04.04, ore 16:00: Speciale La settimana di Urania (ingresso gratuito
per le donne): Sotto le stelle del Planetario”.
Prenotazione sempre consigliata.
Per info: tel. 0544.62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it
Verso l’inizio della notte astronomica di metà aprile (poco prima delle 22:00), Orione e Toro, le prime costellazioni del cielo invernale a scivolare verso la congiunzione eliaca, staranno ormai declinando sull’orizzonte ovest. Solo l’Auriga e i Gemelli, più alte in declinazione, terranno ancora testa alle incalzanti costellazioni primaverili.
Tra queste, alle 23:00 il Leone sarà già in meridiano, seguito più a est dalla Vergine e da Boote. Sull’orizzonte di est-nordest, comincerà ad alzarsi la grande figura dell’Ercole, seguita a notte fonda dalla Lira e dal Cigno. Lo zenit sarà invece dominato dalla grande figura dell’Orsa Maggiore.
Il Sole si muoverà nella costellazione dei Pesci fino al 19 aprile, data in cui entrerà in Ariete. Complessivamente, nel corso del mese guadagnerà 10 gradi in declinazione, passando dai +53° ai +63° come massima altezza raggiunta sull’orizzonte al momento del transito al meridiano.
Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute. Autori: Heike Rosenberg eTilmann Denk della Freie Universität a Berlino
Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute. Autori: Heike Rosenberg eTilmann Denk della Freie Universität a Berlino
La sonda della NASA Cassiniè tornata ad orbitare attorno al piano equatoriale di Saturno questo mese e dopo due anni può di nuovo osservare e studiare le lune del sesto pianeta del Sistema solare (prima, infatti, la sonda volava in prossimità dei poli di Saturno con un’orbita molto inclinata, denominata Rev 213 al centro di controllo della missione). Per festeggiare questo grande ritorno, lo scorso 9 febbraio Cassini ha effettuato un flyby (che in gergo tecnico significa volo ravvicinato) con una delle lune ghiacciate di Saturno, Rea, anche se in questi mesi la sonda ha comunque effettuato flyby attorno a Titano (anche per avvicinarsi man mano al piano equatoriale). Le immagini che vedete qui sopra sono state scattate in due momenti diversi (con un intervallo di circa un’ora e mezza) da 80.000 a 50.000 chilometri di distanza dalla luna.
Per dimensioni, Rea è il secondo satellite naturale di Saturno e il nono del Sistema solare. Questa luna fu scoperta il 23 dicembre 1672 dall’astronomo italiano Giovanni Domenico Cassini (a cui appunto è stata dedicata la missione della NASA), ma in passato è sempre stata chiamata Saturno V (mentre Titano era Saturno 1).
Le immagini sono state scattate usando la narrow-angle camera (NAC) e migliorate con i dati provenienti dalla wide-angle camera. Sono stati usati diversi filtri spettrali (infrarosso, ultravioletto, verde e trasparente) e i dati sono stati poi uniti per creare questo mosaico unico nel suo genere, soprattutto perché a colori. Quella che vedete, infatti, è una gamma estesa di colori visibili all’occhio umano per evidenziare le differenze sottili di colore in tutta la superficie della luna ghiacciata. La superficie della luna è abbastanza uniforme se vista nel suo colore naturale. (Per la foto in bianco e nero CLICCA QUI).
Entrambe le immagini sono ricostruite con il metodo delle proiezioni ortografiche: esse ci restituiscono una visione di Rea proprio come se noi la stessimo osservando dalla Terra con l’ausilio di un potentissimo telescopio. L’immagine più piccola sulla sinistra è centrata a 21 gradi di latitudine nord, 229 gradi di longitudine ovest e la risoluzione è di 450 metri per pixel. L’immagine sulla destra è una di quelle a più alta risoluzione (300 metri per pixel) della luna Rea ed è centrata a 9 gradi di latitudine nord, 254 gradi di longitudine ovest.
Ecco come si presenta Giuseppe: «Sono appassionato di astronomia sin da piccolo e ho spesso inviato foto alla vostra rivista. La mia passione principale sono e continuano a essere le comete, ma mi piace spesso spaziare in altri campi. Ho visto che su Coelum, da tempo, si parla di questo “Club dei 100 asteroidi” e la cosa mi ha incuriosito a tal punto che ho pensato di prendere parte anche io all’iniziativa. Il mio obiettivo è riprendere gli asteroidi con una semplice reflex digitale. In passato ho seguito al telescopio quelli più luminosi ma questa volta voglio provare qualcosa di diverso. Nel mio sito http://giuseppepappa.altervista.org sto creando la pagina dedicata alle mie osservazioni».
Un caloroso benvenuto a Giuseppe che, come si apprende leggendo il suo primo report, ha iniziato col vento in poppa. «Per quanto riguarda il mio esordio posso ritenermi soddisfatto nonostante le copiose piogge che hanno colpito la Sicilia. Lafotocamera con cui riprendo mi sta dando buone soddisfazioni e nelle poche serate a disposizione, nonostante il disturbo lunare, sono riuscito a riprenderne in tutto 13, anche di poco luminosi».
E se Giuseppe è partito a favore di vento, gli altri partecipanti devono invece aver incontrato bonaccia sul loro campo di regata. A parte infatti Luca Maccarini, che prosegue costante e sicuro, nessuno ha guadagnato terreno. Sentiamo dunque il report di Luca:
«Luci e ombre per quanto riguarda le condizioni meteo di febbraio. Alla fine, complice anche un piccolo intervento chirurgico, porto a casa due soli “sassetti volanti”, (56) Melete mag. +12,7 e (44) Nysa mag. +9,9 che portano il mio bottino personale a 69. Inutile dire che confido nell’arrivo della primavera e nel bel tempo».
La situazione aggiornata è quindi la seguente: Ugo Tagliaferri (Socio effettivo del Club); Andrea Tomacelli-Valeria Starace 98; Paolo Palma 97; Luca Maccarini 69; Edoardo Carboni 47; Adriano Valvasori 28; Giuseppe Ruggiero 28; Giuseppe Pappa 13; Bruno Picasso 4.
Per informarvi sugli oggetti osservati da Pappa e da tutti gli altri vi rimandiamo alla consultazione della apposita tabella inserita nella pagina web del sito della rivista dedicata all’iniziativa, dove troverete anche tutti i dettagli per partecipare e le schede dei partecipanti.
Un'interpretazione artistica di Plutone e Caronte. Crediti: International Astronomical Union.
Un'interpretazione artistica di Plutone e Caronte. Crediti: International Astronomical Union.
La sonda NASA New Horizons si trova ormai a un tiro di schioppo da Plutone e l’incontro con il pianeta nano è fissato in calendario per il prossimo 14 luglio, quando la navicella statunitense sorvolerà l’affascinante e inesplorato pianeta ai confini del Sistema solare.
New Horizons ha iniziato il suo lungo viaggio verso Plutone nove anni fa e oggi è nella prima delle fasi di approccio al pianeta, in preparazione del fly-by, ad oltre 7,5 miliardi di chilometri dalla Terra. Ed è tempo di iniziare a pensare alla nomenclatura di tutto quanto la sonda NASA andrà a scoprire da quelle parti.
Scatta il totonomi su iniziativa dell’International Astronomical Union, il SETI Institute e l’Agenzia spaziale statunitense. La campagna per la nomenclatura è aperta a tutti: sarà il pubblico a decidere della costruenda cartografia plutoniana.
Sul sito web http://ourpluto.seti.org è già possibile esercitare il proprio diritto voto, sulla base di un elenco proposto e a cui, tuttavia, è possibile fare aggiunte ad hoc, nel rispetto dei criteri di nomenclatura internazionali che contemplano mitologia, letteratura e storia dell’esplorazione spaziale.
E allora coraggio, enciclopedia alla mano! C’è da rispolverare tutta la mitologia del mondo sommerso fatta di dei, dee, eroi ed esploratori. Ci sono i nomi dei letterati associati a Plutone e alla fascia di Kuiper. E valgono anche nomi di scienziati e ingegneri.
Per Caronte e le lune di Plutone l’anagrafe dei nomi si allarga a destinazioni e mete spaziali più e meno immaginarie dei romanzi di fantascienza, i racconti di esplorazione della mitologia, divinità notturne. A Kerberos, com’è naturale, è associato tutto il mondo canino: valgono tutti i migliori amici dell’uomo reperibili in letteratura, mitologia e storia. Per Hydra avanti con serpenti e draghi leggendari.
Infine c’è il capitolo missioni spaziali: qui la scelta ricade su autori, artisti, registi ed esploratori di terra, aria e mare. La campagna si chiude il 7 aprile 2015. L’International Astronomical Union ha l’ultima parola sulla classifica generale.
La sonda NASA si è svegliata da un lungo letargo lo scorso dicembre e presto avvicinerà le orbite dei cinque satelliti che si inseguono attorno al pianeta nano. Il 25 gennaio New Horizons ha iniziato a raccogliere immagini grazie al Long-Range Reconnaissance Imager (LORRI), che rientra nel suo pacchetto di strumenti. Raccogliere fin da subito importanti informazioni sulla dinamica dei satelliti di Plutone è fondamentale, anche per ciò che concerne la stessa navigazione del veicolo spaziale in questi ultimi milioni di chilometri che mancano alla meta. Manca poco. Ci siamo quasi.
20.03: Sun Party – eclisse parziale di Sole La mattina del 20 marzo un’ampia porzione del disco solare sarà occultato dalla Luna (eclissi totale all’estremo Nord: isole Faroe e Svalbard).Un evento spettacolare non molto frequente che ogni appassionato non potrà fare a meno di osservare!
Il rover Curiosity guarda verso il cratere Gale e il Monte Sharp. Foto scattata nel sol 548. Credit: NASA/JPL-Caltech/Ken Kremer- kenkremer.com/Marco Di Lorenzo
Il rover Curiosity guarda verso il cratere Gale e il Monte Sharp. Foto scattata nel sol 548. Credit: NASA/JPL-Caltech/Ken Kremer- kenkremer.com/Marco Di Lorenzo
DALLE ROCCE RACCOLTE DA CURIOSITY
Per fare una buona torta è indispensabile avere la ricetta con gli ingredienti ben dosati e un forno alla temperatura giusta. Qualcosa di simile – ma alla rovescia – accade su Marte, quando SAM entra in azione. Lui non è un cuoco, ma lo strumento a bordo del rover Curiosity che dal 2012 sta esplorando la superficie di Marte. SAM (Sample Analysis at Mars) ospita un complesso sistema automatizzato e miniaturizzato che riesce ad analizzare con estrema precisione di cosa è composto il materiale che proviene dal terreno e dalle rocce del Pianeta rosso, raccolto dal braccio robotico o dal trapano di Curiosity. Questo microlaboratorio di analisi usa il piccolo ma potente forno di cui è dotato, non per produrre pietanze da proporre a fantomatici clienti marziani ma per ricavare gli elementi e i composti di cui sono fatti i campioni che ingurgita. In pratica, ‘cuocendoli’ a temperature fino a 1.000 gradi celsius riesce a risalire, con una precisione da far impallidire quella delle bilance digitali nelle nostre case, alla loro ricetta: ingredienti (ovvero i composti chimici) e relative proporzioni . Dopo numerosi cicli di lavoro, quando SAM ha inviato gli ultimi dati della sua attività qui sulla Terra, ha fatto saltare sulla sedia i ricercatori del Goddard Space Flight Center della NASA. Monossido di azoto (ovvero una molecola che vede legati insieme un atomo di azoto e uno di ossigeno) è stato infatti rinvenuto in tre campioni: uno proveniente da polvere e sabbie del sito Rocknest e due da trapanazioni dai siti John Klein e Cumberland, entrambi nella Yellowknife Bay.
L’interesse per questa scoperta è legato al fatto che la molecola di monossido di azoto (NO) potrebbe derivare dalla decomposizione indotta da riscaldamento di un gruppo chimico più complesso, ovvero il nitrato (formato da un atomo di azoto e tre di ossigeno, NO3). E i nitrati sono composti che contengono azoto in una forma che può essere utilizzata dagli organismi viventi. L’azoto è essenziale per tutte le forme di vita conosciute, in quanto è presente in strutture molecolari più complesse come il DNA e l’RNA, che codificano le istruzioni genetiche per la vita, o nelle proteine. Tuttavia, la sola presenza di azoto non garantisce che composti e processi biologici poi si sviluppino concretamente. Sappiamo già che nella pur tenue atmosfera di Marte l’azoto è presente in forma gassosa (due atomi legati tra loro, N2) che è piuttosto inerte e interagisce poco con le altre molecole. Per diventare più ‘utili’, gli atomi di azoto devono essere separati e quindi fissati in gruppi chimici più reattivi, proprio come i nitrati, che giocano un ruolo decisivo nelle reazioni chimiche di tipo biologico. Questa trasformazione, sulla Terra, viene realizzata da alcuni organismi che sono in grado di fissare l’azoto atmosferico, un processo fondamentale per l’attività metabolica degli esseri viventi. Ma non solo: piccole quantità di azoto sono fissate, ad esempio, anche da eventi energetici come i fulmini.
L’equazione “monossido di azoto = vita su Marte” acquista dunque forza, ma gli esperti sottolineano che non abbiamo ancora le prove definitive che le molecole trovate da SAM siano state prodotte da fenomeni biologici, specie in tempi recenti: la superficie di Marte è oggi del tutto inospitale per le forme di vita conosciute. Il team di scienziati che ha analizzato questi risultati ritiene invece che la presenza di nitrati sul Pianeta rosso abbia un’origine antica, probabilmente dovuta a processi di natura non biologica, come gli impatti di meteoriti e fulmini avvenuti in un lontano passato di Marte. Per togliere ogni dubbio sui risultati, gli scienziati hanno considerato anche una ulteriore spiegazione della presenza di composti azotati nei risultati delle analisi di SAM, decisamente meno affascinante. Che cioè queste molecole potessero il prodotto di effetti secondari dovuti al fortissimo riscaldamento di alcuni materiali presenti nel piccolo forno di SAM. Ipotesi però verificata e scartata dai ricercatori NASA, secondo i quali la quantità di monossido di azoto presente nei campioni analizzati sarebbe, anche nel peggiore dei casi possibili, più del doppio di quello ‘fasullo’ generato direttamente da SAM. I nitrati dunque sembrano esserci davvero su Marte. La loro origine, soprattutto biologica, è però ancora tutta da confermare.
Per saperne di più:
l’articoloEvidence for indigenous nitrogen in sedimentary and aeolian deposits from the Curiosity rover investigations at Gale crater, Mars di Jennifer C. Stern et al., pubblicato on line sul sito della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences
In marzo la Stazione Spaziale Internazionale tornerà ad attraversare i nostri cieli in orari purtroppo piuttosto scomodi, ovvero prima dell’alba. Per questo motivo riportiamo solo i transiti più evidenti, luminosi e visibili dalla maggior parte della nazione in modo da valorizzare ogni sveglia. Il 12 marzo quando – dalle 05:44 alle 05:53, osservando da SO a NE – la ISS sarà ben visibile da ogni zona del paese – che taglierà quasi in due longitudinalmente – con un piccolo vantaggio per il Nord Italia da dove sarà possibile vederla transitare vicino alla coppia Luna-Saturno: una ottima occasione per una originale ripresa fotografica!
Per effemeridi di Luna, Sole, pianeti, comete e asteroidi consultare il Cielo di marzo
27.03: “LCH. Come risponderealle domande di Gaugin” di JOHN ELLIS.
organizzazione e info: Organizzati da: Dip. di Fisica e Scienze della Terra Università di Ferrara, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Gruppo Astrofili Ferraresi “Columbia“ e Coop. Sociale Camelot.
27.03: “Tutti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale ISS”. Al telescopio: la Luna al primo quarto, l’ammasso stellare M44 nella costellazione del Cancro, i pianeti Giove e Venere.
Per info: cell. 346 8699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it
27.03: ore 15:30: Osservazione del Sole (meteo permettendo) presso la RSA, Casa della Madonna della Fiducia di Calambrone, Via Porcari, 6 (PI). Attività al CAMS (Centro Astronomico del Monte Serra), presso Agriturismo Serra di Sotto, Strada Prov. Monte Serra a Buti (PI). Per prenotare la cena presso l’agriturismo: Simone 338.9976330 oppure Giulio 392.0297877. Inizio ore 21:30.
In questa animazione il campo di cielo dove è apparsa la nova, prima e dopo la scoperta (cliccare sopra se non visualizza). Crediti: Ernesto Guido e Nick Howes, remanzacco.blogspot.com
In questa animazione il campo di cielo dove è apparsa la nova, prima e dopo la scoperta (cliccare sopra se non visualizza). Crediti: Ernesto Guido e Nick Howes, remanzacco.blogspot.com
Una nuova stella si è accesa sotta la teiera del Sagittario. Scoperta come possibile nova il 15 marzo scorso dall’astrofilo John Seach di Chatsworth Island in Australia, confermata il giorno dopo grazie a un’osservazione spettroscopica del Liverpool Telescope alle Canarie, il nuovo brillantino indossa ora il titolo ufficiale di Nova Sagittarii 2015 No. 2.
Vale la pena precisare che con nova non dobbiamo intendere la nascita di una nuova stella, come potrebbe pensare un osservatore terrestre che vede accendersi un astro là dove prima non c’era nulla. In realtà si tratta di esplosioni, come per le ben più potenti supernove, dove però a provocare la deflagrazione è l’accumulo di idrogeno sulla superficie di una piccola e massiccia stella nana bianca. L’idrogeno viene “sifonato” da una stella compagna che orbita strettamente assieme alla nana bianca, quindi compresso e riscaldato dalla gravità della stella fino a innescare le reazioni termonucleari che, per un breve periodo, fanno uscire dall’anonimato la nana bianca e la trasformano in nova, aumentando la sua luminosità da 50.000 a 100.000 volte.
Localizzazione della nova nella “teiera” del Sagittario (R.A. 18h36m57s Decl. 28°55’42”). Crediti: Stellarium / Universe Today
L’aspetto interessante è che questa nova possiede una luminosità abbastanza intensa, ancora in crescita, avviandosi a diventare una delle nove più luminose degli ultimi anni, visibile dalle medie latitudini settentrionali anche con un semplice binocolo, se non addirittura a occhio nudo nelle giuste condizioni di oscurità. Occorre però alzarsi un paio d’ore prima dell’alba e scegliere una locazione con vista libera verso sud-est, dove sorge la costellazione del Sagittario, che resta poi bassa sull’orizzonte. La Nova Sagittarii 2015 No. 2 è rintracciabile all’interno della formazione stellare chiamata teiera, come riportato nell’illustrazione a fianco, fornita da Universe Today.
Il guscio di materiale proiettato dall’esplosione di Nova Sagittarii è stato osservato espandersi, subito dopo la scoperta, a una velocità attorno ai 2.800 km/secondo (circa 10 milioni di km all’ora), rallentando poi in breve tempo più o meno della metà. Al momento, la nova è ancora nella fase “palla di fuoco”, con la stella nana bianca nascosto da un involucro d’idrogeno ardente. Il colore giallo pallido osservabile attraverso un telescopio è il risultato d’una miscela di colori: il blu dell’esplosione stessa e il rosso della nube ardente in espansione. Mano a mano che il materiale eruttato si raffredda, a causa di una serie di fenomeni fisici, la nova tenderà ad assumere una colorazione rossastra, con un effetto simile a quello della polvere atmosferica che ci fa percepire il Sole come arrossato.
Ripresa della Nova Sagittarii, in cui si può apprezzare la tonalità calda espressa dall’emissione alfa dell’idrogeno. Crediti: Ernesto Guido e Nick Howes / remanzacco.blogspot.com
La lista degli eventi celesti più importanti o spettacolari del mese si chiude la sera del 22 marzo verso le 19:30 con una congiunzione tra Luna, Venere e Marte sull’orizzonte ovest. A quell’ora, una sottilissima falce lunare crescente apparirà 3,9° a sudest di Venere, con Marte più defilato una decina di gradi più in basso.
22.03: ore 17:30: ritrovo presso la sede di via Cantù per poi trasferirsi all’Alpe del Viceré (Località Salute). Impareremo la geografia astronomica con astrolabio, app & il puntatore laser. Al termine pizzata in compagnia in un locale della zona. In caso di maltempo, proiezione in sede con il planetario portatile. L’incontro è aperto a tutti.
Per info: Tel: 347 6301088
email: info@astrofililariani.org
Pagina FB: http://it-it.facebook.com/gal.gruppoastrofililariani
Twitter: @astrofilicomo
www.astrofililariani.org
20.03: “Orologi cosmici per sondare lo Spazio Tempo” di MARTA BURGAY.
Per informazioni: Tel. 0532/97.42.11
E-mail: venerdiuniverso@fe.infn.it
www.fe.infn.it
www.unife.it/dipartimento/fisica
21.03: “A cena con le stelle”. Osservazione e fotografia del profondo cielo con i telescopi. In caso di maltempo: conferenza sui recenti avvenimenti in ambito delle missioni dell’Esa nello spazio.
21.03: “I grandi Osservatori astronomici” di Mario Furlan.
Al termine di ogni conferenza: breve introduzione alle costellazioni e al cielo del mese con l’ausilio di un piccolo planetario. Ingresso libero con consumazione obbligatoria. Info: aperitivoconlestelle@ libero.it (Laura Pulvirenti, coordinatrice evento). Per gli astrofili che volessero pernottare sono disponibili tariffe scontate, scrivere a:
nhtrieste@ nh-hotels.com
Per informazioni sul CCAT: cell. 329.2787572
ccat@libero.it
www.astrofilitrieste.it
Tutto ciò proprio in contemporanea con il lancio del software per ‘cacciatori di asteroidi’ migliorato che la NASA ha sviluppato grazie a un nuovo algoritmo che aumenterà potenzialmente del 15% le possibilità degli astronomi amatoriali di individuare asteroidi con una semplice applicazione, utilizzabile su un qualsiasi computer. Lo scorso fine settimana nel corso del South by Southwest Festival di Austin, Texas, i delegati NASA hanno discusso dell’argomento e presentato il nuovo algoritmo, sottolineando la grande utilità del lavoro svolto da comuni cittadini-scienziati e di quanto sia stato rilevante il loro ruolo nel programma Asteroid Data Hunter, inserito nell’ambito dell’Asteroid Grand Challenge.
«Questo aumento della potenzialità del sistema aiuterà a valutare in modo più rapido se gli asteroidi osservati siano potenziali minacce, se siano abitabili o se siano ricchi in risorse» , ha detto Chris Lewicki , presidente e ingegnere capo della Planetary Resource Inc., azienda che intende espandere le risorse naturali basilari della Terra sviluppando e dispiegando tecnologie per l’estrazione mineraria da asteroidi.
Gli astronomi individuano gli asteroidi prendendo immagini dello stesso ‘pezzo’ di cielo e cercando oggetti simili a stelle che si muovano tra i fotogrammi, un approccio che è stato usato da prima che venisse scoperto Plutone 1930. Con una pluralità di telescopi a scansionare il cielo, l’enorme volume di dati disponibile rende impossibile per gli astronomi verificare ogni rilevamento. Questo nuovo algoritmo consentirà agli astronomi di usare il computer per controllare autonomamente e rapidamente le immagini e determinare quali oggetti sono adatti per il follow-up.
L’applicazione sviluppata è gratuita e può essere utilizzata su qualsiasi computer fisso o portatile. Gli astrofili potranno esportare le immagini da loro telescopi e analizzarle con l’applicazione che segnalerà all’utente se esiste un record di asteroidi corrispondente e offrendo un modo per comunicare le eventuali nuove scoperte al Minor Planet Center, che provvederà a certificarle ed archiviarle. Attraverso le iniziative dell’Asteroid Grand Challenge la NASA cerca di migliorare la sua attività in corso per l’identificazione e la caratterizzazione di oggetti vicini alla Terra utile per ulteriori indagini scientifiche e per rilevare eventuali situazioni di pericolo da impatto.
Insomma il bolide svizzero, in barba alla NASA e agli astrofili americani, sembrerebbe essersi andato a schiantare a poca distanza dall’LHC.
Negli USA potranno consolarsi usando l’episodio come canovaccio per un nuovo catastrofista film di fantascienza.
Una straordinaria sequenza riprende la fireball del 15 marzo ripresa da Bamberga (Germania) da Hans Hopf, la scia ha avuto una persistenza di ben 20 minuti. Crediti: Hans Hopf 2015 @
Mentre la NASA lanciava una nuova applicazione sviluppata per facilitare la partecipazione ai programmi di osservazione dei cacciatori di asteroidi amatoriali, il cielo della Svizzera, dell’Austria e del nord Italia veniva illuminato da quello che potrebbe proprio essere un asteroide, o meglio la scia dei suoi frammenti in fiamme a contatto con l’atmosfera terrestre.
L’evento per fortuna non ha avuto conseguenze per le persone come avvenne a Chelyabinsk, in Siberia, nel febbraio del 2013, quando i frammenti di un meteorite (o quelli residui dello scontro tra due meteoriti) provocarono una grande onda d’urto e caddero provocando oltre 1000 feriti e, soprattutto, ricordarono a tutti noi che il nostro pianeta è esposto al rischio d’impatto con asteroidi e comete.
Il protagonista dell’avvistamento che il 15 marzo sera verso le 20.45 è stato possibile osservare nei cieli del sud della Germania, del Tirolo in Austria e in quasi tutta la Svizzera, si sarebbe poi schiantato a pochi chilometri da Zurigo dopo aver illuminato a giorno la volta celeste per 5-6 secondi prima di toccare terra. Potrebbe essersi trattato di un meteorite, che nonostante gli sforzi congiunti della NASA e dei tanti astrofili che danno man forte al suo programma ha ‘eluso’ la sorveglianza, ma non è escluso che si possa trattare di un frammento di satellite artificiale.
Più appropriato, finché non sarà chiarita la natura dell’oggetto, parlare di bolide, termine con il quale viene definito un oggetto proveniente dallo spazio che precipitando si infuoca in ragione dell’attrito con l’atmosfera terrestre. Il bolide è stato ripreso in innumerevoli immagini e filmati raccolte grazie alle dash camera delle auto ed ai telefoni cellulari.
20.03: “Orologi cosmici per sondare lo Spazio Tempo” di MARTA BURGAY.
organizzazione e info: Organizzati da: Dip. di Fisica e Scienze della Terra Università di Ferrara, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Gruppo Astrofili Ferraresi “Columbia“ e Coop. Sociale Camelot.
20.03: ore 09:30: Eclissi totale di Sole con Laura Bertollo
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it
20.03: ore 20:30: Venerdì al telescopio: Equinozio e osservazione degli oggetti di Messier con Luigi Marcon e Adriana Parinetto.
Per info sull’Associazione: cell. 333.4653279
astrofilibassano@gmail.com
www.astrofilibassano.it
Per info sulla Specola: tel. 0423.934111
ufficio@centrodonchiavacci.it
www.specolachiavacci.it
20.03: ore 09:00: “Il Sole nero di Cascina”. Osserviamo l’eclissi parziale di sole, presso il parcheggio dell’Istituto Superiore Pesenti di Cascina (PI), in
contemporanea una lezione sui fenomeni dell’eclissi e su come osservare il Sole in sicurezza.
Manifestazione pubblica, ingresso libero.
Dopo più di nove anni nello spazio, in un viaggio che la sta portando alla destinazione primaria più lontana rispetto qualsiasi altra missione, la navicella spaziale New Horizons della NASA è a una Unità Astronomica da Plutone, ovvero è più vicina a Plutone di quanto la Terra lo sia dal Sole (circa 149 milioni di chilometri).
Viaggiando a una velocità di quasi 33 mila miglia all’ora, la New Horizons ha superato questa ultima simbolica tappa il 10 marzo (alle 5:20 EDT circa…).
In pratica… ci siamo quasi!
Infatti la New Horizons, in questi nove anni, ha navigato per quasi 32 Unità Astronomiche (circa 3 miliardi di chilometri) e solo una ormai la separa da Plutone, e la sua luna Caronte, che arriverà a sorvolare il 14 luglio di quest’anno.
“Si tratta di un incredibile progetto, i cui risultati entreranno di diritto nella storia del 21esimo secolo. E a luglio arriveremo ad esplorare Plutone, la riva più lontana raggiungibile dall’umanità, e il suo affascinante sistema di lune”. Queste le parole di Alan Stern, Principal Investigator della missione New Horizons, del Southwest Research Institute a Boulder, Arizona (in un prossimo numero di Coelum Astronomia un’intervista esclusiva proprio a Stern, non perdetelo!).
Altro record battuto dalla New Horizons, sempre lo stesso giorno, è quello di distanza di accensione motori per una correzione di rotta: 4,77 miliardi di chilometri dal Sole al momento della manovra. Il precedente dententore del record era la Voyager 2, che ha acceso i motori per l’ultima volta in prossimità di Nettuno (4,5 miliardi di chilometri dal Sole) nell’agosto 1989.
Finalmente anche in Italia una eclisse di Sole, sia pure parziale! Nel nostro paese mancava infatti da più di quattro anni lo spettacolo del disco solare intaccato dalla Luna. Un evento vieppiù di valore se si pensa che per godere di un’eclisse di analoga magnitudine (questo valga come avvertimento a chi sta pensando di prendere la cosa sottogamba) toccherà aspettare addirittura il 2026… (vedi la tabella a destra).
L’eclisse del 20 marzo prossimo sarà visibile in Europa, Russia e Nord Africa, ma risulterà totale solo nel mare del Nord al largo delle isole Fær Øer (la fascia di totalità passerà a Nord della Scandinavia e della Gran Bretagna, l’oscuramento sarà dell’87% a Greenwich e dell’84% a Copenaghen, mentre più a sud, verso l’Africa, sarà in media del 30%).
In Italia la parzialità (e cioè la porzione areale di disco solare occultata dal disco lunare al momento del Massimo) varierà da un minimo del 50% all’estremo sud a un massimo del 75% circa all’estremo nord.
Il fenomeno raggiungerà il suo massimo intorno alle 10:30 ora italiana (TU+1) con leggere variazioni a seconda del sito da cui si osserva, come si può vedere dalla tabella seguente (clicca l’immagine per ingrandire oppure scaricala in formato pdf).
• QUATTRO Eclissi di Sole in una vita senza spostarsi mai dalla propria sedia, di Aldo Vitagliano pubblicato su Coelum 178(scarica qui la versione in pdf dell’articolo).
Rappresentazione artistica dell’interno di Encelado. Crediti: NASA/JPL
Rappresentazione artistica dell’interno di Encelado. Crediti: NASA/JPL
Non è Saturnia, ma poco ci manca. Leggenda narra che la toponomastica della celebre località termale prenda le mosse da una feroce battaglia mitologica: i fulmini di Giove, mancando Saturno, avrebbero dato origine alle calde acque sulfuree del grossetano. Vero o falso che sia, a quanto si legge sull’ultimo numero di Nature qualche saetta potrebbe, in realtà, non aver mancato il bersaglio. È infatti nel sottosuolo di una delle lune di Saturno, quella palla di ghiaccio da circa 500 km di diametro chiamata Encelado, che per la prima volta sono stati individuati segnali d’attività idrotermale in atto in un corpo del Sistema solare che non sia la Terra. Detto altrimenti: acqua riscaldata da energia geotermica, proprio come avviene nelle sorgenti termali delle nostre dorsali oceaniche, ambiente d’elezione – queste ultime – per microrganismi estremofili.
Ad accorgersene, ancora una volta, la sonda Cassini di ESA e NASA. È stato il suo laboratorio di bordo, il Cosmic Dust Analyser, a produrre il referto che ha lasciato a bocca aperta gli scienziati. Stilato a seguito dell’analisi chimico-fisica dei microscopici grani di polvere raccolti dalla sonda nei pressi degli anelli (grani sparsi nello spazio interplanetario dai magnificenti geyser che sgorgano dalla calotta presente nel polo sud della luna), il referto evidenzia in particolare due caratteristiche. Primo, la loro composizione chimica, dominata dalla presenza del silicio. Secondo, le dimensioni alquanto ridotte dei grani stessi, comprese fra i 2 e gli 8 nanometri. Messe l’una accanto all’altra, queste due caratteristiche fanno supporre che quei grani debbano essere polvere di silice, proprio come quella prodotta dalle sorgenti idrotermali terrestri.
Sono stati necessari quattro anni d’indagini e di simulazioni in laboratorio, ma alla fine gli scienziati del team guidato da Hsiang-Wen Hsu, dell’Università del Colorado (Stati Uniti), si sono convinti: là sotto la superficie di Encelado sono in corso – e il verbo al presente qui è cruciale: sono tutt’ora in corso – processi di tipo idrotermale. Il che conduce a un’ulteriore inferenza, forse la più sorprendente: il cuore della luna ghiacciata deve avere una temperatura piuttosto elevata. Già, perché che ci fosse acqua nel sottosuolo lo si era intuito da tempo, ma per produrre grani di quel genere occorrono condizioni ben precise: è necessario che acqua con pH superiore a 8.5 entri in contatto con rocce ad almeno 90 gradi. Novanta gradi centigradi, si badi bene. Per Encelado, una temperatura alta in modo anomalo, per la quale non c’è ancora una spiegazione certa.
Non è Saturnia, dicevamo, e sarebbe del tutto prematuro mettersi a fantasticare di vacanze benessere con vista sugli anelli. Ma una missione dedicata a esplorare ancora più a fondo la capacità d’Encelado di ospitare la vita riscontrerebbe il favore di molti scienziati. «In questa luna ci sono tutti gli ingredienti necessari – acqua, calore e minerali – per consentire l’abitabilità nel Sistema solare esterno», osserva Nicolas Altobelli, project scientist di Cassini per l’ESA, «e se ne conferma dunque il potenziale astrobiologico. Encelado potrebbe inoltre rappresentare un habitat molto comune nella nostra galassia: lune ghiacciate in orbita attorno a giganti gassosi, situati ben al di là della cosiddetta “zona abitabile” di una stella, ma comunque in grado di mantenere, sotto al suolo ghiacciato, acqua allo stato liquido».
Per saperne di più:
Leggi su Nature l’articolo “Ongoing hydrothermal activities within Enceladus“, di Hsiang-Wen Hsu, Frank Postberg, Yasuhito Sekine, Takazo Shibuya, Sascha Kempf, Mihály Horányi, Antal Juhász, Nicolas Altobelli, Katsuhiko Suzuki, Yuka Masaki, Tatsu Kuwatani, Shogo Tachibana, Sin-iti Sirono, Georg Moragas-Klostermeyer e Ralf Srama
Per fornire le migliori esperienze, utilizziamo tecnologie come i cookie per memorizzare e/o accedere alle informazioni del dispositivo. Il consenso a queste tecnologie ci permetterà di elaborare dati come il comportamento di navigazione o ID unici su questo sito. Non acconsentire o ritirare il consenso può influire negativamente su alcune caratteristiche e funzioni.
Funzionale
Sempre attivo
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono strettamente necessari al fine legittimo di consentire l'uso di un servizio specifico esplicitamente richiesto dall'abbonato o dall'utente, o al solo scopo di effettuare la trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica.
Preferenze
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per lo scopo legittimo di memorizzare le preferenze che non sono richieste dall'abbonato o dall'utente.
Statistiche
L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici.L'archiviazione tecnica o l'accesso che viene utilizzato esclusivamente per scopi statistici anonimi. Senza un mandato di comparizione, una conformità volontaria da parte del vostro Fornitore di Servizi Internet, o ulteriori registrazioni da parte di terzi, le informazioni memorizzate o recuperate per questo scopo da sole non possono di solito essere utilizzate per l'identificazione.
Marketing
L'archiviazione tecnica o l'accesso sono necessari per creare profili di utenti per inviare pubblicità, o per tracciare l'utente su un sito web o su diversi siti web per scopi di marketing simili.