Benvenuti in un viaggio alla scoperta delle meraviglie di Giove, il gigante gassoso che domina il nostro Sistema Solare. Alessandro
Ravagnin ci accompagna in un percorso unico, spingendo le osservazioni amatoriali oltre i confini tradizionali. Attraverso tecniche
avanzate di spettroscopia e imaging, esploreremo le caratteristiche spettroscopiche del pianeta e dei suoi affascinanti satelliti
medicei, immergendoci in dettagli che vanno oltre le “belle immagini”.
L’articolo rappresenta un invito all’innovazione, mostrando come la passione e l’uso creativo di strumentazione accessibile possano
produrre risultati straordinari. Prepariamoci a scoprire nuovi metodi di osservazione, a comprendere le peculiarità di Giove e a
lasciarci ispirare dalle possibilità di un’astronomia amatoriale che punta sempre più in alto.

Giove, il gigante gassoso più grande del Sistema Solare, rappresenta da sempre una sfida affascinante per gli astrofili, non solo per la sua mole e le sue incredibili dimensioni apparenti, ma anche per i fenomeni straordinari e mutevoli che si possono osservare sul disco e nel suo sistema di satelliti medicei. La tecnologia ha fatto incredibili passi avanti in questi ultimi anni e la produzione fotografica di moltissimi astrofili nazionali e interazionali ha raggiunto livelli qualitativi eccezionali. Nelle riprese planetarie in alta risoluzione uno dei fattori che più influiscono sul risultato finale è il seeing, ossia la turbolenza atmosferica: più l’aria è calma e più i dettagli osservabili al telescopio aumentano, fino ad esplodere nei momenti di quiete assoluta.

Il seeing è tendenzialmente una caratteristica di ogni precisa regione geografica (dipende dall’orografia del territorio e dalle correnti in quota) ed è fortemente variabile in base alle condizioni meteorologiche. Da dove riprendo, ossia dal giardino di casa in periferia di Romano d’Ezzelino in provincia di Vicenza, in periferia della Pianura Padana ai piedi del monte Grappa, non raggiungo mai picchi di qualità e mediamente il seeing si attesta sui 1.5/2 secondi d’arco, tutto sommato un buon valore per ottenere riprese a media risoluzione di qualità accettabile. Nelle poche serate di aria particolarmente stabile, riesco a raggiungere punte inferiori anche al secondo d’arco, riuscendo ad avvicinarmi, grazie al lucky-imaging, alla risoluzione teorica del C11HD, ossia di 0.4 secondi d’arco alla lunghezza d’onda di 550nm (seeing e risoluzione dei telescopi dipendono dalle lunghezze d’onda della radiazione elettromagnetica); purtroppo il numero di simili serate si contano, nell’arco di un anno, sulle dita di una mano.

Il grosso sforzo profuso dagli astrofotografi planetari è generalmente rivolto a migliorare la risoluzione e la resa cromatica dei dettagli che caratterizzano le superficie dei pianeti, fino ad arrivare addirittura a risolvere le strutture dei satelliti maggiori. In questi casi, non solo la turbolenza gioca un ruolo fondamentale, ma anche la qualità delle ottiche e la relativa collimazione diventano decisivi. Alcuni si avventurano poi in meravigliose animazioni dove si apprezza la rotazione del pianeta ottenuta montando riprese effettuate in due/tre notti consecutive, ma si può andare oltre? Oltre alle bellissime immagini in RGB, c’è qualcos’altro che un astrofilo, dotato di media strumentazione, può fare in questo campo? Dal mio punto di vista la risposta è “sì” e nella sezione successiva mostrerò come osservare Giove (e i pianeti in genere) oltre quelli che si intendono come i “normali limiti”, arrivando ossia all’estremo dello spettro elettromagnetico accessibile da terra e con, naturalmente, strumentazione amatoriale.

GIOVE IN PROFONDITA’

Nel mio personale percorso di crescita nel campo dell’astronomia, una tappa fondamentale è stato l’approdo alla spettroscopia, complice anche un bellissimo articolo di Lorenzo Franco, pubblicato l’anno scorso proprio su questa rivista, sull’introduzione alla spettroscopia amatoriale ed un corso tenuto da Paolo Ochner, all’Osservatorio Astrofisico di Asiago ai piedi del telescopio Galileo. Ampliare su un’altra dimensione, più vicina al campo scientifico, la passione per il cosmo è fonte di incredibili soddisfazioni e soprattutto di conoscenza. Perché limitarsi alle sole “belle foto” e non guardare e studiare anche più in profondo quello che ci sovrasta e che viene puntato dal nostro obiettivo? Nell’era dei social network, di TikTok, Facebook e tutte le piattaforme di condivisione immagini e filmati di varia natura, un po’ di sano studio e sviluppo di contenuti più vicini alla scienza che all’arte fa bene allo spirito! Attrae pochi “like”, ma riempie la testa di nuove conoscenze e arricchisce interiormente. Concedetemi questa breve premessa perché spero che questo studio essere di ispirazione per gli amanti del cielo spingendoli ad andare oltre alla “mera apparenza”.

Spettri bidimensionali in bassa risoluzione (R=600) ottenuti col C11HD a f/10 e la ASI2600MM, posizionando la fenditura da 19 micrometri in tre differenti posizioni sul disco di Giove tra le ore 22:22 e 22:52 UTC del 28 ottobre 2024; in alto la fenditura è posizionata sul disco di Giove passando sul meridiano centrale in corrispondenza dell’equatore, in centro la fenditura è stata posizionata sulla baia della macchia rossa ed in basso la fenditura è stata posizionata per indagare il polo nord ed il terminatore in corrispondenza della banda equatoriale. In tutti gli spettri si notino le stesse righe scure verticali di Fraunhofer (righe di assorbimento dello spettro solare) mentre
nel primo spettro in alto si possono notare le due fasce scure orizzontali dovute alla SEB (in alto) e alla NEB (in basso); SEB non visibile come fascia scura orizzontale nello spettro centrale in quanto la fenditura era posizionata sopra la luminosa baia della macchia rossa.

Ma torniamo al tema centrale, recentemente ho intrapreso quello che definisco un progetto di osservazione “estesa” su Giove e sui satelliti medicei, con l’obiettivo di studiare le differenze spettrali alle diverse latitudini del pianeta coinvolgendo anche i principali corpi che lo accompagnano: Io, Europa, Ganimede e Callisto.

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L’articolo è pubblicato in COELUM 272 VERSIONE CARTACEA