Nel prossimo decennio, una nuova generazione di telescopi terrestri estremamente grandi — i cosiddetti ELTs, Extremely Large Telescopes — sarà in grado di indagare per la prima volta la presenza di atmosfere abitabili e segnali di vita su pianeti extrasolari rocciosi che non transitano davanti alla loro stella. Questa rivoluzione si avvicina grazie all’uso di strumentazione ad altissimo contrasto e risoluzione spettrale, combinando tecniche avanzate di imaging coronografico e spettroscopia ad alta dispersione.
Uno studio pubblicato su The Planetary Science Journal da un team internazionale di ricercatori guidato da Meadows et al. mostra come questi strumenti possano rilevare firme molecolari indicative della presenza di vita, anche in mondi potenzialmente privi di transiti visibili. Tra i pianeti più promettenti analizzati spicca Proxima Centauri b, situato a soli 1,3 parsec dalla Terra.
Alla ricerca della vita con la luce riflessa
Finora, la maggior parte delle informazioni sulle atmosfere dei pianeti extrasolari è arrivata da osservazioni di transiti, come quelli del sistema TRAPPIST-1, studiato anche dal telescopio spaziale James Webb (JWST). Tuttavia, molti pianeti potenzialmente abitabili non transitano davanti alla loro stella dal nostro punto di vista: è il caso di Proxima b, GJ 1061 d e Teegarden’s Star c, tutti entro i 5 parsec dalla Terra.
Per superare questo limite, gli ELTs utilizzeranno un approccio detto High-Dispersion Coronagraphy (HDC), che unisce un coronografo per oscurare la luce stellare e uno spettrografo ad altissima risoluzione. Progetti come RISTRETTO sull’ESO Very Large Telescope e strumenti futuri come ANDES sul European Extremely Large Telescope (E-ELT), il TMT (Thirty Meter Telescope) e il Giant Magellan Telescope (GMT) saranno fondamentali.
Atmosfere simulabili, firme chimiche rilevabili
Usando una pipeline aggiornata chiamata SPECTR, gli autori hanno simulato osservazioni di vari tipi di atmosfere su pianeti rocciosi e sub-nettuniani orbitanti stelle di tipo M (piccole e fredde), come nel caso di Proxima b. Hanno analizzato atmosfere modellate sulla Terra moderna, l’Archeano (circa 3,5 miliardi di anni fa), scenari abiologici con possibili “falsi positivi” e mondi sub-nettuniani con spesse atmosfere di idrogeno.
Tra le molecole considerate: ossigeno (O₂), metano (CH₄), anidride carbonica (CO₂), vapore acqueo (H₂O), monossido di carbonio (CO) e ammoniaca (NH₃).
I risultati: segnali rivelabili in poche ore
Nel caso più favorevole, quello di Proxima b, la simulazione suggerisce che sia possibile:
- escludere un’atmosfera sub-nettuniana in meno di un’ora di osservazione;
- rilevare coppie di gas in disequilibrio chimico (O₂/CH₄ o CO₂/CH₄), che sono considerate potenziali biosignature, in circa 10 ore;
- distinguere pianeti abitati da quelli abiologici, osservando gas come CO e H₂O che forniscono contesto ambientale.
Per esempio, l’acqua può essere rilevata nel vicino infrarosso (0.9 μm) in circa 1 ora, mentre l’ossigeno o il metano possono richiedere da 10 a 100 ore, a seconda delle condizioni e della strumentazione.
I falsi positivi e come evitarli
Alcuni gas, come l’ossigeno, possono accumularsi anche in assenza di vita. Lo studio ha quindi analizzato scenari alternativi, come pianeti che hanno perso gli oceani o hanno un’attività vulcanica intensa. In questi casi, gas come CO diventano indicatori utili per distinguere un mondo realmente abitato da uno che lo imita chimicamente.
Ad esempio, una combinazione di alta presenza di metano e monossido di carbonio può indicare processi vulcanici, non biologici. Al contrario, l’assenza di CO in presenza di CH₄ e CO₂ rafforza l’ipotesi biologica.
Un protocollo per la ricerca della vita
Gli autori propongono un protocollo osservativo efficace:
- Escludere un’atmosfera sub-nettuniana cercando molecole come NH₃;
- Verificare la presenza di acqua, per valutare l’abitabilità;
- Cercare biosignature, come le coppie O₂/CH₄ o CO₂/CH₄;
- Individuare gas discriminanti, come il monossido di carbonio, per riconoscere falsi positivi.
Verso una nuova era dell’astrobiologia
Lo studio evidenzia come l’osservazione da Terra, grazie agli ELTs, permetterà di caratterizzare in dettaglio le atmosfere di pianeti potenzialmente abitabili, anche quelli che non transitano. L’obiettivo finale: cercare la vita.
I ricercatori coinvolti provengono da istituzioni di primo piano, tra cui l’University of Washington, il NASA Goddard Institute for Space Studies e l’ESO – European Southern Observatory.
In conclusione, se Proxima b possiede un’atmosfera terrestre, potremmo identificare la presenza di gas legati alla vita in meno di 10 ore di osservazione. Una scoperta che segnerebbe l’inizio di una nuova era per l’astronomia e per la ricerca di mondi abitabili oltre il nostro.
Fonte: ARXIV