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Camera a Nebbia per la Didattica

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AUTOCOSTRUZIONE DI UNA CAMERA A NEBBIA

DI GIANFRANCO MARTINI E FLAVIO CASTELLANI
Osservatorio Astronomico del Monte Baldo

È un fatto accertato, che gli occhi creino una visione errata della realtà; non stiamo parlando di psicologia della percezione, ma proprio di una nostra incapacità, o forse sarebbe più corretto dire “limite”, fisico nell’osservazione di ciò che ci circonda.

Per rendersene conto basta guardare il cielo in una bella nottata. Le stelle ci sembrano tutte alla stessa distanza. La mente sa che vi sono spazi enormi tra una e l’altra ma, ciò nonostante, non riusciremo mai a vedere l’abisso che separa Vega, a 25 anni luce da Deneb a 2600 ed Altair a soli 17. I nostri occhi continueranno a vedere un triangolo, “fissato alla sfera del cielo”. Proprio per questo, colpiscono così profondamente quegli esperimenti che consentono in modo semplice ed immediato di portare ai limiti della nostra capacità di percezione ciò che di solito è invisibile. Il lento oscillare del pendolo di Foucault che con la sua rotazione mostra il moto della terra attorno al suo asse o la camera a nebbia dove, simili a meteore, subitanee scie di vapore, appaiono e scompaiono, rendendo palese che siamo di continuo attraversati da innumerevoli particelle elementari, molte dei quali provenienti dallo spazio, in quella che chiamiamo radioattività naturale.

L’idea di realizzare per il nostro osservatorio astronomico una camera a nebbia, nacque in una visita dell’associazione ai Laboratori Nazionali di Frascati, in una delle giornate Open Labs, nel corso della quale restammo un’ora in contemplazione davanti ad uno strumento simile.

Già nel ritorno in pullman chiacchierammo per ore su come fosse possibile realizzarla e sull’utilità come strumento didattico presso l’Osservatorio del Monte Baldo. La sfida fu raccolta da uno di noi, Gianfranco Martini, che in pochi mesi realizzò un primo modello, seguito poi da altri sempre più grandi, potenti e perfezionati.

 

Il Rivelatore

Il modello di camera a nebbia da noi progettato e realizzato è quello a “diffusione”, evoluzione del primo modello ad “espansione” di Wilson. Il principio, è quello di creare un forte gradiente di temperatura (circa 80/100° C) tra la base e la sommità di un contenitore sigillato. Nella parte superiore, dove il calore è ottenuto da un sistema di resistenze riscaldate dal passaggio di corrente, si trovano due spugne imbevute di alcol isopropilico. Esso evapora e scende nella parte inferiore della camera dove, a contatto con una superficie raffreddata da un sistema frigo, a temperature tra i -40 e i -50 C°, forma uno strato di alcuni centimetri di gas soprasaturo. Il gas, in condizioni di estrema instabilità condensa in scie di vapore attorno agli atomi d’aria ionizzati dal passaggio di una particella radioattiva. La costruzione è relativamente semplice in quanto necessita di un sistema di raffreddamento simile ad un congelatore ed un parallelepipedo trasparente, costruito in plexiglass, aperto su di un lato, come un acquario ribaltato.Per il sistema raffreddante si utilizza un normale compressore da frigo/congelatore da almeno 1 hp assieme ad un radiatore del tipo utilizzato nei comuni condizionatori portatili con abbinate 4 ventole da 120mm e 220 volt. Il radiatore serve per raffreddare e condensare il gas e riportarlo nello stato liquido.
Nella base fredda vengono immesse 2 piastre di alluminio nel cui mezzo è posto, tipo sandwich, un tubo di rame avvolto a serpentina all’interno del quale scorrerà il liquido refrigerante che passando dalla fase liquida a quella gassosa assorbirà il calore dalla base. Si tratta di un passaggio delicato e critico dovendo prestare attenzione al bilanciamento fra la quantità di gas e la pressione in modo da arrivare ad una temperatura di -40°/-50°C. Il gas utilizzato è il R410A,gas con cui si alimentano comunemente i moderni impianti di condizionamento.

Dettaglio della Camera a Nebbia dell’Osservatorio di Monte Baldo

Se non si riesce a realizzare l’impianto di raffreddamento come appena descritto, si può tamponare con del ghiaccio secco che evapora a circa -80 C°. In tal caso sarà sufficiente porre la piastra di alluminio appena al di sopra di una base proprio di ghiaccio secco per ottenere la temperatura desiderata ma, come dicevamo, si tratta di una soluzione precaria che porta con se alcuni svantaggi. Oltre al costo del ghiaccio infatti, ci sono la difficoltà di conservazione, rischi di scottature e vita media utile del ghiaccio piuttosto contenuta.

Per arrivare ad un gradiente di 80/100°, la parte alta del parallelepipedo, in contrapposizione alla base, dovrà essere riscaldata ma sarà sufficiente installare delle resistenze a filo del tipo utilizzato nelle stufette elettriche ed alimentate a 12 volt. Ad una temperatura di 60° C circa otterremo già il gradiente desiderato in grado di rendere molto più spesso lo strato di nebbia che altrimenti sarebbe di solo un centimetro. La camera in effetti funzionerebbe lo stesso ma aumentando l’altezza dello strato di nebbia, come è facile intuire, si semplifica la visione delle particelle.

Un passaggio importante è ottenere una perfetta sigillatura tra la base e il contenitore su di essa appoggiato. Per un lavoro ben fatto è necessaria precisione e cura nell’incollare una normale guarnizione per finestre alla base di alluminio per tutto il perimetro di appoggio. In tal modo si evita che si produca uno scambio di aria dall’esterno all’interno della camera che impedirebbe la formazione dello strato di vapore soprassaturo, inoltre le dimensioni, e con ciò ci stiamo riferendo al solo blocco in plexiglass, non sono critiche ma, bisogna avere un’altezza di almeno 20cm e non superiore ai 25cm e i lati da 25 x 35 cm circa, questi possono variare ma non di molto altrimenti non si riesce a raffreddare sufficientemente.

Un optional che migliora la sensibilità dello strumento è quello di creare un campo elettrico di almeno 15/20.000 volt per “pulire” l’aria contenuta nella camera dal pulviscolo, oltre che da ioni creati nel passaggio delle particelle (Ion Scrubber). Il campo agisce come un cancellino sulla lavagna, rendendo più sensibile il gas al passaggio delle particelle. Il dispositivo che crea il campo si realizza inserendo dei fili di rame sottili nella parte alta, appena al di sotto delle resistenze ai quali verrà collegato un polo di un generatore di alta tensione, mentre l’atro polo andrà collegato alla piastra base. Tali generatori, usualmente alimentati a 6 volt e in grado di creare un voltaggio di 400Kv, sono strumenti abbastanza economici e facilmente reperibili. Un’accortezza da seguire è quella di ridurre l’alimentazione ad 1,2/1,3 Volt, con un regolatore di tensione, in modo da portare il voltaggio ai 15/20 Kv necessari. L’attivazione dello Ion Scrubber è ottenuta tramite un pulsante. Si aziona il campo elettrico per alcuni secondi e poi lo si rilascia, terminato il processo di pulizia si può continuare con l’osservazione delle tracce.

Camera a Nebbia a riposo dell’Osservatorio di Monte Baldo

..continua.

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