Un team di ricercatori dell’Università della California a Riverside e del Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory ha avanzato una proposta affascinante e concreta: utilizzare un osservatorio spaziale per osservare direttamente le “ExoVenere”, pianeti rocciosi simili a Venere che orbitano attorno ad altre stelle. Lo studio è stato condotto da Stephen R. Kane, Emma L. Miles e Colby M. Ostberg (University of California, Riverside) insieme a Noam R. Izenberg (Johns Hopkins APL).
Il ruolo di Venere nella ricerca della vita
Comprendere l’abitabilità dei pianeti è una delle grandi sfide dell’astrobiologia. E se la Terra rappresenta l’esempio ideale di mondo abitabile, Venere ne è l’estremo opposto: un pianeta della stessa dimensione e composizione, ma con un’atmosfera soffocante, dominata da anidride carbonica e nuvole di acido solforico, in preda a un effetto serra incontrollato.
Studiare Venere non è solo utile per capire come sia arrivata a questo stato, ma anche per individuare le condizioni che possono rendere inabitabile un pianeta simile alla Terra. Ecco perché le missioni future come VERITAS, DAVINCI della NASA, e EnVision dell’ESA, avranno un ruolo centrale nel fornirci dati chiave per costruire modelli di evoluzione atmosferica applicabili anche agli esopianeti.
Un catalogo in crescita di mondi rocciosi caldi
Grazie a missioni come TESS (Transiting Exoplanet Survey Satellite), gli scienziati hanno già identificato centinaia di potenziali “ExoVenere”: pianeti rocciosi, di dimensioni simili alla Terra, che orbitano molto vicino alla loro stella, in una regione nota come Venus Zone (VZ). Al marzo 2024, sono almeno 334 i candidati identificati, ma si stima che il numero crescerà rapidamente man mano che verranno confermati oltre 7000 candidati.
Poiché i pianeti della VZ ricevono un’intensa radiazione stellare, sono più facili da osservare rispetto ai loro simili più freddi. Inoltre, se presentano temperature elevate, tendono a riflettere più luce e quindi a risultare più visibili per gli strumenti astronomici.

NASA/JPL-Caltech/Peter Rubin
L’Habitable Worlds Observatory: il futuro è già in cantiere
Tra le raccomandazioni del decennale sondaggio dell’Astronomy and Astrophysics Decadal Survey del 2020 figura una missione rivoluzionaria: il Habitable Worlds Observatory (HWO). Questo futuro telescopio spaziale avrà lo scopo di osservare direttamente pianeti rocciosi potenzialmente abitabili attorno a stelle simili al Sole.
Ma c’è di più: HWO sarà anche in grado di identificare pianeti simili a Venere. L’osservazione diretta permetterà di analizzare lo spettro riflesso della luce dei pianeti, una tecnica più sensibile delle osservazioni in trasmissione per atmosfere dense e nuvolose. In particolare, sarà possibile cercare firme chimiche come il biossido di zolfo (SO₂), che potrebbe indicare attività vulcanica, oppure atmosfere dominate da anidride carbonica con nubi di acido solforico, segni distintivi di un ambiente inabitabile ma ricco di informazioni.
Una sinergia tra scienza planetaria e astronomia
Un aspetto chiave di questo approccio è l’integrazione tra le conoscenze acquisite all’interno del Sistema Solare e l’analisi degli esopianeti. Poiché non potremo mai visitare fisicamente questi mondi lontani, dovremo affidarci a modelli basati sui dati raccolti da pianeti come Venere e la Terra per interpretare ciò che vediamo.
Il lavoro dei ricercatori americani sottolinea proprio questo punto: finché non comprenderemo appieno i processi che hanno trasformato Venere in un inferno inabitabile, resterà difficile valutare il reale potenziale di altri mondi rocciosi scoperti attorno a stelle lontane.
Conclusioni
Studiare le ExoVenere non significa solo comprendere mondi alieni, ma anche fare luce su ciò che rende la Terra così speciale. L’osservazione di questi pianeti caldi e irrequieti potrà rivelarci quanto siano frequenti le condizioni estreme e quanto siano rari gli ambienti temperati.
Grazie all’Habitable Worlds Observatory, e con il supporto delle missioni dirette verso Venere, la scienza è pronta a compiere un nuovo passo nella comprensione della diversità planetaria. E chissà: tra le centinaia di ExoVenere già individuate, potremmo trovare un giorno anche un mondo che ci racconti una storia diversa da quella di Venere — una storia dove un destino infernale è stato evitato.
Fonte: Studio
