Abstract

Il progetto ASTRI (Astrofisica con Specchi a Tecnologia Replicante Italiana) rappresenta un’importante innovazione nell’astronomia dei raggi gamma, con particolare attenzione alla radiazione Cherenkov ad alta energia. Ispirato dalle idee pionieristiche di Guido Horn d’Arturo, il progetto impiega telescopi con specchi a struttura segmentata per studiare le particelle cosmiche ad altissime energie. ASTRI si inserisce nel contesto più ampio dell’osservatorio CTAO, mirando a esplorare energie tra 1 TeV e 100 TeV, e si distingue per l’uso di telescopi di piccole dimensioni in grado di osservare le docce di particelle prodotte da fotoni gamma estremamente energetici. Con il suo design avanzato, che include il sistema ottico Schwarzschild-Couder e fotocamere al silicio, ASTRI si prefigge di risolvere enigmi astrofisici come l’eccesso di raggi gamma dal centro galattico e la ricerca di “PeVatrons” — oggetti capaci di accelerare particelle fino a energie petaelettronvolt. Inoltre, ASTRI si inserisce in un contesto internazionale di ricerca multimessaggera, collaborando con progetti come MAGIC e LHAASO, e contribuendo a una comprensione più profonda dei fenomeni astrofisici estremi e della materia oscura. Il progetto, che prosegue la tradizione italiana nell’astrofisica, offre una nuova finestra sul cosmo, con il futuro osservatorio di Tenerife pronto a svelare nuovi segreti dell’Universo.

Quando si guarda con attenzione il James Webb Space Telescope, la prima cosa che colpisce è la struttura mo­dulare del suo grande specchio primario, suddiviso in segmenti esagonali. Dietro questa soluzione ingegnosa esiste una vicenda affascinante che ha come protago­nista Guido Horn d’Arturo, personalità essenziale nello sviluppo di alcune tra le idee più avanzate dell’astrofi­sica osservativa attuale. Fu infatti egli che, negli anni Trenta, ebbe l’intuizione di suddividere i grandi specchi monolitici per telescopi in superfici tassellate, renden­do possibile la realizzazione di grandi aree riflettenti riducendo i costi. Non è un caso che il suo nome sia ben conosciuto dagli studiosi dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), impegnati oggi nel progetto ASTRI, acronimo di “Astrofisica con Specchi a Tecnologia Repli­cante Italiana”: delle spettacolari superfici a specchio di grande dimensione specificatamente progettate per raccogliere e per studiare la radiazione Cherenkov nell’ul­travioletto e visibile generata dall’interazione dei raggi gamma provenienti dalle profondità cosmiche e i raggi cosmici stessi.

Nel 2017, la camera Cherenkov montata sul primo tele­scopio prototipale del progetto, installato nel sito di Ser­ra La Nave sull’Etna, presso Catania, ottenne la sua prima luce. Il telescopio fu significativamente chiamato “ASTRI Horn” in omaggio a Horn d’Arturo, essendo lo specchio primario a struttura segmentata come quella concepita nel 1935. Nel 2022 è stato completato sul vulcano Teide, a Tenerife, ASTRI-1, il primo telescopio dei nove previsti per il sito osservativo. Ma di cosa si tratta esattamente quando parliamo di ASTRI? E quali obiettivi scientifici si prefigge que­sto nuovo esperimen­to, pen­sato per indagare i fenomeni più ener­getici del cosmo grazie al rilevamento della radiazione Cherenkov?

L’apertura di una nuova finestra sul cosmo ad alta energia

La radiazione Cherenkov, scoperta a metà degli anni Trenta da Pavel Cherenkov (1909-1990), si manifesta quan­do una particella carica viaggia in un mezzo denso (per esempio l’atmosfera) a una velocità di fase superiore a quella consentita alla luce nello stesso mezzo. Questo curioso effetto è responsabile, ad esempio, del bagliore bluastro che si nota nei reattori delle centrali nucleari, quando una particella beta (cioè un elettrone) è rilascia­ta a velocità relativistica nelle vasche di raffreddamento: si crea quindi una sorta di analogo elettromagnetico del “bang” supersonico dei jet militari. Infatti, quando la particella supera il “muro” della velocità della luce nel mezzo, si produce esattamente lo stesso cono d’onda equivalente al cono di Mach prodotto quando un aereo o un proiettile supera il muro del suono. L’effetto Che­renkov che osserva ASTRI però è diverso, ed è prodotto da fotoni gamma ad altissima energia (nella regione del teraelettronvolt) che giungono sulla Terra e impat­tano contro gli atomi della nostra atmosfera, creando sciami di coppie elettrone-positrone in grado di indurre l’emissione di una grande quantità di fotoni Cherenkov. I telescopi di questo tipo (specificatamente quelli del progetto CTAO) possono registrare anche l’arrivo di raggi cosmici: in questo caso, le particelle adroniche (in gran parte protoni e, talvolta, nuclei atomici) hanno una in­terazione con l’atmosfera più complessa, che comporta anche la produzione di altre particelle come pioni e muo­ni. In entrambi i casi, grazie all’effetto Cherenkov, ven­gono prodotti bagliori bluastri di forma caratteristica, di fatto non percepibili dall’occhio umano: sono fenomeni di brevissima durata anche dell’ordine di nanosecondi o alcune decine di nanosecondi al massimo. È un proces­so tanto spettacolare quanto effimero e, per decenni, la sua fugacità ha reso estremamente complesso l’utilizzo della tecnica Cherenkov in atmosfera per lo studio dei raggi gamma di origine celeste e dei raggi cosmici che giungono sul nostro pianeta.

Progetti come ad esempio MAGIC, CTAO (Cherenkov Telescope Array Observatory) e, appunto, ASTRI, stanno aprendo nuovi scenari osservativi grazie a telescopi con specchi primari molto grandi e fotocamere rapidissime, in grado di “catturare” questi istanti di luce e decifrarne i segreti. Il processo chiave consiste nell’analisi detta­gliata dell’immagine della cascata di particelle che si sviluppa quando un raggio cosmico o gamma interagi­sce con le molecole atmosferiche. Sebbene il fenomeno avvenga in pochi miliardesimi di secondo, la sua forma conica e la distribuzione dei fotoni Cherenkov conser­vano informazioni preziose sull’energia e sulla natura dell’oggetto che ha innescato lo sciame. Studiando la geometria e l’intensità del bagliore, il tasso di fotoni emessi, la durata e la forma della curva di emissione, diventa possibile ricostruire con precisione le caratteristiche dell’impulso cosmico originario.

Cascata elettromagnetica prodotta dall’impatto
di un raggio cosmico con l’atmosfera credit
ASPERA Novapix L. Bret
 

Un progetto complementare a CTAO

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L’articolo è pubblicato in COELUM 273 VERSIONE CARTACEA