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La notte delle comete e degli asteroidi

SUL CANALE YOUTUBE DI EMPIRICAMENTE

Per onorare la memoria del grande divulgatore Corrado Lamberti seguiteci il 28 aprile, dalle ore 21, in diretta:

“LA NOTTE DELLE COMETE E DEGLI ASTEROIDI”

La trasmissione è condotta da Luigi Bignami ed Enrico Bonfante e vedrà la partecipazione di Roberto Ragazzoni, direttore dell’Osservatorio INAF di Asiago e di Ettore Perozzi dell’ESA. Presenteremo le immagini dell’asteroide 6206 Corradolamberti, quelle di comete e dell’asteroide che proprio in quelle ore si avvicinerà alla Terra: 1998 OR2.

Numerosi collegamenti con alcuni dei migliori astrofotografi italiani!


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Astrochannel: seminari e coffee-talk

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Una TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

IASF Milano, 29/04/2020 @ 14:00
Marco Malaspina & Marco Galliani
(Inaf), “Media Inaf e Ufficio stampa Inaf: a chi servono, come funzionano”
Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
Astrochannel è un software di Marco Malaspina – Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

Accademia delle Stelle

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2020-04 Coelum AdS

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Si potranno seguire comodamente da casa e, se si perde la diretta, le lezioni saranno sempre online a disposizione dei corsisti.
Iscrizione e riduzioni sul sito.

Da lunedì 20 aprile: Corso avanzato di Astronomia e Astrofisica
Approfondiamo la fisica dei fenomeni astronomici: dalla gravità alla meccanica quantistica, dall’elettromagnetismo alle dimensioni dell’Universo

Da giovedì 30 aprile: Archeoastronomia e Astronomia culturale
Per scoprire le conoscenze astronomiche degli Antichi e l’importanza che l’astronomia ha avuto nella cultura umana di tutte le epoche

Informazioni:
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Cheops entra in azione e trova il suo primo esopianeta!

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Un’impressione artistica della subgigante gialla HD 93396, grande tre volte il nostro Sole anche se leggermente più fredda, e del suo pianeta caldo gioviano KELT-11b, il primo esopianeta a cui Cheops ha “preso le misure” in modo estremamente accurato. Crediti ESA
Un’impressione artistica della subgigante gialla HD 93396, grande tre volte il nostro Sole anche se leggermente più fredda, e del suo pianeta caldo gioviano KELT-11b, il primo esopianeta a cui Cheops ha “preso le misure” in modo estremamente accurato. Crediti ESA

Cheops, la nuova missione dell’ESA per lo studio degli esopianeti, ha completato con successo i suoi quasi tre mesi di messa in servizio in orbita, superando le aspettative delle sue prestazioni. Il satellite, che comincerà le operazioni scientifiche di routine entro fine aprile, ha già ottenuto promettenti osservazioni di stelle note per ospitare esopianeti, con molte entusiasmanti scoperte in arrivo.

«La fase di messa in servizio in orbita è stato un periodo entusiasmante, e siamo lieti di essere riusciti a soddisfare tutte le richieste», commenta Nicola Rando, responsabile di progetto di Cheops all’ESA. «La piattaforma del satellite e gli strumenti si sono comportati egregiamente, e sia il centro missione che il centro operazioni scientifiche hanno supportato impeccabilmente le operazioni».

L’immagine di Hd 70843, prima luce di Cheops, copre circa 1000 x 1000 pixel, e il lato di ogni pixel corrisponde e un angolo di cielo di circa 0.0003 gradi, equivalente a meno di un millesimo del diametro della Luna piena. Un dettaglio incredibile, mentre la messa “fuori fuoco” della stella aiuta Cheops a raccoglierne ancora più informazione per la curva di luce da esaminare. Crediti: Esa/Airbus/Cheops Mission Consortium.

Lanciato a dicembre 2019, Cheops – Characterising Exoplanet Satellite (satellite per la caratterizzazione degli esopianeti) – ha aperto gli occhi sull’universo alla fine di gennaio e poco dopo ha scattato le prime immagini di stelle, volutamente sfocate. La deliberata non messa a fuoco è il cuore della strategia di osservazione della missione, che migliora la precisione delle misurazioni diffondendo su molti pixel del suo rilevatore la luce proveniente da stelle lontane. E la precisione è l’elemento chiave nella ricerca di esopianeti oggi. Più di 4.000 pianeti – e in aumento – sono noti per orbitare stelle che non sono il Sole. Un proseguimento chiave è di cominciare a caratterizzare questi pianeti, fornendo informazioni sulla loro struttura, formazione ed evoluzione.

Adottare le misure necessarie per caratterizzare gli esopianeti attraverso la precisa misurazione delle loro dimensioni – in particolare quelle dei pianeti più piccoli – è esattamente la missione di Cheops. Prima di essere dichiarato pronto per questo compito, tuttavia, il piccolo satellite di 1,5 metri ha dovuto superare numerosi test. Con la prima serie dei test in volo, eseguiti tra gennaio e febbraio, gli esperti della missione hanno iniziato ad analizzare la risposta del satellite, in particolare del telescopio e del rilevatore, nell’ambiente spaziale vero e proprio. Procedendo verso marzo, Cheops si è concentrato sulle stelle già studiate. «Per misurare quanto le prestazioni di Cheops siano corrette, dovevamo prima osservare stelle le cui proprietà sono ben note, stelle che si comportano bene – scelte attentamente per essere molto stabili, senza segni di attività», commenta Kate Isaak, scienziato di progetto di Cheops all’ESA. Questo approccio ha permesso ai team all’ESA, al consorzio di missione e ad Airbus Spain – il contraente principale – di verificare che il satellite fosse preciso e stabile quanto necessario per raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi. «Il puntamento è estremamente stabile: questo significa che mentre il telescopio osserva una stella per ore mentre il satellite si muove lungo la sua orbita, l’immagine della stessa rimane sempre all’interno dello stesso gruppo di pixel del rilevatore», spiega Carlos Corral van Damme, Primo Ingegnere di Sistema dell’ESA per Cheops. «Una così grande stabilità è una combinazione delle eccellenti prestazioni dell’attrezzatura e degli algoritmi di puntamento su misura, e sarà di particolare importanza per raggiungere gli obiettivi scientifici della missione. La stabilità termica del telescopio e del rilevatore si è rivelata inoltre persino migliore di quanto necessario», aggiunge. Il periodo di messa in servizio ha dimostrato che Cheops raggiunge la precisione fotometrica richiesta e, soprattutto, ha anche dimostrato che il satellite può essere comandato dalle squadre del segmento di terra come è necessario per eseguire le sue osservazioni scientifiche. «Siamo rimasti elettrizzati quando abbiamo realizzato che tutti i sistemi funzionavano come previsto o addirittura meglio del previsto», dice lo Scienziato dello Strumento di Cheops Andrea Fortier, che ha guidato il gruppo di messa in servizio del consorzio per l’Università di Berna, Svizzera.

Tempo di esopianeti

Nelle ultime due settimane della messa in servizio in orbita, Cheops ha osservato due stelle che ospitano esopianeti mentre i pianeti “transitavano” davanti alla loro stella ospite bloccando una frazione della sua luce. Osservare i transiti di esopianeti conosciuti è ciò per cui la missione è stata costruita – per misurare le dimensioni del pianeta con una precisione e un’esattezza senza precedenti, e per determinare la loro densità combinando questa con misurazioni indipendenti della loro massa.

Uno degli obiettivi era HD 93396, una stella gialla subgigante situata a 320 anni luce di distanza, leggermente più fredda e tre volte più grande del Sole. L’obiettivo principale delle osservazioni era KELT-11b, un gonfio pianeta gassoso circa il 30% più grande di Giove, in un’orbita che è molto più vicina alla stella di quanto Mercurio lo sia al Sole. La curva della luce di questa stella ha mostrato un chiaro calo causato dal transito di otto ore di KELT-11b. Da questi dati, gli scienziati hanno determinato con precisione il diametro del pianeta: 181,600km – con un’incertezza appena inferiore a 4.300 km!

La curva di luce di HD 93396 mostra il netto calo di luminosità causato dal transito, durato otto ore, di KELT-11b, che ha permesso agli scienziati di determinare con estrema precisione il diametro del pianeta: 181.600 km. L'incertezza sulla misura è di poco inferiore a 4300 km! In questo grafico, il Sole viene mostrato come confronto, insieme al diametro della Terra e di Giove (raggio volumetrico medio). Crediti ESA/Airbus/CHEOPS Mission Consortium

Le misurazioni effettuate da Cheops sono infatti cinque volte più accurate di quelle da Terra. «Questo ci dà un assaggio di ciò che possiamo ottenere con Cheops nei mesi e negli anni a venire», spiega Willy Benz, Ricercatore Principale del consorzio della missione Cheops e professore di astrofisica all’Università di Berna.

Una revisione formale delle prestazioni del satellite e delle operazioni del segmento di terra si è tenuta il 25 marzo, e Cheops l’ha superata brillantemente. Con questo, ESA ha affidato la responsabilità della gestione della missione al consorzio guidato da Willy Benz. Fortunatamente, le attività di messa in servizio non sono state troppo influenzate dalla conseguente emergenza causata dalla pandemia di Coronavirus, che ha avuto come risultato misure di distanziamento sociale e restrizioni agli spostamenti in Europa per prevenire la diffusione del virus.

«Il segmento di terra ha lavorato fluidamente sin dall’inizio, cosa che ci ha permesso di automatizzare completamente la maggior parte delle operazioni per comandare il satellite e per trasmettere a terra i dati già nelle prime settimane dopo il lancio», spiega Carlos Corral van Damme. «Quando la crisi si è manifestata, a marzo, con le nuove norme e regolamenti che ne sono derivati, i sistemi automatizzati hanno significato che l’impatto sulla missione fosse minimo».

Attualmente Cheops è in fase di transizione verso le operazioni scientifiche di routine, che sono previste cominciare entro la fine di aprile. Gli scienziati hanno cominciato a osservare alcuni degli obiettivi scientifici iniziali – una selezione di stelle e sistemi planetari scelti per mostrare esempi di ciò che la missione può raggiungere: questi includono un pianeta “super-Terra caldo” noto come 55 Cancri e, che è ricoperto da un oceano di lava; nonché il “caldo Nettuno” GJ 436b, che sta perdendo la sua atmosfera a causa del bagliore accecante proveniente dalla sua stella ospite. Un’altra stella nella lista delle prossime osservazioni di Cheops è una nana bianca, il primo obiettivo del Programma Guest Observers dell’ESA, che offre agli scienziati del consorzio di missione l’opportunità di utilizzare e sfruttare le sue capacità di osservazione.

  • Guarda il video dedicato alla missione nel sito dell’ESA

  • Per approfondire: Alla scoperta degli esopianeti vicini di Roberto Ragazzoni Su Coelum Astronomia 236


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    Venere e il colpo di fortuna di Messenger

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    Venere catturata dalla sonda Messenger della Nasa, il 5 giugno 2007. Lo stesso giorno, lo spettrometro a neutroni di Messenger ha raccolto i dati che gli scienziati hanno successivamente scoperto rivelare dettagli sulle concentrazioni di azoto nell’atmosfera. Crediti: Nasa / Johns Hopkins Apl / Carnegie Institution of Washington
    Venere catturata dalla sonda Messenger della Nasa, il 5 giugno 2007. Lo stesso giorno, lo spettrometro a neutroni di Messenger ha raccolto i dati che gli scienziati hanno successivamente scoperto rivelare dettagli sulle concentrazioni di azoto nell’atmosfera. Crediti: Nasa / Johns Hopkins Apl / Carnegie Institution of Washington

    Il filosofo della scienza Nicholas Rescher una volta scrisse: «Le scoperte scientifiche vengono spesso fatte non sulla base di un piano ben concepito, ma grazie a un puro colpo di fortuna». Questo fenomeno è così comune che gli è stato addirittura attribuito un nome: serendipità, dal termine inglese serendipity. Per un team di ricercatori del Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (Apl) di Laurel, nel Maryland, l’affermazione del filosofo tedesco non potrebbe essere più vera. Quella che è iniziata come un’esercitazione per provare gli strumenti della sonda spaziale Messenger (Mercury Surface, Space Environment, Geochemistry and Ranging) della Nasa, si è trasformata in una saga durata più di 10 anni che ha portato a una scoperta del tutto fortuita e che non c’entra nulla con il pianeta obiettivo della missione, Mercurio. La scoperta riguarda Venere e la sua atmosfera, e ve la racconteremo in questo articolo.

    La storia iniziò nel giugno 2007, quando Messenger fece il suo secondo sorvolo di Venere, prima di virare verso Mercurio. All’epoca, il team strumentale colse la palla al balzo per testare gli strumenti e raccogliere dati prima del vero spettacolo, che sarebbe iniziato circa sei mesi dopo. Tra i membri del team c’era David Lawrence, un fisico nucleare dell’Apl. Era l’instrument scientist dello spettrometro a neutroni di Messenger, il sui scopo era quello di rivelare i neutroni liberati nello spazio dai raggi cosmici che si scontrano con le molecole dell’atmosfera o sulla superficie del pianeta. Lawrence cercava di trovare tracce dei neutroni provenienti dagli atomi di idrogeno delle molecole d’acqua che si sospettava essere congelata all’interno dei crateri ai poli di Mercurio. Su Venere, Lawrence voleva solo raccogliere alcuni dati per verificare che lo strumento funzionasse correttamente e questo fu ciò che fece: il controllo andò a buon fine e i dati che lo confermavano vennero presentati come tali.

    Ma nel 2010 Lawrence riguardò quelle misure, questa volta insieme a Patrick Peplowski, un altro fisico nucleare dell’Apl. Nonostante 50 anni di invio di missioni robotiche su Venere, tra cui 13 sonde atmosferiche e lander, le incertezze sulla concentrazione di azoto nell’atmosfera di Venere erano ancora molte, in particolare nella fascia tra 50 e 100 chilometri sopra la sua superficie. Questo fatto dava molto da pensare a Peplowski e Lawrence, visto che l’azoto è la seconda molecola più abbondante nell’atmosfera di Venere, dopo l’anidride carbonica.

    Lawrence sapeva di un articolo del 1962 che suggeriva come la spettroscopia di neutroni potesse aiutare a determinare la concentrazione di azoto nell’atmosfera di Venere. L’azoto è piuttosto bravo a eliminare neutroni liberi, a differenza del carbonio e dell’ossigeno, che sono tra i peggiori elementi a farlo. Quindi, su Venere, il numero di neutroni rilevati doveva dipendere dalla quantità di azoto presente in atmosfera. E guarda caso Messenger aveva raccolto proprio le informazioni che sarebbero potute servire per fare questo tipo di controllo.

    La coppia di scienziati eseguì allora una simulazione al computer, suddividendo la spessa atmosfera del pianeta (circa 100 chilometri) in bande all’interno delle quali definì la concentrazione di azoto, e modellando realisticamente il numero di neutroni che sarebbero stati rivelati dalla sonda Messenger. Poi confrontò il risultato della simulazione con i dati veri, ottenuti dalla sonda, scoprendo che la corrispondenza migliore la si aveva quando l’azoto atmosferico costituiva il 5 per cento del volume, circa una volta e mezzo quello misurato nella parte bassa dell’atmosfera. Tutti i neutroni sembravano provenire da una regione tra circa 56 e 100 chilometri sopra la superficie – esattamente dove si era riscontrata l’incertezza più grande nella misura. «È stato davvero un colpo di fortuna», ammette Peplowski. Perché sussista tale aumento di azoto ad alta quota rimane un mistero.

    Concentrazione di azoto nell’atmosfera di Venere. La nuova analisi dei dati di Messenger mostra un aumento nella concentrazione di azoto al di sopra delle nubi di Venere, a circa 50 chilometri di altezza, sovvertendo l’idea di lunga data che l’azoto sia distribuito uniformemente in tutta l’atmosfera. La linea rossa è una linea di tendenza adattata ai dati di più missioni, inclusi quelli di Messenger, che sono stati raccolti tra 60 e 100 km di altezza. Crediti: Johns Hopkins Apl

    La loro scoperta ha sollevato più di un paio di sopracciglia, racconta Peplowski. Non perché la gente non se lo aspettava, bensì perché non si era nemmeno posta il problema di andare a verificarlo. «Molti scienziati sembravano sorpresi che fosse qualcosa che valeva la pena indagare», spiega Peplowski. «L’idea che ci sia una maggiore concentrazione di azoto nell’atmosfera superiore rispetto a quella inferiore non era stata nemmeno presa in considerazione».

    Gli autori si sono trovati in quell’impasse mentre cercavano di ottenere finanziamenti per completare lo studio. Al progetto è stato negato il denaro ben tre volte, perché lo studio era considerato dai più un vicolo cieco. I dati di cui avevano bisogno per riuscire a essere più sicuri dei loro risultati arrivarono da Jack Wilson, uno scienziato dell’Apl che aveva appena analizzato gli stessi dati Messenger, nell’ambito di un altro progetto.

    Dopo che il team ebbe presentato i risultati preliminari durante una conferenza nel 2016, l’Agenzia spaziale federale russa citò il loro lavoro nella missione Venera-D, dedicata allo studio dell’atmosfera e della superficie di Venere. Attualmente, sono due le proposte di missione in esame per il Discovery Program della Nasa – Davinci+Veritas – che includono entrambe i due scienziati Apl nel loro team, e che si propongono di studiare l’atmosfera di Venere in modo più dettagliato.

    Tutto è bene quel che finisce bene, si potrebbe dire. Il 20 aprile di quest’anno il team ha infatti pubblicato su Nature Astronomy la notizia che i dati raccolti casualmente da Messenger hanno rivelato un aumento delle concentrazioni di azoto a circa 50 chilometri sopra la superficie di Venere, dimostrando che l’atmosfera del pianeta non è uniforme, come si è sempre ritenuto.

    Peplowski e Lawrence sostengono che questa scoperta, che stravolge la comprensione dell’atmosfera di Venere che ha prevalso per decenni, evidenzia la cautela che i ricercatori dovrebbero avere nel trarre conclusioni sui dati atmosferici dei pianeti. Questo soprattutto adesso, visto il crescente interesse per le atmosfere planetarie in altri sistemi solari. «Stiamo ancora imparando cose fondamentali su Venere e la sua atmosfera… ed è il nostro vicino di casa», fa notare Peplowski. «Vale la pena mettere in discussione il fatto che gli scienziati parlino con fiducia delle atmosfere degli esopianeti che si trovano a centinaia o migliaia di anni luce di distanza».

    Trarre conclusioni rigorose e convincenti richiede una vasta mole di dati. E questa vicenda ci ha insegnato che arrivare a quelle conclusioni a volte può richiedere un po’ di fortuna o, con una parola, serendipità.

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    Falce di Luna, Venere e Aldebaran a campo largo

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    La sera del 26 aprile, alle ore 21 circa, guardando verso ovest-nordovest potremo notare la presenza di una sottile falce di Luna (fase del 12%) formare un ampio triangolo con il lucente pianeta Venere (mag. –4,7) e la stella Aldebaran (Alfa Tauri, mag. +0,9), “l’occhio infuocato” del Toro celeste che attribuisce il nome alla costellazione in cui ci troviamo.

    Di questo trio celeste, di sicuro catturerà maggiormente la nostra attenzione la bella falce di Luna, per non parlare della sfavillante lucentezza che caratterizza Venere: il pianeta, che si troverà a circa 6° 20’ dalla Luna, raggiunge proprio nel periodo a cavallo tra la fine di aprile e l’inizio di maggio la maggiore luminosità. Impossibile da ignorare!

    La luce di Aldebaran, al contrario, sarà ben più flebile, ma sarà una bella occasione per notare il suo colore marcatamente arancione.

    Il giorno precedente, il 25 aprile, segnaliamo per i più temerari, la minima distanza della sottilissima falce di Luna da Aldebaran per questo mese (comunque non particolarmente stretta, di 5,5°), con le Pleiadi orma lasciate indietro oltre gli 8° più a nordovest.

    In fotografia si potrà optare per stringere l’inquadratura sulla Luna e Venere, oppure includere, in un campo più ampio, anche Aldebaran, facendone risaltare il colore, come ci racconta Giorgia Hofer nella sua rubrica

    Il cielo è ricco di colori. Scopriamo i colori delle stelle su Coelum Astronomia 243

    Ricordiamo ai nostri lettori di includere sempre elementi del paesaggio naturale o architettonico circostante per impreziosire gli scatti.


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    Il Sole in ultra Hd

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    A sinistra, un’immagine ottenuta dal Solar Dynamics Observatory della Nasa. Nel riquadro a destra, l’immagine scattata durante il volo suborbitale compiuto nel 2018 dallo High-Resolution Coronal Imager, sempre della Nasa. Crediti: University of Central Lancashire
    A sinistra, un’immagine ottenuta dal Solar Dynamics Observatory della Nasa. Nel riquadro a destra, l’immagine scattata durante il volo suborbitale compiuto nel 2018 dallo High-Resolution Coronal Imager, sempre della Nasa. Crediti: University of Central Lancashire

    Fino a poco tempo fa di alcune regioni della corona solare – lo strato più esterno esterno dell’atmosfera della nostra stella – non se ne conoscevano le caratteristiche. Nuove immagini ad altissima risoluzione, rese pubbliche dai ricercatori della University of Central Lancashire (UcLan) di Preston, nel Regno Unito, e del Marshall Space Flight Center (Msfc) della Nasa, a Redstone, negli Stati Uniti, hanno ora svelato i segreti della loro struttura.

    Le straordinarie immagini, descritte in uno studio su The Astrophysical Journal, sono state ottenute con lo High-Resolution Coronal Imager (Hi-C) della Nasa, un telescopio astronomico su razzo, progettato per acquisire immagini molto definite della corona solare. Immagini come quella che vedete qui sopra: uno degli scatti della regione attiva Ar 12712 del nostra stella, realizzati durante i 329 secondi di dati ottenuti dallo strumento durante il suo terzo volo suborbitale, effettuato il 29 maggio del 2018. Si tratta dell’immagine dell’atmosfera del Sole con la più alta risoluzione mai ottenuta.

    «Fino a ora gli astronomi solari hanno osservato la nostra stella con una definizione standard, mentre l’eccezionale qualità dei dati forniti dal telescopio Hi-C ci permette per la prima volta di studiare una zona del Sole ad altissima risoluzione», dice Robert Walsh di UcLan, responsabile del team scientifico dello strumento. «Vedetela così: se state guardando una partita di calcio in un televisore con una definizione standard, il campo di calcio vi sembrerà verde e uniforme. Guardandola in un televisore ultra Hd, ecco che saltano fuori i singoli fili d’erba».

    Un ingrandimento dell’immagine precedente che mostra ancora più in dettaglio i filamenti magnetici di plasma caldo elettrificato osservati per la prima volta nello studio. Crediti: University of Central Lancashire

    Fili d’erba che nell’immagine in ultra Hd ottenuta sono filamenti magnetici di circa 500 km di diametro mai osservati prima d’ora, all’interno dei quali fluisce gas elettrificato con temperature di milioni di gradi. Cosa crei queste strutture messe a nudo da Hi-C rimane tuttavia al momento poco chiaro. Nel futuro prossimo bisognerà dunque capire come si formino queste strutture, l’esatto meccanismo fisico che ne è alla base, e come la loro presenza possa aiutare a comprendere meglio brillamenti tempeste solari.

    L'approfondimento pubblicato in occasione del lancio di SolO, il Solar Orbiter della NASA

    A questo proposito, il team di ricercatori sta già pianificando nuovi lanci di Hi-C, questa volta sovrapponendo le osservazioni con quelle dei due veicoli spaziali che osserveranno il Sole: Parker Solar Probe della Nasa e Solar Orbiter dell’Esa.

    «Queste nuove immagini di Hi-C ci offrono una visione straordinaria dell’atmosfera del Sole», sottolinea la scienziata del Marshall Space Flight Center della Nasa Amy Winebargerprincipal investigator di Hi-C. «Insieme alle missioni in corso come Parker Solar Probe e Solar Orbiter, questa flotta di strumenti spaziali nel prossimo futuro svelerà la dinamica dello strato esterno Sole in una luce completamente nuova».

    «Questa è una scoperta affascinante che potrebbe migliorare la nostra comprensione del flusso di energia che attraversa gli strati del Sole e che può eventualmente giungere fino alla Terra», conclude Tom Williamspostdoc a UcLan e primo autore dell’articolo. «Una comprensione che è molto importante se vogliamo modellare e prevedere il comportamento della stella che ci dà la vita».

    Guarda l’animazione dell’University of Central Lancashire

    Per saperne di più

    • Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Is the High-Resolution Coronal Imager Resolving Coronal Strands? Results from AR 12712”, di Thomas Williams, Robert W. Walsh, Amy R. Winebarger, David H. Brooks, Jonathan W. Cirtain, Bart De Pontieu, Leon Golub, Ken Kobayashi, David E. McKenzie, Richard J. Morton, Hardi Peter, Laurel A. Rachmeler, Sabrina L. Savage, Paola Testa, Sanjiv K. Tiwari, Harry P. Warren e Benjamin J. Watkinson

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    Loc-Coelum-Aprile2020

    Web astronomy, tutti in un abbraccio

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    La danza delle stelle intorno al buco nero supermassiccio

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    Nell'immagine una rappresentazione artistica illustra la precessione dell'orbita. L'effetto, noto come precessione di Schwarzschild, è esagerato per rendere più comprensibile la visualizzazione ed è stato per la prima volta misurato per una stella attorno a un buco nero massiccio. Crediti: ESO/L. Calçada
    Nell'immagine una rappresentazione artistica illustra la precessione "a rosetta" dell'orbita. L'effetto, noto come precessione di Schwarzschild, qui esagerato per rendere più comprensibile la visualizzazione, non era mai stato misurato prima per una stella attorno a un buco nero massiccio. Il risultato si è ottenuto grazie a misurazioni sempre più precise rilevate nell'arco di 3 decenni. Crediti: ESO/L. Calçada

    Osservazioni effettuate con il VLT (Very Large Telescope) dell’ESO hanno rivelato per la prima volta che una stella in orbita intorno al buco nero supermassiccio al centro della Via Lattea si muove proprio come previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. L’orbita ha la forma di una rosetta e non di un’ellisse come previsto dalla teoria della gravità di Newton. Questo risultato tanto atteso è stato reso possibile da misure sempre più precise durate quasi 30 anni, che hanno permesso agli scienziati di svelare i misteri del colosso in agguato nel cuore della nostra galassia.

    La maggior parte delle stelle e dei pianeti hanno un’orbita non circolare, e quindi si avvicinano e si allontanano dall’oggetto intorno al quale ruotano. L’orbita di S2 “precede”, nel senso che la posizione del punto più vicino al buco nero supermassiccio cambia a ogni giro, in modo tale che l’orbita successiva risulti ruotata rispetto a quella precedente, creando una forma a rosetta. La relatività generale prevede con esattezza di quanto cambi l’orbita e le ultime misure di questa ricerca corrispondono esattamente alla teoria. Questo effetto, noto come precessione di Schwarzschild, non era mai stato misurato prima per una stella intorno a un buco nero supermassiccio.

    «La relatività generale di Einstein prevede che l’orbita di un oggetto legato gravitazionalmente a un altro non sia chiusa, come nella gravità newtoniana, ma preceda rispetto al piano del moto. Questo famoso effetto – osservato per la prima volta nell’orbita del pianeta Mercurio intorno al Sole – fu la prima prova a favore della Relatività Generale. Cento anni dopo abbiamo rilevato lo stesso effetto nel moto di una stella in orbita intorno alla sorgente radio compatta Sagittario A* al centro della Via Lattea. Questa svolta osservativa corrobora l’evidenza che Sagittario A* sia un buco nero supermassiccio di massa pari a 4 milioni di volte la massa del Sole», spiega Reinhard Genzel, direttore del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics (MPE) di Garching, Germania e architetto del programma trentennale che ha portato a questo risultato.

    Questa simulazione mostra le orbite di stelle molto vicine al buco nero supermassiccio nel cuore della Via Lattea. Una di queste stelle, denominata S2, orbita ogni 16 anni ed è passata molto vicino al buco nero nel maggio 2018. Si tratta di un laboratorio perfetto per testare la fisica gravitazionale in ambienti estremi e in particolare la teoria della relatività generale di Einstein. Crediti: ESO/L. Calçada/spaceengine.org

    A 26.000 anni luce dal Sole, Sagittarius A* e il denso ammasso di stelle che lo circonda costituiscono un laboratorio unico per verificare la fisica in un regime di gravità estremo, altrimenti inesplorato. Una di queste stelle, S2, si avvicina al buco nero supermassiccio a una distanza minima di meno di 20 miliardi di chilometri (centoventi volte la distanza tra il Sole e la Terra), rendendola una delle stelle più vicine mai trovate in orbita intorno al massiccio gigante. Al suo passaggio più ravvicinato al buco nero, S2 sfreccia nello spazio a una velocità pari a quasi il tre percento della velocità della luce, completando un’orbita ogni 16 anni.

    «Dopo aver seguito la stella nella sua orbita per quasi tre decenni, le nostre misure molto precise rilevano in modo efficace la precessione di Schwarzschild di S2 nel suo percorso intorno a Sagittarius A*», afferma Stefan Gillessen dell’MPE, che ha guidato l’analisi delle misure pubblicate oggi dalla rivista Astronomy & Astrophysics.

    Un timelapse dell'”avvicinamento” di S2 a Sgrt* A nel maggio 2018, ripresa dallo strumento GRAVITY. Crediti: ESO/GRAVITY Collaboration

    Lo studio effettuato con il VLT dell’ESO aiuta gli scienziati anche a comprendere meglio i dintorni del buco nero supermassiccio al centro della nostra galassia.

    «Poiché le misure di S2 seguono così bene la relatività generale, possiamo fissare limiti rigorosi su quanto materiale non visibile, come della materia oscura diffusa oppure buchi neri più piccoli, sia presente intorno a Sagittarius A*. Tutto ciò è di grande interesse per capire la formazione e l’evoluzione dei buchi neri supermassicci», spiegano Guy Perrin e Karine Perraut, scienziati francesi convolti nel progetto.

    Questo risultato è il culmine di 27 anni di osservazioni della stella S2 utilizzando, per la maggior parte di questo tempo, una compagine di strumenti installati sul VLT dell’ESO, situato nel deserto di Atacama in Cile. Il numero di dati che individuano la posizione e la velocità della stella attesta la completezza e l’accuratezza della nuova ricerca: l’equipe ha effettuato oltre 330 misure in totale, utilizzando gli strumenti GRAVITYSINFONINACO. Poiché S2 impiega alcuni anni per compiere la propria orbita intorno al buco nero supermassiccio, è stato fondamentale seguire la stella per quasi tre decenni, al fine di svelare le complessità del moto orbitale.

    Una panoramica in luce visibile mostra la vasta quantità di stelle nella costellazione del Sagittario, in direzione del centro della Via Lattea. Un enorme numero di stelle che riempiono l'immagine, ma molte di più sono quelle nascoste dietro alle nubi di polvere e vengono rivelate solo da immagini in luce infrarossa. L'immagine è stata prodotta a partire da fotografie ottenute con luce blu e rossa che fanno parte della DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Il campo di vista è di circa 3,5 gradi x 3,6 gradi. Crediti: ESO and Digitized Sky Survey 2. Acknowledgment: Davide De Martin and S. Guisard (www.eso.org/~sguisard)

    La ricerca è stata condotta da un’equipe internazionale guidata da Frank Eisenhauer dell’MPE con collaboratori provenienti da Francia, Portogallo, Germania ed ESO. L’equipe forma la collaborazione GRAVITY, che prende il nome dallo strumento sviluppato per l’interferometro del VLT, che combina la luce di tutti e quattro i telescopi da 8 metri del VLT in un super-telescopio (con una risoluzione equivalente a quella di un telescopio di 130 metri di diametro).

    La stessa squadra ha pubblicato nel 2018 un altro effetto previsto dalla relatività generale: hanno osservato che la lunghezza d’onda della luce di S2 veniva allungata a lunghezze d’onda più lunghe quando la stella passava vicino a Sagittarius A*. «Il nostro risultato precedente ha dimostrato che la luce emessa dalla stella obbedisce alla relatività generale. Ora abbiamo dimostrato che la stella stessa è soggetta agli effetti della relatività generale», afferma Paulo Garcia, ricercatore presso il Centro portoghese di astrofisica e gravitazione e uno dei principali scienziati del progetto GRAVITY.

    Con il futuro ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, l’equipe ritiene di essere in grado di vedere stelle molto più deboli in orbite ancora più vicine al buco nero supermassiccio. «Se siamo fortunati, potremmo catturare stelle abbastanza vicine da risentire addirittura della rotazione, lo spin, del buco nero», commenta Andreas Eckart dell’Università di Colonia, un altro dei principali scienziati del progetto. Ciò significherebbe che gli astronomi sarebbero in grado di misurare le due quantità, spin e massa, che caratterizzano il buco nero di Sagittarius A* e definire lo spazio e il tempo intorno a esso. «Sarebbe nuovamente una verifica della relatività a un livello completamente diverso», conclude.

    Per approfondire


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    Oh oh, abbiamo rotto la cometa aliena

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    Il nucleo della cometa 2I/Borisov ripreso da Hst il 23, 28 e 30 marzo 2020: si nota chiaramente un aspetto progressivamente più allungato passando dal 23 al 30 marzo 2020. Crediti: Hubble Space Telescope

    I lettori probabilmente ricorderanno la storica scoperta della prima cometa interstellare, avvenuta il 30 agosto 2019 grazie al lavoro dell’astrofilo Gennady Borisov e che da lui prende il nome: la 2I/Borisov.

    Lo speciale pubblicato in occasione della scoperta su Coelum Astronomia 237. In formato digitale e gratuito: clicca sull'immagine e leggi!

    Si tratta del secondo oggetto interstellare noto che si sta muovendo nel Sistema solare, il primo a essere stato individuato fu l’asteroide 1I/’Oumuamua il 18 ottobre 2017. Attualmente la cometa Borisov, dopo avere fatto il passaggio al perielio a circa 2 unità astronomiche (Ua) dal Sole l’8 dicembre 2019, è in rapida fase di allontanamento sia dal Sole sia dalla Terra. Dal Sole dista già 500 milioni di km, mentre dal nostro pianeta la separa una distanza di 400 milioni di km. In effetti la cometa si trova già abbondantemente al di sotto del piano dell’Eclittica (circa 2 Ua), ossia ha lasciato la zona di spazio dove si muovono i pianeti e si sta apprestando a rituffarsi nello spazio interstellare con una velocità residua che sarà di ben 32 km/s – quasi il doppio della velocità della sonda Voyager 2, che sta lasciando il Sistema aolare alla velocità di circa 17 km/s.

    Il nucleo della cometa 2I/Borisov ripreso da Hst il 23, 28 e 30 marzo 2020: si nota chiaramente un aspetto progressivamente più allungato passando dal 23 al 30 marzo 2020. Crediti: Hubble Space Telescope

    In questi mesi gli astronomi hanno seguito la cometa per studiarla e confrontarla con le comete del Sistema solare e ci sono degli sviluppi interessanti, per ora pubblicati sotto forma di telegrammi astronomici ma a cui seguirà l’articolo scientifico vero e proprio. La vicenda inizia con il telegramma ATel #13611, pubblicato il 2 aprile 2020 da David Jewitt (Ucla) e colleghi, dove si fa un confronto fra alcune immagini della Borisov riprese con il telescopio spaziale Hubble (Hst) alla fine di marzo.

    L’immagine del 23 marzo 2020 mostra, all’interno della chioma della cometa, un singolo nucleo luminoso simile a quello osservato in tutte le precedenti immagini di Hst. Al contrario, le immagini del 30 marzo 2020 mostrano un nucleo allungato di aspetto non stellare. Una morfologia di questo tipo è compatibile con la presenza di due componenti non risolte separate da 0,1 secondi d’arco (equivalenti a circa 180 km alla distanza della cometa) e allineate con l’asse principale della chioma.

    La cometa Borisov ripresa il 3 aprile 2020 da Hst mostra di nuovo un nucleo singolo e una tenue nebulosità (in alto in questa immagine) al posto del frammento secondario. Crediti: Hubble Space Telescope

    Va osservato che il nucleo visibile nelle immagini non è il vero nucleo della cometa (che ha un diametro stimato dell’ordine del 1 km), ma la parte più interna e luminosa della chioma che avvolge direttamente il nucleo vero e proprio. Questa duplicità è compatibile con l’espulsione di un frammento macroscopico da parte del nucleo, fatto confermato anche dalle immagini Hst del 28 marzo. Evidentemente il nucleo della cometa – già abbastanza fragile di suo – non ha resistito all’attività di sublimazione dopo il passaggio al perielio e si è frammentato.

    Venerdì 3 aprile 2020, un ulteriore telegramma di Bryce T. Bolin (Caltech/Ipac) e colleghi (ATel #13613) fa notare come il moto e la separazione angolare del frammento (che ha una dimensione stimata dell’ordine di 100 metri) sia compatibile con un’espulsione avvenuta il 7 marzo 2020, data in cui la cometa ebbe un improvviso aumento di luminosità di circa 0,7 magnitudini. In effetti, quando si stacca un frammento macroscopico da un nucleo cometario nuovo materiale volatile viene esposto in superficie e si può avere un improvviso aumento del tasso di sublimazione che porta a un outburst dell’attività nucleare. Se l’espulsione si è verificata attorno al 7 marzo, la velocità stimata di allontanamento del frammento è dell’ordine di 0,5 m/s. Velocità dello stesso ordine di grandezza si misurano anche nelle comete del Sistema solare che si frammentano quando passano al perielio, ed è paragonabile alla velocità di fuga del nucleo della Borisov

    Ma la vicenda non finisce qua. Un ulteriore telegramma risalente a ieri, lunedì 6 aprile 2020, a firma di Qicheng Zhang (Caltech) e colleghi (ATel #13618), riporta la scomparsa del frammento che non è più visibile in immagini riprese da Hst il 3 aprile 2020. Al suo posto è visibile una nebulosità diffusa, segno che questo pezzo del nucleo della Borisov si è disintegrato completamente. L’andamento della frammentazione del nucleo della Borisov viene continuamente monitorata dagli astronomi, non è esclusa l’espulsione di ulteriori frammenti.

    Leggi anche

    Gli astrofili italiani alla ricerca della prima cometa interstellare di Paolo Bacci su Coelum Astronomia 237


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    C/2019 Y4 ATLAS. Una cometa in frantumi

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    Ningbo Education Xinjiang Telescope (NEXT)
    Nelle immagini riprese il 2 e il 5 aprile, dal Ningbo Education Xinjiang Telescope (NEXT), si vede lo pseudo nucleo della cometa allungato nel verso della coda di polveri, si legge nel comunicato su The Astronomer's Telegram: una morfologia consistente con un calo o l'improvvisa interruzione di produzione di polveri, come ci si aspetterebbe da una distruzione del nucleo. Crediti: Quanzhi Ye (University of Maryland) and Qicheng Zhang (Caltech).

    Cari amici appassionati del cielo stellato e di comete in particolare, ancora una volta prepariamoci purtroppo a riporre i nostri sogni nel cassetto.

    Nel numero attualmente on line di Coelum, nella apposita rubrica, la protagonista principale è la C/2019 Y4 ATLAS, che descrivo come molto promettente. Le stime più prudenti degli esperti infatti, prima degli ultimi avvenimenti che stiamo per raccontarvi, prevedevano il raggiungimento a maggio della visibilità ad occhio nudo. Ma altre stime disegnavano scenari ancora più interessanti, con l’ oggetto a brillare di magnitudine negativa.

    Ebbene, né l’una né l’altra opzione si avvereranno, dato che la cometa si sta disgregando rapidamente.

    Dopo un calo a metà marzo, la ATLAS si era ripresa ma nei primi giorni di aprile la crescita si è nuovamente arrestata. Successivamente si è registrato dapprima un calo di attività e poi un allungamento del nucleo, segno che la cometa sta andando in frantumi, così come le nostre speranze di poter finalmente osservare dopo tanto tempo una oggetto luminoso.

    Per il momento la ATLAS è ancora osservabile con strumenti di modesto diametro, ma l’impressione, quasi una certezza, è che in breve svanirà.

    Molto interessante, nelle riprese del britannico Nick Haigh riportate nel twit qui a fianco, la rilevazione di un grosso frammento a ridosso del nucleo principale.

    Tornando indietro di un paio di mesi, possiamo ora sospettare che l’aumento improvviso e repentino di luminosità avvenuto a quel tempo fosse un inizio sulla sua fragilità. Probabilmente il nucleo, con l’avvicinamento al Sole, iniziava ad essere sollecitato in modo importante e lo è stato sempre di più con il passare del tempo e la diminuzione della distanza. Data l’orbita simile, l’ ”astro chiomato” è stato associato a una grande cometa del passato, la C/1844 Y1, di cui è probabilmente un frammento.
    Se è così già la madre doveva avere nel suo DNA problemi di fragilità ereditati dalla ATLAS.

    In attesa degli eventi che ci daranno un definitivo responso sul destino dell’oggetto, invito gli appassionati a monitorare la cometa approfittando anche della sua posizione favorevolissima in
    cielo. Qui trovate i dettagli e la cartina per l’osservazione.

    Chiudo con un report stilato nella serata del 10 aprile dopo averla osservata con un riflettore da 20 cm di diametro a 55x: “Deboluccia ma ancora piuttosto facile. Noto un involucro tenue e piuttosto esteso al cui interno, con sguardo distolto, si allunga una codina molto sottile”.


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    Astronomiamo

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    Loc-Coelum-Aprile2020

    Web astronomy, tutti in un abbraccio

    16.04: BepiColombo

    23.04: OSIRIS-REX

    Informazioni su

    https://www.astronomiamo.it

    Tre mattine con Luna, Giove, Saturno e Marte

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    Un balcone, un terrazzo, una finestra… Ogni sera il cielo attende il nostro sguardo e ci offre uno spettacolo impareggiabile. In queste tiepide sere di primavera riscopriamo la bellezza della volta stellata. AFFACCIATEVI!

    La mattina dei giorni che vanno dal 14 al 16 aprile, alle ore 5:30 circa, potremo osservare una bella congiunzione, in evoluzione nell’arco delle giornate segnalate, tra il Quarto di Luna e i pianeti Giove, Saturno e, infine, Marte. Il teatro di questa congiunzione su più giorni sarà costituito dalla regione di cielo tra il Sagittario e il Capricorno.

    Si inizia la mattina del 14 aprile, con la Luna (fase del 58%) che si mostra più a ridosso delle maggiori stelle del Sagittario, quelle che compongono la famosa “teiera”, in avvicinamento (largo) al brillante pianeta Giove (mag. –2,2), che possiamo vedere 10° più verso est, a un’altezza sull’orizzonte di circa 21°. Spostando il nostro sguardo ancor più verso est, in sequenza troviamo i pianeti Saturno (mag. +0,6) e Marte (mag. +0,6), molto più basso sull’orizzonte di sudest, a circa 16°.

    Nei giorni seguenti potremo notare facilmente (ma una sequenza fotografica opportunamente realizzata nei tre giorni lo metterà in evidenza) lo spostamento significativo della Luna e, in minor misura di Marte, mentre Giove e Saturno sembreranno praticamente non essersi mossi. Il giorno 15 il Quarto di Luna (fase del 48%) si sarà posizionata molto più vicina a Giove e Saturno, a formare quasi un triangolo, distanziandoli rispettivamente di circa 3° 50’ e 4° 25’.

    Il giorno 16, sempre alla stessa ora, vedremo la Luna assomigliare sempre più a una falce (fase del 38%) e, questa volta, entrata nel Capricorno, si troverà più vicina al pianeta Marte, che ci apparirà come una stellina di colore marcatamente arancione. Luna e Marte si troveranno a una distanza di circa 2° 50’.

    Consigli per l’osservazione delle formazioni lunari proprio in questi giorni li trovate anche nella Luna di Aprile, su Coelum Astronomia 243, come sempre in formato digitale e completamente gratuito.


    Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Aprile su Coelum Astronomia 243

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    La Luna di Aprile 2020 e l’osservazione dal settore sudovest verso nord (I parte)

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    La Superluna dell'8 aprile sul Borgo di Palidoro (RM). Una foto realizzata da Eleonora D'angelo e Giovanni Esposito ed elaborata da Giuseppe Conzo del Gruppo Astrofili Palidoro: "per dire che il nostro è un paese meraviglioso!". Anche dal balcone di casa... aggiungiamo noi! (per i dettagli di ripresa cliccare sull'immagine).)
    La Superluna dell'8 aprile sul Borgo di Palidoro (RM). Una foto realizzata da Eleonora D'angelo e Giovanni Esposito ed elaborata da Giuseppe Conzo del Gruppo Astrofili Palidoro: "per dire che il nostro è un paese meraviglioso!". Anche dal balcone di casa... aggiungiamo noi! #ilcieloacasa > bit.ly/ilcieloacasa (Per i dettagli di ripresa cliccare sull'immagine).

    Il mese si è aperto con la Luna che alle 12:21 del 1 aprile era in Primo Quarto perfettamente osservabile a un’altezza iniziale +66° per tutta la serata fino a notte inoltrata.  Al termine di questa fase crescente, dopo il transito in meridiano delle 01:22 a +41°, alle 04:35 dell’8 aprile il nostro satellite ha passato la fase di Plenilunio alla distanza di 354.192 km dalla Terra, che ha permesso di farla chiamare su tutti i media con l’appellativo ormai sdoganato di Superluna, e tantissime sono le immagini che ci sono arrivate.

    Ve ne mostriamo un assaggio in questa pagina, ma ricordate sempre di sfogliare le pagine sulla rivista con le vostre magnifiche foto!

    ➜ Gallery PhotoCoelum di aprile

    Passiamo quindi al giorno 15 quando alle 00:56 il nostro satellite sarà in fase di Ultimo Quarto a un’altezza di –23° sotto l’orizzonte. Chi intendesse osservare questa sempre interessante fase lunare, dovrà attendere soltanto poche ore quando, alle 03:23, sorgerà accompagnata dai pianeti Giove (a 3°30′) e Saturno (a 4°40′) seguita poi da Marte alla distanza di 12°, il tutto con lo sfondo delle stelle di Capricorno e Sagittario.

    Una magnifica elaborazione di Cristian Fattinanzi, una cosiddetta "mineral moon"ottenuta dalla di fusione tra la Superluna ripresa la notte del 7 aprile e il Primo Quarto (abbondante) ripreso 5 giorni prima. "Per eseguire questa fusione, ho dovuto correggere anche la rotazione dovuta alla librazione lunare con un comando di rendering sferico 3D che avevo in una vecchia versione di Photoshop e non più presente nelle recenti versioni. Questo passaggio è stato indispensabile per sovrapporre perfettamente i crateri delle due immagini. Il risultato ottenuto permette di apprezzare il terminatore, ricco di crateri in luce radente, ma anche la parte in ombra del disco lunare, con una forte effetto tridimensionale che fa apparire la Luna con la sua reale forma sferica".

    Per gli appassionati di osservazioni (notturne…) lunari, anche la fase di Ultimo Quarto può riservare notevoli soddisfazioni, con la possibilità di andare alla ricerca di un’infinita quantità di dettagli delle innumerevoli strutture superficiali e della variegata morfologia lunare, avendo a disposizione tutto il settore occidentale del nostro satellite fino all’estremo bordo ovest, al confine con l’altro emisfero.

    Dalle immense distese basaltiche di Procellarum, Imbrium, Nubium e Humorum fino ai vasti altipiani ricchi di strutture crateriformi apprezzando il netto contrasto dell’albedo determinato dalla natura dei differenti materiali che ricoprono queste enormi regioni della Luna.

    Continua, con maggiori dettagli, in la Luna di aprile su Coelum Astronomia 243 (digitale e gratuito)

    Ad aprile osserviamo

    28 e 29 aprile Dal settore sudest verso nord (Parte 1)

    La principale proposta osservativa del mese in corso ci porta a visitare le strutture crateriformi partendo dall’estremo bordo lunare sud orientale, spostandoci poi progressivamente in direzione nord, osservazioni suddivise nelle due serate del 28 e 29 aprile seguendo la linea del terminatore nel suo lento avanzare sulla superficie della Luna.

    Per inquadrare il settore lunare oggetto delle nostre attenzioni, basterà orientare il telescopio in prossimità della cuspide meridionale e da lì spostarsi verso est-nordest in prossimità del bordo lunare sudorientale al confine con l’altro emisfero.

    ➜ Leggi la guida dell’osservazione dal settore sudest verso nord (Parte 1)

    Falci di Luna

    Proseguono i consigli per l’osservazione delle formazioni lunari anche nella pagina dedicata alle Falci lunari di aprile sul numero 243. Si dovranno attendere i giorni prima e dopo il Novilunio del 23 aprile.

    E ci raccomandiamo… osserviamo sempre dal balcone di casa!

    ➜ Fotografiamo le sottili Falci di Luna

    Le effemeridi di Luna e Pianeti le trovi nel Cielo di Aprile 2020

    Consultate sempre le passate puntate della rubrica, perché molte formazioni sono già state già trattate anche in dettaglio.


    Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Aprile su Coelum Astronomia 243

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    Accademia delle Stelle

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    2020-04 Coelum AdS

    2020-04 Coelum AdS

    Riprendono su piattaforma telematica i Corsi online!

    Si potranno seguire comodamente da casa e, se si perde la diretta, le lezioni saranno sempre online a disposizione dei corsisti.
    Iscrizione e riduzioni sul sito.

    Da lunedì 20 aprile: Corso avanzato di Astronomia e Astrofisica
    Approfondiamo la fisica dei fenomeni astronomici: dalla gravità alla meccanica quantistica, dall’elettromagnetismo alle dimensioni dell’Universo

    Da giovedì 30 aprile: Archeoastronomia e Astronomia culturale
    Per scoprire le conoscenze astronomiche degli Antichi e l’importanza che l’astronomia ha avuto nella cultura umana di tutte le epoche

    Informazioni:
    https://accademiadellestelle.org/
    https://www.facebook.com/accademia.dellestelle/

    Ecco cosa c’è al cuore del quasar 3C 279

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    Rappresentazione artistica del centro brillante una galassia distante, il quasar 3C 279 che contiene un buco nero supermassiccio con una massa circa un miliardo di volte quella del Sole. È così lontano dalla Terra che la sua luce ha impiegato più di 5 miliardi di anni per raggiungerci. Credit: Eso/M. Kornmesser
    Rappresentazione artistica del centro brillante una galassia distante, il quasar 3C 279 che contiene un buco nero supermassiccio con una massa circa un miliardo di volte quella del Sole. È così lontano dalla Terra che la sua luce ha impiegato più di 5 miliardi di anni per raggiungerci. Credit: Eso/M. Kornmesser

    La collaborazione scientifica internazionale Event Horizon Telescope (Eht), che ha realizzato la famosissima prima immagine di un buco nero, ora è riuscita a ritrarre, con un livello di dettaglio inedito, il quasar 3C 279, un getto relativistico originato probabilmente dalle vicinanze di un buco nero supermassiccio. La tecnica utilizzata da Eht, chiamata interferometria a base molto lunga (Vlbi), ha permesso agli scienziati di studiare la morfologia su scala fine del getto vicino alla sua base, dove si pensa abbia origine un’emissione di raggi gamma molto variabile. I risultati sono pubblicati nel numero di Astronomy and Astrophysics del 7 aprile. La collaborazione Eht continua così a estrarre informazioni fondamentali dalla eccezionale raccolta dati della campagna osservativa globale condotta nell’aprile 2017.

    L'articolo pubblicato in occasione della prima immagine di un buco nero da EHT. In formato digitale e gratuito: clicca sull'immagine e leggi!

    «Ogni volta che apriamo una nuova finestra osservativa sul nostro universo, esso ci regala nuove emozioni», commenta Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice all’Infn e professore all’Università Federico II di Napoli, membro della Collaborazione Eht. «Il risultato ottenuto ci permette ora di avere una maggiore comprensione della natura e dei processi fisici alla base di queste enormi sorgenti di energia: siamo riusciti ad aggiungere un altro tassello al grande puzzle della storia dell’universo».

    «Comprendere in dettaglio i processi fisici legati alla formazione dei getti relativistici, e il meccanismo di accelerazione e collimazione di questi ultimi, ha rappresentato, da 50 anni a questa parte, uno dei principali filoni di ricerca dell’astrofisica moderna», spiega Ciriaco Goddi, responsabile scientifico del progetto BlackHoleCam, principale partner europeo di Eht. «Oggi, grazie al progetto Eht, possiamo avere finalmente accesso alla base di questi getti giganteschi, che si propagano per migliaia e alle volte milioni di anni luce, e capire la loro relazione fisica dal buco nero centrale».

    3C 279, obiettivo di questo studio, è una galassia nella costellazione della Vergine, che gli scienziati classificano come quasar (contrazione di quasi-stellar, cioè sorgente “quasi stellare”) perché al suo centro brilla un punto di luce ultra-luminoso e variabile quando enormi quantità di gas e stelle cadono all’interno del un gigantesco buco nero che si trova al suo centro. Il buco nero, la cui massa è circa un miliardo di volte quella del Sole, “ingoia” le stelle e il gas che si avvicinano al suo potente disco di accrescimento per poi espellerne una parte del gas in due sottili getti di plasma a velocità vicine alla velocità della luce.

    La rete di radiotelescopi di Eht. Crediti: Eso/O. Furtak

    Questo processo racconta di enormi forze in gioco al suo centro e ora i telescopi di Eht ne mostrano i dettagli, i più nitidi di sempre, con una risoluzione più fine di un anno luce, riuscendo a vedere sia il getto (fino al disco di accrescimento), sia il getto e il disco stessi mentre sono in azione. I dati recentemente analizzati mostrano che il getto, normalmente diritto, ha invece alla base un’inaspettata forma contorta. Inoltre, per la prima volta si osservano delle strutture perpendicolari al getto, che potrebbero essere interpretate come il disco di accrescimento dai cui poli vengono espulsi i getti. Confrontando le immagini nei giorni successivi, si vedono queste strutture cambiare nei minimi dettagli, quindi forse quello che si osserva è la rotazione del disco di accrescimento e della materia che viene disintegrata e cade, un processo che, oltre all’espulsione del getto, in precedenza non era mai stato visualizzato dal vero ma solo tramite simulazioni numeriche.

    «I risultati di Eht hanno rivelato la parte più interna del getto di 3C 279, già osservato su grande scala a lunghezze d’onda maggiori con tecniche Vlbi», spiega Kazi Rygl, ricercatrice Inaf a Bologna nel team scientifico di Eht, che ha lavorato con la collega Elisabetta Liuzzo alla calibrazione dei dati. «Questo nuovo studio ci permette di comprendere meglio i processi fisici e la struttura dei getti nei nuclei galattici attivi».

    I telescopi che hanno contribuito a questo risultato sono Alma, Apex, il telescopio Iram da 30 metri, il James Clerk Maxwell Telescope, il Large Millimeter Telescope, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope. I telescopi lavorano insieme usando una tecnica chiamata interferometria di base molto lunga (Vlbi), che sincronizza gli osservatori distribuiti in varie parti del mondo e sfrutta la rotazione del nostro pianeta per formare un enorme telescopio delle dimensioni della Terra. La tecnica Vlbi consente a Eht di raggiungere una risoluzione di 20 micro-secondi d’arco, equivalente alla risoluzione che servirebbe a individuare dalla Luna un’arancia sulla Terra. I dati “grezzi” acquisiti dai singoli telescopi sono combinati usando super-computer specifici (chiamati correlatori), ospitati dall’Mpifr di Bonn e dall’Osservatorio Haystack del Mit, i quali forniscono in uscita dei dati “correlati” da cui è possibile ricostruire un’immagine della sorgente radio osservata.

    La campagna di osservazione dell’Eht di marzo/aprile 2020 è stata annullata a causa dell’epidemia globale Covid-19. La collaborazione Eht è ora impegnata a pianificare i prossimi passi, sia delle nuove osservazioni sia dell’analisi dei dati già raccolti.

    Per saperne di più:

    Guarda il servizio video di MediaInaf Tv:


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    BepiColombo: il 10 aprile lo swing-by attorno alla Terra

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    Le principali tappe del viaggio di BepiColombo verso Mercurio. ESA
    Le principali tappe del viaggio di BepiColombo verso Mercurio. ESA

    BepiColombo, lanciata nel 2018, sta attualmente orbitando attorno al Sole a una distanza simile a quella della Terra.
    Il 10 aprile, verso le 06:25 ora italiana, si avvicinerà al nostro pianeta alla distanza di soli 12.700 chilometri (che è molto inferiore rispetto all’altitudine a cui si trovano molti satelliti terrestri).

    BepiColombo è composta da due veicoli spaziali separati: L’ESA ha sviluppato il Mercury Planetary Orbiter (MPO) mentre la Japan Aerospace Exploration Agency JAXA ha fornito il Mercury Magnetospheric Orbiter (Mio). Il primo studierà la superficie e la composizione interna del pianeta; il secondo, la magnetosfera di Mercurio.
    I due orbiter sono impilati in cima al Mercury Transfer Module (MTM) realizzato dall’ESA che fornisce la propulsione a ioni e altri servizi non necessari per la missione vera e propria. Entrambi sono parzialmente oscurati dall’MTM stesso ma il team europeo ritiene di poter accedere a 8 degli 11 strumenti scientifici di MPO durante lo swing-by (potete trovare la panoramica completa del payload in un precedente post su aliveuniverse.today). La vista di Mio sarà, invece, per lo più bloccata dal parasole ma alcuni alcuni sensori saranno comunque attivati.

    Mantenendo la distanza sociale prevista dalle restrizioni COVID-19 e tutti i dispositivi di protezione personali necessari, la squadra dell’European Space Operations Centre (ESOC) a Darmstadt (Germania), è al lavoro già da due settimane per preparare le sequenze di comando da inviare alla navicella e pianificare uno dei momenti peggiori di tutta la manovra, l’eclissi, ossia quei 34 minuti in cui i pannelli solari di BepiColombo non riceveranno energia.

    La Terra e Lanua catturate da BepiColombo a marzo 2020.

    La sonda è dotata anche di 3 telecamere GoPro per collezionare selfie mentre si avvicina alla Terra.

    «Al momento del sorvolo, BepiColombo avrà percorso quasi 1,4 miliardi di km da quando è stata lanciata ad ottobre 2018. Eppure, passando ad un’altitudine di soli 12.700 km, arriverà entro un paio di migliaia di chilometri dell’esosfera del nostro pianeta, lo strato più esterno dell’atmosfera, dandoci l’ultima possibilità di salutarci e dirci addio».

    «Questa è l’ultima volta in cui vedremo BepiColombo dalla Terra», spiega Joe Zender, vice scienziato del progetto BepiColombo all’ESA. «Dopodiché andrà più in profondità nel Sistema Solare interno».

    Durante il sorvolo, la sonda non sarà visibile a occhio nudo perché raggiungerà una magnitudine apparente pari a 8 ma potrà essere osservata dagli astronomi e astrofili terrestri con l’ausilio di telescopi, binocoli o macchine fotografiche: l’emisfero sud avrà la visuale migliore ma anche l’Europa meridionale potrebbe scorgere BepiColombo bassa all’orizzonte.

    Ulteriori dettagli sulla visibilità del passaggio dalla vostra località possono essere reperiti sul sito di  Haevens Above.


    Il tragitto del passaggio della sonda nel fly by con la Terra. ESA

    Il sorvolo della Terra del 10 aprile è solo il primo delle nove manovre di gravità assistita che attendono BepiColombo durante il suo viaggio di 7 anni verso Mercurio.
    A ottobre, la navicella eseguirà il primo dei due swing-by su Venere, mentre i restanti sei avverranno tutti direttamente attorno a Mercurio.

    BepiColombo arriverà a Mercurio alla fine del 2025. La missione scientifica inizierà tre mesi dopo, quando Mio e MPO si separeranno dal Mercury Transfer Module ed entreranno nelle rispettive orbite target.

    © Copyright Alive Universe

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    Astrochannel: seminari e coffee-talk

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    Una TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
    Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

    OA Napoli, 08/04/2020 @ 11:15
    Italo Testa
    (Università di Napoli), “Relazione tra metacognizione e conoscenza disciplinare in astronomia”
    IASF Milano, 29/04/2020 @ 14:00
    Marco Malaspina & Marco Galliani
    (Inaf), “Media Inaf e Ufficio stampa Inaf: a chi servono, come funzionano”
    Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
    Astrochannel è un software di Marco Malaspina – Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

    Planetario di Torino

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    home-infinito

    home-infinitoIl planetario Infini.to è chiuso al pubblico, rispettando le direttive per il contenimento dell’epidemia, ma vogliamo continuare a raccontarvi la meraviglia del cielo. Approfittiamo di queste settimane in cui #restiamoacasa e vi parliamo di stelle, costellazioni e pianeti. Potete trovare video, interviste, racconti e risorse per bambini direttamente sul nostro sito divisi in tre principali categorie: Kids, I racconti del Cielo e News dallo Spazio
    www.planetarioditorino.it/infinito/

    Raro buco nero di “taglia M” scovato da Hubble

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    Nuovi dati del telescopio spaziale Hubble della Nasa/Esa hanno fornito la prova finora più forte dell’esistenza dei buchi neri di massa intermedia nell'universo. Hubble conferma che questo buco nero di massa intermedia risiede all'interno di un denso ammasso stellare. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser
    Nuovi dati del telescopio spaziale Hubble della Nasa/Esa hanno fornito la prova finora più forte dell’esistenza dei buchi neri di massa intermedia nell'universo. Hubble conferma che questo buco nero di massa intermedia risiede all'interno di un denso ammasso stellare. Crediti: ESA/Hubble, M. Kornmesser

    Si dice sempre che i buchi neri sono di due tipi: quelli stellari, più piccoli e meno massicci, e quelli supermassicci, grandi e grossi, al centro delle galassie. Tra i due tipi estremamente diversi, ce ne potrebbe essere un terzo, quello dei buchi neri di massa intermedia (Imbh).

    I buchi neri di massa intermedia sono un “anello mancante” a lungo ricercato, di cui oggi sono stati trovati solo alcuni candidati. Sono più piccoli dei buchi neri supermassicci che risiedono nei nuclei delle grandi galassie, ma più grandi dei buchi neri di massa stellare formati dal collasso di stelle massicce.

    L’oggetto di un nuovo studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters, è un buco nero la cui massa è di oltre 50mila volte la massa del Sole.

    Purtroppo per noi, i buchi neri di massa intermedia sono piuttosto difficili da trovare. «Sono oggetti molto sfuggenti ed è fondamentale considerare attentamente, ed eventualmente escluderle, spiegazioni alternative per ciascun candidato. Questo è ciò che Hubble ci ha permesso di fare con il nostro candidato», spiega Dacheng Lin dell’Università del New Hampshire, primo autore dello studio. Lin e il suo team hanno utilizzato il telescopio spaziale Hubble per fare un follow-up ottico delle osservazioni X effettuate da Chandra della Nasa e dalla missione Xmm-Newton dell’Esa.

    «L’aggiunta di ulteriori osservazioni a raggi X, ci ha permesso di comprendere la produzione totale di energia», aggiunge Natalie Webb, membro del team dell’Università di Tolosa in Francia. «Questo ci ha aiutato a capire il tipo di stella che è stata distrutta dal buco nero». Nel 2006 questi satelliti ad alta energia hanno rilevato un potente bagliore a raggi X, ma non era chiaro se provenisse dall’interno o dall’esterno della nostra galassia. I ricercatori lo hanno attribuito a una stella distrutta dopo essersi avvicinata troppo a un oggetto compatto, gravitazionalmente molto potente, come un buco nero.

    Hubble scopre un buco nero in un luogo inaspettato. Crediti: Nasa/Esa e G. Bacon (STScI)
    Sorprendentemente, la sorgente a raggi X – chiamata 3Xmm J215022.4-055108 – non si trovava al centro di una galassia, dove normalmente risiedono enormi buchi neri, e questo ha fatto sperare che il colpevole dell’emissione fosse un buco nero di massa intermedia. Tuttavia, prima di esserne certi, si doveva escludere altre possibili sorgenti di radiazione X, quale ad esempio una stella di neutroni della nostra galassia.

    Hubble è stato puntato in direzione della sorgente X, per riuscire a individuarla e capire esattamente la sua posizione. Le immagini ad alta risoluzione hanno confermato che i raggi X non provenivano da una sorgente isolata nella nostra galassia, bensì da un ammasso stellare distante e denso alla periferia di un’altra galassia, che è proprio il posto ideale in cui gli astronomi si aspettavano di trovare l’evidenza di buchi neri di massa intermedia.

    Osservazioni precedenti effettuate con il telescopio spaziale Hubble, avevano dimostrato che più è massiccia la galassia, più massiccio è il suo buco nero. Pertanto, questo nuovo risultato suggerisce che l’ammasso stellare che ospita 3Xmm J215022.4-055108 potrebbe essere ciò che è rimasto del nucleo di una galassia nana di bassa massa, che è stata distrutta dall’interazione gravitazionale con la sua attuale galassia ospite.

    I buchi neri di massa intermedia sono particolarmente difficili da trovare perché sono più piccoli e meno attivi dei buchi neri supermassicci. Non hanno fonti di combustibile prontamente disponibili, né hanno una forza gravitazionale sufficientemente forte da poter attrarre costantemente stelle e altro materiale cosmico e produrre di conseguenza il bagliore che ci permetterebbe di rivelarle. Gli astronomi devono quindi riuscire a catturare un Imbh in flagrante, nell’atto piuttosto raro di divorare una stella.

    Questa immagine del telescopio spaziale Hubble evidenzia la posizione di un buco nero di massa intermedia oggetto dello studio, la cui massa è 50mila volte la massa del. Il buco nero, chiamato 3Xmm J215022.4-055108, è indicato dal cerchio bianco. Le immagini ad alta risoluzione di Hubble mostrano che il buco nero risiede in un denso ammasso stellare, ben al di fuori della nostra galassia. Questa foto è stata scattata con la Advanced Camera for Surveys di Hubble. Crediti: Nasa, Esa e D. Lin (Università del New Hampshire)
    Lin e i suoi colleghi hanno esaminato l’archivio dei dati di Xmm-Newton, cercando tra centinaia di migliaia di sorgenti, a caccia di prove tangibili di questo candidato Imbh. Una volta trovate, il bagliore X generato dalla stella distrutta dal buco nero ha permesso agli astronomi di stimare la massa del buco nero stesso.

    Confermare un Imbh apre la porta alla possibilità che ve ne siano molti altri, nascosti nel buio, in attesa di divorare una stella troppo audace che passa nelle vicinanze. Lin intende continuare questo meticoloso lavoro investigativo, usando i metodi sviluppati dal suo team, che finora hanno avuto successo. «Studiare l’origine e l’evoluzione dei buchi neri di massa intermedia», dice Webb, «fornirà finalmente una risposta su come sono nati i buchi neri supermassicci, che troviamo nei centri delle galassie massicce».

    I buchi neri sono uno degli ambienti più estremi che conosciamo e rappresentano un banco di prova per le leggi della fisica e per la nostra comprensione dell’universo. Ma come si formano i buchi neri di massa intermedia? E i buchi neri supermassicci, prima erano buchi neri di massa intermedia? La loro casa preferita sono i densi ammassi stellari? Gli astronomi hanno compreso un mistero, ma come vedete le domande che richiedono una risposta sono ancora tantissime.

    Per saperne di più:

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    #ilcieloacasa #iorestoacasa a osservare le stelle
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    #ilcieloacasa Venere e Pleiadi, la congiunzione perfetta!

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    Volgendo il nostro sguardo verso ovest-sudovest, già dalla prima serata del 3 aprile potremo ammirare una particolare congiunzione tra il pianeta Venere, brillantissimo (mag. –4,6), e l’ammasso delle Pleiadi (M 45) nel Toro.

    In alto, una ricostruzione naturalistica di ciò che potremo osservare nella tarda serata del 3 aprile, un paio d’ore circa prima del momento del massimo avvicinamento, quando la brillantissima Venere si mostrerà circondata dalle stelle dell’ammasso delle Pleiadi. Nella mappa (in basso) invece vediamo il percorso di Venere relativo all’ammasso di stelle nei giorni immediatamente precedenti e successivi la congiunzione, Crediti Coelum astronomia

    Il momento del massimo avvicinamento (15’ dalla stella Alcyone) avverrà alle ore 00:48 del 4 aprile, quando però – purtroppo – le Pleiadi saranno già scese sotto l’orizzonte (alle ore 23:50 circa). Non c’è da disperarsi per questo: l’avvicinamento di Venere sarà bellissimo da osservare anche con un paio d’ore di anticipo!

    Consigliamo non solo di osservare questo magnifico fenomeno a occhio nudo o al binocolo, ma di scattare anche alcune fotografie per immortalare questo momento speciale che si ripresenterà solo tra alcuni anni (si consiglia la lettura dell’articolo di Aldo Vitagliano a tal proposito).

    Le fotografie potranno essere a campo stretto, nel tentativo di registrare le sette sorelle in compagnia della luminosa dea della bellezza, oppure a campo più ampio, per includere magari anche dei dettagli de paesaggio circostante, sia naturale che architettonico (di questi tempi possono essere originali anche le antenne del tetto del condominio di fonte!).

    Considerato il fatto che molti di noi non avranno la possibilità di recarsi fuori di casa, un’idea potrebbe essere quella di riprendere l’incontro celeste contornato dalla cornice di una finestra… Ricordiamo poi che il giorno 6 aprile, quando Venere avrà già un po’ preso le distanze dalle Pleiadi, alle ore 20:06 circa (ma si consiglia di verificare l’orario preciso per la propria posizione geografica specifica attraverso un planetario o un’app per smartphone), al convivio formato dal pianeta e dall’ammasso di stelle si aggiungerà anche la Stazione Spaziale Internazionale (mag. –3,4), che transiterà a poca distanza dagli astri, creando un’ulteriore ottima occasione fotografica.

    ➜   Vedi anche i consigli per la ripresa di Giorgia Hofer, in occasione della congiunzione del 2018: Venere al tramonto con le Pleiadi

    Le effemeridi di Luna e Pianeti le trovi nel Cielo di Aprile 2020 su coelum.com



    Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Aprile su Coelum Astronomia 243

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    #IlCieloACasa Io resto a casa a osservare le stelle

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    A coloro che sono “in prima linea” in questa emergenza da coronavirus, a medici, infermieri… ma anche commessi, operai, forze dell’ordine e tutti coloro che ci garantiscono i servizi essenziali, non sempre così visibili e scontati, a loro va tutta la nostra gratitudine.

    La maggiorparte di noi, invece, sta vivendo un momento di stop forzato, alcuni con la fortuna di poter continuare a lavorare da casa, altri facendo grossi sacrifici, ma tutti confinati tra le mura domestiche. Stiamo a casa. In un periodo come questo, però, per quanto difficile, abbiamo anche la possibilità di riscoprire e riconquistare un po’ di quel tempo perduto che la frenetica vita di tutti i giorni ci ha tolto. E così possiamo tornare a riscoprire anche le stelle, con articoli e approfondimenti, nuovi spunti e… anche quello che inaspettatamente possono offrire i cieli di città.

    Noi di Coelum Astronomia, insieme alla comunità di appassionati, astrofili, astronomi e professionisti del settore, vogliamo ricordarvi che l’astronomia e la gioia di osservare il cielo possono essere di conforto in questo difficile momento.

    Seguiteci! Vi segnaleremo spunti e suggerimenti per passare dell’ottimo tempo con l’astronomia, comodamente seduti sul divano o affacciati al balcone. Vi terremo informati sulle molte occasioni di incontro virtuale, come eventi, lezioni o osservazioni, curate sia da professionisti che da gruppi astrofili.

    Nel numero di aprile (già online e sempre in formato digitale e gratuito) trovate una piccola raccolta di spunti e attività, dalle più semplici alle più impegnative, e altre ne seguiranno: continuate a seguirci su tutti i nostri canali online: il nostro sito web coelum.com , la nostra pagina Facebook e il nostro profilo Twitter (@coelum_news), oppure partecipate alle discussioni sul nostro Forum Coelestis, ricco anch’esso di suggerimenti e utili guide.

    Nel nostro “Cielo del mese” – all’interno del numero e nella sezione dedicata del sito – trovate come sempre suggerimenti e consigli per le osservazioni a occhio nudo e spunti originali per i più esperti.

    Anche associazioni e operatori del settore forniscono nei loro siti numerosi spunti e contenuti, nonché utili consigli per scegliere (e acquistare online) la strumentazione più opportuna al costo migliore per ciascuno.

    Insomma, è il momento giusto per imparare ad usare quel telescopio lasciato troppo tempo in garage, o per acquisire tutte le informazioni necessarie per comperare quello che avreste sempre voluto!

    Per questo e per far scoprire anche a chi non guarda mai in su lo spettacolo che va in onda ogni notte serena sopra le nostre teste, abbiamo pensato a una campagna che riunisca tutte le realtà coinvolte, riviste, istituti ed enti, associazioni e aziende.

    Unisciti a noi!
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    I ❤️ Astronomy by Coelum Astronomia

    Iniziativa in collaborazione con

    Skypoint •  PrimaluceLabTS Italia Astronomy • Tecnosky •  Tecnosky Torino Auriga •  10MicronUnitronItalia Instruments •  Astronomia Pratica

    •  Società Astronomica Pugliese •  Associazione Astrofili Cascinesi ACA


    Il Cielo di Aprile 2020

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    La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Apr > 00:00; 15 Apr > 23:00; 30 Apr > 22:00. Crediti Coelum Astronomia CC-BY

    Indice dei contenuti

    EFFEMERIDI

    Luna

    Sole e Pianeti

    Poco dopo l’inizio della notte astronomica (ovvero poco dopo le 22:00), potremo notare le grandi costellazioni tipiche del periodo invernale, Orione e Toro su tutte, che stanno ormai declinando verso l’orizzonte occidentale: la primavera è iniziata e la stagione invernale ci sta salutando. Solo l’Auriga, con la splendente Capella, e i Gemelli, più alte in declinazione, terranno ancora testa alle incalzanti costellazioni primaverili. Tra queste, l’imponente figura trapezoidale del Leone dominerà il cielo in meridiano, seguito più a est dalla Vergine, con la brillante Spica, e dal Boote, con la rossa Arturo, facilmente rintracciabile in cielo.

    Vicine alla Vergine scorgiamo le piccole ma inconfondibili sagome del Corvo e della Coppa. Sull’orizzonte di est-nordest, comincerà invece ad alzarsi la figura dell’Ercole, seguita a notte fonda dalla Lira e dal Cigno, le cui stelle principali, Vega e Deneb, tracciano (assieme ad Altair, nell’Aquila) il famoso “triangolo” che ci porta ad assaporare già, con la mente, il caldo periodo estivo. Lo zenit sarà invece dominato dal Grande Carro dell’Orsa Maggiore.

    ➜ Il Cielo di aprile con la UAI: Tra le galassie dell’Orsa Maggiore

    COSA OFFRE IL CIELO

    Venere continua a dominare il cielo della sera, e raggiungerà la sua massima luminosità per quest’anno proprio verso la fine del mese, ne godremo quindi ancora per parecchie settimane. Nei primi giorni del mese la vedremo avvicinarsi e poi superare l’ammasso aperto delle Pleiadi (M 45), in particolare attenzione alla notte tra il 3 e 4 aprile… in cui ci passerà praticamente in mezzo.

    ➜ Leggi anche Venere incontra le Pleiadi. La congiunzione “perfetta” di Aldo Vitagliano

    Tutti gli altri pianeti continuano a mostrarsi ai mattinieri, ma cominciano anche ad apparire a chi soffre di insonnia o si affaccerà al balcone nelle prime ore del mattino. Giove anticipa sempre più il suo sorgere, già alle 3 e mezza a inizio mese, seguito da Saturno e Marte che si è fatto superare dai due pianeti ed è sempre un po’ più lento… lo vedremo attorno alle 3 solo a fine mese. A metà mese verranno nuovamente raggiunti dalla Luna con cui formeranno belle configurazioni proprio come il mese scorso. Mercurio farà solo capolino a tratti dall’orizzonte, anche lui sempre all’alba.

    Maggiori dettagli e informazioni anche sui più distanti Urano e Nettuno, non visibili a occhio nudo, su pianeti nani e asteroidi, li trovate sempre sul

    ➜  Cielo di Aprile all’interno del nuovo numero (sempre in formato digitale e gratuito! L’abbonamento serve solo per avvisarvi dei prossimi numeri, ma è gratuito anche quello)

    Aprile ha anche lui il suo sciame meteorico: le Liridi. È un magro sciame meteorico quello delle Liridi che, nonostante susciti un grande fascino (come sempre fanno le stelle cadenti), non promette di stupire con i numeri di meteore che caratterizzano invece gli sciami delle Perseidi o delle Geminidi. Nonostante ciò, complice anche la Luna Nuova che ci darà qualche notte di cielo buio, per chi vorrà tentare l’osservazione, il picco massimo è previsto per la mattina del 22 aprile e potranno essere utili per l’osservazione sia la notte prima che quella dopo. Maggiori informazioni e la cartina con il quadrante su:

    ➜ Organizzati in anticipo con Il Cielo di Aprile su Coelum Astronomia 243

    Small Moon di Elena Pinna. Poco dopo le 6 del mattino, uno spettacolo affascinante e meraviglioso: una sottilissima falce di Luna ha incorniciato il cielo rischiarato dalle prime luci dell’alba. Cliccare l'immagine per i dettagli di ripresa.

    Per quanto riguarda le sottili falci di Luna e la ripresa della luce cinerea della Luna, l’appuntamento è alla sera del 19 e 20 aprile e, dopo il Novilunio, al mattino tra il 24 e 26 aprile.

    Per maggiori dettagli su orari e formazioni lunari da osservare al terminatore sulle falci di Luna, anche con l’aiuto di uno strumento, potete consultare la sezione dedicata a cura di Francesco Badalotti.

    Continua poi l’esplorazione delle formazioni lunari nell’arco del mese con

    Questo mese anche una tenue speranza… riusciremo ad avere una cometa visibile a occhio nudo? Più probabile per maggio, anche se non si sa mai, ma già ora con un buon binocolo se ne può tentare l’osservazione. È la C/2019 Y4 ATLAS e al momento, a inizio mese, è tra l’ottava e la settima magnitudine. Teniamola d’occhio!

    ➜ Comete. Attesa per la promettente C/2019 Y4 ATLAS

    E ancora su Coelum astronomia 243

    Cassiopea e il colore delle sue stelle sopra il Monte Cristallo. Crediti Giorgia Hofer

    Il cielo è ricco di colori. Scopriamo i colori delle stelle con Giorgia Hofer.

    ➜ La Luna di Aprile 2020
    e una guida per l’osservazione del settore sud verso nord.

    ➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

    ➜ Ricerca di Supernovae: Gli italiani iniziano con una Nova

    e il Calendario di tutti gli eventi di aprile 2020, giorno per giorno!

    Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in PhotoCoelum!

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    Frascati Scienza: Scienza Contagiosa

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    Ecco cos’è Scienza Contagiosa, il programma di lezioni virtuali a cura dei membri del Comitato Scientifico dell’associazione. Si tratta di un programma di lezioni multidisciplinari e interattive (della durata circa di 45/60 minuti) accessibili a studenti e studentesse di ogni ordine e grado. Grazie alla multidisciplinarietà dei componenti del Comitato, la programmazione delle “virtual classroom” spazierà dalla fisica delle particelle, alla rivoluzione industriale 4.0 e non poteva mancare un momento di approfondimento dedicato al virus che sta mettendo in ginocchio l’Italia e anche il resto del mondo, insieme ai partner dell’Istituto Superiore di Sanità e alla Dr.ssa Caterina Rizzo, medico epidemiologo dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù.

    Le lezioni restano sempre disponibili su:
    La pagina Facebook www.facebook.com/pg/associazionefrascatiscienza
    e il canale Youtube https://www.youtube.com/user/FrascatiScienza
    oltre a poter seguire le repliche su IG TV dal profilo Instagram: https://www.instagram.com/frascatiscienza/

    Saturno e Marte alla minima separazione!

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    Torniamo a visitare il cielo di sudest, alle 5:00 del mattino del 31 marzo: è lo stesso teatro che abbiamo ammirato durante i giorni dal 18 al 20 marzo (anche se ora ci troviamo nella costellazione del Capricorno) e potremo notare come il pianeta Marte (mag. +0,8) abbia percorso lo spazio che lo separava da Saturno. Superato il grande Giove, ora l’affascinante Pianeta Rosso si trova in compagnia del “Signore degli Anelli”, in una congiunzione piuttosto stretta (circa 55’).

    Giove, distante poco meno di 6° dalla coppia, più verso sud-sudest, sembrerà formare il vertice di un’acuta freccia che punta proprio verso il Sagittario. Sarà un’altra bella occasione di scattare delle fotografie.

    Le effemeridi di Luna e Pianeti le trovi nel Cielo di Marzo 2020 su coelum.com



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    Il Cielo da casa. Pillole di astronomia con la UAI

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    L’Unione Astrofili Italiani (UAI), al fine di supportare la comunità in questo momento difficile e di proseguire nell’opera di diffusione della cultura scientifica, lancia l’iniziativa “Pillole di Astronomia”, un ricco programma di incontri virtuali rivolti al grande pubblico, a cura delle delegazioni dell’UAI.

    Tramite gli incontri, realizzati grazie all’uso piattaforme social e di web conference, i partecipanti potranno scoprire le meraviglie dell’Universo comodamente da casa – davanti al proprio computer, tablet o cellulare – e interagire con gli esperti dell’UAI per soddisfare tutte le proprie curiosità.

    Questi i prossimi appuntamenti, alcuni eventi sono su prenotazione si consiglia quindi di verificare per tempo al link indicato:

    31 marzo, ore 21:00 – BepiColombo: alla scoperta di Mercurio a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia (ATA), con i ricercatori Valeria Mangano, Cristina Re, Carmelo Magnafico dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e Fabrizio De Marchi dell’Università di Roma Sapienza.

    1 aprile, ore 21:00 – Distanze Cosmiche a cura dell’Istituto Spezzino Ricerche Astronomiche.  La lezione sarà disponibile anche sul canale You Tube dell’Associazione il 2 aprile

    2 aprile, ore 21:00 – CORSO ASTRONOMIA DI BASE: IL SISTEMA SOLARE: PRIMA PARTE – IL SOLE a cura del Gruppo Astronomia Digitale (GAD), relatore Claudio Lopresti, Presidente GAD.

    3 aprile, ore 21:00 – Giove: il gigante del Sistema Solare conferenza e sessione osservativa con telescopio remoto, a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia. A relazionare sul tema della serata sarà la ricercatrice dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) Francesca Altieri.

    8 aprile, ore 21:00 – Spettroscopia a cura dell’Istituto Spezzino Ricerche Astronomiche. Si capirà come si analizza uno spettro e il metodo di classificazione spettrale Harvard e quello di Yerkes; si parlerà del Diagramma di Hertzsprung-Russell e delle informazioni che ci arrivano dalle osservazioni.  La lezione sarà disponibile anche sul canale You Tube dell’Associazione il 9 aprile

    10 aprile, ore 21:00 – La data della Pasqua, tra religione e astronomia conferenza e sessione osservativa con telescopio remoto, a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia.

    17 aprile, ore 21:00 – Lo Zoo delle costellazioni dedicata ai bambini, a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia.

    24 aprile, ore 21:00 – I corpi minori del Sistema Solare conferenza e sessione osservativa con telescopio remoto, a cura dell’Associazione Tuscolana di Astronomia.

    Partecipano all’iniziativa e sono già disponibili online:

    I Live stream e le Lezioni di IRAS Astrofili Istituto Spezzino Ricerche Astronomiche con una serie di lezioni sulla dinamica e l’evoluzione delle galassie.

    Alla scoperta di altri mondi: i pianeti extrasolari”, con ripresa del transito del pianeta extrasolare Wasp.43 b. Evento organizzato dal Gruppo Astronomia Digitale.

    Spettacolare maratona Messier, a caccia dei 110 oggetti celesti del catalogo Messier. Evento a cura dell’Associazione Pontina di Astronomia.

    Mezz’ora di scienza al tempo del coronavirus una serie di interventi con astronomi ed esperti, a cura dell’Associazione Pontina di Astronomia (APA), per sostenere una raccolta fondi in favore dell’ospedale “S. M. Goretti” di Latina. Per fare una donazione collegarsi al link: gf.me/u/xrrdr6

    #Astrofiliacasa : Intervista al Dott. Giovanni Isopi Astrofilo – Astrofisico Otticatelescopio.com in un momento particolare per l’italia organizza serate d’intrattenimento astronomico, intervistando astrofili ed esperti che collaborano a questo progetto chiamato #Astrofiliacasa per divulgare oltre l’astronomia ma a sensibilizzare #iorestoacasa per bloccare questo diffondersi del contagio.

    I buchi neri e le onde gravitazionali”, a cura del Gruppo Astronomia Digitale, relatore Nicola Giordani.

    Si invita a consultare l’elenco degli eventi sul sito dell’UAI per future programmazioni


    #ilcieloacasa #restiamoacasa a osservare le stelle
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    Astronomiamo

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    Loc-Coelum-Aprile2020

    Loc-Coelum-Aprile2020

    Web astronomy, tutti in un abbraccio

    02.04: Hayabusa-2

    16.04: BepiColombo

    23.04: OSIRIS-REX

    Informazioni su

    https://www.astronomiamo.it

    Unione Astrofili Italiani UAI

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    I convegni e le iniziative UAI
    30 marzo – 5 aprile Maestra Luna

    Gli studenti osservano la Luna ad occhio nudo e con il telescopio, misurano le sue dimensioni, la sua distanza, la posizione fra le stelle e come si muove intorno alla Terra scoprendo tante curiosità che non sempre si trovano sui libri scolastici.
    http://www.uai.it/sito/didattica-e-formazione/

    #SpaceConnectsUs Lo Spazio che ci unisce

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    In Europa e nel mondo ci siamo abituati a un modo diverso di vivere nelle ultime settimane.
    Giovedì 26 marzo, l’ESA e Asteroid Day, partnere da tempo dell’ESA,  ospiteranno #SpaceConnectsUs – un’opportunità per connettersi oltre i confini e ascoltare esploratori dello spazio, artisti e scienziati su come gestire noi stessi e il nostro ambiente mentre le nostre comunità combattono una pandemia globale.

    #SpaceConnectsUs è un evento online che si svolge dalle 16: 00-21: 00 (CET)  su ESA WebTV e ESA YouTube per aiutare tutti coloro che devono affrontare il distanziamento sociale godendosi la scienza, il nostro pianeta natale e il nostro sogni del cielo sopra di noi.

    Il programma prevede connessioni remote con astronauti e ospiti provenienti da tutto il mondo, che parleranno a bambini, giovani adulti e alle loro famiglie e amici, della loro esperienza, delle tecniche utilizzate per vivere in luoghi confinati, utilizzando le conoscenze che hanno a loro disposizione: racconti di vita durante l’esplorazione spaziale, la fiducia nella scienza e le loro fonti di ispirazione.

    Il programma si svolge in cinque parti, ognuna dedicata a una diversa lingua: a partire dalle 16:00 in olandese, seguito da tedesco (17:00 CET), italiano (18:00 CET), francese (19:00 CET) e inglese (20:00 CET, 19: 00 GMT).
    Gli astronauti ESA saranno al centro di questa iniziativa, e saranno presenti Tim Peak, Alexander Gerst, Samantha Cristoforetti, Mattihia Maurer, Thomas Reiter, Frank de Winne e André Kuipers. Tra le celebrità invitate, troviamo invece Brian Cox, Ranga Yogeshwar and Bruce Benamran. Tra gli artisti anche Mayim Bialik (la Amy di Big Bang Theory, che ha anche un dottorato in neuroscienze), Olivia Newton-John, che non ha bisogno di presentazioni e Paulina Chávez (dalla webcomedy americana The Expanding Universe of Ashley Garcia).

    Per essere coinvolti

    L’evento è a partecipazione gratuita, già dal 24 marzo si possono fare domande con l’hashtag #SpaceConnectsUs sui canali social (Twitter, Facebook, o Instagram). Si potranno poi seguire le trasmissioni su ESA WebTV e ESA YouTube (qui sotto).

    Per maggiori informazioni sul programma e aggiornamenti:

    asteroidday.org/spaceconnectsus/

    e gli usuali profili twitter @ESA •  @ESA_Italia •   @asteroidday


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    Astrochannel: seminari e coffee-talk

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    Una TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
    Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.
    OA Napoli, 01/04/2020 @ 11:15
    Rossella Ragusa
    (Università di Napoli), “Studio delle sovradensità di strutture intorno a quasar ad altissimo redshift, 4.67”
    OA Napoli, 08/04/2020 @ 11:15
    Italo Testa
    (Università di Napoli), “Relazione tra metacognizione e conoscenza disciplinare in astronomia”
    IASF Milano, 29/04/2020 @ 14:00
    Marco Malaspina & Marco Galliani
    (Inaf), “Media Inaf e Ufficio stampa Inaf: a chi servono, come funzionano”
    Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
    Astrochannel è un software di Marco Malaspina – Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

    MarSEC Marana Space Explorer Center

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    astronomia dal balcone

    astronomia dal balcone
    Video tutorial di cosa osservare in queste sere dal balcone di casa.

    Per informazioni:
    Pagina Facebook MarSEC Marana Space Explorer Center

    #scienzasulbalcone Fuori gli smartphone e partecipa all’esperimento!

    Hai mai partecipato a un esperimento scientifico direttamente da casa tua?

    Primo Flash-mob italiano di citizen science sull’inquinamento luminoso. Appuntamento alle 21.00 sul balcone da lunedì 23 a mercoledì 25 marzo.
    Per partecipare, sempre lunedì 23 alle 19.00, tutti connessi su Facebook e Youtube per la
    diretta con i ricercatori

    In questi giorni di emergenza e di isolamento, ci siamo dati più volte appuntamento alla finestra o sui balconi per realizzare insieme semplici azioni che ci facessero sentire meno soli. Durante una di queste, tanti hanno provato a illuminare il cielo notturno con il cellulare così da essere fotografati dal satellite. In realtà la luminosità della luce flash di uno smartphone non può essere rilevata da un satellite, ma questo insolito flash mob ha fatto nascere un’idea nella mente di due scienziati che si occupano di luce e di cielo: il ricercatore Alessandro Farini del Cnr-Ino e l’astrofisico e divulgatore scientifico Luca Perri. Perché non dare nuovamente appuntamento a tutti gli italiani alla finestra o sul balcone di casa per misurare con lo smartphone la luminosità del cielo sopra la propria abitazione?

    Si tratta di un esperimento di scienza partecipata, a cui tutta la popolazione può dare il proprio contributo direttamente da casa, aiutando così i ricercatori a mappare la situazione dell’inquinamento luminoso lungo tutta la penisola italiana e le isole.
    Negli ultimi decenni, nel nostro Paese si è registrato un costante incremento della luce presente nell’ambiente notturno dovuto all’eccessiva illuminazione artificiale notturna delle città: una vera e propria forma di inquinamento, “inquinamento luminoso”, che non solo compromette la nostra visione dell’universo, ma rappresenta anche un problema ambientale, economico, di sicurezza e di salute pubblica. Secondo lo studio condotto nel 2019 da CieloBuio – Coordinamento per la protezione del cielo notturno con l’Osservatorio Conti Pubblici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, diretto da Carlo Cottarelli, il ricorso all’illuminazione pubblica in Italia è eccessivo. Ordinando le province europee per quantità di illuminazione pubblica sprecata pro capite, dalla più virtuosa alla meno virtuosa, in Italia solo tre province rientrano nella prima metà della classifica mentre ben 58 su 110 (il 53%) si trovano nell’ultimo 20%.

    In linea con il paradigma della citizen science – che prevede il coinvolgimento di un pubblico o di scienziati non professionisti all’interno di veri e propri progetti di ricerca scientifica – il Cnr rivolge quindi alla popolazione un triplice invito:

    1) dare un piccolo contributo concreto per rendere possibile una vasta raccolta di dati altrimenti irrealizzabile;

    2) approfittare di questo momento in cui si è in casa per fare qualcosa di utile e significativo per la comunità scientifica e la collettività partecipando ad un progetto scientifico di alto impatto sociale;

    3) contribuire a costruire quel ponte tra scienza e società, necessario per rendere i cittadini sempre più parte integrante del processo scientifico e del cambiamento sociale che non può prescindere dalle conoscenze sviluppate in ambito scientifico.

    Gli appuntamenti sul balcone saranno tre: lunedì 23, martedì 24 e mercoledì 25 marzo prossimi. Per partecipare è sufficiente seguire le istruzioni cliccando i due pulsanti in giallo che trovi nella pagina dedicata all’iniziativa, scaricare e installare l’App suggerita, sporgerti alla finestra o uscire sul balcone alle 21, puntare verso l’alto lo schermo del tuo cellulare e avviare l’applicazione che misura la luce ambientale.

    Prendi nota delle misure effettuate nelle tre sere e registrale sull’apposito form che troverai sul sito di #scienzasulbalcone a partire da lunedì 23.

    Se hai tempo, il modo migliore per partecipare è effettuare la misurazione tutte e tre le sere, prendere nota di ciascuna misura e segnarle sull’apposito form tutte insieme entro giovedì 26 marzo. In questo modo ci aiuterai a raccogliere dati ancora più accurati. Oltre alle misurazioni ti chiederemo anche di indicarci il tuo CAP e il comune in cui ti trovi. I dati inseriti rimarranno anonimi. La mappa alla tua sinistra si popolerà con le misurazioni che verranno fatte in tutta Italia.

    Quindi, segnati queste date:

    • lunedì 23 marzo, ore 21.00

    • martedì 24 marzo, ore 21.00

    • mercoledì 25 marzo, ore 21.00

    E vai al sito dell’iniziativa per scaricare l’app corretta per il tuo smartphone!

    #scienzasulbalcone

    Oppure segui la diretta lunedì 23 alle h 19,00 sul sul canale youtube dedicato.
    Qui l’evento facebook.

    Un progetto a cura di: Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico del Cnr. In collaborazione con: Associazione CieloBuio. #scienzasulbalcone sostiene @sciencewebfestival


    Gruppo di lavoro:
    Silvia Mattoni, Luca Balletti e Cecilia Tria, Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico
    Alessandro Farini e Elisabetta Baldanzi, Istituto nazionale di ottica del Cnr
    Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico
    Grafica a cura di Daniela Gaggero (Unità Comunicazione e Relazioni con il Pubblico)
    Seguili sui social: Comunicazione.cnr su Facebook e YouTubeCieloBuio su FacebookLuca Perri su Instagram


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    Astrochannel: seminari e coffee-talk

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    INAFUna TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
    Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

    OA Brera, 24/03/2020 @ 14:00

    Clementina Sasso (INAF Napoli), “La missione spaziale Solar Orbiter e la partecipazione italiana

    Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
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    È morto l’astronauta Alfred “Al” Worden

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    Il trio di astronauti di Apollo 15. Al centro Al Worden. NASA
    Il trio di astronauti di Apollo 15. Al centro Al Worden. NASA

    Il 18 marzo, con un messaggio via Twitter, la famiglia Worden ha annunciato la scomparsa dell’astronauta NASA Alfred Merrill “Al” Worden, avvenuta ieri 17 marzo 2020.

    Worden era nato il 7 febbraio 1932 a Jackson, Michigan, e ha avuto una carriera relativamente breve. Fu uno dei 19 astronauti selezionati da NASA nell’aprile del 1966; è stato un membro dell’equipaggio di supporto per la missione Apollo 9 e pilota del modulo di comando di riserva per Apollo 12.

    Venne poi assegnato al ruolo di pilota del modulo di comando di Apollo 15 nel luglio del 1971, senza partecipare ad altre missioni. Nel corso di Apollo 15 fu protagonista della prima EVA mai condotta nello spazio profondo, quando dovette uscire dalla navicella spaziale Endeavour per recuperare alcuni nastri da uno strumento scientifico montato esternamente.

    Dopo aver rassegnato le dimissioni dalla NASA nel 1975 cercò senza successo di farsi eleggere al Congresso, e si costruì una carriera come consulente di aziende aerospaziali.

    Copyright Associazione ISAA 2006-2020 – Vedi qui i dettagli della licenza.

    Il comunicato ufficiale della NASA

    Video: “Al Worden Gets the Last Laugh” (Kennedy Space Center Visitor Complex)

    NASA Oral History Project: Interview with Al Worden (del 26 maggio 2000)

    Il sito della missione Apollo 15


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    Onde gravitazionali, quattro nuove candidate

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    Simulazione numerica della prima fusione di un buco nero binario osservata dal rivelatore Advanced Ligo il 14 settembre 2015. Crediti: S. Ossokine, A. Buonanno (Max Planck Institute for Gravitational Physics), progetto Simulation eXtreme Spacetimes, W. Benger (Airborne Hydro Mapping GmbH)
    Simulazione numerica della prima fusione di un buco nero binario osservata dal rivelatore Advanced Ligo il 14 settembre 2015. Crediti: S. Ossokine, A. Buonanno (Max Planck Institute for Gravitational Physics), progetto Simulation eXtreme Spacetimes, W. Benger (Airborne Hydro Mapping GmbH)

    I ricercatori del Max Planck Institute for Gravitational Physics (Albert Einstein Institute, Aei) di Hannover, insieme a un gruppo internazionale di colleghi, hanno pubblicato il loro secondo catalogo open di onde gravitazionali (Open Gravitational-wave Catalo, 2-Ogc). Per compilarlo, hanno usato raffinati metodi di ricerca che hanno permesso di scavare più a fondo nei dati pubblici relativi ai primi due run osservativi di LigoVirgo. Oltre a confermare le dieci note fusioni di buchi neri binari e una fusione di un sistema binario di stelle di neutroni, hanno identificato quattro nuovi promettenti candidati per altrettante fusioni di buchi neri binari, che non sono stati rilevati dalla prima analisi di Ligo/Virgo. Questi risultati dimostrano il valore delle ricerche effettuate sui dati pubblici di Ligo/Virgo da parte di gruppi di ricerca indipendenti. Il team di ricerca ha messo a disposizione il suo catalogo completo, insieme all’analisi dettagliata di oltre una dozzina di possibili fusioni di buchi neri binari. I risultati sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal.

    «Utilizzando metodi all’avanguardia», spiega Alexander Nitz, scienziato dello staff del Max Planck Institute for Gravitational Physics di Hannover, che ha guidato il gruppo di ricerca internazionale «siamo riusciti a scoprire fusioni di buchi neri binari più deboli: i quattro segnali aggiuntivi dimostrano che il nostro metodo funziona!».

    Il gruppo di ricerca internazionale ha analizzato i dati pubblici sulle onde gravitazionali ottenuti dai rilevatori Advanced Ligo e Advanced Virgo nel loro primo (O1: settembre 2015 – gennaio 2016) e secondo (O2: novembre 2016 – agosto 2017) run osservativo. Questi dati erano stati precedentemente analizzati dalla collaborazione Ligo e Virgo ed erano state trovate dieci fusioni di buchi neri binari e una fusione di un sistema binario di stelle di neutroni. Un’altra analisi indipendente aveva precedentemente trovato altre fusioni di buchi neri.

    Il lavoro guidato da Nitz conferma quattordici di questi eventi e trova un’altra possibile fusione di un sistema binario di buchi neri, non trovata dalle precedenti analisi. Se confermato, l’evento Gw 151205 è stato generato da una fusione piuttosto distante di due enormi buchi neri di circa 70 e 40 volte la massa del Sole, rispettivamente.

    speciale onde gravitazionali
    Per approfondire di cosa si tratta quando si parla di onde gravitazionali, come funziona un interferometro e altri articoli approfonditi su LIGO,VIRGO e il futuro dell'astronomia delle onde gravitazionali, leggi lo speciale, sempre in formato digitale e gratuito, pubblicato in occasione della prima rivelazione!

    Il trucco adottato dal team non ha riguardato solo il modo di classificare i potenziali segnali delle onde gravitazionali, ma anche come vengono individuate le proprietà che ci si aspetta dai buchi neri binari. «Abbiamo un’idea di quale sia la massa tipica di un buco nero binario dai segnali che erano già stati rilevati», spiega Collin Capano, ricercatore dell’Aei di Hannover e coautore della pubblicazione. «Utilizzando queste informazioni per ottimizzare la nostra ricerca, finalizzata a trovare i segnali più probabili, la nostra sensibilità ai buchi neri binari è migliorata dal 50 al 60 per cento».

    Il team non ha trovato nuovi candidati relativi a fusioni di stelle di neutroni binarie nei dati di Ligo/Virgo, nei due periodi O1 e O2. Poiché solo due fusioni di stelle di neutroni binarie sono state identificate dalle loro onde gravitazionali e la popolazione sottostante non è ben nota, non è ancora possibile effettuare una ricerca mirata.

    I quindici segnali riportati sono solo una piccola parte di un catalogo online molto più grande. Il gruppo di ricerca ha pubblicato il suo catalogo completo di eventi, compresi i candidati statisticamente meno significativi e i risultati dettagliati della loro analisi. «Speriamo che questi dati consentano ad altri ricercatori di condurre ricerche approfondite in futuro, fornendo una migliore comprensione della popolazione di buchi neri binari, nonché del rumore di fondo», conclude Sumit Kumar, ricercatore presso l’Aei di Hannover e coautore dell’articolo.

    Per saperne di più:


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    Piove ferro su WASP-76b

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    Un'impressione artistica di WASP-76b, il pianeta dove nel lato caldo il ferro arriva a vaporizzare e in quello freddo si condensa in goccioline "piovendo". Sulla sinistra vediamo quello che succederebbe sul terminatore, dove dal lato sempre illuminato si passa a quello sempre in ombra e l'artista immagina il ferro fuso piovere e accumularsi in altipiani che fondono e evaporano incontrando la luce... Crediti: ESO/M. Kornmesser
    Un'impressione artistica di WASP-76b, il pianeta dove nel lato caldo il ferro arriva a vaporizzare e in quello freddo si condensa in goccioline "piovendo". Sulla sinistra vediamo quello che succederebbe sul terminatore, dove dal lato sempre illuminato si passa a quello sempre in ombra e l'artista immagina il ferro fuso piovere e accumularsi in altipiani che fondono e evaporano incontrando la luce... Crediti: ESO/M. Kornmesser

    «Si potrebbe dire che su questo pianeta piove tutte le sere, peccato che piova ferro», spiega David Ehrenreich, professore all’Università di Ginevra in Svizzera. Ha condotto uno studio, pubblicato oggi dalla rivista Nature, di questo esopianeta esotico. Conosciuto come WASP-76b, si trova a circa 640 anni luce di distanza nella costellazione dei Pesci.

    Questo strano fenomeno si verifica perché il pianeta della “pioggia di ferro” mostra sempre e solo una faccia, il lato diurno, alla sua stella madre, mente il lato notturno più freddo rimane nell’oscurità perpetua. Come la Luna sulla sua orbita intorno alla Terra, WASP-76b è in rotazione sincrona: impiega tanto tempo a ruotare attorno al proprio asse quanto a girare attorno alla stella.

    Nella zona diurna riceve migliaia di volte più radiazioni dalla sua stella madre rispetto alla Terra dal Sole. Fa così caldo che le molecole si separano in atomi e metalli come il ferro evaporano nell’atmosfera. L’estrema differenza di temperatura tra il lato diurno e quello notturno provoca venti vigorosi che portano il vapore di ferro dal lato-giorno ultra-caldo al lato-notte più freddo, dove le temperature diminuiscono a circa 1500 gradi Celsius.

    Potrebbe essere la copertina di un libro di fantascienza questa interpretazione del fumettista svizzero Frederik Peeters. Crediti: Frederik Peeters (https://frederikpeeters.tumblr.com/)

    WASP-76b non solo ha temperature diurne e notturne diverse, ma secondo il nuovo studio ha anche una chimica diurna e notturna distinta. Usando il nuovo strumento ESPRESSO sul VLT dell’ESO nel deserto cileno di Atacama, gli astronomi hanno identificato per la prima volta le variazioni chimiche su un pianeta gigante gassoso ultra-caldo. Hanno rilevato una forte evidenza di vapore di ferro al confine serale che separa il lato-giorno del pianeta dal lato-notte. «Sorprendentemente, tuttavia, non vediamo il vapore di ferro al mattino», afferma Ehrenreich. La ragione, dice, è che «sta piovendo ferro sul lato notturno di questo esopianeta estremo».

    «Le osservazioni mostrano che il vapore di ferro è abbondante nell’atmosfera del lato caldo del WASP-76b», aggiunge María Rosa Zapatero Osorio, astrofisica del Center for Astrobiology di Madrid, in Spagna, e presidente del team scientifico ESPRESSO. «Una frazione di questo ferro viene iniettata nel lato notte a causa della rotazione del pianeta e dei venti atmosferici. Lì, il ferro incontra ambienti molto più freddi, condensa e piove».

    Questo risultato è stato ottenuto dalle prime osservazioni scientifiche fatte con ESPRESSO, nel settembre 2018, dal consorzio scientifico che ha costruito lo strumento: un’equipe proveniente da Portogallo, Italia, Svizzera, Spagna ed ESO.

    ESPRESSO – lo spettrografo Echelle per esopianeti rocciosi e osservazioni spettroscopiche stabili (Echelle SPectrograph for Rocky Exoplanets and Stable Spectroscopic Observations) – è stato originariamente progettato per cercare pianeti simili alla Terra intorno a stelle simili al Sole. Tuttavia, ha dimostrato di essere molto più versatile. «Ben presto ci siamo resi conto che il notevole potere di raccolta del VLT e l’estrema stabilità di ESPRESSO ne hanno fatto una macchina privilegiata per lo studio delle atmosfere di esopianeti», afferma Pedro Figueira, scienziato responsabile dello strumento ESPRESSO all’ESO in Cile.

    «Quello che abbiamo ora è un modo completamente nuovo di tracciare il clima degli esopianeti più estremi», conclude Ehrenreich.

    Note

    • Una versione precedente di questo comunicato stampa aveva erroneamente indicato la distanza di WASP-76b in 390 anni luce, basata su uno studio del 2016. Dati più recenti indicato che l’esopianeta si trova invece a 640 anni luce da noi.

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    Accademia delle Stelle

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    2020-03 Coelum AdS

    9 marzo: inizia il corso di Astronomia a Vicovaro (RM) “Stelle e Lettere”

    Corsi di Astronomia a Roma
    Il 2020 si apre con due corsi della nostra Scuola di Astronomia, uno il lunedì, l’altro il giovedì, che dureranno fin dopo la metà di marzo presso la nostra sede all’EUR, di fronte alla metro Laurentina ai quali è possibile iscriversi anche dopo l’inizio a prezzo ridotto.

    Corso Base di Astronomia Generale
    Un meraviglioso viaggio alla scoperta dell’Universo e di tutti gli oggetti incredibili che lo popolano. Pulsar, quasar, buchi neri… Un corso completo delle fasi lunari al Big Bang

    Corso completo di Astrofotografia
    Lezioni teoriche e pratiche per imparare e sperimentare tutte le competenze che servono per fare spettacolari fotografie del cielo con qualsiasi strumento, dalla semplice reflex al telescopio ed elaborarle.

    Info:
    https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
    https://www.accademiadellestelle.org

    Festival delle Scoperte

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    Immagine Festival delle Scoperte_Social

    Immagine Festival delle Scoperte_SocialTre giorni di conferenze, dibattiti, workshop, laboratori e spettacoli dedicati al piacere delle scoperte nei più vari campi del sapere. Tema scelto per questa edizione Il Tempo, inteso come dimensione in cui si colloca ogni evento che accade. Ad affrontarlo, tra scienze e letteratura, filosofia e religione, arte, teatro e musica, ci saranno oltre 100 ospiti, per 120 appuntamenti dislocati in 20 luoghi diversi.
    Informazioni Il programma

    https://www.festivalscoperte.it

    Astrochannel: seminari e coffee-talk

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    INAFUna TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
    Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

    OA Napoli, 18/03/2020 @ 11:15

    Arturo Colantonio (Università di Camerino), “Metodologie di ricerca per la progettazione e validazione di attività didattiche in astronomia

    OA Brera, 24/03/2020 @ 14:00

    Clementina Sasso (INAF Napoli), “La missione spaziale Solar Orbiter e la partecipazione italiana

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