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Supernovae: come ottenere uno spettro con strumentazione amatoriale

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Quando viene scoperta una supernova la prima cosa fondamentale da fare è riprenderne lo spettro per poter confermare la natura ed evidenziare la fase del transiente. La luce puntiforme della supernova viene perciò scomposta nelle varie lunghezze d’onda e spalmata su una superficie più estesa per evidenziare le diverse righe di assorbimento degli elementi chimici presenti.

In genere le supernovae si mostrano con magnitudini basse e questa ulteriore diluizione della loro luce rende l’ottenimento dello spettro un’attività ad esclusivo appannaggio di strumenti professionali di grandi dimensioni.  A volte però abbiamo la fortuna di imbatterci in supernovae molto luminose esplose in galassie a noi relativamente vicine. Esempi sono stati la supernova SN2011fe in M101 che ha raggiunto la magnitudine + 9,9 e la SN2011dh in M51 che è arrivata alla magnitudine +12,1, e proprio in questi giorni (al momento della pubblicazione online dell’articolo) la SN2014J esplosa in M82.

In queste favorevoli condizioni è possibile riuscire ad ottenere uno spettro anche con strumenti amatoriali di piccole dimensioni accoppiati ad un filtro particolare chiamato “Star Analyzer”, composto da un reticolo di diffrazione a trasmissione da 100 linee/mm.

Un reticolo di diffrazione produce diversi spettri della  stessa sorgente a diversi angoli (primo ordine, secondo ordine e così via), con dispersione sempre più elevata ma intensità decrescente: la superficie a dente di sega dello Star Analyzer invece permette di collocare nel primo ordine tutto (o quasi) il flusso luminoso dell’oggetto ripreso, che diversamente verrebbe in buona misura disperso anche negli ordini superiori.
Questo permette non solo di avere uno spettro più luminoso e quindi di poter puntare anche oggetti poco luminosi come piccole nebulose planetarie o galassie ma anche consente di posizionare sullo stesso campo di ripresa sia l’oggetto ripreso che, accanto, il suo spettro di primo ordine: una notevole facilitazione per la calibrazione dello spettro.

Il reticolo è montato all’interno di una cella da 31,8 mm, per poter essere avvitato su oculari o adattatori fotografici come fosse un comune filtro colorato. L’accoppiamento del filtro con un prisma tronco-conico con angolo di 3,8° elimina la piccola aberrazione cromatica, data dalla differenza di fuoco tra la radiazione rossa e quella blu-violetta, che il filtro introduce sull’immagine spettrale (vedi schema qui sotto).

Il costo del reticolo comprensivo del prisma si aggira attorno ai 160 euro, tutto sommato modesto rispetto alle potenzialità.

L’accoppiamento del filtro al telescopio e alla camera ccd è molto semplice, infatti esso si avvita semplicemente al raccordo da 31,8 mm della camera ccd come fosse un normale filtro colorato, dopodiché si  fuocheggia l’immagine in modo che la strisciata dello spettro della stella in esame sia il più sottile possibile. E’ necessario o comunque auspicabile che nel campo ripreso sia presente anche l’immagine della stella all’ordine 0, questo faciliterà non poco la successiva calibrazione spettrale in lunghezza d’onda. E’ importante sottolineare che la focheggiatura va eseguita direttamente sullo spettro, senza curarsi dell’immagine della stella che invece risulterà leggermente deformata a causa dell’inserimento del sopracitato prisma tronco-conico.

La ripresa dello spettro si esegue come una normale ripresa fotografica, scegliendo il giusto tempo di esposizione a seconda della luminosità dell’oggetto. Ovviamente vi è un limite, derivante dalle  dimensioni del telescopio utilizzato, oltre il quale il rapporto segnale-rumore non migliora, anche allungando a dismisura i tempi di esposizione. A titolo di esempio, un telescopio con apertura di 250 mm accoppiato a un ccd di media sensibilità può, in buone condizioni di trasparenza e seeing, arrivare a riprendere spettri di stelle attorno alla mag. 14; con strumenti attorno a 400/500 mm di diametro possiamo arrivare attorno alla mag. 16. Nella ripresa di spettri di supernovae luminose ma al limite strumentale, diventa determinante anche la distanza dell’oggetto dal nucleo della galassia: se l’oggetto è troppo vicino risulterà difficile, se non impossibile, riprendere lo spettro anche con luminosità di una magnitudine superiore al predetto limite.

Una volta ripresa l’immagine grezza dello spettro (qui a sinistra) si passerà alla successiva fase di trattamento dell’immagine e poi a quella ancora successiva della calibrazione in lunghezza d’onda.

La fase di trattamento consiste nel ricavare dalla ripresa ccd, uno spettro che possa essere poi elaborato e misurato. In particolare si procederà come segue, utilizzando il software gratuito IRIS.

L’esempio riguarda l’immagine della SN2011fe esplosa in M101, bellissima galassia in Ursa Major, ripresa alle 20h 44min di T.U. del 8 settembre 2011.

a)     Come prima operazione dobbiamo ruotare l’immagine in modo che la strisciata dello spettro sia perfettamente orizzontale; è buona regola, per facilitare l’operazione, che già in fase di ripresa si ruoti il reticolo in modo tale che gli spettri delle stelle presenti nel campo differiscano di pochi gradi dalla orizzontalità.

b)    L’operazione successiva consiste nel ritagliare la porzione di immagine contenente lo spettro e la stella (qui di seguito).

c)     Dopo aver uniformato il fondo cielo attorno allo spettro (comando l_sky2 di Iris), possiamo eseguire, sempre con Iris, il binning dell’immagine (comando l_bin), ottenendo in tal modo un’immagine finale dello spettro in due dimensioni.

d)      Il passo successivo riguarda l’elaborazione dello spettro in modo da ottenere la calibrazione in lunghezza d’onda dello stesso; carichiamo quindi l’immagine con un software adatto allo scopo. In questo articolo prenderemo in considerazione “VisualSpec”, reperibile gratuitamente su Internet. Dopo aver caricato l’immagine dello spettro, attraverso il programma ricaviamo il profilo spettrale grezzo.

Possiamo osservare che su tale diagramma l’asse X riporta la lunghezza in pixel dell’immagine e l’asse Y la loro intensità relativa. Per poter calibrare lo spettro in lunghezza d’onda dovremo individuare due riferimenti noti su di esso: il primo è l’immagine della supernova all’ordine zero che sarà anche la lunghezza d’onda λ=0; il secondo sarà nel nostro caso (supernova di tipo Ia) una delle evidenti righe in assorbimento del silicio (ingrandire cliccando il grafico qui sulla destra), oppure una delle righe della serie di balmer dell’idrogeno se trattasi di supernova di tipo Ib o in alternativa la riga, sempre in assorbimento, dell’ossigeno atmosferico a 6875 Angstrom, presente su qualsiasi spettro stellare. La calibrazione dello spettro ci permetterà di individuare anche le altre eventuali righe visibili in esso, oltre che valutare la risoluzione spettrale raggiunta, nel caso preso in esame circa 15 A/pix, quindi bassa.

Ovviamente con risoluzioni così basse lo spettro non ci può dare notizie attendibili oltre quelle di poter individuare le righe principali e la conseguente classificazione della supernova che comunque non è poca cosa. Risultano perciò superflue  tutte le successive operazioni matematiche che andrebbero eseguite sul profilo spettrale, quali ad es. la normalizzazione in flusso, il calcolo e la sottrazione della risposta spettrale della ccd utilizzata, la correzione in riferimento all’estinzione atmosferica, la sottrazione delle righe generate dall’atmosfera terrestre (O2, H2O) ecc.

Una volta calibrato lo spettro in lunghezza d’onda, per poter classificare la supernova occorre individuare esattamente le righe di assorbimento o emissione presenti nello spettro. E’ questa un’operazione tutt’altro che banale, soprattutto nelle due fasi preliminari. Occorre infatti per prima cosa correggere lo spettro in riferimento alla velocità di recessione della “host galaxy” (a seconda della distanza le righe saranno più o meno spostate verso le lunghezze d’onda del rosso), dopodiché si dovranno individuare le lunghezze d’onda delle righe principali che dovranno essere confrontate con le lunghezze d’onda di transizioni atomiche note, disponibili nei cataloghi, in tal modo individuando i corrispondenti elementi chimici.

A questo punto la classificazione della supernova risulta abbastanza agevole, tenendo conto delle seguenti caratteristiche:

  • a)   se si individuano righe di idrogeno (H-alpha – 6563A, H-beta – 4861A) e’ una tipo II;
  • b)   se non ci sono righe di idrogeno, e’ una tipo I.
  • c)   se ci sono righe di He I (5876A, oppure 7065A oppure 10830A) e’ una tipo Ib;
  • d)   se ci sono righe di Si II (per es. a 6355A) e S II e’ una tipo Ia;
  • e)   se non ci sono tutte le righe menzionate prima, e’ una tipo Ic.
  • f)    se le righe sono strette e in emissione, non  provengono dagli ejecta della supernova, bensì da materiale circumstellare pre-esistente. Però se le righe strette sono di idrogeno, avremo invece una tipo II-n (n = narrow = stretto), oppure
  • g)   se le righe strette sono di He I avremo una tipo  Ib-n.

Per chi volesse cimentarsi nell’ottenimento di uno spettro, siamo comunque a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento scrivendo al seguente indirizzo: ricc_manc@libero.it