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New Horizons. Ultima Thule in 3D!

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Elaborazione stereografica di Ultima Thule. L'immagine può essere vista con l'ausilio dei classici occhialini rosso/blu, per vedere il KBO nella sua forma tridimensionale. Le immagini sono state riprese il primo gennaio a una distanza di 61 mila chilometri e 28 mila chilometri, con una risluzione rispettivamente di 310 e 140 metri per pixel. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI
Ultima Thule in rotazione. Un’animazione ottenuta da due immagini scattate a distanza di 38 minuti l’una dall’altra. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI

È un inizio d’anno davvero scoppiettante per l’esplorazione spaziale! Ne abbiamo parlato in questi giorni (vedi link in calce) e anche nel numero online della rivista (Coelum Astronomia 229 di gennaio 2019): al centro dell’attenzione c’è la sonda New Horizons, della NASA, che ha eseguito un flyby ravvicinato (distanza nominale di appena 3.500 km e con una velocità relativa di 14,43 km/s) del corpo celeste noto con il soprannome di Ultima Thule, ufficialmente designato 2014 MU69.
L’incontro – avvenuto alle 6:33 (ora italiana) di martedì 1 gennaio 2019 – è stato consegnato direttamente alle pagine dei libri di storia essendo il primo del suo genere: è il sorvolo di un corpo celeste più distante nella storia dell’esplorazione spaziale e dà il via alle indagini dirette della remota ed enigmatica regione esterna del Sistema Solare nota come Fascia di Kuiper.

Martedì 1 gennaio, alle 16:29 è stato ricevuto il segnale di controllo della sonda che ha confermato lo stato di ottima salute del veicolo e ha dato la prova dell’avvenuto sorvolo: per ricevere i dati e le tanto attese prime immagini ad alta risoluzione dobbiamo però pazientare ancora… Tanta è la distanza e la velocità di trasmissione dei dati è bassissima.

Nel frattempo però le immagini ricevute sono state montate e permettono di vedere “Ultima” (come viene affettuosamente chiamata dal PI della missione Alan Stern) nella sua struttura tridimensionale.

Alcune delle domande a cui il team si aspetta di rispondere, non appena arriveranno le prime immagini a distanza ravvicinata.

Questo tipo di visualizzazione, permette anche di cominciare a intuire la sua conformazione superficiale, che speriamo però di vedere presto a più alta risoluzione riprese durante il flyby, e le principali caratteristiche del KBO: certi chiaroscuri sono dovuti a formazioni geologiche o sono illusioni dovute a differenze di albedo? E come mai il “collo” di Ultima, li dove i due corpi principali risultano incollati tra loro, è così riflettente?

In apertura a destra, l’animazione rilasciata durante la conferenza stampa del 3 gennaio, che mostra il KBO in rotazione, e qui sotto il montaggio delle stesse due immagini dell’animazione in forma stereografica,  per averne una visione tridimensionale (con gli appositi occhialini).

Elaborazione stereografica di Ultima Thule. L’immagine può essere vista con l’ausilio dei classici occhialini rosso/blu, per vedere il KBO nella sua forma tridimensionale. Le immagini sono state riprese il primo gennaio a una distanza di 61 mila chilometri e 28 mila chilometri, con una risoluzione rispettivamente di 310 e 140 metri per pixel. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI

Le nuove informazioni e scoperte però si susseguono quotidianamente, vediamo quindi un sunto di quanto è emerso da questo “appuntamento al buio”, tra la New Horizons e lo sconosciuto, fin’ora, KBO.

Ultima Thule – nome latino che indica qualcosa di posto ai limiti estremi di ciò che conosciamo – è un KBO (Kuiper Belt Object, oggetto della Fascia di Kuiper) che solo in parte coincide con ciò che gli studiosi si aspettavano: è una grande struttura rocciosa ricoperta di ghiaccio di circa 32 chilometri per 16 chilometri dalla forma curiosa, una specie di gigantesco birillo spaziale in rotazione.

Grazie alle prime immagini si è potuta escludere la presenza di anelli e di satelliti (dal diametro superiore al miglio, quindi al chilometro e mezzo circa) orbitanti attorno al KBO. La presenza di un satellite importante era stata ipotizzata proprio a causa delle proprietà dinamiche rilevate che, ora sappiamo, erano causate dalla sua particolare forma. Infatti, come spiegato nel nostro articolo, si riteneva che Ultima Thule potesse essere costituita da due corpi distinti in orbita reciproca o, più probabilmente, avesse una forma bilobata allungata, “a patata”, un po’ come la cometa studiata dalla sonda Rosetta dell’ESA, la 67P/Churyumov-Gerasimenko.

La conferenza stampa del 3 gennaio, in un collage di foto dal profilo twitter del Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory (@JHUAPL), con Alan Stern (in alto e primo da sinistra nell’immagine al centro) che presenta l’immagine 3D di Ultima Thule. Crediti JHUAPL.

Dalle immagini si nota poi che Ultima è parzialmente ricoperto da una coltre rossastra — probabilmente di “toline”, ossia composti organici prodotti dalla radiazione solare che, seppur debole a quella grande distanza, è sufficiente a generare delle reazioni chimiche nei materiali di composizione. Una colorazione in realtà attesa e consistente con le colorazioni di altri abitanti della fascia di Kuiper, rilevate telescopicamente. Lo stesso Plutone, ricordiamo, aveva parte della superficie di questo stesso colore. A differenza di Plutone però, Ultima si mostra omogenea nella colorazione, e i suoi due lobi hanno esattamente lo stesso aspetto, cosa che rientra in quello che sappiamo, e ci attendiamo, in sistemi binari in cui i due corpi, di dimensioni paragonabili, non sono a contatto ma orbitano attorno a un centro di gravità comune.

Le prime analisi di dati poi non mostrano tracce della presenza di un’atmosfera.

«La prima esplorazione di un piccolo oggetto della fascia di Kuiper e l’esplorazione più lontana di qualsiasi mondo nella storia è ormai storia, ma quasi tutta l’analisi dei dati si trova nel futuro», ha detto Alan Stern, Principal Investigator della missione (Southwest Research Institute).

E questo futuro inizierà solo tra qualche giorno… perché in questi giorni la trasmissione dei dati dalla New Horizons è stata oscurata per via della sua congiunzione eliaca: la sonda, dal nostro punto di vista, sta passando dietro al Sole, che disturba e impedisce le comunicazioni con la sonda, che sono quindi state interrotte per circ una settimana per non rischiare perdita di dati.

La trasmissione riprenderà il 10 gennaio, quando inizierà un download che impiegherà ben 20 mesi per far arrivare a terra il tesoro di dati raccolti che la sonda conserva.

«Quelli di noi che fanno parte del team scientifico non vedono l’ora di iniziare a scavare in quel tesoro», ha dichiarato Stern, e anche noi non vediamo l’ora di vederne ovviamente i risultati!

Continuate a seguirci per rimanere informati sulle ultime novità e per vedere le ultime immagini. Nel frattempo potrete conoscere di più sulla missione di New Horizons nella Fascia di Kuiper e su Ultima Thule leggendo l’articolo dedicato su Coelum Astronomia 229.

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Chang’e 4 è sul lato nascosto della Luna

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DI ALBERTO ZAMPIERONAstronautinews.it
La prima immagine a grande campo trasmessa dalla sonda. Crediti: CNSA

Lanciata lo scorso 8 Dicembre a bordo di un razzo Lunga Marcia 3B/E, la sonda cinese Chang’e 4 è atterrata per la prima volta nella storia sul lato nascosto del nostro satellite, portando alla Cina il primo importante primato assoluto nella storia dell’astronautica.

Nel 2013 Chang’e-3 era stato il primo veicolo ad atterrare sulla superficie del nostro satellite dai tempi della missione russa Luna-24 del 1976. Oggi con Chang’e 4 la Cina ha affrontato per la prima volta nella storia la difficoltà di effettuare un allunaggio sul lato nascosto della Luna. Non essendo la sonda direttamente visibile dalla Terra, per poter effettuare questa missione è stato indispensabile utilizzare almeno un satellite per fare da “ponte-radio” per tutta la telemetria e i comandi dalla Terra alla Luna e viceversa.

Per ovviare al problema e per rendere possibile la trasmissione dei dati scientifici che saranno raccolti dalla sonda, i cinesi hanno quindi predisposto un “ripetitore”. Nel maggio scorso, il satellite Queqiao è stato posizionato in un’orbita halo attorno al punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Luna, situata tra i 65.000 e gli 85.000 km dalla superfice lunare. Da quella posizione il satellite è in grado di vedere sia il lato nascosto della Luna sia la Terra e potrà usare la sua grande antenna parabolica di 4,2 metri per comunicare in banda X con il lander e il rover della missione e in banda S con le stazioni di terra.

Schema della comunicazioni permesse da Queqiao. Credit: CAST/ISSE

La sonda di 1200kg ha toccato il suolo alle 3:26 ora italiana del 3 gennaio posizionandosi a 77,6° est di longitudine e 45,5° sud di latitudine, all’interno del cratere Von Kármán, il sito prescelto di arrivo.

La zona prescelta per l’atterraggio di Chang’e-4 sul lato nascosto della Luna.

Von Kármán si trova nei pressi del centro di una delle aree geologicamente più interessanti del nostro satellite, il cosiddetto South Pole-Aitken Basin (SPA), ossia una zona dell’emisfero meridionale che si estende dal polo Sud fino al cratere di Aitken (a circa 16° di latitudine Sud). L’area misura circa 2.500 km in diametro e 11.000 km in circonferenza ed è localizzabile nelle foto grazie al colore più scuro della superficie. Gli studiosi riconoscono il bacino come uno dei più grandi e più antichi crateri da impatto del sistema solare, risalente a 3,6 miliardi di anni fa. Al suo interno si trovano materiali emersi dal mantello, che potrebbero fornire preziose informazioni sulla formazione della Luna ed anche sulla prototerra da cui essa e il nostro pianeta si sarebbero originati circa un miliardo di anni prima.

La sonda aveva iniziato la propria discesa, dall’orbita stabilizzata nei giorni scorsi a 15km di altezza, alle 3:15 ora italiana di questa notte utilizzando una singola accensione del proprio propulsore a spinta variabile.

Un’immagine ripresa durante la discesa sulla superficie. Crediti: CNSA

Durante tutta la fase di discesa la sonda ha mantenuto accesa la telecamera di bordo, permettendo di riprendere le fasi precedenti il contatto con il suolo.

Nelle ore successive era previsto il rilascio del rover da 140kg, il quale dovrebbe aver iniziato la fase di esplorazione nel dintorni del sito di atterraggio dando il via alla fase scientifica della missione.

Allo studio della composizione del suolo potranno servire il Low Frequency Spectrometer (LFS), lo spettrometro a bassa frequenza presente sul lander e il Visible and Near-Infrared Imaging Spectrometer (VNIS), lo spettrometro operante nel visibile e nel vicino infrarosso a bordo del rover. Quest’ultimo ospita anche il Lunar Penetrating Radar (LPR) che sarà utilizzato per comprendere la struttura geologica sottostante la superficie.

Un’immagine ripresa dal lander una volta arrivato sul suolo Selenico. Crediti CNSA

Oltre alla conformazione geologica, sarà oggetto di indagine l’ambiente radioattivo e gli effetti sulla superficie lunare del vento solare. A questo scopo serviranno due strumenti, frutto degli accordi di cooperazione internazionale avviati dalla Cina: il Lunar Lander Neutrons e Dosimetry experiment (LND), sviluppato dalla Christian-Albrechts-University di Kiel, in Germania, con la collaborazione dell’agenzia spaziale tedesca, e, sul rover, l’Advanced Small Analyser for Neutrals (ASAN), realizzato dall’Istituto Svedese di Space Physics di Kiruna, che intende approfondire le scoperte effettuate da un analogo rilevatore che ha viaggiato a bordo dell’orbiter indiano Chandrayaan I, lanciato nel 2008.

Altre ricerche di radioastronomia a bassa frequenza, sempre basate sul Low Frequency Spectrometer, si gioveranno del particolare ambiente della faccia nascosta, che l’intero globo lunare protegge dai disturbi elettromagnetici provenienti dalla Terra.

Una rappresentazione grafica del rover di Chang’e 4. Crediti: CASC

A bordo del lander ci sarà anche un esperimento scelto in una competizione tra studenti universitari denominato “mini biosfera lunare”. Un contenitore cilindirico di alluminio del volume di 80 cc conterrà aria, acqua, sostanze nutritive e ospiterà semi di patata e di Arabidopsis (una pianta da fiore molto utilizzata in esperimenti di biologia vegetale) e uova di baco da seta. Le immagini delle nascita e lo sviluppo di queste forme di vita sulla luna saranno registrate da una camera e trasmesse a terra.

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(C) Associazione ISAA – Licenza CC BY-NC

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Ultima Thule a colori

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Questa immagine ripresa dalla camera LORRI di New Horizons è la più dettagliata di Ultima Thule restituita finora dalla sonda. È stata ripresa alle 5:01 TU del 1° gennaio 2019, a soli 30 minuti dal momento di massimo avvicinamento al KBO, da una distanza di 28.000 chilometri, con una risoluzione di 140 metri per pixel. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute

Dopo le prime immagini e conferme ricevute ieri, martedì 1 gennaio, questa sera alle 20:00 (ora italiana) la NASA ha rivelato nuove immagini e informazioni scientifiche sul remoto oggetto della Fascia di Kuiper (KBO) noto come “Ultima Thule”, il soggetto di studio della sonda New Horizons, che l’ha sorvolato alle 6:33 di Capodanno.
In particolare, oltre ad avere a disposizione le prime immagini a risoluzione più elevata, ora la NASA ha pubblicato anche la prima immagine a colori del remoto corpo celeste: si tratta di uno scatto ripreso dalla camera MVIC (Multispectral Visible Imaging Camera), prodotta combinando i canali del vicino infrarosso, rosso e blu, quando la sonda si trovava a circa 137.000 chilometri di distanza da Ultima Thule, alle 5:08 (ora italiana) del 1° gennaio.

Ultima Thule a colori
Questa è la prima ripresa a colori di Ultima Thule, catturata a una distanza di 137.000 chilometri alle 4.08 TU del 1° gennaio 2019, in cui si evidenzia la sua superficie dal colore rossastro. A sinistra vediamo un’immagine a colori di Ultima Thule, ripresa dalla MVIC (Multispectral Visible Imaging Camera), prodotta combinando i canali del vicino infrarosso, rosso e blu. L’immagine al centro ripresa dalla camera LORRI ha una risoluzione maggiore rispetto a MVIC di circa un fattore cinque. A destra, il colore è stato sovrapposto all’immagine LORRI per mostrare un’immagine contemporaneamente più dettagliata e a colori. Da notare la riduzione della colorazione rossa sul collo dell’oggetto. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute

Una seconda immagine è stata invece ripresa dalla camera LORRI (Long-Range Reconnaissance Imager) appena 30 minuti prima del momento di massimo avvicinamento, alle ore 6:01 (ora italiana) del 1° gennaio, a una distanza di circa 28.000 chilometri da Ultima Thule: questa è – al momento – l’immagine a più alta risoluzione disponibile e permette di evidenziare già alcuni dettagli della superficie del KBO.

Ultima Thule
Questa immagine ripresa dalla camera LORRI di New Horizons è la più dettagliata di Ultima Thule restituita finora dalla sonda. È stata ripresa alle 5:01 TU del 1° gennaio 2019, a soli 30 minuti dal momento di massimo avvicinamento al KBO, da una distanza di 28.000 chilometri, con una risoluzione di 140 metri per pixel. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute

L’aspetto di Ultima Thule appare già straordinario in queste prime immagini e le informazioni ottenute permettono di far luce anche sui processi che hanno dato origine a questo oggetto, un’anticipazione dei possibili risultati scientifici che potranno essere estesi allo studio dei processi di formazione planetaria dell’intero Sistema Solare.

«New Horizons è come una macchina del tempo che ci permette di tornare alla nascita del Sistema Solare: stiamo assistendo a una rappresentazione fisica dell’inizio del processo di formazione planetaria congelata nel tempo», ha affermato Jeff Moore, responsabile del team di geologia e geofisica di New Horizons. «Studiare Ultima Thule ci aiuta a capire come si formano i pianeti, sia quelli del nostro sistema solare che quelli che orbitano attorno ad altre stelle».

Il processo di formazione di Ultima Thule
Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI/James Tuttle Keane

Le nuove immagini hanno rivelato che Ultima Thule ha una struttura morfologica “binaria di contatto”: è costituita infatti da due corpi sferici collegati da un colletto che li mette in contatto. Da un estremo all’altro, il corpo misura 31 chilometri di lunghezza. Il team di missione ha prontamente battezzato i due elementi costituenti utilizzando i due termini che compongono il nome del KBO, ossia “Ultima” per la sfera più grande (19 chilometri di diametro) e “Thule” per la sfera più piccola (14 chilometri di diametro).

Il colore del corpo celeste appare decisamente rossastro, provocato molto probabilmente da composti organici, come il metano, forse simili a quelli riscontrati su Plutone e Caronte, ma ancora non sono disponibili le informazioni relative alla composizione chimica della superficie che arriveranno nei prossimi giorni.
Dalle immagini è inoltre possibile effettuare già una prima analisi di albedo e riflettività delle regioni di Ultima Thule ed è stato possibile individuare punti di maggior riflettività della luce solare, nonostante complessivamente il KBO risulti decisamente molto scuro. In particolare si nota come il “collo” di Ultima Thule sia particolarmente brillante.

Analisi dell’albedo e riflettività della superficie di Ultima Thule. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI

I dati del flyby di Capodanno continueranno ad arrivare nei mesi a venire, con le immagini a risoluzione più elevata che ancora devono essere scaricate dalla sonda.
«Nei prossimi mesi la New Horizons trasmetterà a Terra decine di set di dati che ci permetteranno di scrivere nuovi capitoli della storia di Ultima Thule e del Sistema Solare», ha affermato Helene Winters, Project Manager di New Horizons.

«Questo sorvolo rappresenta un risultato storico» ha dichiarato il principal investigator di New Horizons, Alan Stern, del Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado (USA). «Mai prima d’ora una sonda ha intercettato un corpo così piccolo e a così elevata velocità nelle profondità dello spazio. La New Horizons ha stabilito un nuovo livello dello stato dell’arte della navigazione nello spazio».

Continuate a seguirci per rimanere informati sulle ultime novità e per vedere le ultime immagini. Nel frattempo potrete conoscere di più sulla missione di New Horizons nella Fascia di Kuiper e su Ultima Thule leggendo l’articolo dedicato su Coelum Astronomia 229.

Per conoscere meglio la missione nella sua interezza ed avere maggiori dettagli su Ultima Thule, non perdete l’approfondito articolo di Gabriele Marini su Coelum Astronomia di gennaio, come sempre in formato digitale a lettura gratuita.


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Unione Astrofili Senesi

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05.01, ore 21:30: Il cielo del nuovo anno. Come ogni primo sabato del mese, l’appuntamento è presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli” per la prima osservazione del nuovo anno. Prenotazione obbligatoria sul sito www.astrofilisenesi.it oppure a Davide Scutumella (3388861549).

11.01 e 25.01, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti. Come ogni secondo e quarto venerdì del mese, dalle ore 21.30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (Sovicille, Siena) sarà aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria sul sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio).
In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

Per le prenotazioni: tramite il sito oppure inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) o un sms al 3482650891 (Giorgio).
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La New Horizons ha raggiunto Ultima Thule

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L'immagine è una composizione di due riprese del LORRI (Long-Range Reconnaissance Imager) ad alta risoluzione di New Horizons, che fornisce la migliore indicazione sulle dimensioni e sulla forma di Ultima Thule finora ricevuta. Le misure preliminari dell'oggetto della Fascia di Kuiper suggeriscono che è lunga circa 32 chilometri per 16 chilometri. A destra vediamo un'impressione artistica che illustra la forma di Ultima Thule, basata sullo scatto reale a sinistra. La direzione dell'asse di rotazione di Ultima Thule è indicata dalla freccia. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI/James Tuttle Keane
L’investigatore principale di New Horizons, Alan Stern, si congratula con il responsabile delle operazioni Alice Bowman dopo che il team ha ricevuto il segnale dalla sonda. Crediti: NASA/Bill Ingalls

«Congratulazioni al team di New Horizons, al laboratorio di fisica applicata della Johns Hopkins University e al Southwest Research Institute per aver fatto di nuovo la storia. Oltre ad essere stata la prima sonda a esplorare Plutone, oggi la New Horizons ha sorvolato l’oggetto più distante mai visitato da un veicolo spaziale e diviene la prima a esplorare direttamente un oggetto che cela in sé i resti dalla nascita del nostro Sistema Solare», ha affermato l’amministratore della NASA Jim Bridenstine. «Questo è ciò che guida l’esplorazione dello spazio».

I segnali ricevuti al centro operativo della missione presso il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory (JHUAPL) alle ore 16:29 (ora italiana) di oggi pomeriggio confermano che la sonda è in ottimo stato di salute e i suoi strumenti hanno registrato tutti i dati scientifici relativi al flyby di Ultima Thule. È stata la stessa Alice Bowman, Mission Operations Manager di New Horizons a darne conferma.

L’immagine è una composizione di due riprese del LORRI (Long-Range Reconnaissance Imager) ad alta risoluzione di New Horizons, che fornisce la migliore indicazione sulle dimensioni e sulla forma di Ultima Thule finora ricevuta. Le misure preliminari dell’oggetto della Fascia di Kuiper suggeriscono che è lunga circa 32 chilometri per 16 chilometri. A destra vediamo un’impressione artistica che illustra la forma di Ultima Thule, basata sullo scatto reale a sinistra. La direzione dell’asse di rotazione di Ultima Thule è indicata dalla freccia. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI/James Tuttle Keane

«New Horizons si è comportata proprio come previsto, conducendo l’esplorazione diretta del mondo più distante di qualsiasi altro nella storia – più di 6 miliardi di chilometri dal Sole», ha detto il principal investigator Alan Stern, del Southwest Research Institute (SwRI) di Boulder, in Colorado (USA). «I dati ci sembrano già fantastici e stiamo studiando Ultima Thule da vicino; da ora in avanti i dati saranno sempre migliori!»

Questa sequenza di tre immagini, ricevuta il 31 dicembre 2018 e ripresa dalla fotocamera LORRI a bordo della New Horizons a 70 e 85 minuti di distanza, illustra la rotazione di Ultima Thule. Crediti: NASA/JHUAPL/SwRI

Le immagini scattate durante l’avvicinamento della sonda – che ha portato la New Horizons a soli 3.500 chilometri da Ultima Thule alle 6:33 (ora italiana) di oggi – hanno rivelato che l’oggetto potrebbe avere una forma simile a un birillo in rotazione. Un’altra possibilità è che Ultima Thule possa essere costituita da due oggetti in orbita reciproca. Ancora non vi è certezza sulla sua struttura e sarà necessario attendere le prime immagini più dettagliate, nei prossimi giorni, tuttavia i dati ricavati dal flyby hanno già permesso di risolvere uno dei misteri che circondavano l’oggetto, ossia quello della sua rotazione. Come già ipotizzato, ruota come un’elica, con l’asse di rotazione che punta approssimativamente verso il punto di osservazione, ossia verso la New Horizons. Questo spiega perché nelle immagini precedenti la luminosità dell’oggetto non sembrava variare mentre ruotava. Il team non ha ancora determinato il periodo di rotazione, anche se si ipotizza che possa essere compreso tra le 15 e le 30 ore.

«La New Horizons occupa un posto nei nostri cuori, è un intrepido e inarrestabile piccolo esploratore, oltre che un ottimo fotografo», ha dichiarato il direttore del laboratorio di fisica applicata alla Johns Hopkins University, Ralph Semmel. «Questo flyby segna una prima volta per tutti noi ed è un grande onore per l’intera squadra di audaci scienziati e ingegneri che ci ha condotto a questo punto».

La New Horizons continuerà a inviare immagini e i dati scientifici nei giorni e nei mesi a venire, per i prossimi 20 mesi: tanto tempo serve per l’invio degli oltre 5 GB di dati registrati. Il segnale è infatti debolissimo e la velocità di trasmissione è molto bassa.
A quasi 13 anni di distanza dal lancio, la sonda continuerà la sua esplorazione della Fascia di Kuiper fino almeno al 2021. I membri del team prevedono però di proporre più estensioni alla missione di esplorazione della Fascia di Kuiper.

Tra i presenti nella sala di controllo missione presso il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory c’era anche Brian May, astrofisico e principale chitarrista dei Queen, qui ritratto durante una conferenza stampa con i giornalisti in vista del sorvolo di Ultima Thule da parte della New Horizons. May ha composto una canzone speciale proprio per il flyby. Crediti: Bill Ingalls/NASA

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New Horizons incontra Ultima Thule: in attesa delle prime immagini

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Dopo un viaggio durato ben 13 anni e un sorvolo, quello di Plutone, del luglio 2015, la New Horizons ha scritto una nuova pagina della storia dell’esplorazione spaziale, proprio oggi, alle ore 6:33 (ora italiana) del 1 gennaio 2019. È un modo straordinario di iniziare il nuovo anno, quello che vede l’incontro ravvicinato – per la prima volta nella storia – di una sonda con un KBO (Kuiper Belt Object) ossia un oggetto della Fascia di Kuiper, la regione esterna del Sistema Solare.

Il bersaglio della sonda, partita nel gennaio del 2006, si chiama 2014 MU69 ma è stato ben presto soprannominato “Ultima Thule”, un nome latino che indica qualcosa posto ai limiti estremi di ciò che conosciamo, un nome perfetto per quel corpo (30 km di diametro circa) che orbita nel buio e nel freddo della Fascia di Kuiper, a 6,6 miliardi di chilometri ai margini del Sistema Solare.

Uno schema, non in scala, con i dettagli del sorvolo ravvicinato della sonda New Horizons con il KBO 2014 MU69 “Ultima Thule”. Crediti: NASA/JHUAPL

A quest’ora il flyby sarà già stato completato ma l’enorme distanza che ci separa dalla sonda fa si che siano necessarie numerose ore per ricevere i primi dati dalla New Horizons. Le prime immagini di quella “roccia spaziale” arriveranno nel pomeriggio, dopo le 16:30: l’attesa è trepidante per osservare per la prima volta 2014 MU69 con un dettaglio elevatissimo, una risoluzione fino a 330 metri per pixel! Altre informazioni arriveranno nei giorni a seguire ma ci vorranno circa 20 mesi per eseguire il downlink dell’intero set di dati raccolti dalla sonda.

Ovviamente non vediamo l’ora di osservare le immagini di Ultime Thule: continuate a seguirci per ricevere gli ultimi aggiornamenti.
Nel frattempo vi proponiamo un’immagine del 30 dicembre 2018 scattata quindi poco più di 24 ore prima del flyby, quando New Horizons si trovava ancora a 1,9 milioni di chilometri dal suo bersaglio: l’immagine originale ha una dimensione di 10 chilometri per pixel, non molto più della dimensione stimata di Ultima Thule che appare quindi di circa 3 pixel (immagine a sinistra). Grazie alle tecniche di elaborazione delle immagini è stato possibile aumentare il dettaglio, mostrando la forma allungata del corpo celeste (immagine a destra). Questa forma corrisponde approssimativamente al contorno dell’ombra di 2014 MU69 che è stata osservata in Argentina nel 2017 e in Senegal nel 2018, in occasione delle occultazioni stellari.

Un’immagine di Ultima Thule del 30 dicembre 2018 scattata poco più di 24 ore prima del flyby, quando New Horizons si trovava ancora a 1,9 milioni di chilometri dal suo bersaglio. Crediti: NASA / Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory / Southwest Research Institute

Il programma degli eventi e dei canali disponibili, con gli eventuali aggiornamenti, si trova su http://pluto.jhuapl.edu/News-Center/Where-to-Watch.php

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Aggiornamento – Ore 16:40

Il segnale di controllo di New Horizons ha raggiunto la sala di controllo missione alla Johns Hopkins University – Applied Physics Laboratory alle 16:32. I sistemi a bordo della sonda funzionano correttamente, compresi i registratori di dati, a indicare che la New Horizons ha raccolto i dati previsti durante il sorvolo di Ultima Thule. «Abbiamo un veicolo spaziale sano» afferma Alice Bowman, Mission Operations Manager per la missione.

L\’investigatore principale di New Horizons, Alan Stern, si congratula con il responsabile delle operazioni Alice Bowman dopo che il team ha ricevuto il segnale dalla sonda. Crediti: NASA/Bill Ingalls

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Buon Anno con Luna, Venere, Giove e Mercurio (e pure Antares!)

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L’allineamento completo dei pianeti con la Luna, che il primo gennaio sarà più in alto di tutti. Discendendo lungo la retta virtuale descritta dai soggetti, troviamo in sequenza Venere (mag. –4,6) alto circa 33°, poi Giove (mag. –1,8) alto 21° e infine Mercurio (mag. –0,5) alto appena 2,5°. Le separazioni reciproche, in ordine sono: 7° 35’ (Luna–Venere), 18° 14’ (Venere–Giove) e 12° 14’ (Giove– Mercurio). Antares è posta invece 5° 30’ a sudest di Giove. Crediti: Coelum astronomia.

Il nuovo anno inizia con una bella sequenza di congiunzioni che vedrà protagonisti i pianeti Venere, Giove e Mercurio, tutti allineati – quasi ad augurare un buon nuovo anno a tutti noi – con una sottilissima falce di Luna, proprio nei primi giorni del nuovo anno, dall’1 al 4 gennaio.

A questo già interessante quartetto si aggiungerà anche la rossa stella Antares (Alfa Scorpii, mag. +1,05), ad impreziosire il quadro. Complessivamente, si tratterà di un incontro in evoluzione, giorno dopo giorno, da gustare con uno sguardo ad ampio raggio (o da riprendere con un obiettivo grandangolare), considerando che la scena abbraccia in tutto ben 38° di estensione.

Per assistere a questo bel balletto di pianeti, dovremo rivolgere la nostra attenzione verso sudest, la mattina, alle ore 6:50 circa, quando il cielo sarà già piuttosto chiaro per via dell’alba imminente. Solo a quest’ora sarà possibile scorgere, molto basso, anche Mercurio, altrimenti potremo benissimo anticipare anche di un’ora, rinunciando però alla presenza del piccolo pianeta.

Sarà comunque uno spettacolo osservarli, soprattutto se starete rientrando da una notte di festeggiamenti! Ovviamente, all’orario indicato, potremo vedere la scena nella sua interezza, ma, dedicando al fenomeno il giusto tempo, sarà altrettanto interessante seguire il sorgere dall’orizzonte dei singoli pianeti, soprattutto la mattina di Capodanno, quasi a voler dare il benvenuto ai singoli pianeti nel nuovo anno.

Iniziamo dunque il 1° gennaio: si comincia molto presto, alle 3:00 quando sorge una sottile falce una (fase del 22%) mentre 50 minuti più tardi, alle 3:50 sorge Venere. Alle 5:30 seguiranno anche Giove affiancato da Antares. A questo punto potremo osservare i pianeti, tutti molto brillanti, ben staccati dal fondo del cielo ancora scuro.

Il quadro si sta facendo quasi completo, ma dovremo attendere le 6:30 per veder comparire, infine, anche Mercurio, che chiuderà la sfilata.

Si tratterà ovviamente di una visione fugace, prima che la luce del mattino lo sovrasti, calando un sipario luminoso su tutti i protagonisti di questo affascinante incontro. Alle 6:45, come riportato nella cartina, noteremo l’allineamento completo dei pianeti con la Luna.

➜ Continua su Fenomeni e congiunzioni di gennaio

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Gennaio 2019

➜ Il meraviglioso campo della costellazione del Toro. II parte: Le Iadi

➜ 4 gennaio: Quadrantidi le prime meteore dell’anno


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Gennaio su Coelum Astronomia 229

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CIRCOLO CULTURALE ASTROFILI TRIESTE

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CCAT_GEN 2019

Sabato 12, a partire dalle ore 15:00 c/o Hotel NH Trieste (C.so Cavour, 7 Trieste)
“APERITIVO CON LE STELLE”: SPECIALE “ASTROFOTOGRAFIA DIGITALE”
mostra fotografica “PIANETI E PROFONDO CIELO” (Circolo Culturale Astrofili Trieste)
esposizione modelli aerospaziali in scala “LIFT-OFF TO SPACE”; autore: Giovanni Chelleri (Circolo Culturale Astrofili Trieste)
ore 16:00, conferenza: “ASTROFOTOGRAFIA A MEDIO E LARGO CAMPO: TECNICHE DI RIPRESA ED ELABORAZIONE”; relatore: Maurizio Cabibbo (Unione Astrofili Senesi)
pausa aperitivo (consumazione bar obbligatoria: € 5,00)
ore 17:45, il cielo al planetario: “MERAVIGLIE E SEGRETI DEL CIELO DI GENNAIO”; relatore: Stefano Schirinzi (Circolo Culturale Astrofili Trieste)
ore 18:30, conferenza: “ELABORAZIONE NELLE VARIE PALETTES IN FALSI COLORI CON FILTRI A BANDA STRETTA; relatore: Marco Lombardi (Unione Astrofili Senesi)

Lunedì 14, ore 18:00 c/o “Libreria UBIK” (P.zza della Borsa, 15 Trieste) – ingresso libero
ciclo “IL COSMO IN LIBRERIA”: “ACCADIMENTI E DECADIMENTI: LE COMETE INSEGNANO CHE NULLA, NEMMENO L’IGNORANZA, E’ SCONTATO!
relatore: Marco Fulle (Osservatorio Astronomico di Trieste/INAF)

Lunedì 26, ore 11:00 c/o “Libreria Lovat” (c/o stabile OVS, V.le XX Settembre, 20 Trieste) – ingresso libero
ciclo “COSMO YOUNG – lo Spazio raccontato ai ragazzi”: “COME DIVENTARE ASTRONAUTA
relatore: Giovanni Chelleri (Circolo Culturale Astrofili Trieste)

Lunedì 28, ore 18:00 c/o “la Feltrinelli” (Via G.Mazzini, 39 Trieste) – ingresso libero
ciclo “IL COSMO IN LIBRERIA”: “IL CASO GALILEO: ESPRESSIONE OSCURANTISTA O LECITO ATTO LEGALE?
relatore: Aldo Strati (Circolo Culturale Astrofili Trieste)

ASTRONOMIA PRATICA (appuntamenti riservati ai soli soci)
Giovedì 3, a partire dalle ore 0:00 c/o San Servolo/Socerb (SI): osservazione sciame meteorico “Quadrantidi”
Domenica 13, ore 21:00 c/o osservatorio “B.Zugna”: il Cosmo al telescopio
Lunedì 21: a partire dalle ore 3:00 c/o osservatorio “B.Zugna”: osservazione/ripresa eclisse totale lunare
Domenica 27, ore 20:30 c/o osservatorio “B.Zugna”: corso astrofotografia

N.B.: tutti gli eventi sono disponibili con specifiche anche alla pagina www.facebook.com/astrofilitrieste

Cielo di Gennaio 2019

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Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Gen. > 23:00; 15 Gen. > 22:00; 30 Gen. > 21:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Gen. > 23:00; 15 Gen. > 22:00; 30 Gen. > 21:00. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2018)

Luna

Sole e Pianeti

Proprio le numerose ore di buio permettono in questo periodo di spaziare – già a partire dalla prima serata – dalle costellazioni autunnali più orientali (Pesci, Pegaso, Balena, etc.) fino alle regioni ricche di nebulose e ammassi del cielo invernale, per terminare nella seconda parte della notte con le prime avvisaglie della grande concentrazione di galassie del cielo primaverile (Vergine, Leone, etc.). Continua l’esplorazione del cielo con:

➜ Il Cielo di gennaio con la UAI che questo mese ci porta nella costellazione della Giraffa

➜ Il meraviglioso campo della costellazione del Toro. II parte: Le Iadi

IL SOLE

Superata la minima declinazione raggiunta durante il Solstizio dello scorso dicembre, il Sole ha iniziato lentamente a risalire l’eclittica. La sua altezza sull’orizzonte al momento del passaggio in meridiano risulterà in gennaio ancora molto modesta (+27° a metà mese), ma l’arco descritto nel cielo tenderà a divenire di giorno in giorno più ampio. Ciò comporterà di conseguenza un aumento delle ore di luce, anche se piuttosto modesto, di circa 45 minuti.

➜ Continua a leggere sul Cielo di Gennaio

COSA OFFRE IL CIELO

Per quanto riguarda i pianeti, Venere continua ad essere il protagonista del mattino, abbandonato però già dopo la prima decade da Mercurio che invece si avvia verso la congiunzione eliaca, mentre Saturno continua a nascondersi nella luce del Sole. A far compagnia al nostro vicino di casa ci sarà Giove, che apparirà prima dell’alba e anticiperà  la sua levata sempre più. Marte continua a mostrarsi solo in prima serata, accompagnato dai lontani Urano e Nettuno.

Per quanto riguarda gli sciami meteorici, ad aprire l’anno ci sono le Quadrantidi, uno sciame con un picco di brevissima durata (mediamente 4 ore) ma che potrebbe dare soddisfazione grazie a un ZHR di ben 120 meteore per ora. Unico sciame in quasi Luna Nuova, approfittiamone!

➜ Leggi Quadrantidi le prime meteore dell’anno

Ma questo mese a dare soddisfazione sarà…

LA LUNA

Crediti: Giorgia Hofer

La Luna infatti, nelle sue fasi più evanescenti ci darà più di qualche occasione per riprenderla in compagnia di pianeti sullo sfondo di magnifiche costellazioni, e la rubrica Uno scatto al mese è dedicata proprio al fascino della flebile luce della sottilissima falce di Luna.

➜ Leggi Le falci lunari di Gennaio

➜ Astrofotografia. Andiamo a caccia delle sottilissime falci lunari

21 gennaio. Eclisse Totale di Luna

Ma non solo… al contrario, nella sua fase di Piena, avremo la possibilità di osservare una nuova Eclissi Totale.

Non sarà bella e comoda come quella del 27 luglio scorso (impreziosita anche da un Marte in opposizione), ma resta comunque un fenomeno affascinante per chi avrà voglia di alzarsi presto per riprenderla e osservarla. Purtroppo non potremo osservarla nella sua interessa, e le regioni meridionali saranno le più penalizzate. Inizierà alle 03:36, ma perderà via via altezza. Potrà comunque essere osservata nella sua fase di massimo, ma la fase terminale dell’eclisse, prevista per le 08:48, non potrà essere osservata in quanto la Luna, tramontata alle 07:41 (per il Centro Italia), si troverà ormai abbondantemente sotto l’orizzonte per tutte le località italiane.

Ovviamente non finisce qui, asteroidi, congiunzioni, ISS… Come sempre, seguiteci per i principali eventi del mese oppure organizzatevi in anticipo con il:

➜ Cielo di Gennaio su Coelum Astronomia 229

Da non dimenticare poi, questo mese, di dare uno sguardo alla panoramica dei principali fenomeni del 2019 che, come sempre, approfondiremo poi mese per mese, sia su questo sito che sulla rivista


Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com.
E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in
PhotoCoelum!

E ancora su Coelum astronomia 229

ISS 2 bianconi

➜ La LUNA di gennaio.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione a sud del Mare Nibium

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

Continuiamo a seguire la Wirtanen e vediamo una panoramica sulle comete del 2018 e su cosa ci aspetta per il 2019.

e il Calendario di tutti gli eventi di gennaio 2018, giorno per giorno!

Da Coelum astronomia 223 non dimentichiamo invece Catch the Iridium! Un appello per tutti gli astrofotografi, riprendiamo gli iridium flare prima che… scompaiano!


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New Horizons alle porte di Ultima Thule. Ultimi aggiornamenti

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In questa serie di immagini scattate dalla Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) a bordo di New Horizons, Ultima Thule emerge da dietro le stelle e diventa più luminosa man mano che la navicella si avvicina. Credito immagine: NASA / Johns Hopkins Applied Physics Laboratory / Laboratorio di ricerca del sud-ovest / Henry Throop

«La sonda New Horizons è in buona salute e si avvicina alla prima esplorazione ravvicinata nella storia di un oggetto della fascia di Kuiper». Non solo, si tratta anche dell’esplorazione del mondo più lontano mai esplorato. Inizia così l’ultimo aggiornamento da Alan Stern, PI della missione New Horizons

Tra pochissimi giorni, la mattina del 1 gennaio, la New Horizons sorvolerà MU69 2014, soprannominato Ultima Thule, tre volte più vicina di quanto si era avvicinata a Plutone. Se volete “vedere” dove si trova in questo momento, potete seguirla su questa pagina del sito per il pubblico del JPL.

«L’attesa è palpabile ora: siamo sull’orlo di un’importante esplorazione scientifica di quasi 20 anni di lavoro e in molti modi diversa da qualsiasi altro tentativo mai effettuato», continua Stern.

In questa serie di immagini scattate dalla Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) a bordo di New Horizons, Ultima Thule emerge da dietro le stelle e diventa più luminosa man mano che la navicella si avvicina. Credito immagine: NASA / Johns Hopkins Applied Physics Laboratory / Laboratorio di ricerca del sud-ovest / Henry Throop

New Horizons è infatti anche la prima missione ad aver tentato l’impresa di approcciarsi, oltre al suo obiettivo primario, ad un secondo obiettivo completamente sconosciuto. Ancora adesso, nonostante ormai manchi poco all’incontro, è poco più di un puntino luminoso anche agli occhi della sonda. Dai dati raccolti gli astornomi sono riusciti ad ipotizzare che possa avere una luna, o essere formato da due corpi in collisione (con una forma a “bagigio” come la cometa della missione Rosetta, per intenderci). Ma potrebbe avere anche un sistema di anelli, e mettere a rischio di collisione il passaggio della sonda.

«Il ritmo dell’attività qui al controllo della missione presso il Johns Hopkins Applied Physics Laboratory è intenso. Le operazioni di missione, le operazioni di incontro, le operazioni di navigazione e gli sforzi del team scientifico procedono in parallelo, insieme a un ritmo crescente di attività di coinvolgimento del pubblico».

Dato l’alto ritmo delle operazioni in corso, vediamo allora gli ultimi aggiornamenti, dopo i quali il team missione si dedicherà esclusivamente al flyby.

  • Questa immagine è stata realizzata combinando centinaia di immagini scattate tra agosto e metà dicembre dal LORRI (Long Range Reconnaissance Imager) a bordo della New Horizons. Ultima Thule è la macchia gialla luminosa nel mezzo, mentre i due cerchi concentrici indicano le due possibili distanze di passaggio per il flyby. La missione ha deciso di volare lungo il cerchio più vicino, verso il punto indicato da una X. I deboli cerchi sono tracce delle stelle di fondo, delle singole immagini a distanze diverse, che sono state eliminate dall’immagine composita per far risaltare Ultima. Crediti: NASA / Johns Hopkins Applied Physics Laboratory / Southwest Research Institute.

    Dalla sonda continuano ad arrivare quotidinamente le immagini di navigazione ottica di Ultima. Queste immagini, combinate con il tracciamento radio sempre da New Horizons, vengono analizzate per aiutare i navigatori a determinare se ci sia bisogno di aggiornare i file sul computer principale della sonda, per migliorare il puntamento e il tempo di avvicinamento più breve. «L’ultima possibilità di aggiornare questi file la avremo a solo un giorno prima del flyby stesso».

  •  
  • Le immagini a risoluzione più alta che abbiamo intenzione di ottenere — un’occhiata a soli 35 metri per pixel — sono un obiettivo estremamente difficile, richiede di sapere esattamente dove si trovano sia Ultima che New Horizons mentre si sorpassano l’un l’altro a oltre 32.000 mph, nell’oscurità della fascia di Kuiper. A quella distanza la luce del Sole è simile a quella della Luna Piena, qui sulla Terra, quindi Ultima viene solo debolmente illuminata. «Se riusciamo in questa osservazione, avremo una risoluzione decisamente migliore rispetto a Plutone (dove la risoluzione più alta è stata di 70-80 metri per pixel)». Se non ci riusciranno, comunque le riprese supereranno la maggior parte delle immagini Pluto. «E anche se non vogliamo fallire, sappiate che queste osservazioni con un obiettivo così tirato sono rischiose. Ma solo con il rischio si ha una ricompensa [n.d.r. “chi non risica non rosica” diremmo noi] e preferiamo provare a raggiungere l’obiettivo, piuttosto che non provarci per nulla, ed è quello che stiamo facendo».

Nozie dell’ultima ora confermano che NASA TV, e il sito della NASA, copriranno l’evento per il pubblico. Fino a meno di qualche ora fa, infatti, il coverage era a rischio per via dello shutdown del governo americano. Oltre alla “diretta” del flyby (che ricordiamo sarà più una differita che una vera diretta, data l’enorme distanza a cui si trova la sonda), e alle numerose trasmissioni NASA TV che precederanno il flyby, conferenze, aggiornamenti e altro possono essere seguiti sul sito della missione, il feed Twitter di APL (@jhuapl) e il feed stesso di Alan Stern dedicato alla missione (@ newhorizons2015), oltre al canale YouTube del Johns Hopkins Applied Physics Lab

Il programma degli eventi e dei canali disponibili, con gli eventuali aggiornamenti, si trova su http://pluto.jhuapl.edu/News-Center/Where-to-Watch.php

Per conoscere invece meglio la missione nella sua interezza, non perdete l’approfondito articolo di Gabriele Marini su Coelum Astronomia di gennaio, come sempre in formato digitale a lettura gratuita.

Chiudiamo sempre con le parole di Alan Stern, il grande padre della missione:

«Mentre New Horizons si avvicina a Ultima, in questi ultimi giorni prima del passaggio più ravvicinato, il nostro team e le persone in tutto il mondo stanno provando a prevedere cosa accadrà durante il flyby e quali saranno i risultati scientifici. Cosa scopriremo esplorando un così antico mattone per i pianeti, così ben conservato sin dagli albori del nostro Sistema Solare, ben 4,5 miliardi di anni fa, quando fu creato? Nessuno ancora lo sa. Ma presto lo sapremo, e si comincia tra pochi giorni!»


SPECIALE 2019
dai fenomeni celesti alle missioni spaziali…
Cosa ci riserva il nuovo anno?

Coelum Astronomia di Gennaio 2019
Ora online, come sempre in formatodigitale, pdf e gratuito.

 

Unione Astrofili Senesi

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28.12, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti.

L’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Congiunzione Luna e Regolo

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Salutiamo il 2018 con un’ultima congiunzione tra la Luna (fase del 77%) e la stella principale della costellazione del Leone,  Regolo (Alfa Leonis, mag. +1,4).

Il nostro satellite naturale si troverà a circa 3° 40’ di distanza, a sudest della stella. Imponente è la figura del  Leone, con la sua forma caratteristica, che, con il passare dei minuti, si potrà osservare sempre più nella sua interezza, man mano che i oggetti guadagneranno altezza sull’orizzonte est (all’orario indicato saranno alti più di 6°).

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

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Congiunzione Luna e Aldebaran

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Molto affascinante sarà la congiunzione tra il nostro satellite naturale, la Luna in fase del 96%, e la stella alfa della costellazione del Toro, Aldebaran (mag. +0,85). Questa costellazione costituisce sicuramente una delle aree del cielo invernale più belle e suggestive. All’orario indicato la Luna si troverà alla distanza minima dalla stella, entro i confini dell’ammasso delle Iadi, a 3° e mezzo circa a sudovest di Aldebaran.

A completare lo scenario troviamo a poca distanza anche M 45, l’ammasso delle Pleiadi. All’orario indicato, la sagoma del Toro si starà già tuffando sotto l’orizzonte occidentale, con la Luna che si troverà a circa 14° di altezza. Sarà un’ottima occasione per scattare fotografie a largo campo che comprendano anche il  paesaggio.
Per chi non volesse affrontare un’alzataccia mattutina, si segnala che uno scenario molto simile sarà osservabile fin dalla sera prima, il 20 dicembre alle 18:00 con la Luna a una distanza certamente superiore da Aldebaran (poco meno di 8°) ma più vicina alle Pleiadi (9° 10’ circa). Nell’arco della notte, la Luna girerà attorno alla stella per poi raggiungerla velocemente nelle prime ore del mattino.

Vista l’occasione non perdete la prima parte del nuovo approfondimento di Stefano Schirinzi, dedicato proprio alla costellazione del Toro.

Il meraviglioso campo della costellazione del Toro. I parte.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

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L’oggetto più distante del Sistema Solare

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Nell’immagine rappresentazione artistica di 2018 VG18, in distanza il Sole… Crediti: Roberto Molar Candanosa/Carnegie Institution for Science

La scoperta è stata da poco annunciata dal Minor Planet Center dell’International Astronomical Union ed è stata realizzata da Scott S. Sheppard del Carnegie, David Tholen dell’University of Hawaii e Chad Trujillo della Northern Arizona University. Farout, così è stato soprannominato l’oggetto indicato dalla sigla 2018 VG18, si trova a circa 120 unità astronomiche dal Sole. Per fare un paragone, il secondo oggetto più distante osservato nel Sistema Solare è Eris, a 97 unità astronomiche, mentre Plutone si trova attualmente a circa 34 UA, quindi il nuovo oggetto si trova ben oltre tre volte e mezzo più distante del famoso pianeta nano.

Nell’immagine, in scala, le distanze dal Sole di Farout e dei principali corpi del nostro Sistema Solare. Crediti Roberto Molar Candanosa and Scott S. Sheppard/ Carnegie Institution for Science.
Le immagini della scoperta di 2018 VG18 “Farout” riprese dal telescopio Subaru il 10 novembre scorso.  Si vede il movimento di Farout, nell’arco di un’ora, sullo sfondo delle stelle (e galassie) fisse. Crediti: Scott S. Sheppard e David Tholen

2018 VG18 è stato scoperto mentre il team cercava oggetti del Sistema Solare estremamente distanti, incluso l’ipotetico Pianeta Nove. Lo stesso gruppo di ricercatori aveva annunciato in ottobre la scoperta di un altro oggetto remoto, chiamato Goblin, a una distanza di circa 80 unità astronomiche, e aveva ipotizzato per la prima volta l’esistenza del nono pianeta principale del Sistema Solare nel 2014, scoprendo anche l’oggetto 2012 VP113, soprannominato Biden, che attualmente si trova attorno a 84 UA. 2015 TG387 e 2012 VP113 non si avvicinano mai abbastanza ai giganti gassosi del Sistema Solare da subirne una significativa influenza gravitazionale, ciò implica che questi oggetti estremamente distanti possono permetterci di sondare quello che avviene nelle periferie più remote del nostro sistema.

Il team non conosce ancora a fondo l’orbita di 2018 VG18, quindi non è in grado di determinare se mostri segni di influenza gravitazionale da parte dell’ipotetico Pianeta Nove. «Tutto ciò che sappiamo attualmente di 2018 VG18 è la sua distanza estrema dal Sole, il suo diametro approssimativo e il suo colore», spiega Tholen. «Dal momento che 2018 VG18 è così distante, orbita molto lentamente, impiegando migliaia di anni per fare un giro attorno al Sole». Le immagini di 2018 VG18 sono state riprese utilizzando il telescopio giapponese Subaru, localizzato sul Mauna Kea alle Hawaii, il 10 novembre 2018.

Una volta individuato il remoto oggetto, è stato necessario osservarlo nuovamente per confermare la sua natura. 2018 VG18 è stato visto in un secondo momento ai primi di dicembre con il telescopio Magellano all’Osservatorio di Las Campanas in Cile. Le osservazioni hanno confermato che 2018 VG18 orbita a una distanza di circa 120 unità astronomiche. La sua luminosità suggerisce che abbia un diametro di almeno 500 chilometri, che sia forse di forma sferica e che possa essere un pianeta nano. Ha una tonalità rosata, colore generalmente associato a oggetti ricchi di ghiaccio.


Dalle Origini al Futuro
Che si parli di astronomia o di esplorazione spaziale, tutto alla fine ci porta alle nostre origini ma anche verso il nostro futuro. E gli articoli di questo numero ci raccontano proprio questo.  
Scoprili subito su

Coelum Astronomia di Dicembre
Ora online, come sempre in formato digitale, pdf e gratuito.

Una danza tra Mercurio e Giove

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Consigliamo un lungo periodo di osservazione per la bella congiunzione che vedrà coinvolti i pianeti Giove e Mercurio nel periodo a cavallo del Natale. Chi avrà la pazienza e la costanza di seguire l’evoluzione di questo incontro sarà sicuramente ripagato con una magnifica visione.

Il luogo dell’incontro è quello della costellazione dello Scorpione, in cui la bella stella Antares, nei giorni a ridosso del Natale, arriverà a impreziosire la congiunzione.

Un'ottima occasione per seguire i consigli di Giorgia Hofer e provare a riprendere la congiunzione nella sua evoluzione. Leggi gratuitamente, cliccando sull'immagine, "La Danza dei Pianeti" pubblicato su Coelum astronomia 202.

Per l’intero arco temporale consigliato, volgendosi verso sudest, sarà possibile veder sorgere i pianeti Giove (mag. –1,8) e Mercurio (mag. –0,4). Il momento culminante dell’incontro celeste avverrà il 21 dicembre alle ore 6:35 circa. Il 21, infatti, i due pianeti saranno separati da poco meno di 1° di distanza apparente, la minima dell’intero periodo. Il cielo sarà già chiaro, illuminato dal crepuscolo del mattino, ma i due astri spiccheranno certamente considerata la loro magnitudine.

Nei giorni che precedono il 21, fissando l’orario sempre alle 6:35, vedremo Mercurio perdere via via altezza e scendere rapidamente verso l’orizzonte, avvicinandosi dapprima a Giove per poi superarlo, dopo il 21, lungo una linea ideale che va da nordovest verso sudest del grande pianeta.

A partire dalla mattina del 24 sarà possibile rintracciare più facilmente anche la stella Antares (Alfa Scorpii, mag. +1,1), che si è fatta più alta sull’orizzonte, situata a poco meno di 7° a ovest di Mercurio. Di certo, per osservare la coppia, sarà necessario disporre di un orizzonte orientale libero da ostacoli che possano impedirne la vista, considerando la scarsa altezza sull’orizzonte (Mercurio, il 21, all’orario indicato, si troverà ad appena 5° 20’ di altezza).

Ovviamente, con il passare dei minuti i corpi celesti si faranno più alti, ma il cielo diventerà rapidamente più chiaro, con i pianeti che pian piano svaniranno nella luce del giorno.

Per tutto il periodo, a quasi 20° di distanza, alto in cielo, il brillante Venere praticamente in linea con i due protagonisti che, assieme alla Luna, ci daranno ancora soddisfazione all’inizio del nuovo anno.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

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Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”

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21.12: Astrocena. Incontro conviviale tra i soci per il tradizionale scambio degli auguri natalizi. La prenotazione è obbligatoria. Comunicheremo successivamente ulteriori dettagli.

www.astrofilivicentini.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste

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CCAT

16.12, ore 20:30: Apertura osservatorio astronomico B. Zugna, su prenotazione. Presso comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT; per partecipare, contattare la Segreteria.

Tutti gli eventi sono disponibili anche alla pagina www.facebook.com/astrofilitrieste

Le prime volte di InSight su Marte, tra selfie, riprese dallo spazio e… vento che soffia leggero

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Le tre immagini riprese da MRO dello scudo termico (primo da sinistra), della sonda InSight al centro e del paracadute. Crediti: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona
L’ellisse della zona prevista di atterraggio e la posizione effettiva del lander, ora nota grazie alle immagini di MRO. In questo caso, l’immagine di base su cui sono state segnate ellisse e posizione del lander, è un’immagine della Elysium Planitia ripresa nel 2015 dalla camera THEMIS a bordo di Mars Odissey, altro orbiter della flotta di sonde marziane della NASA. Crediti: NASA/JPL-Caltech/ASU

Il 26 novembre scorso, il lander Insight della NASA è sceso su Marte, all’interno di un’ellisse prevista la rga 130 chilometri. Ora il team ha individuato con certezza il luogo dell’atterraggio utilizzando le immagini di HiRISE, la potente camera ad alta risoluzione a bordo di MRO (Mars Reconnaissance Orbiter), altra sonda, sempre della NASA in orbita stabile attorno al pianeta.

HiRISE ha ripreso sia InSight che il suo scudo termico e il pracadute, utilizzati e sganciati dopo l’ingresso in atmosfera, il primo, e dopo l’accensione dei razzi, il secondo, che le hanno permesso di posarsi in posizione corretta sul suolo marziano. Le riprese sono dello stesso set di immagini raccolto il 6 dicembre scorso e ripetute il giorno 11. I tre oggetti, lander, scudo e paracadute, si trovano entro i 300 metri l’uno dall’altro, e tutti e tre si trovano all’interno della Elysium Planitia, la pianeggiante e “noiosa” (come è stata definita) distesa lavica scelta per l’atterraggio.

L’alone scuro, di terreno annerito dai razzi della sonda durante l’atterraggio e, al centro, la forma vagamente a farfalla dei pannelli solari di InSight. Crediti: NASA/JPL-Caltech/University of Arizona

Nelle immagini i tre oggetti sembrano verdognoli, non è ovviamente il loro colore, semplicemente nelle riprese la luce riflessa dalla loro superficie ha saturato il sensore, poiché il terreno che le circonda è decisamente più scuro, e ancor di più nell’immagine che mostra la sonda, essendo stato annerito dai 5 razzi utilizzati per la discesa. Se guardate attentamente l’immagine della sonda, potrete notare la forma “a farfalla” dovuta ai suoi grandi pannelli solari spiegati (dal diametro di ben 2,2 metri l’uno).

In realtà non sono le prime immagini di InSight che MRO riprende, ma solo le prime del lander adagiato sulla superficie. La camera HiRISE ha infatti ripreso più volte InSight, sia  mentre era a bordo della sua navicella spaziale Phoenix. che l’ha accompagnato nel viaggio dalla Terra a Marte, sia durante la discesa con il suo paracadute. Purtroppo, a causa dell’angolazione poco adatta da cui ha tentato la ripresa, le immagini dell’atterraggio non sono riuscite.

La potete però vedere qui sotto nel suo primo “selfie”, del 6 dicembre, a dieci giorni marziani dall’arrivo (Sol 10). Se seguirà le orme del suo collega Curiosity ne vedremo parecchi di questi selfie… ma ricordiamo che non sono solo “scatti vanesi”, ma sono soprattutto necessari al team per controllare che tutto sia in ordine oltre a verificare lo stato dei pannelli solari, sicuramente uno dei tratti distintivi della sonda.

In questo primo selfie della sonda vediamo i grandi pannelli solari e il corpo principale della sonda, che ospita sulla sua parte superiore, i sensori per il controllo del meteo e l’antenna UHF. Crediti: Nasa/JPL-Caltech.

Com’è possibile che non si veda il braccio che tiene la camera con cui il selfie è stato fatto? Semplicemente perché non si tratta di un unico scatto, ma di un mosaico composto da più immagini che mostrano la sonda nella sua interezza, mentre braccio e camera restano fuori campo.

Intanto la sonda è al lavoro, sta testando gli strumenti e riprendendo immagini perché dal centro controllo possano decidere la più corretta disposizione del sismografo e dove trapanare per portare il sensore della temperatura, e il cucchiaio per la raccolta di campioni, a 5 metri sotto la superficie. Cominciando così la sua vera missione scientifica.

Video navigabile a 360° del panorama in apertura

Ma oltre alle immagini, InSight ci ha già mostrato come sia diversa da tutte le sonde che l’hanno preceduta, quasi a risposta della domanda ricorrente “perché un’altra sonda su Marte? Non ce ne sono a sufficienza?”. Ha battuto infatti un altro record, e ci ha fatto ascoltare per la prima volta il suono del vento marziano! O meglio… non avendo veri e propri microfoni, InSight ha inviato le vibrazioni dei suoi pannelli solari raccolte dal sismografo e dal sensore di pressione dell’aria che ha a bordo, che sono poi state convertite in suono. In fondo è proprio quello che fa il nostro cervello quando riceve il segnale delle vibrazioni dell’aria raccolte dalle nostre orecchie… La sonda infatti studierà non solo l’interno del pianeta, ma anche il suo meteo e i movimenti del lander dovuti a vari fattori, compreso il vento, che in questo caso soffiava tra le 10 e le 15 miglia orarie. Un vento consistente con la direzione delle tracce di dust devil osservati nell’area.
Questo sarà il primo e unico momento in cui il sismografo SEIS (Seismic Experiment for Interior Structure) potrà rilevare direttamente le vibrazioni della sonda. Nell’arco di qualche settimana infatti, verrà posizionato direttamente a contatto con il suolo marziano grazie al braccio robotico della sonda, e coperto da una cupola che lo proteggerà dal vento e dalle differenze di temperatura. Continuerà a sentire la sonda, ma solo attraverso il suolo marziano e resterà in ascolto dei movimenti dall’interno del pianeta.

Per saperne di più sulla missione, leggi lo speciale InSight alla scoperta del cuore di Marte


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Ballando con il nemico. L’immagine più nitida di R Aquarii

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L'immagine qui presentata è stata ottenuta dall'osservazione di R Aquarii effettuata da SPHERE/ZIMPOL e mostra la binaria insieme con i getti di materiali lanciati dalla coppia stellare. Crediti: ESO/Schmid et al.
L’immagine qui presentata è stata ottenuta dall’osservazione di R Aquarii effettuata da SPHERE/ZIMPOL e mostra la binaria insieme con i getti di materiali lanciati dalla coppia stellare. Crediti: ESO/Schmid et al.

Questa spettacolare immagine – la seconda puntata della settimana dell’ESO dedicata a R Aquarii – mostra dettagli intimi del drammatico duo stellare che forma la stella binaria R Aquarii. Sebbene la maggior parte delle stelle binarie siano legate tra loro in un garbato valzer condotto dalla gravità, la relazione tra le stelle di R Aquarii è molto meno serena. Nonostante le sue dimensioni minuscole, la più piccola delle due stelle in questa coppia sta estraendo costantemente il materiale dalla compagna morente: una gigante rossa.
Anni di osservazioni hanno portato alla luce la singolare storia della stella binaria R Aquarii, visibile al centro di questa immagine. La più grande delle due stelle, la gigante rossa, è un tipo di stella noto come variabile di tipo Mira. Alla fine della loro vita, queste stelle iniziano a pulsare, diventando 1000 volte più luminose del Sole, mentre i loro gusci esterni si espandono e vengono lanciati nel vuoto interstellare.

L’agonia di questa grande stella è di per sè drammatica, ma l’influenza della stella compagna, una nana bianca,trasforma questa affascinante situazione astronomica in un sinistro spettacolo cosmico. La nana bianca – che è più piccola, più densa e molto più calda della gigante rossa – strappa il materiale dagli strati esterni della compagna più grande. I getti di materiale stellare proiettati da questo gigante morente si vedono in questa immagine mentre sono espulsi verso l’esterno da R Aquarii.

Occasionalmente, una quantità sufficiente di materiale si accumula sulla superficie della nana bianca per innescare un’esplosione termonucleare di nova, un evento titanico che lancia una grande quantità di materiale nello spazio. I resti di nova avvenuti nel passato sono visibili nella tenue nebulosa di gas che si irradia da R Aquarii.

R Aquarii si trova a soli 650 anni luce dalla Terra – vicinissima in termini astronomici – ed è una delle stelle binarie simbiotiche più vicine alla Terra. In quanto tale, questa interessante binaria ha ricevuto particolare attenzione da parte degli astronomi per decenni. Fotografare la miriade di caratteristiche di R Aquarii era un modo perfetto per gli astronomi di testare le capacità del Polarimetro IMaging di Zurigo (ZIMPOL), uno dei componenti del cacciatore di pianeti SPHERE. I risultati hanno superato ciò che si ottiene con osservazioni dallo spazio – l’immagine mostrata qui è ancora più nitida rispetto alle osservazioni del famoso telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA.

Questa immagine mette a confronto una parte dell’osservazione a campo ampio di Hubble con i dettagli intricati scoperti dalle impareggiabili capacità di osservazione di SPHERE e del VLT. Crediti: ESO/Schmid et al./NASA/ESA

SPHERE è stato sviluppato in anni di studi e costruzioni proprio per essere dedicato a una delle aree più interessanti ed entusiasmanti dell’astronomia: la ricerca di esopianeti. Usando un sistema di ottica adattiva all’avanguardia e strumenti specializzati come ZIMPOL, SPHERE può raggiungere l’impresa impegnativa di produrre un’immagine diretta degli esopianeti. Tuttavia, le capacità di SPHERE non si limitano alla caccia agli sfuggenti esopianeti: lo strumento può anche essere usato per studiare una varietà di sorgenti astronomiche – come si può vedere da questa immagine affascinante delle caratteristiche peculiari di R Aquarii.

Ulteriori Informazioni

Questo lavoro è stato presentato nell’articolo “SPHERE / ZIMPOL observations of the symbiotic system R Aqr. I. Imaging of the stellar binary and the innermost jet clouds” di H.M. Schmid et. al, pubblicato dalla rivista Astronomy & Astrophysics.


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Circolo Culturale Astrofili Trieste

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CCAT

14.12, ore 18:30: Attività 28° anno Gruppo Tutela Ambiente Montano T.A.M. Conferenza “Mutazioni secolari di costellazioni e altre storie celesti”, relatore Stefano Schirinzi (Presidente CCAT). Presso la “Società Alpine delle Giulie”, Via di Donota, 2, Trieste

14.12, ore 20:00: Pizza sociale di fine anno. Per prenotazione, contattare la segreteria

16.12, ore 20:30: Apertura osservatorio astronomico B. Zugna, su prenotazione. Presso comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT; per partecipare, contattare la Segreteria.

Tutti gli eventi sono disponibili anche alla pagina www.facebook.com/astrofilitrieste

Luna e Marte, con Nettuno

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Dirigendo il nostro sguardo verso ovest-sudovest, nella prima serata del 14 dicembre, alle ore 22:15, potremo notare la presenza della Luna (fase del 44%) accompagnata da un infuocato puntino luminoso di color arancione: si tratta del pianeta Marte (mag. +0,2), situato a circa 4° 45’ a nordovest della Luna.

Il teatro dell’incontro è quello della costellazione dell’Acquario.

All’orario indicato la Luna si troverà a circa 11° di altezza sull’orizzonte e avremo a disposizione circa un’ora prima che tramonti.

L’altezza dei due soggetti è ideale per scattare delle fotografie che comprendano degli elementi del paesaggio circostante a far da cornice all’incontro. Anche se non sarà visibile a occhio nudo, a circa 3° 35’ a ovest della Luna si trova anche il lontano pianeta Nettuno (mag. +7,9).

Non solo! Poco dopo le 17, ci sarà anche un passaggio della Stazione Spaziale Internazionale proprio nei dintorni della congiunzione (in particolare per il Centro Italia). Controllate le esatte circostanze per la vostra località su Calsky o attraverso altri software e app gratuite.

Non dimentichiamo poi che queste sono le serate migliori per provare a osservare le Geminidi, le stelle cadenti invernali, e la cometa del momento, la 46P/ Wirtanen.

➜ Osserviamo le Geminidi.

➜ Cometa Wirtanen: si entra nel vivo!

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

Il meraviglioso campo della costellazione del Toro. I Parte.


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Dicembre su Coelum Astronomia 228

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Gruppo Astrofili Vicentini “G. Abetti”

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14.12: Osservazione della Cometa 46P/Wirtanen e dello sciame delle Geminidi. Uscita notturna con i propri telescopi in località Campogrosso. La Cometa 46P/Wirtanen, conosciuta come “la cometa di Natale”, è una cometa periodica che torna a farci visita ogni 5 anni. Al 14 dicembre si troverà a soli 11,6 milioni di chilometri dalla Terra e in condizioni ottimali di visibilità potremo individuarla ad occhio nudo. Si prevede che possa raggiungere la quarta magnitudine. Le Geminidi sono probabilmente lo sciame meteorico più intenso, quello con il maggior numero di stelle cadenti per ogni ora (ZHR previsto fino a 120). La partecipazione è gratuita ma per motivi organizzativi è necessario dare la propria adesione scrivendo a info@astrofilivicentini.it. Le iscrizioni apriranno lunedì 01/12/2018. Attenzione: l’organizzazione dell’evento è subordinata alle condizioni meteo. Se la località non sarà raggiungibile in auto a causa della neve, l’evento potrebbe essere svolto in altro luogo oppure essere annullato.

21.12: Astrocena. Incontro conviviale tra i soci per il tradizionale scambio degli auguri natalizi. La prenotazione è obbligatoria. Comunicheremo successivamente ulteriori dettagli.

www.astrofilivicentini.it

Unione Astrofili Senesi

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14 e 28.12, ore 21:30: Il cielo al castello di Montarrenti.

L’Osservatorio Astronomico di Montarrenti sarà aperto al pubblico per una serata osservativa dedicata al cielo del periodo. Prenotazione obbligatoria. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.
Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Accademia delle Stelle

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2018-12 Coelum AdS

2018-12 Coelum AdSSabato 15 dicembre: La notte della Cometa di Natale! Serata pubblica gratuita dedicata all’osservazione del cielo e della cometa Wirtanen al telescopio. Presso la nostra sede dalle ore 21:00. Info sulla pagina dei contatti.

A partire dal 21 gennaio: Corsi di Astronomia. Ricominceranno i nuovi corsi di astronomia presso la nostra sede! Corso di astronomia generale per scoprire l’universo dalla Luna al Big Bang: pianeti, stelle, galassie. Corso base completo di Fotografia Astronomica.

Maggiori informazioni:
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org/

Voyager 2 entra nello spazio interstellare

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di Massimo Orgiazzi – astronautinews.it
Per la seconda volta nella storia dell’umanità, un oggetto terrestre raggiunge lo spazio interstellare. Voyager 2, dopo la sonda gemella Voyager 1 che aveva raggiunto questo traguardo nell’agosto del 2012, è uscita dall’eliosfera, la regione di spazio popolata da particelle e campi magnetici creati dal nostro Sole.
Leggi lo speciale dedicato ai 40 anni delle missioni Voyager su Coelum astronomia 217 (in formato digitale e gratuito).

I membri del team della sonda Voyager 2 hanno condiviso oggi le conclusioni tratte dai dati letti in queste ultime settimane. Il giorno in cui si sono notate le maggiori differenze, rappresentando così la data formale di uscita dall’eliosfera, è il 5 novembre scorso. Il confine dell’eliosfera, noto come eliopausa, è il luogo dello spazio in cui il tenue e caldo vento solare incontra il denso e freddo mezzo interstellare. La sonda Voyager 1 aveva oltrepassato questo confine nel 2012, ma il fatto che anche Voyager 2 sia potuta arrivare a questo appuntamento ancora funzionante è di importanza fondamentale, per il fatto che quest’ultima ha ancora strumenti attivi che la sonda gemella non aveva più durante e dopo quell’evento. I rivelatori di vento solare a bordo della Voyager 1 hanno infatti smesso di funzionare nel 1990 e l’analoga strumentazione a bordo di Voyager 2 sta già fornendo e fornirà osservazioni senza precedenti in merito alla natura di questo passaggio attraverso l’eliopausa.

Voyager 2 si trova ora a più di 18 miliardi di chilometri di distanza dalla Terra, ma le comunicazioni con la sonda sono rimaste continue e regolari: gli esperti della missione contano ovviamente di mantenerle ben attive, proprio ora che diventano cruciali a seguito dell’entrata in questa nuova fase del viaggio. Alla distanza cui si trova, il segnale in arrivo dalla Voyager 2 impiega 16,5 ore per raggiungere la Terra. Per fare un raffronto, la luce irradiata dal Sole, distante circa 150 milioni di chilometri, impiega appena 8 minuti per raggiungerci.

I grafici sulla sinistra rappresentano il calo della corrente rilevata lungo tre direzioni dallo strumento PLS. E’ una delle evidenze fondamentali che prova l’arrivo della sonda nello spazio interstellare. A destra, una rappresentazione del PLS. Crediti: NASA/JPL-Caltech/MIT

L’evidenza più schiacciate dell’uscita di Voyager 2 dall’eliosfera è costituita dai dati raccolti dall’esperimento PLS (Plasma Science Experiment), uno strumento che ha cessato di funzionare sulla Voyager 1 già nel 1980, all’incirca durante il sorvolo di Saturno e ben 32 anni prima dell’arrivo all’eliopausa. Fino a tempi molto recenti, lo spazio nel quale viaggiava Voyager 2 era contraddistinto primariamente dal plasma proveniente dal Sole. Questo flusso, che caratterizza il vento solare, crea una sorta di bolla, chiamata eliosfera, che avvolge tutto il Sistema Solare. PLS usa la corrente elettrica generata dal plasma solare per rilevare la velocità, la densità, la temperatura, la pressione e il flusso del vento solare. PLS ha osservato un brusco calo nella velocità del vento solare a partire dal 5 novembre scorso. Da quella data in poi,  PLS non ha più osservato flusso di vento solare nello spazio attraversato dalla Voyager 2, il che ha reso quasi certi i membri del team a proposito del fatto che la sonda avesse definitivamente varcato il confine dell’eliopausa.

Le curve dei dati di particelle di raggi cosmici di provenienza galattica (in alto) e di particelle provenienti dall’eliosfera (in basso). Crediti: NASA’s Goddard Space Flight Center

Oltre al dato del plasma, il team ha avuto riscontri anche da tre altri strumenti a bordo della sonda: dal CRS (Cosmic Ray System), dal LECP (Low Energy Charged Particle) e dal MAG (Triaxial Fluxgate Magnetometer). I segnali di questa strumentazione sono tutti compatibili con la conclusione secondo cui Voyager 2 avrebbe lasciato l’eliosfera. Rispetto alla situazione parecchio compromessa della strumentazione della Voyager 1, si capisce come il team sia particolarmente eccitato all’idea di continuare le osservazioni con tutti i dispositivi funzionanti.

Tuttavia la comprensione del passaggio oltre l’eliosfera rimane “un lavoro di squadra”. Insieme, Voyager 1 e 2 stanno fornendo un quadro d’insieme il più preciso possibile su come l’eliosfera interagisca con il vento interstellare che fluisce dal suo esterno. E oltre alle due Voyager, anche un’altra missione, IBEX (Interstellar Boundary Explorer), fornisce dati complementari utili alla comprensione di questa interazione. La NASA sta anche approntando un’ulteriore missione (IMAP, Interstellar Mapping and Acceleration Probe), che dovrebbe allargare la squadra ed essere lanciata nel 2024 per comprendere a fondo e capitalizzare i dati raccolti dalle Voyager.


In questo video la NASA spiega la differenza tra i vari “confini” del nostro Sistema solare (è possibile attivare la traduzione italiana dei sottotitoli).

Ma se le sonde hanno lasciato l’eliosfera, non è ancora corretto affermare che abbiano lasciato il Sistema Solare e di certo non lo lasceranno nel breve termine. Si stima infatti che il confine vero e proprio del Sistema Solare sia collocato ben oltre il margine esterno della nube di Oort, la zona popolata da tutti quegli oggetti che non si trovano sotto l’influenza diretta della gravità solare. L’ampiezza della nube di Oort non è nota con certezza, ma si stima che possa estendersi sino a 100.000 unità astronomiche. Siccome un’unità astronomica corrisponde alla distanza tra la Terra e il Sole, ci vorranno circa 300 anni perché la Voyager 2 raggiunga il margine interno della nube e probabilmente non meno di 30.000 anni per superarla e arrivare al suo margine esterno.

Le sonde Voyager sono alimentate con generatori termici a radioisotopi (RTG) che utilizzano l’energia liberata dal decadimento radioattivo del plutonio-238. La potenza di questi generatori cala in ragione di 4 watt l’anno, il che implica come varie parti della strumentazione di bordo, incluse le fotocamere, sono state spente già da anni per poter gestire al meglio il consumo energetico. Il raggiungimento di questo traguardo ancora funzionanti, è quindi un risultato davvero importante per entrambe le sonde, in viaggio oramai da più di 41 anni.

I numeri di Voyager 2. Crediti: NASA

Voyager 2 era stata lanciata il nell’agosto del 1977, 16 giorni prima della gemella Voyager 1: entrambe hanno viaggiato ben oltre le loro originali destinazioni originali. Erano state costruite per funzionare 5 anni e per condurre osservazioni ravvicinate dei sistemi di Giove e Saturno, ma le missioni non sono finite lì e sono stati aggiunti ulteriori sorvoli. Proprio la Voyager 2 è stata diretta verso Urano e Nettuno e mentre le sonde attraversavano l’intero Sistema Solare lungo due rotte completamente diverse, l’ingegno umano ha dato prova della sua straordinaria efficacia superando le capacità di cui le Voyager erano dotate alla partenza mediante una riprogrammazione remota. I due sistemi planetari da osservare sono diventati quattro, la vita attesa di 5 anni si è allungata a 41, trasformando le Voyager nelle missioni esplorative più longeve in assoluto.

Come ha avuto modo di dire Carolyn Porco, già membro dell’imaging team delle due missioni, Voyager 1 ha fatto dell’umanità una specie interstellare. Voyager 2 ha dimostrato che non è poi così difficile continuare su quella strada. La storia delle due sonde ha influenzato non solo intere generazioni di scienziati ed ingegneri, ma anche la stessa cultura terrestre nelle sue più svariate forme, inclusi il cinema, la musica, la letteratura e l’arte in generale. Ognuna delle sonde, peraltro, è già portatrice di cultura, trasportando un disco, il Golden Record, che veicola suoni, immagini e messaggi provenienti dal pianeta Terra. E siccome le Voyager sono gli ambasciatori più lontani del genere umano nello spazio, il loro viaggio potrebbe durare miliardi di anni e la loro presenza essere ad un certo punto l’unico testimone della nostra esistenza. Per questo, l’importantissimo traguardo raggiunto ora anche da Voyager 2 non è la fine di una missione e nemmeno il termine di un viaggio. E’ solo l’inizio di un nuovo capitolo dell’esplorazione umana.


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Addio al premio Nobel Riccardo Giacconi

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Riccardo Giacconi (1931-2018). Fonte: Nobel Foundation archive.
Riccardo Giacconi (1931-2018). Fonte: Nobel Foundation archive.

Nato a Genova il 6 ottobre 1931, Riccardo Giacconipremio Nobel per la Fisica nel 2002 per il suo lavoro pionieristico nel campo dell’astronomia a raggi X, è morto ieri, domenica 9 dicembre, all’età di 87 anni.

«Riccardo si era formato nella scuola di Beppo Occhialini, a Milano», ricorda il presidente dell’Inaf Nichi D’Amico, «una scuola alla quale un pezzo del nostro Inaf appartiene, e nella quale continua a riconoscersi. Ricordo che da studente universitario, a metà degli anni Settanta, ebbi il privilegio di seguire un corso tenuto da Bruno Rossi, già professore al Mit e fondatore negli Stati Uniti di American Science and Engineering, che aveva accolto già da alcuni anni il Giacconi giovane pioniere, entusiasta e determinato. Ricordo l’affetto e l’ammirazione con cui Bruno Rossi descriveva il personaggio, peraltro già famoso, che poi divenne il fondatore indiscusso dell’astronomia a raggi X. E quando ebbi il piacere e l’onore di conoscerlo personalmente, rimasi inevitabilmente affascinato dal suo carisma».

Nel 1956 Giacconi lasciò Milano per trasferirsi negli Stati Uniti, dove si occupò di strumentazione per l’astronomia X – dapprima, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, con rilevatori a bordo di razzi, e in seguito, all’inizio degli anni Settanta, con Uhuru, il primo satellite per l’astronomia X. La ricerca pionieristica di Giacconi proseguì nel 1978 con Heao-2 (Einstein Observatory), il primo telescopio spaziale con imager a raggi X, e in seguito con Chandra, lanciato nel 1999 e tuttora in funzione.

Giacconi ha dato un contributo fondamentale anche all’astronomia ottica e infrarossa. Nel 1981 divenne il primo direttore dello Space Telescope Science Institute, ponendo le basi per l’enorme successo dello Hubble Space Telescope. E dal 1993 al 1999 fu direttore generale dell’Eso, proprio negli anni in cui si costruiva il Very Large Telescope.

Guarda l’intervista video rilasciata nel 2009 da Riccardo Giacconi a MediaInaf Tv:

Trascrizione completa dell’intervista:

«Era il periodo di Kennedy, eravamo convinti che negli Stati Uniti potevamo fare qualunque cosa. Eravamo giovani, eravamo molto aggressivi… Io ero già il vecchio, all’età – cos’era – avevo 31 anni quando abbiamo fatto le prime scoperte. Ero il vecchio, gli altri erano tutti più giovani, per cui era un gruppo veramente giovane».

«Quando abbiamo incominciato, il primo è scoppiato. Il secondo è andato su ma non si è aperta la porta. Il terzo ha funzionato. E nello stesso tempo, quell’anno lì, abbiamo lanciato 19 razzi da Johnstone Island, nel Pacifico, 4 da Kyruna, in Svezia, 6 strumenti su satellite e poi un satellite completo. Voglio dire, il lavoro andava con una velocità che era essenzialmente limitata non dal denaro ma dalla nostra capacità di concepire e fare. E questo era bellissimo».

«Quello che volevano che io facessi era cominciare del lavoro in fisica spaziale, studiare le particelle elementari… E di vedere l’effetto delle bombe nucleare sull’atmosfera. E terza cosa è quella che ha suggerito Bruno: “Perché non pensi un po’ a studiare questa astronomia a raggi X?”. Quello è l’inizio. Ma poi quando abbiamo lanciato Uhuru venivano giù i dati tutti i giorni, era come… Prima di tutto c’è un rumore di fondo dappertutto, che viene da distanze cosmiche. Si vede il cielo tutto illuminato in X, con poche sorgenti qui e là. Ma quello che veramente è stato importante non è stato trovare una sorgente in raggi X: era che questa stella in raggi X – questa prima sorgente che abbiamo visto, Scorpius X-1 – la luminosità in raggi X era mille volte quella della luce visibile».

«Prima di tutto occorre dire che non ho preso tutto il premio [Nobel, ndr] intero, perché c’erano quelli che avevano trovato i neutrini, che erano anche dal punto di vista astrofisico importanti. Allora hanno diviso il premio a metà: metà per i raggi X e metà per i neutrini. Per cui ho ricevuto metà, e mandare i miei nipoti a Harvard – ne ho due – costa molto di più di così!»

«Che cosa vuol dire per me? Io ho avuto più opportunità che molta molta gente, per cui sento un certo dovere di parlare con voi, di dare lezioni, di cercare di comunicare, no? Devo dire che, però, è una sorgente di grande “disappointment”, nel senso che, dal punto di vista illuministico, l’imparare, la scienza, la ragione e così via… L’ideale era che trasformava l’umanità, no? Io non vedo nessun segno, anzi: è il fondamentalismo che sta crescendo, non la razionalità. E questo dappertutto».


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Associazione AstronomiAmo

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LocandinaCoelum

13 dicembre, ore 21:30: Corso di Chimica online, relatore Dott. Mauro Di Lorenzo

Maggiori informazioni: https://www.astronomiamo.it

Arrivano le Geminidi, le stelle cadenti di dicembre

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Immagine indicativa della posizione del radiante nella costellazione dei Gemelli. Come sempre per osservare le stelle cadenti più lunghe e persistenti conviene guardare non direttamente nella direzione del radiante ma nel cielo circostante.

Anche quest’anno, nel periodo che va dal 4 al 16 dicembre, dirigendo lo sguardo verso la costellazione dei Gemelli, potremo assistere a un magnifico spettacolo, quello offerto dallo sciame meteorico delle Geminidi. Dopo gli sciami minori degli ultimi mesi, finalmente queste “stelle cadenti” invernali, proprio come per le Perseidi in agosto, permettono di godere delle scie luminose lasciate in cielo dai frammenti rocciosi e metallici che, entrando nell’atmosfera, si disintegrano illuminandosi.

Il picco di attività è atteso per le ore 13:30 del 14 dicembre, con uno ZHR di circa 120 meteore all’ora, anche se già il giorno prima e quello successivo è attesa una discreta attività.

➜ Continua su Osserviamo le Geminidi

Sono sempre validi i consigli che Giorgia Hofer ci ha dato il mese scorso per le Leonidi, come tutti i consigli dati per le stelle cadenti estive!

Ricordiamo poi che in queste serate è anche il momento migliore per osservare, anche a occhio nudo con un buon cielo a disposizione, la cometa di Natale, la 46P/ Wirtanen

➜ Cometa Wirtanen: si entra nel vivo!

Controllate poi sempre l’eventuale presenza di un passaggio della Stazione Spaziale Internazionale, che potrebbe impreziosire i vostri scatti (controllando poi le corrette circostanze per la vostra località con un software apposito).

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS di dicembre

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018


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Ultimi sguardi a Luna e Saturno

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Il 9 dicembre, una sottile falce di Luna (fase del 5%) si troverà a circa 5° a nordest di Saturno (mag. +0,5). Si tratterà di una congiunzione piuttosto ampia ma comunque di interesse, soprattutto se si desidera osservare o fotografare le falci lunari molto sottili.

Per individuare la coppia, basterà orientarsi verso sudovest, con la Luna che sarà alta circa 11° sull’orizzonte. Il cielo sarà ancora piuttosto chiaro, nel pieno del tramonto.

➜ Leggi anche Le falci lunari di dicembre

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➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ Comete. Wirtaten, non deluderci!


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Aperitivo con le Stelle 3

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CCAT_Apertitivo con le Stelle 3_2018-12-12

CCAT_Apertitivo con le Stelle 3_2018-12-12

Il Circolo Culturale Astrofili Trieste presenta:
APERITIVO CON LE STELLE 3

Secondo appuntamento, Mercoledì 12 Dicembre, per “APERITIVO CON LE STELLE 3”, ciclo di eventi multimediali dedicati all’Astronomia organizzati dal Circolo Culturale Astrofili Trieste presso l’elegante cornice dell’hotel NH Trieste.

Lo speciale evento, unico a livello nazionale, sarà aperto alle ore 18:00 con l’APERITIVO STELLARE (consumazione: € 5,00/persona) che avrà luogo nel contesto della mostra fotografica “PIANETI E PROFONDO CIELO”, che raccoglierà alcune tra le più belle e significative immagini di oggetti astronomiche riprese dall’Associazione in oltre trenta anni di storia; i soci faranno da guida fornendo indicazioni sulle immagini ai partecipanti.

Nella stessa sala, si affiancherà “LIFT-OFF TO SPACE”, bellissima e ricca esposizione di modelli aerospaziali in scala realizzati da Giovanni Chelleri, socio del Circolo e creatore di realistici modelli tra i più apprezzati a livello nazionale ed internazionale.

L’immersione nell’Astronomia proseguirà alle ore 18:30 con la relazione “MONDI ABITATI E MONDI ABITABILI”, tenuta dall’astrofisico Giovanni Vladilo (INAF), Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Trieste, che esporrà sia le tecniche di rilevamento di questi esotici oggetti che le interessanti caratteristiche intrinseche che permettono di valutare la possibilità della presenza di vita su questi mondi lontani, separati da noi dalle immense distanze siderali.

Di seguito, Stefano Schirinzi, Presidente del Circolo Culturale Astrofili Trieste ed esperto planetarista, trasformerà la volta in un avveniristica “volta celeste” grazie al planetario digitale per la relazione di chiusura, “IL CIELO STELLATO DI DICEMBRE”, dove verranno fornite spiegazioni sulla visibilità di pianeti, costellazioni nonché sui più interessanti oggetti del cielo profondo visibili in questo periodo.

L’appuntamento con il ricco mix astronomico di “APERITIVO CON LE STELLE 3” è per Mercoledì 12 Dicembre 2018, con inizio alle ore 18:00 presso l’hotel NH Trieste (C.so Cavour, 7).

Altri appuntamenti del Circolo nel mese di dicembre:

14.12, ore 18:30: Attività 28° anno Gruppo Tutela Ambiente Montano T.A.M. Conferenza “Mutazioni secolari di costellazioni e altre storie celesti”, relatore Stefano Schirinzi (Presidente CCAT). Presso la “Società Alpine delle Giulie”, Via di Donota, 2, Trieste

14.12, ore 20:00: Pizza sociale di fine anno. Per prenotazione, contattare la segreteria

16.12, ore 20:30: Apertura osservatorio astronomico B. Zugna, su prenotazione. Presso comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT; per partecipare, contattare la Segreteria.

Per informazioni sulle attività del Circolo:
www.astrofilitrieste.it
www.facebook.com/astrofilitrieste

Segreteria:
info@astrofilitrieste.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste

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CCAT

10.12, ore 18:30: Conferenza “Energia: Quale futuro?”,

relatore Prof. Edoardo Bogatec. Presso la sala “Centro Natura” comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT.

12.12, ore 18:00: “Aperitivo con le stelle 3”, presso hotel NH Trieste (C.so Cavour , 7 Trieste).
Consumazione al bat: 5,00€, Conferenza “Mondi abitati e mondi abitabili”,
relatore Giovanni Vladilo (Direttore OAT/INAF).
Mostra fotografica “Pianeti e Profondo Cielo”
Esposizione modelli aerospaziali in scala (autore Giovanni Chelleri)
Planetario: “Il cielo stellato di dicembre”, relatore Stefano Schirinzi (Presidente CCAT)

14.12, ore 18:30: Attività 28° anno Gruppo Tutela Ambiente Montano T.A.M. Conferenza “Mutazioni secolari di costellazioni e altre storie celesti”, relatore Stefano Schirinzi (Presidente CCAT). Presso la “Società Alpine delle Giulie”, Via di Donota, 2, Trieste

14.12, ore 20:00: Pizza sociale di fine anno. Per prenotazione, contattare la segreteria

16.12, ore 20:30: Apertura osservatorio astronomico B. Zugna, su prenotazione. Presso comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT; per partecipare, contattare la Segreteria.

Tutti gli eventi sono disponibili anche alla pagina www.facebook.com/astrofilitrieste

Cometa Wirtanen: si entra nel vivo!

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Il cammino della cometa fino ai primi del nuovo anno. Anche un'immagine composita che ce la mostra durante il suo percorso, tracciando eventuali modifiche di luminosità e forma, potrebbe essere un'idea di ripresa (cieli sereni permettendo).

Si entra nel vivo! La cometa 46/P Wirtanen è ormai vicinissima alla Terra e continuerà ad avvicinarsi fino al 16 dicembre, giorno in cui toccherà la minima distanza dal nostro pianeta (meno di 12 milioni di chilometri).

Ma già adesso, e poi sicuramente almeno per tutto dicembre, la sua luminosità sarà tale da permetterci di “sbirciarla” a occhio nudo. Sotto un ottimo cielo dolomitico, in un’osservazione del 4 dicembre, mi è parso a momenti di notarla per la prima volta senza strumenti nonostante fosse ancora piuttosto bassa in cielo. Sia chiaro, niente di appariscente, solo un fantasmino immerso tra le stelle dell’Eridano che compariva a momenti con il metodo della visione distolta, ovvero guardandolo di lato e non direttamente l’oggetto, azionando quindi la parte dell’occhio più sensibile in condizioni di scarsa illuminazione.

La cometa, quel piccolo batuffulo verde più o meno al centro dell'immagine, a destra di Orione (cliccare per ingrandire), proprio sopra le creste del Monte Civetta, in una foto a grande campo dell'autore. Crediti: Claudio Pra.

Passando al binocolo 20×90 la Wirtanen, si è invece mostrata evidentissima e così l’ho descritta:
«La valuto di quinta magnitudine. Possiede un piccolo falso nucleo centrale inserito in un anellino luminoso, a sua volta circondato dal resto della chioma più tenue ma ben rilevabile. Esternamente un involucro appena percepibile aumenta ancora le sue già rilevanti dimensioni. Niente coda».

La coda della cometa, a occhio nudo o con uno strumento, è al momento fuori vista, ma si mostra nelle immagini del 4 dicembre scorso: sulla sinistra rielaborazione della cometa 46P/Wirtanen ripresa con telescopio remoto Rifrattore Apo Petzval 106mm F5 situato presso l’Osservatorio astronomico di Siding Spring (Australia), nell’ambito della “Campagna Osservativa del Progetto PACA 46P”. Si nota ancora una debole ma lunga coda. A destra, elaborazione in negativo della medesima immagine per evidenziare la coda della Cometa 46P/Wirtanen, praticamente invisibile altrimenti. Crediti: Francesco Badalotti, www.astronomicalangrenus.it

Anche nel piccolo binocolo 10×50 si è mostrata facilmente tanto da riuscire a osservarla senza problemi anche il giorno seguente, alta solo una decina di gradi sull’orizzonte. Due giorni dopo, il 6 dicembre, l’ho rivista non particolarmente cambiata, anche se l’interno della chioma mi è sembrato più luminoso.

Una composizione di Rolando Ligustri, con la cometa ripresa sempre il 4 dicembre, a cui viene affiancata la dimensione della Luna, per mostrare quanto si estenda, in questo tipo di riprese, la chioma della cometa. Non significa però che a occhio nudo si veda "grande come la Luna", come certi titoli inducono a pensare! Ci scrive: "se ancora non riusciamo ad apprezzare a pieno la cometa, è perchè è ancora bassa, perchè abbiamo velature e IL, sulla foto fatta in remoto con cielo scurissimo e cometa a 70 gradi sull'orizzonte, ho misurato una chioma (fino alle parti più esterne, 75') per cui il rapporto con la luna piena è come da immagine che allego". Crediti: Rolando Ligustri

Parlavamo qualche riga fa della coda, la parte che rende spettacolari questi oggetti. La Wirtanen al momento ne ha una quasi invisibile, già piuttosto difficile da evidenziare nelle riprese dei più bravi astrofotografi. Nelle immagini la chioma diventa però enorme. Ma tutto è in evoluzione e occorre quindi tenerla costantemente d’occhio.

Risulterà evidente di sera in sera la sua grande corsa sulla volta celeste che è rilevabile anche solo osservandola per un’oretta. Ma anche i suoi cambiamenti di aspetto e di dimensioni, sperando nella comparsa di una bella coda. Senza contare eventuali outburst chiaramente non prevedibili ma sempre possibili, che la trasformerebbero in qualcosa di indimenticabile.

Senza però fare voli di fantasia siamo assolutamente certi che il 16 dicembre, giorno del massimo avvicinamento al nostro pianeta e della presumibile massima luminosità raggiunta, per una coincidenza fortunata sarà anche molto vicina alle Pleiadi. La luminosa Wirtanen insieme alle Sette Sorelle, qualcosa di imperdibile.

E non solo… ci troveremo anche nei giorni migliori per l’osservazione delle Geminidi! Le stelle cadenti invernali. Il 14 e il 15 infatti sono le notti consigliate per l’osservazione, ma non è raro vederne anche nei giorni precedenti e successivi.

Il 23 dicembre passerà invece a meno di un grado da Capella, la stella Alfa dell’Auriga.

Per maggiori dettagli ➜ Wirtaten, non deluderci!

Il Cielo di Dicembre

La grande altezza in cielo, l’ora comoda di osservazione, una cometa luminosa come da tempo non vedevamo, cosa volere di più. Tutti sotto le stelle quindi, per salutare questa viaggiatrice celeste protagonista fin qui di tanti passaggi anonimi, ma che quest’anno se ne concede uno diverso, da protagonista.

Un'altra immagine a grande campo dell'autore, dove la cometa appare sopra le velature del cielo, sulla destra dell'immagine (cliccare per ingrandire). Crediti: Claudio Pra.

Per riprenderla al meglio nel paesaggio, trovate i consigli di Giorgia Hofer sul nuovo Coelum astronomia ora online (come sempre in formato digitale gratuito):

Fotografiamo la cometa di Natale, la 46P/ Wirtanen

Ultima immagine dell'autore, qui la cometa è al centro dell'immagine, circondata dal profilo delle Dolomiti e dagli alberi. Non vi resta che sbizzarririvi con i consigli di Giorgia Hofer al link qui sopra e il paesaggio della vostra terra. Buone osservazioni! Crediti: Claudio Pra.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜ Per uno spunto in più controlla le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

Ali di cometa danzano nel vento solare i segreti della coda della C/ 2006 P1 McNaught

➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com.
E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in
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7 dicembre, ore 18:10: Congiunzione Marte e Nettuno

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Quella del 7 dicembre sarà una congiunzione davvero particolare: vedrà coinvolti i pianeti Marte (mag. +0,1) e il remoto pianeta Nettuno (mag. +7,9).

I due pianeti si incontreranno tra le stelle dell’Acquario e si troveranno davvero vicini, a una distanza apparente di appena 4′ circa, con Marte situato a nordest di Nettuno.

La differenza di magnitudine sarà piuttosto accentuata ma sarà comunque interessante osservare la coppia, al binocolo (Nettuno non è visibile a occhio nudo) o al telescopio, e tentare di fotografare l’incontro.

➜ Leggi anche Le falci lunari di dicembre

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Osiris-Rex ha raggiunto Bennu

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Sequenza di 14 immagini PolyCam durante l'intera fase di approccio - Credits: NASA's Goddard Space Flight Center/University of Arizona - Processing: Marco Di Lorenzo
Il manifesto celebrativo dell’arrivo della sonda su Bennu.
Sequenza di 36 esposizioni da 2,2 millisecondi, con contrasto accentuato, ottenuti dalla PolyCam in un intervallo temporale di 4 ore e 18 minuti – Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center/University of Arizona – Processing: Marco Di Lorenzo

Dopo aver viaggiato nello spazio per più di due anni e oltre 3 miliardi di km, intorno alle 18 del 3 novembre, il veicolo “Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer” (OSIRIS-REx) della NASA è arrivato a destinazione, l’asteroide Bennu. La sonda spaziale impiegherà quasi un anno a esaminare l’asteroide con cinque strumenti scientifici, con l’obiettivo di selezionare un luogo che sia sicuro e scientificamente interessante per raccogliere il campione di regolite (polvere superficiale). OSIRIS-REx recapiterà il campione alla Terra nel settembre 2023, nel deserto dello Utah.

La manovra di arrivo è consistita nell’accensione dei motori per circa 20 sec, variando la velocità del veicolo di 23 cm/s; la sonda dovrebbe essere giunta a soli 17 km da Bennu. Il giorno dopo ha sorvolato il polo Nord dell’asteroide a meno di 8 km, per poi spostarsi sull’equatore e infine sul polo sud, eseguendo una serie di tratti rettilinei. Questo servirà anche a fare una stima preliminare della massa di Bennu, in vista di una immissione in orbita a circa 1 km di altezza.

Per l’occasione, è stata rilasciata una spettacolare animazione che mostra Bennu in rotazione da una distanza di 80 km (presumibilmente lo scorso 25 novembre), con una risoluzione di poco superiore a 1m/pixel. La versione rimpicciolita l’avete vista qui in alto a destra, in apertura, mentre l’originale è visionabile nel sito del Goddard Media Studio.

È anche possibile ammirare una sequenza animata con tutte le immagini raccolte durante la fase di approccio, da cui è stata ottenuta la seguente selezione di fotogrammi, che rendono l’idea del cambiamento mentre ci si avvicinava da 2,2 milioni di km a 65 km (17 agosto – 27 novembre).

Sequenza di 14 immagini PolyCam durante l’intera fase di approccio – Credits: NASA’s Goddard Space Flight Center/University of Arizona – Processing: Marco Di Lorenzo

La fase di approccio, che abbiamo seguito costantemente nel Mission Log dedicato, è durata oltre 3 mesi durante i quali la sonda ha effettuato quattro manovre correttive che hanno ridotto la velocità relativa tra asteroide e sonda da 491 m/s  iniziali a soli 4 cm/s. La diretta NASA si è conclusa con una serie di applausi e subito dopo è passata a seguire lo spettacolare aggancio della Soyuz con la stazione spaziale internazionale, sopra l’oceano Atlantico meridionale.

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Osiris-Rex arriva alla meta: ecco Bennu di Media INAF Un successo anche italiano. L’Istituto nazionale di astrofisica è coinvolto nel progetto con Maurizio Pajola dell’Osservatorio di Padova, Elisabetta Dotto dell’Osservatorio di Roma e John Robert Brucato dell’Osservatorio di Arcetri

La NASA dà il via libera a OSIRIS-REx Quando tutto è iniziato.


Dalle Origini al Futuro
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Coelum Astronomia di Dicembre
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Una supernova in M77! Controllate le vostre riprese!

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La prediscovery di Koichi Itagaki, del 24 novembre.
M77 in uno scatto del 2017 di Andrea Tosatto, ovviamente la supernova non era ancora presente. Cliccando sull’immagine tutti i dettagli della ripresa su Photocoelum.

Nella notte del 24 novembre, il programma professionale americano di ricerca supernovae DLT40, ha individuato una nuova supernova nella galassia a spirale M77. Erano due anni e mezzo che nelle galassie del catalogo Messier mancava un evento di questo tipo!

Questa supernova è anche un pò italiana, perché i tre astronomi del DLT40 che l’hanno individuata, utilizzando il telescopio Prompt da 0,40 metri posizionato presso l’Osservatorio di Cerro Tololo sulle Ande cilene, sono stati gli americani David J. Sand, Sam Wyatt e, appunto, l’italiano Stefano Valenti, laureato in Fisica all’Università di Ferrara.

Perché le supernovae che esplodono in una galassia Messier raccolgono tanto entusiasmo? Perché si tratta ovviamente di galassie importanti, in dimensione e visibilità, e relativamente facili alla ripresa anche per la più semplice strumentazione amatoriale per il deep sky. Tra i bersagli più fotografati dagli appassionati, e quindi con la maggior probabilità di avere immagini dell’esplosione dalla nascita e per tutta la sua evoluzione. Dati importanti anche per la ricerca professionale.

Si tratta perciò di uno dei campi in cui ricerca amatoriale e professionale sono ancora strettamente correlate, nonostante i programmi professionali tolgano sempre più agli amatori il piacere di nuove scoperte. Leggendo il report completo, sul prossimo numero di Coelum astronomia di gennaio, se ne potrà avere la completa percezione (nel frattempo potete sempre sfogliare il numero di dicembre ora online, o le precedenti rubriche sulle supernovae a cura dell’ISSP, di Fabio Briganti e Riccardo Mancini). Troverete, come sempre, tutti i dettagli della scoperta e della raccolta degli spettri di conferma, che gli hanno valso il nome di SN2018icv.

La prediscovery di Koichi Itagaki, del 24 novembre.

Qui invece vi invitiamo a controllare le vostre immagini dal 20 novembre in poi (data in cui è probabilmente esplosa). Se siete riusciti a riprenderla prima del 24 novembre, potreste avere tra le mani un’importante “prediscovery”!

L’astrofilo giapponese Koichi Itagaki, infatti vanta una pre-discovery con un’immagine ottenuta la notte precedente la scoperta, con la supernova che appariva di mag. +15,1.

Per chi invece non ha fatto riprese recenti di M77, in questo periodo culmina in cielo a un orario comodo, intorno alle 22, nella costellazione della Balena, vicina alla stella Delta Ceti. Posizionata sull’equatore celeste è pertanto visibile senza preferenze da entrambi gli emisferi e rappresenta la galassia più luminosa con nucleo attivo.

Al momento della scoperta la supernova brillava di mag. +14,6 e, nei giorni seguenti, la luminosità è andata leggermente ad aumentare.

La supernova SN 2018ivc nella ripresa del Virtual Telescope. Scatto del 28 novembre.

M77 ha un nucleo interno ampio e molto condensato e un alone esterno molto esteso e rarefatto. La supernova è posizionata sulla linea di confine, ma principalmente nella parte più rarefatta, e pertanto grazie alla notevole luminosità rappresenta un facile oggetto da osservare facendo però attenzione a non sovraesporre troppo la ripresa, per impedire che il nucleo denso sovrasti con la sua luminosità quella della supernova.

Buona osservazione!


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Associazione AstronomiAmo

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LocandinaCoelum

6 dicembre, ore 21:30: Corso di Fisica Online, relatore Dott. Ivan Delvecchio

13 dicembre, ore 21:30: Corso di Chimica online, relatore Dott. Mauro Di Lorenzo

Maggiori informazioni: https://www.astronomiamo.it

Fermi e la luce dell’Universo

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Costruita sulla base di nove anni di osservazioni del Large Area Telescope di Fermi, questa mappa mostra come il cielo a raggi gamma appare a energie superiori a 10 miliardi di elettronvolt. Il piano della nostra galassia, la Via Lattea, corre lungo il centro della trama. Colori più brillanti indicano sorgenti di raggi gamma più brillanti. Crediti: Nasa/Doe/Fermi Lat Collaboration

4000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000, ovvero 4 seguito da 84 zeri.

Il telescopio spaziale Fermi per la rilevazione dei raggi gamma.

Questo numero letteralmente “astronomico”, che rappresenta la somma di tutti i fotoni emessi finora dalle stelle nell’universo fin quasi dall’inizio della sua storia, è stato stimato per la prima volta da un team internazionale di scienziati grazie ai dati raccolti in oltre 9 anni dal Large Area Telescope di Fermi, missione spaziale della NASA, con una fondamentale partecipazione italiana grazie ai contributi dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).

Lo studio è stato pubblicato sull’ultimo numero della rivista Science ed è basato sull’analisi dell’emissione di raggi gamma di un esteso campione di galassie attive distanti, che ha permesso di stimare il tasso di formazione delle stelle e fornire un riferimento per le future missioni che esploreranno gli albori dell’evoluzione stellare.

La luce emessa da tutte le galassie nel corso della storia dell’Universo produce quella che è nota come luce extragalattica di fondo (EBL) alle lunghezze d’onda ultravioletta, ottica e infrarossa. Questa luce di fondo rappresenta una fonte di “opacità” per i raggi gamma, e lascia un’impronta negli spettri delle sorgenti gamma distanti. I ricercatori hanno misurato questa attenuazione utilizzando come riferimento 739 galassie attive e un lampo gamma veloce rilevato dal Fermi Large Area Telescope. Ciò ha permesso di ricostruire l’evoluzione della luce extragalattica di fondo e di determinare la storia della formazione stellare dell’Universo per oltre il 90 per cento della sua evoluzione.

«Grazie ai dati raccolti dal telescopio Fermi, siamo stati in grado di misurare l’intera quantità di luce stellare mai emessa», dice Marco Ajello della Clemson University, primo autore dello studio. «Le stelle creano la maggior parte della luce che vediamo e sintetizzano la maggior parte degli elementi pesanti dell’universo, come il silicio e il ferro. Capire l’universo in cui viviamo dipende in gran parte dalla nostra comprensione di come si sono evolute le stelle».

Uno degli obiettivi principali della missione Fermi, che quest’anno ha celebrato il suo decimo anniversario, è stato quello di fare una stima della luce di fondo extragalattica, una sorta di “nebbia” cosmica composta da luce ultravioletta, visibile e infrarossa che le stelle hanno creato nel corso della storia dell’universo. Infatti, poiché la luce stellare continua a viaggiare attraverso il cosmo molto tempo dopo che le sue sorgenti sono esaurite, misurare la Ebl permette agli astronomi di studiare la formazione e l’evoluzione stellare in modo indipendente dallo studio dalle indagini sulle stelle stesse.

«In generale, sfruttiamo la radiazione gamma rivelata dai nostri osservatori in orbita per studiare gli oggetti celesti. In questo caso, invece, quantifichiamo l’assenza di radiazione gamma per censire la luce che pervade l’universo», spiega Patrizia Caraveo, responsabile per l’Inaf dello sfruttamento scientifico dei dati Fermi-Lat. «È affascinante vedere cosa si può ricavare dall’evidenza di una assenza. Esaminando, galassia per galassia, il deficit nell’emissione gamma che noi abbiamo misurata rispetto a quella che pensiamo esse abbiano prodotto, possiamo stimare la quantità di fotoni killer che sono stati prodotti da tutte le stelle che hanno brillato in qualche epoca nel nostro universo. Un risultato veramente “universale”, che bene si presta a festeggiare i 10 anni di vita orbitale della missione Fermi».

Identificare con un numero la quantità di luce stellare mai prodotta è davvero arduo, viste le tante variabili in gioco, ma lo studio stima che il numero di fotoni emessi fino ad ora dalle stelle del nostro Universo ammonti all’incredibile cifra di 4×1084, appunto quel 4 seguito da una sfilza di 84 zeri.

Ajello e il suo team hanno analizzato quasi nove anni di dati disponibili per i segnali gamma di 739 blazar, galassie contenenti buchi neri supermassicci in grado di rilasciare getti di particelle energetiche attraverso il cosmo a una velocità vicina a quella della luce. Quando uno di questi getti è puntato direttamente sulla Terra, è rilevabile anche se molto distante. I fotoni dei raggi gamma prodotti all’interno dei getti si scontrano con la “nebbia” cosmica, lasciando un’impronta osservabile. Questo ha permesso di misurare la densità della nebbia non solo in un dato luogo ma anche in un dato momento della storia dell’universo. «La luce gamma che viaggia attraverso la nebbia provocata dall’Ebl ha una grande probabilità di essere assorbita», dice Ajello. «Misurando quanti fotoni sono stati assorbiti, siamo stati in grado di misurare lo spessore della nebbia e anche, come funzione del tempo, quanta luce c’era nell’intera gamma di lunghezze d’onda».

 

Questa mappa dell’intero cielo mostra la posizione dei 739 blazar utilizzati dal telescopio spaziale Fermi per la misurazione della luce di fondo extragalattica. Lo sfondo mostra il cielo così come appare in banda gamma con energie superiori a 10 miliardi di elettronvolt, l’immagine è stata costruita a partire dai dati raccolti in nove anni di osservazioni del Large Area Telescope di Fermi. Crediti: Nasa/Doe/Fermi Lat Collaboration

La misura quintuplica il numero di blazar rispetto a quelli utilizzati in una precedente analisi sulla luce extragalattica di fondo fatta con Fermi e pubblicata nel 2012, e include nuovi calcoli su come l’Ebl si costruisce nel tempo, rivelando che il picco di formazione delle stelle risalirebbe a circa 10 miliardi di anni fa.

La nuova misurazione della Ebl fornisce inoltre un’importante conferma delle precedenti stime di formazione stellare provenienti da altre missioni, come Hubble, che però non riescono a misurare stelle e galassie più deboli e non possono tener conto della formazione stellare che avviene nello spazio intergalattico. «Questa è una conferma indipendente delle precedenti misurazioni dei tassi di formazione stellare», conclude David Thompsondeputy project scientistdi Fermi presso il Goddard Space Flight Center della Nasa, a Greenbelt. «In astronomia, quando due metodi completamente indipendenti danno la stessa risposta, di solito significa che stiamo facendo qualcosa di giusto. In questo caso stiamo misurando la formazione stellare senza guardare le stelle, ma osservando i raggi gamma che hanno attraversato il cosmo».

Per saperne di più:

Guarda il servizio video su MediaInaf Tv:


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Coelum Astronomia di Dicembre
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Dopo Venere, la sempre più sottile falce di Luna incontra Mercurio

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Una sottilissima falce di Luna, ripresa da Claudio Pra. L’età è di appena 18 ore e 37 minuti (fase dello 0,0068%)!


È un altro appuntamento al mattino quello del 5 e 6 dicembre. Si tratta in entrambi i casi di un’osservazione al limite, soprattutto per il 6 dicembre.

Se, infatti, il giorno 5 la Luna (fase del 4%) si troverà a 8° 21’ a nordovest di Mercurio, a una altezza di circa 12° sull’orizzonte est-sudest, il giorno 6, alla stessa ora, non solo la falce di Luna si sarà fatta ancora più sottile (fase dell’1,2%) ma sarà anche prossima all’orizzonte, a una altezza di appena 2°. La distanza apparente dal pianeta sarà in questo caso di circa 4° 50’, con la Luna posta a sud-est di Mercurio.

Una sottilissima falce di Luna, ripresa da Claudio Pra. L’età è di appena 18 ore e 37 minuti (fase dello 0,0068%)!

In entrambi i casi, il cielo sarà già piuttosto chiaro, per via del crepuscolo mattutino, cosa che renderà la sfida ancora più interessante. Considerata la scarsa altezza degli oggetti, viene da sé che per effettuare l’osservazione servirà un orizzonte pulito e privo di ostacoli. Sarà però una ghiotta occasione per i “cacciatori” di sottili falci lunari, con il bonus di poter immortalare anche il sempre elusivo Mercurio.

➜ Leggi anche Le falci lunari di dicembre

Non trascuriamo poi l’osservazione di Venere sempre brillante e alto in cielo sull’orizzonte sudest.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜ La LUNA di dicembre.
Approfondimento: Guida all’osservazione della Regione tra i crateri Rocca e Vieta

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ Comete. Wirtaten, non deluderci!

➜ Il meraviglioso campo della costellazione del Toro. I parte.


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Dicembre su Coelum Astronomia 228

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La Luna di dicembre 2018

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Le fasi della Luna in dicembre, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.

Nel primo scorcio di dicembre prosegue la fase calante del nostro satellite fino al giorno 7 quando alle 8:20 il nostro satellite sarà in Novilunio. Iniziato quindi un nuovo ciclo lunare, contestualmente riprenderà la fase crescente portando il nostro satellite a una sempre maggiore visibilità di sera in sera, con la fase di Primo Quarto che sarà raggiunta il giorno 15 dicembre,  fino al Plenilunio del giorno 22 con la Luna a un’altezza di +19° tra le costellazioni di Orione e dei Gemelli.

Da qui di nuovo in fase calante, con l’Ultimo Quarto previsto il giorno 29, andando così a chiudere sia il mese di dicembre sia il 2018, quando nell’ultima notte dell’anno allo scoccare della fatidica “mezzanotte” il nostro satellite sarà in fase di 24,6 giorni anche se si troverà a –32° sotto l’orizzonte, in attesa di affacciarsi al nuovo anno.

Approfondisci con la Luna di Dicembre su Coelum Astronomia 228

A dicembre osserviamo

14 dicembre. I Monti Caucasus

La prima proposta del mese è per la serata del 14 dicembre col nostro satellite in fase di 7,3 giorni, (colong. 355,5°; frazione illuminata 42,3%) e visibile per buona parte della sera, tramontando alle 23:27, con target i monti Caucasus situati nel settore centrosettentrionale della Luna, tra i mari Imbrium a ovest e Serenitatis a est.

Per individuare la regione dei monti Caucasus nella sera indicata basterà orientare il telescopio fra la vasta e scura distesa basaltica del mare Serenitatis e il vicino terminatore.

➜ Continua la scoperta dei Monti Caucasus

Osserviamo le
sottili falci di Luna

Per gli appassionati delle falci di Luna, questo mese gli appuntamenti sono tanti e interessanti! Si comincia il 4 dicembre con gli eventi prima dell’alba, e l’8 dicembre con quelli del tardo pomeriggio. Con Venere, Mercurio, Giove e Saturno a fare da contorno.

➜ Le falci lunari di dicembre

Sono sempre validi i consigli per la ripresa della Luce Cinerea della Luna, e il prossimo mese Giorgia Hofer dedicherà la sua rubrica Uno Scatto al Mese proprio alla ripresa delle sottilissime falci di Luna nel paesaggio e i congiunzione con i pianeti.
Non perdete il numero di gennaio di Coelum Astronomia!

16 dicembre. Il Cratere Maginus

Per la seconda proposta, prevista per la serata del 16 dicembre, dovremo spostarci nell’estremo settore meridionale della Luna concentrando la nostra attenzione fra i crateri Tycho e Clavius, precisamente su Maginus, una grande struttura crateriforme di 170 km di diametro.

➜ continua su Il Cratere Maginus

21 dicembre. Terminatore ovest fra i crateri Rocca e Vieta

La terza e principale proposta di questo mese è per la serata del 21 dicembre, quando dopo le 17:00 circa il nostro target sarà una regione situata in prossimità del bordo lunare sud occidentale, a grandi linee fra Grimaldi a nord e Schickard a sud ma più precisamente fra i crateri Rocca e Vieta.

Nella serata indicata il nostro satellite sarà in fase di 14,3 giorni a un’altezza iniziale di +14° (la sera successiva sarà in Plenilunio) e dopo la culminazione in meridiano delle 23:32 a +63° si renderà osservabile fin verso l’alba del mattino seguente.

La Luna di Dicembre su Coelum astronomia 228

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Dicembre 2018

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Dicembre su Coelum Astronomia 228

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Circolo Culturale Astrofili Trieste

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CCAT

CCAT02.12, ore 20:30: Apertura osservatorio astronomico B. Zugna, su prenotazione. Presso comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT; per partecipare, contattare la Segreteria.

03.12, ore 18:30: Conferenza “I misteri di una stella”, relatore Prof. Fulvio Mancinelli. Presso la sala “Centro Natura” comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT.

10.12, ore 18:30: Conferenza “Energia: Quale futuro?”, relatore Prof. Edoardo Bogatec. Presso la sala “Centro Natura” comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT.

12.12, ore 18:00: “Aperitivo con le stelle 3”, presso hotel NH Trieste (C.so Cavour , 7 Trieste).
Consumazione al bat: 5,00€,
Conferenza
“Mondi abitati e mondi abitabili”,
relatore Giovanni Vladilo (Direttore OAT/INAF).
Mostra fotografica “Pianeti e Profondo Cielo”
Esposizione modelli aerospaziali in scala (autore Giovanni Chelleri)
Planetario: “Il cielo stellato di dicembre”, relatore Stefano Schirinzi (Presidente CCAT)

14.12, ore 18:30: Attività 28° anno Gruppo Tutela Ambiente Montano T.A.M. Conferenza “Mutazioni secolari di costellazioni e altre storie celesti”, relatore Stefano Schirinzi (Presidente CCAT). Presso la “Società Alpine delle Giulie”, Via di Donota, 2, Trieste

14.12, ore 20:00: Pizza sociale di fine anno. Per prenotazione, contattare la segreteria

16.12, ore 20:30: Apertura osservatorio astronomico B. Zugna, su prenotazione. Presso comprensorio scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381. Appuntamento riservato ai soli soci CCAT; per partecipare, contattare la Segreteria.

Tutti gli eventi sono disponibili anche alla pagina www.facebook.com/astrofilitrieste

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