I modelli didattici del Sistema Solare 

Che i pianeti siano grandi lo sappiamo tutti; che siano lontani, anche di più. Ma per la maggior parte di noi, se dovessimo dire di aver compreso, realmente, effettivamente, le dimensioni enormi dei corpi celesti, e le distanze incommensurabili che li separano, probabilmente sarebbe una bugia.

Sistema Solare Casalingo di Pierdomenico Memeo

Non dobbiamo prendercela a male: non è colpa nostra: queste grandezze e queste distanze sono così smisurate, sono così lontane dalla nostra esperienza comune, che è impossibile afferrarle se non in maniera puramente astratta. Se vogliamo, questo già di suo è un fatto straordinario: la matematica ci permette di padroneggiare numeri completamente al di fuori della nostra esperienza, e usarli per descrivere la realtà intorno a noi. Tuttavia, specialmente nelle età dello sviluppo, avere un aggancio con l’esperienza quotidiana è un importante fattore di supporto per ancorare alcuni concetti troppo astratti, e interiorizzare alcune rappresentazioni della realtà che altrimenti rischiano di essere assorbite solo superficialmente.

Per il Sistema Solare, questo aiuto può venire in due modi: per la grandezza relativa dei pianeti, e per le distanze tra le orbite degli stessi.

Le grandezze relative dei pianeti sono spesso rappresentate in maniera corretta sui libri di testo (anche se non sempre): ma si tratta comunque in ogni caso di immagini bidimensionali. Per fissare nella mente le grandezze relative degli oggetti, è invece molto più efficace utilizzare oggetti reali. In questo modo, oltre alla vista, possiamo stimolare tutta un’altra serie di canali (percezione spaziale tridimensionale, componente tattile, sensazione del peso) che contribuiranno a rendere più “reale” l’esperienza, e quindi molto più profonda l’impressione lasciata dall’idea. Questo si può fare, in prima approssimazione, in maniera molto facile: esistono certamente sussidi didattici ricchi di dettagli che possono essere acquistati, ma è possibile farlo anche semplicemente con oggetti quotidiani. In particolare per le classi delle Scuole Primarie, può essere una attività partecipata e divertente, da realizzare con pochissima difficoltà, raccogliendo oggetti che si possono trovare in casa come biglie, palline, e palloni di dimensioni appropriate; oppure utilizzando bacche e frutti, anche questi con le giuste grandezze relative. La rete è ricca di suggerimenti e idee in questo senso. Oppure, per le classi più avanzate delle Scuole Secondarie di Secondo Grado, può diventare un progetto di più lungo respiro in cui i vari pianeti vengono realizzati in scala corretta con sfere di materiale vario (polistirene, cartapesta, ecc) e dipinte con i colori corretti (magari pianificandolo come progetto interdisciplinare), sfruttando inoltre l’occasione per integrare informazioni sulla composizione delle atmosfere dei pianeti e le loro caratteristiche chimiche.

Giove in Strada. Crediti Alessio Zanol

Per le distanze tra le orbite dei pianeti, specialmente in ambito didattico, le cose si fanno più complicate. Per mantenere le corrette dimensioni relative dei pianeti, infatti, sono necessarie distanze molto ampie, difficilmente replicabili in un plesso scolastico. Ad esempio, se vogliamo rappresentare la grandezza di Mercurio, il più piccolo tra i pianeti, con una sferetta dal diametro di 1 millimetro (considerando questa la dimensione minima perché il modello fisico del pianeta sia un oggetto da toccare con le mani), allora l’orbita di Nettuno, il più lontano dei pianeti, sarà correttamente posizionata a circa 922 metri dal Sole (914 metri per il perielio, 930 metri per l’afelio, più precisamente). Il Sole, per confronto, sarebbe una sfera di 28,5 centimetri di diametro. Ci sono quindi diverse soluzioni che è possibile considerare.

Giove e Classe: Alessio Zanol

La prima, e certamente la più semplice, è quella dell’auto-costruzione: in rete si trovano diverse risorse didattiche (anche in italiano, comprese quelle di EduINAF, il magazine di didattica e divulgazione dell’Istituto Nazionale di Astrofisica). Alla semplicità dei materiali e alla possibilità di realizzarlo in loco si contrappone però la grandezza del modello, quasi un chilometro in totale: una distanza che molti istituti avrebbero difficoltà a rappresentare all’interno delle proprie pertinenze. La seconda, all’estremo opposto, è quello di organizzare una visita esterna ad un modello già costruito. Ne esistono diversi in Italia, in genere realizzati da osservatori astronomici o associazioni di astrofili, che solitamente si occupano anche di accompagnare scolaresche in visita lungo il percorso (in rete è facile trovare contatti e informazioni). Il vantaggio è ovviamente la buona realizzazione tecnica, ma d’altro canto le distanze da percorrere per raggiungere la struttura possono essere problematiche dal punto di vista logistico. Una terza soluzione, intermedia possiamo dire, è quella di appoggiarsi alla collaborazione di esperti esterni, che possano realizzare un percorso in un luogo vicino alla Scuola (ma non necessariamente all’interno di essa), accompagnando le classi in una “passeggiata spaziale”, specialmente se questa è legata ai luoghi riconoscibili del territorio (paese, quartiere) in cui la Scuola è situata: un modo per legare indissolubilmente una esperienza quotidiana come passeggiare nel vicinato con l’idea delle grandi distanze dello spazio interplanetario (anche in questo caso, in rete è possibile trovare contatti e informazioni).

Infine, per concludere: per quanto validi, tutti i modelli didattici del sistema solare realizzati nelle modalità descritte presentano delle criticità. La prima e più problematica, è che per motivi di opportunità pratica questi percorsi rappresentano quasi sempre i pianeti perfettamente allineati fra loro, un evento che statisticamente non avverrà mai nella vita del nostro Sistema Solare. Questo è spesso fonte di confusione. Un altro è che nel posizionare i pianeti, ci si dimentica spesso che le orbite sono traiettorie su un piano, e quindi il modello di Sistema Solare dovrebbe estendersi in modo circolare intorno al Sole, occupando quindi una superficie estremamente più ampia rispetto alla “striscia” che spesso viene rappresentata. Tuttavia, pur consapevoli dei difetti, queste attività sono comunque utili per dissipare alcune concettualizzazioni errate della realtà del nostro Sistema Solare.

L’articolo è pubblicato in Coelum 259