi osservare dai nostri strumenti fino all’alba del mattino seguente, basterà attendere un’ora circa affinché migliori la propria declinazione.

Chi intendesse approfittare di questa anteprima del mese potrà disporre di una scelta veramente ampia, partendo dalle strutture situate lungo il terminatore che ormai si sarà già “mangiato”, tra l’altro, anche tutto il mare Crisium riservandoci però la possibilità di scandagliare l’estremità occidentale del mare Fecounditatis dove col Sole sempre più basso sull’orizzonte della Luna sarà un’ottima occasione per l’alta risoluzione in condizioni di illuminazione più o meno radente senza dimenticare di visitare anche lo spettacolare settore sudorientale col vasto cratere Janssen e la Vallis Rheita.
Procedendo verso ovest, ci si spalancheranno le immense aree basaltiche dei mari Serenitatis e Tranquillitatis oltre al meno vasto mare Nectaris, altra regione lunare ricchissima di spettacolari e imponenti strutture geologiche tra cui la lunga e profonda scarpata dei monti Altai con l’adiacente fotogenico terzetto dei crateri Theophilus, Cyrillus, Catharina.
Allontanandoci progressivamente dalla linea del terminatore in direzione ovest inevitabilmente diminuirà sempre più la visibilità dei dettagli superficiali sia nei mari che sugli altipiani ma con la contestuale possibilità di una migliorata percezione delle più tenui differenze di albedo quale diretta conseguenza del Sole che, in questo caso, sarà sempre più alto sull’orizzonte.

In considerazione della fase di Luna calante, nei giorni successivi la visibilità del nostro satellite sarà sempre più limitata alle ore notturne, entrando quindi in Ultimo Quarto alle ore 12:02 del 4 aprile. Come già specificato in precedenti articoli, questa fase lunare ha la peculiarità di consentire l’osservazione dell’intera area dell’immenso oceanus Procellarum oltre ai mari Frigoris, Imbrium, Nubium e Humorum i quali tutti insieme formano una enorme distesa di scure rocce basaltiche in netta prevalenza rispetto alla molto più limitata estensione degli altipiani con le loro rocce anortositiche a più elevata albedo.
Nel caso specifico sarà necessario attendere la notte seguente (il 5 aprile) quando alle ore 04:00 sorgerà in fase di 22,6 giorni.

Al capolinea della fase calante ormai giunta al termine, alle ore 04:31 del 12 aprile la Luna sarà in fase di Novilunio pronta a una immediata ripartenza questa volta in fase crescente per un nuovo ciclo lunare che la condurrà alla portata dei nostri strumenti in fasce orarie serali progressivamente sempre più comode.

Alle ore 08:59 del 20 aprile il nostro satellite sarà in Primo Quarto in fase di 8 giorni a -19° sotto l’orizzonte. Sorgerà pertanto alle ore 12:03 e dopo la culminazione in meridiano delle 20:03, dalle ore 21:00 circa si renderà perfettamente visibile fino a notte inoltrata quando andrà a tramontare poco prima delle ore 04:00.

Al termine della fase di Luna crescente, il nostro satellite sarà in Plenilunio alle ore 05:31 del 27 aprile a un’altezza di +9° alla distanza di 356.489 km dalla Terra e in attesa di tramontare un’ora più tardi.
Per chi intendesse rivolgere il proprio telescopio alla Luna Piena il consiglio è di approfittarne in tarda nottata (contestualmente al Plenilunio) mentre attendendo le ore serali, quando cioè la Luna sorgerà alle ore 21:00, l’avanzata della linea del terminatore renderà già evidente la progressione della fase di Luna calante. Tutto dipenderà dal target prescelto in stretta relazione con la differente altezza del Sole sull’orizzonte della Luna.

➜ Leggi la Guida all’osservazione della Luna Piena

Nelle successive serate il nostro satellite sorgerà progressivamente più tardi fino ad affacciarsi all’orizzonte orientale per l’ultima volta in questo mese alle ore 23:43 del 29 aprile in fase di 17.8 giorni.
Sarà l’occasione propizia per scandagliare a fondo il settore più occidentale del mare Crisium in prossimità del terminatore con gli spettacolari promontori di Cape Lavinium e Cape Olivium, ma saremo già in Maggio. Ne riparleremo.

LIBRAZIONI nel mese di APRILE

(In ordine di calendario, per i dettagli vedere le rispettive immagini).
Si precisa che, per ovvi motivi, non vengono indicati i giorni in cui i punti di massima Librazione si allontanano dalla superficie lunare illuminata dal Sole.

Librazioni Regione Polare Sud:

26 aprile: Librazione sud cratere LE GENTIL. Fase 14 giorni, sorge 19:35.

Librazioni Regione Sudest:

27 aprile: Librazione sud cratere GILL. Fase 15.7 giorni, sorge 20:58.


Il Cielo di Aprile 2021

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La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Apr > 00:00; 15 Apr > 23:00; 30 Apr > 22:00. Crediti Coelum Astronomia CC-BY
La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Apr > 00:00; 15 Apr > 23:00; 30 Apr > 22:00. Crediti Coelum Astronomia CC-BY

Luna ⁄   SolePianeti

Solo l’Auriga, con la splendente Capella, e i Gemelli, con Castore e Polluce, più alte in declinazione, terranno ancora testa alle incalzanti costellazioni primaverili.

Tra queste, l’imponente figura trapezoidale del Leone, con la brillante Regolo, dominerà il cielo al meridiano, seguito più a est dalla Vergine, di cui sarà facile individuare la bella Spica, e dal Boote, con la rossa Arturo. Vicine alla Vergine scorgiamo le piccole ma inconfondibili sagome del Corvo e della Coppa, seppur disegnate da stelle deboli.

Sull’orizzonte di est-nordest, comincerà invece ad alzarsi la figura dell’Ercole, seguita a notte fonda dalla Lira e dal Cigno, le cui stelle principali, Vega e Deneb, tracciano (assieme ad Altair, nell’Aquila) il famoso “triangolo” che ci porta ad assaporare già, con la mente, il caldo periodo estivo.

Lo zenit sarà invece dominato dal Grande Carro dell’Orsa Maggiore.

Per arricchire l’osservazione, vediamo gli approfondimenti dedicati al ricco campo della costellazione del Toro nella rubrica di Stefano Schirinzi. Mito, scienza e curiosità fino alla scoperta dei tesori delle profondità del cosmo:

➜ I parte: La costellazione del Toro: la storia e il mito
➜ II parte: L’ammasso delle Iadi, storia e scienza
➜ III parte: Iadi: le stelle e i loro dintorni
➜ IV parte: …è il momento di Aldebaran!

IL SOLE

Il Sole si muoverà nella costellazione dei Pesci fino al 20 aprile, data in cui entrerà in Ariete. Complessivamente, nel corso del mese guadagnerà 10° in declinazione, passando dai +53° ai +63° come massima altezza raggiunta sull’orizzonte al momento del transito al meridiano. Ciò si tradurrà in una durata della notte astronomica che supererà di poco le 7 ore (in media): se a inizio mese il crepuscolo astronomico (cioè con il Sole sotto l’orizzonte di circa 18°) finirà verso le 21:15, alla fine bisognerà attendere le 22:15, mentre al mattino le osservazioni non potranno protrarsi mediamente oltre le 5:00.

Da questo mese (come ormai saprete) Coelum Astronomia ha per il momento sospeso la pubblicazione in formato rivista. Ma molte delle informazioni che normalmente potevate leggere nel numero, verranno comunque pubblicate online in attesa di definire quale sarà il nuovo corso. Questa pagina del Cielo del Mese cambia quindi impostazione e si arricchisce di parte di quelle informazioni che erano riservate alle pagine della rivista.

I PIANETI

Vediamo allora la situazione di visibilità dei pianeti, uno per uno, tenendo sempre conto che gli orari sono espressi in TMEC, cioè l’ora locale indicata dai nostri orologi!

Mercurio

Mercurio con mappa di Raimondo Sedrani su PhotoCoelum. Clicca per maggiori informazioni sulle condizioni e gli strumenti di ripresa. Crediti Coelum Astronomia/Raimondo Sedrani

Osservabile al tramonto a fine mese. Per Mercurio aprile non sarà un mese molto favorevole: il giorno 19 raggiungerà infatti la congiunzione superiore con il Sole, risultando totalmente inosservabile. Non solo, il pianeta trascorrerà la prima parte del mese muovendosi verso questa condizione orbitale e, buona parte dei giorni successivi al 19, per riemergerne, lasciandoci quindi solo pochi giorni per osservarlo, proprio sul finire del mese.

In compenso, ci farà piacere sapere che il piccolo pianeta si sta preparando per quella che sarà la sua migliore apparizione serale dell’anno, nel corso del mese di maggio.

Il 27 aprile il pianeta sarà al perielio, cioè alla sua minima distanza dal Sole.

Venere

Inosservabile per tutto il mese. Dopo aver raggiunto la congiunzione superiore con il Sole lo scorso 26 marzo, Venere si trova prospetticamente ancora molto vicino al Sole, condizione per la quale risulta totalmente inosservabile per noi osservatori terrestri.

Dovremo quindi pazientare un po’, dato che lo ritroveremo nel cielo della sera solo più avanti, nella prima decade di maggio, quando però sarà ancora bassissimo sull’orizzonte, immerso nelle luci del tramonto.

Marte

Marte di giorno di Raimondo Sedrani. Un bellissimo Marte ripreso in diurna, per tutte le informazioni di ripresa clicca sull'immagine! Crediti: Coelum Astronomia Raimondo Sedrani

Osservabile nella prima parte della notte. Nonostante Marte si stia progressivamente allontanando dalla Terra, diminuendo così la sua luminosità e il suo diametro apparente, potremo ancora approfittare della sua presenza in cielo in buona posizione per osservarlo e fotografarlo.

Quando il cielo si sarà fatto sufficientemente buio, la sera già alle ore 21 circa, troveremo il Pianeta Rosso tra le stelle del Toro, non distante dalla stella Elnath (Beta Tauri, mag. +1,65), alto quasi 41° sull’orizzonte ovest-sudovest. Avremo a disposizione alcune ore per osservarlo prima che tramonti alle ore 1:12 a inizio mese, orario anticipato alle 0:37 a fine aprile.

Il giorno 24 Marte varca i confini della costellazione dei Gemelli.

Giove

Osservabile nella seconda parte della notte. Per Giove (ma anche per Saturno, come vedremo tra poco) sta per iniziare un buon periodo osservativo, concentrato nella seconda parte della notte.

In aprile, il grande pianeta sorge infatti alle ore 5:06 circa, orario che ci lascia un po’ di margine rispetto alla levata del Sole per puntare i nostri strumenti verso il gigante gassoso. Lo troveremo, brillante (mag. –2,1) anche a occhio nudo, tra le stelle Capricorno fino al 25 aprile, dopodiché entrerà nella costellazione dell’Acquario.

A fine mese la sua levata sull’orizzonte orientale sarà anticipata già alle ore 3:25 con un margine ben più ampio sul sorgere del Sole (ore 6:10), lasciandoci quindi un buon numero di ore per osservarlo, anticipando una sicuramente più comoda condizione osservativa di cui potremo godere nel mese di maggio.

Sfida Luna-Giove-Saturno di Lamberto Sassoli. Una stupenda ripresa, al limite della visibilità della congiunzione tra la sottile falce di Luna e le prime apparizioni all'alba di Giove e Saturno. Per tutti i dettagli della ripresa cliccare sull'immagine. Crediti Coelum Astronomia/Lamberto Sassoli

Saturno

Osservabile nella seconda parte della notte. Per Saturno il discorso è analogo a quello fatto per Giove: aprile sarà un mese in cui potremo sicuramente dedicarci all’osservazione del pianeta con l’anello, anche se ancora non potremo goderne al meglio, rimandando le osservazioni più comode e soddisfacenti al mese di maggio. Ciononostante, potremo sicuramente puntare i nostri strumenti verso Saturno anche in aprile: lo troveremo per tutto il mese tra le stelle del Capricorno, nei pressi di Theta Capricorni (mag. +4).

Sorgendo prima rispetto a Giove, sarà più facile trovarlo nel cielo, anche se la sua magnitudine più elevata (mag. +0,7) farà sì che il chiarore del cielo del crepuscolo mattutino lo “inghiotta” prima di Giove, rendendolo invisibile.

A inizio aprile sorge alle ore 4:33, mentre a fine mese sorge alle 2:44.

Uranus di Luigi Morrone. Tutti i dettagli e la ripresa originale cliccando sull'immagine. Crediti Coelum Astronomia/Luigi Morrone

Urano

Inosservabile – In congiunzione con il Sole. Lo sappiamo, Urano è uno di quei soggetti che anche in buone condizioni risultano ostici da osservare, serve sempre uno strumento, ma in aprile non potremo proprio tentare l’osservazione, con il pianeta che il 30 aprile sarà in congiunzione con il Sole. Risulterà pertanto completamente inosservabile. L’appuntamento con Urano è rimandato a giugno.

Nettuno

Praticamente inosservabile. Nettuno è il più remoto dei pianeti del Sistema Solare, osservabile solo con uno strumento. Pur avendo superato la sua congiunzione eliaca, in aprile le sue condizioni osservative saranno ancora così cattive da renderlo praticamente inosservabile. Il 30 aprile sorge alle ore 4:24 e, quando il pianeta si sarà fatto appena un po’ più alto sull’orizzonte, il cielo sarà già fortemente rischiarato dal Sole, in procinto di sorgere.
Niente da fare quindi, dobbiamo attendere ancora per dedicarci all’osservazione di questo gigante ghiacciato.

La Luna

Ogni mese Francesco Badalotti ci guida attraverso le formazioni più interessanti da osservare in ogni fase del nostro satellite, che troverete in un articolo apposito sempre nella sezione Cielo del Mese, assieme a tutte le librazioni, un secondo articolo vi introdurrà all’approfondimento, che questo mese conclude il lungo viaggio che ci ha consentito di attraversare una regione dominata dai vastissimi altipiani delle estreme regioni sudorientali spostandoci poi sempre più in direzione nord, il target di questo mese sarà il lato sudoccidentale del mare Tranquillitatis. Per l’occasione la data prescelta è la serata del 18 aprile, e andremo a “vedere da vicino” le Rimae Hypatia, Ariadaeus e Hyginus, i crateri Dionysius, De Morgan, Cayley, Whewell, Ariadaeus e Boscovich, il monte Schneckenberg e il mare Vaporum.

Tenete d’occhio queste pagine nei giorni precedenti il 18 aprile!

Per quanto riguarda invece la luce cinerea e le sottili falci di Luna l’appuntamento è nella seconda parte della notte e prima dell’alba l’8 e 9 aprile e, dopo il Novilunio, le sere del 13 e 14 aprile. Anche in questo caso, per dettagli e formazioni da osserva… tenete d’occhio le nostre pagine in prossimità delle date!

Sciami meteorici

Ad aprile gli occhi potranno essere puntati – complice l’assenza del disturbo lunare – sulle alfa Virginidi, che raggiungeranno la massima frequenza oraria il 10 aprile, sulle gamma Virginidi, con massima attività il 13 aprile e sulle sigma Virginidi, con picco delle meteore il 17 aprile.

Ma lo sciame meteorico più attivo del mese è quello delle Liridi (picco il 22 aprile).

E ancora su Coelum astronomia 253

➜ Giorgia Hofer ci porta con le sue immagini attraverso le quattro stagioni del Grande Carro

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Un giorno da Curiosity

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Curiosity, sol 3048. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech. Processing: Elisabetta Bonora & Marco Faccin / aliveuniverse.today
Curiosity, sol 3048. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech. Processing: Elisabetta Bonora & Marco Faccin / aliveuniverse.today

Diciamocela tutta: con il lancio di Perseverance su Marte, le attività del suo predecessore Curiosity sono passate un po’ in sordina. Se ne parla meno un po’ ovunque, insomma. Ma non dappertutto. Sul sito Apod della Nasa, che ogni giorno pubblica una spettacolare immagine del nostro universo, il 25 marzo 2021 la scena è stata tutta sua.

Per la foto astronomica del giorno la scelta dell’agenzia spaziale statunitense è infatti caduta su un paesaggio realizzato a partire dalle immagini catturate proprio dal rover della missione Mars Science Laboratory (Msl).

L’immagine la vedete qui sopra: si tratta di un suggestivo panorama a 360 gradi prodotto a partire da oltre un centinaio di frame che la Mastcam left – l’occhio sinistro del rover – ha ottenuto il 4 marzo scorso, durante il suo 3048esimo giorno di missione.

In primo piano c’è una parte del rover (notate lo squarcio in una delle ruote che ne ha rallentato un po’ l’andatura). Spostando lo sguardo più avanti c’è poi lo splendido paesaggio marziano del cratere Gale. Al centro dell’immagine è visibile il Mont Mercou, la regione dove il rover si trova attualmente, mentre in fondo a sinistra si nota la vetta del Monte Sharp. A incorniciare il tutto, le gelide e sottili nubi che adornano il cielo color rosato del pianeta, formazioni simili ai nostri cirri prodotte – almeno in parte – da quello che viene chiamato “fumo meteorico“: polvere ghiacciata creata dalla pioggia di detriti meteorici che si schiantano contro l’atmosfera del pianeta – i “semi” per la formazione delle nuvole.

Elisabetta Bonora, uno dei due autori del panorama di Marte scelto ieri dalla Nasa come immagine astronomica del giorno

Per creare la composizione sono state utilizzate in particolare ben 146 di 187 immagini grezze realizzate, come detto, il 4 marzo 2021 da Curiosity. Uno dei due autori del post-processamento dei singoli scatti e dell’opera di cucitura ad arte – è il caso di dirlo – degli stessi per ottenere il mosaico è Elisabetta Bonora. Nata a Roma, ha frequentato il liceo artistico e poi architettura alla Sapienza, ma nel frattempo si appassionava anche all’informatica. Subito dopo gli studi ha iniziato a lavorare in ambito web, assistendo all’evoluzione del concetto di sito e portale e di un diverso modo di comunicare e condividere le informazioni. Da diversi anni si occupa di marketing e comunicazione, mentre nel tempo libero si dedica alla divulgazione scientifica, collaborando con alcune riviste del settore come Coelum Astronomia e Oggi Scienza. Ma non perde occasione per coltivare l’altra sua grande passione: lo space imaging processing, ovvero il processamento delle immagini di missioni robotiche condivise dalle agenzie spaziali. Com’è accaduto in questo caso.

Quali sono le caratteristiche di questo quadro di uno scorcio di Marte?

«È un mosaico 20000 × 5743 pixel composto da 149 frame: 126 formano il paesaggio, 23 il cielo. Le due sequenze sono state riprese in momenti diversi del sol 3048 (4 marzo 2021) e non sono consecutive. Qui sono state unite “artisticamente” insieme per dare un’idea complessiva del paesaggio».

Che tipo di attività di post-processing c’è dietro?

«C’è molto lavoro. Le immagini vengono fornite in formato raw nel catalogo ufficiale. Nel caso specifico, queste sono dei bayer, quindi hanno richiesto in processo di de-bayerizzazione per tirar fuori l’informazione colore, diversi passaggi per migliorare la qualità riducendo gli artefatti, l’allineamento per comporre il grande mosaico e ulteriori passaggi di equalizzazione, sia cromatica che di esposizione, cercando di non perdere definizione. Alcuni di questi interventi sono completamente manuali perché anche il miglior software fotografico non ha così tanta sensibilità».

C’è chi lo ha definito “il primo panorama marziano con le nuvole”. È davvero così?

«Sì, è vero è stato definito così da alcuni utenti della rete. Le nuvole di Marte sono state riprese molte volte dai lander e dai rover di superficie, fin dalle missioni Viking. Singoli frame o mosaici sono stati realizzati in bianco e nero, a colori o colorizzati ma in effetti, se la memoria non mi inganna, direi che questo è il primo panorama 360 a colori completo di nuvole».

Da dove nasce questa sua passione per la grafica e l’elaborazione delle immagini?

«Ho una formazione artistica ma anche informatica. Quindi passare dalla tavolozza all’image processing è stato piuttosto naturale. Mi sono avvicinata alle “foto spaziali” con le immagini della Cassini-Huygens, belle come opere d’arte».

Perché, con Perseverance in auge, lavorare su immagini di Curiosity?

«Questo è un hobby che in alcuni casi ha dato e dà le sue soddisfazioni, riceve riconoscimenti e porta a collaborazioni. Ovviamente ora Marte va molto di moda, ma passo volentieri del tempo anche sulle immagini di altre missioni robotiche, storiche o in corso. Sicuramente le immagini di Perseverance costituiscono una nuova sfida dal punto di vista dell’image processing – nuove fotocamere, nuovi formati, nuovi problemi da affrontare… – ma ritengo che Curiosity stia vivendo proprio ora, forse, la fase più bella e interessante della sua avventura marziana. E le immagini spettacolari che sta inviando lo testimoniano. Inoltre, le missioni non finiscono mai veramente: le foto rimangono nella memoria del pubblico, i dati rimangono un regalo inestimabile per gli scienziati (e tutti noi) per molti anni a venire».

Oltre ad occuparsi di post-produzione di immagini, è anche una divulgatrice scientifica. Ha scritto un libro, Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno, edito da Delfino & Enrile editori, e cura aliveuniverse.today. Come lo definirebbe: un sito web, un blog o cos’altro?

«Aliveuniverse.today è un sito web amatoriale gestito in collaborazione con amici appassionati di spazio, fisica e astronomia, a cui ciascuno dedica buona parte del proprio tempo libero e delle proprie energie. Cerchiamo di non essere un semplice blog di notizie ma di aggiungere sempre qualcosa in più quando le raccontiamo e di fornire contenuti unici, come le immagini che elaboriamo o le rubriche statistiche dedicate ai Neo e alle missioni robotiche».

Come è nata l’idea?

«L’dea è nata nel 2012 in occasione dell’arrivo di Curiosity su Marte. Io già mi occupavo di image processing e raccoglievo le immagini elaborate su Flickr insieme a Marco Faccin (con cui ho realizzato anche il mosaico pubblicato ieri dall’Apod), ma avevo il costante desiderio di raccontare le storie e le scoperte dietro quelle foto spettacolari».

Sui social scrive: “Amo le missioni robotiche inviate nel nostro Sistema solare per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima!”. Il messaggio è chiaro: è una fan di Star Trek. È da questa sci-fiction che è cominciata l’altra sua grande passione, l’astronomia e lo spazio?

«Molto prima, ma Star Trek ha contribuito tantissimo. La passione per l’astronomia e lo spazio è iniziata più o meno all’età di tre anni, non appena sono riuscita a impugnare il pesantissimo e vecchio binocolo di mio nonno e da allora non ho mai smesso di camminare con il naso all’insù. Poi, quando ero bambina, invece dei cartoni animati guardavo il capitano Kirk esplorare “nuovi mondi”».

LICENZA PER IL RIUTILIZZO DEL TESTO

Di Elisabetta Bonora, su Coelum Astronomia, tra gli altri:


Una nuova flotta scientifica ha raggiunto MARTE. Hope, Tian Wen 1 e i sette minuti di terrore di Perseverance ad alta risoluzione e a colori. Le prime immagini inviate dal rover dal Pianeta Rosso.

Coelum Astronomia di Marzo 2021
è online, come sempre in formato multimediale digitale, scaricabile e stampabile in pdf e totalmente gratuito.

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Mars2020. In aprile il volo di Ingenuity

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Un'illustrazione che mostra in primo piano Ingenuity, l'elicottero drone della NASA che volerà per primo nella Storia su Marte. Credits: NASA/JPL-Caltech

La NASA sta prendendo di mira non prima dell’8 aprile l’elicottero Ingenuity Mars per effettuare il primo tentativo di volo a motore controllato di un aereo su un altro pianeta. Prima che il rotorcraft da 4 libbre (1,8 chilogrammi) possa tentare il suo primo volo, tuttavia, sia lui che il suo team devono raggiungere una serie di traguardi scoraggianti.

Perseverance, arrivato su suolo marziano il 18 febbraio scorso dopo i temuti 7 minuti di terrore della discesa (per la prima volta completamente documentati), si appresta ora a mettere le basi di un nuovo storico passaggio per quanto riguarda l’esplorazione marziana: la ricognizione aerea della superficie.

Su Marte la NASA ha già portato più di qualche rover, ma per quanto abbiano macinato chilometri la loro possibilità di spostamento è comunque ridotta. Basti pensare che il maratoneta, al momento, della flotta, Opportunity, è arrivato a percorrere in 14 anni di attività oltre 45 chilometri, mentre Curiosity sta per raggiungere il traguardo dei 25 km. Per aumentare il raggio di esplorazione serve un mezzo che possa superare più velocemente ostacoli e terreni poco conosciuti, e sulla terra sarebbe facile: tra elicotteri e droni possiamo raggiungere luoghi preclusi ai mezzi su strada, monitorare e sorvolare ampie zone di terreno impervio in poco tempo.

Marte però ha un’atmosfera molto più rarefatta, attorno all’1% di densità rispetto a quella terrestre, mentre la sua gravità è solo di un terzo inferiore alla nostra. anche se fin da subito si è capito che sarebbe stato necessario arrivare a questo passo, concretizzarlo non era altrettanto semplice. «Quando il rover Sojourner della NASA è atterrato su Marte nel 1997, ha dimostrato che viaggiare sul Pianeta Rosso era possibile e ha completamente ridefinito il nostro approccio al modo in cui esploriamo Marte. Allo stesso modo, vogliamo conoscere il potenziale che Ingenuity può offrire al futuro della ricerca scientifica», ha dichiarato Lori Glaze, direttore della Divisione di scienze planetarie presso la NASA. «Dal nome appropriato, Ingenuity è una dimostrazione tecnologica che mira ad essere il primo volo a motore su un altro mondo e, in caso di successo, potrebbe espandere ulteriormente i nostri orizzonti e ampliare la portata di ciò che è possibile con l’esplorazione di Marte».

Per poter generare una portanza sufficiente per farlo volare in un’atmosfera così rarefatta, gli ingegneri gli hanno fornito due serie di enormi pale larghe 1,2 metri che ruotano circa 10 volte più velocemente di quelle degli elicotteri sulla Terra.

In questa immagine, scattata il 29 aprile 2020, è visibile la parte inferiore del rover, insieme all'elicottero Ingenuity (in basso al centro dell'immagine). Crediti NASA / JPL-Caltech

Ingenuity ha viaggiato protetto nella “pancia” di Perseverance fino al 21 marzo, quando il rover ha dispiegato lo scudo che lo proteggeva. In questi giorni Perseverance si sta spostando verso una zona relativamente pianeggiante e priva di grossi ostacoli che sarà il campo di prova per il piccolo drone elicottero. Una volta parcheggiato nel posto più adeguato, Ingenuity avrà a disposizione 30 giorni per fare il suo tentativo.

Ma gli ostacoli, l’aria rarefatta, la gravità, non sono i soli problemi che deve affrontare. L’energia solare che arriva su Marte è la metà di quella che arriva a Terra, e la notte è estremamente più gelida. Ingenuity doveva essere piccolo e leggero, per poter essere trasportato fin lì e per poter volare nell’atmosfera rarefatta, quindi la sfida è stata anche fornirgli strumentazione da poter garantire abbastanza energia per volare e calore per resistere alla notte marziana, una volta privo del suo scudo di protezione.

«Ogni passo che abbiamo fatto, da quando questo viaggio è iniziato sei anni fa, è stato territorio inesplorato nella storia dei veivoli», spiega Bob Balaram, ingegnere capo di Mars Helicopter al JPL. «E se essere  rilasciato sulla superficie sarà una grande sfida, sopravvivere a quella prima notte su Marte da solo, senza che il rover lo protegga e lo mantenga alimentato, sarà una sfida ancora più grande».

Il campo in cui verrà rilasciato ha una dimensione di 10 x 10 metri, e solo quando Perseverance si troverà esattamente al centro di quest’area inizierà l’elaborato processo per schierare l’elicottero sulla superficie di Marte.

«Come con tutto ciò che riguarda l’elicottero, questo tipo di schieramento non è mai stato fatto prima», racconta Farah Alibay, responsabile del Mars Helicopter per il rover Perseverance. «Una volta avviato non si può tornare indietro. Tutte le attività sono strettamente coordinate, irreversibili e dipendenti l’una dall’altra. Se c’è anche un accenno che qualcosa non sta andando come previsto, potremmo decidere di aspettare un sol o più fino a quando non capiremo meglio cosa sta succedendo».

Il processo richiederà circa sei sol (sei giorni e quattro ore sulla Terra). Al primo sol, il team a Terra attiverà un dispositivo di esplosione dei bulloni, rilasciando un meccanismo di blocco che ha aiutato a tenere saldamente l’elicottero contro la pancia del rover durante il lancio e l’atterraggio su Marte.

Il secondo sol, un dispositivo pirotecnico tagliacavi consentirà al braccio meccanizzato che trattiene Ingenuity di ruotare l’elicottero dalla sua posizione orizzontale permettendogli di estendere due delle sue quattro gambe di atterraggio.

Durante il terzo sol, un piccolo motore elettrico finirà di far ruotare Ingenuity finché non si bloccherà, portando l’elicottero completamente verticale.

Durante il quarto sol Ingenuity stenderà le ultime due gambe di atterraggio. Durante questi quattro gironi marziani l’imager WATSON (Wide Angle Topographic Sensor for Operations and eNgineering) acquisirà scatti di conferma per il controllo di tutte le varie fasi. Nella sua posizione finale, l’elicottero rimarrà sospeso a circa 13 centimetri sulla superficie marziana. A quel punto, solo un singolo bullone e un paio di dozzine di minuscoli contatti elettrici collegheranno l’elicottero a Perseverance.

Al quinto sol del dispiegamento, il team sfrutterà l’ultima opportunità di utilizzare Perseverance come fonte di energia e caricare le sei celle della batteria di Ingenuity.

Eccolo, sempre in una illustrazione, sulle sue quattro gambe dopo aver tagliato il cordone ombelicale che lo metaforicamente ma non solo lo teneva legato a Perseverance, che si allontana dal campo di volo. Crediti: NASA/JPL-Caltech.

«Una volta tagliato il cordone con Perseverance e lasciato cadere per gli ultimi 13 centimetri sulla superficie, vogliamo che il nostro amico si allontani il più rapidamente possibile in modo da poter cogliere i raggi del Sole sul nostro pannello solare e iniziare a ricaricare le nostre batterie», ha detto Balaram.

Nel sesto e ultimo sol il team dovrà confermare tre cose: che le quattro gambe di Ingenuity sono saldamente sulla superficie del cratere Jezero, che il rover si sia spostato a circa 5 metri di distanza e che stia comunicando con tramite le rispettive radio di bordo. Questa è la pietra miliare che avvia anche l’orologio di 30 sol durante i quali vanno effettuati tutti i controlli preliminari e conclusi i test di volo.

Il primo test di volo, infatti, non avverrà però molto presto. Prima di spiccare il volo, sperando che il piccolo Ingenuity riesca a superare la prima fredda notte e le successive, il team a terra dovrà essere certo che tutto funzioni a dovere: farà una serie di test facendo roteare le pale, verificando l’energia a disposizione, e controllando la situazione al contorno. Anche il meteo marziano ha infatti un ruolo importante nell’esperimento, in particolare Perseverance controllerà la situazione dei venti grazie alle misurazioni effettuate dal Mars Environmental Dynamics Analyzer (MEDA) che ha a bordo di Perseverance, che possiede numerosi sensori atmosferici. Fortunatamente le previsioni su Marte sono più semplici di quelle sulla Terra, l’assenza di oceani e l’aria rarefatta rendono l’andamento del meteo piuttosto prevedibile, secondo le stagioni e a distanza di pochi giorni.

Una volta che il team sarà pronto per il primo volo Perseverance riceverà e trasmetterà a Ingenuity le istruzioni dei controllori di missione, che farà funzionare i suoi rotori a 2.537 giri/min e, se tutti gli autocontrolli finali saranno buoni, decollerà.

Dopo essere salito a una velocità di circa 1 metro al secondo, l’elicottero rimarrà sospeso a 3 metri sopra la superficie per un massimo di 30 secondi. Quindi, il Mars Helicopter scenderà e atterrerà di nuovo sulla superficie marziana. Diverse ore dopo il primo volo, Perseverance effettuerà il downlink della prima serie di dati tecnici di Ingenuity e, possibilmente, di immagini e video dalle telecamere di navigazione del rover e dalla Mastcam-Z.

Ingenuity ha solo questo storico e importante compito, riuscire a volare su Marte. Non ha strumenti scientifici a bordo né camere per ottenere informazioni scientifiche, è solo un importante esperimento ingegneristico per aprire la strada a un nuovo modo di esplorazione marziana, e che tornerà utile anche durante le missioni umane su Marte. Fornirà un punto di vista unico, diverso da quello degli orbiter attuali, o dei rover a terra, ravvicinato e ad alta definizione per la ricognizione di robot o esseri umani, e potrebbe persino aiutare a trasportare carichi utili che siano leggeri ma vitali da un sito all’altro.

La strumentazione di bordo di Ingenuity è ridotta al minimo necessario per farlo volare, comunicare e avere l'energia necessaria per tutto questo e per farlo sopravvivere alla notte marziana. In questo primo tentativo non poteva esserci spazio per strumentazione scientifica o camere di ripresa. Ci penserà Perseverance a inviarci più dati possibili (immagini e video compresi!) sui tentativi di volo. Noi non vediamo l'ora! Crediti

Solo dopo l’analisi dei dati trasferiti la prima sera dopo il volo, il team di Mars Helicopter si aspetta di essere in grado di decretare il successo del primo volo su Marte e utilizzerà tutte le informazioni ricevute per determinare quando e come procedere con il prossimo test.

«Marte è difficile», spiega MiMi Aung, project manager di Ingenuity  al JPL. «Il nostro piano è quello di lavorare qualsiasi cosa il Pianeta Rosso ci getterà contro, nello stesso modo in cui abbiamo gestito ogni sfida che abbiamo affrontato negli ultimi sei anni: insieme, con tenacia, molto duro lavoro e un po’ di Ingegno».

Scarica il modello 3D di Mars Ingenuity Helicopter

Costruiamo un Ingenuity, molto stilizzato, in carta!


Una nuova flotta scientifica ha raggiunto MARTE. Hope, Tian Wen 1 e i sette minuti di terrore di Perseverance ad alta risoluzione e a colori. Le prime immagini inviate dal rover dal Pianeta Rosso.

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Astronomiamo

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LocCoelum_Marzo2021Corso online: Le atmosfere planetarie con la Dott.ssa Arianna Piccialli (Royal Belgian Institute for Space Aeronomy).

Webinar

18.03: Di chi è lo spazio? Con il dr. Luciano Anselmo

01.04: Esopianeti e Proxima. Con il dr. Mario Damasso

Per informazioni:

www.astronomiamo.it

UAI – Unione Astrofili Italiani

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22-28 marzo – Le Strade delle Costellazioni
L’Astronomia a Scuola, con le Delegazioni UAI: si propone una settimana dedicata all’osservazione delle costellazioni, ai moti apparenti delle stelle e al moto della Luna e di Marte fra le stelle.
Per informazioni: http://www.uai.it/didattica

Hayabusa-2, lo scrigno si apre…

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Tre porzioni di campioni, mezzo grammo ciascuna, prelevati dalla "camera C" e posti su piattini larghi 2 cm.Credits: JAXA - Processing: Marco Di Lorenzo
Tre porzioni di campioni, mezzo grammo ciascuna, prelevati dalla "camera C" e posti su piattini larghi 2 cm.Credits: JAXA - Processing: Marco Di Lorenzo

Sono passati 2,5 mesi dall’arrivo della capsula nel deserto di Woomera, in Australia, ma l’analisi dei campioni è ancora al principio. Qui sotto vediamo i vari pezzi della capsula: a sinistra lo scudo termico frontale, al centro la parte posteriore (apparentemente malandata) e a desta il modulo strumentale posto tra i due. Insieme al paracadute e all’elettronica di controllo, nei giorni scorsi, questi tre elementi sono stati esposti al pubblico, nel museo cittadino di Sagamihara; presto verranno spostati al National Science Museum.

Gli elementi esterni che costituiscono la capsula, atterrata lo scorso 6 dicembre in Australia - Credits: JAXA - Processing: Marco Di Lorenzo

La capsula era peraltro equipaggiata con due schede di memoria flash che sono state rimosse solo il 19 febbraio; su tali schede erano stivati anche i dati di telemetria, circa 1 MB di informazioni relative a velocità angolare, accelerazione e temperatura nei 7 minuti prima e dopo del rientro; la temperatura, registrata con una cadenza di 1 Hz in 9 punti in all’interno della capsula, è rimasta ampiamente entro i limiti previsti.

Schemi che mostrano la collocazione e le suddivisioni interne del cilindro porta-campioni - Credits: JAXA - Processing: Marco Di Lorenzo

Il componente più prezioso, però, è stato separato ed è gelosamente conservato in un luogo speciale, come vedremo tra poco. Stiamo parlando, naturalmente, del piccolo cilindro porta-campioni, il cosiddetto “Sample Catcher”, separato al suo interno in tre diverse camere A,B,C; la figura qui sotto ne mostra la collocazione al centro della capsula e la sua struttura interna.

Di seguito vediamo la “camera pulita” dedicata a tali delicate analisi. Si tratta praticamente di un laboratorio completamente isolato dall’esterno, con cinque differenti comparti dedicati alle varie fasi della lavorazione. Il contenitore cilindrico contenente i campioni è stato prima aperto in condizioni di vuoto nella camera CC3-1, rimuovendone il coperchio e rivelando il contenuto della “Chamber A”; i campioni in essa contenuti dovrebbero essere quelli raccolti nel primo touchdown. Una parte di questo materiale è stato rimosso e stivato sottovuoto, per poi spostare il cilindro nello scomparto CC3-3, aprendo progressivamente le tre camere in un ambiente saturo di azoto.

Per saperne di più sulla missione, cliccando sull'immagine lo speciale pubblicato in occasione dell'arrivo della sonda attorno a Ryugu.
La camera C contiene campioni prelevati nel secondo touchdown, in prossimità del cratere artificiale di 18 metri di diametro scavato da Hayabusa; vediamo alcune porzioni di questo materiale, dall’aspetto grigio-scuro, nell’immagine di apertura. La camera B, invece, dovrebbe contenere campioni di polvere molto fine, dato che è rimasta aperta tra i due touchdown. In totale, sono stati riportati a terra 5,4 grammi di materiale e adesso si sta procedendo a redigere un catalogo dei grani macroscopici, con dimensioni comprese tra 1mm e 1 cm. All’inizio dell’estate, si prevede di iniziare l’analisi chimica dei campioni, alla ricerca di acqua, materiali idrati e composti organici.

Le varie camere sottovuoto in cui vengono spostati e processati i campioni - Credits: JAXA - Processing: Marco Di Lorenzo

Un’altra informazione registrata nelle schede flash sulla capsula è una lista di 226800 nomi e messaggi raccolti prima della partenza di Hayabusa-2 e provenienti per la maggior parte dal territorio giapponese (75%) ma anche da altre nazioni. Questi nomi hanno viaggiato con la sonda e sono tornati a Terra, mentre altri 183174 nomi sono rimasti su Ryugu, incisi all’interno di un “target marker”; in questa pagina è possibile rintracciare il proprio nome eventualmente inciso nell’ambito dell’iniziativa “Little Prince Million Campaign”, in onore al personaggio di Saint-Euxpéry.

La sonda madre, intanto, ha ancora oltre il 50% del carburante a bordo e sta viaggiando verso un piccolo asteroide noto come 1998 KY26; attualmente, Hayabusa-2 si trova ad oltre 68 milioni di km dalla Terra.

© Copyright Alive Universe


Sitografia e bibliografia:


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Aspettando il James Webb Telescope. Centaurus A

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In questa immagine, Centaurus A sfoggia il suo disco centrale deformato e i lunghi getti emessi dal suo nucleo, che svelano la presenza di un buco nero supermassiccio e la sua natura di galassia attiva. È la quinta galassia più luminosa del cielo e dista solo circa 13 milioni di anni luce dalla Terra, rendendola un obiettivo ideale per lo studio dei nuclei galattici attivi con il prossimo telescopio spaziale James Webb della NASA. Crediti: raggi X: NASA / CXC / SAO; ottica: Rolf Olsen; infrarossi: NASA / JPL-Caltech; radio: NRAO / AUI / NSF / Univ.Hertfordshire / M. Hardcastle

Il suo lancio per il momento è confermato nel 2021, e diventerà il principale Osservatorio spaziale al mondo per lo studio del nostro Sistema Solare e dei sistemi planetari di altre stelle, ma anche per studiare le misteriose strutture alle origini del nostro Universo. Il JWST (James Webb Space Telescope) sarà guidato dalla NASA in collaborazione con le agenzie spaziali europea e canadese, e uno dei suoi primi obiettivi sarà modellare il nucleo della nostra vicina, la galassia Centaurus A.

Centaurus A è una galassia gigante e vicina, facilmente osservabile e fotografabile con la nostra strumentazione amatoriale, ma le sue sembianze possono ingannare!
Quello che osserviamo sono fasce di scura polvere interstellare e ammassi di giovani stelle blu che attraversano la sua regione centrale, anche nel vicino infrarosso e ultravioletto la galassia appare tutto sommato quieta, ma spingendosi a lunghezze d’onda più estreme si rivela per quello che è davvero. P
assando ai raggi X e alla luce radio, ecco che dal nucleo di quella che è una galassia ellittica deforme, vediamo spettacolari getti di materiale espulsi, ben oltre i limiti della galassia, dal suo buco nero supermassiccio attivo — noto come
nucleo galattico attivo.

Ma cosa sta accadendo nel suo nucleo per provocare tutta questa attività? Saranno Nora Lützgendorf e Macarena García Marín dell’Agenzia spaziale europea che tenteranno per la prima volta a rispondere, e confermare le teorie, a queste domande utilizzando il telescopio spaziale James Webb, che consentirà ai ricercatori di scrutare attraverso il suo nucleo polveroso ottenendo immagini ad alta risoluzione.

«Ci sono così tante cose in ballo in Centaurus A», spiega Lützgendorf. «I gas, il disco e le stelle della galassia si muovono tutti sotto l’influenza del suo buco nero supermassiccio centrale. Poiché la galassia è così vicina a noi, saremo in grado di utilizzare Webb per creare mappe bidimensionali per vedere come il gas e le stelle si muovono nella sua regione centrale, come sono influenzate dai getti del suo nucleo galattico attivo, e potremo in definitiva caratterizzare meglio la massa del suo buco nero “.

I buchi neri supermassicci, al centro delle galassie attive, sono mostri voraci che periodicamente "attingono" dai dischi di gas e polvere che orbitano intorno a loro, il che può provocare massicci deflussi che influenzano, localmente ma non solo, la formazione stellare. Quando il telescopio spaziale James Webb della NASA inizierà a osservare nell'infrarosso i nuclei delle galassie attive, saremo in grado di "perforare" la cortina di gas e polveri, e ottenere immagini e dati ad altissima risoluzione. Questo permetterà ai ricercatori di comprendere con precisione come ogni processo scateni il successivo in un enorme circolo chiuso di processi all'interno dei quali si sviluppano anche quei lunghi getti perpendicolari che vediamo uscire dal nucleo galattico. Cliccare sull'immagine per ingrandire. Crediti: NASA, ESA e L. Hustak (STScI)

Cosa sappiamo di Centaurus A? Sicuramente è una galassia ben studiata finora, grazie proprio alla sua vicinanza: circa 13 milioni di anni luce. Risolta per la prima volta nella metà del 1800, proprio questa sua apparenza tranquilla, anche se deforme, l’ha tenuta fuori dagli interessi degli astronomi fino agli anni ’50, quando iniziò l’osservazione radio e i suoi getti vennero alla luce.

Nel 1954, si è così scoperto che Centaurus A deve essere il risultato della fusione di due galassie, che in seguito si è stimato potesse essere accaduto attorno ai 100 milioni di anni fa.

Nei primi anni 2000, è arrivata la stima della nascita dei due getti gemelli, che escono dal nucleo in direzioni opposte, datata circa 10 milioni di anni. Ma esaminandola nell’insieme dello spettro elettromagnetico è evidente che c’è molto altro da studiare e scoprire.

«Gli studi a lunghezze d’onda multiple di qualsiasi galassia sono come gli strati di una cipolla. Ogni lunghezza d’onda mostra qualcosa di diverso», spiega Marín. «Con gli strumenti del vicino e medio infrarosso di Webb, potremo vedere gas e polveri molto più freddi rispetto alle precedenti osservazioni e impareremo molto di più sull’ambiente al centro della galassia».

Il nucleo polveroso di Centaurus A è evidente alla luce visibile, ma i suoi getti si vedono meglio ai raggi X e in luce radio. Con le prossime osservazioni del telescopio spaziale James Webb della NASA luce infrarossa ad alta definizione, i ricercatori sperano di dare una migliore stima della massa del buco nero supermassiccio al centro della galassia, e di affinare dinamiche e origine di emissione dei getti. Crediti: raggi X: NASA / CXC / SAO; ottica: Rolf Olsen; infrarossi: NASA / JPL-Caltech; radio: NRAO / AUI / NSF / Univ.Hertfordshire / M. Hardcastle

Il team guidato da Lützgendorf e Marín osserverà Centaurus A non solo scattando immagini con il telescopio spaziale Webb, ma raccogliendo gli spettri elettromagnetici della luce emessa dalla galassia, che riveleranno informazioni ad alta risoluzione su temperature, velocità e composizioni del materiale al centro della galassia.

In particolare, lo spettrografo nel vicino infrarosso di Webb (NIRSpec and Mid-Infrared Instrument – MIRI) fornirà al team di ricerca una combinazione di dati: un’immagine più uno spettro all’interno di ciascun pixel di quell’immagine. Ciò consentirà ai ricercatori di costruire mappe in due dimensioni che li aiuteranno a identificare cosa sta succedendo dietro il velo di polvere al centro e ad analizzarlo da molte angolazioni in profondità.

Paragonando la galassia ad un giardino, in cui i botanici classificano le singole piante in base a specifiche caratteristiche, Marín spiega le differenze dalle precedenti osservazioni: «Se scatti un’istantanea di un giardino da una grande distanza, vedrai qualcosa di verde, ma con Webb saremo in grado di vedere le singole foglie e fiori, i loro steli e forse anche il terreno sottostante». Un paragone che rivela quanto il nuovo telescopio possa rivoluzionare la nostra conoscenza dell’Universo.

Centaurus A ripresa in luce visibile, ormai una decina di anni fa, da Alessandro Bares Cipolat: «La Galassia Centaurus A o NGC5128, nella costellazione australe del Centauro, distante circa 11 milioni di anni luce, in questa ripresa dal cielo del Khalahari, con un astrografo ASA da 30cm, sotto un cielo fantastico, unico!». Cliccando sull'immagine tutti i dettagli della ripresa su PhotoCoelum. Crediti Coelum Astronomia/Alessandro Bares Cipolat.
«Quando si tratta di analisi spettrale, conduciamo molti confronti», ha continuato Marín. «Se confronto due spettri di questa regione, forse scoprirò che ciò che è stato osservato contiene una popolazione prominente di giovani stelle. O confermerò quali aree sono sia polverose che riscaldate. O, magari, riusciremo a identificare l’emissione proveniente dal nucleo galattico attivo».

In altre parole, l’insieme degli spettri permette di osservare la galassia su molti livelli, che consentiranno al team di definire meglio, con precisione, cosa è presente e dove si trova. Il confronto con gli studi precedenti permetterà di confermare quanto già sappiamo, perfezionarlo o addirittura aprire nuovi orizzonti identificando nuove strutture.

Le mappe ad altissima risoluzione delle velocità del gas e delle stelle al centro del Centaurus A permetteranno ai ricercatori anche di modellare meglio le dinamiche e le caratteristiche del buco nero al centro della galassia: «Abbiamo in programma di utilizzare queste mappe per modellare come l’intero disco al centro della galassia si sposta per determinare con maggiore precisione la massa del buco nero», spiega Lützgendorf.

Sapendo come la gravità di un buco nero influenza la rotazione del gas vicino, in definitiva sarà possibile con i dati di Webb “pesare” il buco nero nel Centaurus A.

I ricercatori sperano anche di aprire nuovi orizzonti. «È possibile che troveremo cose che non abbiamo ancora considerato», spiega Lützgendorf, e Marin concorda: «L’aspetto più interessante di queste osservazioni è la potenzialità di fare nuove scoperte. Penso che potremmo trovare qualcosa che ci farà tornare sui vecchi dati raccolti e reinterpretare ciò che è stato visto in precedenza».


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Circolo Galileo Galilei

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Quest’anno abbiamo preferito non affrontare un tema unico, ma un mix di argomenti spaziando tra filosofia, sociologia, astronomia…Riprenderemo anche il tema della crisi climatica, lasciato in sospeso lo scorso anno. Anche noi, come tanti, abbiamo scelto gli strumenti che le tecnologie informatiche e telematiche mettono a disposizione. Per seguire gli appuntamenti basterà collegarsi:
– Al canale YouTube del Circolo Galilei https://www.youtube.com/channel/UClmcCdIqLo17JyI2ZNyECpg
– Sulla pagina Facebook di Officina 31021: https://www.facebook.com/Officina31021

26 marzoEmergenze planetarie: sostenibilità e strategie

Con Francesco Gonella, professore ordinario di Fisica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia – Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi

Per maggiori informazioni: http://circologalilei.somsmogliano.it/

Gruppo Astrofili di Piacenza

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Sarà possibile partecipare a tutti gli eventi collegandosi al servizio internet https://meet.jit.si/GruppoAstrofilidiPiacenza

25 marzo – La datazione degli ammassi stellari a cura di Michele Cifalinò
Per maggiori informazioni: http://www.astrofilipc.it/

Concorso fotografico invernale UAI

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Concorso_fotografico_Uai_cover

Concorso_fotografico_Uai_coverÈ stato posticipato al 28 febbraio il termine per partecipare al Concorso fotografico invernale indetto dal Gruppo giovani dell’Unione Astrofili Italiani (UAI), formato da Ilaria Calzia, Clara Odetti, Amir, Matteo Tivan e Samuele Martino. Il concorso è aperto a tutti i ragazzi (non ci sono limiti di età) affascinati dalla fotografia astronomica e desiderosi di condividere la propria visione del cielo invernale.

Per maggiori informazioni: https://www.uai.it/sito/news/uai-divulgazione/concorso-fotografico-invernale-ce-tempo-fino-al-28-febbraio-per-partecipare/

Scoperto il più distante quasar con potenti getti radio

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Questa rappresentazione artistica mostra come potrebbe apparire il quasar distante P172+18 con i suoi getti radio. Fino a oggi (inizio del 2021) è il quasar con getti radio più distante mai scoperto; è stato studiato con l'aiuto del VLT (Very Large Telescope) dell'ESO. È così distante che la sua luce ha viaggiato per circa 13 miliardi di anni per raggiungerci: lo vediamo com'era quando l'Universo aveva appena 780 milioni di anni. Crediti: ESO/M. Kornmesser
Questa rappresentazione artistica mostra come potrebbe apparire il quasar distante P172+18 con i suoi getti radio. Fino a oggi (inizio del 2021) è il quasar con getti radio più distante mai scoperto; è stato studiato con l'aiuto del VLT (Very Large Telescope) dell'ESO. È così distante che la sua luce ha viaggiato per circa 13 miliardi di anni per raggiungerci: lo vediamo com'era quando l'Universo aveva appena 780 milioni di anni. Crediti: ESO/M. Kornmesser

I quasar sono oggetti molto luminosi che si trovano al centro di alcune galassie e sono alimentati da buchi neri supermassicci. Quando il buco nero consuma il gas circostante, viene rilasciata una grande quantità di energia, consentendo agli astronomi di individuarli anche quando sono molto lontani.

Il quasar appena scoperto, chiamato P172+18, è così distante che la sua luce ha viaggiato per circa 13 miliardi di anni per raggiungerci: lo vediamo com’era quando l’Universo aveva appena 780 milioni di anni. Sebbene siano stati scoperti quasar più distanti, questa è la prima volta in cui gli astronomi riescono a identificare segni inequivocabili della presenza di getti radio in un quasar in un’epoca così vicina all’inizio della storia dell’Universo. Solo il 10% circa dei quasar – quelli che gli astronomi classificano come “radio-brillanti” – hanno getti, che brillano intensamente alle frequenze radio [1].

P172 + 18 è alimentato da un buco nero circa 300 milioni di volte più massiccio del Sole, che sta consumando gas a una velocità sbalorditiva. «Il buco nero sta divorando la materia molto rapidamente, crescendo in massa a uno dei tassi più alti mai osservati», spiega l’astronoma Chiara Mazzucchelli, borsista dell’ESO in Cile, che ha guidato la scoperta insieme con Eduardo Bañados del Max Planck Institute for Astronomy in Germania.

Gli astronomi pensano che ci sia un collegamento tra la rapida crescita dei buchi neri supermassicci e i potenti getti radio individuati in quasar come P172+18. Si pensa che i getti siano in grado di disturbare il gas intorno al buco nero, aumentando la velocità con cui il gas cade. Pertanto, lo studio dei quasar radio-brillanti può fornire importanti indicazioni sul modo in cui i buchi neri nell’Universo primordiale sono cresciuti fino alle loro dimensioni supermassicce così rapidamente subito dopo il Big Bang.

«Trovo esaltante scoprire ‘nuovi’ buchi neri per la prima volta e fornire un ulteriore elemento costitutivo per comprendere l’Universo primordiale, da dove veniamo e, in ultima analisi, per capire noi stessi», afferma Mazzucchelli.

P172 + 18 è stato inizialmente riconosciuto come quasar lontano, dopo essere stato precedentemente identificato come sorgente radio, al Telescopio Magellano dell’Osservatorio Las Campanas in Cile da Bañados e Mazzucchelli. «Non appena abbiamo ottenuto i dati, ci è bastata un’occhiata per capire subito di aver scoperto il quasar radio-brillante più distante conosciuto finora», dice Bañados.

Tuttavia, a causa del breve tempo di osservazione, l’equipe non disponeva di dati sufficienti per studiare in dettaglio l’oggetto. È seguita una raffica di osservazioni con altri telescopi, incluso lo strumento X-shooter sul VLT dell’ESO, che ha permesso loro di scavare più a fondo nelle caratteristiche di questo quasar, inclusa la determinazione delle proprietà chiave come la massa del buco nero e la velocità con cui sta mangiando materia da ciò che lo circonda. Altri telescopi che hanno contribuito allo studio includono il VLA (Very Large Array) del National Radio Astronomy Observatory e il Keck Telescope negli Stati Uniti.

Il gruppo di ricerca è entusiasta della propria scoperta, che apparirà sulla rivsita The Astrophysical Journal, ma è anche convinto che questo quasar radio-brillante sia il primo di una lunga serie, che forse potrebbe arrivare a distanze cosmologiche ancora maggiori. «Questa scoperta mi rende ottimista e credo — e spero — che il record di distanza sarà presto battuto”, dice Bañados.

Le osservazioni con strutture come ALMA, di cui l’ESO è un partner, e con il futuro ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO potrebbero aiutare a scoprire e studiare in dettaglio un grande numero di questi oggetti dell’Universo primordiale.

Ulteriori Informazioni

Questi risultati sono presentati nell’articolo “The discovery of a highly accreting, radio-loud quasar at z=6.82” pubblicato dalla rivista The Astrophysical Journal.


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Luna e Marte nella costellazione del Toro

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La sera del 19 marzo, alle ore 19:40 circa, potremo ammirare una bella congiunzione tra la Luna (fase del 33%) e il pianeta Marte (mag. +1,1). I due soggetti, molto facili da individuare, saranno alti circa 47° sull’orizzonte ovest-sudovest: la separazione sarà di 2° 12’.

A rendere ancora più interessante questa congiunzione sarà il contesto stellare in cui avviene l’incontro, ossia quello della costellazione del Toro, con la bella Aldebaran (Alfa Tauri; mag. +0,9) a spiccare si tutte, l’ammasso delle Iadi a poca distanza dalla Luna e, un po’ più distante, anche l’ammasso delle Pleiadi.

La figura del Toro celeste sarà quasi verticale, pronta a tuffarsi sotto l’orizzonte occidentale che, tuttavia, all’orario indicato sarà ancora molto alto.

Per la ripresa fotografica di questo fenomeno, come sempre, consigliamo di attendere un orario più tardo, come ad esempio le ore 22:30, quando i soggetti principali saranno alti circa 20°
sull’orizzonte, consentendo di includere nello scatto fotografico anche elementi del paesaggio naturale circostante.


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Mars Express svela i segreti di una nube marziana

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Profilo della nube orografica dell’Arsia Mons. Crediti: Esa
La sottile nube orografica che appare durante la primavera dell'emisfero meridionale marziano, circa 20 chilometri sopra il vulcano Arsia Mons, ripresa qui nel luglio 2020 dalla Visual Monitoring Camera (VMC), a bordo della sonda Mars Express dell'ESA. ESA/GCP/UPV/EHU Bilbao

Mentre tutti gli occhi sono puntati su Perseverance, che ha iniziato a scorrazzare sul terreno marziano, un nonnino che sa il fatto suo continua imperterrito a fare le riprese in alta quota. Si chiama Mars Express ed è una sonda dell’Agenzia spaziale europea lanciata nello spazio nel giugno 2003 per studiare Marte. Inizialmente composta da due moduli – l’orbiter Mars Express e il lander Beagle 2 – la missione sta continuando ora con il solo orbiter, dopo che si è persa ogni traccia del lander fino al 16 gennaio 2015, data in cui l’Esa ha comunicato il suo ritrovamento, inattivo.

Evoluzione della nube orografica dell’Arsia Mons. Crediti: Esa/Gcp/Upv/Ehu Bilbao

È proprio grazie a Mars Express se oggi possiamo studiare nel dettaglio un’imponente nube che si forma periodicamente vicino al vulcano Arsia Mons – alto circa 20 chilometri – a sud dell’equatore. Arsia Mons è l’unico luogo a bassa latitudine, su Marte, in cui in questo periodo dell’anno si vedono nubi, nonché l’unico di numerosi vulcani simili nella regione a possedere un tale velo di nubi. Mars Express ha visto questa copertura nubiforme crescere e svanire quotidianamente durante le stagioni primaverili ed estive, restituendo immagini sorprendenti. Tuttavia, la nube è difficile da osservare nella sua interezza a causa della rapidità con cui cambia l’atmosfera marziana e dei vincoli orbitali delle sonde che stanno osservando il pianeta. «Per eliminare questi ostacoli, abbiamo utilizzato uno degli strumenti “segreti” di Mars Express: la Visual Monitoring Camera, o Vmc», afferma Jorge Hernández Bernal dell’Università dei Paesi Baschi a Bilbao, in Spagna.

Soprannominata anche Mars Webcam, la Vmc ha una risoluzione simile a quella di una webcam standard del 2003 per computer. Venne installata per avere una conferma visiva che il lander Beagle 2 si fosse separato con successo da Mars Express, dopodiché venne spenta. Diversi anni dopo, è stata riattivata e utilizzata per raccogliere immagini di Marte per attività di outreach, senza essere mai utilizzata per la ricerca scientifica. «Tuttavia, di recente, la Vmc è stata riclassificata come fotocamera scientifica», aggiunge Jorge. «Sebbene abbia una bassa risoluzione spaziale, ha un ampio campo visivo – essenziale per osservare il quadro generale della situazione in diverse ore del giorno – ed è perfetta per monitorare l’evoluzione di certe caratteristiche, sia per un lungo periodo di tempo che in piccoli intervalli. Di conseguenza, abbiamo potuto studiare l’intera nube attraverso numerosi suoi cicli di vita».

Il gruppo di ricercatori ha combinato le osservazioni della Vmc con quelle di altri due strumenti di Mars Express – Omega e Hrsc – e di diversi altri veicoli spaziali: Mars Atmosphere and Volatile Evolution (Maven) della Nasa, Mars Reconnaissance Orbiter (Mro), Viking 2, e Mars Orbiter Mission (Mom) dell’Indian Space Research Organisation. «Eravamo particolarmente entusiasti quando abbiamo approfondito le osservazioni di Viking 2 degli anni ’70», afferma Jorge. «Abbiamo scoperto che questa enorme e affascinante nuvola era già stata parzialmente fotografata a quell’epoca e ora la stiamo esplorando nel dettaglio».

I risultati hanno rivelato che, nella sua massima estensione, la nube misura circa 1800 km di lunghezza e 150 km di diametro. È la più grande nube orografica mai vista su Marte, che si genera quando una massa d’aria incontra una catena montuosa e viene forzata a risalirla. In questo caso, Arsia Mons perturba l’atmosfera marziana per innescare la formazione della nuvola; l’aria umida viene quindi spinta sui fianchi del vulcano in correnti ascensionali, condensandosi successivamente ad altitudini più elevate e molto più fresche.

Profilo della nube orografica dell’Arsia Mons. Crediti: Esa

La nuvola presenta un rapido ciclo giornaliero, che si è ripetuto ogni mattina per diversi mesi. Inizia a crescere prima dell’alba sul versante occidentale di Arsia Mons prima di espandersi verso ovest per due ore e mezza, crescendo molto rapidamente – a oltre 600 chilometri orari – fino a un’altitudine di 45 chilometri. Quindi smette di espandersi, si sposta dalla sua posizione iniziale e viene spinta più a ovest dai venti di alta quota, prima di evaporare in tarda mattinata con l’aumento della temperatura dell’aria con il sorgere del Sole. «Molti orbiter di Marte non possono iniziare ad osservare questa parte della superficie fino al pomeriggio a causa delle proprietà delle loro orbite, quindi questa è stata davvero la prima esplorazione dettagliata di questa interessante caratteristica – ed è resa possibile non solo dalla variegata suite di strumenti di Mars Express, ma anche dalla sua orbita», spiega Agustin Sánchez-Lavega, dell’Università dei Paesi Baschi.

Il sistema climatico marziano è il più simile a quello terrestre, ma nonostante questo i due pianeti mostrano differenze ben distinte e intriganti. «Sebbene le nuvole orografiche si osservino comunemente sulla Terra, non raggiungono estensioni così enormi né mostrano dinamiche così vivide», afferma Agustin. «La comprensione di questa nube ci offre l’entusiasmante opportunità di provare a replicare la formazione della nuvola con modelli, che miglioreranno la nostra conoscenza dei sistemi climatici, sia su Marte che sulla Terra».

Le fotocamere ad alta risoluzione come Hrsc di Mars Express hanno campi visivi ristretti e le osservazioni vengono sempre pianificate in anticipo. Di conseguenza, i fenomeni meteorologici, generalmente imprevedibili, vengono solitamente colti per caso. Tuttavia, una volta che i ricercatori hanno iniziato a comprendere il ciclo di vita e gli schemi annuali di questa nube estesa, sono stati in grado di indirizzare il team di Hrsc nel posto giusto e nel momento giusto, per catturarla mentre si stava formando. «Il riutilizzo della Vmc ci ha permesso di studiare questa nube temporanea in un modo che altrimenti non sarebbe stato possibile. La fotocamera consente agli scienziati di seguire le nubi, monitorare le tempeste di polvere, sondare le strutture di nuvole e polvere nell’atmosfera marziana, esplorare i cambiamenti nelle calotte polari del pianeta e altro ancora. La sua rimessa in servizio non solo supporta gli altri strumenti di Mars Express per l’esplorazione di Marte, ma rappresenta un valore aggiunto alla missione di lunga data che è dal 2003 che sta rivelando nuove informazioni sul Pianeta rosso».

Per saperne di più:

  • Leggi su Journal of Geophysical Research l’articolo “An Extremely Elongated Cloud Over Arsia Mons Volcano on Mars: I. Life Cycle” di Hernández‐Bernal A. Sánchez‐Lavega T. del Río‐Gaztelurrutia  E. Ravanis  A. Cardesín‐Moinelo  K. Connour  D. Tirsch  I. Ordóñez‐Etxeberria  B. Gondet  S. Wood  D. Titov  N. M. Schneider  R. Hueso  R. Jaumann ed E. Hauber

Una nuova flotta scientifica ha raggiunto MARTE. Hope, Tian Wen 1 e i sette minuti di terrore di Perseverance ad alta risoluzione e a colori. Le prime immagini inviate dal rover dal Pianeta Rosso.

Coelum Astronomia di Marzo 2021
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UAI – Unione Astrofili Italiani

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20-21 marzo – Workshop di radioastronomia sullo studio delle PULSAR
Meeting nazionale organizzato dal Programma Nazionale di Ricerca Radioastronomia UAI e da IARA presso l’Osservatorio e Planetario di San Giovanni in Persiceto (BO).
Per informazioni: http://www.uai.it/sito/ricerca-e-studi/

22-28 marzo – Le Strade delle Costellazioni
L’Astronomia a Scuola, con le Delegazioni UAI: si propone una settimana dedicata all’osservazione delle costellazioni, ai moti apparenti delle stelle e al moto della Luna e di Marte fra le stelle.
Per informazioni: http://www.uai.it/didattica

Gruppo Astrofili di Piacenza

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Sarà possibile partecipare a tutti gli eventi collegandosi al servizio internet https://meet.jit.si/GruppoAstrofilidiPiacenza

18 marzo – Le stelle pulsar, a cura di Patrizia Bussatori
25 marzo – La datazione degli ammassi stellari a cura di Michele Cifalinò
Per maggiori informazioni: http://www.astrofilipc.it/

Astronomiamo

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LocCoelum_Marzo2021

LocCoelum_Marzo2021Corso online: Le atmosfere planetarie con la Dott.ssa Arianna Piccialli (Royal Belgian Institute for Space Aeronomy).

Webinar

18.03: Di chi è lo spazio? Con il dr. Luciano Anselmo

01.04: Esopianeti e Proxima. Con il dr. Mario Damasso

Per informazioni:

www.astronomiamo.it

Forse scoperto il primo pianeta in orbita attorno a Vega

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La ricerca guidata da Spencer Hurt, studente universitario presso il Dipartimento di Scienze Astrofisiche e Planetarie della Colorado Boulder, è stata pubblicata questo mese su The Astronomical Journal.

Vega fa parte della costellazione della Lira ed è la quinta stella più luminosa del cielo notturno e la seconda più luminosa nell’emisfero celeste boreale. È abbastanza vicino astronomicamente parlando e può essere osservata anche al crepuscolo quando le altre stelle sono ancora soffocate dal bagliore del Sole. Ha ispirato storie di fantascienza e vita extraterrestre eppure fino ad oggi non si conosce un solo pianeta nel suo sistema. Ma la scoperta di Hurt e Samuel Quinn, astronomo dell’Harvard and Smithsonian Center for Astrophysics (CfA), co-autore dello studio, potrebbe cambiare le carte in tavola.

Tra i set di dati raccolti in un decennio di osservazioni dal Fred Lawrence Whipple Observatory in Arizona, il team ha identificato un segnale curioso, una leggera oscillazione nella velocità della stella.
Se il candidato venisse confermato, il pianeta alieno orbiterebbe così vicino a Vega che i suoi anni durerebbero meno di due giorni e mezzo terrestri (per un confronto, Mercurio impiega 88 giorni per girare intorno al Sole). Questo esopianeta, un giovianonettuniano caldo, potrebbe classificarsi al secondo posto tra i mondi più hot conosciuti, con temperature superficiali in media di 3000 gradi Celsius. «Sarebbe almeno della dimensione di Nettuno, potenzialmente grande quanto Giove e sarebbe più vicino a Vega di quanto Mercurio sia al Sole», ha detto Hurt. «Così vicino a Vega», ha aggiunto, «che il mondo candidato potrebbe gonfiarsi come un pallone e persino il ferro si scioglierebbe in gas nella sua atmosfera».

Tuttavia, anche se il potenziale esopianeta non sarebbe un buon posto per la vita, questa scoperta potrebbe aiutare a restringere la zona in cui potrebbero trovarsi altri mondi attorno a Vega. «Questo è un sistema enorme, molto più grande del nostro Sistema Solare», ha detto Hurt. «Potrebbero esserci altri pianeti in tutto il sistema. È solo questione di sapere se possiamo rilevarli».

Ad oggi, gli scienziati hanno scoperto più di 4.000 esopianeti oltre il sistema solare terrestre. Pochi, però, orbitano attorno a stelle luminose o vicine alla Terra come Vega.
«Sarebbe davvero eccitante trovare un pianeta intorno a Vega perché offrirebbe una possibilità di caratterizzazione senza precdenti», ha detto Quinn. C’è solo un problema: Vega è una stella bianca di sequenza principale piuttosto giovane, ciò che gli scienziati chiamano stella di tipo A. Questa classificazione indica oggetti che tendono ad essere più grandi, più giovani e che ruotano molto più velocemente del nostro Sole. Vega, ad esempio, ruota attorno al proprio asse una volta ogni 16 ore, molto più velocemente del Sole che ha un periodo di rotazione di circa 27 giorni terrestri. «Un ritmo così fulmineo», ha detto Quinn, «che può rendere difficile raccogliere dati precisi sul movimento della stella e, per estensione, sui pianeti in orbita attorno ad essa».

Ora, il pianeta candidato dovrà essere confermato (o smentito).
Hurt fa notare che, il modo più semplice, potrebbe essere quello di scansionare direttamente il sistema stellare per cercare la luce emessa dal pianeta caldo e luminoso.

© Copyright Alive Universe

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UAI – Unione Astrofili Italiani

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13 marzo – STAR PARTY INVERNALE – Maratona Messier
Il più classico e atteso appuntamento per gli astrofili amanti del deep sky: una maratona a caccia dei 110 oggetti del catalogo Messier. Una sfida osservativa a cui partecipano astrofili di tutto il mondo.
Per informazioni: http://www.uai.it/divulgazione/osservare/maratona-messier/

20-21 marzo – Workshop di radioastronomia sullo studio delle PULSAR
Meeting nazionale organizzato dal Programma Nazionale di Ricerca Radioastronomia UAI e da IARA presso l’Osservatorio e Planetario di San Giovanni in Persiceto (BO).
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22-28 marzo – Le Strade delle Costellazioni
L’Astronomia a Scuola, con le Delegazioni UAI: si propone una settimana dedicata all’osservazione delle costellazioni, ai moti apparenti delle stelle e al moto della Luna e di Marte fra le stelle.
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Circolo Galileo Galilei

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Quest’anno abbiamo preferito non affrontare un tema unico, ma un mix di argomenti spaziando tra filosofia, sociologia, astronomia…Riprenderemo anche il tema della crisi climatica, lasciato in sospeso lo scorso anno. Anche noi, come tanti, abbiamo scelto gli strumenti che le tecnologie informatiche e telematiche mettono a disposizione. Per seguire gli appuntamenti basterà collegarsi:
– Al canale YouTube del Circolo Galilei https://www.youtube.com/channel/UClmcCdIqLo17JyI2ZNyECpg
– Sulla pagina Facebook di Officina 31021: https://www.facebook.com/Officina31021

12 marzo – Followers and Doubters: come difenderci dal potere di influenza delle reti sociali

Con Paola Velardi, professoressa ordinaria di Informatica presso l’Università La Sapienza di Roma – Dipartimento di Informatica

26 marzo – Emergenze planetarie: sostenibilità e strategie
Con Francesco Gonella, professore ordinario di Fisica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia – Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi

Per maggiori informazioni: http://circologalilei.somsmogliano.it/

Il pericolo che viene dal Sole

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Un’espulsione di massa coronale avvenuta il 31 agosto 2012. Questa immagine è stata ottenuta combinando le lunghezze d’onda 171 e 304 angstrom prese dal Solar Dynamics Observatory. Crediti: Nasa/Gsfc/Sdo
Un’espulsione di massa coronale avvenuta il 31 agosto 2012. Questa immagine è stata ottenuta combinando le lunghezze d’onda 171 e 304 angstrom prese dal Solar Dynamics Observatory. Crediti: Nasa/Gsfc/Sdo

Per la prima volta – grazie a uno studio condotto da alcuni ricercatori della Ucl e della George Mason University, Virginia, Usa – è stata individuata una sorgente di particelle solari potenzialmente pericolose, rilasciate dal Sole ad alta velocità durante le tempeste solari, nella parte esterna della sua atmosfera.

Un approfondimento sulla fisica solare e sulle tempeste solari

Queste particelle altamente cariche se raggiungono l’atmosfera terrestre possono disturbare i satelliti e le infrastrutture elettroniche, oltre a rappresentare un rischio per gli astronauti e le persone negli aeroplani, in termini di esposizione alle radiazioni. Risale al 1859 la più grande tempesta geomagnetica mai osservata dagli astronomi – conosciuta come Evento di Carrington – che causò il black-out dei sistemi telegrafici in Europa e in America. Oggi, in un mondo estremamente dipendente dalle infrastrutture elettroniche, il danno potenziale sarebbe molto maggiore.

Per ridurre al minimo il pericolo che viene dal Sole, gli scienziati stanno cercando di capire come vengono prodotti questi flussi di particelle, in modo da riuscire a prevedere quando potrebbero influenzare la Terra.

Nel nuovo studio, pubblicato su Science Advances, i ricercatori hanno analizzato la composizione delle particelle energetiche solari dirette verso la Terra all’inizio del 2014, e hanno scoperto che avevano la stessa “impronta digitale” del plasma nella parte bassa della corona solare, vicino alla regione centrale della sua atmosfera, la cromosfera. «Nel nostro studio abbiamo osservato per la prima volta da dove provengono esattamente le particelle energetiche sul Sole», spiega Stephanie Yardley dell’Ucl Mullard Space Science Laboratory (Mssl). «L’evidenza riscontrata supporta le teorie che sostengono che queste particelle altamente cariche provengono da plasma che è stato confinato nella parte bassa dell’atmosfera solare da forti campi magnetici. Una volta rilasciate, queste particelle vengono accelerate da eruzioni che viaggiano a una velocità di alcune migliaia di chilometri al secondo».

«Le particelle energetiche possono arrivare sulla Terra molto rapidamente, da pochi minuti a poche ore, in questi eventi che durano per giorni. Al momento, possiamo solo fornire previsioni di questi eventi mentre si verificano, poiché è molto difficile prevederli. Comprendendo meglio i processi che avvengono sul Sole, possiamo migliorare le previsioni in modo che, quando colpisce una grande tempesta solare, abbiamo il tempo di agire per ridurre i rischi».

«Le nostre osservazioni forniscono un’allettante anteprima della provenienza del materiale che ha prodotto particelle energetiche solari in alcuni eventi dell’ultimo ciclo solare. Ora stiamo iniziando un nuovo ciclo e useremo le stesse tecniche per vedere se i nostri risultati sono veri in generale, o se questi eventi sono da considerarsi insoliti», dice David Brooks, della George Mason University, primo autore dello studio. «Possiamo ritenerci fortunati perché è probabile che la nostra comprensione dei meccanismi alla base delle tempeste solari e delle particelle energetiche solari progredisca rapidamente nei prossimi anni, grazie ai dati che saranno ottenuti da due veicoli spaziali – Solar Orbiter dell’Esa e Parker Solar Probe della Nasa – che si stanno dirigendo più vicino al Sole di quanto qualsiasi veicolo spaziale abbia mai fatto prima».

Nello studio, i ricercatori hanno utilizzato le misurazioni del satellite Wind della Nasa, che si trova tra il Sole e la Terra, per analizzare una serie di flussi di particelle energetiche solari, ciascuno della durata di almeno un giorno, registrati nel gennaio 2014. Hanno poi confrontato questi dati con i dati spettroscopici della sonda Hinode della Jaxa (lo spettrometro Euv a bordo della sonda spaziale è stato costruito da Ucl Mssl e Brooks è un membro del team della missione giapponese), scoprendo che le particelle energetiche solari misurate dal satellite Wind avevano la stessa firma chimica – un’abbondanza di silicio rispetto allo zolfo – del plasma confinato vicino alla parte superiore della cromosfera solare. Queste zone si trovavano ai “piedi” di anelli coronali caldi – cioè, alla base di anelli di campo magnetico e plasma che si estendono nell’atmosfera esterna del Sole e tornano indietro.

Usando una nuova tecnica, il team ha misurato l’intensità del campo magnetico in queste zone scoprendo che era molto alta – tra 245 e 550 gauss – confermando la teoria secondo la quale il plasma è trattenuto nell’atmosfera del Sole da forti campi magnetici, prima del suo rilascio nello spazio. Le particelle energetiche solari vengono rilasciate dal Sole e vengono accelerate dai brillamenti solari o dalle espulsioni di massa coronale. In ogni ciclo solare di 11 anni, si verificano circa 100 eventi di particelle energetiche solari, anche se in realtà questo numero varia da ciclo a ciclo.

Le particelle ad alta energia rilasciate nel gennaio 2014 provenivano da una regione instabile del Sole che aveva frequenti brillamenti solari, espulsioni di massa coronale e un campo magnetico estremamente forte. La regione – nota come 11944 – all’epoca era una delle più grandi regioni attive presenti sul Sole ed era visibile agli osservatori sulla Terra come una macchia solare. All’epoca, il Noaa / Nws Space Weather Prediction Center emise un allarme associato a una forte tempesta di radiazioni ma non risultarono disturbi all’interno dell’atmosfera terrestre dovuti a quell’evento, sebbene i sistemi informatici della sonda Hinode abbiano registrato diverse raffiche di particelle. In uno studio di qualche tempo dopo, è stata riportata una misurazione dell’intensità del campo magnetico all’interno della regione 11944 poco dopo l’evento: 8200 gauss, uno dei più alti mai registrati sul Sole.

Per saperne di più:


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Pianeti allineati nel cielo dell’alba accompagnati dalla sottile falce di Luna

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La mattina del 10 marzo, alle ore 6:00, volgendo il nostro sguardo verso est potremo ammirare una bellissima configurazione di astri brillanti, a formare una larga ma piacevole congiunzione. Il teatro di questo incontro sarà quello della costellazione del Capricorno, le cui deboli stelle non apporteranno però un significativo contributo alla scena, già rischiarata dalle incipienti luci dell’alba.

Riconosceremo subito una linea virtuale tracciata da tre punti luminosi: più a est e in basso sull’orizzonte troviamo Mercurio (mag. +0,1), alto circa 4°, poi, guardando più verso sudest, Giove, molto brillante (mag. –2,0), alto 6° 15’ e, infine, più verso sudest ancora, Saturno (mag. +0,7). I tre pianeti saranno allineati, a formare una linea invisibile che li unisce: la distanza tra Giove e Mercurio sarà di 4° 9’, mentre Giove e Saturno saranno distanti circa 9° 10’.

A impreziosire ulteriormente la scena sarà presente anche un quarto oggetto, una bella e sottile falce di Luna (fase del 10%) che si troverà a 5° 18’ a sud di Saturno. Non solo, proprio nei giorni tra il 10 e l’11 marzo sarà possibile apprezzare la luce cinerea della Luna che risalterà soprattutto in fotografia, creando un effetto ancor più piacevole.

Il giorno seguente, l’11 marzo, a un orario leggermente posticipato (le 6:20) potremo osservare la Luna, ancora più sottile (fase del 5%), sorgere a 4° 36’ a sud di Mercurio.

➜  Leggi anche Le falci Lunari di Marzo 2021


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Febbraio su Coelum Astronomia 252

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Gruppo Astrofili di Piacenza

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Sarà possibile partecipare a tutti gli eventi collegandosi al servizio internet https://meet.jit.si/GruppoAstrofilidiPiacenza

11 marzo – News di astronomia a cura di Stefano Di Lauro
18 marzo – Le stelle pulsar, a cura di Patrizia Bussatori
25 marzo – La datazione degli ammassi stellari a cura di Michele Cifalinò
Per maggiori informazioni: http://www.astrofilipc.it/

Telescopio spaziale Hubble: 30 anni and counting…

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Credito immagine: NASA, ESA e STScI
Credito immagine: NASA, ESA e STScI

Comincia l’attesa per l’immagine che verrà rilasciata per festeggiare il 31esimo compleanno del decano dei telescopi spaziali. Release e richiami delle più belle immagini porteranno alla celebrazione e si parte, giustamente dall’immagine che ha segnato il suo trentesimo compleanno, un anniversario tondo di tutto rispetto!

Nell’immagine, che è ancora l’intestazione del sito NASA dedicato ad Hubble, vediamo in tutta la sua bellezza la gigantesca nebulosa rossa NGC 2014 e la sua più piccola vicina blu NGC 2020. Assieme fanno parte di una vasta regione di formazione stellare nella Grande Nube di Magellano, la galassia satellite della Via Lattea forse più nota, situata a 163.000 anni luce di distanza da noi.

L’immagine è soprannominata “Cosmic Reef”, ovvero barriera cosmica, perché guardandola richiama alla mente una parte di una barriera corallina che galleggia in un vasto mare di stelle.

Alcune delle stelle di NGC 2014 sono veri e propri mostri: il fulcro scintillante della nebulosa è un raggruppamento di stelle luminose e pesanti, ciascuna da 10 a 20 volte più massiccia del nostro Sole.

NGC 2020 invece, la più piccola nebulosa blu in basso a sinistra, è stata creata da una stella mammut solitaria 200.000 volte più luminosa del nostro Sole. Il gas blu è stato espulso dalla stella attraverso una serie di eventi eruttivi durante i quali ha perso parte del suo involucro esterno di materiale.

La guida del cielo, giorno per giorno, per il mese di marzo 2021

Una delle ultime immagini rilasciate la trovate invece come immagine di fondo della Guida osservativa sull’ultimo numero di Coelum Astronomia.

Nell’immagine vediamo due oggetti Herbig-Haro, uno degli spettacoli più rari del cielo notturno: sottili getti di materia che fluttuano tra il gas e le stelle circostanti. Sono HH46 e HH47, due di questi oggetti multicolori nella costellazione della Vela.

ESA / Hubble e NASA, B. Nisini; CC BY 4.0

Il meccanismo di formazione fu svelato, dall’astronomo americano RD Schwartz nel 1977, quando proprio al centro di questi due lunghi getti venne scoperta la presenza di una protostella (non visibile nell’immagine), che interagisce con la materia circostante. Flussi di materia sono stati espulsi dalla stella appena nata, e spinti violentemente verso l’esterno si sono scontrati con il gas circostante creando le onde d’urto luminose che oggi possiamo vedere.

E ora aspettiamo la prossima…


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Cristofoready: il ritorno di AstroSamantha sulla Iss

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L’astronauta italiana dell’Esa, Samantha Cristoforetti, nella cupola della Stazione spaziale internazionale con due “toppe” celebrative da 100 giorni ciascuna per festeggiare il suo duecentesimo giorno nello spazio durante la sua prima missione del 2014. Ora si sta preparando per il ritorno per la sua “casa lontano da casa” per ancora più giorni di permanenza. Crediti: Esa
L’astronauta italiana dell’Esa, Samantha Cristoforetti, nella cupola della Stazione spaziale internazionale con due “toppe” celebrative da 100 giorni ciascuna per festeggiare il suo duecentesimo giorno nello spazio durante la sua prima missione del 2014. Ora si sta preparando per il ritorno per la sua “casa lontano da casa” per ancora più giorni di permanenza. Crediti: Esa

Si è tenuta il 3 marzo l’attesa conferenza stampa dell’Agenzia spaziale europea sul ritorno di Samantha Cristoforetti sulla Stazione spaziale internazionale. Moderati dalla responsabile delle relazioni esterne dell’Esa Ninja Menning, erano presenti oltre all’astronauta italiana anche il nuovo direttore generale dell’Esa Josef Aschbacher, il direttore dell’Esplorazione umana e robotica dell’Esa David Parker e il presidente dell’Agenzia spaziale italiana Giorgio Saccoccia.

Probabilmente già dal prossimo anno Cristoforetti tornerà dunque a volare sulle nostre teste ogni novanta minuti. Il primo “passaggio” per la Iss l’aveva preso nel 2014 da un veicolo spaziale russo Soyuz – era la missione “Futura” – mentre la navicella spaziale su cui volerà per la sua seconda missione non è ancora confermata, ma sarà su un volo commerciale – probabilmente una SpaceX Crew Dragon o un Boeing Cst-100 Starliner.

Durante la missione Futura Cristoforetti aveva sostenuto, per 199 giorni e 16 ore, un ampio programma scientifico di esperimenti di biologia e fisiologia umana, nonché ricerche sulle radiazioni e varie dimostrazioni tecnologiche. Tra le altre cose aveva anche supervisionato lo sgancio del quinto e ultimo veicolo di trasferimento automatizzato (Atv) dell’Esa, firmando di fatto la fine di un programma di successo che ha aperto la strada ai moduli di servizio europei attualmente prodotti per la sonda spaziale Orion della Nasa, che viaggerà presto verso la luna.

Durante la conferenza stampa di oggi Cristoforetti ha parlato del suo recente passato terrestre, cominciato al rientro dalla Stazione spaziale, avvenuto nel 2015. «Sono grata delle numerose opportunità di crescita professionale che mi sono state offerte in questi anni, da quando sono tornata dalla mia prima missione. Per qualche anno», ricorda l’astronauta, «ho guidato “Spaceship Eac”, un team di studenti e giovani ricercatori che lavorano alle tecnologie per l’esplorazione lunare, e per due anni ho dato il mio contributo al programma iHab, offrendo il punto di vista di un’astronauta nella fase di sviluppo di questo modulo abitativo fornito da Esa per l’avamposto in orbita Lunar Gateway. Ho avuto anche l’opportunità di lavorare per 10 giorni sott’acqua, in veste di comandante dell’equipaggio Neemo23 della Nasa, in condizioni simili a quelle di una missione spaziale».

Samantha Cristoforetti durante il suo intervento alla conferenza stampa di oggi, del 3 marzo 2021, organizzata dall’Esa. Crediti: Esa

«Ma tornare sulla Iss, la mia “casa lontano da casa”, è sempre rimasto il mio desiderio più grande», aggiunge Cristoforetti. «Sono onorata di essere stata assegnata a una seconda missione spaziale e non vedo l’ora di tornare a rappresentare l’Italia e l’Europa in orbita, contribuendo alle attività di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico in microgravità».

Una seconda volta sulla Stazione spaziale è già quasi una consuetudine per quella prima “classe” di sei astronauti Esa reclutati nel 2009, infatti il bis di Cristoforetti segue le seconde missioni dei suoi compagni Alexander Gerst e Luca Parmitano, effettuati rispettivamente nel 2018 e nel 2019, nonché quella di Thomas Pesquet, prevista per questa primavera 2021. La data prevista per Samantha Cristoforetti è ancora da confermare ma sarà con tutta probabilità nella primavera del 2022, per cui è quasi certo che vi sarà un passaggio di consegne diretto sulla stazione con il tedesco Matthias Maurer, la cui prima missione sulla Iss è prevista entro la fine di quest’anno.

L’addestramento per la seconda missione di Samantha è già in corso e ha incluso sessioni di aggiornamento della Stazione spaziale presso il centro astronauti dell’Esa a Colonia, in Germania, e il Johnson Space Center della Nasa a Houston, in Texas. Nei prossimi mesi il programma verrà intensificato con training specifici sui sistemi della Iss e con nuove procedure per gli esperimenti e le attività che svolgerà nello spazio.

Il legame della missione Esa con l’Italia non si limita al ritorno di Cristoforetti sulla Iss: c’è anche un impegno più specifico dell’Agenzia spaziale italiana legato a esperimenti il cui bando è ancora in corso. In attesa di potersi addestrare sui nuovi esperimenti, Cristoforetti seguirà dunque quelli come LidalNutrissAcoustic DiagnosticsMini-Euso, già presenti a bordo della Iss, e sui quali Luca Parmitano ha già lavorato durante la missione Esa Beyond nel 2019.

Guarda il servizio video su MediaInaf Tv:


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Incontro stretto tra Giove e Mercurio prima dell’alba

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Molto bella e molto stretta sarà la congiunzione che potremo ammirare la mattina del 5 marzo, volgendo il nostro sguardo verso est-sudest.

Immersi nelle prime luci del crepuscolo mattutino, alle ore 6:00, potremo individuare, a patto di avere l’orizzonte libero da ostacoli e foschie, due puntini luminosi situati a circa 3° e mezzo di altezza sull’orizzonte: sono i pianeti Giove (mag. –2,0) e Mercurio (mag. +0,2).

In particolare il gigante gassoso si troverà a circa 19’ a sudovest di Mercurio.

Anche in questo caso, un binocolo 10×50 ci permetterà di apprezzare meglio la bella congiunzione, che avverrà tra le flebili stelle del Capricorno.

Allargando lo sguardo e rivolgendo la nostra attenzione più verso sud, non potremo trascurare la presenza di un altro astro piuttosto brillante: è Saturno (mag. +0,7), alto circa 7° e mezzo sull’orizzonte.


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Marte e le Pleiadi

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La sera del 3 marzo, alle ore 19:30 circa, guardando verso sudovest, a circa 55° di altezza sull’orizzonte, potremo riconoscere facilmente la regione celeste dominata dalla costellazione del Toro.

In particolare vedremo la presenza di un astro non troppo vivace, di colore rossiccio, molto vicino all’ammasso delle Pleiadi (M 45): si tratta del pianeta Marte (mag. +0,9) che si avvicinerà a circa 2° 48’ dall’ammasso di stelle. Questa sarà una particolare congiunzione che coinvolgerà oggetti sufficientemente brillanti, come Marte, ma soprattutto un oggetto deep-sky come le Pleiadi, da essere apprezzata anche a occhio nudo, ma certamente con l’ausilio di un binocolo 10×50 la congiunzione offrirà il suo meglio.

In fotografia potremo optare sia per scatti con focali piuttosto corte, senza però ricorrere ai grandangolari che non permettono di apprezzare l’avvicinamento, sia più lunghe, grazie alle quali potremo far risaltare il contrasto cromatico tra i soggetti coinvolti, oltre a catturare più dettagli.

Un altro suggerimento è quello di osservare e riprendere Marte nei giorni immediatamente precedenti la congiunzione e in quelli successivi, in modo da mettere in risalto lo spostamento, piuttosto rapido, del pianeta con riferimento all’ammasso delle Pleiadi.


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La Venere di Parker

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Lo scatto realizzato dallo strumento Wide-field Imager a bordo della sonda Parker Solar Probe, scelto oggi dalla Nasa come Apod, Astronomy Picture of the Day. Crediti: Nasa / Johns Hopkins Apl / Naval Research Laboratory / Guillermo Stenborg and Brendan Gallagher
Durante il flyby attorno a Venere del luglio 2020, lo strumento WISPR della Parker Solar Probe ha rilevato un bordo luminoso attorno al pianeta che potrebbe essere un bagliore notturno - luce emessa da atomi di ossigeno nella alta atmosfera che si ricombinano in molecole nel lato notturno. La macchia scura al centro dell'immagine è Afrodite Terra, la più grande regione di altopiani sulla superficie venusiana. Le scie luminose disseminate nell'immagine sono invece dovute a riflessi sulla camera creati da una combinazione di raggi cosmici e luce solare che intercetta grani di polvere spaziale e particelle espulse dalla stessa sonda. Crediti: NASA / Johns Hopkins APL / Naval Research Laboratory / Guillermo Stenborg e Brendan Gallagher

Le Apod (Astronomy Picture of the Day) sono spettacolari immagini del nostro universo che ogni giorno la Nasa pubblica in un sito web dedicato. Lo scatto scelto ieri, giovedì 25 febbraio 2021, come foto astronomica del giorno è una vista mozzafiato di uno dei pianeti del Sistema solare catturata da un fotografo d’eccezione: Parker Solar Probe.

Lo scatto realizzato dallo strumento Wide-field Imager a bordo della sonda Parker Solar Probe, scelto oggi dalla Nasa come Apod, Astronomy Picture of the Day. Crediti: Nasa / Johns Hopkins Apl / Naval Research Laboratory / Guillermo Stenborg and Brendan Gallagher

L’obiettivo della missione scientifica targata Nasa è quello di svelare i misteri della corona solare e del vento solare. Per fare ciò, nel corso dei suoi sette anni di missione, la sonda si avvicinerà sempre di più al Sole, sfruttando l’attrazione gravitazionale di Venere per frenare e raddrizzare la sua traiettoria finale. Questo le permetterà, dopo sette di queste manovre di spinta assistita dalla gravità, di avvicinarsi fino a 6,1 milioni di chilometri di distanza dalla fotosfera entro la fine 2025. Durante il terzo di questi flyby, realizzato l’11 luglio scorso (il quarto è stato effettuato cinque giorni fa) da una distanza di circa 12mila chilometri dal pianeta, il Wide-field Imager (Wispr) – uno strumento a bordo della sonda, progettato per acquisire immagini della corona solare, dell’eliosfera e del vento solare – ha catturato la splendida vista che vedete qui accanto: il lato notturno di Venere in primo piano sullo sfondo di un cielo stellato.

A saltare subito all’occhio nello scatto è l’area scura vicino al centro del pianeta. Si tratta di Aphrodite Terra, la più vasta regione montuosa presente sulla superficie venusiana. Il suo colore scuro scuro è dovuto alla diversa temperatura superficiale, circa 30 gradi più fredda dell’ambiente circostante. Proprio questi dettagli, vibili nell’immagine, hanno lasciato il team dello strumento Wispr a bocca aperta. Lo strumento è stato concepito per osservazioni in luce visibile. Caratteristiche come quelle appena descritte sono invece  tipiche di osservazioni nel vicino infrarosso, in grado di catturare l’emissione termica della superficie venusiana. «Ci aspettavamo di vedere le nuvole, ma la telecamera ha sbirciato fino alla superficie», dice a questo proposito lo scienziato del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (Apl), negli Usa, Angelos Vourlidas, uno dei componenti del team Wispr.

L’ipotesi dei ricercatori è che lo strumento sia stato in grado di captare anche queste lunghezze d’onda, motivo per cui  gli scienziati sono ritornati in laboratorio per misurare la sensibilità dello strumento alla luce in questione. Se così fosse, dicono gli autori, questa capacità fornirebbe nuove opportunità per studiare la polvere intorno al Sole e nel sistema solare interno. In caso contrario, continuano i ricercatori, queste immagini potrebbero aver rivelato una “finestra” precedentemente sconosciuta attraverso l’atmosfera venusiana.

Ritornando al ritratto, sposando lo sguardo verso i margini del pianeta è visibile un alone luminoso che circonda tutta la semicirconferenza: probabilmente il bagliore notturno (nightglow, in inglese) prodotto dall’emissione di atomi di ossigeno nello stato eccitato che si ricombinano in molecole nelle parti superiori dell’atmosfera venusiana. Le scie luminose in tutta l’immagine sono invece probabilmente dovute a particelle cariche di energia e alla polvere vicino alla fotocamera che riflettono la luce solare. L’ultimo dei dettagli degni di nota lo si scorge in basso a destra: sono le stelle della cintura e della spada di Orione, i componenti della omonima costellazione di Orione, uno degli asterismi più conosciuti del cielo.

LICENZA PER IL RIUTILIZZO DEL TESTO


Una nuova flotta scientifica ha raggiunto MARTE. Hope, Tian Wen 1 e i sette minuti di terrore di Perseverance ad alta risoluzione e a colori. Le prime immagini inviate dal rover dal Pianeta Rosso.

Coelum Astronomia di Marzo 2021
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Il Cielo di Marzo 2021

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EFFEMERIDI

Luna

Sole e Pianeti

Ad annunciare la nuova stagione è come sempre l’imponente Leone che, con il suo caratteristico profilo segnato dalla stella Regolo, dominerà già il cielo a sud, circondato da costellazioni molto meno appariscenti come il Leone Minore, il Sestante e la Chioma di Berenice. Niente a che vedere con l’impressionante lucentezza delle costellazioni invernali, ma c’è da tener conto del fatto che, in primavera, la porzione di cielo che si offre ai nostri occhi è quello che sta al di fuori del piano della Via Lattea, dove le stelle sono molto più rare. Potremo però dedicarci all’osservazione dei molti oggetti che si trovano al di fuori della nostra galassia, come le numerose e affascinanti galassie percepibili però soltanto al telescopio o al binocolo.

Più a est, le costellazioni della Vergine, con la bella stella Spica, del Boote, con l’arancione Arturo, e di Ercole, in successione, saranno già in viaggio verso il meridiano, annunciando con quest’ultima addirittura un sapore di estate.

➜ approfondisci con la UAI: Viaggio tra le rosse giganti della Primavera

Ricordiamo due importanti eventi nel corso del mese di marzo: nella notte fra sabato 27 e domenica 28 marzo si tornerà all’ora legale estiva (TU+2). In quella data, a partire dalle ore 02:00 locali, bisognerà portare gli orologi avanti di un’ora.

In secondo luogo, ricordiamo che marzo è il mese migliore per tentare la famosa Maratona Messier: la Luna sarà in fase di Nuova il 13 marzo e quindi si presenteranno le condizioni migliori per l’osservazione dei 110 oggetti del celebre Catalogo Messier tutti in una sola notte! Una vera sfida, per i più appassionati. Fortunatamente, il 13 marzo sarà un sabato, giorno sicuramente ideale per trascorrere l’intera nottata all’aperto senza il pensiero di una necessaria sveglia presto l’indomani mattina.

COSA OFFRE IL CIELO

Marte, resta ancora l’unico pianeta a brillare nel cielo della sera, accompagnato non molto distante solo dal purtroppo invisibile a occhio nudo Urano, che sta sempre più anticipando il suo tramonto, senza riuscire nemmeno ad arrivare alla mezzanotte.

Il cielo prima dell’alba comincia invece ad arricchirsi vedendo Giove ancora piuttosto basso ma facilmente visibile anche nel cielo chiaro del crepuscolo, Saturno, meno brillante ma sempre più alto, e Mercurio, che nella prima parte del mese li accompagnerà offrendoci un bell’allineamento di pianeti, raggiunti dalla sottile falce di Luna il 10 marzo), per iniziare bene la giornata.

Venere in congiunzione eliaca sarà visibile solo attraverso il campo del coronografo Lasco C3 (e nel Lasco C2 nella seconda parte del mese) e ci offrirà, sempre grazie ai coronografi della missione SOHO, anche una congiunzione stretta con Nettuno.

Ancora per questo mese (ma dal prossimo continuate a seguirci grazie alla nostra newsletter!), trovate anticipate tutte le principali congiunzioni del mese, con cartine e maggiori dettagli, oltre alle informazioni pianeta per pianeta,  pianeti nani e asteroidi, sempre su:


La Luna

Come ogni mese Francesco Badalotti ci guida attraverso le formazioni più interessanti da osservare in ogni fase del nostro satellite e ci indica tutte le librazioni con quelle zone del bordo tra lato visibile e lato nascosto della Luna che via via si rendono accessibili da Terra grazie al “dondolio” apparente della Luna nella sua orbita attorno alla Terra.

Prosegue poi il viaggio tra le principali formazioni della nostra Luna dal settore sudest verso nord (parte 11), questo mese consigliato per il 20 marzo oppure anticipabile per la sera del 5 marzo (ma come sempre è una guida utilizzabile ogni volta che il nostro satellite si trova in condizioni simili di illuminazione). Questo mese viaggiamo tra i crateri Saunder, Lade, Agrippa, Godin, Tempei, Dembowsky, D’Arrest, Delambre, i due Theon senior e junior, Taylor e Alfraganus e i loro dintorni.

Per quanto riguarda invece luce cinerea e le sottili falci di Luna l’appuntamento è nella seconda parte della notte e prima dell’alba l’9 e 10 marzo e, dopo il Novilunio, le sere del 15 e 16 marzo.

E ancora su Coelum astronomia 253

➜ Giorgia Hofer ci porta con le sue immagini attraverso le quattro stagioni del Grande Carro

➜ Comete. Con la Primavera arriva la Atlas

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della Stazione Spaziale Internazionale

➜ Supernovae. La prima supernova amatoriale del 2021

e il Calendario di tutti gli eventi di Marzo 2020, giorno per giorno questo mese accompagnata da due esotici oggetti di Herbig-Haro ripresi come sempre dal telescopio spaziale Hubble.

Hai compiuto un’osservazione?
Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a
segreteria@coelum.com. E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in PhotoCoelum!


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Febbraio su Coelum Astronomia 252

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

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Accademia delle Stelle

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2021-02 Coelum AdS

2021-02 Coelum AdSGennaio – Marzo 2021: Corsi di Astronomia dal vivo e su piattaforma telematica.
Si potranno eseguire comodamente da casa e, se si perde la diretta, le lezioni saranno online a disposizione dei corsisti. Iscrizioni e riduzioni sul sito. È sempre possibile iscriversi!

Corso base di Astronomia Generale
Un meraviglioso viaggio alla scoperta dell’Universo e di tutti gli oggetti incredibili che lo popolano. Pulsar, quasar, buchi neri… Un corso completo dalle fasi della Luna al Big Bang

Corso Completo di Astrofotografia
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Per informazioni:
https://accademiadellestelle.org/
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle

Gruppo Astrofili di Piacenza

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Sarà possibile partecipare a tutti gli eventi collegandosi al servizio internet https://meet.jit.si/GruppoAstrofilidiPiacenza


4 marzo – Edwin Powell Hubble, lo scopritore dell’espansione dell’Universo a cura di Danilo Caldini
11 marzo – News di astronomia a cura di Stefano Di Lauro
18 marzo – Le stelle pulsar, a cura di Patrizia Bussatori
25 marzo – La datazione degli ammassi stellari a cura di Michele Cifalinò
Per maggiori informazioni: http://www.astrofilipc.it/

Perseverance show: video, audio e nuove immagini

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re inquadrature simultanee, mostrano il modulo di discesa (in alto a sinistra), il rover e il terreno sotto di esso (a destra) un attimo prima del touchdownCredit: NASA/JPL-Caltech
re inquadrature simultanee, mostrano il modulo di discesa (in alto a sinistra), il rover e il terreno sotto di esso (a destra) un attimo prima del touchdownCredit: NASA/JPL-Caltech

Si è da poco conclusa a conferenza stampa di aggiornamento: l’emozione si poteva quasi toccare nel momento in cui sono state presentate le sequenze riprese dalle 4 telecamere che hanno immortalato l’apertura del paracadute, il distacco dello scudo termico e infine l’avvicinamento progressivo alla superficie da parte del modulo di discesa, che ha deposto il rover e poi è volato via.

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU

Come mostra lo schema qui a destra, una delle telecamere era montata sul “backshell”, accanto all’alloggiamento del paracadute, un’altra sul modulo di discesa (o “sky-crane”) riprendeva Perseverance dall’alto e le rimanenti due erano montate sul rover, una verso l’alto e l’altra in basso.
Nello schema seguente, la sequenza temporale con la durata e il frame rate di ciascuna telecamera.

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU

Il filmato (in fondo a questo post) inizia a 11 chilometri sopra la superficie, 230 secondi dopo l’entrata in atmosfera mentre Perseverance viaggia a 20.100 km / h., con l’obiettivo della fotocamera ancora coperto. Mostra il dispiegamento del paracadute (il più grande mai inviato su Marte) che avviene in meno di un secondo e termina con l’atterraggio del rover nel cratere. Una visuale in prima fila sui famosi sette minuti di terrore.

In tutto, sono state registrati circa 23000 fotogrammi per un volume di 4 GB, tutti stivati nella memoria del rover e trasmessi successivamente a Terra.

Di seguito, la sequenza di apertura del paracadute ripresa dalla prima telecamera PUC, con cadenza di ben 75 fotogrammi al secondo. Si noti, nell’ultimo fotogramma più grande, la presenza di nubi in controluce!

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU - Processing: Marco Di Lorenzo
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU - Processing: Marco Di Lorenzo

Qui a destra invece lo scudo termico, un attimo dopo il distacco, ripreso dalla telecamera RDC montata sotto la pancia del rover. Si notano (evidenziati dalle frecce verdi) piccoli pezzi di ghiaccio, formatosi sul guscio esterno e che volano lontano. Durante la conferenza stampa, è stato anche evidenziato come una delle 8 molle sul bordo dello Heat Shield è mancante (freccia rossa) ma questo non ha impedito la corretta separazione.

Oltre due minuti dopo, quando anche il guscio superiore e il paracadute si erano separati e il modulo di discesa si era ormai assestato a soli 20 metri dal suolo, i cavi che trattenevano il rover sono stati allungati e un attimo dopo le due fotocamere DDC e RUC si sono fotografate reciprocamente a distanza ravvicinata; le vediamo in questa immagine, evidenziate da frecce rosse.

Ed ecco una bella immagine ripresa sempre dalla telecamera sul rover diretta in alto. Si vede il modulo di discesa che sta calando il rover con 4 cavi e c’è anche una sorta di “ombelico” chiaro che trasporta i dati dallo SkyCrane a Perseverance, anche le immagini del video sono passate da lì. Curiosamente, anche se i razzi del modulo di discesa sono accesi, non si nota alcun getto incandescente uscire da essi ma questa è una caratteristica normale per il combustibile idrazina.

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU - Processing: Marco Di Lorenzo
Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU - Processing: Marco Di Lorenzo

Siamo al momento cruciale del touchdown, ripreso dal modulo di discesa. Il rover è immerso nella polvere sollevata dal getto dei razzi ma si nota che il cordone ombelicale è stato appena reciso perché si stanno riavvolgendo. In precedenza era stata già mostrata una immagine scattata qualche secondo prima, con il rover a pochi metri dal suolo.

Un attimo dopo, il modulo di discesa è volato via in direzione Nord-Ovest per poi schiantarsi a 700 metri dal rover, da notare la propaggine in basso che contiene i radar-altimetri grazie ai quali la manovra è stata eseguita perfettamente:

Credit: NASA/JPL-Caltech/MSSS/ASU - Processing: Marco Di Lorenzo

Anche la sonda della NASA Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) ha immortalato la scena il giorno stesso del touchdown. L’immagine mostra la posizione del rover e i punti in cui si sono schiantati il modulo di discesa, il backshell e lo scudo termico, quest’ultimo a 1,5 km da Perseverance. Qui invece, l’ingrandimento a colori del backshell con paracadute annesso, adagiato sul terreno che porta anche i segni evidenti dell’impatto (raggiere di polvere chiara), a 1,2 km dal rover.

Credit: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona

Un panorama ripreso il 20 febbraio con la Navigation Camera, mostra il cratere Jezero a 360°.

Nella conferenza stampa sono state mostrate anche molte immagini riprese dalle fotocamere sulla mastcam, innalzata durante il weekend.
Ci sono anche i primi suoni registrati sulla superficie ma non quelli durante la discesa, purtroppo! Quella colonna sonora sarebbe stata la ciliegina sulla torta ma non ci possiamo certo lamentare…
In circa 10 secondi su 60 di registrazione, catturata il 20 febbraio, sono udibili una leggera brezza marziana ed i suoni meccanici del rover.

In questa seconda clip sono stati rimossi i ronzii meccanici.

«Per coloro che si chiedono come si atterra su Marte o perché è così difficile, o quanto sarebbe bello farlo, non è necessario cercare oltre“, ha detto l’amministratore della NASA Steve Jurczyk. “Perseverance è solo all’inizio e ha già fornito alcune delle immagini più iconiche nella storia dell’esplorazione spaziale».

Perseverance è atterrato su Marte il 18 febbraio 2020 e poco dopo, ha iniziato ad inviare a Terra le prime immagini.
Sul aliveuniverse.today, un log dedicato monitorerà costantemente i progressi della missione.

Qui di seguito un video riassuntivo dell’emozione di questi giorni, con gli ultimi sette minuti di terrore del rover e le nuove immagini montate come fossero in diretta. Spettacolo!


Esplorazioni alle sorgenti del Big Bang. 50 anni fa l’Apollo 14. Stazione Spaziale Internazionale: 20 anni di ricerca nello spazio.

Coelum Astronomia di Febbraio 2021
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Associazione Astronomica del Rubicone (AAR)

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26 febbraio dalle 21:00 alle 23:00 – Il giro della Luna in 80 mappe

Conferenza pubblica in collaborazione tra ARAR-Planetario di Ravenna e AAR. Torniamo a parlare di disegno astronomico assieme al dott. Alfonso Zaccaria, che ci racconterà la sua esperienza, resa pubblica nell’opera “Il giro della Luna in 80 mappe”. La serata si terrà sulla piattaforma ZOOM dell’ARAR e in diretta YouTube sul canale del planetario: https://www.youtube.com/user/planetarioravenna.

Per maggiori informazioni: https://www.astrofilirubicone.it/

Touchdown! Perseverance si posa nel cratere Jezero

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Le prime immagini inviate a Terra da Perseverance, subito dopo l'atterraggio, si vede ancora la polvere sollevata dall'arrivo del rover che offusca le riprese. Crediti: NASA/JPL-Caltech - Processing: Elisabetta Bonora & Marco Faccin / aliveuniverse.today

Con una successione di manovre perfette, ha toccato il suolo alle 21:55 ora italiana.
La missione era iniziata il 30 luglio 2020 dalla Cape Canaveral Space Force Station in Florida.

«Wow. Solo un giorno fantastico, incredibile», ha detto Steve Jurczyk, amministratore NASA, in un briefing post-atterraggio al JPL. «Non potrei essere più orgoglioso della squadra e di ciò che hanno realizzato in circostanze difficili», facendo riferimento alla pandemia di coronavirus. «Questo atterraggio è uno di quei momenti cruciali per la NASA, gli Stati Uniti e l’esplorazione spaziale a livello globale – quando sappiamo di essere al culmine della scoperta e affiliamo le nostre matite, per così dire, per riscrivere i libri di testo», ha aggiunto. «La missione Mars 2020 Perseverance incarna lo spirito di perseveranza della nostra nazione anche nelle situazioni più difficili, ispirando e promuovendo la scienza e l’esplorazione. La missione stessa personifica l’ideale umano di perseverare verso il futuro e ci aiuterà a prepararci per l’esplorazione umana del Pianeta Rosso».

Subito dopo il landing il rover ha inviato a Terra un paio di immagini riprese con la hazcams frontale e posteriore (in apertura, un nostro processing delle prime due immagini che segnano l’inizio di un nuovo album sul nostro canale di Flickr!) e ciò ha consentito al team di determinare l’esatto orientamento. Perseverance è inclinato di soli 1,2 gradi sul terreno e sembra essere in un’area sgombra da grossi massi. In base alla posizione aggiornata sul sito ufficiale si trova ben dentro l’ellisse di atterraggio prefissata di 4,0×4,4 km, tra due piccoli crateri.

Collocazione effettiva del rover, con indicazione della distanza dal centro dell'ultima "landing Ellipse" - Crediti: MRO/NASA/JPL-Caltech - Processing: Marco Di Lorenzo
Ingrandimento sulla posizione attuale del rover - Crediti: MRO/NASA/JPL-Caltech - Processing: Marco Di Lorenzo

Nella mappa ingrandita qui a lato, è evidente che il rover è posto esattamente a metà strada tra un insidioso campo di dune (a sinistra) e una regione accidentata con un letto roccioso e numerose rocce sporgenti; un errore di soli 100 metri nel punto di atterraggio avrebbe potuto compromettere la missione fin dall’inizio!

Nei prossimi giorni, Perseverance inizierà a metter in funzione la strumentazione: prima l’antenna ad alto guadagno, poi l’albero e via via ogni parte del rover prenderà vita.

Questo è il quinto rover su Marte della NASA e dal Sojourner, volato con la missione Mars Pathfinder atterrata nel 1997, è di gran lunga il più sofisticato.

L'approfondimento sulla missione a cura di Elisabetta Bonora di aliveuniverse.today su Coelum Astronomia 246. Clicca e leggi!

Sebbene le dimensioni siano simili a quelle di Curiosity che opera sul Pianeta Rosso dal 2012, pesa circa 100 chilogrammi di più (1.026 chilogrammi) e porta con sé un payload di strumenti e dimostrazioni tecnologiche molto più complesso (per un approfondimento si rimanda al nostro precedente articolo).

Il sistema di discesa guidata “Terrain-Relative Navigation” ha funzionato egregiamente, riuscendo a “parcheggiare” il rover in una zona pianeggiante e priva di insidie, come testimoniato dalla seguente mappa e come confermato dalle suddette immagini hazcam scattate dopo l’atterraggio.

Luogo d'atterraggio, a destra in una immagine MRO e a sinistra sovrapposta a una mappa a falsi colori preparata in precedenza, con in rosso le zone accidentate da evitare - Crediti: MRO/NASA/JPL-Caltech - Processing: Marco Di Lorenzo

Il geologo e astrobiologo robotico studierà la roccia e i sedimenti dell’antico letto del lago e del delta fluviale nel cratere Jezero per caratterizzare la geologia e il clima passato della regione posta sul bordo occidentale di Isidis Planitia, un gigantesco bacino da impatto appena a nord dell’equatore marziano. Cercherà segni di antica vita microbica mentre la NASA e l’ESA continueranno a pianificare la campagna la campagna Mars Sample Return per riportare sulla Terra i campioni raccolti durante la missione Mars2020.
«Grazie agli eccitanti eventi di oggi, i primi campioni incontaminati provenienti da luoghi accuratamente documentati su un altro pianeta hanno fatto un altro passo in avanti verso il ritorno sulla Terra», ha affermato Thomas Zurbuchen, amministratore associato per la scienza alla NASA. «Perseverance è il primo passo per riportare la roccia e la regolite da Marte. Non sappiamo cosa ci diranno questi campioni incontaminati di Marte. Ma quello che potrebbero dirci è monumentale, incluso il fatto che la vita potrebbe essere esistita una volta oltre la Terra».

Per conoscere meglio tutte la fasi della discesa e gli strumenti che hanno permesso al rover di atterrare in sicurezza leggi anche Mars 2020 Perseverance. Countdown to Mars.

Il video della diretta NASA in occasione dell’evento

Il sito dedicato alla missione Mars2020


Esplorazioni alle sorgenti del Big Bang. 50 anni fa l’Apollo 14. Stazione Spaziale Internazionale: 20 anni di ricerca nello spazio.

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Unione Astrofili Italiani

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20-21 febbraio: Meeting nazionale a Firenze organizzato dalla Commissione Didattica UAI e rivolto agli operatori della didattica per discutere la situazione attuale della didattica dell’astronomia nella scuola italiana, approfondirne le metodologie e delineare le strategie per il futuro
www.uai.it/didattica

Il futuro di Coelum Astronomia

Cari Lettori,

desideriamo come prima cosa porgere un vivo ringraziamento a tutti voi che ci avete seguito con costanza fin qui coltivando, mese dopo mese, la passione che ci accomuna per l’astronomia, le stelle e la divulgazione della scienza. Senza di voi non saremmo certamente potuti arrivare dove ci troviamo e di questo non possiamo che esservi profondamente grati.

Dal 2016 a oggi, nei 58 numeri gratuiti di Coelum Astronomia che avete potuto leggere, vi sono stati passaggi decisamente emozionanti, notizie intriganti e scoperte avvincenti: oltre 10.500 pagine di contenuti di qualità resi accessibili liberamente in un grande progetto di divulgazione aperto a tutti.

Notevole ed encomiabile è stato lo sforzo di tutto lo staff di redazione nel portare avanti il progetto di una rivista di astronomia di qualità e completamente gratuita per tutti, cosa di per sé molto complessa sia dal punto di vista gestionale che economico.

Siamo inoltre soddisfatti di aver portato avanti il progetto anche in seguito al pesante scossone dovuto alla pandemia di Covid-19 nello scorso anno, senza interruzioni o limitazioni. Riportare la nostra passione nelle case degli Italiani, gratuitamente, raggiungendo chiunque e affrontando resistenze e difficoltà, è stato un viaggio importante e difficoltoso, una sfida appassionante.

Seppur soddisfatti per gli obiettivi raggiunti, ci rendiamo conto che Coelum ha bisogno di affrontare una nuova evoluzione, di trovare una nuova forma attraverso cui trasmettere questa passione, e le emozioni che ne derivano, a una nuova generazione di appassionati.

Il nostro progetto è stato reso possibile solo grazie alla tanta energia e alla dedizione di una squadra estremamente motivata, ma dotata di risorse minime e spesso insufficienti.

Per questi motivi, e avendo a cuore oggi più che mai il valore e la necessità di offrire un veicolo di divulgazione adeguato, abbiamo voluto riconsiderare l’iniziativa nel suo insieme e fermarci a riflettere sui passi futuri da far compiere a questo nostro progetto, giunto ben oltre l’obiettivo iniziale di provare che un’altra e più aperta forma di divulgazione scientifica era possibile.

Il numero 253 di marzo 2021, in uscita a fine febbraio, sarà quindi l’ultimo di questo corso “digitale” (ma potrete continuare a leggere gratuitamente tutte le uscite della rivista già pubblicate). Non stiamo usando la parola “fine”, perché sappiamo bene che tutto si trasforma e niente si distrugge: dobbiamo però ora capire come poter scrivere una nuova pagina della storia di questa rivista che tanto ci è cara e che abbiamo prodotto e curato nelle sue diverse forme e incarnazioni fin dall’ormai lontano 1997.

È un momento di sfide e di cambiamento per tutti: sono necessarie scelte coraggiose e ci piace sperare in un futuro ancora più luminoso per Coelum.

Poiché Coelum è un progetto non solo della Redazione, ma di tutti i lettori e i collaboratori, saltuari o affezionati, che ci hanno supportato e seguito in questi anni, sarà da subito possibile (e ben accetto) inviarci idee, proposte e suggerimenti tramite l’indirizzo mail idee@coelum.com.

Nel frattempo, continuerete a ricevere aggiornamenti tramite la nostra newsletter, potrete leggere le ultime news di astronomia e conoscere i più importanti appuntamenti con il cielo seguendoci sul nostro sito web e sulle nostre pagine social (facebook e twitter). Alcuni dei contenuti fino ad oggi pubblicati nella rivista saranno fruibili direttamente sul nostro sito, perciò…

continuate a seguirci!

L’editore Maasi Media




Mars 2020 Perseverance. Countdown to Mars.

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18 febbraio, questa è la data più attesa per chi sta seguendo le missioni di esplorazione del Pianeta Rosso. Dopo gli ingressi in orbita, nei giorni scorsi, delle missioni Tianwen-1 della Cina e Mars Hope degli Emirati Arabi Uniti, tocca ora alla NASA.

Si potrà pensare che per la NASA sia ormai una passeggiata atterrare su Marte, in fondo le ultime missioni si sono tutte concluse con successo, e sono cinque i lander o rover dell’agenzia americana atterrati senza grandi problemi negli ultimi quindici anni, ma Marte non ha una buona reputazione sotto questo aspetto… se non ci si ferma agli ultimi anni della NASA, nell’insieme di tutte le agenzie spaziali, le missioni non andate a buon fine sono più della metà.

Per conoscere meglio gli scopi della missione, il rover e l’elicotterino Ingenuity (che significa ingegno… non ingenuità!) che gli farà compagnia, vi rimandiamo all’articolo “Perseverance Conosciamo il nuovo rover in partenza per Marte” di Elisabetta Bonora, pubblicato su Coelum Astronomia 246, in occasione della partenza da Terra, vediamo invece cosa dovrà affrontare il rover per raggiungere la sua meta.

Perseverance dovrebbe raggiungere la superficie marziana il 18 febbraio attorno alle 21:55 ora italiana, all’interno del cratere Jezero, e la Nasa gli ha fornito tutti gli strumenti necessari per evitare che qualcosa vada storto, proprio grazie alla sua lunga esperienza maturata.

Il rover dovrà affrontare quelle tre fasi che lo porteranno sulla superficie, indicate dall’acronimo EDL: Entry, Descent and Landing ovvero l’ingresso nell’atmosfera, la discesa verso la superficie e infine l’atterraggio. si tratta degli ormai noti “sette minuti di terrore”, pochi minuti ma estremamente importanti, in cui ci si gioca il successo e il proseguimento della missione, gli anni di preparazione e il viaggio per arrivare fin lì.
Se questo non bastasse, per ricevere i segnali radio da Marte occorrono più di 11 minuti… quindi il team della missione non ha nessuno modo di intervenire in quei sette minuti, per questo il veicolo dovrà eseguire in autonomia tutti i passaggi.

Tutti i passaggi di entrata, discesa e atterraggio (EDL) che dovrà affrontare la sonda in soli 7 minuti.

Dieci minuti prima di entrare nell’atmosfera, Perseverance perderà il suo modulo da crociera, che ospita pannelli solari, radio e serbatoi di carburante utilizzati durante il viaggio verso Marte. Solo l’aeroshell che lo protegge – con rover e modulo di discesa all’interno – lo accompagnerà durante la fase di discesa. Prima di entrare nell’atmosfera, il veicolo dovrà riorientarsi e assicurarsi che lo scudo termico sia rivolto in avanti.

Entry

In questa illustrazione l'ingresso in atmosfera marziana del veicolo contenente il rover Perseverance. In questa fase viene persa velocità di ingresso grazie alla resistenza generata dall'atmosfera marziana. Centinaia di eventi critici dovranno essere eseguiti alla perfezione e nei giusti tempi affinché il rover possa atterrare su Marte in sicurezza il 18 febbraio 2021. NASA / JPL-Caltech

Viaggiando a quel punto a quasi 20.000 chilometri all’ora, il veicolo dovrà rallentare, fino ad arrivare a velocità zero sulla superficie, in soli sette minuti e mirando a un bersaglio preciso sulla superficie.

Già appena entrato, la resistenza prodotta dall’atmosfera marziana lo rallenta drasticamente, sviluppando un calore estremo. Il picco di riscaldamento si verifica circa 80 secondi dopo l’ingresso, quando sulla superficie esterna dello scudo termico verranno raggiunti i 1.300 gradi Celsius circa, ma al sicuro nell’aeroshell il rover avrà una temperatura vicina a quella ambiente.

Descent

Il paracadute è l'elemento fondamentale per rallentare ulteriormente il veicolo dopo il rallentamento atmosferico. Con i suoi 21,5 metri di diametro porterà la velocità del modulo da 1512 a a circa 320 chilometri all'ora. Poi entreranno i funzione i propulsori dedicati al controllo dell'atterraggio. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Durante la discesa, la navicella incontrerà sacche d’aria più o meno dense, che possono spingerla fuori rotta. Per compensare, ha dei piccoli propulsori sul guscio posteriore che le permettono un “ingresso guidato” per mantenere la traiettoria.

A questo punto, Perseverance avrà una velocità di circa 1.600 chilometri all’ora: un rallentamento drastico ma non sufficiente per atterrare integro… ecco che allora il Range Trigger, una tecnologia per misurare la sua distanza dall’arrivo, deciderà quando sarà il momento migliore per aprire il paracadute. Nelle previsioni ci si aspetta che accada circa 4 minuti dopo l’ingresso, a un’altitudine di 11 chilometri e una velocità di circa 1512 km/h.

Venti secondi dopo lo scudo termico si separerà: il rover viene esposto per la prima volta all’atmosfera marziana e entrano in gioco fotocamere e strumenti che gli permetteranno un atterraggio sicuro.

Il cratere Jezero e il probabile percorso che Perseverance effettuerà durante la sua esplorazione, tra missione primaria e eventuale estensione. Il mosaico è stato costruito con una serie di immagini riprese dal Mars Reconnaissance Orbiter e ha una risoluzione di 6 metri per pixel. Crediti: NASA/JPL-Caltech

«Jezero è largo 28 miglia (circa 45 chilometri), ma all’interno di quella distesa ci sono molti potenziali pericoli che il rover potrebbe incontrare: colline, campi rocciosi, dune, le pareti del cratere stesso, solo per citarne alcuni», spiega Andrew Johnson, principal robotics systems engineer al Jet Propulsion Laboratory della NASA. «Per questo, atterrare su uno di questi pericoli potrebbe essere catastrofico per l’intera missione».

È qui che entrano in campo due delle nuove tecnologie ideate per questa missione. Quello che Perseverance ha a sua disposizione è il “Terrain Relative Navigation” (TRN) che consiste di due elementi principali: una mappa della zona di atterraggio con tutti i dettagli e l’altimetria di tutti gli ostacoli che potrebbe incontrare, e una camera di navigazione. In parole semplici, durante l’atterraggio, Perseverance potrà confrontare quello che vede sotto di sé con le mappe che ha in memoria, riconoscendo gli ostacoli e potendo modificare in autonomia la traiettoria di discesa, in tempo reale, per evitarli e atterrare in una zona sicura. Questo sistema di atterraggio pilotato autonomamente è chiamato “landing vision system” (LSV).

La sonda Mars 2020 segue un processo di entrata, discesa e atterraggio simile a quello utilizzato per l'atterraggio di Curiosity. Ha però nuove importanti tecnologie che migliorano l'entrata, la discesa e l'atterraggio: il Range Trigger, il Terrain-Relative Navigation, MEDLI2 e le sue telecamere EDL e un microfono. Nell'animazione (cliccare se non parte) vediamo la tecnica di navigazione che tiene conto del terreno su cui sta atterrnado: scattando immagini della superficie durante la discesa, il rover può determinare rapidamente se si sta dirigendo verso un'area che il team di missione ha stabilito essere pericolosa. Se necessario, una manovra di deviazione può dirigerlo verso un terreno più sicuro. Crediti: NASA / JPL-Caltech

La sonda OSIRIS-REx ha usato un sistema simile durante la raccolta di campioni sull’asteroide Bennu, il Natural Feature Tracking (NFT), perciò non si tratta di qualcosa di completamente nuovo, ma fondato su precedenti già ben testati e usati con successo, ma comunque ha dovuto affrontare diversi test, in laboratorio e anche sul campo, nell’arco di diversi anni. Per i primi test di volo, Johnson e il suo team hanno montato l’LVS su un elicottero e utilizzandolo per stimare automaticamente la posizione del veicolo durante il volo. Ma per meglio simulare quello che dovrà affrontare Perseverance, si è reso necessario l’uso di un missile da crociera:
«(il volo in elicottero) ci ha dato un certo grado di prontezza tecnica, perché il sistema ha potuto monitorare svariati tipi di terreno, ma non ha lo stesso modo di di discesa che avrà Perseverance», spiega Johnson. «È stato necessario anche provare LVS su un razzo».

Un’esigenza soddisfatta dal programma di volo Flight Opportunities della NASA, con due voli nel deserto del Mojave su un razzo Masten Space System Xombie, con un sistema di decollo e atterraggio verticale (VTVL) che funziona in modo simile a un lander. Test che hanno aiutato a risolvere i dubbi che ancora c’erano sul sistema.

«È stato quello il momento in cui siamo stati sicuri che LVS avrebbe funzionato durante una discesa verticale ad alta velocità tipica degli atterraggi su Marte» ha dichiarato Nikolas Trawny, payload and pointing control systems engineer al JPL.

Ma nonostante tutti questi test di successo, ci sarà molto lavoro da fare dal controllo missione per monitorare e garantire un atterraggio sicuro, in particolare per controllare che la camera venga alimentata correttamente e non rischi di avere malfunzionamenti, e che tutti i dati necessari scorrano come previsto.

I razzi propulsori che accompagneranno Perseverance durante l'ultima parte della discesa, prima dell'atterraggio, e che, controllati da una nuova innovativa tecnologia, le permetteranno di evitare gli ostacoli più pericolosi su cui potrebbe atterrare. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Un ultimo, ma non secondario problema è che il carburante a disposizione per i razzi del rover è ovviamente limitato, quindi non è che ce ne sia per tante manovre… Al netto di tutti i rischi, però, il sistema ha mostrato di poter funzionare e ora manca solo un giorno alla prova del nove e, nel nostro racconto, l’ultima fase dei sette minuti di terrore: l’atterraggio nel cratere Jezero.

Siamo ora a una velocità di circa 320 chilometri l’ora, Perseverance deve liberarsi dal paracadute e usare i razzi per il resto del percorso. Il modulo di discesa si trova proprio sopra al rover, dentro il backshell, sono una sorta di jetpack con otto propulsori puntati verso il basso, che si attiva a circa 2100 metri dalla superficie, una volta che anche il backshell verrà abbandonato.

Qui, alcune manovre impediranno al rover di sbattere contro paracadute e backshell, ormai lasciati al loro destino.

Landing

Ultima fase, l'atterraggio. Inizia la manovra di skycrane, letteralmente una gru dal cielo che calerà Perseverance sulla superficie di Marte e dovrà scappare via sganciando il rover appena toccherà terra per evitare di cadergli addosso. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Siamo a una velocità di 2,7 chilometri l’ora, circa 20 metri dalla superficie e a 12 secondi dall’atterraggio: inizia la manovra di skycrane.

A circa 20 metri dalla superficie, il modulo di discesa abbassa il rover per mezzo di una serie di cavi lunghi circa 6,4 metri, e lo adagia lentamente al suolo. Appena Perseverance, che nel frattempo ha bloccato gambe e ruote in posizione di atterraggio, tocca il suolo, il modulo di discesa stacca le corde e vola via, per cadere poi lontano dal rover.

I sette minuti di terrore hanno termine, e se tutto ha funzionato a dovere il rover invierà il messaggio di conclusione delle operazioni che arriverà a terra dopo 11 minuti circa… permettendo alla sala controllo di ricominciare a respirare!

Il tutto lo si potrà seguire via streaming anche sulla nostra pagina e sui vari canali social, con il commento in italiano in diretta di astronauticast (dalle 21:00) e le trasmissioni di NASA TV (a partire dalle 20:15 la diretta per seguire l’evento, ma anche nelle ore precedenti e successive con conferenze stampa e altri contributi).

Anche con tutti i test e i sistemi di controllo autonomi possibili qualcosa può sempre andar male, la realtà è diversa da una simulazione in cui si possono controllare tutti i parametri noti. Al Centro Controllo sono quindi pronti ad affrontare qualsiasi problema dovuto a un cambiamento delle condizioni previste.

«E solo quando avremo il segnale dal rover che dice “Sono atterrato e sono stabile sul terreno”, solo allora potremo festeggiare!» conclude Swati Mohan, guidance, navigation and control operations lead della missione Mars 2020.

Il prossimo appuntamento sarà poi a maggio, con la discesa del rover cinese… l’esplorazione del Pianeta Rosso continua.

Vedi anche il video Media INAF sui sette minuti di terrore:


Esplorazioni alle sorgenti del Big Bang. 50 anni fa l’Apollo 14. Stazione Spaziale Internazionale: 20 anni di ricerca nello spazio.

Coelum Astronomia di Febbraio 2021
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Unione Astrofili Italiani

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19 febbraio: Una serata nazionale di osservazione di Marte e della Luna, protagonisti di un bellissimo allineamento con la stella Aldebaran, sotto il cielo dell’inverno nei giorni in cui la sonda Mars 2020 arriva sul pianeta rosso con il suo rover Perseverance.
www.uai.it/sito/divulgazione/

Quattromila universi posson bastare

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Diagramma schematico dell'evoluzione dell'Universo dall'inflazione (a sinistra) al presente (a destra). Il metodo di ricostruzione riavvolge l'evoluzione da destra a sinistra di questa illustrazione per riprodurre le fluttuazioni di densità primordiali dall’attuale distribuzione delle galassie. Crediti: The Institute of Statistical Mathematics
Diagramma schematico dell'evoluzione dell'Universo dall'inflazione (a sinistra) al presente (a destra). Il metodo di ricostruzione riavvolge l'evoluzione da destra a sinistra di questa illustrazione per riprodurre le fluttuazioni di densità primordiali dall’attuale distribuzione delle galassie. Crediti: The Institute of Statistical Mathematics

Un gruppo di astronomi giapponesi ha testato un metodo per ricostruire lo stato dell’universo primordiale applicandolo a quattromila universi simulati, utilizzando il supercomputer Aterui II dell’Osservatorio Astronomico Nazionale del Giappone (Naoj). I ricercatori hanno scoperto che, insieme a nuove osservazioni, il loro metodo può stabilire migliori vincoli all’inflazione, uno degli eventi più enigmatici nella storia dell’universo. In particolare, il metodo può ridurre il tempo di osservazione necessario per distinguere tra le varie teorie inflazionistiche.

Subito dopo la sua nascita – circa 13.8 miliardi di anni fa – la dimensione dell’universo è improvvisamente aumentata di oltre un miliardo di miliardi di miliardi di volte, in meno di un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo di millisecondo; ma nessuno sa come o perché.

Questa improvvisa “inflazione” è uno dei misteri più intriganti dell’astronomia moderna. Si ritiene che questa espansione abbia portato a fluttuazioni primordiali nella densità della materia che potrebbero aver influenzato la distribuzione delle galassie. Pertanto, la mappatura della distribuzione delle galassie potrebbe escludere modelli di inflazione che non corrispondono ai dati osservati.

Tuttavia, esistono processi diversi dall’inflazione che influiscono sulla distribuzione delle galassie, rendendo difficile ricavare informazioni sull’inflazione direttamente dalle osservazioni della struttura su larga scala dell’universo – conosciuta come cosmic web, la rete cosmica composta da galassie e gas. In particolare, la crescita guidata dalla gravità di gruppi di galassie può nascondere le fluttuazioni di densità primordiali.

Un gruppo di ricerca guidato da Masato Shirasaki della Naoj, ha pensato di applicare un “metodo di ricostruzione” per tornare indietro nel tempo e rimuovere gli effetti gravitazionali dalla struttura su larga scala. Utilizzando Aterui II – uno dei supercomputer più veloci del mondo dedicato alle simulazioni astronomiche – hanno creato 4000 universi simulati e li hanno fatti evolvere attraverso una crescita guidata dalla gravità. Hanno quindi applicato il loro metodo per vedere quanto bene è stato ricostruito lo stato iniziale delle simulazioni. Così facendo, il team ha scoperto che il loro metodo può correggere gli effetti gravitazionali e migliorare i vincoli sulle fluttuazioni primordiali della densità. «Abbiamo scoperto che questo metodo è molto efficace», conclude Shirasaki. «Utilizzandolo, possiamo verificare le teorie sull’inflazione con circa un decimo della quantità di dati, riducendo il tempo di osservazione richiesto nelle prossime missioni di rilevamento galattico come Sumire del telescopio Subaru di Naoj».

Per saperne di più:


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