Autori principali: Zhang Q. W. L., Zhou Q., Zhang X. e collaboratori
Institute of Geology and Geophysics – Chinese Academy of Sciences (IGGCAS), China National Space Administration (CNSA)
I nuovi dati ottenuti dalla missione cinese Chang’e-6 potrebbero cambiare per sempre la nostra comprensione della Luna. Per la prima volta nella storia dell’esplorazione spaziale, sono stati riportati sulla Terra campioni prelevati dalla faccia nascosta del nostro satellite naturale, e in particolare dal vastissimo cratere South Pole–Aitken Basin (SPA). Le analisi chimiche di questi frammenti hanno portato alla prima stima diretta del contenuto d’acqua nel mantello lunare di quel settore, rivelando un valore sorprendentemente basso: appena 1–1,5 microgrammi per grammo di roccia.
Questo dato – pubblicato in un recente studio coordinato da ricercatori dell’Institute of Geology and Geophysics della Chinese Academy of Sciences (IGGCAS) e basato su misure condotte con tecniche di spettrometria a massa su scala micrometrica – suggerisce che il mantello della Luna possa presentare una dicotomia emisferica nella distribuzione dell’acqua, con la parte visibile (nearside) significativamente più ricca di componenti volatili rispetto a quella nascosta (farside).
“Questi nuovi valori costringono a rivedere le stime complessive sull’acqua nella Luna intera,” affermano gli autori del lavoro, “e forniscono supporto al modello di formazione per impatto gigante.”
Analisi ad altissima precisione
I ricercatori hanno esaminato frammenti basaltici raccolti dal suolo lunare CE6C0200YJFM001, un campione di 5 grammi restituito sulla Terra il 25 giugno 2024. Le analisi si sono concentrate su minerali come apatite e su inclusioni vetrose intrappolate in olivine e ilmenite, che possono trattenere tracce di acqua sotto forma di idrossili e di idrogeno isotopico (δD).
Grazie a strumenti come la NanoSIMS 50L e la microsonda elettronica JXA-8100 operanti presso IGGCAS, è stato possibile determinare la composizione isotopica dell’idrogeno con risoluzione nanometrica e correggere le misure per gli effetti della radiazione cosmica, sfruttando un’età di esposizione stimata in circa 108 milioni di anni.
Un mantello “più asciutto” sul lato nascosto
Confrontando questi dati con quelli ottenuti da precedenti missioni come Chang’e-5, Apollo e Luna, tutte riferite a campioni provenienti dalla parte visibile della Luna e dalla ricca regione del Procellarum KREEP Terrane, emerge un quadro inaspettato: il mantello sottostante al bacino SPA potrebbe essere fino a 10 volte più povero d’acqua rispetto alle zone campionate finora.
Questa possibile asimmetria emisferica – in parte speculare alla già nota distribuzione superficiale del torio (Th), altro elemento incompatibile – suggerisce che la faccia nascosta della Luna sia stata meno influenzata da processi magmatici ricchi in volatili, forse a causa della posizione rispetto all’epicentro dell’impatto gigante che avrebbe originato il nostro satellite.
Implicazioni per l’origine della Luna
I nuovi dati rafforzano le ipotesi a favore di un’origine per impatto gigante, secondo la quale un corpo delle dimensioni di Marte si sarebbe scontrato con la Terra primitiva, generando un disco di detriti che avrebbe poi dato origine alla Luna. In tale scenario, l’acqua sarebbe stata in gran parte dispersa dal calore dell’impatto, e la sua distribuzione successiva all’interno della Luna risulterebbe eterogenea, come ora sembra confermare la scoperta fatta da Chang’e-6.
L’isotopia dell’idrogeno nei campioni CE6, tuttavia, è coerente con quella già rilevata nei campioni del lato visibile (δD medio attorno a −123‰), suggerendo che la composizione isotopica del mantello lunare sia rimasta omogenea nel tempo, forse ereditata dalla cristallizzazione dell’oceano magmatico primordiale.
Verso nuove missioni lunari
Il campione CE6 rappresenta un punto di svolta. “Abbiamo ora un primo valore concreto per il contenuto d’acqua nel mantello della farside lunare,” spiegano gli autori. Ma restano ancora molte domande aperte: l’intera faccia nascosta è così secca? O il cratere SPA rappresenta un’eccezione geologica? Missioni future, come quelle previste dal programma Artemis della NASA e dalle successive fasi del progetto cinese Chang’e, potranno fornire nuovi campioni per confermare o smentire questa dicotomia idrica.