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Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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06.06:
“I calendari agricolo-astronomici dell’antica
Roma” di Elio Antonello.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Circolo Astrofili Veronesi

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06.06:“Esplosioni stellari: le variabili cataclismiche” di Antonio Bianchini.
Per informazioni: info@astrofiliveronesi.it
Cell: 334 7313710 (Antonio Cagnoli)
www.astrofiliveronesi.it

Gruppo Amici del Cielo di Barzago

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06.06:5° lez.: “La Via Lattea ed il Cielo profondo”.
Per info: didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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06.06:Osservazione della Luna in Corso Italia.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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06.06:
“I calendari agricolo-astronomici dell’antica Roma” di Elio Antonello.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Astrofili Centesi

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06.06: “Il calendario cosmico: Immaginiamo di comprimere l’intera storia dell’universo entro l’arco temporale di un anno terrestre”. Al telescopio: Luna, Marte e Saturno.
Per info: 346.8699254, astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Al Planetario di Ravenna

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03.06:Speciale Festival delle Culture: “Il cielo dei cinesi” di Lorenzo Brandi. Ingresso libero.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Osservazione della cometa C/2012 K1 dall’Osservatorio di Asiago

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SABATO 7 GIUGNO, ALLE ORE 21:00, SERATA SPECIALE AD ASIAGO

L’INAF Osservatorio Astrofisico di Asiago propone l’osservazione della cometa C/2012 K1 e non solo: anche di Marte, Saturno e della Luna.

Scoperta il 19 maggio 2012 quando era a 8,7 UA dal Sole con il telescopio Pan-STARRS (Panoramic Survey Telescope & Rapid Response) di Haleakala alle Hawaii, la cometa C/2012 K1 Panstarrs, brillava di magnitudine 19,7. Si tratta di una cometa non periodica, che quindi non ripasserà più da “queste parti”, dalla dinamica particolare: ha mostrato infatti segni di rallentamento nella sua tendenza ad acquisire luminosità, per poi riprendere l’incremento.

Non si esclude però anche una sua frammentazione perché presenta le stesse caratteristiche di altre 11 comete, fra le quali la C/2012 S1 ISON, tutte disintegrate nel loro avvicinamento al Sole. Secondo gli studiosi, sulla linea di questo dato, è ragionevole aspettarsi che anche C/2012 K1 PANSTARRS sia destinata a disintegrarsi con una probabilità del 20%.
Il suo prossimo perielio è previsto per il 27 agosto2014 quando raggiungerà una distanza di 1,05 UA (157.000.000 di chilometri) dal Sole, mentre il perigeo, cioè il suo punto di massimo avvicinamento alla Terra è previsto per il 31 ottobre 2014. Allora potrà essere visibile a occhio nudo come una stellina fioca della magnitudine  di circa 6,2.

L’osservazione prevista ad Asiago è stata programmata proprio ora, a giugno, perché in queste date la cometa sarà ancora alta in cielo al tramonto. A inizio luglio sarà invece molto bassa sull’orizzonte e da settembre non sarà più visibile dal nostro emisfero. Occorre sempre una certa cautela nel fornire pronostici dal momento che le comete sono oggetti in divenire.

E’ quindi il caso di approfittare di questa serata per osservare questa imprevedibile cometa!!

Nella stessa serata sarà possibile anche effettuare una visita al telescopio Galileo.

Le osservazioni saranno possibili solo con cielo sereno quindi, in caso di maltempo, sarà possibile assistere a una conferenza per sapere tutto sulle comete tenuta da un astronomo dell’INAF di Asiago!

Solo su prenotazione all’ufficio informazioni e accoglienza turistica IAT Asiago: iat.asiago@provincia.vicenza.it; tel: 0424 462221.

Vi aspettiamo!

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Visita il nostro sito web
Per saperne di più sul Museo La Specola
Per incontrare il cielo sull’Altopiano di Asiago

Astronomia spettacolare al Planetario di Padova

Le ultime dal nostro Istituto Nazionale di Astrofisica

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Planetario e Osservatorio di Anzi (PT)

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Planetario e Osservatorio di Anzi (PT)
Calendario degli eventi gestiti dall’associazione
Teerum Valgemon Aesai. Tutti gli eventi sono su prenotazione obbligatoria.
31.05/01.06:“Week End alla conquista dello Spazio” con osservazioni di Marte e Saturno con il telescopio di Anzi (possibile prenotare sia per uno soltanto degli eventi che per il pacchetto completo, è inoltre possibile pernottare).
Per info e prenotazioni: Tel. 320 2236876
teerumvalgemonaesai@gmail.com
Pagina Facebook “Planetario Osservatorio Anzi”
http://teerumvalgemonaesai.blogspot.it/

ASTROINIZIATIVE UAI

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In diretta web con il Telescopio Remoto UAI Skylive dalle ore 21:30 alle 23:00, con la nuova Skylive Web-TV all’indirizzo: http://www.skylive.it/WebTV.aspx o collegandoti al Client Web: http://app.skylive.name/Client/ IMPORTANTE: La tua iscrizione al canale Youtube è molto preziosa per noi al fine di migliorare la qualità della trasmissione. Basta cliccare sul pulsante sotto il video “iscriviti”, oppure andare al link diretto al nostro canale Youtube: www.youtube.com/subscription_center?add_user= skylivechannel Ovviamente tutto completamente gratuito. Questi gli appuntamenti mensili. UAI con SKYLIVE Una Costellazione sopra di Noi – Il primo venerdì di ogni mese, a cura di Giorgio Bianciardi (vicepresidente UAI). SKYLIVE con UAI Rassegnastampa e cielo del mese – Quarto giovedì del mese a cura di Stefano Capretti. www.skylive.it
31.05/1.06: Cielo & Monti – Settefrati (FR) Unione Astrofili Valle di Comino www.uavc.it
info@gruppom1.it – www.gruppom1.it
http://congresso.uai.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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30.05:
Osservazione del cielo dall’albergo ristorante
Soldanella, Piani Resinelli.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Astrofili Centesi

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30.05:“Titano e la Terra primordiale”. Al telescopio: Saturno e Marte.
Per info: 346.8699254, astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Al Planetario di Ravenna

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30.05:Fanta-Scienza, Avventure nel tempo e nello spazio: “Il terribile alieno: La cosa da un altro mondo e Ultimatum alla Terra” di Marco Garoni in collaborazione con Circolo del cinema “Sogni”. Ingresso libero.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Circolo Astrofili Veronesi

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30.05:“Relatività, Entropia Cibernetica dell’Universo: uno sguardo globale e trascendente della realtà cercando una logica del tutto” di Emiliano Cassardo.
Per informazioni: info@astrofiliveronesi.it
Cell: 334 7313710 (Antonio Cagnoli)
www.astrofiliveronesi.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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30.05:“I misteri del cielo fra scienza e pseudoscienza“ di Silvano Fuso.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Rosetta è pronta allo sprint finale

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LA SONDA HA SUPERATO ANCHE L’ULTIMO TEST

Gli ultimi controlli sono stati effettuati e la fase del “commissioning” è terminata: per Rosetta, la sonda dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) lanciata il 2 marzo 2004, è tutto pronto per la lunga frenata verso il suo obiettivo, la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko.

Con un “cinguettìo” su Twitter, il team dell’ESA che manovra la sonda ha annunciato che la fase del “burning” (in gergo tecnico “thruster burn”) è stata portata a termine con successo, fornendo la prima delle tre grandi spinte orbitali che porteranno il veicolo spaziale sulla scia della cometa il prossimo 6 agosto. In questa lunga e delicata fase di commissioning, che segue il risveglio della sonda europea, uno per uno, tutti gli strumenti hanno ripreso vita dopo oltre due anni di ibernazione.

L’operazione, avvenuta a 500 milioni di chilometri dalla Terra, è durata ben 7 ore (una delle più lunghe della storia dei voli spaziali dell’ESA) e ha usato ben 218 chili di carburante. “La manovra di ieri sera è stata assolutamente necessaria nell’ambito di una serie di burning in grado di ridurre la velocità di Rosetta rispetto alla posizione della cometa in modo da arrivare con una velocità relativa di circa 1 m/s,”, ha dichiarato Sylvain Lodiot, l’operation manager della missione.

Prima del grande incontro con la cometa sono previsti altre due grandi spinte orbitali, il 4 e il 18 giugno. Ci saranno poi altri sei burning minori per le ultime inserzioni orbitali e la frenata finale.

Rosetta è un’importante missione alla quale partecipa attivamente anche l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), che ha contribuito a due degli strumenti a bordo della sonda: VIRTIS (Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer) e GIADA (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator).  Gli altri strumenti a bordo, che sono già stati testati negli ultimi tre mesi, sono OSIRIS (Optical, Spectroscopic and Infrared Remote Imaging System), NAC (Narrow Angle Camera) e WAC (Wide Angle Camera).

Poco più di due mesi fa ha superato gli esami a pieni voti anche Philae, il lander di 100 chili progettato e realizzato con un fondamentale contributo italiano guidato dall’Agenzia Spaziale Italiana, che raggiungerà la superficie della cometa il prossimo 10 novembre. Il sito di atterraggio verrà scelto solo verso il mese di settembre, dopo un’accurata analisi della superficie di 67P/Churyumov-Gerasimenko, anche perché l’esatta del misterioso oggetto forma è ancora sconosciuta. Quello che seguirà sarà la fase di ricerca e raccolta dei campioni a 23 centimetri di profondità: entrerà in azione un sistema decisamente molto prezioso dotato di un trapano con una punta di diamante e forni di platino con lenti di zaffiro che riscalderanno i campioni per le analisi. Si tratta della fase più delicata ed emozionante della missione perché sarà la prima volta che delle strumentazioni terrestri toccheranno la fredda roccia di una cometa.

Le fasi della missione Rosetta

Per saperne di più:

Sette motivi per cui il giornalismo scientifico italiano è scadente

Qualche giorno fa mi è capitato di leggere un articolo molto bello e alquanto veritiero  sul Fatto Quotidiano che mi ha fatto molto riflettere su una crisi abbastanza ampia che sta avvenendo in questi anni. È una crisi sopita, indolore e invisibile, ma alquanto preoccupante: la crisi del giornalismo scientifico.

Una crisi che ha diverse ragioni a mio avviso, concause che stanno creando un vuoto pazzesco: nei giornali e in TV si parla troppo poco di scienza e molto spesso se ne parla male o a sproposito. Analizziamo in dettaglio le cause:

1) Il sempre minor spazio dato dalle televisioni alle trasmissioni scientifiche e di contro la sempre maggior diffusione di trasmissioni “spazzatura” che mettono in giro bufale eclatanti (teschi di cristallo, scie chimiche…) come Mistero e Voyager. Analizziamo i due casi appena citati: Mistero propone i misteri italiani e non quali UFO, scie chimiche, fantasmi. Il grosso problema di questo programma è che, per molti di questi fenomeni, non esiste una vera e propria controargomentazione scientifica e dunque questi vengono spacciati come veri; altri fenomeni invece conosciuti nel mondo scientifico (come le scie di condensazione) non vengono spiegati scientificamente ma sempre ricorrendo alle teorie alternative. Nel 2011 si era tentato di portare in trasmissione un giornalista che si è occupato di scienza come Alessandro Cecchi Paone, ma (purtroppo) lo share in quelle puntate è stato deludente.

Voyager è invece un programma Rai che dal 2009 va in onda sotto il patrocinio del Ministero della Cultura (sic!) e imposta le sue trasmissioni sulla divulgazione scientifica, dando però più risalto alle teorie alternative che a quelle accettate dal mondo scientifico. Molti servizi sono risultati delle bufale. Celeberrimo è il caso del Chubracabra: spacciato come creatura sconosciuta al mondo animale identificata in seguito ad alcuni  strani ritrovamenti, il suo caso si rivelò una bolla di sapone. Le analisi del DNA del fantomatico cacciatore di capre risultarono essere appartenenti ad un coyote. Altro caso emblematico è il caso Stamina: un programma come le Iene realizza un servizio strappalacrime su una bambina gravemente malata alla quale sarebbe stata negata una cura, quella con le staminali mesenchimali, che non è provata scientificamente, sulla quale non sono stati fatti dei test in vitro e in vivo. Nel servizio, inoltre, non veniva minimamente dato spazio alla voce scientifica ufficiale.

2) L’assenza di divulgazione scientifica all’interno dei principali quotidiani italiani, con l’assenza di un esperto di scienza nei giornali. Mosca bianca a dire il vero è il giornale torinese “La Stampa” con il suo Tuttoscienze, uno tra i supplementi di divulgazione scientifica migliori d’Italia, anche grazie a Piero Bianucci che con rigore scientifico manda avanti questo progetto (pur non provenendo dal mondo della Scienza: Bianucci è laureato in filosofia). Anche altri giornali presentano delle rubriche a tema scientifico, ma sono più sporadiche e talvolta contengono errori grossolani (vedi caso Repubblica). La scienza è assente anche nei giornali gratuiti come Leggo o Metro: le uniche ricerche che vengono citate in questi giornali sono quelle riguardo il sesso.

3) L’esplosione di internet. Da un lato internet ha dato un ottimo palcoscenico per la divulgazione scientifica. Ovviamente il rovescio della medaglia è stato che tutti hanno potuto scrivere di scienza, dagli scienziati veri e propri a chi di scienza non ne capisce una mazza. Ora, se in altri settori è giusto far sentire più campane (soprattutto per quanto riguarda la politica), quando si parla di scienza le cose si fanno più complicate: la scienza non è democratica, l’opinione di un uomo qualunque non ha la stessa dignità scientifica di una teoria ben collaudata.

È qui che si inserisce nel nostro discorso l’articolo di Bressanini, che lentamente sarà scivolato nell’oblio della colonna delle opinioni scientifiche. Nella sua conclusione lo scienziato italiano ribadisce il suo disagio a scrivere su un blog nel quale venivano riportate le opinioni di “Complottisti dell’11 settembre (riferimento neanche tanto velato a Giulietto Chiesa), antivaccinisti, esperti di energia che sbagliano le unità di misura, esperti di nanoparticelle delle merendine […]”.

Significativa la risposta di Peter Gomez, che dell’edizione online del Fatto Quotidiano è il direttore: “Lo spazio dei blog non fa sentire tutte le campane, permette solo alle campane di suonare”. Questo è l’errore di fondo di molti giornali: pensare che la scienza possa

essere trattata come la politica o l’economia, dove ognuno può avere la sua opinione che viene sottoposta ai lettori. No! È sbagliato, anzi è fuorviante. La scienza si basa su dati e numeri, non su opinioni. Parlare di scienza senza avere sottomano dati – o comunque delle pubblicazioni che confermano ciò che viene scritto – è come scrivere di scienza delle costruzioni perché si è un muratore. Inoltre la scienza non può essere piegata al proprio volere per sostenere una tesi: caso eclatante, proprio sullo stesso giornale, quando la professoressa D’Orsogna sosteneva che il fracking è dannoso perché potrebbe creare dei terremoti potenti. Costei citò (anche impropriamente) un articolo americano che diceva che il fracking avrebbe potuto innescare un terremoto di 5.5, senza tenere conto di tutta la letteratura scientifica precedente e successiva.

4) Altro fenomeno abbastanza preoccupante sono i blog e i gruppi di facebook che (in buona fede o no) diffondono bufale scientifiche quali scie chimiche, cure miracolose ecc… Anche qui il grosso problema è che non viene dato spazio alle teorie classiche, spesso tacciate di fare gli interessi di qualcuno: il classico “Chi vi paga?” che viene ribadito soprattutto quando si parla di bufale che riguardano la medicina (vedi i vari casi Di Bella, Simoncini, AIDS).

Altri blog, che spesso si spacciano per blog di informazione libera, pubblicano dei post scientifici approssimativi o distorcono la scienza solo per confermare delle tesi sostenute, come per quello che sta succedendo sull’OGM o sui prodotti biologici: i primi considerati dannosi per la salute (nonostante nessuno studio ne abbia ancora evidenziato la pericolosità); i secondi considerati un toccasana, nonostante gli studi ritengano che un prodotto biologico abbia le stesse qualità di uno normale (il casus belli da cui muoveva appunto Bressanini). In questi blog si fa la scienza senza i dati alla mano, ma solo per “fare notizia”. Cosa che si sta diffondendo sempre di più nei gruppi facebook (“Adesso Fuori dai Coglioni”, “Lo Sai”, “informarexresistere”, “Informazione Libera” solo per citare i principali) che sono alquanto recidivi nel diffondere bufale scientifiche (e non…)

5) Il mancato ricambio generazionale tra ottimi divulgatori scientifici molto attivi qualche anno fa (Piero Angela tra tutti, ma anche Giancarlo Masini ed Edmondo Bernacca) e che oggi o sono meno presenti o sono meno attivi o non ci sono più.

6) Il fatto che spesso e volentieri chi parla e scrive di scienza nei giornali o

nei blog non ha un background scientifico. A volte questo non è necessariamente un male: Piero Bianucci, Piero Angela, Alessandro Cecchi Paone e Alberto Angela sono laureati in materie umanistiche, ma nessuno si azzarderebbe a dire che sono pessimi divulgatori. In effetti, per spiegare fenomeni scientifici difficili da interpretare “lasciano” la parola a esperti del settore come Paco Lanciano, Danilo Mainardi (a Superquark presenze fisse) o come Odifreddi e Galeotti (su Tuttoscienze). A volte però questo non va così bene: Mistero e Voyager sono i casi più eclatanti . All’estero molto spesso i divulgatori scientifici sono degli scienziati: nel Regno Unito una tra le figure più importanti è Sir David Attenborough (naturalista); altra figura di spicco che scrive per il Guardian è Sir Martin Rees, uno tra i cosmologi più autorevoli al mondo; in USA Bill Nye è un ingegnere meccanico (uno dei suoi professori era un altro grande divulgatore scientifico, Carl Sagan) mentre Neil DeGrasse Tyson è un astrofisico. Un altro scienziato che è diventato un ottimo divulgatore scientifico è Stephen Hawking, una tra le menti più brillanti di questo secolo.

7) Il fatto che solo recentemente sono stati aperti dei corsi di giornalismo scientifico, che sono spesso dei Master a pagamento e a numero chiuso (come a Torino o alla Sissa di Trieste o a Ferrara).

La divulgazione scientifica è sempre più importante, per la gente comune,  per gli scienziati e per i ragazzi. La scienza spesso è percepita come un corpo estraneo, anche per colpa di  insegnanti di scienze e matematica che non trasmettevano l’amore per questa materia, percepita come troppo fredda. Questa la grande sfida per i futuri divulgatori scientifici, magari giovani scienziati che scriveranno riguardo alla scienza: rendere la scienza interessante e coinvolgente, spiegando i vari fenomeni scientifici e rendendoli avvincenti.

Personalmente, il mio amore per la scienza è nato da un meraviglioso libro di Stephen Hawking, “Dal Big Bang ai buchi neri” che suggerisco a tutti, dove lo scienziato britannico racconta lo straordinario percorso del nostro universo. E poi da una serie di stupendi documentari di Jacques Cousteau sul mare. Se ho intrapreso il percorso di studi in Fisica prima e in Oceanografia successivamente lo devo anche a loro.

Alessandro Sabatino

@twitTagli

Congiunzione tra Luna e Giove nei Gemelli

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31_05_2014

31_05_2014

La sera del 31 maggio, verso le 21:30, una Luna crescente ancora molto giovane potrà essere fotografata mentre starà calando nei Gemelli verso l’orizzonte ovest. È in pratica una riedizione della situazione del 3 maggio; unica differenza la distanza da Giove, che si sarà ridotta a 8,3°, mentre in assenza di foschie all’orizzonte sarà anche possibile apprezzare la presenza di Mercurio (mag. +1,0) alto circa +8°.

Effemeridi di Luna, Sole e Pianeti

Al Planetario di Ravenna

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27.05:Speciale Festival delle Culture: “I cieli africani” di Sara Ciet. Ingresso libero.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Associazione Cascinese Astrofili

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26.05: Corso base di Astrofotografia con Digitale Reflex e camera WEB, lezione pratica con gli strumenti sul campo. Presso “Parco Collodi” Via Porto Santa Lucia a San Benedetto (Cascina). Ingresso libero.
Per informazioni:
Domenico Antonacci Cell: 347-4131736
domenico.antonacci@astrofilicascinesi.it
Simone Pertici: Cell: 329-6116984
simone.pertici@domenicoantonacci.it
www.astrofilicascinesi.it

Terza supernova del 2014 scoperta in una galassia Messier

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La SN2014bc esplosa in M106 e ripresa in un'immagine di Marco Burali dell'Osservatorio MTM di Pistoia (CCD FLI 1001E; OTTICA FRC 300 F7,8; Pose: filtro CLS-CCD posa 420 minuti + SBIG ST10 filtri IR-CUT +H-ALFA 120+120 minuti - RGB TOA 150 F5.8 CCD Moravian G2 4000 80+80+80 H-alfa BRC 250 F5 CCD Moravian G2 4000 300 minuti

Una bella immagine di archivio della galassia M106 in cui nei giorni scorsi è esplosa la supernova SN2014bc. Immagine di Marco Burali dell'Osservatorio MTM di Pistoia (CCD FLI 1001E; OTTICA FRC 300 F7,8; Pose: filtro CLS-CCD posa 420 minuti + SBIG ST10 filtri IR-CUT +H-ALFA 120+120 minuti - RGB TOA 150 F5.8 CCD Moravian G2 4000 80+80+80 H-alfa BRC 250 F5 CCD Moravian G2 4000 300 minuti).

Non siamo ancora arrivati al giro di boa di metà anno e questo incredibile 2014 ci regala la terza supernova esplosa in una galassia del catalogo Messier. Dopo le due famose supernovae di gennaio esplose nelle galassie M82 e M99 questa volta è toccato ad un’altra “bellona” dell’emisfero boreale M106.

Immagine del 21 maggio della galassia M106 con la SN2014bc, evidenziata nel riquadro in basso a destra. Foto di Gianluca Masi, Francesca Nocentini e Patrick Schmeer - Virtual Telescope di Ceccano (cliccare per ingrandire l'immagine).

Nella notte del 19 maggio il programma professionale di ricerca astronomica denominato PS1 Science Consortium, che utilizza il telescopio Pan-Starrs1 di 1,8 metri posto sul monte Halekala nelle isole Hawaii, ha individuato una luminosa supernova di mag. +14,8 nella stupenda galassia a spirale M106, posta a “soli” 25 milioni di anni luce nella costellazione dei Cani da Caccia.

La notte del 21 maggio il team dell’Osservatorio di Asiago, con il telescopio Galileo di 1,22 metri, ha ottenuto lo spettro classificando la supernova di tipo II scoperta circa un mese e mezzo dopo l’esplosione. Lo spettro presenta anche intense righe in assorbimento del doppietto di NA I che provengono dal gas associato alle polveri interstellari. La luce della supernova è pertanto oscurata da polveri presenti sulla linea di vista che fa perdere alla sua luminosità circa una magnitudine.

Per quasi 45 giorni la supernova – alla quale, in tempo di record è stata assegnata la sigla definitiva cioè SN 2014bc – non è stata notata e questo perché si trova vicinissima al nucleo della galassia ospite, solo 1″ Est e 3″ Sud.

Vista la bellezza della galassia ospite, che la pone fra i soggetti più fotografati in questo periodo, non sono mancate, sia fra i professionisti che fra gli astrofili, varie pre-discovery, cioè immagini ottenute prima della scoperta con la supernova presente.

Fra le più autorevoli quella del programma professionale di ricerca supernovae LOSS, che ha ripreso l’oggetto il 9 il 12 ed il 14 aprile, mentre non era presente in un’immagine del 6 aprile.

Controllate pertanto se nei vostri archivi avete immagini di M106 riprese dal 6 aprile in poi, perché potreste aver immortalato questa importante supernova, che dovrebbe aver raggiunto il massimo di luminosità intorno alla mag. +13.

Per notarla però è necessario disporre di una lunga focale per staccare la supernova dal nucleo della galassia e de-saturare completamente l’immagine evitando così che il luminoso nucleo della galassia copra la luce della supernova.

Non è infatti semplice riuscire nell’impresa: bisogna disporre di un valido strumento e di un seeing molto buono. Esiste però un metodo non proprio ortodosso, ma molto efficace, per aumentare enormemente questa probabilità. L’idea è venuta ad un bravo astrofotografo pistoiese, Marco Burali, che i lettori della rivista conoscono bene per le stupende immagini pubblicate.

Consiste nell’applicare il filtro Larson-Sekanina durante l’elaborazione dell’immagine. Questo filtro viene normalmente utilizzato nelle immagini cometarie per evidenziare le strutture interne del nucleo delle comete, ma applicato in questo frangente all’immagine di M106 è riuscito a separare perfettamente la supernova dal nucleo della galassia, a scapito però della bellezza estetica dell’immagine elaborata.

Concludiamo ricordando che questa è la seconda supernova esplosa in M106. Nel 1981 infatti la galassia aveva ospitato un’altra supernova anch’essa di tipo II, la SN1981K che fu scoperta tramite le onde radio da E. Hummel al Max-Planck-Institut fur Radioastronomie. Il tedesco divise la scoperta con l’astronomo svizzero Paul Wild direttore dell’Astronomical Institute Berne University, che riuscì a confermare l’oggetto ritrovandolo su delle immagini d’archivio prese il 3 novembre 1981 dal Zimmerwald Observatory. La supernova aveva una luminosità intorno alla mag. +17 ed era posta a 17” Est e 76” Nord dal centro della galassia, in perfetto accordo con la posizione rilevata dal radiotelescopio tedesco.

Leggi anche:

Possibile nuovo sciame meteorico: Camelopardalidi (209P/2014)

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Altezza sull'orizzonte del radiante durante il picco massimo, SOLO però per le zone in cui è buio. In Italia purtroppo il massimo si verifica tra le nove e le nove e mezza del mattino, è possibile però tentare l'osservazione prima dell'alba, sperando in un picco minimo iniziale, nonostante la stretta forchetta di visibilità.

24.05 possibile nuovo sciame meteorico: Camelopardalidi (209P/2014).

29.05

12:24 La cometa 209P LINEAR alla minima distanza dalla Terra (0,055 UA pari a 21,6 dist. lunari medie; m = +11,5 (?); velocità rel. = ~17 km/sec; el. = 99°; Sestante).

Il passaggio ravvicinato del 29 maggio della cometa 209P LINEAR (vedi box sulla destra) potrebbe generare quest’anno uno sciame piuttosto intenso (ZHR = 100÷400), dovuto all’incontro della Terra con l’orbita della cometa.

Anche se non è possibile prevederne con precisione l’intensità, potrebbe trattarsi di una delle più intense piogge meteoriche dell’ultima decade.

Purtroppo però per noi  il picco è  previsto la mattina del 24 maggio tra le 07:00 e le 07:40 TU (09:00/09:40 ora italiana)  un orario quindi  sfavorevole per l’Europa, in più la forchetta di visibilità dello sciame è molto ristretta, ed è quindi quasi esclusa la possibilità di picchi nelle sere precedenti e successive il massimo.

Altezza sull'orizzonte del radiante durante il picco massimo, SOLO però per le zone in cui è buio. In Italia purtroppo il massimo si verifica tra le nove e le nove e mezza del mattino, quindi in pieno giorno. E' possibile però tentare l'osservazione prima dell'alba, sperando in un picco minimo iniziale, nonostante la stretta forchetta di visibilità. Cortesia: Geert Barentsen.

Consigliamo in ogni caso di monitorare l’attività dello sciame nelle ore precedenti il picco massimo, prima dell’alba,  sperando in un iniziale picco minore.

Per tentare l’osservazione, il radiante (α 124°; δ +79°) si troverebbe tra le costellazioni della Lince, dell’Orsa Maggiore e della Giraffa (camelopardalis, da cui il nome dello sciame), nei pressi di Muscida (omicron UMa). Contrariamente ai più noti sciami meteorici (perseidi, geminidi, etc.) la velocità  delle Camelopardalidi è relativamente bassa, è stimata infatti di soli 18 km/sec circa.

Se avrete quini la fortuna di immortalarne qualcuna, aspettiamo le vostre immagini su gallery@coelum.com!

Fonte: www.imo.net

Il cerchietto rosso indica la posizione del radiante, all'interno della costellazione della Giraffa. www.imo.net

Planetario e Osservatorio di Anzi (PT)

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24.05:ore 21:00: “Saturno. Il Signore degli anelli” con osservazione di Saturno al telescopio.
Per info e prenotazioni: Tel. 320 2236876
teerumvalgemonaesai@gmail.com
Pagina Facebook “Planetario Osservatorio Anzi”
http://teerumvalgemonaesai.blogspot.it/

Le aurore di Saturno

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Immagini in ultravioletto delle aurore boreali di Saturno ottenute con l’Advanced Camera for Surveys dello Hubble Space Telescope. Le aurore, chiaramente distinguibili vicino al polo nord, mostrano cambiamenti in forma nel corso dell’intervallo di osservazione. Crediti: NASA, ESA, Jonathan Nichols (University of Leicester)

Molti studi scientifici sono stati dedicati a decifrare le movenze di una lontana coreografia, la danza delle aurore polari di Saturno, di cui abbiamo scritto su Media INAF pochi mesi fa riguardo ai risultati di osservazioni complementari della sonda Cassini e del Telescopio Spaziale Hubble. Uno studio basato proprio sulle osservazioni compiute da Hubble delle aurore boreali di Saturno tra l’aprile e il maggio 2013 è stato orchestrato da Jonathan Nichols, del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Leicester, e ora in via di pubblicazione sulla rivista Geophysical Research Letters.

Immagini in ultravioletto delle aurore boreali di Saturno ottenute con l’Advanced Camera for Surveys dello Hubble Space Telescope. Le aurore, chiaramente distinguibili vicino al polo nord, mostrano cambiamenti in forma nel corso dell’intervallo di osservazione. Crediti: NASA, ESA, Jonathan Nichols (University of Leicester)

Così come la Terra, anche Saturno possiede una “coda” magnetica, una zona dove il campo magnetico del pianeta si allunga sotto l’influsso del vento solare. Gli scienziati hanno per lungo tempo sospettato che sia proprio il collasso della coda magnetica la causa dell’attività aurorale più intensa su Saturno, in maniera molto simile a quanto avviene sul nostro pianeta. Gli autori del nuovo studio ritengono di avere trovato, grazie alle immagini di Hubble, la prova finora più convincente della validità di questa teoria.

Gli scienziati hanno catturato stupefacenti istantanee di aurore che si muovevano velocemente attorno al polo nord del pianeta. Il fenomeno accadeva nel momento in cui la coda magnetica veniva saturata da flussi particolarmente intensi di particelle ionizzate provenienti dal Sole che ne provocavano lo stiramento e il collasso. Questo induceva giganteschi disturbi al campo magnetico, disturbi di cui le aurore sono la spettacolare rappresentazione.

“Le nostre osservazioni mostrano un divampare di aurore che si muovono molto velocemente intorno alla regione polare del pianeta. Possiamo vedere che la coda magnetica è sottoposta a grande subbuglio e in continua riconfigurazione, sotto l’influsso del vento solare,” ha spiegato Nichols. “E’ la pistola fumante che cercavamo, e ci mostra che la coda magnetica sta collassando”.

Guarda il precedente servizio video di INAF-TV sulle osservazioni incrociate Cassini-Hubble:

Circolo Astrofili Veronesi

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23.05:“La spettroscopia (in) pratica” di Flavio Castellani.
Per informazioni: info@astrofiliveronesi.it
Cell: 334 7313710 (Antonio Cagnoli)
www.astrofiliveronesi.it

Gruppo Amici del Cielo di Barzago

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23.05 :“Gli Herschel” a cura di Davide Trezzi. Presso la sede del Gruppo (Barzago).
Per info: didattica@amicidelcielo.it
www.amicidelcielo.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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23.05:“Tutto Nero – Viaggio nell’oscurità dell’Universo“ di Davide Pruni.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Circolo Culturale Astrofili Trieste: Gli studi astronomici dal tardo-antico al Medioevo – 3a parte

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Tutti gli appuntamenti verranno tenuti presso la sala “Centro Natura”, ostello scouts “Alpe Adria”, Loc. Campo Sacro, 381 Prosecco-Trieste. Inizio ore 18:30.

22.05: “Gli studi astronomici dal tardo-antico al Medioevo – 3a parte” di Paolo Badalotti.

Per informazioni e contatti: info@astrofilitrieste.it
www.astrofilitrieste.it

Mercurio come non l’avete mai visto

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Crediti: NASA / Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory / Carnegie Institution of Washington

Il caldo insopportabile non concede spazio che a lande desolate, ma se ci fosse qualcosa sulla superficie del pianeta più interno al Sistema solare state pur certi che Messenger lo avrebbe fotografato. Ecco uno scatto della regione polare all’incredibile risoluzione di 5 metri per pixel quando l’orbita della sonda NASA è ormai inferiore ai 200 chilometri.

Mai visto da così vicino. L’immagine di Mercurio, acquisita lo scorso 15 marzo con lo strumento MDIS (Mercury Dual Imaging System) montato sulla sonda dell’agenzia spaziale statunitense Messenger, entra a pieno titolo fra gli scatti con maggiore risoluzione – stiamo parlando di 5 metri per pixel – della superficie del pianeta e mostra un’area di 8.3 chilometri di diametro in prossimità del polo Nord di Mercurio punteggiata di piccoli crateri e morbidi rilievi collinari.

È vero che lo scatto originale è un po’ sgranato ma è un prezzo che bisogna pagare: serve un tempo di esposizione molto breve per avere un’immagine priva di sfocature e la velocità cui Messenger sorvola la superficie del pianeta è davvero altissima.

Immagini come questa sono estremamente rare. In due anni di lavoro la missione Messenger ha raccolto una mole spaventosa di immagini, qualcosa come 150.000 scatti, ma quelle che hanno ottenuto una risoluzione migliore di 10 metri per pixel si contano sulle dita di una mano.

Fra le destinazioni più snobbate dell’intero Sistema solare, vuoi per le temperature da urlo, vuoi per la vicinanza con la nostra stella, Mercurio riserva ancora tante sorprese. Eppure, dalle origini dell’esplorazione spaziale a oggi, sono appena due le missioni ad averlo eletto obiettivo principale: quella del Mariner 10 negli anni Settanta e l’ancora operativa Messenger, entrambe a firma NASA.

Lanciata nell’agosto del 2004, la sonda Messenger (MErcury Surface, Space ENvironment, GEochemistry and Ranging) ha completato lo scorso 20 aprile l’orbita numero 3000. Dal 17 marzo del 2011, giorno in cui la missione ha imboccato l’orbita attorno a Mercurio, la distanza fra sonda e pianeta è andata via via diminuendo. Con grande cautela, vista l’alta superficie del pianeta, e con alti e bassi considerevoli: essendo un’orbita molto ellittica, la distanza dalla superficie ha oscillato fra i 200 km e i 15mila km. Con un periodo di rivoluzione inizialmente di 12 ore, poi sceso a 8 ore nell’aprile del 2012.

Con il 2014 il gioco è diventato ancora più interessante. Mentre il contaorbite segnava il numero 3000, infatti, anche l’altimetro stabiliva un nuovo record: 199 km dal suolo di Mercurio (una quota inferiore a quella cui viaggia la Stazione Spaziale Internazionale, tanto per capirci). Interessante soprattutto dal punto di vista scientifico: più cala la distanza, più aumenta la risoluzione. E naturalmente aumenta anche il numero di orbite quotidiane e con esso la quantità di rilevazioni topografiche utili.

MOEBIUS dentro Moebius – approfondimenti sul quesito e soluzione

Soluzione, considerazioni e approfondimenti suggeriti sul quesito posto da Paolo Alessandrini nella rubrica Möbius pubblicata su Coelum 179 di marzo

Il nastro dentro il nastro

In una rubrica di matematica ricreativa intitolata “Möbius”, era prevedibile che prima o poi si finisse a discutere del celebre nastro dotato di una sola faccia e di un solo bordo.

Il nastro di Möbius deve il suo nome ad August Ferdinand Möbius, matematico e astronomo tedesco nato nel 1790. Appassionato di matematica, fisica e astronomia fin da ragazzo, nel 1813 August Ferdinand andò a studiare nella prestigiosa università di Gottinga, dove ebbe il grande Carl Friedrich Gauss come insegnante. Solo tre anni Möbius dopo divenne professore di astronomia e meccanica superiore a Lipsia, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1868.

Il suo contributo alla matematica è molto notevole, e spazia tra la topologia, la geometria proiettiva e la teoria dei numeri. Pare che abbia affrontato il problema della colorazione delle carte geografiche prima di Francis Guthrie, che di solito viene considerato come il pioniere in questo campo. D’altra parte, il famoso anello di Möbius non è stato descritto per la prima volta da Möbius ma da un altro matematico, Johann Benedict Listing, anche lui allievo di Gauss a Gottinga.

Costruire un nastro di Möbius è semplicissimo: basta prendere una striscia di carta e unirne le estremità dopo aver sottoposto una delle due a un mezzo giro di torsione.

Lo strano oggetto che si ottiene gode di alcune caratteristiche del tutto peculiari. Se si percorre il nastro con un pennarello, partendo da un punto qualsiasi, si scopre di poter percorrere l’intera superficie. L’anello ha quindi una sola faccia! Com’è possibile? Dopo aver percorso un giro attorno al nastro, ci si ritrova dalla parte opposta. Ma parlare di parte opposta è fuori luogo, perché di facce ce n’è una sola. Dopo aver percorso due giri ci ritroviamo al punto di partenza.

E non basta: se si prova a seguire il bordo della striscia con un dito, ci si ritrova, dopo un giro, sul bordo “opposto”. E anche qui si ha un analogo “paradosso”: non ci sono due bordi, ma un bordo unico.

La caratteristica più sorprendente del nastro di Möbius si scopre tagliando la striscia a metà, in senso longitudinale, cioè parallelamente al bordo. Ci si aspetterebbe forse di ottenere due anelli di Möbius separati, mentre ci si ritrova con un unico anello, caratterizzato però da una torsione intera, e quindi da due bordi e due superfici diverse. Con un secondo taglio si ottengono poi due nastri con torsione intera, l’uno intrecciato all’altro.

Se proviamo a tagliare la striscia a un terzo della sua larghezza, è possibile fare due giri: alla fine si ottengono due anelli concatenati, il primo caratterizzato da una torsione intera e grande la metà del secondo, che invece è un vero nastro di Möbius, con mezza torsione.

Queste meravigliose stranezze giustificano l’interesse che questo oggetto geometrico ha suscitato, non solo tra i matematici, ma anche tra gli artisti.

L’incisore olandese Maurits Cornelis Escher ha spesso utilizzato la superficie di Möbius come fonte di ispirazione per le sue opere.

L’anello di Möbius è presente anche in molte opere letterarie e cinematografiche.

Nel 2006 il divulgatore americano Clifford Pickover ha pubblicato un libro intitolato “Il nastro di Möbius” (Apogeo 2006), interamente dedicato a questa superficie geometrica, mostrandone le innumerevoli connessioni con ogni ambito dello scibile umano.

Una curiosità: fin dall’inizio degli anni Settanta il simbolo universale del riciclo è un nastro di Möbius.

L’enigma

E veniamo all’enigma di marzo. Quale connessione astronomica può scaturire dal nastro di Möbius? Come abbiamo visto, il matematico che ha dato il nome alla nostra bizzarra superficie era anche un astronomo. Ma soprattutto, se parliamo di anelli, non vi vengono in mente quelli di Saturno?

Ecco quindi la naturale ambientazione del problema del numero 179. Da un punto di vista geometrico, il sistema di anelli di Saturno assomiglia a una corona circolare, in cui il bordo interno è più corto di quello esterno. Topologicamente, però, la superficie equivale alla superficie laterale di un cilindro, cioè un anello ottenuto a partire da una striscia unendo le estremità senza torsioni.

Se potessimo camminare sull’anello di Saturno, potremmo stare o sulla faccia superiore o su quella superiore, ma per passare da una all’altra dovremmo per forza attraversare uno dei bordi: poco importa che l’anello sia visualizzato com’è in realtà, cioè con un bordo più vicino al pianeta e uno più lontano, oppure come la superficie laterale di un cilindro, in cui c’è una faccia rivolta verso il pianeta e un’altra faccia esposta nel verso opposto.

Ben diversa, invece, diventa la situazione se l’anello viene chiuso effettuando la fatidica mezza torsione di una estremità: si ottiene un mostruoso nastro di Möbius attorno a Saturno, che è possibile percorrere in tutta la sua superficie senza mai attraversare il bordo.

Il citato libro di Clifford Pickover racconta di come sia possibile giocare a scacchi su un nastro di Möbius. Le regole del gioco rimangono invariate, ma occorre fare un po’ più di attenzione, perché diventano possibili alcune mosse a sorpresa: occorre immaginare infatti che uno dei lati della scacchiera sia confinante con il lato opposto, ma in modo speculare.

Pickover rivela le stranezze di un simile modo di giocare a scacchi, e descrive anche la variante (più semplice) della scacchiera ripiegata ad anello ma senza torsione.

Sulle scacchiere e con i pezzi degli scacchi si possono fare partite, ma si possono anche risolvere rompicapi. Uno di questo è famoso come “giro di cavallo”. Su una scacchiera tradizionale 8×8, si tratta di muovere un cavallo partendo da una casella qualsiasi e rispettando le regole del gioco, con l’obiettivo di visitare tutte le caselle della scacchiera, ciascuna una volta sola. Il giro del cavallo può essere chiuso, se, alla fine del suo peregrinare, il quadrupede riesce a tornare alla casella di partenza. Altrimenti il giro viene considerato aperto.

Il problema del giro di cavallo è celebre nel mondo dei rompicapi che possono essere affrontati per via algoritmica, cioè addestrando un programma informatico a risolvere l’enigma. Ad oggi, nessuno sa di preciso quanti diversi giri di cavallo aperti siano possibili su una scacchiera tradizionale.

Si può provare a risolvere il problema anche su scacchiere “esotiche”, ad esempio rettangolari, o anche su scacchiere di Möbius.

L’enigma che ho proposto a marzo consisteva appunto nel trovare un simile percorso su una scacchiera di Möbius di dimensioni 4 x 7, dove il lato corto (di lunghezza 4) è quello che costituisce l’estremità che si torce di mezzo giro e si unisce al lato opposto.

Come ha argutamente osservato Maurizio Carlino, uno dei lettori che hanno saputo risolvere l’enigma di marzo:

(…) una scacchiera di Möbius 4 x 7 mantiene l’alternanza bianco/nero delle caselle: è un dato che non ho usato esplicitamente per risolvere il problema, ma comunque vale per una scacchiera con un numero di colonne dispari. In altri termini, ogni singola mossa cambia colore alla casella di partenza, proprio come avviene in una scacchiera classica.

Come conseguenza, dopo un numero di mosse dispari, un cavallo che si muova su una scacchiera di Möbius di ordine dispari si troverà su una casella di colore opposto di quella da cui è partito, mentre dopo un numero di mosse pari sarà su una casella di colore identico a quello di partenza.

Nel suo libro Clifford Pickover afferma che una scacchiera di Möbius di dimensioni m x n (con m file e n colonne) consente un giro di cavallo se vale almeno una delle seguenti condizioni:

  1. m=1 e n>0 oppure n=1 e m=3, 4 o 5
  2. m=2 e n pari, oppure m=4 e n dispari
  3. n=4 e m=3

Nella nostra scacchiera 4 x 7 abbiamo m=4 e n=7: rientriamo quindi nel caso 2) e il giro di cavallo è possibile.

Le soluzioni dei lettori

L’abbonamento è stato vinto da Luigi Musto, che per primo (tra i lettori che non avevano già vinto un abbonamento in precedenza) ha fornito una soluzione esatta.

Anche Daniele Tosalli e Maurizio Carlino hanno inviato risposte corrette, ma entrambi avevano già vinto l’abbonamento nei mesi passati; pure Michele d’Errico ha risolto l’enigma, ma non in tempo per ottenere l’ambito premio.

Musto e Tosalli hanno inviato la stessa soluzione, che è illustrata nella figura seguente (anche la soluzione trovata da D’Errico è del tutto analoga).

Carlino, invece, ha risolto il problema servendosi di un programma in linguaggio C da lui stesso sviluppato (e pubblicato all’indirizzo https://ideone.com/cPsmtm), che calcola tutti i possibili giri di cavallo su una scacchiera di dimensione m x n (con m e n non maggiori di 8) a partire da una qualsiasi posizione della scacchiera, sia essa di tipo Möbius o no.

L’algoritmo di Carlino (che ringrazio per aver inviato anche una descrizione in “pseucodice”) è basato sulla tecnica del “backtracking”, cioè tenta di individuare le soluzioni del problema esplorando tutte le mosse raggiungibili da una certa configurazione e tornando sui propri passi nel caso incontri ostacoli insormontabili. L’approccio sfrutta il meccanismo della ricorsione, ben noto agli informatici. La complessità dell’algoritmo di Carlino è esponenziale, il che significa che il tempo di calcolo aumenta molto rapidamente al crescere della scacchiera, fino a diventare inservibile sopra una certa soglia di dimensioni.

Una delle soluzioni trovate da Carlino è la seguente.

Il programma di Carlino ha trovato ben 13.209.800 diverse soluzioni. Modificando l’algoritmo per farlo funzionare su una scacchiera 4 x 7 non di Möbius, le soluzioni sono solo 1.682: dato che una scacchiera classica è un caso particolare della scacchiera di Möbius, queste 1.682 soluzioni sono incluse in quelle precedenti.

Come osserva Carlino, il numero di soluzioni “classiche” molto basso rispetto a quelle möbiussiane si spiega considerando il fatto che, nella maggior parte delle posizioni su una scacchiera classica, le possibili successive mosse di un cavallo sono meno numerose di quelle che può compiere su una scacchiera di Möbius.

Riporto infine un’altra interessante osservazione di Carlino:

Per indagare le proprietà di una scacchiera di Möbius ho provato a individuare almeno una soluzione diversa per ogni possibile posizione di partenza. Ho così scoperto che il programma da me elaborato non è in grado di trovare una soluzione se il cavallo parte dalla seconda o dalla terza riga (posizioni bj e cj con j=1..7) sia nel caso di una scacchiera di Möbius che nel caso classico.

Al momento non so dire se si tratta di un’imperfezione del programma o di una caratteristica intrinseca del problema.

Riporto nel seguito una tabella che riassume il numero di soluzioni trovate con il mio algoritmo per ogni posizione di partenza, per una scacchiera di Möbius 4 x 7 e per quella classica. Mi propongo di continuare a studiare il problema variando le dimensioni della scacchiera e cercando di approfondire la questione sulle posizioni di partenza che sembrano non garantire una soluzione.

Come si vede il numero di soluzioni nel caso di una scacchiera di Möbius è lo stesso a prescindere dalla posizione iniziale, nel caso delle righe 1 e 4 (aj e dj con j=1..7): la situazione è diversa nel caso della scacchiera classica, fermo restando la condizione di simmetria.

La questione posta da Carlino sulle posizioni iniziali “sfortunate” sembra molto interessante: cercherò anch’io di studiarla per capire se si tratti di una caratteristica intrinseca e generale di questo tipo di problema.
In conclusione, complimenti a tutti i lettori che si sono cimentati con il problema e in particolare con chi ha inviato la soluzione esatta. Al prossimo enigma!

Al Planetario di Ravenna

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20.05:Speciale Festival delle Culture: “Il cielo dei Pellirossa” di Oriano Spazzoli. Ingresso libero.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Congiunzione Venere Luna

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25_05_2014

25_05_2014

Alle ore 5:00, del 25 maggio, sull’orizzonte est, Venere verrà raggiunto da una sottile falce di Luna calante, che l’avvicinerà fino a una distanza di 5,5°.

Effemeridi di Luna, Sole e Pianeti

Macchia su Giove: più piccola che mai

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21 aprile 2014, nelle immagini della Hubble Wide Field Camera 3 il restringimento della celebre macchia rossa di Giove. Crediti: NASA, ESA e A. Simon (GSFC).

21 aprile 2014, nelle immagini della Hubble Wide Field Camera 3 il restringimento della celebre macchia rossa di Giove. Crediti: NASA, ESA e A. Simon (GSFC).

Se continua così finiremo per doverlo ribattezzare Little Red Spot. Il neo rosso che per anni ha reso tanto speciale il profilo di Giove, si sta restringendo a vista d’occhio. Il ridimensionamento della macchia rubizza sulla superficie del pianeta gigante, che ne sta di fatto cambiando le forme da un ovale a un cerchio, ci è nota dagli anni Trenta ma è sorprendente vedere quanto si sia asciugata negli anni. A testimoniarlo le nuove splendide immagini dell’Hubble Space Telescope.

L’inestetismo che dà a Giove “un qualcosa in più” – come forse direbbe George Valentin che in The Artist (di Michel Hazanavicius, premio Oscar 2011) disegnava per l’appunto un neo sulla guancia dell’amata e bellissima Peggy Miller – è il risultato di una violenta perturbazione anticiclonica. Nelle immagini di Hubble si presenta come un’area vermiglia avvolta da strati turbolenti di colore giallo, arancione e bianco. I venti interni a questo terribile ciclone gioviano corrono a velocità impressionanti e raggiungono velocità di centinaia di chilometri orari.

Le prime osservazioni del Great Red Spot risalgono alla fine del 1800. Le conoscenze di allora permettevano di calcolare l’area interessata dalla turbolenza a un’estensione di circa 41.000 chilometri nel punto più largo, quanto basterebbe per ospitare tre pianeti come la Terra, uno in fila all’altro.

Nel 1979 e nel 1980, la sonda NASA Voyager ha avvicinato Giove per una serie di fly-by e ha calcolato un’area ristretta a 23.335 chilometri. I nuovi dati di Hubble suggeriscono che nel frattempo la macchia rossa si sia ulteriormente ristretta.

“Le recenti osservazioni del telescopio spaziale Hubble confermano che il Great Red Spot misura attualmente poco meno di 16.500 chilometri. È il diametro più piccolo che abbiamo mai misurato”, spiega Amy Simon dal NASA Goddard Space Flight Center, Maryland, Stati Uniti.

Già nel 2012 le osservazioni amatoriali sembravano evidenziare un notevole restringimento dell’area. Si stima che il diametro si riduca di un migliaio di chilometri ogni anno. Ma la causa di questo restringimento è ancora da definire:  “Dalle nostre nuove osservazioni risulta evidente che una serie di piccoli vortici stiano alimentandosi con la tempesta”, presegue Simon. “Ipotizziamo che possano essere i responsabili del cambiamento e abbiano alterato le dinamiche interne della perturbazione anticiclonica”.

Il team di Simon intende proseguire con lo studio di questi vortici e delle dinamiche interne alla macchia rossa per determinare come il vortice tempestoso venga alimentato o privato del suo slancio. Nell’attesa di saperne di più non ci resta che rassegnarci a vedere pian piano scomparire il neo vezzoso di Giove. La dermatologia non risparmia nemmeno il Sistema Solare.

Finalmente la Terra vista dalla Stazione Spaziale, in diretta e in HD

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Il 30 aprile scorso è stato attivato a bordo della Stazione Spaziale Internazionale l’esperimento High Definition Earth Viewing (HDEV): una serie di telecamere commerciali ad alta definizione che riprendono la Terra. Le telecamere si trovano sull’External Payload Facility del modulo Columbus della Stazione, gestito dall’ESA (l’Agenzia Spaziale Europea), all’interno di involucri pressurizzati e termoregolati, e il loro segnale è visibile in diretta in streaming. Ho aspettato a parlarne per qualche giorno perché inizialmente ci sono state interruzioni frequentissime, ma ora il segnale è piuttosto stabile e continuo.

È come affacciarsi al finestrino della Stazione Spaziale, o perlomeno l’approssimazione migliore possibile per chi non può andare materialmente a visitare la Stazione. Assolutamente ipnotico.

Ovviamente la Stazione si trova periodicamente nella zona non illuminata della Terra, per cui le immagini non sono continue: quando è “notte” le telecamere non trasmettono, e al posto delle loro riprese lo streaming mostra un fotogramma grigio o nero. Inoltre la Stazione non è sempre connessa delle stazioni riceventi di Terra con la banda larga che serve per trasmettere queste immagini, per cui le pause sono piuttosto frequenti. Ma quando le telecamere trasmettono, il maestoso scorrere dei continenti e degli oceani è una meraviglia.

Se volete saperne di più, visitate questa pagina della NASA e questa (che include la localizzazione in tempo reale della zona sorvolata dalla Stazione), come nello screenshot qui sotto.

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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16.05:
“Astrofisica spaziale: osservare il cielo con i satelliti artificiali” di Luigi Foschini.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Circolo Astrofili Veronesi

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16.05:“L’armonia dei numeri: il mondo dei numeri, creature della mente, specchio affascinante e magico dell’Universo” di Fernando Marziali.
Per informazioni: info@astrofiliveronesi.it
Cell: 334 7313710 (Antonio Cagnoli)
www.astrofiliveronesi.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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16.05:“Vita morte e miracoli degli anelli di Saturno” di Pietro Planezio.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Corso di Astronomia

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16.05: Faccia a faccia con i telescopi.
Informazioni e iscrizioni:
Tel: 347 6301088 – email: info@astrofililariani.org
Facebook:
http://it-it.facebook.com/gal.gruppoastrofililariani
Twitter: @astrofilicomo

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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15.05 Lezioni di Fotografia Astronomica: alle ore 20:30, ha inizio al Museo di Scienze Naturali di Brescia la terza edizione del corso di fotografia astronomica. Le lezioni teoriche si svolgono nel Museo di via Ozanam, mentre le lezioni pratiche hanno luogo all’Osservatorio Serafino Zani. Ingresso libero.
Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Come nel 1968: la Terra “risorge” dalla Luna

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“Earthrise” (in italiano Sorgere della Terra) è il nome di questa bellissima fotografia scattata il primo febbraio 2014 dal Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA. Crediti: NASA/GSFC/ARIZONA STATE UNIVERSITY

“Earthrise” (in italiano Sorgere della Terra) è il nome di questa bellissima fotografia scattata il primo febbraio 2014 dal Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA. Crediti: NASA/GSFC/ARIZONA STATE UNIVERSITY

“Earthrise”, scattata il 24 dicembre 1968. Si vede la Terra, parzialmente in ombra, con in primo piano la superficie lunare. L’immagine fu ripresa dall’orbita lunare in quanto la missione non atterrò mai sul satellite rimanendo sempre in orbita. Crediti: NASA / Bill Anders

Era il 24 dicembre del 1968 quando l’astronauta dell’Apollo 8 William Anders scattò l’ormai celebre foto “Earthrise”, in cui si vede il nostro pianeta “sorgere” dai crateri della Luna. Una delle foto più belle e influenti mai scattate. Quarantasei anni dopo, gli esperti della NASA hanno deciso di replicare lo scatto tramite gli obiettivi del Lunar Reconnaissance Orbiter.

L’immagine che vedete qui sopra è stata scattata il primo febbraio di quest’anno per un caso fortuito, come spesso accade nello spazio. L’orbiter ha puntato per un momento la sua fotocamera (LROC) lontano dalla superficie lunare per ricalibrare la sua posizione. Durante queste operazioni è raro che accada qualcosa. Questa volta però la Terra si trovava proprio nel campo visivo della wide-angle camera (WAC) permettendo agli studiosi di realizzare questo meraviglioso scatto.

L’immagine è il risultato di un montaggio di diversi scatti realizzati a differenti lunghezze d’onda della luce. Quello che appare nell’immagine è proprio ciò che vedremmo dalla Luna se ci trovassimo lì: la luminosità e i colori vividi del nostro pianeta sono esattamente quelli che vedremmo con i nostri occhi a 349mila chilometri di distanza. Il giorno prima dello scatto la Luna si trovava al suo perigeo, cioè alla minima distanza dalla Terra.

Anche se lo si potrebbe pensare, vista dalla Luna la Terra in realtà non “sorge” come il Sole visto dal nostro pianeta. Poiché la Luna ci mostra più o meno sempre la stessa faccia, la Terra vista da un osservatore su suolo lunare rimane sempre più o meno nella stessa posizione nel cielo. L’effetto del “sorgere” dell’animazione in basso è invece dato dal movimento di LRO  lungo la sua orbita.

Sempre nell’animazione in alto è possibile anche vedere come lavora la WAC scattando immagini con diversi filtri in sequenza: gli obiettivi montati sulle camere dell’orbiter non scattano infatti fotografie come faremmo noi sulla Terra con lo smartphone o con una camera digitale “normale”, ma raccolgono dati in differenti lunghezze d’onda contemporaneamente (le righe nere corrispondono alla reale separazione sul CCD tra un filtro e l’altro della WAC).

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