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Grazie Oppy, missione compiuta

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Un'immagine sicuramente drammatica ed evocativa, questa, dell'ombra del rover, ripresa con la camera frontale al sol 180 (il 26 luglio 2004), quando il rover doveva inoltrarsi nel cratere Endurance, nella Meridiani Planum di Marte. Una scelta perfetta per dare l'addio all'esploratore robotico. Credits: NASA/JPL-Caltech
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Un’immagine sicuramente drammatica ed evocativa, questa, dell’ombra del rover, ripresa con la camera frontale al sol 180 (il 26 luglio 2004), quando il rover doveva inoltrarsi nel cratere Endurance, nella Meridiani Planum di Marte. Una scelta perfetta per dare l’addio all’esploratore robotico. Credits: NASA/JPL-Caltech

8 mesi, più di mille comandi inviati e, martedì 12 febbraio, un twit della NASA che ha annunciato l’ultimo tentativo, l’ultimo comando, inviato tramite l’antenna Mars Station di 70 metri presso il Goldstone Deep Space Complex verso il Pianeta Rosso, per provare a risvegliare e a mettersi in contatto con il MER-B (Mars Exploration Rover) Opportunity, Oppy per gli amici.

E Oppy non ha risposto…
Si è deciso di concludere così i tentativi di rimmettersi in contatto con il rover, dopo che la tempesta globale marziana, iniziata alla fine del maggio 2018, ne aveva interrotto le operazioni.

L’ultimo contatto con Opportunity è stato quello dell’11 giugno (per l’Italia, 10 notte per gli USA), quando la luce del Sole è stata  oscurata dalle polveri al punto da non riuscire più a ricaricare le batterie, alimentate da pannelli solari.

«My battery is low, and it’s getting dark».

«Le mie batterie si stanno scaricando, e si stà facendo buio», questa la “traduzione” dell’ultimo messaggio dal rover, anzi… dalla rover: “she”, “lei” è il pronome che viene usato ovunque sui social.

Si è sperato che, conclusa la tempesta, Oppy si sarebbe riuscita a ricaricare a sufficienza per rimettersi in attività, ma nulla. Si è pensato che uno strato di polvere troppo spesso impedisse alla luce di arrivare ai pannelli solari, e si è sperato nella stagione dei venti in arrivo, in cui una raffica provvidenziale, come già successo in passato, li ripulisse dai depositi, permettendo al rover di riprendersi. Si è pensato anche a un qualche tipo di errore software che impedisse al rover di trasmettere, quindi non sono solo stati inviati segnali rimanendo all’ascolto per una risposta, ma sono stati anche inviati vari tipi di comandi, per provare a smuovere qualche corda, fino a sperare che forzando un riavvio di base si potesse risolvere un’ipotetica empasse.

Alla NASA le hanno provate proprio tutte, ma ormai l’inverno sta arrivando nell’emisfero in cui si trova Opportunity, e le poche speranze di ripresa sono state spazzate via, non dai venti… ma dalle rigide temperature che danneggeranno definitivamente, se già non l’hanno fatto, l’elettronica dell’anziano rover.

«Abbiamo fatto ogni ragionevole sforzo ingegneristico per cercare di recuperare Opportunity e abbiamo stabilito che la probabilità di ricevere un segnale è troppo bassa per continuare coni  tentativi di recupero», ha spiegato John Callas, manager del progetto Mars Exploration Rover (MER) presso il JPL, nella conferenza stampa indetta il 13 (alle 20 ora italiana) per comunicare l’addio al rover e iniziare la sua celebrazione.

«È grazie a missioni pionieristiche come quella di Opportunity che arriverà il giorno in cui i nostri coraggiosi astronauti cammineranno sulla superficie di Marte», ha infatti dichiarato l’amministratore della NASA Jim Bridenstine. «E quando quel giorno arriverà, una parte di quella prima impronta sarà di proprietà degli uomini e delle donne del team di Opportunity, e di un piccolo rover che sfidò le probabilità e fece così tanto nel nome dell’esplorazione».

I famosi mirtilli marziani, piccole sfere sulla superficie del pianeta, ricche di ematite. Una delle scoperte effettuate nei primi tre mesi di missione e tra le prime evidenze che decretavano la presenza di acqua liquida nell’antico passato di Marte. Il campo dell’immagine è di circa 3 cm di larghezza, ed è stata ripresa nell’aprile del 2004. Credit NASA/JPL-Caltech/Cornell/USGS

Thomas Zurbuchen, amministratore associato del direttorato delle missioni scientifiche della NASA, ha invece ricordato che «Per oltre un decennio, Opportunity è stata un’icona nel campo dell’esplorazione planetaria, insegnandoci come nell’antico passato Marte fosse un pianeta umido, potenzialmente abitabile, e rivelando paesaggi marziani ancora inesplorati».

E non solo, la missione pionieristica dei due MER – ricordiamo infatti che Oppy aveva un gemello, Spirit, altrettanto zelante che si è spento dopo più di 6 anni di invio di dati – doveva essere anche una missione di prova per testare la resistenza dei rover alle difficili condizioni di Marte. E proprio le rigide temperature del primo inverno che hanno dovuto affrontare sono state il primo e principale test superato con successo, e che ha fornito elementi preziosi per le missioni a seguire.

«Qualunque senso di perdita sentiamo ora deve essere mitigato con la consapevolezza che l’eredità di Opportunity continua – sia sulla superficie di Marte, con il rover Curiosity e il lander InSight, sia nelle clean room del JPL, dove il prossimo rover Mars 2020 sta prendendo forma».

Progettati per durare solo 90 giorni marziani e viaggiare fino a 1 chilometro di distanza, i due MER hanno proseguito la loro missione oltre ogni attesa. Opportunity in particolare ha ampiamente superato tutte le aspettative in termini di resistenza, valore scientifico e longevità, quasi triplicando la già notevole durata del rover gemello.

Dal giorno in cui è arrivata sulla superficie di Marte, ingegneri di missione, piloti del rover e scienziati hanno collaborato per superare le sfide che si sono trovati davanti, e per portare Oppy da un sito geologico marziano all’altro. Hanno tracciato strade percorribili su terreni accidentati, in modo che l’esploratrice robotica di 174 chili potesse aggirare rocce e massi, arrampicarsi su pendii cosparsi di ghiaia con una pendenza fino a 32 gradi (un record, al di fuori della Terra), sondare la platea del cratere, le colline sommitali e attraversare i letti di probabili fiumi ormai asciutti.

Oltre a superare la sua aspettativa di vita di ben 60 volte, Oppy ha percorso più di 45 chilometri, fino al ramo occidentale della Perseverance Valley. Un luogo dal nome che rende senz’altro giustizia alla sua principale caratteristica… la perseveranza.

«Non riesco a pensare a un luogo più appropriato per Opportunity, per restare per sempre sulla superficie di Marte, di quello che si chiama Perseverance Valley», sono le parole di Michael Watkins, direttore del JPL, che continua: «I record, le scoperte e la assoluta tenacia di questo piccolo e intrepido rover sono la testimonianza dell’ingegno, della dedizione e della perseveranza delle persone che l’hanno costruito e guidato».


La NASA ha messo a disposizione alcune delle più belle immagini di questa missione, fina dal giorno dell’ultimo tentativo, per chi volesse mandare, sottoforma di cartolina, un messaggio al team, e sta ricordando nei canali social, attraverso il tag #ThanksOppy, le principali tappe del lungo viaggio di Opportunity. E anche tumblr, come tutti i social, si riempie di messaggi, di immagini, di animazioni, fumetti, citazioni… e tanta commozione per salutare la coraggiosa Oppy.

Sicuramente, nel prossimo numero di Coelum Astronomia di marzo, ritroverete tutto questo nel report che dedicheremo alla missione, assieme ai suoi record e alle scoperte. Ma, per ora, chiudiamo così come chiude anche il comunicato della NASA, in cui si annuncia la conclusione di successo di questa longeva missione.
Oltre che con un «Grazie Oppy!» con una semplice parola.

— FINE —


Tra SOLE, TERRA e… LUNA
dal Meteo Spaziale all’esplorazione della Luna, passando per… Ultima Thule!

Coelum Astronomia di Febbraio 2019
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