Nel vasto panorama dell’Universo, alcune galassie brillano non solo per la loro luce, ma per la loro capacità di sfidare le regole della cosmologia. È il caso di 2MASX J23453268−0449256, nota anche come J2345−0449, una galassia a spirale estremamente massiccia e rapida nella rotazione, che ha catturato l’attenzione degli astronomi per un fatto davvero eccezionale: la presenza di getti radio colossali, estesi su scala megaparsec (oltre 3 milioni di anni luce), una caratteristica tipica delle galassie ellittiche e non delle spirali.
Questa immagine mostra la sorgente radio gigante associata alla galassia a spirale J2345−0449, osservata alla frequenza di 323 MHz con il Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT). I dati rivelano un’emissione radio di ampiezza eccezionale, che si estende ben oltre i confini della galassia visibile.
Tra gli aspetti più sorprendenti, spicca la presenza – rarissima – di due coppie concentriche di lobi radio, una interna e una esterna, generate dai getti emessi dal buco nero centrale. I lobi più interni si estendono per circa 387 mila anni luce (circa 387 kpc), mentre quelli più esterni raggiungono una lunghezza di circa 1,6 milioni di anni luce (circa 1,6 Mpc), rendendo questa una delle più grandi sorgenti radio conosciute associate a una galassia spirale.
Il centro attivo della galassia, cioè il nucleo dell’AGN (Nucleo Galattico Attivo), è chiaramente rilevato come una sorgente compatta nel cuore dell’immagine.
Il contorno bianco tratteggiato mostra il profilo della galassia nella luce visibile, ingrandito di circa 4 volte per facilitarne la visione. La barra di scala indica una distanza di 500 kpc, utile per apprezzare l’enorme estensione dell’emissione radio.
Nell’immagine in dettaglio (riquadro in basso a sinistra) è visibile un ingrandimento dei lobi interni, ottenuto con il Very Large Array (VLA) alla frequenza di 4.8 GHz. Qui si osserva una morfologia tipica delle sorgenti di tipo FR-II (Fanaroff & Riley, 1974): i lobi sono luminosi ai bordi e alimentati da getti collimati provenienti dal nucleo galattico. I lobi esterni, invece, appaiono più filamentosi e diffusi, e potrebbero rappresentare resti fossili di un’attività radio passata, ormai spenta da milioni di anni.
Le curve di livello (contorni) rappresentano i livelli di intensità dell’emissione radio, a partire da valori molto deboli (−0.1 mJy/beam) fino ai livelli più intensi (3.2 mJy/beam). La seconda barra di scala, nel riquadro, indica 50 kpc, a confronto con le dimensioni della galassia visibile.
Un’identità sorprendente
Osservata grazie ai potenti strumenti del Telescopio Spaziale Hubble (HST) e con dati raccolti in varie lunghezze d’onda – dalla luce ultravioletta all’infrarosso – J2345−0449 è stata analizzata in dettaglio da un team internazionale di ricercatori, tra cui Bagchi et al. (2014), Walker et al. (2015) e Drevet Mulard et al. (2023). L’indagine ha rivelato che questa galassia non possiede un rigonfiamento centrale classico (bulge), ma un pseudo-bulge, cioè una struttura più piatta e disciforme, tipica di una formazione “tranquilla”, non dovuta a fusioni galattiche violente.
Nell’immagine si notano chiaramente scure strisce di polvere che si avvolgono a spirale e piccole regioni compatte di formazione stellare, localizzate soprattutto nelle zone più esterne del disco galattico.
L’immagine copre un’area di circa 50 x 50 arcosecondi, con il nord in alto e l’est a sinistra.
Una macchina cosmica di grande massa
Grazie all’elevata risoluzione dell’Hubble, con una scala di circa 100 parsec, è stato possibile distinguere nel centro della galassia anche una piccola barra nucleare e un anello di risonanza, tracciati con precisione millimetrica. La struttura, che ricorda un orologio cosmico, è incastonata in un disco stellare ben ordinato, privo di segni di interazioni recenti o di detriti mareali. Questo suggerisce che J2345−0449 abbia avuto una evoluzione secolare, ovvero graduale e interna, senza fusioni con altre galassie.
La massa stellare totale è stimata in circa 4 × 10¹¹ masse solari, mentre la velocità di rotazione raggiunge i 430 km/s, uno dei valori più alti osservati in una galassia spirale. Tali numeri pongono J2345−0449 tra le galassie più massicce e dinamicamente stabili conosciute nel nostro Universo locale.
I giganti silenziosi dell’Universo
Ma ciò che rende J2345−0449 davvero straordinaria è la presenza di due coppie di lobi radio, visibili grazie alle osservazioni del Giant Metrewave Radio Telescope (GMRT) e del Very Large Array (VLA). I lobi esterni si estendono per oltre 1,6 Mpc, mentre quelli interni – più giovani e attivi – coprono circa 400 kpc. Questi getti, alimentati da un buco nero supermassiccio (SMBH) centrale, hanno un asse quasi perpendicolare al disco stellare della galassia, un fatto raro che sfida le teorie classiche secondo cui solo le galassie ellittiche, con grandi bulge centrali, possono ospitare getti radio così estesi.
Questa immagine mostra il cuore della galassia, evidenziando la differenza (residuo) tra l’immagine reale ottenuta con il Telescopio Spaziale Hubble (HST) e il modello migliore ricostruito dagli astronomi (in questo caso, il modello A elaborato con il software GALFIT).
Nel pannello a sinistra è visibile l’immagine nella banda H (infrarosso), mentre nel pannello a destra si vede quella nella banda I (vicino infrarosso/visibile).
Le frecce indicano la presenza di una piccola barra nucleare e di un anello di risonanza formato da stelle, strutture dinamiche situate nel centro della galassia.
Da notare che l’immagine nella banda I è più influenzata dalla polvere interstellare, che oscura la luce visibile, in particolare nella zona scura attorno alla barra nucleare, che appare “vuota” proprio a causa di questa estinzione della luce.
Stelle che non nascono più
Una delle scoperte più interessanti è il rallentamento della formazione stellare nella regione centrale della galassia. Sebbene il gas caldo del suo alone – rilevato tramite osservazioni ai raggi X con i telescopi Chandra e XMM-Newton – si raffreddi, non si formano nuove stelle. Questa “quiescenza” sembra essere il risultato del feedback dell’AGN (nucleo galattico attivo): l’energia emessa dal buco nero, sotto forma di getti e radiazione, riscalda o espelle il gas, rendendolo inutilizzabile per la nascita stellare.
Secondo i modelli teorici, questi processi di feedback sono una delle cause principali della fine della formazione stellare nelle galassie massive, ma nel caso di J2345−0449 l’assenza di una fusione recente e la struttura a disco ben conservata rendono il caso ancora più interessante e raro.
Una galassia verde nel cuore
Sebbene la formazione stellare sia ridotta, la galassia non è completamente “spenta”. Le osservazioni nel vicino e lontano ultravioletto (UV), effettuate dal telescopio GALEX, indicano la presenza di giovani stelle nelle zone più esterne del disco. Tuttavia, nel centro della galassia si trovano popolazioni stellari molto vecchie, con età superiori ai 10 miliardi di anni. Questo colloca J2345−0449 nella cosiddetta “green valley” – una fase intermedia tra le galassie attive (blu) e quelle passive (rosse) – come riportato anche da Salim et al. (2016).
Il buco nero che sfida le regole
Nonostante l’assenza di un bulge classico, J2345−0449 ospita un buco nero supermassiccio stimato in oltre 10⁹ masse solari – una massa paragonabile a quella dei buchi neri nelle galassie ellittiche più grandi. Questo suggerisce un percorso di crescita alternativo, guidato non da fusioni, ma da processi interni e da un lento afflusso di gas. L’AGN della galassia rientra nella categoria delle radio-galassie a bassa eccitazione (LERG), alimentate da flussi di accrescimento deboli ma sufficienti a sostenere la produzione di getti potenti.
Una fabbrica di getti radio
La domanda centrale diventa allora: come può una galassia così diversa dalle radio-galassie classiche produrre getti tanto impressionanti? I modelli teorici ipotizzano che il meccanismo alla base sia magnetoidrodinamico, in cui il buco nero agisce come una dinamo cosmica, lanciando materia ad altissima velocità lungo i poli. La stabilità dell’asse dei getti, che non mostra segni di precessione, suggerisce che il buco nero agisca come un giroscopio cosmico, con spin elevato e ben allineato con il disco di accrescimento.
Un laboratorio cosmico per l’astrofisica
J2345−0449 si presenta così come un laboratorio naturale eccezionale per studiare l’evoluzione delle galassie massive e il ruolo del feedback da AGN. La sua configurazione isolata, la struttura a disco regolare, il pseudo-bulge, i getti radio colossali e l’assenza di eventi di fusione recente la rendono un oggetto unico per comprendere i meccanismi di regolazione della formazione stellare e dell’accrescimento dei buchi neri.
Prospettive future
Per rispondere ai molti interrogativi ancora aperti, saranno necessari studi futuri ad alta risoluzione, in particolare per determinare con precisione la massa, lo spin e la geometria del campo magnetico del buco nero centrale. L’uso di strumenti di prossima generazione, come il James Webb Space Telescope (JWST) o lo Square Kilometre Array (SKA), potrà fornire nuovi indizi cruciali.
Nel frattempo, J2345−0449 resta una galassia fuori dagli schemi, capace di mettere in discussione alcune delle più consolidate teorie sull’origine e l’evoluzione delle strutture cosmiche.
Riferimenti principali:
Fonte: Oxford Accademy
Bagchi et al. (2014); Walker et al. (2015); Nesvadba et al. (2021); Drevet Mulard et al. (2023)
NASA – Hubble Space Telescope ESA – Chandra X-ray Observatory XMM-Newton Mission – ESA IUCAA – Inter-University Centre for Astronomy and Astrophysics GMRT – NCRA NRAO – Very Large Array (VLA) ALMA Observatory