Autori: Balázs Endre Szigeti, István Szapudi, Imre Ferenc Barna, Gergely Gábor Barnaföldi
Istituzioni: Eötvös Loránd University, HUN-REN Wigner Research Centre for Physics, University of Hawaii, Institute for Astronomy
Un universo in rotazione per spiegare la discrepanza più controversa della cosmologia
Il cosiddetto Hubble tension, cioè il disaccordo tra la misura dell’espansione dell’universo da osservazioni locali e quelle derivate dalla radiazione cosmica di fondo (CMB), è oggi il più significativo punto critico del modello cosmologico standard ΛCDM. Mentre i dati del satellite Planck indicano un valore del parametro di Hubble di circa 67,4 km/s/Mpc, misure dirette su supernovae di tipo Ia osservate con il Hubble Space Telescope restituiscono un valore di circa 73 km/s/Mpc. La divergenza ha raggiunto un livello di significatività di 5σ, troppo elevato per essere attribuito a semplici errori sistematici.
In un nuovo studio pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, un gruppo internazionale di ricercatori propone un’idea sorprendente quanto antica: e se l’universo ruotasse?
Una lenta rotazione per armonizzare le due cosmologie
I ricercatori, guidati da Balázs Szigeti (Eötvös Loránd University) e István Szapudi (University of Hawaii), hanno sviluppato un modello cosmologico che incorpora una rotazione su larga scala all’interno di un fluido oscuro – un’entità teorica che unifica materia oscura ed energia oscura. Utilizzando l’approccio di tipo Sedov–Taylor per risolvere le equazioni di fluido autogravitante (il sistema di Euler–Poisson), il team ha simulato l’evoluzione del parametro di Hubble sia in assenza che in presenza di rotazione.
Sorprendentemente, una rotazione lenta ma costante, con un valore attuale dell’angolo di velocità pari a ω₀ ≈ 0,002 Gyr⁻¹, è sufficiente a colmare il divario tra i due valori osservativi di H₀. Questo valore è compatibile con le osservazioni cosmologiche esistenti e, soprattutto, prossimo al limite massimo teorico che evita paradossi temporali come i loop causali chiusi.
Una rotazione compatibile con la fisica conosciuta
L’idea di un universo rotante non è nuova: già Kurt Gödel nel 1947 ipotizzò una soluzione rotante alle equazioni di Einstein. Tuttavia, tali modelli sono spesso incompatibili con le osservazioni della radiazione cosmica di fondo. Il modello proposto in questo studio, al contrario, si basa su una rotazione globale estremamente debole, sufficiente per produrre un effetto cumulativo sull’espansione cosmica senza introdurre anisotropie rilevabili.
Il valore iniziale della rotazione stimato al tempo della decoupling (quando si è formata la CMB) è ω(t_CMB) ≈ 3,54 Myr⁻¹, coerente con la fisica del periodo. Il modello predice inoltre che il contributo della rotazione diminuisce con l’espansione dell’universo, risultando oggi appena percettibile ma ancora dinamicamente rilevante.
Una proposta affascinante, ma ancora da testare
I risultati sono promettenti, ma gli autori sottolineano che si tratta solo di un primo passo. Il modello considera esclusivamente l’effetto della rotazione sul parametro di Hubble, senza ancora affrontare l’intero complesso di vincoli osservativi del modello ΛCDM, come la formazione delle strutture, le oscillazioni acustiche barioniche o l’abbondanza degli elementi leggeri.
Ulteriori ricerche, in particolare simulazioni N-body rotanti e trattamenti relativistici completi, saranno necessarie per valutare la compatibilità del modello con l’universo osservato.
Fonte MNRAS, “Can rotation solve the Hubble Puzzle?” (2025)