Gli autori da oltre vent’anni cerchiamo indizi sulla presenza di vita sul Pianeta Rosso. Grazie
a continui sviluppi tecnologici e nuove osservazioni, è stato possibile ampliare il panorama
delle ipotesi sulla vita marziana. Nel recente libro Compelling Evidence of Fossils and
Microbialites on Ancient Mars (Cambridge Scholars, settembre 2024), vengono discussi
nuovi ritrovamenti e reinterpretati i dati già esistenti, offrendo uno scenario più ampio sull’evoluzione
della vita su Marte. Il libro contiene oltre 100 immagini, descritte e commentate e
analisi matematiche delle forme evidenziate dalle fotografie ottenute dai Rover NASA. Il tutto
sembra indicare la possibile presenza di microorganismi in epoche antiche. Tuttavia, l’interpretazione
di tali evidenze richiede cautela e ulteriore approfondimento.
Ma facciamo un passo indietro e partiamo quindi dalla domanda: ha senso cercare vita su
Marte? Ci sono o ci sono state condizioni di abitabilità nel Pianeta Rosso?
di Giorgio Bianciardi e Vincenzo Rizzo
Indice dei contenuti
Condizioni di abitabilità: le quattro età di Marte.
Condizioni di abitabilità: le quattro età di Marte. Quali sono le possibilità che Marte abbia mai ospitato la vita? Numerose sonde hanno esplorato il pianeta, sia americane che europee, utilizzando rover per scandagliare la superficie e orbiter per catturare immagini dettagliate. Questi studi hanno permesso di ricostruire con grande precisione la storia del pianeta. È noto1 che nell’antico Marte, miliardi di anni fa, l’acqua liquida era diffusa, vi era un campo magnetico globale che proteggeva dalle radiazioni ostili, un’atmosfera più densa e una temperatura probabilmente simile a quella terrestre. Tuttavia, queste condizioni favorevoli alla vita non sono durate per sempre. Oggi si conoscono quattro fasi principali della storia marziana:
Pre-Noachiano (4,5 – 4,1 miliardi di anni fa)
Un periodo caratterizzato da un’atmosfera molto densa e un possibile oceano globale di acqua allo stato liquido, sicuramente fiumi e un ciclo idrogeologico. La temperatura media almeno in alcune zone maggiore di 0° C. Fiumi e un ciclo idrogeologico attivo potrebbero aver creato una finestra per la comparsa della vita, addirittura centinaia di milioni di anni prima che la vita sorgesse sulla Terra.
Noachiano (4,1 – 3,7 miliardi di anni fa)
Anche nel Noachiano sembra persistere una condizione favorevole alla presenza di acqua corrente sulla superficie marziana, È un periodo di bombardamenti pesanti, con numerosi impatti di asteroidi e comete (come avvenne sulla Terra a quel tempo). A giocare un ruolo significativo in questa era sono le eruzioni dei molti vulcani in grado di arricchire l’atmosfera di vapore acqueo e minerali. Alcuni studi sostengono tuttavia che dopo i 4 miliardi di anni le temperature non superarono più lo zero.
Esperiano (3,7 – 2,9 miliardi di anni fa)
L’attività geologica globale rallenta, sia pur in presenza ancora di un notevole vulcanismo: enormi quantità di acqua e anidride solforosa ricadono sulla superficie. Il clima inizia a diventare più freddo, l’acqua si trasforma così in permafrost oppure ghiaccio sotterraneo. Non è da escludere però che nuovi impatti, sciogliendo permafrost e ghiaccio, possano aver rigenerato condizioni favorevoli allo sviluppo di forme di vita.
Amazzoniano (2,9 miliardi di anni fa-presente)
La superficie del pianeta diventa secca e arida. Le rocce si alterano molto lentamente per effetto di agenti atmosferici poco attivi, intervallati solo da occasionali e brevi ritorni a condizioni più calde e umide. L’atmosfera diviene così sottile che l’acqua ora si vaporizza istantaneamente dalla superficie. Inizia l’aspetto attuale di Marte. Tuttavia, il clima e la stabilità dell’acqua sulla superficie continuano a variare nel corso di migliaia e milioni di anni, ad esempio per come l’inclinazione assiale del pianeta subisce i suoi cambiamenti, ciclici.
Prime indagini: VIKING
Il 20 luglio 1976, il lander Viking 1 atterrò nella regione marziana di Chryse Planitia. Pochi mesi dopo, il 3 settembre 1976, il Viking 2 atterrò a Utopia Planitia, una regione distante migliaia di chilometri. Entrambi i lander erano equipaggiati per condurre tre esperimenti biologici sulla regolite marziana triturata: Gas Exchange, Pyrolytic Release e Labeled Release.
Tra questi, il più promettente risultò essere il Labeled Re lease, guidato dal Principal Investigator Gilbert V. Levin. L’esperimento mirava a determinare se l’aggiunta di sostanze nutritive, come aminoacidi semplici (glicina e alanina) e altre molecole organiche facilmente metabolizzabili, avrebbe indotto una risposta nel suolo marziano, come la liberazione di anidride carbonica o altri composti carboniosi. Un risultato che sarebbe stato indicativo della presenza di forme di vita capaci di metabolizzare proprio tali sostanze. Durante il giorno marziano 8 (Sol 8), venne aggiunto terreno nutritivo al campione prelevato dal Viking 1. Ogni 16 minuti furono misurati i livelli di gas marcati rilasciati, i quali mostrarono fluttuazioni significative.
Viking.
Due giorni dopo, il risultato sembrava indubitabile: una liberazione di anidride carbonica coerente con quella prodotta da microorganismi terrestri in condizioni simili. Levin celebrò il risultato con una bottiglia di champagne e raccolse le firme dei membri del team per commemorare quella che sembrava essere una scoperta rivoluzionaria: la vita su Marte. Entrambi i Viking confermarono più volte il rilascio di gas con l’aggiunta di sostanze organiche a nuovi campioni di regolite. Tuttavia, il gas cromatografo-spettrometro di massa a bordo dei due lander non rilevò tracce di composti organici. Fu una doccia fredda che indusse a interpretazioni alternative dei dati e a una crescente cautela nelle affermazioni. Solo anni dopo, si scoprì che alcuni bias metodologici avrebbero potuto influenzare le analisi del tempo.
rilascio di anidride carbonica
dopo l’aggiunta
della “pappa nutritizia”,
come avrebbe fatto un
qualunque microorganismo
terrestre. E’ il 30
luglio 1976: Levin e i suoi
collaboratori: abbiamo
scoperto la vita su Marte.
(cortesia di Gilbert Levin
all’Autore).
Nel 1996, un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Science riaprì il dibattito sulla presenza di vita su Marte. Una meteorite, ALH 84001, trovata in Antartide e datata a circa 3,6 miliardi di anni fa, sembrava fornire nuove prove. Si scoprì che la roccia, proveniente da Marte, era stata immersa in acqua liquida e conteneva composti organici autoctoni, oltre a cristalli di magnetite analoghi a quelli costruiti sulla Terra da batteri. Una scoperta che, seppur controversa, contribuì a rilanciare l’interesse per la ricerca di vita su Marte.
Entrambi i Viking confermarono più volte il rilascio di gas con l’aggiunta di sostanze organiche a nuovi campioni di regolite. Tuttavia, il gas cromatografo-spettrometro di massa a bordo dei due lander non rilevò tracce di composti organici. Fu una doccia fredda che indusse a interpretazioni alternative dei dati e a una crescente cautela nelle affermazioni. Solo anni dopo, si scoprì che alcuni bias metodologici avrebbero potuto influenzare le analisi del tempo.
Nel 1996, un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Science riaprì il dibattito sulla presenza di vita su Marte. Una meteorite, ALH 84001, trovata in Antartide e datata a circa 3,6 miliardi di anni fa, sembrava fornire nuove prove. Si scoprì che la roccia, proveniente da Marte, era stata
immersa in acqua liquida e conteneva composti organici autoctoni, oltre a cristalli di magnetite analoghi a quelli costruiti sulla Terra da batteri. Una scoperta che, seppur controversa, contribuì a rilanciare l’interesse per la ricerca di vita su Marte.
marziana. A sinistra, la crosta di fusione prodotta dall’attraversamento
dell’atmosfera terrestre, punto in cui la roccia sulla sua superficie raggiunge
temperature superiori a 1000°C. A destra la sua faccia interna
(64X), “megacristalli” di olivina ovoidale, caratteristici di questa roccia
marziana, immersi nella matrice limpida di piccoli pirosseni cristallini.
G. Bianciardi, collezione privata.
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L’articolo è pubblicato in COELUM 272 VERSIONE CARTACEA