Un nuovo studio ad opera degli autori Armaan V. Goyal e Songhu Wang dell’Università di Yale, pubblicato su The Astronomical Journal e in collaborazione con le missioni spaziali Kepler, K2 e TESS, suggerisce una nuova catalogazione per i pianeti con periodi ultra corti.

Introduzione: un nuovo sguardo ai pianeti con periodo ultra-corto

Gli Ultra-Short-Period Planets (USPs), o pianeti ultra-corti periodo, sono mondi estremamente vicini alla loro stella madre, completando un’intera orbita in meno di 24 ore. Tradizionalmente, gli astronomi hanno utilizzato questo valore come confine per distinguere gli USPs dagli altri pianeti con periodi più lunghi. Tuttavia, una nuova ricerca di Armaan V. Goyal e Songhu Wang, pubblicata su The Astronomical Journal, suggerisce che questa soglia potrebbe essere arbitraria e propone una classificazione più basata sui dati.

Architetture orbitali dei 49 sistemi di pianeti ultra-corti periodo (USP) considerati in questo studio.
Le dimensioni dei marcatori nella figura corrispondono al raggio dei pianeti. I marcatori pieni rappresentano oggetti confermati all’interno del NASA Exoplanet Archive (NEA) (R. L. Akeson et al. 2013), mentre i marcatori vuoti si riferiscono a candidati individuati dalle missioni Kepler (J. J. Lissauer et al. 2024), TESS (dal catalogo aggiornato TESS Input Catalog di K. G. Stassun et al. 2019) o dal database dei candidati del programma K2 (R. L. Akeson et al. 2013).
Dall’analisi emerge che gli USPs (in rosso) sono quasi esclusivamente più piccoli di 2 raggi terrestri (2R⊕) e tendono a mostrare ampie separazioni orbitali rispetto ai loro pianeti compagni non-USP (in nero).

Lo studio: analisi di centinaia di sistemi planetari

I ricercatori hanno analizzato 376 sistemi planetari scoperti grazie alle missioni spaziali della NASA Kepler, K2 e TESS, che hanno identificato migliaia di esopianeti (pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare). L’obiettivo era verificare se esistano limiti naturali nei periodi orbitali degli USPs, piuttosto che basarsi su un valore scelto in modo arbitrario.

Dai dati emerge che gli USPs tendono ad essere più piccoli rispetto ai pianeti con periodi leggermente più lunghi. Inoltre, sono spesso isolati, nel senso che non hanno compagni planetari molto vicini. La loro separazione architettonica all’interno dei sistemi suggerisce una possibile origine ed evoluzione diversa rispetto agli altri pianeti a corto periodo.

Le nuove soglie proposte: non solo 1 giorno, ma anche 2

L’analisi statistica di Goyal e Wang ha evidenziato due confini naturali:

  • 1 giorno: questo valore corrisponde a un cambiamento significativo nelle dimensioni dei pianeti. Quelli con periodi inferiori a 24 ore sono più piccoli, probabilmente a causa della perdita di materiale dovuta alla forte radiazione stellare.
  • 2 giorni: oltre questa soglia, i pianeti non mostrano più la tendenza all’isolamento. Ciò significa che i pianeti con periodi compresi tra 1 e 2 giorni potrebbero rappresentare una classe intermedia, definita dagli autori come “proto-USPs”.

Questa scoperta suggerisce che i pianeti con orbite di 1-2 giorni potrebbero essere una fase di transizione tra i pianeti più vicini e quelli leggermente più distanti, con possibili implicazioni sulla loro formazione ed evoluzione.

Perché gli USPs sono così piccoli e isolati?

Gli autori propongono diversi scenari per spiegare la natura degli USPs:

  1. Perdita di massa per evaporazione: la vicinanza estrema alla stella provoca temperature elevatissime, sufficienti a far evaporare gli strati più esterni del pianeta, riducendone le dimensioni nel tempo.
  2. Migrazione orbitale: alcuni USPs potrebbero essersi formati più lontano dalla stella e successivamente essere migrati verso l’interno a causa di interazioni gravitazionali con altri pianeti.
  3. Tidal decay (decadimento mareale): le forze gravitazionali della stella potrebbero aver influenzato lentamente l’orbita di questi pianeti, portandoli sempre più vicini.

Implicazioni e futuro della ricerca

Questi risultati offrono una nuova prospettiva sulla classificazione degli esopianeti e suggeriscono che l’attuale confine di 1 giorno potrebbe non essere sufficiente a descrivere la diversità dei pianeti ultra-corti periodo. La scoperta di un possibile confine a 2 giorni invita a riconsiderare i modelli di formazione ed evoluzione di questi mondi estremi.

Le future missioni spaziali, come il telescopio spaziale James Webb (JWST), potranno fornire ulteriori dettagli sulla composizione e l’atmosfera degli USPs, confermando o modificando le teorie attuali.

In conclusione, questo studio di Goyal e Wang non solo ridefinisce il modo in cui classifichiamo gli USPs, ma apre nuove strade per comprendere come i pianeti si evolvono in ambienti estremi. Una scoperta che ci avvicina sempre di più alla comprensione della straordinaria varietà di mondi che popolano la nostra galassia.