PROMO NUOVI ABBONATI IN OMAGGIO N°3 ARRETRATI
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Associazione Astrofili Centesi

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07.02:Z “Favole dal Cielo: Orione il Guerriero del cielo. Un fantastico viaggio tra scienza e mitologia del cielo invernale”. Al telescopio: Luna, Giove, Marte, Nebulosa di Orione e le Pleiadi.

Per info: 346.8699254, astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Unione Astrofili Bresciani Lumezzane (Brescia)

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07.02: ”Effetti della dark matter sulla nostra galassia” di U. Donzelli.

Per info: osservatorio@serafinozani.it
www.astrofilibresciani.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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07.02: “Fusione nucleare, il motore che accende le
stelle” di Stefano Covino.
Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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07.02: ”Errori astronomici” di Pietro Planezio.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Comete: Sta arrivando un’altra Pan-STARRS

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Comete Febbraio 2014
Comete Febbraio 2014
Il percorso della 154P Brewington durante il mese di febbraio. La cometa sarà osservabile verso occidente dall’inizio della notte astronomica e giorno dopo giorno si sposterà dai Pesci al Triangolo, dove verso il 9 del mese avvicinerà M33. Molto interessante anche l’incontro ravvicinato con la cometina C/2013 V1 Boattini (traccia in verde), che porterà i due oggetti verso il 5 marzo (il circoletto giallo indica la posizione della Brewington, mentre il verde quella della Boattini) ad una separazione di appena 30 primi d’arco.

EFFEMERIDI di Febbraio
oggetti descritti su Coelum 178

Unica tra quelle serali, la 154P Brewington, cometa periodica che è arrivata al perielio e alla sua massima luminosità (mag. +10) in dicembre. In febbraio si muoverà tra Andromeda e il Triangolo, osservabile nella prima parte della notte mentre si mostrerà con una magnitudine intorno alla +11. Interessante il 9 e 10 del mese il suo incontro con la galassia M33, che avvicinerà da sud fino a una distanza di 1,7° e soprattutto quello che avverrà ai primi di marzo, quando si troverà a circa 30′ dalla C/2013 V1 Boattini, cometa di mag. +14.

Di mattina vi consiglio invece di seguire l’unica cometa che tra tutte quelle attualmente osservabili promette di diventare un oggetto importante nei prossimi mesi: la C/2012 K1 Pan-STARRS, scoperta il 19 maggio 2012 presso il noto osservatorio dell’isola Maui, alle Hawaii. Il fatto che sia stata avvistata da così lungo tempo, a una distanza di 8,2 UA, la dice lunga sulle sue caratteristiche… e infatti sembra che la C/2012 K1 sia destinata nel prossimo autunno ad arrivare alla visibilità ad occhio nudo.

Leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, con tutte le immagini, nella Rubrica Comete di Rolando Ligustri presente a pagina 68 di Coelum n.178.

Nel Cielo – Tre strani casi di “DOPPIO” ASTRONOMICO ovviamente da cercare nei Gemelli!

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Nel cielo
La cartina del mese abbraccia l'intera figura dei Gemelli, dalla “testa”, rappresentata da Castore e Polluce, al “piede”, rappresentato dalle stelle Tejat (μ Gem) Propus e 1 Geminorum. Proprio in prossimità di quest'ultima stella si trovano gli ammassi aperti NGC 2129 e IC 2157/56, mentre il terzo oggetto di cui si parla nel testo, la nebulosa planetaria NGC 2371/72, è situata nel cuore della costellazione, a nord della stella iota Geminorum.

Nel cielo
La cartina del mese abbraccia l'intera figura dei Gemelli, dalla “testa”, rappresentata da Castore e Polluce, al “piede”, rappresentato dalle stelle Tejat (μ Gem) Propus e 1 Geminorum. Proprio in prossimità di quest'ultima stella si trovano gli ammassi aperti NGC 2129 e IC 2157/56, mentre il terzo oggetto di cui si parla nel testo, la nebulosa planetaria NGC 2371/72, è situata nel cuore della costellazione, a nord della stella iota Geminorum.

NGC 2371/72, la Gemini Nebula – Il primo “doppio” di cui vogliamo parlare si trova nella parte a nord della costellazione, nei pressi di Castore e Polluce; in una zona però abbastanza povera di stelle di riferimento. Per arrivarci il modo migliore è quello di partire da iota Geminorum (mag. +3,8) e poi di spostarsi di 1,7° verso nord, fino al punto in cui incontreremo una piccola nebulose planetaria… anzi,
due piccole nebulose planetarie! La doppia sigla di NGC 2371/2372 con cui viene indicato l’oggetto ci avverte infatti che ci troviamo di fronte a qualcosa di abbastanza inusuale. Ma andiamo con ordine…
La coppia fu scoperta la sera del 12 marzo 1785 da W. Herschel, che la descrisse come «due deboli nebulose di uguali dimensioni, entrambe piccole». L’astronomo anglo-tedesco vide infatti due diffusi punti di luce separati tra loro di circa 25″ e pensò si trattasse di due oggetti distinti. La reale natura dell’oggetto fu scoperta soltanto nel 1917 dall’astronomo americano Francis Pease (1881-1938), che dall’analisi
spettrale capì che si trattava di una planetaria. Inoltre, dalle fotografie a lunga posa, risolse anche il piccolo mistero della duplicità: i due piccoli globi non sono in realtà che le due regioni più luminose
di un insieme nebulare molto più esteso, che le più profonde riprese fotografiche rivelano di aspetto molto simile a quello di M27, la famosa planetaria della Volpetta. Le foto rivelano anche l’esistenza di
due condensazioni esterne separate e simmetricamente opposte al corpo principale. Questa piccola planetaria è stata oggetto d’attenzione di parecchi osservatori del passato; fu addirittura inserita nel “Catalogo di nebulose doppie” da D’Arrest nel 1856 e disegnata, tra gli altri, da Lord Rosse, Secchi e Lassell. Con l’andare del tempo, una volta risolto il mistero, la sua peculiarità è passata nel dimenticatoio, anche perché si tratta ovviamente di un’anomalia solo apparente, legata alle limitazioni dell’osservazione visuale. A questo proposito, ci sono pareri alquanto discordi sul diametro minimo necessario per riuscire staccarla dal fondo cielo. Personalmente ci sono riuscito anche con il classico 114/900 sotto un cielo non inquinato dalle luci; ovviamente l’apparenza era quella di un singolo puntolino di luce, mentre per riuscire a individuare il suo “doppio aspetto” è senz’altro necessaria un’apertura di almeno 250 mm. Con diametri da 300 mm in su, come dimostra quanto ho potuto annotare all’oculare del mio dobson da mezzo metro, la visione si fa un po’ più interessante, senza tuttavia mai arrivare a mostrare l’oggetto completo come fanno invece le migliori riprese fotografiche: «A 133x, la struttura a doppio guscio
è evidente, la nebulosità di sudovest (NGC 2371) appare leggermente più brillante di quella di nordest (NGC 2372). A 200x con filtro OIII è molto brillante, i due gusci somigliano ora a due parentesi tonde. Senza il filtro la luminosità si stempera un po’, i due gusci divengono più “soffici” e sfumati, con segni di struttura. Utilizzando la visione distolta fa capolino anche la stella centrale di mag. +15». Un invito ai lettori a ridare giusta dignità a questa autentica meraviglia celeste.

Per approfondire leggi tutti i dettagli e i consigli per l’osservazione, i cenni storici, le immagini e le mappe dettagliate, nell’articolo tratto dalla Rubrica Nel Cielo di Salvatore Albano presente a pagina 52 di Coelum n. 178.

Global Test 178 – la montatura Gemini G53F

GLOBALTEST, un NUOVO FORMAT per i TEST STRUMENTALI

Comincia con il n. 178 di Coelum Astronomia una nuova rubrica tecnica in cui saranno presentati più prodotti, ognuno dei quali corredato dal giudizio “collettivo” (medio e ponderato) di utenti ed esperti di tutto il mondo che hanno già avuto modo di usarli e di esprimere il loro parere.
Questo tipo di recensione “allargata” al web – che include i siti web personali, i forum e i social network – nelle nostre intenzioni dovrebbe permettere ai lettori – o almeno lo speriamo – di farsi un’idea più oggettiva delle qualità e degli eventuali limiti e difetti della strumentazione presente sul mercato, orientando pertanto in modo più preciso i futuri acquisti. La rubrica “cartacea” verrà inoltre affiancata da contenuti multimediali che verranno segnalati nel testo (tramite link e QR-code) e raccolti in queste pagine, per approfondire e completare quanto scritto sulla rivista.
Ovviamente ci attendiamo dai lettori molti suggerimenti su come migliorare questo nuovo servizio.

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Riportiamo quindi di seguito i video e i link ai contributi, nell’ordine in cui vengono proposti, della rubrica Global Test pubblicata sul n. 178 di Coelum Astronomia a cura di Plinio Camaiti (Telescope Doctor), e nella pagina successiva il testo integrale dell’intervista ad Andràs Dan, progettista della Gemini Telescope Design.

Dal WEB il parere degli utenti su…

LA MONTATURA EQUATORIALE GEMINI G53F

Le pagine in italiano del sito del costruttore

La presentazione del prodotto dal sito del costruttore

UNBOXING G63F
video di Roberto Bacci

Parte 1

Parte 2

Parte 3

Parte 4

Montaggio, stazionamento e uso fotografico sotto il cielo
video di Elio Magnabosco

Un test dalla Repubblica Ceka dal sito dell’astroimager Pavel Pech

Il rumore dei motori durante il GoTo
video di  Marco74DA

Sessione di Autoguida galleria di immagini con commento di Giovanni Leoni

Celestron CGEM vs Gemini G53F foto di confronto tra le due montature.

Controllo remoto della montatura
video di teleskopaustria

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L’articolo completo è pubblicato su Coelum n.178 – 2014 a pagina 42

La migrazione dei pianeti raccontata dagli asteroidi

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Riproduzione artistica di Giove circondato da asteroidi. Crediti: David A. Aguilar (CfA)
Riproduzione artistica di Giove circondato da asteroidi. Crediti: David A. Aguilar (CfA)

La storia turbolenta della caotica evoluzione del Sistema solare ha lasciato delle tracce rivelatrici  nella cintura di asteroidi tra Marte e Giove secondo un nuovo studio, pubblicato ieri su Nature, nel quale Francesca DeMeo (dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics) e Benoit Carry (dell’Osservatorio di Parigi) hanno mappato la composizione e la distribuzione degli asteroidi della fascia principale.

L’incredibile variabilità di dimensione e composizione degli asteroidi della fascia non è una sorpresa. Da ormai una decina di anni diversi studi hanno infatti smentito le precedenti ipotesi che volevano che gli oggetti celesti della fascia principale si fossero formati in loco e che fossero i resti di un pianeta mai nato, fallito a causa della forte gravità del vicino Giove.

L’ampio spettro che emerge dalla mappatura degli asteroidi implica invece che la loro attuale distribuzione spaziale sia il risultato della migrazione dei pianeti durante i primi miliardi di anni di vita del Sistema Solare. Un periodo di grande agitazione, durante il quale, secondo i moderni modelli fisici, i pianeti giganti sono andati migrando per il Sistema Solare interno ed esterno prima di trovare pace e stabilirsi nelle attuali orbite. Durante questi sommovimenti i pianeti hanno scosso e movimentato gli asteroidi “come fiocchi in una palla di vetro con la neve”, spiega DeMeo.

Esemplare il caso di Giove. La distribuzione e la composizione degli asteroidi nella fascia suggeriscono infatti che durante la sua migrazione il gigante gassoso si sia avvicinato al Sole fino a raggiungere l’odierna orbita di Marte. Così facendo avrebbe spazzato via la cintura di asteroidi quasi del tutto, lasciando solo un decimo dell’uno per cento della sua popolazione originaria.  Invertendo poi la rotta verso il Sistema solare esterno Giove avrebbe ripopolato la cintura con nuovo materiale. La fascia principale degli asteroidi  conterrebbe quindi oggi in buona sostanza campioni provenienti dall’intero Sistema solare.

DeMeo e Carry passano in rassegna nel loro articolo i recenti progressi nella scoperta e la catalogazione delle rocce della cintura. Ma la mappatura degli asteroidi suggerisce anche qualche nuovo e interessante filone di indagine. Come per esempio l’evoluzione dei sistemi di pianeti extrasolari, in relazione con la storia stessa della Terra.  L’acqua dei nostri oceani potrebbe infatti provenire proprio dagli impatti di asteroidi avvenuti nel periodo di forte agitazione della migrazione dei pianeti. Se così fosse, ci sarebbe una condizione in più da porre sull’abitabilità degli esopianeti, ovvero proprio il fortuito impatto di un numero sufficientemente grande di asteroidi, e mondi simili alla Terra potrebbero allora essere più rari di quanto pensiamo.

Nonostante tutti gli studi, le analisi e le mappature, rimane ancora molto da scoprire su questi corpi celesti e la loro struttura interna. Aspettando di inviare il primo uomo su un asteroide, alla NASA guardano con forti aspettative l’avvicinamento della sonda Dawn a Cerere, l’asteroide più massiccio della fascia, dove, secondo un recente studio, ci dovrebbe essere quantomeno un po’ d’acqua.

Al Planetario di Ravenna

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04.02: “Le geometrie nel Cielo” di Oriano Spazzoli.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

PLANETARIO DI VENEZIA/LIDO

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02.02, ore 16:00: ”Aurore Boreali e Australi al Planetario
di Venezia” presentazione del libro di Ada
Grilli: Aurore Polari – OTTAVA MERAVIGLIA DEL
PIANETA. Viaggio al centro delle Aurore tra scienza
letteratura arte e mito”
Per info: tel. 338.8749717
planetario@astrovenezia.net
www.astrovenezia.net

Mercurio incontra una sottilissima falce di Luna

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Il primo appuntamento astronomico di febbraio ci sarà già la sera del primo giorno del mese. Guardando in direzione ovest-sudovest, infatti, verso le 18:00 ci sarà la possibilità di vedere il sempre elusivo Mercurio (mag. –0,4), in quel momento alto circa +10° sull’orizzonte, e 7 gradi più in alto, esattamente sulla verticale, una falce di Luna crescente al limite dell’osservabilità (fase 5%).

(N.B. Nella figura, la dimensione del disco lunare è sovradimensionata rispetto alla scala del contesto).

“Buonanotte Terra, Buonanotte umanità.” Ultimo messaggio del rover Yutu prima della probabile morte sulla Luna

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Mosaico del rover Yutu mentre si allontana dal lander Chang'e-3, all'inizio del primo giorno lunare di operazioni. Credit: CAS

Il rover Yutu mentre si allontana dal lander Chang'e-3, all'inizio del primo giorno lunare di operazioni. Credit: CAS

Il nome del rover sta per la divinità cinese “Coniglio di Giada”, ed era appena arrivato a metà della sua missione di 3 mesi per lo studio della crosta lunare quando ha subito alcuni problemi meccanici e sembra che non sopravviverà alla nuova notte lunare. Le notizie giungono in parte dalle agenzie di stampa cinesi e in parte dal profilo twitter della missione, in cui il rover parla a nome proprio.

Anche se sarei dovuto andare a letto questa mattina, i miei padroni hanno scoperto qualcosa di anormale riguardo al mio sistema di controllo meccanico” si legge in un tweet. “I miei padroni hanno passato tutta la notte svegli a lavorare ad una possibile soluzione. Ho sentito che i loro occhi somigliano di più ai miei occhi rossi da coniglio. Tuttavia, sono consapevole che potrei non sopravvivere a questa notte lunare.

Animazione del movimento del rover Yutu sulla superficie lunare. Credit: CNTV/Emily Lakdwalla

La notte lunare dura circa 14 giorni terrestri e le temperature scendono fino a ben -180°C. Per riuscire a sopravvivere, il piccolo rover era programmato per entrare in letargo e tenere al sicuro i propri componenti grazie al riscaldamento ottenuto dal decadimento radioattivo di un motore interno. Uno dei panelli solari doveva rimanere aperto verso l’orizzonte da dove sorge il Sole e l’altro doveva coprire l’antenna e l’asta su cui sorge la camera per le riprese. Ancora non sono trapelate notizie ufficiali su cosa in particolare non ha funzionato, ma pare che le varie procedure per la messa in sicurezza del rover non abbiano funzionato. Il rischio è che durante la notte, il rover muoia di freddo. E’ un po’ lo stesso destino che è toccato al rover Spirit, della NASA, durante la sua esplorazione di Marte.

La missione ha comunque raggiunto molti obbiettivi sia tecnologici che scientifici. La Cina è stata la terza nazione a far atterrare con successo una sonda sulla Luna ed è stata la prima a tornarci dopo quasi 40 anni. La missione è anche stata la prima a mettere alla prova nuove tecnologie per l’atterraggio autonomo e l’intelligenza artificiale usata per la guida del rover. Yutu e il lander Chang’e-3 sono sopravvissuti con successo alla prima dura notte lunare, ma questa nuova notte sembra possa segnare la fine del rover. Il lander invece non sembra avere problemi e si spera possa continuare a funzionare per almeno un anno.

I tweet continuano: “Chang’e non sa ancora nulla riguardo ai miei problemi“, ha detto il rover. “Se non potranno ripararmi, vi prego di consolarla per me.” Sui social media, migliaia di utenti della Cina hanno mandato i loro saluti al piccolo rover.

Prima della mia partenza, ho studiato la storia delle sonde lunari dell’umanità. Circa metà delle passate 130 spedizioni sono finite con un successo; il resto sono stati fallimenti. Questa è l’esplorazione spaziale; il pericolo viene insieme alla bellezza. Sono solo un piccolo puntino in un più vasto quadro dell’avventura dell’umanità.

Immagine calibrata per aggiustare i colori all'esposizione della luce solare. Ecco il rover Yutu e la superficie lunare nei suoi colori più veritieri. Credit: Ricardo Nunes

L’ultimo messaggio del rover ha concluso la sua missione:

Il Sole è calato, e le temperature stanno scendendo così rapidamente… ma voglio dirvi un piccolo segreto, non mi sento così triste. ero solo nella mia storia d’avventura, e come tutti gli eroi, ho incontrato un piccolo problema.
Buonanotte, Terra. Buonanotte, umanità.

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Fonte: CNN On China

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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31.01: “Luna e Sole giocano a nascondino: le eclissi
dei prossimi anni” di Davide Dal Prato.

Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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31.01: ”I grandi osservatori radioastronomici” di Cristiano Tognetti.

Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Associazione Astrofili Centesi

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31.01: “Mondi roventi: Venere e Mercurio”. Al telescopio: Giove, Marte, Nebulosa di Orione, le
Pleiadi, le Iadi e le stelle giganti.
Per info: 346.8699254, astrofilicentesi@gmail.com
www.astrofilicentesi.it

Hawking: il buco nero non esiste

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Il Giardino Filosofico di Spina
Il Giardino Filosofico di Spina

L’analisi di Giovanni Bignami

La fine di un mito? Sembra proprio che stia succedendo ai buchi neri, gli oggetti più strani del cielo, e che per di più il mito su di loro venga adesso infranto da uno dei creatori della moderna teoria fisica dei buchi neri stessi. Stephen Hawking, il settantenne fisico inglese gravemente malato di SLA da decenni, ma ancora lucidissimo, ha appena reso pubblico un suo lavoro nel quale sostiene che sia informazione sia energia possano non solo entrare, ma anche uscire da un buco nero. Esattamente il contrario di quanto sostenuto finora da Hawking stesso, e da tutti gli astrofici del mondo.

Cominciamo col dire che il “buco nero”, contrariamente alla immagine popolare, non è affatto un buco. Anzi, è un blocco di materia in uno stato incredibilmente denso, nato, per esempio, dal collasso gravitazionale di una stella pesante decine di volte il Sole. Talmente denso, appunto, che neanche la luce può sfuggire alla sua attrazione gravitazionale, concentrata in un ristretto “orizzonte” vicino alla massa. Perciò è “nero”: non si può vedere (pensavamo finora).

Adesso Hawking sostiene che non è neanche nero, perché qualcosa ne può uscire. Lo ha annunciato dapprima ad una conferenza, da lui tenuta via Skype ed un sintetizzatore vocale, nell’agosto scorso, ed ora lo pubblica in un suo lavoro, intitolato spiritosamente “Conservazione dell’informazione e previsioni del tempo per i buchi neri”.

In una rara intervista, attraverso la voce del computer, ha detto a Nature che la storia dell’orizzonte impenetrabile dall’interno verso l’esterno è vera solo nella teoria classica, ma che la teoria quantistica permette la fuga di informazione. E aggiunge: “La vera spiegazione del processo richiederebbe una teoria che metta insieme la gravità alle altre forze fondamentali della Natura”. Cioè il Santo Graal della fisica che Einstein stesso non raggiunse e alla quale Hawking, e molti altri, lavorano invano da decenni.

Proviamo a capire con un esperimento mentale. Un professore di fisica teorica manda un laureando-astronauta in buco nero. Cosa succede all’infelice (che pur di fare una bella tesi si presta a tutto…)? Si pensava finora che avrebbe felicemente passato l’orizzonte-del-non-ritorno senza accorgersene, per poi venire stirato verso l’interno riducendosi in un lunghissimo spaghetto prima di essere schiacciato sul nucleo infinitamente denso. Alternativamente, avrebbe incontrato una densità di energia così alta da venire bruciato sul posto. In entrambe i casi, rapida fine di una carriera accademica non ancora cominciata.

Hawking adesso propone una terza soluzione. Il famoso orizzonte, almeno in qualche caso, non è una barriera insormontabile. La ragione sono le “fluttuazioni quantistiche dello spazio-tempo” (concettino non semplice, ammettiamolo) che ogni tanto passano. Ma allora, se in qualche caso l’orizzonte del buco nero è valicabile dall’interno, il concetto di “buco nero” scompare: non solo non è un buco, ma non è neanche nero… Però quello che potrebbe uscire è tutto diverso da quello che è entrato, irriconoscibile come il testo della Divina Commedia nel mucchietto di ceneri nel quale l’abbiamo bruciata. Per non parlare del laureando.

E le previsioni del tempo? C’entrano, perché prevedere cosa uscirà da un buco nero grazie alle fluttuazioni, dice Hawking, è un po’ come fare previsioni del tempo accurate e a lungo termine: possibile, in teoria, ma in pratica troppo difficile. Quaranta anni dopo i suoi primi lavori sulla teoria dei buchi neri, siamo ancora qui ad imparare da Hawking la fisica degli oggetti più affascinanti (e mai visti) del cielo.

L’articolo è pubblicata sull’edizione del 27 gennaio del quotidiano La Stampa.

CORSO A.R.A. 2014

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Il corso si articolerà su 11 lezioni settimanali,
una visita alla meridiana di Santa Maria degli
Angeli e una serata con lezione pratica per l’uso
del telescopio presso l’Osservatorio Astronomico
“Virginio Cesarini”. La lezioni si terranno il
giovedÏ, con cadenza settimanale, presso i locali
siti in Via Carlo Emanuele I, 12a (una traversa
di Viale Manzoni) a Roma.
Il giorno 30 Gennaio 2014 ore 18:30 ci sarà la
presentazione del Corso e la conferenza inaugurale.
Per ulteriori informazioni consultate il nostro sito
oppure chiamate al numero 339-7900809
(Fabio Anzellini).
www.ara.roma.it

Supernovae: come ottenere uno spettro con strumentazione amatoriale

Quando viene scoperta una supernova la prima cosa fondamentale da fare è riprenderne lo spettro per poter confermare la natura ed evidenziare la fase del transiente. La luce puntiforme della supernova viene perciò scomposta nelle varie lunghezze d’onda e spalmata su una superficie più estesa per evidenziare le diverse righe di assorbimento degli elementi chimici presenti.

In genere le supernovae si mostrano con magnitudini basse e questa ulteriore diluizione della loro luce rende l’ottenimento dello spettro un’attività ad esclusivo appannaggio di strumenti professionali di grandi dimensioni.  A volte però abbiamo la fortuna di imbatterci in supernovae molto luminose esplose in galassie a noi relativamente vicine. Esempi sono stati la supernova SN2011fe in M101 che ha raggiunto la magnitudine + 9,9 e la SN2011dh in M51 che è arrivata alla magnitudine +12,1, e proprio in questi giorni (al momento della pubblicazione online dell’articolo) la SN2014J esplosa in M82.

In queste favorevoli condizioni è possibile riuscire ad ottenere uno spettro anche con strumenti amatoriali di piccole dimensioni accoppiati ad un filtro particolare chiamato “Star Analyzer”, composto da un reticolo di diffrazione a trasmissione da 100 linee/mm.

Un reticolo di diffrazione produce diversi spettri della  stessa sorgente a diversi angoli (primo ordine, secondo ordine e così via), con dispersione sempre più elevata ma intensità decrescente: la superficie a dente di sega dello Star Analyzer invece permette di collocare nel primo ordine tutto (o quasi) il flusso luminoso dell’oggetto ripreso, che diversamente verrebbe in buona misura disperso anche negli ordini superiori.
Questo permette non solo di avere uno spettro più luminoso e quindi di poter puntare anche oggetti poco luminosi come piccole nebulose planetarie o galassie ma anche consente di posizionare sullo stesso campo di ripresa sia l’oggetto ripreso che, accanto, il suo spettro di primo ordine: una notevole facilitazione per la calibrazione dello spettro.

Il reticolo è montato all’interno di una cella da 31,8 mm, per poter essere avvitato su oculari o adattatori fotografici come fosse un comune filtro colorato. L’accoppiamento del filtro con un prisma tronco-conico con angolo di 3,8° elimina la piccola aberrazione cromatica, data dalla differenza di fuoco tra la radiazione rossa e quella blu-violetta, che il filtro introduce sull’immagine spettrale (vedi schema qui sotto).

Il costo del reticolo comprensivo del prisma si aggira attorno ai 160 euro, tutto sommato modesto rispetto alle potenzialità.

L’accoppiamento del filtro al telescopio e alla camera ccd è molto semplice, infatti esso si avvita semplicemente al raccordo da 31,8 mm della camera ccd come fosse un normale filtro colorato, dopodiché si  fuocheggia l’immagine in modo che la strisciata dello spettro della stella in esame sia il più sottile possibile. E’ necessario o comunque auspicabile che nel campo ripreso sia presente anche l’immagine della stella all’ordine 0, questo faciliterà non poco la successiva calibrazione spettrale in lunghezza d’onda. E’ importante sottolineare che la focheggiatura va eseguita direttamente sullo spettro, senza curarsi dell’immagine della stella che invece risulterà leggermente deformata a causa dell’inserimento del sopracitato prisma tronco-conico.

La ripresa dello spettro si esegue come una normale ripresa fotografica, scegliendo il giusto tempo di esposizione a seconda della luminosità dell’oggetto. Ovviamente vi è un limite, derivante dalle  dimensioni del telescopio utilizzato, oltre il quale il rapporto segnale-rumore non migliora, anche allungando a dismisura i tempi di esposizione. A titolo di esempio, un telescopio con apertura di 250 mm accoppiato a un ccd di media sensibilità può, in buone condizioni di trasparenza e seeing, arrivare a riprendere spettri di stelle attorno alla mag. 14; con strumenti attorno a 400/500 mm di diametro possiamo arrivare attorno alla mag. 16. Nella ripresa di spettri di supernovae luminose ma al limite strumentale, diventa determinante anche la distanza dell’oggetto dal nucleo della galassia: se l’oggetto è troppo vicino risulterà difficile, se non impossibile, riprendere lo spettro anche con luminosità di una magnitudine superiore al predetto limite.

Una volta ripresa l’immagine grezza dello spettro (qui a sinistra) si passerà alla successiva fase di trattamento dell’immagine e poi a quella ancora successiva della calibrazione in lunghezza d’onda.

La fase di trattamento consiste nel ricavare dalla ripresa ccd, uno spettro che possa essere poi elaborato e misurato. In particolare si procederà come segue, utilizzando il software gratuito IRIS.

L’esempio riguarda l’immagine della SN2011fe esplosa in M101, bellissima galassia in Ursa Major, ripresa alle 20h 44min di T.U. del 8 settembre 2011.

a)     Come prima operazione dobbiamo ruotare l’immagine in modo che la strisciata dello spettro sia perfettamente orizzontale; è buona regola, per facilitare l’operazione, che già in fase di ripresa si ruoti il reticolo in modo tale che gli spettri delle stelle presenti nel campo differiscano di pochi gradi dalla orizzontalità.

b)    L’operazione successiva consiste nel ritagliare la porzione di immagine contenente lo spettro e la stella (qui di seguito).

c)     Dopo aver uniformato il fondo cielo attorno allo spettro (comando l_sky2 di Iris), possiamo eseguire, sempre con Iris, il binning dell’immagine (comando l_bin), ottenendo in tal modo un’immagine finale dello spettro in due dimensioni.

d)      Il passo successivo riguarda l’elaborazione dello spettro in modo da ottenere la calibrazione in lunghezza d’onda dello stesso; carichiamo quindi l’immagine con un software adatto allo scopo. In questo articolo prenderemo in considerazione “VisualSpec”, reperibile gratuitamente su Internet. Dopo aver caricato l’immagine dello spettro, attraverso il programma ricaviamo il profilo spettrale grezzo.

Possiamo osservare che su tale diagramma l’asse X riporta la lunghezza in pixel dell’immagine e l’asse Y la loro intensità relativa. Per poter calibrare lo spettro in lunghezza d’onda dovremo individuare due riferimenti noti su di esso: il primo è l’immagine della supernova all’ordine zero che sarà anche la lunghezza d’onda λ=0; il secondo sarà nel nostro caso (supernova di tipo Ia) una delle evidenti righe in assorbimento del silicio (ingrandire cliccando il grafico qui sulla destra), oppure una delle righe della serie di balmer dell’idrogeno se trattasi di supernova di tipo Ib o in alternativa la riga, sempre in assorbimento, dell’ossigeno atmosferico a 6875 Angstrom, presente su qualsiasi spettro stellare. La calibrazione dello spettro ci permetterà di individuare anche le altre eventuali righe visibili in esso, oltre che valutare la risoluzione spettrale raggiunta, nel caso preso in esame circa 15 A/pix, quindi bassa.

Ovviamente con risoluzioni così basse lo spettro non ci può dare notizie attendibili oltre quelle di poter individuare le righe principali e la conseguente classificazione della supernova che comunque non è poca cosa. Risultano perciò superflue  tutte le successive operazioni matematiche che andrebbero eseguite sul profilo spettrale, quali ad es. la normalizzazione in flusso, il calcolo e la sottrazione della risposta spettrale della ccd utilizzata, la correzione in riferimento all’estinzione atmosferica, la sottrazione delle righe generate dall’atmosfera terrestre (O2, H2O) ecc.

Una volta calibrato lo spettro in lunghezza d’onda, per poter classificare la supernova occorre individuare esattamente le righe di assorbimento o emissione presenti nello spettro. E’ questa un’operazione tutt’altro che banale, soprattutto nelle due fasi preliminari. Occorre infatti per prima cosa correggere lo spettro in riferimento alla velocità di recessione della “host galaxy” (a seconda della distanza le righe saranno più o meno spostate verso le lunghezze d’onda del rosso), dopodiché si dovranno individuare le lunghezze d’onda delle righe principali che dovranno essere confrontate con le lunghezze d’onda di transizioni atomiche note, disponibili nei cataloghi, in tal modo individuando i corrispondenti elementi chimici.

A questo punto la classificazione della supernova risulta abbastanza agevole, tenendo conto delle seguenti caratteristiche:

  • a)   se si individuano righe di idrogeno (H-alpha – 6563A, H-beta – 4861A) e’ una tipo II;
  • b)   se non ci sono righe di idrogeno, e’ una tipo I.
  • c)   se ci sono righe di He I (5876A, oppure 7065A oppure 10830A) e’ una tipo Ib;
  • d)   se ci sono righe di Si II (per es. a 6355A) e S II e’ una tipo Ia;
  • e)   se non ci sono tutte le righe menzionate prima, e’ una tipo Ic.
  • f)    se le righe sono strette e in emissione, non  provengono dagli ejecta della supernova, bensì da materiale circumstellare pre-esistente. Però se le righe strette sono di idrogeno, avremo invece una tipo II-n (n = narrow = stretto), oppure
  • g)   se le righe strette sono di He I avremo una tipo  Ib-n.

Per chi volesse cimentarsi nell’ottenimento di uno spettro, siamo comunque a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento scrivendo al seguente indirizzo: ricc_manc@libero.it

Aggiornamento sulla supernova SN2014J in M82

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ASTROGRAFO TAKAHASHI FRC 300 F 7.8 camera CCD FLI 1001e su A.P 1200 GTO LUMINANZA combinata di filtri CLS-CCD+ INFRAROSSO 800-1000nm + H-ALFA 6nm 120+60+180 minuti. ARCHIVIO DATI: ASTROGRAFO TAKAHSHI BRC 250 F5 camera ccd SXVF-H16 FILTRI IR-CUT+RGB 300+60+60+60 minuti (rgb in binning 2x2)
Foto di Marco Burali (Osservatorio MTM Pistoia)

Nella sera del 21 gennaio 2014 il professore universitario Steve J. Fossey, docente dell’University College di Londra decide di effettuare una sessione pratica al telescopio di 35 cm posto nell’osservatorio dell’università per dimostrare, a quattro suoi studenti, l’utilizzo della camera CCD. Viene scelto come target osservativo la bella galassia irregolare M82 e nel mostrarla ai suoi studenti si accorge della presenza di un oggetto anomalo. Una stella di mag. +11,7 posta a 54” Ovest e 21” Sud dal centro della galassia. Per puro caso quindi il professor Fossey aveva scoperto una delle supernovae più importanti, una di quelle che lasciano un segno.

Si tratta infatti della supernova più vicina a noi dopo quella esplosa nel 1987 nella Grande nube di Magellano che si rese visibile ad occhio nudo raggiungendo la mag. +3! (Vedi notizia del 23 gennaio).

Dopo l’inserimento della stringa di scoperta nel TOCP, la notizia si espande velocemente e i telescopi di mezzo mondo vengono puntati sull’oggetto. Poche ore più tardi viene ripreso lo spettro e i primi a ottenerlo sono gli astronomi americani del Palomar Transient Factory con l’ARC Telescope di 3,5 metri nel New Messico. Lo spettro permette di classificare la supernova di tipo Ia, scoperta circa due settimane prima del massimo di luminosità, e le viene assegnata la sigla definitiva SN2014J. Nei giorni seguenti infatti la supernova aumenta ulteriormente la luminosità fino a raggiungere circa la mag. +10,5  (al momento il sito della Rochester la da di magintudine 10,0) ma potrebbe aumentare ancora permettendo di ottenere stupende immagini del terzetto M81 – M82 – SN2014J.

M82 con la SN2014J riprese da Sergio Bove (astronomical centre)

M82 è una galassia irregolare soprannominata “sigaro” posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore e distante circa 12 milioni di anni luce. Insieme alla sua stupenda compagna M81 formano una delle coppie di galassie più fotogeniche e bersagliate dagli astrofotografi e in questo periodo dell’anno, a metà della notte, è già alta verso lo zenit. Per questo motivo iniziano a uscir fuori tutta una serie di pre-discovery, cioè di immagini ottenute prima della scoperta con la supernova già presente.

Incredibilmente programmi professionali di ricerca supernovae, come il LOSS, AST e LASSST, e anche esperti ricercatori amatoriali come il giapponese Itagaki, non si sono accorti dell’oggetto. Su un’immagine di Itagaki ripresa il 15 gennaio la supernova era già presente e di mag. +14,4 quindi è presumibile che la prima luce dell’esplosione sia giunta fino a noi fra il 14 e il 15 gennaio. In un’immagine profonda del MASTER ottenuta il 13 gennaio la supernova infatti non compare.

Una sequenza di immagini della SN dal 14/15 gennaio a poco prima della scoperta. Foto di Itagaki

Vi invitiamo pertanto a controllare nei vostri archivi se avete ripreso M82 fra il 14 e il 21 gennaio poiché potreste avere una pre-discovery della supernova. Queste immagini hanno una grande importanza scientifica. E’ infatti fondamentale seguire l’incremento di luminosità della supernova nelle primissime fasi evolutive.

Eventuali immagini andrebbero inviate alla redazione oppure all’indirizzo fabiobriganti@libero.it

Tutti ricordano la luminosa supernova SN2011fe esplosa nella stupenda galassia M101 distante circa 22 milioni di anni luce che raggiunse la mag. +9,9 quindi più luminosa dell’attuale SN2014J anche se posta circa 10 milioni di anni luce più lontano. La luce della supernova in M82 è infatti oscurata da polveri presenti sulla linea di vista e questo è evidenziato dalle intense righe strette in assorbimento del doppietto di NA I (5889-5995A) che provengono dal gas associato alle polveri interstellari. Questo assorbimento fa perdere alla luminosità della supernova quasi due magnitudini.

Lo spettro grezzo (cliccare l'immagine per ingrandirla) della SN2014J ripreso il 22 gennaio da Riccardo Mancini (ISSP - Astronomical Centre)

Facendo un calcolo grossolano: M82 si trova a circa 12 milioni di anni luce (3,67 Mpc). Ciò porta a un modulo di distanza di circa 27,7. La magnitudine assoluta di una supernova di tipo Ia normale è intorno alla mag. -19 pertanto la magnitudine apparente è uguale a 27,7 – 19 = 8,7.

Se la supernova fosse esplosa in una posizione più periferica della galassia, quindi in assenza di assorbimento interstellare, la SN2014J avrebbe raggiunto la notevole mag. +8,7 e sarebbe stata visibile già con un semplice binocolo.

Proprio a causa di queste polveri interstellari non è stato possibile individuare, nelle immagini del telescopio spaziale Hubble, la stella progenitrice della supernova.

Vista la notevole luminosità di questa supernova, è possibile effettuare riprese dello spettro anche con strumenti amatoriali. E’ sufficiente utilizzare un reticolo di diffrazione a trasmissione da 100 linee/mm (star analyzer) e un semplice programma di elaborazione. La SN2014J è una supernova di tipo Ia e infatti nello spettro elaborato è ben evidente la linea di assorbimento del silicio Si II intorno ai 6150 Angstroms, tipico di questo genere di supernovae.

Sicuramente parleremo ancora di questa importante supernova che si inserisce di diritto fra quelle che saranno ricordate anche fra molti anni.

Associazione Romana Astrofili

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29.01 ore 18:30 ci sarà una Conferenza di presentazione del Corso.
Contatti: Fabio Anzellini 339.7900809
www.ara.roma.it

Al Planetario di Ravenna

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28.01: ”La Terra nel punto più vicino al Sole” di Agostino Galegati.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Congiunzione Luna Venere

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Congiunzuione Luna Venere

Congiunzuione Luna Venere

L’ultimo fenomeno celeste di gennaio sarà osservabile la mattina del 29 Gennaio poco prima dell’alba sull’orizzonte di sudest, dove una falce di Luna estremamente sottile (fase 4%) e Venere sorgeranno distanziate di circa 4°. Alle 6:45, con il cielo ancora abbastanza scuro, i due oggetti saranno alti circa +10 gradi.

L’osservatorio del PIC du MIDI & la città dello Spazio di TOLOSA

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L’osservatorio del PIC du MIDI
& la città dello Spazio di TOLOSA

25/30 Giugno 2014

1° giorno, mercoledì 25/06 – ROMA / TOLOSA-dintorni

Ritrovo dei partecipanti all’aeroporto di Roma Fiumicino in tempo per l’imbarco sul volo Alitalia diretto a Tolosa. All’arrivo, sbarco e partenza in pullman riservato per una visita guidata panoramica di questa città dal patrimonio eccezionale che riserva molte belle sorprese. Palazzi signorili del periodo d’oro del pastello, edifici religiosi dalle decorazioni in mattoni e pietra, collezioni dei musei situati in monumenti straordinari o in siti industriali oggi riconvertiti. Al termine, sistemazione nelle camere riservate in hotel nei dintorni di Tolosa, cena e pernottamento in hotel.

2° giorno, giovedì 26/06 – TOLOSA – Citè de l’Espace

Prima colazione in hotel ed intera giornata in escursione alla Citè de l’Espace, parco a tema scientifico, orientato verso lo spazio, l’astronomia e la conquista spaziale. Il parco, enorme centro di divulgazione scientifica, ha al suo interno un magnifico planetario ed un simulatore 3D della Stazione Spaziale Internazionale. Permette di scoprire la replica a grandezza naturale del razzo Ariane 5 (53 metri di altezza), dell’astronave Soyuz e del satellite di osservazione della terra European Remote-Sensing Satellite (ERS). Si può anche visitare un modello ingegneristico della stazione spaziale Mir, completa di tutte le attrezzature. La Cité de l’Espace è anche dotata di numerose esposizioni, spesso interattive: la sala di controllo permette di preparare il lancio di un razzo, di assistere al suo decollo, al suo volo e quindi alla messa in orbita di un satellite artificiale. Pranzo libero a carico dei partecipanti in corso d’escursione, cena e pernottamento in hotel.

3° giorno, venerdì 27/06 – TOLOSA-dintorni / LOURDES / LA MONGIE

Dopo colazione, partenza per LOURDES. All’arrivo, breve visita libera della cittadina dominata dalla famosa Basilica e dove si incontrano le 14 stazioni della Via Crucis. Pranzo libero a carico dei partecipanti e, nel pomeriggio, proseguimento per LA MONGIE/dintorni, località del comune di Bagnères-de-Bigorre nei Midi-Pirenei, ai piedi del Pic du Midi. Sistemazione nelle camere siservate in hotel, cena e pernottamento. Osservazioni astronomiche facoltative.

4° giorno, sabato 28/06 – PIC DU MIDI

Colazione in hotel e trasferimento fino alla base della funivia che, con un cambio a circa 2.100 mt. di quota, permtte di salire in una ventina di minuti fino a 2.877 mt s.l.m., sulla vetta del Pic du Midi e scoprire un panorama mozzafiato. Qui è arroccato il più grande telescopio in suolo francese (2 mt di diametro). Il viaggio in funivia è a dir poco spettacolare…mentre si sale i Pirenei cominciano a farsi vedere in tutto il loro splendore, e una volta in vetta il panorama è unico: ci si trova al centro dei Pirenei, si osservano vette, ghiacciai e le cupole dell’osservatorio. Pranzo libero a carico dei partecipanti e, nel pomeriggio, visita guidata interna dell’osservatorio con ingresso nella cupola che ospita il telescopio da 2 mt di diametro. Al termine, ridiscesa per la cena in hotel. Osservazioni astronomiche facoltative.

5° giorno, domenica 29/06 – CIRQUE de GAVARNIE

Prima colazione in hotel ed intera giornata in escursione guidata al Cirque de Gavarnie, un circo naturale di tipo glaciale situato nel massiccio montagnoso dei Pirenei. Fa parte del Parco nazionale dei Pirenei ed è stato classificato nel 1997 Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO. Al centro del circo ci sono le cascate di Gavarnie, la maggiore delle quali, alta 422 mt, è la cascata più alta d’Europa. Pranzo libero a carico dei partecipanti in corso d’escursione, cena e pernottamento in hotel. Osservazioni astronomiche facoltative.

6° giorno, domenica 30/06 – LA MONGIE / TOLOSA / ROMA

Dopo la prima colazione in hotel, partenza per il rientro a Tolosa con arrivo all’aeroporto in tempo per l’imbarco sul volo di linea Alitalia diretto a Roma. All’arrivo, sbarco e fine dei servizi.

Operativo voli (soggetto a riconferma al momento della prenotazione)

25/06 ROMA Fiumicino (h. 11.45) – TOLOSA (h. 13.35) AZ 366
30/06 TOLOSA (h. 14.15) – ROMA Fiumicino (h. 16.00) AZ 367

Quota individuale di partecipazione, minimo 25 partecipanti € 1.030,00
Quota individuale di partecipazione, minimo 20 partecipanti € 1.170,00

Tasse Aeroportuali € 115,00 (soggette a riconferma fino ad emissione biglietti)
Supplemento camera singola € 280,00

Supplemento pernottamento di venerdì 27/06 al Pic du Midi € 220,00 per persona in camera doppia (*)
(*) incluso di: teleferica per/da Pic du Midi + aperitivo, cena e prima colazione + ingresso e visita guidata del Museo & delle cupole. Abbiamo opzionato n° 4 camere doppie al Pic du Midi al 15/01/2014.
La quota comprende: * volo di linea Alitalia come da prospetto in classe economica * franchigia bagaglio come da regolamentazione della compagnia aerea in vigore alla partenza * sistemazione per un totale di 5 notti in hotels 3*** in camere doppie con servizi privati nelle località come da programma (2 notti nei dintorni di Tolosa e 3 notti a La Mongie) * trattamento di mezza pensione come da programma * pullman GT in loco a disposizione per visite, trasferimenti ed escursioni come da programma * teleferica per/da Pic du Midi + ingresso e visita guidata del Museo (cupole escluse) * guida locale parlante italiano per la visita panoranmica di Tolosa (25/06) + guida locale parlante francese per la giornata in escursione al Cirque de Gavarnie * capogruppo/guida astronomica * assicurazione medico-bagaglio e annullamento viaggio.
La quota non comprende: * tasse aeroportuali (€ 115,00 ad oggi e soggette a riconferma fino all’emissione dei biglietti) * eventuali adeguamenti tasse aeroportuali e security charges * peso eccedenza bagagli rispetto ai kg. indicati (da pagare direttamente alla compagnia aerea all’imbarco) * eventuali adeguamenti tariffari della quota volo, dovuti all’incremento/decremento di posti oltre a quelli inizialmente riservati per il gruppo alla stampa del programma di viaggio * eventuali adeguamenti della tariffa volo in conseguenza della mancata conferma del gruppo entro i termini stabiliti di scadenza opzione * tassa di soggiorno da pagare direttamente in loco * pranzi * bevande ai pasti * altri ingressi non menzionati (Citè de
l’Espace di Tolosa € 18,00) * mance, extra personali e tutto quanto non indicato alla voce “La quota comprende”.
Informazioni e prenotazioni al viaggio entro e non oltre venerdì 18 Aprile 2014:
CTM di Robintur spa Via Bacchini 15, Modena – Tel 059/2133701   ctm.gruppi@robintur.it   www.robintur.it
Informazioni astronomiche

Sig. Massimiliano Di Giuseppe 338/5264372  www.esploriamoluniverso.com
Sig. Ferruccio Zanotti 338/4772550  www.esploriamoluniverso.com

Supernova in M82, la più vicina degli ultimi 25 anni

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Immagine di M82 con la luminosissima supernova ottenuta la notte del 22 gennaio da Riccardo Mancini

Scoperta una luminosa supernova nella bella galassia irregolare M82, la galassia “sigaro”, posta nella costellazione dell’Orsa Maggiore (qui una cartina per individuare M82) e distante “solo” 12 milioni di anni luce. Si tratta in assoluto della supernova più vicina a noi dopo quella esplosa nel 1987 nella Nube di Magellano.

Il colpaccio è stato messo a segno dall’inglese S. J. Fossey che ha individuato la supernova nella notte del 21 gennaio quando brillava già di mag. +11,7. Una curiosità: Fossey, professore universitario dell’Università di Londra, ha scoperto la SN durante una lezione pratica al telescopio con i suoi studenti.

La supernova, catalogata come SN 2014J, è di tipo Ia, scoperta prima del massimo. Perciò, vista anche la vicinanza della galassia ospite è presumibile che la luminosità della supernova aumenti ancora nei prossimi giorni, permettendoci di ammirare uno straordinario spettacolo in relazione anche alla bellezza di M82 e della vicina M81.

E’ il momento di puntare i vostri telescopi! Oltretutto la supernova, come può essere visto nelle immagini, è esplosa abbastanza lontano dal nucleo (offset 54″ W – 21″ S).

Una animazione "prima e dopo" elaborata da Ernesto Guido, Nick Howes & Martino Nicolini (Remanzacco).

Inoltre, essendo M82  soggetto invernale preferito di molti astrofotografi, anche alle prime armi, controllate le vostre immagini da poco prima di metà gennaio in poi, potreste essere tra i primi ad averla fotografata!
Infatti la scoperta è arrivata solo il 21 gennaio, ma la supernova era già abbastanza luminosa da poter essere individuata ben prima: era infatti facilmente visibile attraverso l’uso di strumenti amatoriali già dal 16 gennaio, quando brillava di magnitudine 13,9.

Vi aggiorneremo a breve con un approfondimento a cura di Fabio Briganti e Riccardo Mancini, curatori della rubrica Supernovae della nostra rivista.

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Un confronto tra due immagini di M82 con e senza supernova, ottenute da Rolando Ligustri

Congiunzione Luna con Saturno e la stella Zuben el Genubi

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Congiunzione

Congiunzione
Verso le 4:00 del 25 gennaio una robusta falce di Luna calante sorgerà dall’orizzonte di sudest in congiunzione con Saturno e con la stella Zuben el Genubi (alfa Librae, di mag. +2,7).  A quell’ora il terzetto sarà alto in media già +18° e la Luna disterà 5,5° dal pianeta e 1,7° dalla stella.

I Venerdì dell’Universo 2014

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Tornano anche quest’anno i Venerdì dell’Universo, una serie di seminari scientifici per avvicinare, giovani e non, alla Fisica,
all’Astronomia e alle Scienze in generale, con la speranza che per molti giovani non sia solo una curiosità momentanea,
ma anche un’occasione di spunto per i loro studi professionali o amatoriali, dal momento che l’Università di
Ferrara offre importanti opportunità in questi campi.

24.01: “Magnetismo e superconduttività: l’unione fa la forza” a cura di FEDERICO SPIZZO.

Diretta streaming video: http://web.unife.it/unifetv/universo.html
Per informazioni: Tel. 0532/97.42.11 – E-mail: venerdiuniverso@fe.infn.it
www.unife.it/dipartimento/fisica – www.fe.infn.it
Organizzati da: Dip. di Fisica Università di Ferrara, Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Gruppo Astrofili Ferraresi “Columbia“ e Coop. Sociale Camelot.

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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24.01: “L’astronomia nella Madonna di Foligno di
Raffaello” di Elio Antonello.

Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

ASTROINIZIATIVE UAI Unione Astrofili Italiani

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Questi gli appuntamenti mensili.

SKYLIVE con UAI Rassegnastampa e cielo del mese
Quarto giovedì del mese a cura di Stefano Capretti.
www.skylive.it
www.uai.it

Rosetta c’è: termina un sonno durato 31 mesi

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L’agognato segnale inviato da Rosetta, ricevuto da ESOC alle 19.18 ora italiana
L’agognato segnale inviato da Rosetta, ricevuto da ESOC alle 19.18 ora italiana

E la sonda rispose

Era dall’8 giugno del 2011 che i membri del team della sonda europea Rosetta attendevano questo momento. Da quando, al fine di risparmiare preziosa energia – necessaria a portare a termine la sua avventurosa missione verso la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko – la navicella era stata costretta a entrare in letargo, sospendendo completamente non solo le operazioni ma anche ogni forma di comunicazione con la Terra.

Questa mattina, alle 11 ora italiana, dopo trentuno mesi di isolamento completo nel silenzio assoluto dello spazio profondo, a 800 milioni di chilometri dal nostro pianeta, la sveglia di bordo di Rosetta aveva squillato. Dando il via a una suspense nella suspense, un’attesa al cardiopalmo: riuscirà a sentire l’allarme e a riprendersi, dopo un intervallo così lungo? Si sveglierà?

L’addestramento prevedeva che, al risveglio, Rosetta avrebbe subito dovuto “telefonare a casa”, per così dire: far sapere che s’era destata e che era pronta ad attendere nuovi ordini. Viaggiando alla velocità della luce, il “trillo” avrebbe impiegato 45 minuti per attraversare la porzione di Sistema solare che ci separa. Per captarne il segnale, già dal primo pomeriggio si erano attivate due enormi orecchie da 70 metri di diametro ciascuno: l’antenna di Goldstone della NASA, in California, nel deserto del Mojave, e il Canberra Deep Space Communication Complex, in Australia.

La segreta speranza di tecnici e scienziati dell’ESOC, il centro di controllo delle missioni spaziali dell’ESA, a Darmstadt (Germania), era che la sonda rispondesse in anticipo, così da poter finalmente riprendere a respirare. Ma all’aggiornamento delle 16.45 ancora nulla. «No signal yet. All nominal», facevano sapere dalla Control Room simulando disinvoltura e cercando di porre l’accento sull’all nominal: tutto secondo i piani. Ma dopo 957 giorni di silenzio era inevitabile che anche per loro, come per noi comuni mortali, quel no signal yet, per quanto in linea con la tabella di marcia, fosse destinato a occupare tutto lo spazio emotivo. Non c’era altro da fare che attendere…

Attesa densa di preoccupazione che si è protratta in un’atmosfera tesissima per quasi mezz’ora oltre il previsto. Attesa terminata con un applauso liberatorio solo alle 19.18 ora italiana, quando l’antenna di Canberra ha captato l’agognato segnale, confermato in diretta webcast dall’operation manager della sonda, Andrea Accomazzo, emozionatissimo. E immediatamente rimbalzato via Twitter all’intero pianeta: eccomi, ci sono ancora, attendo ordini.

«È stata una bella suspense», ha commentato a caldo il presidente dell’INAF Giovanni Bignami. «Siamo tutti molto felici, i prossimi mesi ci regaleranno momenti importanti per la conoscenza umana. E l’astrofisica italiana, con i suoi strumenti a bordo della sonda, ne sarà protagonista».

Per saperne di più:

Rosetta, la sveglia è suonata

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Ora si attende il primo “sbadiglio”

Questa mattina, alle 11:00 ora italiana, è finalmente suonata la sveglia per Rosetta. Dopo 31 mesi di “sonno profondo”, la missione scientifica dell’Agenzia spaziale europea si è riattivata. Sarà la prima sonda che atterrerà su una cometa. Il segnale di riaccensione è atteso sulla Terra nel pomeriggio, tra le 17 e le 18. In queste ore il team scientifico è riunito all’European Space Operations Centre (ESOC), in Germania, e attende col fiato sospeso il primo “sbadiglio” della sonda.

Mancano ancora 9 milioni di km all’obiettivo di Rosetta: la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Nei prossimi mesi la sonda effettuerà manovre di avvicinamento, per raggiungere l’orbita di 67/P il prossimo agosto. Rosetta è stata lanciata nel 2004, ed era già stata protagonista nel 2008 e nel 2010 dei sorvoli degli asteroidi Steins e Lutetia, grazie ai quali abbiamo acquisito immagini spettacolari di questi corpi celesti. Non ci resta che augurare buon risveglio a Rosetta e attendere insieme a voi nuove ed emozionanti immagini da una delle missioni spaziali più ambiziose mai progettate dall’uomo.

Qui sotto, le fasi del risveglio e i passaggi di testimone fra antenne sulla Terra previsti a partire dalle 11 (ora italiana) del 20 gennaio 2014. Poiché i segnali radio, viaggiando alla velocità della luce, impiegano circa 45 minuti per coprire la distanza che ci separa da Rosetta, dall’istante d’invio di un comando (vedi 19:10) occorre attendere un’ora e mezza per ricevere il segnale di conferma (vedi 20:40).
Ora Evento
11:00 La sveglia interna a bordo di Rosetta inizia a squillare
15:35 L’antenna da 70 metri di Goldstone (NASA DSS-14), nel deserto del Mojave, si pone in ascolto per intercettare un eventuale risveglio anticipato
~18:00 Rosetta aziona il trasmettitore di bordo in banda S
Dalle 18:30 in poi la tempistica è solo stimata
~18:45 L’antenna NASA DSS-14 intercetta il segnale di telemetria
~19:10 Invio da Terra verso Rosetta del telecomando che aziona la telemetria (e dunque la trasmissione dei dati)
19:15 L’antenna da 70 metri di Canberra (DSS-43), in Australia, si pone in ascolto
~19:55 A bordo di Rosetta si aziona la telemetria
~20:40 Le due antenne DSS-14 e DSS-43 ricevono i primi dati di telemetria
21:34 L’antenna da 35 metri di New Norcia (ESA DSA1), in Australia, si pone in ascolto

In questo video, la sequenza di operazioni che dovrà compiere Rosetta nelle ore immediatamente successive al risveglio:

Al Planetario di Ravenna

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21.01: “Stelle e costellazioni dello zodiaco” di Claudio Balella.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

John Dobson (1915-2014)

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Dobson ritratto durante il convegno del GAD nell'ottobre del 2004.
Dobson ritratto durante il convegno del GAD nell'ottobre del 2004.

La mattina del 15 gennaio scorso all’età di 95 anni, è scomparso a Burbank (California) John Lowry Dobson, padre e promotore di un particolare tipo di telescopio riflettore di grande apertura – poco costoso e facilmente trasportabile, l’omonimo “Dobson – e della “astronomia di strada”, una sorta di nuova “filosofia” finalizzata a rendere accessibile l’astronomia a tutti.

John Dobson nasce a Pechino il 14 settembre 1915 e nel 1927 si trasferisce con la famiglia a San Francisco. Laureatosi in chimica a Berkley nel 1943, l’anno successivo si unisce a un monastero (il “Vedanta society” di San Francisco) dove diventa monaco dell’ordine Ramakrishna dove si prende carico di riconciliare l’astronomia con gli insegnamenti vedanta, una mansione che lo vede anche impegnato nella costruzioni di telescopi che poi, per proprio diletto porta in giro, nelle strade adiacenti al monastero, affascinando il pubblico che era solito riunirsi numeroso attorno a queste osservazioni improvvisate.

In questo periodo matura quella che sarà poi la sua “filosofia” di vita… Infatti, lasciato l’ordine nel 1967, Dobson diventa cofondatore (assieme a Bruce Smas e Jeffrey Roloff) della “San Francisco Sidewalk Astronomers” (astronomia da marciapiede), un’organizzazione che ambisce a rendere popolare l’astronomia tra le persone per strada.  Ed è così che nasce anche la sua idea minimalista di telescopio, oggi conosciuto come telescopio dobsoniano, diventata famosa grazie alle sue spiegazioni al pubblico su come costruirsi da soli un telescopio, utilizzando materiali di recupero a basso costo.

Nel 1991 pubblica il libro “How and why to make a user friendly sidewalk telescope” edito da Norman Sperling, che ha reso popolare la montatura dobsoniana. Oltre a questo, ha scritto altri due libri: “Beyond space and time” (2004) e “The moon is new” (2008).

Alla sua memoria sarà dedicata, l’8 marzo di quest’anno, la Notte Internazionale degli Sidewalk Astronomers (ISAN).

I quadrati di Dürer – approfondimenti sul quesito e soluzione

Quadrati magici

La rubrica Moebius del numero di novembre parlava di quadrati magici. Per chi non ricordasse più di cosa si tratta, un quadrato magico è una sorta di matrice formata da n righe ed n colonne, le cui caselle sono riempite con tutti i numeri compresi tra 1 e n2, disposti in maniera tale che la somma dei numeri su ogni riga, su ogni colonna e su ciascuna delle diagonali produca sempre lo stesso numero.

Il “Lo Shu” di cui ho parlato nell’articolo è, di fatto, l’unico quadrato magico di lato 3.

Nel “Lo Shu”, la “costante di magia”, cioè il valore della somma ricorrente dei numeri delle righe, delle colonne e delle diagonali, vale 15, che corrisponde al numero di giorni in ciascuno dei 24 cicli dell’anno solare cinese. Come ricordavo nell’articolo di novembre, questo quadrato viene considerato un simbolo di armonia universale: i numeri presenti nelle sue caselle sono ritenuti dei portafortuna, soprattutto il 5 centrale.

Fateci caso: questo quadrato rimane magico anche se sottoposto a rotazione di 90°, a riflessione rispetto alla colonna centrale, o ad una sequenza di operazioni di questi due tipi.

In tutto possiamo generare 8 quadrati magici 3×3 apparentemente diversi: tuttavia, dal punto di vista dei matematici, le rotazioni e le riflessioni non variano nella sostanza la natura del quadrato magico, per cui si dice che esiste un unico quadrato magico di lato 3.

Immagine tratta da http://keespopinga.blogspot.it/2012/03/quadrati-magici-e-pensiero-occulto.html, di Marco Fulvio Barozzi)

Non appena si considerano quadrati appena più grandi le cose cambiano. Per esempio, trascurando le rotazioni e le riflessioni, esistono ben 880 quadrati magici 4×4, e sono addirittura 275.305.224 le analoghe strutture con lato 5. E qui ci fermiamo, nel senso che non siamo in grado di quantificare i quadrati magici 6×6. E figuratevi quelli più grandi.

Il numero dei quadrati magici aumenta quindi rapidissimamente al crescere del lato. Una cosa è certa: dato un qualsiasi numero n maggiore di 2, è possibile costruire un quadrato magico nxn.

Un altro fatto è assodato: in un quadrato magico di lato n la “costante di magia” è calcolabile con la formula:

Particolarità nel quadrato di Dürer

Il celebre quadrato magico di lato 4 che compare nell’incisione “Melencolia I”, realizzata da Albrecht Dürer nel 1514, è testimonianza dell’interesse rinascimentale per questi bizzarri oggetti matematici.

Come accennavo nell’articolo, anche un matematico rigoroso come Luca Pacioli fu attratto dal fascino numerologico dei quadrati magici.

Nel trattato De viribus quantitatis scriveva infatti:

De li numeri in forma quadrata disposti secondo lastronomi figure deli pianeti cioe ch’per lato et diametri sempre fanno tanto, dove 3 a 9. si trovano quelli di ordine da 3 a 9

Il quadrato di Dürer gode di particolarissime proprietà matematiche. Per esempio, la costante di magia 34 può essere ottenuta non solo sommando i numeri sulle righe, sulle colonne e sulle diagonali, ma anche sommando i numeri dei quattro quadratini 2×2 che si possono ricavare all’interno del quadrato, e persino sommando i quattro numeri agli spigoli. Il quadrato, poi, è simmetrico, nel senso che la somma di un numero qualsiasi e del suo simmetrico rispetto al centro del quadrato dà sempre 17.

Come costruire quadrati magici piccoli e grandi

Volete imparare un piccolo “gioco di prestigio” da esibire orgogliosamente agli amici nelle serate piovose? Realizzate nove cartoncini quadrati, numerati con le cifre da 1 a 9. Disponeteli ora in ordine, come nella figura A. Ruotate ora i numeri esterni di una posizione, ottenendo la disposizione della figura B. Infine scambiate tra di loro i numeri posizionati sugli angoli del quadrato. Et voila, ecco il vostro quadrato magico 3×3: autentico, della pregiata famiglia Lo Shu!

Se però al fascino orientale dei quadrati 3×3 preferite il sapore rinascimentale di quelli 4×4, eccovi accontentati: preparate 16 quadrati con i numeri da 1 a 16, disponeteli in modo ordinato in uno schieramento 4×4 e poi invertite ciascuna delle due diagonali. Ecco servito il vostro quadrato magico di lato 4!

Lo so, l’appetito vien mangiando, e adesso vorreste che vi rivelassi il segreto per costruire con facilità quadrati magici di lato qualsiasi. Bè, non esageriamo: al crescere del lato le cose si fanno molto più difficili, e sono state ideate tecniche molto sofisticate per raggiungere questo obiettivo. Tra le metodologie più interessanti vi sono gli algoritmi genetici, che si ispirano ai meccanismi dell’evoluzione darwiniana per far “emergere” da uno spazio indistinto di possibili soluzioni quelle di qualità più alta (in bibliografia trovate una pagina che illustra questa tecnica per fare evolvere quadrati magici).

Il problema e la soluzione

Il problema di novembre consisteva nel trovare un oggetto di tipo 3×3 che è un parente dei quadrati magici, ma non è veramente magico: nelle sue 9 caselle devono trovare posto i numeri da 1 a 9, ma su ogni riga, su ogni colonna e su ogni diagonale, deve essere costante non la somma dei tre numeri (come nei veri quadrati magici), bensì la somma dei due numeri esterni meno quello centrale. Se volete, potremmo chiamare questo quadrato “sub-magico”.

Così come esiste un solo quadrato magico 3×3 (a meno di rotazioni e riflessioni), esiste un solo quadrato “sub-magico” 3×3 (vedi immagine qui a destra).

Anche in questo caso, si possono generare altri 7 quadrati sub-magici grazie alle rotazioni e alle riflessioni. Ecco tutte le soluzioni possibili:


L’unico lettore che ha inviato tutte e otto le soluzioni è stato Domenico Tumeo, al quale vanno le nostre più vive congratulazioni. Tuttavia il sig. Tumeo non è stato il più veloce a inviare la sua e-mail, e per aggiudicarsi l’abbonamento bastava anche un solo quadrato sub-magico. Il primo ad arrivare in redazione è stato quello di Giorgia Hofer, che però aveva già vinto l’abbonamento con l’enigma di ottobre. Il vincitore di novembre è risultato quindi SERGIO SCALENGHE (che ha anche inviato, seppure in ritardo, una soluzione dell’enigma del mese di ottobre).
Hanno inviato soluzioni corrette anche i lettori Marco Carnevale, Andrea Chiaramonte, Michele d’Errico e Fabio Nevola.

Complimenti a tutti questi… magici lettori!

Letture consigliate

  • Martin Gardner, Enigmi e giochi matematici, Milano, Rizzoli, 2001.

Quante onde nelle nubi di Venere

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Le nuove immagini di Venus Exrpess. Crediti: ESA

Le nuove immagini di Venus Exrpess. Crediti: ESA

A prima vista Venere appare come una sfocata palla bianca senza troppi tratti distintivi, avvolta in un cremoso e pressoché uniforme manto di nuvole che si fa leggermente più chiaro ai poli.

Solo grazie a dettagliate osservazioni radar e infrarosse abbiamo imparato con gli anni a conoscere meglio il pianeta, scoprendo così come la sua superficie e la sua atmosfera siano tutt’altro che monotone. L’Agenzia Spaziale Europea ha aggiunto un nuovo importante tassello nella comprensione delle dinamiche atmosferiche di Venere: uno studio delle onde gravitazionali presenti nella sua atmosfera ha rivelato quattro tipi diversi di onde atmosferiche (lunghe, medie, brevi e irregolari) causate probabilmente dalla presenza sulla superficie del pianeta (a decine di chilometri distanza dalle nubi) di montagne e di rilievi.

Gli strumenti dell’orbiter Venus Express (tra i quali il PFS e VIRTIS realizzati dall’INAF – IAPS di Roma) hanno studiato le nubi di alto livello di cui Venere è ricoperto, riuscendo a rilevare nel dettaglio le caratteristiche individuali di ogni nube, difficili da analizzare su larga scala, e scoprendo così un gran numero di treni d’onda che, nelle immagini diffuse dall’ESA, sembrano imitare le onde mare. La nuova ricerca mostra come le onde si trovino principalmente alle alte latitudini settentrionali del pianeta, e in particolare sopra Ishtar Terra, altopiano di notevoli dimensioni che ospita i rilievi più alti di Venere. L’analisi scientifica dei dati è stata pubblicato sulla rivista Icarus in uno studio di cui la prima autrice è l’italiana Arianna Piccialli.

A dispetto della sua apparenza pacifica, Venere è un pianeta piuttosto turbolento. Sulla sua superficie le temperature toccano i 450°C e non vengono mitigate dai venti, che a quell’altezza soffiano lenti attorno ai 3 km/h. Salendo di una sessantina di chilometri e arrivando agli strati più altri delle nubi, la situazione è completamente ribaltata: -70°C di temperatura e venti che raggiungono i 400 km/h.

Sono state le due sonde spaziali sovietiche Vega 1 e Vega 2 a rivelare per prime, ormai quasi trent’anni fa, l’esistenza di onde atmosferiche in corrispondenza delle cime di Venere. Oggi gli strumenti a bordo di Venus Express hanno permesso di studiare con nuovo e maggiore dettaglio queste formazioni nuvolose. Confermata la presenza di queste onde in corrispondenza della alture del pianeta, uno dei meccanismi più plausibili per la loro creazione sembra allora proprio quello che viene innescato dallo spostamento di un flusso orizzontale di aria nel sorpassare un ostacolo.

“Crediamo che queste onde siano almeno in parte legate  al flusso atmosferico su Ishtar Terra, una regione montuosa che comprende le montagne più alte di Venere”, spiega Silvia Tellmann, coautrice dello studio. “Non siamo ancora in grado di comprendere pienamente come tali ostacoli topografici possano farsi sentire fino ai livelli più alti dell’atmosfera, ma sembra probabile che questo sia uno dei processi chiave per la generazione di onde gravitazionali alle alte latitudini settentrionali di Venere. Le onde potrebbero formarsi quando un flusso d’aria stabile incontra le montagne”.

L’influenza della topografia sulla circolazione atmosferica di Venere è stata prevista da molti modelli teorici, spiega Håkan Svedhem, Project Scientist dell’ESA per Venus Express, ma mai osservata in questo dettaglio.  ”La comprensione dei meccanismi di influenza della superficie del pianeta sui processi atmosferici è fondamentale per riuscire a spiegare la rapida circolazione degli strati più alti delle nubi di Venere”, conclude Svedhem.

Avvicinamento della Luna a Marte e Spica

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23 Gennaio14

23 Gennaio14
A partire dalle primissime ore del 23 gennaio sarà possibile seguire il sorgere della Luna quasi all’Ultimo Quarto in congiunzione con Spica (mag. +0,9) e Marte (mag. +0,5).

Verso l’una del mattino i tre oggetti avranno sull’orizzonte est-sudest un’altezza di +12° e il nostro satellite disterà 4° da Marte e 4,8° da Spica.

Associazione Ligure Astrofili Polaris

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17.01: “La precisione del sistema tolemaico” di Pietro Planezio.
Per info: cell. 346.2402066 – info@astropolaris.it
www.astropolaris.it

Gruppo Astrofili DEEP SPACE

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17.01: “Vita da astronomo: la giornata tipo degli
studiosi del cielo” di Paolo Davanzo.

Per info: 0341.367584 – www.deepspace.it

Al Planetario di Ravenna

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17.01: Fanta-Scienza, Avventure nel tempo e nello
spazio “Le origini dell’uomo: 2001 Odissea nello
spazio“ di Paolo Morini. Ingresso libero.
Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

Chang’e-3 fotografa la Terra

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La missione cinese Chang’e-3 si trova sulla Luna già da un mese e l’Accademia cinese delle Scienze ha deciso di rilasciare alcune delle immagini scattate negli ultimo periodo dal lander e dal rover Yutu. Chang’e-3 è la missione che segna la prima volta della Cina sulla Luna: è il terzo paese al mondo ad aver mandato con successo una navicella spaziale sul morbido suolo lunare dopo gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.

Una delle immagini più emozionanti è forse quella che ritrae la Terra, scattata il giorno di Natale. Un’immagine così non si era forse mai vista. E poi una ripresa agli ultravioletti della plasmasfera della Terra.

La Terra vista dalla Luna. La fotografia risale al giorno di Natale. Crediti: Chinese Academy of Sciences

Ripresa agli ultravioletti della plasmasfera, la parte della magnetosfera più interna e quindi più vicina alla Terra. Crediti: Chinese Academy of Sciences

Ecco alcune delle più belle immagini di Chang’e-3 e di Yutu, il primo rover lunare cinese che esplorerà la superficie del nostro satellite naturale dopo quasi 40 anni dall’ultima missione.

Yutu fotografato dal lander Chang’e-3 il 22 dicembre 2013. Crediti: Chinese Academy of Sciences
Il rover Yutu fotografato il 15 dicembre 2013. Crediti: Chinese Academy of Sciences
Il rover Yutu fotografato il 15 dicembre 2013. Crediti: Chinese Academy of Sciences

Poi alcune composizioni a 360° scattate da Chang’e-3 e di Yutu mentre si riprendono a vicenda.

Il paesaggio a 360° attorno al lander Chang’e-3, dopo che Yutu è completamente sceso sulla superficie lunare. Credit: Chinese Academy of Sciences
Il paesaggio lunare visto con gli occhi di Yutu, mentre si allontana dal lander (che si vede in alto nell’immagine). Crediti: Chinese Academy of Sciences

Infine un’immagine scattata durante la fase di allunaggio, il 14 dicembre scorso, pochi minuti prima di toccare il suolo su Mare Imbrium, vicino alla regione Sinus Iridum.

Crediti: Chinese Academy of Sciences

Al Planetario di Ravenna

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15.01: ”Il mito delle sette sorelle: le Pleiadi” di Massimo
Berretti.

Per info: tel. 0544-62534 – info@arar.it
www.racine.ra.it/planet – www.arar.it

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