L'immagine mostra un dettaglio delle colline di ghiaccio d'acqua galleggianti nella Sputnik Planum. Copre un'area di circa 500 x 340 chilometri. Credit: NASA/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute

La scorsa settimana era stata presentata una nuova mappa della distribuzione del ghiaccio d’acqua sul pianeta nano, basata sui dati raccolti in infrarosso dal Ralph/Linear Etalon Imaging Spectral Array (LEISA). Ma nonostante il dettaglio raggiunto, la Sputnik Planum, la grande pianura che riempie il caratteristico “cuore” di Plutone, e la Lowell Regio più a nord, risultavano prive di tracce di ghiaccio dacqua in superficie. Gli scienziati avevano supposto che fosse comunque presente ma sepolto sotto altri volatili ghiacciati – come il metano, l’azoto e il monossido di carbonio – e quindi difficile da identificare.

Ora, però osservando con attenzione le immagini inviate a Terra dalla sonda della NASA New Horizons durante lo storico fly-by del 14 luglio 2015, il team ritiene che alcuni rilievi presenti nella pianura, possano essersi staccati dalle imponenti montagne di ghiaccio dacqua che circondano la Sputnik Planum, soprattutto sul confine occidentale. Dato che il ghiaccio dacqua è meno denso del ghiaccio a base di azoto, questi blocchi galleggerebbero alla deriva in un mare alieno di azoto congelato (non a caso avevo intuitivamente associato più volte la Sputnik Planum al pack artico! N.d.A.).

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Questa sarebbe solo l’ennesima prova della geologia attiva che caratterizza Plutone, con la sua esotica fisica dei ghiacci: lo stesso modello a cellule della pianura indicherebbe una lenta convezione termica e ciclica dei ghiacci di azoto.
Le colline della Sputnik Planum sarebbero perciò frammenti delle montagne più grandi, imprigionati nel terreno poligonale e lentamente trasportati dal flusso dei ghiacciai azotati: soggette ai moti convettivi, sarebbero spinti e raggruppati ai bordi delle cellule.

Nell’immagine in apertura, la caratteristica formazione chiamata “Challenger Colles”, in onore dell’equipaggio della navetta spaziale Challenger, appare come uno dei più importanti accumuli di colline, 60 per 35 chilometri. Si trova al confine con le alture, lontano dal pavimento poligonale della pianura: questo potrebbe essere uno dei luoghi in cui i frammenti di ghiaccio dacqua vengono spinti dai moti moti convettivi.

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