
Domanda retorica: vi siete mai chiesti, cari astrofili del terzo millennio, in che modo si faceva astronomia qualche secolo fa, diciamo agli inizi del Cinquecento? A questo proposito c’è una famosa incisione di Albrecht Dürer (1471-1528), artista, matematico e amante del cielo stellato, che rappresenta in modo emblematico la figura dell’astronomo del tempo: compasso e mappamondo in mano, gli antichi simboli dei pianeti disegnati nell’ordine previsto dal sistema tolemaico. E di cannocchiali neanche l’ombra, ché mancava ancora un secolo all’invenzione olandese. E in mancanza di dati osservativi certi su cui discutere, che cos’altro potevano fare gli astronomi del tempo se non buttarsi sul vago e quindi sull’esoterismo? E infatti Dürer, che s’intendeva anche di astrologia e astronomia, in un’altra sua incisione ancora più famosa, intitolata “Melencolia I” (il numero romano sta a indicare che si trattava del primo quadro di un trittico) provvede a mischiare bene le due cose, trattando il simbolismo planetario in un contesto ricolmo di riferimenti esoterici. Tra i vari oggetti presenti nella scena spicca uno strano quadrato (lo vedete nella figura a destra) formato da sedici caselle, ciascuna delle quali contiene un numero. Dategli un’occhiata: a parte il fatto che le due caselle centrali in basso restituiscono la data dell’opera (1514), riuscite a trovare qualche altra interessante particolarità?