Home Blog Pagina 140

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

0

17.01: “Diagrammi spazio-tempo; Buchi neri con carica elettrica; Buchi neri con momento angolare“.
Per info: tel. 348 5648190.
E-mail: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Le Torri Cosmiche, un Parco Europeo del Tempo

Ivan Coccarelli durante la realizzazione del suo Parco del Tempo, le Torri Cosmiche, accanto alla Meridiana Aurora

Molti anni fa leggendo un testo di astronomia rimasi estremamente affascinato dai racconti sui culti sothiaci dell’Antico Egitto legati all’alba eliaca della stella Sirio; essi svelavano agli occhi di un bambino l’antico legame esistente tra cielo e terra, tra  l’uomo e il cosmo…

Inoltre, le mie prime esperienze di astronomia pratica, realizzate con un piccolo rifrattore, avvenivano di frequente  in campagna dai nonni e le emozioni all’oculare spesso si fondevano con gli odori agresti del fieno o, in autunno, del mosto. Ciò, molto probabilmente, instillò in me l’interesse nei riguardi delle relazioni intercorse nei tempi tra il mondo agricolo e le “cose” celesti.

Negli anni, ispirato da quelle lontane esperienze, ho proposto, nell’ambito di varie progettazioni, tematiche poste all’interfaccia delle dimensioni cielo e terra.

L’ultima delle fatiche è stato il progetto delle “Torri Cosmiche”. L’idea progettuale nasce nel 2009, in occasione dell’IYA2009 indetto dall’UNESCO, e l’opera è stata finanziata dalla Regione Lazio.

Torri Cosmiche

“Le Torri Cosmiche” come tipologia di opera rientrano nei parchi pubblici a carattere tematico.

Tale opera in particolare vuole essere parte di un sistema progettuale più ampio e complesso definito  PET : “Parchi Europei del Tempo”.  I PET a loro volta vogliono essere una rete europea di parchi in cui il tema principale risulti il “tempo” nei suoi svariati aspetti, dal suo significato etimologico al concetto di storia, memoria collettiva, ecc. Il  primo  parco  PET  è  stato realizzato  nel  2001,  finanziato dalla  Comunità  Europea  e nato dal recupero di una ex cava di materiale lapideo (Parco Astronomico Sothis).

Ma torniamo alle “Torri Cosmiche”, il nome del parco trae origine dagli elementi architettonici principali : tre torri in acciaio corten.

Esse sono dei calendari astronomici, veri e propri gnomoni/menhir che, tramite fenditure che li attraversano, permettono ai raggi solari di colpire in certi giorni dell’anno (solstizi ed equinozi) delle lastre in marmo poste ai piedi delle torri stesse e sulle quali sono incise alcune costellazioni e simboli zodiacali. Le figure incise sulle lastre marmoree rappresentano la costellazione passante al meridiano celeste del luogo intorno alla mezzanotte vera di quel giorno in cui al mezzodì il raggio di luce solare aveva illuminato la specifica lastra.

Particolarte Solstizio Invernale
Un particolare della lastra marmorea che viene illuminata dal sole il giorno del solstizio invernale

Le costellazioni scelte, che vogliono essere (a nostro parere) quelle che rappresentano il cielo notturno nei periodi d’ingresso alle quattro stagioni, ricordano le immagini dell’Atlante astronomico di Hevelius e rispetto alla posizione reale sulla sfera celeste  risultano in posizione speculare.

Ciò, non solo per sublimare il fatto che, quando a mezzodì la costellazione rappresentata sulla lastra viene illuminata, essa si localizza realmente sulla sfera celeste in posizione diametralmente opposta a quella del Sole, ma anche per aver immaginato di guardare le costellazioni come riflesse in uno specchio d’acqua.

Equinozio - Particolare
Particolare della lastra marmorea dell'equinozio.

Il riferimento all’elemento “acqua” non risulta casuale ma come vedremo coerente con le prospettive progettuali complessive.

Le Torri inoltre raccoglieranno la luce della nostra stella (Il Sole) e, quando al tramonto il cielo svela i segreti del cosmo, emetteranno segnali elettromagnetici verso l’equatore celeste.

Il flusso energetico solare attraversando le Torri si trasformerà in segnali vitali verso il cosmo.

L’accensione e lo spegnimento del sistema di trasmissione sarà gestita utilizzando un codice ASCII ricavato dal testo del “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” (Galileo Galilei, 1632). Tali segnali in codice binario rappresenteranno un tentativo simbolico di inviare un messaggio verso altri mondi utilizzando il linguaggio della matematica: l’opera di Galileo trasformata in sequenza binaria!

Infine le torri emetteranno delle vibrazioni acustiche secondo modalità dettate da un sistema semi-randomico che esegue una catena di Markov producendo una sorta di “sinfonia” (non ripetitiva) della durata di 100 anni! …in attesa del 500° anniversario del telescopio galileiano (IYA2109).

Oltre alle Torri in acciaio in questo Parco del Tempo si svilupperà un percorso didattico-scientifico integrabile e sviluppabile nel tempo, anche in possibile connessione con altri siti europei, avente come tema “La misura del tempo nella storia dell’uomo”.

Inoltre la presenza nel settore di elementi rispetto ai quali il progetto PET risulta molto sensibile, ha indotto a tracciare e sviluppare nel contesto delle Torri Cosmiche interventi di recupero finalizzati alla “Valorizzazione degli ambienti ipogei, delle risorse idriche sotterranee e dei punti di emergenza (fonti) e della facies culturale connessa (Mundus Cereris)”.

In questo settore della Valle Latina in particolare, durante gli scavi TAV nei pressi di una fonte scavata nel tufo, sono venuti alla luce i resti di un santuario dedicato alla dea Demetra nel quale si svolgevano ritualità stagionali a partire dal IV sec. a.C. ed in particolare il rito del “porcellino” come testimoniato dalla stratigrafia dei pozzi votivi rinvenuti.

La presenza  in questi ultimi di ossa di animali (tipicamente maialini) e resti di semi carbonizzati testimoniano un culto centrato su rituali propiziatori delle attività agricole durante i quali le parti solide venivano affidate alla terra e offerte al mondo ctonio, mentre il fumo degli arrosti sacri e delle piante aromatiche s’innalzava invece verso il cielo ed era offerto agli dei celesti. Menhir posti in questi luoghi poi rappresentavano un ancestrale ponte eretto tra il cielo verso cui maestosamente si protendevano e la terra in cui erano infissi, archetipi di lorenziani “attrattori caotici” e d’imperscrutabili fantasie sintropiche, erano gli elementi architettonici perfetti all’ombra dei quali riunirsi e celebrare questi riti stagionali di ricongiunzione degli uomini col mondo divino degli inferi e dei cieli.

Tale vocazione di questo territorio a ritualità stagionali, che si svolgevano tipicamente nei pressi delle fonti e di ambienti tufacei (il tufo vulcanico è contemporaneamente relativamente facile da lavorare e scavare ma abbastanza solido ed autoportante), ha portato in particolare in fase progettuale a sviluppare la valorizzazione di una fonte d’acqua che si localizza topograficamente ad Est delle Torri Cosmiche.

La scelta del sito, oltre alle sue peculiarità e valenze idrologiche intrinseche, è motivata dal valore simbolico che assume nel  contesto  di questo  parco del  tempo:  all’equinozio i raggi del Sole nascente, prima di attraversare la porta equinoziale che verrà realizzata nelle vicinanze delle Torri, si bagneranno simbolicamente nelle acque della fonte. Luce, acqua, terra; elementi dal cui abbraccio nasce la vita.

Il sito della fonte è strutturato inoltre come se fosse una porta aperta nell’ambiente ipogeo; tale “porta” sembra essere rivolta verso l’esterno nella direzione in cui il Sole sorge al Solstizio d’estate (nord-est): in quel periodo dell’anno i raggi del  Sole penetrano nel varco aperto sul mondo sotterraneo per illuminare il Mundus Cereris .

Sothis
Il mito di Sothis svela l’antico connubio tra le attività rurali e le stelle: per migliaia di anni i ritmi dei fenomeni celesti scandirono le attività di uomini perfettamente integrati nell’ecosistema naturale. Essi sapevano ascoltare i lievi ed impalpabili messaggi del cosmo e trarne profitto anticipando i mutamenti naturali; cioè impararono, a differenza dell’uomo moderno, a “progettare” per prevenire ed ottimizzare le interazioni con la natura, o meglio a “sintonizzarsi” con i fenomeni naturali

Ulteriori interventi proposti in questo ambito progettuale riguarderanno la “Valorizzazione del mondo agricolo e della facies culturale connessa (Museo dell’agricoltura e Faro della memoria – Antiche ritualità dionisiache – Rapporti tra astronomia e civiltà agricola : il mondo di Sothis e Demetra)”.

Si propone in particolare la realizzazione di un’area museale (Museo della civiltà agricola) all’interno di un futuro complesso polifunzionale; quest’ultimo si qualificherà come “faro” sul territorio: il “Faro della Memoria” (Complesso polifunzionale e Centro per la promozione di attività e prodotti locali) come luogo in cui le dimensioni Spazio, Tempo e Memoria s’intrecciano in modo virtuoso.

Così come la quercia, che ha bisogno di affondare sempre più le radici nella terra per poter elevare i propri rami al cielo, il nostro territorio deve immergere le sue radici nel fiume sotterraneo della memoria per poter disegnare nuove linee sull’orizzonte degli eventi.

Nei PET si propone, quindi, un viaggio nelle proprie tradizioni, ripercorrendo i sentieri di antiche ritualità alla ricerca del Deus Loci. In questo viaggio nella memoria dei luoghi si apriranno e si dispiegheranno orizzonti antichi, ora velati dal tempo, capaci di interagire in modo attivo con il nostro orizzonte storico.

Inevitabile è  in questo viaggio l’incontro con la madre di tutte le discipline scientifiche: l’Astronomia.

Il cielo e le sue stelle furono riferimenti fondamentali per le primitive civiltà stanziali ed agricole, particolarmente per scandire il tempo delle loro attività.

Il Quadrante astronomico Sothis

Riti stagionali, culti, divinità traevano origine dall’interazione di problematiche pratiche (semina, raccolto agricolo, ecc.) con l’osservazione dei cicli naturali (giorno, notte, equinozio, solstizio, lunazione, ecc.) e delle forze naturali alle quali gli umani sembravano assoggettati in modo indecifrabile. In quel mondo lontano molte ritualità si svolgevano “all’ombra dei menhir” e nelle vicinanze di corsi d’acqua e fonti ; quest’ultime assumevano un notevole valore simbolico essendo all’interfaccia tra il mondo superficiale e quello ipogeo.

Con il tempo le fonti hanno perso questo profondo “rispetto” che gli uomini del passato avevano per questi luoghi  e questo viaggio nella memoria ha proprio lo scopo di ristabilirlo e di tentare di farlo per tutti gli elementi del territorio.

Le tre Torri Cosmiche rappresenteranno  quindi il “futuro” tracciato dall’uomo dal ritorno da quel viaggio nel passato accompagnati dalla Musa Urania e la tensione di tutto il territorio verso un domani più sintonizzato con i ritmi naturali e le dinamiche complesse del cosmo, assiomi indispensabili per un serio “sviluppo sostenibile”.

.

Dove siamo : Torrice (FR)

Lat.    41° 37’ 55’’
Long. 13° 23’ 51”

Contatti : parco.astronomico@alice.it

Siti internet : www.webalice.it/parco.astronomico/index.html

http://facebook.com/ivan.coccarelli

http://letorricosmiche.blogspot.it

http://torricosmiche.myblog.it

Il Parco verrà inaugurato il 18 aprile 2015:

Herschel prende le misure ad Apophis

0
Apophis visto da Herschel nelle tre bande di 70, 100 e 160 micron. Crediti: ESA/Herschel/PACS/MACH-11/MPE/B.Altieri (ESAC) and C. Kiss (Konkoly Observatory)

Apophis visto da Herschel nelle tre bande di 70, 100 e 160 micron. Crediti: ESA/Herschel/PACS/MACH-11/MPE/B.Altieri (ESAC) and C. Kiss (Konkoly Observatory)

Così come aveva già fatto nel novembre 2011 per l’asteroide 2005 YU55, lo scorso fine settimana il telescopio spaziale Herschel dell’ESA ha fotografato l’asteroide 99942 Apophis,  che proprio in questi giorni si è avvicinato alla Terra fino a una distanza minima di 14,5 milioni di km.  I dati ottenuti dall’osservazione hanno permesso di stabilire che Apophis è un po’ più grande  di quanto in precedenza stimato, e un po’ meno riflettente.

In particolare, il diametro è ora indicato con buona precisione attorno ai 325 metri, una misura di poco superiore ai 270 metri  precedentemente stimati. “Il 20% di incremento in diametro si traduce in un aumento del 75% delle nostre stime del volume e della massa dell’asteroide”, precisa  Thomas Müller del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics in Germania, lo scienziato che sta conducendo le analisi dei nuovi dati.

L’asteroide Apophis, come si sa, è un sorvegliato speciale: nel 2029 passerà ad appena 36.000 km dalla superficie terrestre, una distanza paragonabile a quella dei satelliti geostazionari, tanto da poter diventare visibile ad occhio nudo. Tornerà nei paraggi della Terra nel 2036, ma quanto vicino è ancora presto per dirlo con assoluta certezza. Conoscere con la massima precisione i parametri fisici dell’asteroide è quindi cruciale per prevederne la traiettoria futura in maniera accurata.

Modello della temperatura di Apophis - Crediti: ESA/Herschel/MACH-11/T.Müller MPE (Germany)

Analizzando il calore emesso da Apophis, le osservazioni di Herschel hanno anche permesso una nuova stima dell’albedo dell’asteroide, ovvero della sua capacità di riflettere la luce ricevuta. Il nuovo valore è 0,23 (quello stimato precedentemente era 0,33) e indica che il 23% della luce solare che colpisce il corpo celeste viene riflessa, mentre il resto viene assorbito e contribuisce a riscaldare l’asteroide. Anche questo dato contribuirà a prevedere il comportamento futuro dell’asteroide. Il ciclo di leggerissimi riscaldamenti e raffreddamenti del piccolo corpo spaziale, dovuti alla sua rotazione e alla diversa distanza dal sole, induce infatti nel lungo periodo dei piccoli cambiamenti nell’orbita dell’asteroide, un fenomeno noto come effetto Yarkovsky.

A questo proposito vale la pena di ricordare che, proprio basandosi su questo effetto e sulle caratteristiche di Apophis, lo scorso anno uno studente del Massachusetts Institute of Technology aveva avuto un’idea per eventualmente deviare la traiettoria dell’asteroide: dipingerlo di bianco. Questa originale strategia è risultata vincitrice del 2012 Move an Asteroid Technical Paper, una competizione annuale  sponsorizzata dallo Space Generation Advisory Council delle Nazioni Unite. Niente imbianchini spaziali: le 5 tonnellate di “vernice” necessarie sarebbero lanciate verso l’asteroide sotto forma di paintball.

Una bella congiunzione tra Luna e Giove

0
Congiunzione tra Luna e Giove

Congiunzione tra Luna e Giove
Un’altra bella congiunzione tra Luna e Giove la notte tra il 21 e il 22 gennaio. Il massimo avvicinamento si avrà verso le 2:30 del mattino, quando la Luna sarà sotto il pianeta (in un riferimento altazimutale) di circa 2° e i due oggetti saranno prossimi all’orizzonte ovest. Meraviglioso il campo di stelle circostante (le Iadi, le Pleiadi…), anche se un po’ offuscato dall’eccesso di luminosità del nostro satellite.

Scene dall’inverno marziano

0
Alcune immagini dell'inverno marziano scattate da MRO. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Una candida coperta di neve trapuntata di pini scuri, una distesa di dune rosate increspate dalla brina mattutina, la superficie ghiacciata di un lago dove sono visibili i primi segni di scongelamento. Potrebbero sembrare immagini scattate dall’alto di meravigliosi paesaggi invernali raccolti in vari punti del nostro sorprendente pianeta. Ma la verità è che le immagini che state guardando non vengono dal nostro pianeta. Protagonisti dei ritratti di oggi sono Marte e i cambiamenti sulla sua superficie causati dal passare delle stagioni, ripresi dall’alto dalla camera ad alta risoluzione della missione Mars Reconnaissance Orbiter.

Alcune immagini dell'inverno marziano scattate da MRO. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Proprio come sulla Terra, la causa primaria di questi paesaggi più o meno invernali è il cambiamento di temperatura dovuto all’avvicendarsi delle stagioni. All’arrivo dell’inverno, l’abbassamento della temperatura causa la precipitazione dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera marziana, provocando vere e proprie nevicate di ghiaccio secco e altri fenomeni associabili agli inverni terrestri. Questi fenomeni sono stati recentemente osservati e descritti da un interessante articolo pubblicato nel Journal of Geophysical Research. Tuttavia, la spiegazione scientifica del fenomeno non rende meno stupefacenti i paesaggi raccolti in questo album e inviati recentemente dalla MRO, la missione NASA lanciata nel 2005 e tuttora in orbita intorno a Marte.

Grazie alle indicazioni del team del JPL, possiamo descrivere il contenuto delle immagini, partendo dall’angolo in alto a sinistra e procedendo in senso orario.

Nella prima immagine, l’anidride carbonica presente nell’atmosfera marziana si è condensata in ghiaccio per l’arrivo dell’inverno e si è depositata sulla superficie, formando una distesa innevata simile ad una pista da sci non battuta. Il ghiaccio secco sublimerà di nuovo in primavera.

La seconda fotografia è realizzata al polo sud, dove le temperature sono tali da far sopravvivere del ghiaccio in forma solida per tutto l’anno marziano. Le strutture circolari dell’immagine possono essere interpretate come dei particolari iceberg marziani, delle pozze dal fondo piatto i cui bordi appaiono brillanti a causa dello scongelamento del ghiaccio.

Nella terza immagine, realizzata al polo nord, è invece visibile l’arrivo della primavera. Quelli che potrebbero sembrare pini scuri sulla neve non sono altro che tracce lasciate dall’anidride carbonica che, sciogliendosi, evapora e lascia intravedere il terreno scuro al di sotto.

L’arrivo della primavera è protagonista anche della quarta immagine, dove la crosta di ghiaccio che ricopre le dune durante l’inverno inizia a fessurarsi. La sabbia viene soffiata sopra al ghiaccio formando dei depositi o lasciando tracce scure in corrispondenza delle fessure.

Infine nell’ultima immagine sono inquadrate le dune ondulate della terra Aonia nell’emisfero sud all’arrivo dell’inverno, quando il ghiaccio inizia appena a ricoprire il lato delle dune rivolto verso il polo sud.

Per gli appassionati, altri spettacoli invernali sono presentati in questo imperdibile album del JPL. Uno dei souvenir più interessanti che sia mai stato riportato da una vacanza invernale nell’intero sistema solare.

Montecatini Val di Cecina Astronomical Association

0

11/12.01: Apertura area astrofili. Osservazione cielo invernale.
Email: info@astronomicalcentre.org
www.astronomicalcentre.org

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

0

10.01: “Introduzione; Buchi neri aventi solo massa; Diagrammi spazio-tempo”.
Per info: tel. 348 5648190.
E-mail: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

0

SKYLAUNCH – Ogni secondo giovedì del mese.
Partiremo a bordo dei razzi che hanno dato il via alle principali missioni di esplorazione del Sistema Solare ripercorrendone il lancio, fino alle scoperte, con Stefano Capretti.

10.01: “L’avvio dell’era spaziale: la Terra vista da fuori”.
http://telescopioremoto.uai.it/
www.uai.it

Dal Sahara un frammento di crosta marziana

1

Un meteorite così, da Marte, non era mai arrivato. NWA 7034 (le lettere stanno per North West Africa, visto che è stato raccolto in Marocco) è infatti diverso da ognuno dei 110 campioni di meteoriti provenienti dal pianeta rosso finora raccolti sul nostro pianeta. In compenso, assomiglia molto a quelli analizzati dai rover che hanno raggiunto Marte negli ultimi anni.

I ricercatori che lo hanno analizzato, guidati da Carl Agee dell’Università del New Mexico, scrivono su Science di questa settimana che NWA 7034 proviene probabilmente dalla crosta marziana (lo strato più esterno del pianeta, a contatto con l’atmosfera) a differenza degli altri campioni finora raccolti sulla Terra.

La scheda di NWA 7034

.

NWA 7034 ha un contenuto d’acqua che è di un ordine di grandezza superiore a quello di tutti gli altri meteoriti marziani (noti come SNC, dalle località di Shergotty, Nakhla, e Chassign dove sono stati rinvenuti i rappresentanti più significativi): circa 6000 parti di acqua per milione, acqua che potrebbe venire da una sorgente vulcanica o da una falda superficiale. In ogni caso, doveva esserci acqua in superficie su Marte fino al momento in cui questo meteorite ha interagito con l’atmosfera, circa 2,1 miliardi di anni fa (quello che si chiama “primo periodo amazzoniano” nella storia geologica marziana). Inoltre, come spiega Andrew Steele della Carnegie Institution (uno degli autori), “la sua composizione è diversa da quella di tutti i meteoriti SNC. È fatto di frammenti di basalto cementati, un tipo di roccia che si forma dal rapido raffreddamento della lava in presenza di attività vulcanica. Questa composizione è molto comune nei campioni lunari, ma non in quelli marziani. La sua composizione chimica insolita suggerisce che provenga dalla crosta. L’analisi del carbonio suggerisce anche che il meteorite abbia subito processi secondari sulla superficie marziana, il che spiegherebbe la presenza di macromolecole di carbonio organico”.

Di certo, notano gli autori,  NWA 7034 è  il primo meteorite ad avere una composizione coerente con le misurazioni fatte sulla superficie marziana da rover come Spirit, o dallo spettrometro della missione Odissey; cosa che non si può proprio dire ti tutti i meteoriti SNC, che devono provenire o da altre zone del pianeta o da altri strati.

La “nostra” Andromeda in primo piano sulla copertina di Nature!

0
La copertina di Nature del 3 gennaio 2013 con, in primo piano, la galassia di Andromeda by Jean-Charles Cuillandre (CFHT) e Giovanni Anselmi (Coelum Astronomia).

L’anno è iniziato con un bellissimo regalo per la nostra Redazione!

Jean-Charles Cuillandre, l’astronomo del Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT) con cui collaboriamo da anni per la realizzazione del calendario e dei poster astronomici, ci ha fatto una graditissima sorpresa annunciandoci la pubblicazione nella copertina di Nature di questa settimana (Volume 493, Number 7430, pp62-65, 3 January 2013 > About the cover) dell’immagine della galassia di Andromeda che trovate anche nel nuovissimo Calendario CFHT/Coelum 2013 e, in versione più grande, nei Poster CFHT/Coelum.

L’occasione della pubblicazione dell’immagine di M31 in copertina della prestigiosa rivista è stata data dallo studio di una equipe dell’Osservatorio di Strasburgo (PAndAS team), che grazie allo strumento MegaCam del CFHT ha condotto una survey su Messier 31 i cui risultati sono contenuti nell’articolo su Nature e riassunti in questa comunicazione del CFHT: A vast rotating disk of dwarf galaxies surrounding the Andromeda galaxy (disponibile a breve anche in italiano sul nostro sito).

Congiunzione tra Luna e Venere il 10 Gennaio

0
Congiunzione Luna Venere

Congiunzione Luna Venere
Verso le 7:30 del 10 gennaio il cielo sarà già chiaro, ma non tanto da impedire di scorgere, poco al di sopra dell’orizzonte di sudest, la Luna e Venere distanti circa 3° l’una dall’altra. L’orario non è certamente di quelli che invitano alla rilassata contemplazione del cielo, ma un’occhiata dalla finestra, magari muniti di binocolo, si potrà dare anche facendo colazione…

Ma il Sole fa davvero paura?

0

Il famigerato 21 dicembre 2012, con buona pace dei peggiori catastrofisti, è ormai solo un ricordo. Come c’era da attendersi, nessuno dei paventati disastri su scala planetaria si sono verificati. Tra questi, uno dei più ‘gettonati’ era quello associato a una super tempesta solare che avrebbe investito la Terra, cancellandone ogni forma di vita. Per quelle che sono le nostre conoscenze, un evento così estremo non dovrebbe proprio verificarsi. Ma situazioni in cui la nostra stella può creare seri problemi, se non alla vita, alle infrastrutture tecnologiche di cui oggi disponiamo, quelle sì che potrebbero presentarsi, e magari anche in tempi relativamente brevi.

Su questi argomenti e in particolare sullo sviluppo di metodologie di previsione dell’attività solare e dei suoi possibili impatti sulla Terra discuteranno i ricercatori che parteciperanno al “Second Annual SWIFF Meeting”, un congresso internazionale che si terrà a Torino dal 14 al 16 gennaio prossimi e organizzato dal locale Osservatorio Astronomico dell’INAF. In particolare, nelle sessioni in programma verranno discussi i risultati del progetto europeo di ricerca SWIFF (Space Weather Integrated Forecasting Framework), finanziato dalla Comunità Europea nell’ambito del Settimo Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (FP7).

“Oggi conosciamo molti dei segreti del Sole, la nostra stella” dice Alessandro Bemporad, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino, membro del comitato scientifico del congresso. “Sappiamo per esempio che la sua attività segue un andamento ciclico e che circa ogni 11 anni il Sole si ‘risveglia’ per poi tornare nel suo stato di quiete apparente. Sappiamo anche che nei periodi in cui l’attività è al massimo, il Sole è capace di produrre enormi esplosioni dalla sua superficie che espellono in poche decine di minuti un’energia pari a circa 10 miliardi di bombe di Hiroshima. Questa enorme energia viene emessa sotto forma di radiazione (raggi X e ultravioletti), particelle subnucleari (protoni ed elettroni che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce) ed enormi bolle di plasma che trasportano miliardi di tonnellate di plasma solare a velocità di circa 1000 km al secondo. Tutto questo genera una tempesta spaziale.

“La vita sulla Terra per fortuna è parzialmente protetta – prosegue Bemporad –  grazie all’atmosfera che assorbe i raggi X e ultravioletti e grazie al campo magnetico terrestre, che deflette come uno scudo le particelle ed i plasmi solari. Tuttavia, l’uomo oggi dipende molto dall’uso della tecnologia e questo lo rende più vulnerabile: una tempesta spaziale di grande intensità può per esempio danneggiare anche permanentemente i satelliti per le telecomunicazioni e la rete GPS, può indurre correnti sugli elettrodotti e provocare gravi black-out di intere regioni, disturbare per ore i segnali radio ed avere effetti gravi per la salute degli astronauti eventualmente in orbita. Per questo, oggi diventa sempre più importante riuscire a prevedere l’arrivo di una tempesta spaziale ed i suoi possibili effetti sulle tecnologie umane: di questo si occupa la Meteorologia Spaziale”.

E a chiusura del convegno, il 16 gennaio alle ore 18, presso l’Hotel ‘Principi di Piemonte’ di Torino, si svolgerà una conferenza aperta al pubblico proprio su questi argomenti, tenuta da Mauro Messerotti (ricercatore INAF ed esperto di fisica solare) dal titolo “Tempeste solari: dobbiamo preoccuparci?”.

…e per conoscere meglio il Sole:

Montecatini Val di Cecina Astronomical Association

0

05.01: Osservazione della Via Lattea invernale e
delle galassie.

Per informazioni e per osservazioni in altre date
scrivere a: info@astronomicalcentre.org
www.astronomicalcentre.org

Al Planetario di Padova

0

06.01, ore 16:30 e 17:30: “Le stelle dei pirati dello spazio”.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 049 773677
E-mail: info@planetariopadova.it
Web: www.planetariopadova.it

Associazione Astrofili Bolognesi

0

L’AAB organizza il ciclo di conferenze Astronomia in Città 2012 presso il Parco del DopoLavoro Ferroviario di Bologna, fino a marzo 2013 sei appuntamenti in città, ogni serata (inizio ore 21) un argomento-guida con conferenza e, meteo permettendo, osservazioni del cielo con l’aiuto dei telescopi.
Per dettagli e informazioni: tel. 348 2554552
info@associazioneastrofilibolognesi.it
www.associazioneastrofilibolognesi.it

Associazione Astrofili Centesi

0

Prossimi appuntamenti:
04.01: “Oltre la via Lattea: le galassie”. Al telescopio: Giove, Pleiadi e la galassia di Andromeda.

Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

L’asteroide che parla cinese

0

Il fato ha voluto che sucedesse tutto qualche giorno prima del fatidico 21 dicembre, comportando solo un numero limitato di articoli allarmisti e annunci della fine del mondo. Il sorvolo ravvicinato di Toutatis (leggi anche l’articolo “Due asteroidi in visita alla Terra l’11 dicembre 2012“) è avvenuto in modo silenzioso, tra l’11 e il 12 dicembre, giorno in cui il Near Earth Asteroid è passato a una distanza relativamene vicina alla Terra, ad appena 7 milioni di chilometri da noi (leggi anche l’articolo “Le olimpiadi di Toutatis“). E se l’evento non ha suscitato particolare clamore nei media, non si può dire lo stesso per il mondo scientifico. Osservatori e radar astronomici sono stati tutti puntati nella direzione dell’asteroide per sfruttare l‘occasione. Ciliegina sulla torta, le immagini inattese di una poco conosciuta sonda riprogrammata dalla Agenzia Spaziale Cinese per passare a una distanza ravvicinatissima dall’asteroide e realizzare le spettacolari immagini di oggi.

Il flyby di questa missione denominata Chang’e 2 è stato avvincente di per sé. Il 13 dicembre 2012, la sonda è arrivata ad appena 3,2 km dalla superficie dell’asteroide, viaggiando con una velocità di 10,7 km/s. Queste prime immagini diffuse sono state scattate in fase di avvicinamento, da una distanza compresa tra 93 e 240 km. In un prossimo futuro, si attendono fotografie ad altissima risoluzione, in cui saranno molto probabilmente visibili particolari di poche decine di centimetri. Queste fotografie diffuse dall’agenzia spaziale cinese, ancora poco propensa a rilasciare dati e informazioni sulle proprie missioni, sono rimbalzate sui media asiatiaci fino ad arrivare in occidente, dove fino a quel momento, si sapeva ben poco della nuova fase della missione Chang’e.

A posteriori, potremmo dire che la storia della sonda cinese è la storia di un triplo successo. Chang’e 2 è stata lanciata nel 2010 come seconda tappa del Chinese Lunar Exploration Program, compiendo egregiamente il proprio compito primario. Primo successo. Alla conclusione di questa prima fase di studio della Luna, la sonda è stata diretta verso il punto Lagrangiano L2, il punto di equilibrio del campo gravitazionale del sistema Terra-Sole, per testare le capacità cinesi di navigazione e controllo di missione. L2 è un punto di estrema importanza per le missioni spaziali, posizionato a 1.5 milioni di Km dalla Terra, sempre in direzione opposta al Sole. L’obiettivo è stato raggiunto il 25 agosto 2011, facendo della Cinese, dopo la NASA e l’ESA, la terza agenzia spaziale a conquistare questa ambiziosa orbita. Secondo successo. Invece che mantenere questa posizione, ad aprile Chang’e è stata diretta quasi in segreto verso un terzo obiettivo, un asteroide sconosciuto fino a poco tempo fa. La Cina è stata cosi’ il quarto paese ad aver compiuto il flyby ravvicinato di un asteroide. Terzo successo.
.

.

Ma veniamo al protagonista del flyby, il NEO Toutatis. Le immagini realizzate dalla sonda cinese (video in alto), insieme ai fondamentali dati del radar Goldstone (in basso il video ricavato dai 64 frame ripresi il 12-13 dicembre scorso) mostrano l’asteroide che prende il suo nome da una divinità celtica come un grande sasso dal diametro medio di circa 5 km. O per meglio dire, come due grandi sassi di densità diversa, saldati insieme. Dalle prime analisi, il sasso più piccolo sembrerebbe essere il 15% più denso rispetto a quello più grande e i due lobi sembrerebbero avere dei nuclei più densi rispetto alla superficie.
Questi dati potrebbero  indicare che Toutatis è in realtà un insieme di rocce e detriti provenienti da qualche collisione avvenuta in passato nella fascia principale. Inoltre, essendo così irregolare, Toutatis viaggia nello spazio come una palla da rugby colpita a una delle estremità, rotolando su se stessa e rendendo la sua traiettoria difficilmente prevedibile.
.


.

Una difficoltà aggiuntiva nello studio e monitoraggio di questo asteroide, uno dei più grandi tra quelli potenzialmente pericolosi per la Terra e contemporaneamente, una vecchia conoscenza per il nostro pianeta. Toutatis, infatti, nel percorrere il suo giro attorno al Sole, passa una volta ogni 4 anni ad una distanza minima dalla Terra, rendendo questi passaggi ravvicinati del nostro pianeta degli appuntamenti periodici.
Intendiamoci. Sappiamo già che Toutatis non colpirà la Terra per altre centinaia di anni, ma le nuove osservazioni permetteranno ai ricercatori di prevedere la sua traiettoria con più sicurezza e per un futuro più lontano. Oltre ad avere informazioni scientifiche sul passato del sistema solare.

Gruppo Amici del Cielo di Barzago

0

04.01: Serata di astronomia in sede e osservazione cielo coi telescopi sociali.
Per informazioni sulle attività del gruppo:
didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

Al Planetario di Padova

0

05.01, ore 16:00: “Le Favole Celesti. L’origine dell’Universo e la vita sulla Terra”.
05.01, ore 17:30: “Le Favole Celesti. Stelle/Stars”.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 049 773677
E-mail: info@planetariopadova.it
Web: www.planetariopadova.it

Associazione Astrofili Centesi

0

04.01: “Oltre la via Lattea: le galassie”. Al telescopio: Giove, Pleiadi e la galassia di Andromeda.

Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Montecatini Val di Cecina Astronomical Association

0

03.01: Osservazione dello sciame meteorico delle
Quadrantidi.

Per informazioni e per osservazioni in altre date
scrivere a: info@astronomicalcentre.org
www.astronomicalcentre.org

Al Planetario di Padova

0

04.01, ore 21:00: “Storie e stelle del cielo di Gennaio” e proiezione di “Due piccoli pezzi di vetro”.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 049 773677
E-mail: info@planetariopadova.it
Web: www.planetariopadova.it

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

0

Una Costellazione sopra di Noi – Ogni primo venerdì del mese, Giorgio Bianciardi (vicepresidente UAI) vi condurrà in un viaggio attorno a una costellazione del periodo. Osservazioni in diretta con approfondimenti dal vivo.

04.01: “La costellazione di Orione”.

http://telescopioremoto.uai.it/
www.uai.it

Mercurio: trova le differenze!

0
Due immagini di Mercurio realizzate da Messenger in diverse condizioni di illuminazione. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Sembra un gioco per bambini. Stesso pianeta, stesso strumento, stessa inquadratura. Eppure, trovate delle differenze tra le due immagini? Basta modificare le condizioni di illuminazione per vedere comparire, come per magia, una enorme dirupo di 400Km di lunghezza. A parte i giochi, il concetto celato nelle immagini è semplice: per studiare un pianeta in remoto è fondamentale pianificare le osservazioni e usare intelligenza e furbizia nel definire le migliori condizioni di misura.

Due immagini di Mercurio realizzate da Messenger in diverse condizioni di illuminazione. Crediti: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Carnegie Institution of Washington

Le due immagini sono state realizzate da Messenger sul pianeta Mercurio. L’artefice delle fotografie è lo strumento MDIS (Mercury Dual Imaging System) in due fasi diverse della missione. Malgrado le due fotografie siano state realizzate da una distanza simile, quando lo strumento inquadrava la stessa porzione del pianeta, la differenza è ben evidente anche per l’occhio più inesperto.

Nella fotografia a destra, molti crateri risultano più profondi, alcuni sembrano comparire dal nulla, ma soprattutto fa bella mostra di sé la Discovery Rupe, un immenso dirupo di oltre 400km che sembra praticamente invisibile nella inquadratura di sinistra. In realtà, la differenza tra le due immagini è molto più importante di quanto possa sembrare. I due scatti sono stati realizzati con due diverse illuminazioni, con angoli di incidenza del sole (angolo tra la verticale al suolo e la posizione del sole) di 62° e di 85.6°. L’immagine  a destra è stata quindi scattata quando la luce era molto radente, per intenderci, al tramonto, quando il sole proietta lunghe ombre al suolo, evidenziando strutture altrimenti invisibili. Una condizione che conosciamo bene anche sulla Terra ma che, nell’osservazione di altri pianeti, può risultare particolarmente utile.

Le due immagini permettono di evidenziare uno dei task scientifici della “extended phase”, fase estesa della missione. Tra gli obiettivi scientifici della fase principale, conclusasi a Marzo 2012, c’era la realizzazione di una mappa morfologica con risoluzione media di 250 metri per pixel che coprisse più del 90% della superficie del pianeta. Una volta completato questo task primario, l’asticella è stata spostata più in alto. Grazie a una raffinata e complessa pianificazione delle osservazioni, Messenger sta oggi realizzando immagini della superficie del pianeta con una risoluzione di 200 metri per pixel e soprattutto, con l’illuminazione del sole vicino all’orizzonte. Le immagini realizzate in queste condizioni sono già oltre 80.000 e continueranno ad aumentare in questa extended fase di circa un anno, permettendo di identificare crateri, montagne, dirupi e altre strutture geologiche altrimenti invisibili.

Per saperne di piu: Leggi l’articolo

Gruppo Astrofili Rozzano

0

Escursioni in montagna, a Pian dell’armà (PV), per l’osservazione degli astri i venerdì e sabato: 07/08, 14/15 e 30/31 dicembre.

I Martedì della scienza. Sala conferenze-Cascina Grande, Biblioteca Civica, Via Togliatti, Rozzano.
Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Pio & Bubble Boy – Coelum n.166 – 2013

0
vignetta166

vignetta166

Questa Vignetta è pubblicata su Coelum n.166 – 2013. Leggi il Sommario. Guarda le altre vignette di Pio&Bubble Boy

VESTA ancora brillante nel Toro (451) Patientia si incontra con la cometa ISON

0
Asteroidi
Il percorso apparente di Vesta durante il mese di gennaio. L’asteroide si muoverà in senso retrogrado tra le corna del Toro, mantenendo sempre una luminosità tale da essere facilmente trovato anche con un binocolo. La vicinanza a Giove, e il campo stellare ricco e variegato faranno di Vesta l’asteroide più fotogenico del momento.
Asteroidi
Il percorso apparente di Vesta durante il mese di gennaio. L’asteroide si muoverà in senso retrogrado tra le corna del Toro, mantenendo sempre una luminosità tale da essere facilmente trovato anche con un binocolo. La vicinanza a Giove, e il campo stellare ricco e variegato faranno di Vesta l’asteroide più fotogenico del momento.

Qualche settimana fa mi è capitato di vedere a tarda notte un vecchissimo film risalente addirittura al 1931; il primo mai realizzato intorno alla figura del conte Dracula… La cosa singolare è che a un certo punto della vicenda, il conte si trasferisce dalla Transilvania in Inghilterra viaggiando a bordo di una goletta di nome… Vesta! Subito mi si è accesa una luce… Sapevo che il racconto da cui era stato tratto il film era stato scritto da John Polidori, il medico personale di Byron, nel 1816 (e pubblicato nel 1819). Vuoi vedere, mi sono detto, che il dottor Polidori aveva un qualche interesse per l’astronomia, tanto da chiamare Vesta la goletta in onore dell’asteroide scoperto nel 1807, solo qualche anno prima? O magari, chissà, era un buon amico di Olbers, lo scopritore? Recuperato il testo originale di Polidori (che non avevo mai letto) mi sono però accorto con raccapriccio che nel suo “Il vampiro”, non c’era assolutamente traccia di una goletta di nome Vesta! Riavutomi dalla sorpresa, ho appreso che il film del 1931 non era stato tratto dal lavoro di Polidori, ma dal romanzo “Dracula” dell’irlandese Bram Stocker, pubblicato più tardi, nel 1897. Va bene, mi sono detto, vorrà dire che era Stocker ad avere interesse per l’astronomia! Così, mi procuro il romanzo, lo sfoglio, e… maledizione, della imbarcazione di nome Vesta non c’era traccia nemmeno lì! Per farla breve, alla fine mi sono dovuto arrendere all’evidenza che la storia della goletta con quel nome doveva essere stata una trovata del regista Tod Browning. Tanto che per la terza volta mi ritrovai a pensare… “Forse era lui l’appassionato di astronomia”! No, nemmeno un po’. Nella sua biografia non ho trovato il benché minimo accenno alla cosa. Però… sono forse riuscito a scoprire il motivo che potrebbe averlo spinto a scegliere quel nome. Narrano le cronache che nel 1836, una goletta che portava il nome dell’asteroide scoperto da Olbers era naufragata sulle coste inglesi perdendo misteriosamente l’intero equipaggio di sette uomini. Una vicenda assai simile a quella descritta nel film, dove l’imbarcazione che trasportava Dracula arrivò in Inghilterra senza traccia dei sette marinai a bordo. Insomma, probabilmente Browning si era servito di un tragico fatto di mare per risvegliare con l’assonanza del nome il senso di tragedia che si doveva respirare nel film…

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, nell’articolo tratto dalla Rubrica Asteroidi di Talib Kadori presente a pagina 68 di Coelum n.166.

Al momento tutto confermato per le DUE SUPER COMETE in arrivo

2
comete 166
comete 166
Il percorso apparente della C/2012 S1 (Ison) durante il mese di gennaio. La cometa, che sta accendendo l’entusiasmo di milioni di appassionati, si muoverà nei Gemelli, e la sera del 16 si troverà 30 primi a sud di Castore.

Beh se avrete modo di leggere queste righe vuole dire che il 21 dicembre non è successo nulla di irreparabile… e pertanto possiamo sperare di dedicarci all’osservazione del Cielo per almeno altri 5300 anni. Mancando al momento comete in grado di arrivare almeno ad una magnitudine binoculare, non possiamo che centrare la rubrica sull’andamento fotometrico dei due “mostri” che si
stanno avvicinando alla parte interna del sistema solare.

tabella comete166

La prima metà di gennaio la C/2011 L4 (Panstarr) si muoverà nella coda  dello Scorpione, per poi passare nella ancora più meridionale costellazione della Corona Australe. Oltre ad essere molto bassa di declinazione sarà anche in congiunzione eliaca per cui inosservabile alle nostre latitudini; per vederla si dovrà aspettare la seconda metà di marzo. I dati osservativi raccolti nelle ultime settimane confermano che passerà il perielio il 10 marzo con una magnitudine NEGATIVA, per cui noi, con ogni probabilità, la potremo osservare a fine marzo, prima dell’alba, intorno alla magnitudine ZERO. L’altra super sorvegliata, la C/2012 S1 (Ison), si troverà in gennaio nei Gemelli, dove si muoverà mostrandosi all’incirca di mag. +16. Al momento viene prudenzialmente stimata a -4,5 per il perielio del 13 novembre.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini, nell’articolo tratto dalla Rubrica Comete di Rolando Ligustri presente a pagina 67 di Coelum n.166.

Nel Cielo – NELLA LUCE DELLA Nebulosa di Orione

0
Nel Cielo
Una bella ripresa fotografica dell’ammasso aperto NGC 1981 inquadrato in un campo di 40'. Disegnato da poche ma luminose componenti, è sicuramente uno degli oggetti più belli del suo tipo, specialmente se osservato a bassi ingrandimenti. Verso sud, nella foto appaiono già le propaggini più settentrionali della sottostante nebulosa NGC 1977, inosservabili visualmente.
Nel Cielo
Una bella ripresa fotografica dell’ammasso aperto NGC 1981 inquadrato in un campo di 40'. Disegnato da poche ma luminose componenti, è sicuramente uno degli oggetti più belli del suo tipo, specialmente se osservato a bassi ingrandimenti. Verso sud, nella foto appaiono già le propaggini più settentrionali della sottostante nebulosa NGC 1977, inosservabili visualmente.

Se parliamo di iconografie, la costellazione di Orione viene per lo più identificata con la grande nebulosa M42 (che ci riserviamo di trattare ampiamente nel prossimo numero), o con la Testa di Cavallo (vedi Coelum dicembre 2009) …due oggetti certamente straordinari, ma che non esauriscono di sicuro l’impressionante mole di nebulose e ammassi che quasi si
sovrappongono l’un l’altro nel cuore della costellazione. In questo numero ne proponiamo tre; i primi due abbastanza ovvi, il terzo un po’ meno.

NGC 1981 – Anche a un’indagine frettolosa risulta quasi impossibile non vederlo…
si tratta infatti di un ammasso di notevoli dimensioni angolari (grande quasi come il disco lunare) e di forte luminosità apparente (mag. +4,2). Stiamo parlando di NGC 1981, un gruppo di stelle visibile anche ad occhio nudo nelle notti più scure; le sue componenti più luminose sono infatti una decine di giovani (5 milioni di anni) stelle azzurre di magnitudine compresa fra la +6 e la +8. Malgrado la sua evidenza (è sufficiente un binocolo 10×50 per risolverlo completamente in nottate limpide), questo ammasso fu individuato soltanto il 4 gennaio 1827 da John Herschel, che lo descrisse al tempo come: “Molto brillante,
dalla forma irregolare. Una manciata di stelle brillanti, molto sparse”. Possibile che nessuno lo abbia mai notato prima? Beh, a parte che lo disegnarono in molti già alla fine del Seicento (e per primo Galileo nel Sidereus Nuncius), il fatto che sia stato “scoperto” così tardi potrebbe significare semplicemente che i predecessori non lo considerarono un ammasso, ma un semplice asterismo.

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici,  le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 54 di Coelum n. 166.

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

0

01.02: Proiezione “Cavalcata nella Via Lattea sul
cocchio dell’Auriga” a cura di Roberto Ratti.

Associazione Astrofili Centesi

0

Prossimi appuntamenti:
28.12: Al telescopio: Luna e Giove.
Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Associazione Astrofili Centesi

0

28.12: Al telescopio: Luna e Giove.

Per info: cell. 3468699254
astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Al Planetario di Padova

0

Il venerdì alle ore 21:00, il sabato alle ore 17:30 e 21:00, la domenica alle ore 16:00 e 17:30. Per il programma di ottobre consultare il sito del Planetario.
Per informazioni e prenotazioni: tel. 049 773677
E-mail: info@planetariopadova.it
Web: www.planetariopadova.it

Gruppo Astrofili Rozzano

0

27.12: Argomento da decidere.

I Martedì della scienza. Sala conferenze-Cascina Grande, Biblioteca Civica, Via Togliatti, Rozzano.
Informazioni GAR: 380 3124156 e 333 2178016
E-mail: info@astrofilirozzano.it
www.astrofilirozzano.it

Al Planetario di Ravenna

0

27.12, ore 15:00: “Vacanze sotto le stelle: il cielo delle feste”(attività adatta a bambini a partire da 6 anni). Ingresso libero.

Per info: tel. 0544-62534 – E-mail info@arar.it
www.racine.ra.it/planet/index.html – www.arar.it

Una caccia galattica

0
Un esempio di immagini di due 'buchi' nello spazio (colonna a sinistra) e due nuvole di polveri fredde (colonna a destra). Le riprese di Spitzer sono riportate in blu, mentre la radiazione captata da Herschel, che evidenzia la presenza di polvere molto più fredda, è rappresentata in colore oro. Crediti: ESA/Herschel/SPIRE/Hi-GAL Consortium ; NASA/JPL-Caltech

Avete una buona vista e ottimo spirito di osservazione? Vi sentite un po’ novelli Sherlock Holmes con la passione dell’astronomia? Se a queste domande la vostra risposta è sì, allora potreste essere le persone adatte a partecipare al progetto del portale web zooniverse.org che prende il nome di Milky Way Project.

Un esempio di immagini di due 'buchi' nello spazio (colonna a sinistra) e due nuvole di polveri fredde (colonna a destra). Le riprese di Spitzer sono riportate in blu, mentre la radiazione captata da Herschel, che evidenzia la presenza di polvere molto più fredda, è rappresentata in colore oro. Crediti: ESA/Herschel/SPIRE/Hi-GAL Consortium ; NASA/JPL-Caltech

La missione è tanto semplice quanto ambiziosa: confrontare le immagini della regione del piano della nostra galassia raccolte dagli osservatori orbitanti Spitzer della NASA ed Herschel dell’ESA, alla caccia di ‘buchi’ nelle zone dove di addensano fredde nubi di polveri. La questione è nata in seguito all’analisi delle immagini raccolte da Spitzer, che mostrano a volte zone scure proprio nel centro di nuvole di gas e polveri molto brillanti. Per gli astronomi questo fenomeno era dovuto alla presenza di ammassi di polveri ancora più fredde che la strumentazione del satellite non riusciva a identificare. La prova finale poteva darla proprio Herschel, che opera a lunghezze d’onda maggiori e che quindi avrebbe avuto le carte in regola per individuarle. Ebbene, dal confronto delle riprese ottenute nella campagna di osservazioni del piano galattico denominata Hi-Gal, è emerso che in alcuni casi le zone buie di Spiter lo erano anche per Herschel. E dunque, il ‘nero’ era dovuto proprio all’assenza di materia. In altre parole, in alcune nubi erano stati scoperti dei veri e propri buchi.

“Herschel è il solo strumento che possa chiarire senza ombra di dubbio se queste strutture in assorbimento viste da Spitzer sul Piano Galattico siano dense nubi oscure o solo buchi nel cielo: se sono brillanti nelle bande Herschel allora sono nubi dense, altrimenti no” sottolinea Sergio Molinari, dell’INAF-IAPS, che guida il team internazionale di scienziati coinvolti nel progetto Hi-Gal. “È semplice a dirsi, ma quando le posizioni da controllare sono decine di migliaia allora diventa indispensabile avere a disposizione una Survey come Hi-GAL che mappa in modo uniforme tutto il piano della Via Lattea nel lontano infrarosso dove queste nubi dense e fredde sono brillantissime. Con le sue 900 ore di tempo osservativo, ed unico a guida Italiana, Hi-GAL è il piu grande Key-Project Herschel in tempo aperto”.

Questo confronto, data la sterminata messe di dati raccolta dalle due missioni, finora è stato completato dai ricercatori solo per una piccolissima porzione del totale. A peggiorare le cose, l’analisi non può essere affidata, come in altre survey astrofisiche, ai computer. “Il problema è che le nuvole di polvere interstellare non si presentano in forme facilmente riconoscibili e codificabili” dice Derek Ward-Thompson, dell’Università del Central Lancashire, a capo di questo progetto. “Le immagini sono troppo ingarbugliate per le analisi dei computer e ce ne sono tantissime ancora da verificare. Un lavoro impossibile da completare noi soli”.

Ecco allora che scatta l’idea di coinvolgere anche altre persone inserendo la raccolta delle immagini ancora da analizzare nel sito Milky Way Project che, a due anni dal suo lancio e con il contributo di oltre 40.000 volontari, ha già prodotto il più grande catalogo astronomico di zone di formazione stellare e la mappatura di ammassi stellari, galassie distanti e molto altro. “È molto istruttivo vedere come per analizzare questa immensa mole di dati lo strumento più affidabile sia ancora l’occhio umano” continua Molinari. “Questo prova che sul piano dello sviluppo di algoritmi per analisi dati automatica c’è ancora tantissimo lavoro da fare”.

Se anche voi volete partecipare, il primo passo è quello di visitare il sito del Milky Way Project, sezione “clouds” e iscriversi. Buona caccia!

L’astronomia ebraica medievale nel Sefer Youhasin

Il Libro delle discendenze, in ebraico Sefer Yuhasin, di Ahima’az ben Partiel è noto agli studiosi dal 1895, anno della scoperta di un manoscritto conservato nella Biblioteca Capitolare presso la Cattedrale di Toledo in Spagna. Esso fa parte di una raccolta di codici donata alla Biblioteca dal cardinale Francesco Saverio Zelada (Roma 1712-1801), personalità di gran prestigio ecclesiastico e di vasti interessi culturali, infatti, raccoglie una notevole biblioteca (ora nella Vaticana), una ricca collezione numismatica, varie opere d’arte e s’interessa pure di Scienza. Da Prefetto agli Studi presso il Collegio Romano, vi erige un Osservatorio astronomico. Zelada, nato e cresciuto a Roma, è memore delle proprie origini iberiche e nel suo testamento dispone che una trentina di manoscritti ebraici sia donata alla Biblioteca di Toledo. Esecutore delle disposizioni testamentarie è il card. F. A. Lorenzana.

Se per gli studiosi è stato agevole capire come il codice sia approdato in Spagna, molto più complesso è stato comprendere come questi manoscritti siano giunti nelle mani dello Zelada. Si possono formulare solo congetture tenendo presente la carriera ecclesiastica dell’alto prelato. Tra i molti importanti incarichi, sappiamo che, tra il 1780 e il 1798, Zelada è anche visitatore della Casa dei Catecumeni, la speciale istituzione che prepara al battesimo gli ebrei convertiti al cristianesimo. Con ogni probabilità, i manoscritti possono essere stati il dono di uno o più neofiti con una certa levatura sociale oppure legalmente acquistati dallo stesso cardinale. È, in ogni caso, certa la provenienza dall’ambiente giudaico romano, ma è assai probabile che la raccolta scaturisca dalle requisizioni operate dallo Stato della Chiesa.

Il Sefer è contenuto in un codice miscellaneo ottenuto dalla composizione di più manoscritti indipendenti databili tra i secoli XIV e XV, consta di 83 fogli pergamenacei ed è autenticato con lo stemma di Zelada. Nei fogli di guardia all’inizio del volume vi è un indice firmato da Giovanni Antonio Costanzi, un’ebraista convertitosi nel 1731 ed autore di un gran numero d’annotazioni contenute a margine di molti manoscritti giudaici. Nel volume, insieme alla Cronaca di Ahima’az, figurano tra i vari manoscritti un’interessante tavola d’effemeridi valida per 14 anni ad iniziare dal 5266 ebraico (cioè il 1506) con le date relative al novilunio nei mesi di Tishri (settembre-ottobre) nei quali cade il Capodanno ebraico e lo Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario in cui si osserva un rigoroso digiuno che inizia prima del tramonto e termina con l’apparizione delle stelle la notte successiva. Le effemeridi si basano sui calcoli di Isaaq ben Menahem, un esegeta romano vissuto a cavallo tra il XIII e XIV secolo. Molto interessanti anche i due quadernetti relativi a questioni attinenti il Calendario ebraico. Già questi elementi conferiscono al codice un certo motivo d’interesse in ambito strettamente astronomico, però è il Sefer, vale a dire la Cronaca, l’elemento di maggior richiamo perché il manoscritto in ebraico non è solo un componimento letterario, variamente romanzato, delle vicende di una stirpe, ma è il racconto di una dinastia d’astronomi/astrologi particolarmente importanti tra i secoli VIII e XI. Lo stesso autore del Sefer è, oltre che un profondo conoscitore delle Scritture e della mistica ebraica, anche prosecutore di antiche e dotte conoscenze.

Ahima’az nasce a Capua nel 1017 in seno ad una delle comunità ebraiche sorte in Italia dopo la deportazione romana, ma le sue origini sono pugliesi, nell’importante comunità di Oria in Terra d’Otranto.

La Cronaca inizia con un proemio in cui l’autore esprime la volontà di narrare le vicende della sua famiglia, formulando lodi e preghiere per la buona riuscita dell’opera. La narrazione prende l’avvio con l’insediamento degli antenati, giunti in Oria con la deportazione in Italia di migliaia d’ebrei, conseguente all’espugnazione di Gerusalemme operata da Tito, figlio dell’imperatore Vespasiano, nel 70 d.C., ma, di fatto, la storia inizia con le vicende dell’avo Ammittai, poeta e sapiente vissuto tra la fine del VIII secolo e gli inizi del successivo, e quelle dei figli Shefatiah, Hananeel ed El’azar, tutti e tre “esperti di dottrine mistiche, compositori di rime, conoscitori di misteri, investigatori della Hochmah, indagatori della Binah, sussurratori dell’arcano”, studiosi della Torah e guide spirituali nella loro comunità. La storia dei tre fratelli s’intreccia con quella di tale Abu Aron di Bagdad, un esule che deve averla combinata veramente grossa nella sua terra per essere stato costretto ad un esilio così lontano. Questo personaggio è sicuramente Abu Aron ben Shamuel ha-Nasì, di cui si parla anche in altre fonti ebraiche medievali. Aron nelle fonti è descritto come un grande Maestro di mistica esoterica. L’autore del Sefer lo descrive come interprete di segreti divini, conoscitore del cielo, dotato di grande levatura dottrinale e alquanto radicale nella condotta morale, tanto da far condannare a morte diverse persone nella comunità oritana. Sicuramente la fama di Abu Aron nelle comunità ebraiche era notevole, l’attività nelle accademie documentata, ma non ci sono giunti testi che portino la sua firma. L’inserimento di episodi relativi a questo personaggio illustre nel racconto della genealogia dell’autore pone dunque qualche interrogativo. Gran risalto è posto nella figura di Shefatiah ben Ammittai che riesce a strappare all’imperatore Basilio I esclusivi privilegi per la sola comunità ebraica oritana, dopo aver guarito a Costantinopoli la figlia dell’imperatore da una malattia misteriosa che l’autore attribuisce ad una possessione diabolica. Le gesta di Shefatiah, pur possibili, non trovano riscontri oggettivi nelle vicende storiche e, con ogni probabilità, sono un’invenzione letteraria dell’autore della Cronaca.

Hananeel, secondogenito di Ammittai e avo diretto di Aima’az, è uno dei protagonisti nelle cui vicende sono maggiormente manifeste le conoscenze astronomiche dell’intera dinastia, infatti, nella Cronaca si racconta dell’insolita scommessa fatta da costui con il vescovo della Città, circa la comparsa in cielo del primo crescente lunare. La prima sottile falce lunare era di basilare importanza per il computo del calendario religioso ebraico perché il primo giorno del mese cadeva in quello del novilunio e nell’antichità la proclamazione dell’inizio del mese era fatta ufficialmente dal Sinedrio sulla base di testimonianze dirette ed affidabili. Già a metà del IV secolo, l’astronomo Rabbi Hillel II aveva definito un sistema basato sui calcoli astronomici, in grado di determinare l’inizio del mese liturgico senza dipendere dall’osservazione diretta della sottile falce lunare, però l’uso corretto di tali effemeridi era appannaggio di pochi specialisti e perciò erano frequenti gli errori.

Nella pregevole traduzione del noto ebraista Cesare Colafemmina [Sefer YuhasinLibro delle DiscendenzeVicende di una famiglia ebraica di Oria nei secoli IX – XI, Messaggi 2001], leggiamo nella Cronaca di quest’episodio nel quale Hananeel conversa con il vescovo della città intorno a questioni teologiche, però, ad un certo punto, la discussione s’incentra sul calcolo delle fasi lunari e siccome l’indomani sarebbe stato il primo giorno del mese, il vescovo chiede al sapiente interlocutore se sappia indicare, con la massima precisione, l’ora di comparsa del primo crescente. Hananeel, forse con troppa leggerezza, fornisce una risposta al quesito, però il vescovo (in base alle coordinate storiche dovrebbe trattarsi di Teodosio), preventivamente informatosi, contesta l’orario indicato dal rabbi e gli risponde: “Se questo è il tuo calcolo sulla Luna, non sei pratico in computi!…Oh mio sapiente Hananeel, se il novilunio avverrà secondo i miei calcoli, tu farai la mia volontà: ti convertirai alla mia legge e al libro del mio Vangelo, lasciando la tua fede e le ordinanze della tua Torah…Se invece avverrà secondo i tuoi calcoli, io adempirò la tua volontà: ti darò il mio miglior cavallo, quello riservato a me per il giorno del trono, del valore di 300 pezzi d’oro, oppure ti darò l’equivalente in denaro”. Entrambi accettano le condizioni e la scommessa è sancita alla presenza di notabili e magistrati. Il vescovo quindi ordina a vari uomini di appostarsi sulle torri più alte per avvistare la prima falce lunare e comunicarne tempestivamente l’orario esatto. Hananeel rientrato a casa, per scrupolo si applica al calcolo e, sgomento, si accorge di aver consultato effemeridi viziate da errori, quindi corre ad avvisare i parenti e gli altri della comunità per informarli della disavventura e a supplicarli affinché levino preghiere per far compiere dall’Altissimo un prodigio che lo salvi, perché preferirebbe piuttosto la morte anziché diventare un apostata. L’indomani sera Hananeel si porta sul tetto della sua dimora per implorare Dio e, all’orario calcolato per la comparsa del primo crescente, la Luna rimane miracolosamente nascosta fino il giorno successivo, inficiando la scommessa giacché anche gli osservatori posti dal vescovo non vedono nulla. Nel mattino seguente il vescovo, pur sapendo di aver avuto ragione, riconosce a Hananeel la vittoria nella disputa e gli consegna le 300 monete d’oro che il rabbino dispenserà totalmente in opere di beneficenza.

Il racconto offre, se trattasi di fatti autentici, un vivace spaccato storico in seno all’importante comunità ebraica medievale di Oria, dei rapporti tolleranti e cordiali con il clero cristiano, ma anche dell’esistenza di persone preposte all’osservazione del cielo, benché per finalità non propriamente scientifiche, ma piuttosto funzionali alla regolazione del calendario. Questo racconto è anche importante perché contraddice, in modo manifesto, un luogo comune che vuole gli ebrei come un popolo poco interessato all’osservazione del cielo e ai calcoli astronomici. Le comunità ebraiche erano ambienti culturalmente chiusi in sé stessi, con scarsa propensione alla divulgazione delle proprie conoscenze e tradizioni verso quanti non fossero correligionari. Libri e trattati perciò restavano all’interno delle comunità e poche copie raggiungevano le scuole in altre città. Niente di strano se gran parte di questi manoscritti sia andata perduta o volutamente distrutta nei secoli. Sappiamo che l’antica astronomia ebraica ha attinto tantissimo dall’astronomia babilonese. Lo stesso calendario lunare era quello adottato, sin dalla metà del V secolo a.C., a Babilonia e nel quale era stato introdotto il Ciclo di Metone che prevedeva l’introduzione di 7 anni intercalari in un periodo ciclico di 19 anni. L’adozione di un siffatto calendario dovette comportare qualche problema perché era strettamente dipendente dall’osservazione diretta dei fenomeni celesti, cosa non sempre possibile per ragioni atmosferiche. Lo stesso Tolomeo, nel II secolo d.C., notava come le antiche osservazioni mediorientali nel loro insieme, non erano degne di fede proprio perché effettuate spesso in prossimità dell’orizzonte, ove si addensano le foschie e le polveri dei deserti. Il problema doveva essere già noto agli astronomi ebrei, perciò si ricorreva sovente alle tavole di effemeridi, come quella molto più tarda contenuta nel codice di Toledo o quelle inesatte consultate dallo sfortunato Hananeel. Per ottenere le effemeridi gli astronomi calcolavano con esattezza la posizione che il Sole, la Luna e i pianeti avrebbero assunto a intervalli regolari di tempo e, con i dati ottenuti, si compilavano liste di date relative alle fasi lunari, alla posizione dei pianeti ed eclissi, non di rado con diversi anni d’anticipo. Calcoli certamente non facili, frutto di secoli di affinamento delle formule, codificate in veri e propri prontuari ad uso dei sapienti della comunità e gelosamente tramandati dalle varie generazioni.

L’episodio della scommessa di Hananeel, nelle intenzioni di Ahima’az, non è soltanto quella di mettere in risalto l’importanza sociale e culturale dell’avo, ma principalmente quella di infondere nei lettori i valori della rettitudine morale, con il fermo rifiuto dell’apostasia a favore del cristianesimo in un momento di diffuso proselitismo, e di mettere in guardia dall’eccessiva fiducia in se stessi, sicurezza che aveva tradito il protagonista. Il tema della virtù morale caratterizza l’episodio successivo che vede come protagonista Abu Aron di Bagdad, indicato da Ahima’az come grande Maestro, valente astronomo e profondo conoscitore di misteri, però circa queste pratiche non ci racconta alcun episodio e si sofferma principalmente sugli insegnamenti religiosi.

La narrazione prosegue con altri episodi relativi a Shefatiah e Hanannel. Di un certo interesse è il capitolo relativo alle nozze di Cassia, figlia di Shefatiah, la quale ci è descritta come molto bella e già piuttosto avanti negli anni. Per evitare il rischio di vederla sfiorire, il padre decide di darla in sposa al cugino, non senza il disappunto della moglie che voleva come genero un giovane di pari rango e ricchezza. Shefatiah prende la decisione di far sposare la figlia dopo le preghiere della notte, cioè poco prima dell’alba. Sono proprio le lodi innalzate nel corso dell’orazione il motivo d’interesse del passo, offrendoci un saggio della cosmologia ebraica medievale.

Nella sua preghiera Shefatiah menziona i sette cieli interposti tra la Terra e il Trono della Gloria (Dio), iniziando con la sfera celeste più alta, le ‘Aravot, ove si trovano la giustizia e il diritto, la rettitudine, i tesori di vita e di pace, gli scrigni di benedizione e le anime dei giusti, gli spiriti dei nascituri nonché la rugiada che farà resuscitare i morti nel Giorno del Giudizio. Sempre in questo cielo c’è il Trono divino circondato da una corte infinita di angeli. Sotto segue Machon, in cui si trovano i depositi della neve e della grandine, della brina, della pioggia e delle tempeste. Ancora sotto Ma’on la residenza degli angeli officianti che cantano di notte e tacciono di giorno. Il cielo mediano si chiama Zevul, ove è collocata la Gerusalemme e il Santuario celeste. Seguono poi gli Shehaqim, sede dei mulini celesti che macinano la manna per i giusti e il cielo più basso Raqia’ sede del Sole, della Luna, dei cinque pianeti e delle stelle fisse. I sette cieli sono sostenuti da possenti pilastri, costituiti da maestose montagne, posti ai confini della Terra che, nella cosmologia ebraica, era totalmente circondata dal mare. Al centro vi è la Gerusalemme terrena. L’Inferno è collocato nelle viscere della terra e vi si accede attraverso profonde gallerie. Dove poggi la Terra è lecito domandarselo, ed Ahima’az ci tramanda che sia la forza divina a sostenere tutto l’Universo. Tutti i nomi usati da Shefatiah per designare i cieli hanno effettivo riscontro nei testi biblici.

Un altro personaggio degno d’approfondimento è Paltiel, un lontano parente privo di un’ascendenza diretta con Ahima’az. L’autore della Cronaca ci tramanda che fosse un ragazzino particolarmente esperto nel vaticinio astrologico e questa specializzazione fu anche la sua salvezza all’indomani dell’espugnazione musulmana di Oria, occorsa il 4 luglio 925, quando la città fu saccheggiata, incendiata e tutta la popolazione uccisa o fatta schiava. Partiel era dunque un astrologo, ma non è il caso di prenderne le distanze perché in antico l’astronomia ha percorso un lungo tragitto con l’arte divinatoria, anzi era la regola che le due discipline fossero esercitate simultaneamente, spesso insieme alla pratica medica. L’astrologia era considerata una disciplina molto seria ed ogni potente, di norma, si circondava di almeno un astrologo. Presso gli ebrei, al contrario di quanto sovente riportato in letteratura, l’astrologia non solo era coltivata, ma si fondava su basi astronomiche ed era esercitata attraverso l’osservazione diretta del cielo notturno al fine di trarne previsioni. L’astrologo era considerato un “sapiente e filosofo”, quindi figura di prestigio e degna di grande rispetto. Abbiamo più di un motivo per ritenere Partiel un profondo conoscitore della volta stellata e del movimento degli astri. Di lui, Ahima’az ci tramanda la figura di un uomo del IX secolo intento a scrutare il cielo notturno per trarne previsioni: immagine ben lontana dagli astrologi contemporanei.

In un episodio, pochi giorni dopo la cattura e presso l’accampamento non lontano da Taranto, il giovane Paltiel e il qait (capo, governatore, generale), uscirono di notte ad osservare le stelle e mentre le osservavano notarono che “l’astro del qait” stava ingoiando tre stelle in sequenza. L’astro del qait è chiaramente la Luna che occulta tre stelle e nell’interpretazione del giovane Paltiel il fenomeno celeste pronostica la vittoria militare in Sicilia, Africa e Babilonia. Di tale previsione il qait (secondo Ahima’az nientemeno che Al-Mu’izz, però è anacronistico) si compiace e promette al ragazzo grande autorità se si dimostrerà vera. La previsione si realizza entro poco tempo.

Nell’astrologia ebraica grande rilevanza era riposta nelle meteore, alle quali essi attribuivano un presagio di morte per regnanti e grandi dignitari. Un esempio in tal senso è presente nell’episodio in cui Paltiel, ormai vecchio, durante una conversazione con il suo re sotto un cielo stellato, alla visione di tre brillanti meteore, infatti, predice la morte di altrettanti regnanti entro l’anno. Il re arabo, che negli anni aveva maturato una certa esperienza astrologica grazie agli insegnamenti del sapiente consigliere, lo smentisce con tristezza, annunciandogli l’imminente morte perché egli era per prestigio pari ad un re. Nell’episodio, l’autore del Sefer usa l’espressione: “Osservavano il cielo, quand’ecco tre lucenti stelle si accesero e in un attimo il loro splendore svanì”. E’ probabile che non ci fosse un termine specifico per indicare il fenomeno, però è certo che essi collocavano le meteore nello stesso cielo delle stelle: il Raqia’.

La sezione del Sefer dedicata a Paltiel l’astrologo e quella storicamente meno attendibile ed è, con tutta probabilità, un’invenzione letteraria dell’autore per esaltare un personaggio particolarmente versato nell’interpretazione dei segni nel cielo. Paltiel non è un avo diretto di Ahima’az, perché mai gli ha destinato tanta attenzione e spazio nel Libro delle discendenze?

Questo Paltiel, secondo Colafemmina, è da identificare con Musa ben El’azar, un celebre medico riportato in varie fonti arabe, in una delle quali è specificato che fu catturato da Abu Ahmad Gia’far ibn Ubayd (il qait degli episodi?) proprio in Oria. Musa poiché medico poteva benissimo essere anche astronomo. Gli esempi in tal senso sono numerosi. Ad esempio, nella stessa comunità ebraica di Oria, suo contemporaneo e fatto schiavo nella stessa occasione del saccheggio nel 925, troviamo un altro illustre esempio di gran medico, scienziato, astronomo e filosofo, qual era Shabbetai bar Abram, detto Donnolo presso i bizantini, autore del Sefer Hammazalot (Libro delle costellazioni).

Nei restanti episodi riportati nel Sefer non si ravvisano ulteriori richiami all’astronomia ebraica in pieno Medioevo, però il cultore dell’astronomia può cogliere sfumature che allo storico e all’ebraista possono sfuggire ed è quanto cerchiamo di carpire appresso.

Quali sono state le motivazioni che hanno indotto l’autore a scrivere la Cronaca? In primis l’attesa per l’avvento del Messia, che Il Sefer Zerubabel (un breve componimento apocalittico databile al VII secolo che il nostro autore sembra conoscere) vuole molto prossimo, poiché nella tradizione esoterica ebraica, tale evento sarebbe occorso 990 anni dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme (fatto risalire al 68 d.C. per un’errata datazione giudaica). Secondo questa previsione, perciò, l’anno dell’avvento doveva essere il 1058. Il Messia avrebbe chiamato a raccolta i dispersi nella Diaspora nonché, i nomi dei giusti tramandati nel Libro delle generazioni e ritornati nella Gerusalemme ricostruita. Altra finalità dell’autore era di tramandare, alle generazioni future, esempi di rettitudine morale e religiosa in modo da osteggiare il proselitismo cristiano.

Ahima’az iniziò la stesura del Libro delle discendenze agli inizi del 1054, precisamente nel mese di Adar (Febbraio-Marzo), probabilmente per scrivere con calma le gesta della sua ascendenza e terminare per tempo il lavoro entro il 1058, però sappiamo che la Cronaca fu terminata frettolosamente nella tarda primavera dello stesso anno nel mese di Sivan (maggio-giugno). Di questa fretta nel portare a termine il lavoro se ne meraviglia lo stesso Colafemmina, il quale, nelle note alla sua traduzione, lo rimarca e non ne trova una valida ragione. Di fatto, nella Cronaca si evince una discontinuità narrativa. Ad una prima parte caratterizzata da una dettagliata descrizione dei protagonisti (insieme con una ricchezza di particolari negli episodi) è contrapposta una seconda parte meno curata, in cui trova largo spazio la problematica figura di Partiel l’astrologo.

Il 1054 per uno storico è l’anno in cui si consuma lo scisma tra la Chiesa Romana e quella d’Oriente, un evento che segnerà in maniera rilevante vicende storiche posteriori, ma non può aver turbato più di tanto il rabbino di Capua che, anzi, deve aver avuto motivo per gioirne, in considerazione dell’astio che trasuda nei confronti del Cristianesimo per tutto il Sefer.

La Crab Nebula, ovvero il residuo della supernova del 1054. Credit: J.C. Cuillandre (CFHT), Giovanni Anselmi (Coelum)

Per uno storico dell’astronomia lo stesso 1054, invece, è l’anno della supernova nel Toro. Può l’autore aver visto l’apparizione di questo nuovo astro ed averlo interpretato come un eccezionale segno divino, tanto da averlo indotto ad accelerare il lavoro? La domanda è intrigante. Nel testo non troviamo espliciti riferimenti a quest’apparizione, tuttavia, leggendo nel proemio, Ahima’az nelle lodi profuse per propiziare la buona riuscita dell’opera ripete più volte ed esalta i prodigi che l’Altissimo realizza nel cielo per mostrare la sua potenza agli uomini. L’autore della Cronaca, giacché fervente credente e conoscitore dei passi biblici, può averne fatto cenno – come era consuetudine – parafrasando passi attinti dalle Sacre Scritture, in particolare dai Salmi, con espressioni del tipo: “ del Signore dei signori, del Signore che compie prodigi…”, “Nel nome di Colui che abita i cieli limpidi…”, “Giorno e notte mi delizierò nel glorificare Colui che compie gesta grandiose…” e poi “Narrerò le sue imprese possenti, rivelerò i suoi prodigi e la potenza della sua grandezza, lo splendore della sua magnificenza, la gagliardia della sua forza, la soavità delle sue lodi, l’immanità delle sue azioni terrifiche…”, “Egli stabilì i monti con la sua forza e mostra all’uomo il suo pensiero, con la sua sapienza creò la Terra e stabilì il mondo con la sua intelligenza. Chi può essere paragonato a Lui nei cieli?”.

Uno splendido disegno, tratto da un manoscritto del 1450, che raffigura l’imperatore del Sacro Romano Impero, Enrico III (1017-1056) mentre indica la SN del 1054 ad alcuni dignitari di corte.

Con tutte le cautele del caso, supponiamo che Ahima’az sia stato testimone dell’evento. Come e quando può aver notato la supernova?

Della supernova nel Toro, le più antiche segnalazioni sono relative al primo mattino del 4 Luglio 1054 (astronomi cinesi e giapponesi), in pratica nei giorni immediatamente successivi la congiunzione eliaca della costellazione, con la “stella ospite” visibile poco prima dell’alba, quando questa era pressoché al massimo di luminosità con una magnitudine –6 circa. Sebbene gli avvistamenti tramandati siano relativi ai primi di Luglio, la stella poteva già essere esplosa da diverse settimane e non avvistata perché in congiunzione col Sole. Può Ahima’az aver notato la supernova nel mese ebraico di Sivan del 1054, prima della congiunzione con il Sole? Ricostruendo l’aspetto del cielo con un planetario, notiamo che nel giorno 11 maggio al crepuscolo un sottile crescente lunare si proietta vicinissimo all’attuale M1, il resto nebulare della supernova di quell’anno. Come abbiamo già scritto, il crescente lunare aveva un’importanza non secondaria per il computo del calendario ebraico, perciò il nostro Ahima’az poteva benissimo essersi appostato per scrutare il cielo alla ricerca della prima Luna e decretare, essendo rabbino, l’inizio del nuovo mese lunare, oppure solo per rivivere l’esperienza dell’avvistamento del crescente avendo da poco raccontato nella Cronaca l’episodio dell’avo Hananeel e della scommessa con il vescovo. Così come i suoi sapienti avi, avendo una buona conoscenza del cielo, Ahima’az può aver notato prossima all’orizzonte ovest quella nuova fulgida stella, in un crepuscolo alquanto affollato di pianeti i quali, secondo un’interpretazione astrologica che ignoriamo, potevano avere un certo importante significato in un contesto messianico presunto imminente. L’enfasi riposta da Ahima’az nei confronti delle figure di Aron di Bagdad e di Paltiel, non un avo diretto, ma grande esperto nell’interpretazione in chiave astrologica degli eventi celesti, a mio avviso, può essere un tentativo dell’autore di accreditarsi verso i posteri come prosecutore di analoga sapienza per insegnamenti ricevuti e per dote di stirpe, essendo stato un testimone in prima persona di un grandioso prodigio. Tale desiderio l’autore non lo nasconde nemmeno, infatti, in chiusura del Sefer egli scrive: “Io Ahima’az, figlio di Rabbi Paltiel (omonimo dell’astrologo), figlio di Rabbi Shamuel, figlio di Rabbi Hananeel, figlio di Rabbi Ammittai, servo di Dio, nel mese di Adar di tanti anni da quando furono distesi i cieli (formula che ricorre alla gematria, ovvero indicare un numero dalla somma delle lettere componenti una parola. In questo caso 4814 dalla Creazione, pari al 1054 del nostro calendario), pregai Colui che misura col suo pugno le acque di farmi la grazia di rendermi sapiente nella profondità dei misteri (cioè la capacità di interpretare gli astri, considerata dagli ebrei una grazia divina) che sono la delizia dei due giorni, per corroborarmi nella sua Torah perfetta, preesistente di duemila anni (l’universo), per guidarmi nella via retta ed essere a me di aiuto, perché ascoltasse la mia preghiera di assistermi nella ricerca della genealogia dei miei padri. Io levai a Lui i miei occhi, confidai nel suo Nome santo, invocai la sua misericordia e cercai la sua pietà. Ed egli mi concesse quanto avevo con ardore chiesto. (…) Ho terminato nel mese di Sivan, con la costellazione dei Gemelli, segno sotto il quale fu data la Torah, nell’anno del ‘termine maturato’, raddoppiando ‘nel mio desiderio’, l’ho completato nella sua interezza dall’inizio alla fine”. Ahima’az, esplicitamente quindi, scrive di aver ricevuto un segno ardentemente agognato ed interpretato come segnale di un “termine maturato” e di aver raddoppiato l’impegno per terminare l’opera. Gli astri, nella cosmologia ebraica, erano prodigiose emanazioni divine e media di comunicazione con gli uomini, perciò nulla di strano se l’Autore non indichi che cosa abbia visto levando al cielo le proprie suppliche, dando per scontato ai lettori che si riferisca alle stelle. Assai rilevante, inoltre, che Ahima’az specifichi di aver terminato quando in cielo è presente la costellazione dei Gemelli – ulteriore conferma della buona conoscenza della volta celeste – che la tradizione ebraica vuole legata alla Torah e nei confini della quale rientrava, all’epoca, la zona d’apparizione della supernova.

Le argomentazioni fin qui formulate, sebbene ragionevoli, possono apparire deboli per suffragare la tesi che Ahima’az sia stato un testimone oculare dell’apparizione della SN 1054. Provare quest’eventualità è tutt’altro che banale nell’ambiente della storiografia astronomica perché ne farebbe la prima testimonianza occidentale, benché non esplicita, di un fenomeno certamente appariscente, ma clamorosamente trascurato in un contesto culturale fortemente influenzato dalla concezione aristotelica dell’immutabilità dei cieli che confinavano comete, meteore e stelle nuove a fenomeni meramente atmosferici. Ci sono, sulla base dei dati disponibili, possibili conferme per un’apparizione in maggio/giugno della supernova? Forse sì.

Un indizio lo propongono F. Richard Stephenson e David A. Green i quali citano un riferimento alla supernova del 1054 contenuto nel Meigetsuki (Diario della Luna Piena) del poeta di corte Fujiwara Spadaie che così scrive:

“Secondo anno del periodo del regno Teki dell’imperatore Go-Reizei, quarto mese lunare, dopo il periodo mediano di dieci giorni. Alla doppia ora chou una stella-ospite è apparsa nei gradi di Zuixi e Shen. Fu vista a est ed emerse dalla stella Tianguan. Era grande come Giove”.

Gli autori ci informano che il quarto mese lunare va dal 10 maggio all’8 giugno e che la stella fu avvistata in un giorno imprecisato dell’ultima decade, di certo all’alba perché fu vista ad est. Forse con il “periodo mediano” il Fujiwara vuole intendere i giorni in congiunzione eliaca della costellazione occorsi proprio in quel periodo. Singolare, tuttavia, che questa segnalazione coincida proprio con il mese di Sivan dell’autore del Sefer.

Particolarmente interessante mi pare anche un passo in latino tratto dalla Cronaca di Rampona, una delle tante composte in età medievale, riportato in Medieval Chronicles and the Rotation of the Earth (R. R. Newton, John Hopkins University Press, Baltimore 1972, pag. 690): “Tempore huius stella clarissima in circuitu prime lune ingressa est, XIII Kalendas in nocte inizio”. La forma latina risente di influenze volgari, ma possiamo tradurre (con qualche libertà): “Al tempo in cui la stella fulgidissima entrò (in congiunzione) con il crescente lunare, all’inizio della notte del 13° giorno alle Calende”. In questo passo non è specificato il mese, però, supponendo si tratti della supernova, la congiunzione con il crescente lunare poteva avvenire soltanto nel mese maggio e la concordanza con la presunta data d’avvistamento di Ahima’az è veramente notevole. Questo passo è riferito al 1058, però non è da escludere un errore durante una delle trascrizioni.

Tre indizi, dunque, portano ad uno stesso periodo, vale a dire maggio-giugno del 1054.

Servono, ovviamente, ulteriori indizi per suffragare l’ipotesi della comparsa della supernova in una data anteriore al 4 luglio, però, se così fosse, il nome dell’ignaro Ahima’az sarà consegnato al Sefer degli astronomi come il primo avvistatore occidentale.


Giuseppe Donatiello è nato nel 1967 e vive ad Oria (Brindisi). Speaker professionista, lavora nell’emittenza radiotelevisiva privata sin dal 1979. Astrofilo da sempre, s’interessa a tutti gli aspetti dell’astronomia amatoriale con una predilezione per il deep sky.

L’Osservatorio di PIC du MIDI, la città dello Spazio di Tolosa, Cirque de Gavarnie, Provenza & Camargue

0

.

L’Osservatorio di PIC du MIDI

la città dello Spazio di Tolosa

Cirque de Gavarnie

Provenza & Camargue

5/11 Giugno 2013

.

1° giorno, mercoledì 05/06 – FERRARA-BOLOGNA-MODENA / AIX-EN-PROVENCE / ARLES (790 km)

ritrovo dei partecipanti e partenza in pullman GT per la Francia con sosta lungo il tragitto per il pranzo libero a carico dei partecipanti e per una breve visita libera di Aix-en-Provence, città d’arte ed antica capitale della regione. Nel periodo di fioritura della lavanda, indicativamente tra metà giugno e metà luglio e comunque prima della raccolta che può variare a seconda delle annate e delle condizioni stagionali, eventuale deviazione, tempo permettendo, verso Valensole per ammirare i campi coltivati dal caratteristico colore. All’arrivo nel tardo pomeriggio ad Arles, sistemazione nelle camere riservate in hotel, cena e pernottamento.

2° giorno, giovedì 06/06 – ARLES / SAINTES-MARIES-DE LA MER / AIGUES MORTES / CARCASSONNE / TOLOSA (370 km)

Dopo la colazione in hotel si parte verso la selvaggia regione meridionale della Camargue, dove i cavalli vivono ancora allo stato brado. Brevi soste per passeggiate libere a Les Saintes Maries de la Mer, pittoresco villaggio sul mare, e a Aigues Mortes, borgo fortificato medievale. Proseguimento verso Tolosa con sosta lungo il tragitto per il pranzo libero a carico dei partecipanti e per una breve visita libera di Carcassonne con i ponti levatoi, le torri e le mura. All’arrivo a Tolosa, sistemazione nelle camere riservate in hotel, cena e pernottamento.

3° giorno, venerdì 07/06 – TOLOSA / LOURDES / LA MONGIE (dintorni) (190 km)

Prima colazione in hotel e in mattinata ingresso e visita guidata alla Citè de l’Espace, parco a tema scientifico, orientato verso lo spazio, l’astronomia e la conquista spaziale. Il parco, enorme centro di divulgazione scientifica, ha al suo interno un magnifico planetario ed un simulatore 3D della Stazione Spaziale Internazionale. Permette di scoprire la replica a grandezza naturale del razzo Ariane 5 (53 metri di altezza), dell’astronave Soyuz e del satellite di osservazione della terra European Remote-Sensing Satellite (ERS). Si può anche visitare un modello ingegneristico della stazione spaziale Mir, completa di tutte le attrezzature. La Cité de l’Espace è anche dotata di numerose esposizioni, spesso interattive: la sala di controllo permette di preparare il lancio di un razzo, di assistere al suo decollo, al suo volo e quindi alla messa in orbita di un satellite artificiale. Pranzo libero a carico dei partecipanti all’interno del parco. All’uscita nel pomeriggio, immediata partenza per Lourdes con breve visita libera della cittadina dominata dalla famosa Basilica e dove si incontrano le 14 stazioni della Via Crucis. Proseguimento per La Mongie/dintorni, località del comune di Bagnères-de-Bigorre nei Midi-Pirenei, ai piedi del Pic du Midi, sistemazione nelle camere siservate in hotel, cena e pernottamento. Osservazioni astronomiche facoltative.

4° giorno, sabato 08/06 – PIC DU MIDI

Colazione in hotel e trasferimento fino alla base della funivia che, con un cambio a circa 2.100 mt. di quota, permtte di salire in una ventina di minuti fino a 2.877 mt s.l.m., sulla vetta del Pic du Midi e scoprire un panorama mozzafiato. Qui è arroccato il più grande telescopio in suolo francese (2 mt di diametro). Il viaggio in funivia è a dir poco spettacolare…mentre si sale i Pirenei cominciano a farsi vedere in tutto il loro splendore, e una volta in vetta il panorama è unico: ci si trova al centro dei Pirenei, si osservano vette, ghiacciai e le cupole dell’osservatorio. Pranzo libero a carico dei partecipanti e, nel pomeriggio, visita guidata interna dell’osservatorio con ingresso nella cupola che ospita il telescopio da 2 mt di diametro. Al termine, ridiscesa per la cena in hotel. Osservazioni astronomiche facoltative. Pernottamento.

5° giorno, domenica 09/06 – CIRQUE de GAVARNIE

Prima colazione in hotel ed intera giornata in escursione guidata al Cirque de Gavarnie, un circo naturale di tipo glaciale situato nel massiccio montagnoso dei Pirenei. Fa parte del Parco nazionale dei Pirenei ed è stato classificato nel 1997 Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO. Al centro del circo ci sono le cascate di Gavarnie, la maggiore delle quali, alta 422 mt, è la cascata più alta d’Europa. Pranzo libero a carico dei partecipanti in corso d’escursione, cena e pernottamento in hotel. Osservazioni astronomiche facoltative.

6° giorno, lunedì 10/06 – LA MONGIE / NIMES (480 km)

Dopo colazione, partenza per la ridiscesa verso Lourdes con proseguimento verso Nimes con sosta lungo il tragitto per il pranzo libero a carico dei partecipanti e, tempo permettendo, per una breve passeggiata libera a Sete. All’arrivo a Nimes, breve visita guidata panoramica della “Roma francese”, detta così per le numerose vestigia classiche. Sistemazione nelle camere riservate in hotel, cena e pernottamento.

7° giorno, martedì 11/06 – NIMES / AVIGNONE / MODENA-BOLOGNA-FERRARA (820 km)

Prima colazione in hotel e partenza, sostando brevemente a Pont du Gard ad ammirare il famoso ponte romano, parte di un acquedotto lungo 49km, per la visita guidata di Avignone con il Palazzo dei Papi (esterno), il Ponte, Place de l’Horloge e la Cattedrale. Al termine, proseguimento per l’Italia con sosta per il pranzo libero a carico dei partecipanti.

Quota di partecipazione

Quota individuale di partecipazione, minimo 35 partecipanti € 950,00
Quota individuale di partecipazione, minimo 30 partecipanti € 990,00
Quota individuale di partecipazione, minimo 25 partecipanti € 1.050,00
Supplemento camera singola € 250,00

La quota comprende: * viaggio in pullman GT (quotazione pullman effettuata nel rispetto del regolamento CEE nr. 561/2006 entrato in vigore in data 11/04/2007) * vitto e alloggio autista * sistemazione per 6 notti in hotels 3*** in camere doppie con servizi privati nelle località indicate/dintorni (1 notte ad Arles, 1 notte a Tolosa, 3 notti a La Mongie, 1 notte a Nimes) * trattamento di mezza pensione * visite guidate come da programma * salita in teleferica da La Mongie al Pic du Midi * ingressi (Citè de l’Espace a Tolosa / Osservatorio del Pic du Midi) * assicurazione medico-bagaglio e annullamento viaggio.

La quota non comprende: * pranzi * bevande ai pasti * altri ingressi a musei e monumenti non esplicitamente menzionati * mance, extra personali e tutto quanto non indicato alla voce “La quota comprende”.

Informazioni e prenotazioni al viaggio

CTM di Robintur spa Via Bacchini 15, Modena – Tel 059/2133701 ctm.gruppi@robintur.it –  www.robintur.it

Informazioni astronomiche

Sig. Massimiliano Di Giuseppe 338/5264372 –  www.esploriamoluniverso.com
Sig. Ferruccio Zanotti 338/4772550 –  www.esploriamoluniverso.com
Società Astronomica Italiana – Sez. PUGLIA Sig. Paolo Minafra 339/2929524 –  www.saitpuglia.it

L’età “biologica” degli ammassi globulari

0
un campionario di ammassi globulari, studiati con Hubble e con il telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO all'Osservatorio di La Silla dell'ESO, in Cile. I dati mostrano che, nonostante si siano formati più o meno allo stesso tempo, gli ammassi sono invecchiati con tassi decisamente diversi, con le stelle più massicce che affondano verso il centro dell'ammasso con un processo simile alla sedimentazione. In alto: Messier 4 (ESO), Omega Centauri (ESO), Messier 80. Al centro: Messier 53, NGC 6752, Messier 13. In basso: Messier 4 (Hubble), NGC 288, 47 Tucanae
Una spettacolare immagine HST del globulare NGC 6388. Questo ammasso, situato a 35 mila anni luce da noi, nella costellazione dello Scorpione, presenta un'età dinamica intermedia. Crediti: NASA, ESA, F. Ferraro (UniBO).

Capita un po’ a tutti di rimanere sorpresi quando veniamo a sapere l’età di una persona che ci appare assai più giovane – oppure più vecchia – di quanto ci dica la sua carta d’identità. Una situazione analoga l’hanno gli astrofisici che studiano le proprietà degli ammassi globulari, agglomerati di stelle piuttosto compatti che possono raggiungere anche il milione di astri, distribuiti in modo approssimativamente sferico. Pur essendosi formati tutti circa 13 miliardi di anni fa, all’alba dell’universo, alcuni presentano caratteristiche evolutive significativamente diverse dagli altri. Un dilemma che è stato risolto grazie allo studio di un gruppo italiano di astrofisici che hanno individuato un metodo per riconoscere lo stadio evolutivo degli ammassi globulari. Un’informazione fondamentale per comprendere come e quanto velocemente questi gruppi di stelle invecchiano.

“Sapevamo già quanti anni avessero gli ammassi globulari, ma non eravamo in grado di stabilire a che punto della loro evoluzione dinamica si trovassero. Non sapevamo cioè quanto si fossero trasformati dal punto di vista morfologico, fisico e spaziale dal momento della loro formazione ad oggi. Un po’ come succede per gli esseri umani, per i quali possiamo distinguere un’età anagrafica ed una biologica” spiega Francesco Ferrarodel Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Bologna (Unibo), che ha guidato il team internazionale nell’ambito del progetto Cosmic-Lab, finanziato con quasi 2 milioni di euro dall’Unione Europea.

Un campionario di ammassi globulari studiati da Hubble e dal telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO all'Osservatorio di La Silla dell'ESO, in Cile. I dati mostrano che, nonostante si siano formati più o meno allo stesso tempo, il loro tasso di invecchiamento è diverso, con le stelle più massicce che affondano verso il centro dell'ammasso con un processo simile alla sedimentazione. In alto, da sinistra: Messier 4 (ESO), Omega Centauri (ESO), Messier 80 (HST). Al centro (HST): Messier 53, NGC 6752, Messier 13. In basso (HST): Messier 4, NGC 288, 47 Tucanae.

All’interno degli ammassi stellari, le stelle si muovono continuamente ed interagiscono le une con le altre per effetti di reciproche interazioni gravitazionali, cosicché le loro posizioni e le loro velocità cambiano continuamente. Era già noto che questi processi determinano progressivi cambiamenti strutturali negli ammassi (una sorta di ‘invecchiamento dinamico’), ma non era mai stato scoperto un metodo capace di stabilirne un’esatta sequenza temporale. I ricercatori italiani sono riusciti a trovare la soluzione concentrandosi su alcune particolari stelle che popolano questi ammassi: le cosiddette “vagabonde blu” (blue straggler). Si tratta di stelle particolarmente massicce, perché frutto della fusione di più stelle e per questo motivo più luminose e calde, a cui è associato il tipico colore blu. Le blue straggler, per la loro stazza ‘oversize’ tendono nel tempo a sprofondare verso il centro dell’ammasso globulare. La ricerca, che viene pubblicata oggi sulla rivista Nature, ha permesso di associare il grado di ‘sprofondamento’ delle vagabonde blu al grado di invecchiamento ‘dinamico’ degli ammassi. Nonostante questi sistemi stellari abbiano all’incirca la stessa età cronologica, quelli in cui le blue straggler sono quasi tutte concentrate nel centro risultano molto più evoluti rispetto a quelli in cui questo processo di sprofondamento è più lento e, dal punto di vista dinamico, si sono mantenuti giovani più a lungo.

“Le blue stragglers sono tra gli oggetti stellari più esotici e sono una prova dell’importanza della dinamica nell’evoluzione degli ammassi stellari. Infatti, le blue straggler nascono dalla fusione tra due stelle, fusione che potrebbe essere il risultato di interazioni dinamiche estreme quali, ad esempio, collisioni tra stelle” sottolinea Michela Mapelli, dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Padova, che ha partecipato all’indagine. “Questo articolo mostra che l’evoluzione delle blue straggler, e in particolare la velocità con cui esse percolano verso il centro dell’ammasso, ci aiuta a gettare luce sull’età dinamica dell’ammasso stellare che le ospita. Per età dinamica di un ammasso non intendiamo la sua epoca di formazione, bensì il livello di evoluzione strutturale e morfologica che esso ha raggiunto. Quindi, conoscere l’età dinamica di un ammasso stellare e combinarla con quella cronologica permette di ricostruirne l’intera storia evolutiva”.

Sfruttando questo metodo è così possibile risolvere alcune incongruenze che sembravano mostrare certi ammassi globulari, per i quali era difficile dare una collocazione evolutiva certa. “Sono almeno due le ragioni per cui è così importante studiarli” spiega Barbara Lanzoni, dell’Università di Bologna, co-autrice della ricerca. “Da un lato rappresentano fossili dell’universo primordiale, poiché contengono stelle che sono nate nelle fasi iniziali della vita della nostra Galassia e del resto del cosmo. Capire come sono fatti e come si sono trasformati da allora può aiutarci a gettare nuova luce su come la Galassia in cui viviamo si sia sviluppata”. “In secondo luogo – aggiunge Ferraro – “gli ammassi costituiscono l’habitat ideale per l’osservazione di comportamenti stellari sorprendenti. Il loro centro è così denso che le stelle interagiscono le une con le altre in modi assai rari nell’universo. È qui che hanno luogo fusioni, collisioni, cannibalismo tra astri diversi. All’interno degli ammassi possiamo capire come le stelle, in genere piuttosto solitarie, si relazionano le une con le altre. Sono il laboratorio ideale per gettare le basi di quella che possiamo definire una sociologia stellare”.

.

Loading player…


.

Questo video mostra il moto delle “vagabonde blu” negli ammassi globulari in funzione del tempo. Le “vagabonde blu” sono stelle brillanti e blu, con una massa maggiore della media in un ammasso, e ci si aspetta che nel tempo si muovano verso il centro dell’ammasso. Quelle più vicine al nucleo dell’ammasso sono le prime a migrare, mentre le più distanti iniziano a mano a mano a muoversi verso il centro. Un nuovo studio che usa dati del telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA e del telescopio da 2,2 metri dell’MPG/ESO ha mostrato che non tutti gli ammassi globulari hanno lo stesso tasso di invecchiamento. Anche se tutti gli ammassi globluari sono vecchi (più di 10 miliardi di anni), la distribuzione delle stelle di alcuni rimane più “giovane”, con le “vagabonde blu” sparse in tutto l’ammasso. Altri invece sono invecchiati prematuramente, con tutte queste stelle già raggruppate al centro. Crediti: ESO/NASA/ESA, L. Calçada, F. Ferraro (University of Bologna)

Altro che i Maya… la vera attesa per la FINE DEL MONDO ci fu nel 1910

Indice dei contenuti

“Ormai siete nella coda della cometa, ma non abbiate paura. Se questa sarà l’ultima edizione del Times, allora vi arrivi il nostro più sentito addio.”

.

Cento anni fa, la cometa di Halley sconvolse la Belle Epoque, precipitando il mondo nella follia

Tutti i maggiori Osservatori del mondo, con l’ausilio della nuova tecnica fotografica e di una strumentazione ben più sofisticata di quella a disposizione durante il passaggio del 1835, si adoperarono in concorrenza per strappare alla Halley tutti i suoi secolari segreti. Questa immagine è stata ripresa il 21 aprile 1910 a Arequipa (Perù) nel corso di una spedizione organizzata dalla Harvard University. Trenta minuti di esposizione al fuoco di un astrografo da 8". La coda appare lunga circa 6°.

È davvero curioso pensare che Giovanni Schiaparelli, l’astronomo che dedicò parte della sua vita allo studio delle comete, nacque nel 1835 e morì nel 1910, in corrispondenza di due ritorni della cometa di Halley. Come pure lo scrittore americano Mark Twain (vedi Coelum n. 73, pag. 84), che addirittura in vita scrisse più volte di essere sicuro che la sua scomparsa sarebbe coincisa (come in effetti fu) con la riapparizione della Halley. Del resto, la cometa più famosa del mondo si ripresenta proprio ogni circa 75 anni, un periodo simile per durata a quello della vita umana, così che viene reputato fortunato chi nel corso della propria esistenza riesce ad assistere a due passaggi.
Esattamente cento anni fa, dunque, mentre si spegneva la vita di Schiaparelli, la Halley tornava a frequentare i cieli di un occidente sempre più positivista, liberatosi ormai dalle antiche paure legate alle apparizioni degli astri chiomati…
Ma proprio in quell’anno accadde qualcosa di assolutamente imprevisto, tale da riportare indietro di secoli le lancette dell’orologio e scatenare un’ondata planetaria di isterica rassegnazione alla “fine del mondo”.

Come si ricorderà (vedi Coelum n. 124, “Natale 1758”), il primo ritorno della Halley previsto dai calcoli di meccanica celeste aveva avuto luogo nel 1759, in un’Europa in cui il pensiero illuminista aveva trasformato l’evento nel simbolico trionfo della ragione umana.
Superati gli eccessi ideologici del “secolo dei lumi”, al passaggio successivo, quello del 1835, la Halley era ritornata ad essere quello che era: un semplice oggetto celeste su cui molto bisognava ancora indagare, e che tra l’altro sembrava alle prese, come scrisse in quell’occasione anche l’astronomo francese Philippe Gustave de Pontécoulant (1795–1874), con un problema di “perdita di spettacolarità”:
“Le prime apparizioni di questa cometa furono caratterizzate da spettacoli straordinari… Da allora essa ha progressivamente perduto il suo carattere spaventoso; le sue dimensioni sono diminuite, la sua luce si è affievolita, e nel suo ultimo ritorno essa non aveva che le apparenze di una cometa ordinaria”.

Nonostante ciò, le aspettative per il ritorno del 1910 aumentarono a dismisura, anche se per circostanze che 76 anni prima potevano a malapena essere immaginate. I decenni intercorsi, infatti, avevano assistito a uno dei più grandi sconvolgimenti economici, tecnologici e sociali della storia: la rivoluzione industriale.  Nata in Inghilterra tra sette e ottocento, aveva valicato i confini dell’isola estendendosi a buona parte dell’Europa e anche nella più importante propaggine esterna del vecchio continente, gli Stati Uniti d’America, che nel 1835 era un paese rurale i cui rarissimi astronomi potevano contare come massimo strumento sul rifrattore Dollond da 5″ dello Yale Observatory, e i suoi giornali si limitavano per lo più a ristampare quanto veniva pubblicato in Inghilterra.
Gli Stati Uniti del 1910 erano invece già da tempo la massima potenza economica del pianeta, in cui la scienza non mancava di generosi mecenati; osservatori come Lick o Yerkes erano provvisti dei più grandi rifrattori di tutti i tempi e i dibattiti sui canali di Marte avevano abituato l’opinione pubblica a seguire da vicino l’astronomia.
Lo stesso concetto di opinione pubblica era ormai ben diverso da quello di 76 o 150 anni prima: anziché a una élite ristretta dominata da valori aristocratici, l’informazione scientifica si rivolgeva ora a decine di milioni di persone ed aveva già assunto i caratteri di un’industria di massa; la strada era dura ma l’opportunità di conoscere, informarsi e progredire non si negava a nessuno.
La stessa astronomia era stata radicalmente rinnovata dal sorgere dell’astrofisica: ancora nel 1844, il filosofo Auguste Comte poteva citare la composizione di stelle e pianeti come un esempio di conoscenza a cui non saremmo mai giunti; ora l’astronomia cometaria, tradizionalmente legata al calcolo di moti orbitali e al raffinamento della meccanica celeste, era pronta a raccogliere informazioni sulle caratteristiche fisiche e chimiche dell’astro. Come scrisse anni dopo l’astronomo americano Nicholas Bobrovnikoff:
“Lo sviluppo delle tecniche osservative, specialmente l’introduzione dell’emulsione fotografica e dello spettroscopio, fecero sperare che l’apparizione del 1910 avrebbe fornito molte più informazioni sulla cometa stessa e sulle comete in generale che tutte le precedenti apparizioni messe insieme”.

Insomma, nel 1910 l’interesse mediatico non sarebbe mancato; le risorse economiche e tecnologiche per la ricerca nemmeno. C’era da aspettarsi un passaggio memorabile, e stampa e pubblico non erano meno pronti degli astronomi.
.

×
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

There was an error while trying to send your request. Please try again.

Autorizzo Coelum Astronomia a contattarmi via e-mail utilizzando le informazioni che ho fornito in questo modulo sia per fini informativi (notizie e aggiornamenti) che per comunicarmi iniziative di marketing.