L’inaugurazione ufficiale, domenica 20 aprile, della sede dell’Agenzia Spaziale Africana (AfSA) a Il Cairo e lo svolgersi della Newspace Africa Conference (21-24 aprile 2025) offrono l’occasione per ricordare il contributo di uomini geniali che hanno saputo costruire una storica cooperazione in campo spaziale tra il nostro Paese e l’Africa. Negli anni Sessanta il Professor Luigi Broglio, considerato padre dell’astronautica italiana, ideò e realizzò il progetto San Marco, con cui l’Italia diventava la terza nazione al mondo, dopo URSS ed USA, a lanciare un satellite nello spazio. Grazie alle intuizioni del suo allievo e braccio destro professor Carlo Buongiorno, coordinatore del progetto, poi primo direttore generale dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), ed al supporto lungimirante di Enrico Mattei allora Presidente dell’ENI, fu possibile realizzare la Base di lancio al largo delle coste di Malindi, in Kenya. Oggi il Broglio Space Center è una base operativa dell’ASI, simbolo di una “collaborazione basata su scienza, innovazione, diplomazia”, ricordata dal Direttore Generale dell’ASI Vincenzo Maria Salamone, presente all’inaugurazione dell’AfSA.

Ma come nacque il Broglio Space Center?   

Luigi Broglio e Enrico Mattei ebbero occasione di incontrarsi all’inaugurazione della piattaforma Perro Negro il 24 agosto 1961, a Massa Marittima. Broglio chiese a Mattei la possibilità di disporre di una piattaforma petrolifera per realizzare una base di lancio per il suo progetto San Marco. Per la verità chiese proprio quella inaugurata, la Perro Negro, e Mattei tra il sorpreso e il divertito – come ricorda Giorgio Di Bernardo Nicolai nel suo libro dedicato a Broglio intitolato “Nella nebbia in attesa del sole” – gli aveva risposto che loro le piattaforme le costruivano per venderle e non per regalarle. Tuttavia nei giorni successivi diede disposizione di destinare al progetto, che godeva di limitate risorse finanziarie, la piattaforma Scarabeo, allora dislocata nel Mar Rosso, rendendo di fatto possibile la sua realizzazione. In seguito Broglio sollecitò la disponibilità della Scarabeo per avere la certezza di riuscire ad effettuare il successivo trasferimento in condizioni climatiche favorevoli.

Scatto della lettera inviata da Luigi Broglio a Enrico Mattei per la concessione dell’utilizzo della base Santa Rita.

Qui si inserisce una lettera storica che Luigi Broglio scrisse a Mattei per ottenere la disponibilità della Scarabeo, in seguito Santa Rita, patrona delle imprese impossibili,  e indicando come sarebbe dovuta apparire la realizzazione di un poligono di lancio equatoriale con materiale di recupero. Fu adattata a base di lancio nei Cantieri Navali di Taranto, da dove partì il 20 dicembre 1963. Fu trasportata per oltre 8.000 Km, in condizioni di mare molto avverse, verso l’Oceano Indiano per essere poi posizionata al largo delle coste di Malindi.   

La testimonianza del professor Mario Marchetti, ingegnere aerospaziale allievo di Broglio, che incontrai a Roma il 2 gennaio 2017 presso il centro di ricerca Progetto San Marco dell’Università “La Sapienza” all’aeroporto di Roma-Urbe, mi fece subito percepire la necessità di valorizzare quell’episodio, noto prevalentemente tra “gli addetti ai lavori”, cercando proprio quella lettera per presentarla nelle scuole ed eventi pubblici. Appuntamenti di valorizzazione che si sono così susseguiti fino allo IAC di Milano 2024, dove ebbi l’occasione di proporla durante un incontro che si dimostrò cruciale.

Da lì a pochi mesi, infatti, proprio in occasione della Giornata Nazionale dello Spazio, il 16 dicembre 2024, quella lettera, conservata dall’Archivio storico dell’ENI, sarebbe diventata il “Premio Broglio”. Il riconoscimento fu consegnato in una cerimonia presso la Camera dei Deputati, dall’Intergruppo parlamentare per la Space Economy, agli ingegneri e ai tecnici che giovanissimi a Malindi il 26 aprile 1967 realizzarono il lancio del satellite San Marco 2.

Ingegneri del gruppo di Broglio premiati il 16 dicembre 2024

Il nostro Paese, uscito dalla distruzione materiale e morale della guerra, dimostrava di disporre di ingegno, visione e competenze, per costruire, mettere in orbita e gestire i propri satelliti in autonomia. Per di più per la prima volta al mondo da un’orbita equatoriale. Alcuni lanci effettuati successivamente da lì hanno fatto la storia dell’astrofisica spaziale, tra questi il satellite Uhruru, il primo dedicato all’astronomia a raggi X. 

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