Home Blog Pagina 72

Marte – Incontri ravvicinati con il pianeta rosso

0
Marte

Marte

La mostra, presso il Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci a Milano, vuole raccontare al grande pubblico la storia dell’esplorazione di Marte e l’importante contributo italiano a questa avventura. Dopo un richiamo alla figura mitologica del dio Marte, un’introduzione dedicata alle prime osservazioni dei canali di Giovanni Schiaparelli e alla grande produzione di letteratura fantascientifica, il percorso espositivo illustra lo stato della conoscenza che oggi abbiamo di Marte, attraverso i dati e le immagini che la più avanzata tecnologia spaziale ha permesso di acquisire: dalle prime ‘storiche’ immagini delle sonde Viking fino alla sonda europea Mars Express, ai rover americani Curiosity e Opportunity e alla sonda americana Mars Reconnaissance Orbiter.

La mostra vuole essere anche un omaggio al programma europeo ExoMars e non manca uno sguardo su quello che potrebbe riservare il prossimo futuro con una spettacolare e immersiva video-installazione, ispirata alle immagini della serie televisiva MARS firmata da Ron Howard.

Durante il periodo di apertura, l’esposizione sarà accompagnata da un calendario di incontri e appuntamenti. In particolare, a febbraio il Museo proporrà due weekend speciali di attività (10-11 e 17-18 febbraio) con un fittissimo programma per tutti i gusti e per tutte le età, per addentrarsi, anche grazie alla realtà virtuale, fra le più recenti scoperte e i progetti futuri di esplorazione e per dare spazio alla propria creatività o immergersi nella cultura popolare ispirata al Pianeta Rosso.

La visita alla mostra è compresa nel biglietto d’ingresso al Museo.

www.museoscienza.org | info@museoscienza.it | Tel 02 48 555 1

Promossa da Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo (MIBACT) e Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci in collaborazione con Agenzia Spaziale Europea, INAF, Leonardo, Thales Alenia Space Italia e National Geographic.

La Luna di Febbraio 2018 e una guida all’osservazione del cratere Tycho

0
Le fasi della Luna in gennaio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti Coelum Astronomia CC-BY
Le fasi della Luna in gennaio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione. Crediti Coelum Astronomia CC-BY

Febbraio inizia col nostro satellite reduce dal recente plenilunio verificatosi alle 14:27 del 31 gennaio. Infatti in apertura di questo mese la Luna sorgerà alle 18:46, in fase di 15,61 giorni, fra le stelle della costellazione del Leone, andando poi a culminare in meridiano nelle primissime ore della notte seguente a un’altezza di +56°. Essendo visibile per gran parte della serata, potremo già apprezzare come il procedere del terminatore in Luna Calante consenta di osservare le strutture in prossimità del bordo orientale del nostro satellite, ancora più evidente nelle serate successive, anche se purtroppo verranno privilegiate le ore notturne.

Continua nella rubrica la Luna di Febbraio 2018

Le effemeridi complete giornaliere della Luna le trovi nel Cielo di Febbraio

A febbraio osserviamo

La prima proposta di febbraio è per la serata del 23 quando proseguiremo nel nostro viaggio sulle grandi strutture crateriformi allineate in senso nord/sud in prossimità del margine orientale del mare Nubium andando a visitare questa volta il cratere Regiomontanus, situato fra Purbach a nord, Werner a est, Walter a sud e Deslandres ad ovest.

Come seconda e principale proposta di questo mese la tarda serata del 23 e tutta la serata del 24 febbraio saranno dedicate a una fra le più note e telescopicamente frequentate strutture lunari: il cratere Tycho. Nel film di Stanley Kubrick “2001 Odissea nello Spazio”, dall’omonimo romanzo di Arthur C. Clarke, in questo cratere venne rinvenuto un monolito di colore nero, poi denominato “Tycho Magnetic Amomaly”, abbandonato in quel luogo desolato da esseri extraterrestri quattro milioni di anni prima.

➜ Leggi la Guida all’osservazione del cratere Tycho

La terza proposta riguarda la zona di Massima Librazione che la sera del 28 febbraio fra le 18:30 e le 23:30 verrà a coincidere col bordo lunare orientale spostandosi da nord a sud alla medesima latitudine dei crateri Langrenus e Vendelinus.

Per approfondire queste osservazioni, per le falci di Luna e la sua luce cinerea e per tutte le altre informazioni, leggi la Luna di febbraio su Coelum astronomia 219 (è sempre gratis, puoi scaricarlo in pdf oppure stampare le pagine che ti interessano di più 😉 ).


Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

➜  Calendario degli eventi giorno per giorno

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione il momento giusto!


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di febbraio su Coelum Astronomia 219

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

NASA. A Human Adventure

0

20. NASA - A Human AdventureDal 27 settembre arriva per la prima volta in Italia, a Milano, nello Spazio Ventura XV, NASA. A Human Adventure, la grande mostra prodotta dalla NASA in collaborazione con John Nurmien Events e AVATAR. Un viaggio di conquista e scoperta che si estende per 2500 metri quadrati, tra razzi, Shuttle, Rover spaziali, simulatori di antigravità, in un percorso didattico ed emozionante, scientifico e immersivo, che va dai primi lanci spaziali ai giorni nostri e che presenta circa 300 manufatti originali provenienti dai programmi spaziali USA e URSS, la maggior parte di essi in prestito dal Kansas Cosmosphere & Space Center e dallo Space & Rocket Center, molti dei quali sono stati nello spazio. Attraverso 5 sezioni – Sognatori, La corsa allo Spazio, Pionieri, Resistenza e Innovazione, i visitatori verranno catapultati, attraverso un’esperienza immersiva, in una delle storie più affascinanti e ambiziose dell’uomo, la scoperta dello spazio.
Una mostra affascinante e ricca di oggetti di ogni tipo che faranno immaginare l’esperienza spaziale in ogni suo aspetto. Vi aspettiamo!
Leggi l’articolo sulla mostra su Coelum Astronomia 215 a pagina 172

L’INFINITA CURIOSITÀ. Un viaggio nell’Universo in compagnia di Tullio Regge

0

1507068881_Linfinita-curiosita-Torino-1Per tutto l’inverno, il palazzo dell’Accademia delle Scienze di Torino ospita “L’infinita curiosità. Un viaggio nell’universo in compagnia di Tullio Regge”. La mostra, curata da Vincenzo Barone e Piero Bianucci, propone, con un allestimento coinvolgente, un viaggio ideale nell’universo, dall’immensamente grande all’estremamente piccolo, alla scoperta delle meraviglie della fisica contemporanea.
L’ingresso alla mostra accoglie il visitatore con un allestimento spettacolare. Nello scenografico corridoio è posta un’installazione di legno che rappresenta la “scala cosmica”: 62 blocchi corrispondenti ai 62 ordini di grandezza dell’universo conosciuto, dall’estremamente piccolo (la lunghezza di Planck) all’immensamente grande (l’orizzonte cosmologico). Lungo il percorso della mostra il visitatore si muoverà idealmente su e giù per questa scala, confrontandosi con le dimensioni delle cose, dai quark alle galassie.
La mostra si avvale della collaborazione di importanti istituzioni scientifiche italiane, tra le quali l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM). Il progetto è realizzato nell’ambito delle attività del Sistema Scienza Piemonte, un accordo promosso dalla Compagnia di San Paolo e sottoscritto dai principali enti torinesi che si occupano di diffusione della cultura scientifica.
www.torinoscienza.it

Splendore dalle tenebre

0

La zona di formazione stellare Lupus 3 si trova nella costellazione dello Scorpione, a soli 600 anni luce dalla Terra. Fa parte di un complesso più vasto noto come Nube del Lupo, che prende il nome dalla vicina costellazione del Lupo. Le nubi sembrano colonne di fumo fluttuanti su uno sfondo di milioni di stelle. In realtà, queste nubi sono una nebulosa oscura.

Magnifica anche questa panoramica, che mostra la nube oscura della regione Lupus 3 in cui si stanno formando nuove stelle, oltre a un ammasso di stelle brillanti che sono già emerse dal loro vivaio stellare fatto di polvere. È probabile che il Sole si sia formato in una zona di formazione stellare simile a questa, più di quattro milliardi di anni fa. Questa immagine è realizzata a partire dai dati della DSS2 (Digitized Sky Survey 2). Crediti: ESO/Digitized Sky Survey 2 Acknowledgement: Davide De Martin

Le nebulose sono ampie distese di gas e polvere sospese tra le stelle, a volte fino a oltre un centinaio di anni luce. Mentre molte nebulose sono illuminate in modo spettacolare dall’intensa radiazione delle stelle calde, le nebulose oscure nascondono la luce degli oggetti celesti al loro interno. Sono note anche come nebulose ad assorbimento, poichè sono composte da particelle di polvere fredde e dense che assorbono e diffondono la luce che attraversa la nube.

Tra le più famose nebulose oscure ricordiamo la Nebulosa Sacco di Carbone e la Fenditura del Cigno, abbastanza grandi da essere visibili a occhio nudo, che si stagliano, nere, sullo sfondo brillante della Via Lattea.

Lupus 3 ha una forma irregolare, come un serpente disegnato male in mezzo al cielo. In questa immagine viene evidenziata una regione di contrasti, con tracce scure in evidenza sulla luce blu delle stelle brillanti al centro. Come la maggior parte delle nebulose oscure, Lupus 3 è una regione di formazione stellare attiva, composta soprattutto da protostelle e stelle molto giovani. Perturbazioni vicine possono fare collassare grumi più densi della nebulosa sotto la propria gravità, aumentandone la temperatura e la pressione interna. Alla fine, le condizioni estreme del nucleo di questa nube in collasso fanno nascere una protostella.

Le due stelle brillanti al centro dell’immagine sono proprio state prodotte da un processo di questo tipo. All’inizio della loro vita, la radiazione emessa era in gran parte bloccata dagli spessi veli della nebulosa ospite, visibile solo con telescopi sensibili alle radiazioni di lunghezza d’onda infrarossa e radio. Diventando più calde e più brillanti, l’intensa radiazione da esse prodotta e i venti stellari hanno svuotato l’area circostante da polvere e gas, permettendo loro di emergere gloriosamente dall’incubatrice di tenebra e di mostrare tutto il loro splendere.

Capire le nebulose è un passo critico per comprendere il processo di formazione stellare nel suo insieme – per esempio, si pensa che il Sole si sia formato in una zona di formazione stellare molto simile a Lupus 3 più di quattro miliardi di anni fa. Essendo uno dei vivai stellari più vicini a noi, Lupus 3 è stata studiata molte volte: nel 2013, il telescopio da 2,2 metri dell’MPG/ESO all’Osservatorio dell’ESO a La Silla in Cile ha catturato un’immagine più piccola delle sue colonne scure come fumo e delle sue stelle brillanti (eso1303).

Link


Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…

Coelum Astronomia 219 di febbraio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

NASA. A Human Adventure

0

20. NASA - A Human AdventureDal 27 settembre arriva per la prima volta in Italia, a Milano, nello Spazio Ventura XV, NASA. A Human Adventure, la grande mostra prodotta dalla NASA in collaborazione con John Nurmien Events e AVATAR. Un viaggio di conquista e scoperta che si estende per 2500 metri quadrati, tra razzi, Shuttle, Rover spaziali, simulatori di antigravità, in un percorso didattico ed emozionante, scientifico e immersivo, che va dai primi lanci spaziali ai giorni nostri e che presenta circa 300 manufatti originali provenienti dai programmi spaziali USA e URSS, la maggior parte di essi in prestito dal Kansas Cosmosphere & Space Center e dallo Space & Rocket Center, molti dei quali sono stati nello spazio. Attraverso 5 sezioni – Sognatori, La corsa allo Spazio, Pionieri, Resistenza e Innovazione, i visitatori verranno catapultati, attraverso un’esperienza immersiva, in una delle storie più affascinanti e ambiziose dell’uomo, la scoperta dello spazio.
Una mostra affascinante e ricca di oggetti di ogni tipo che faranno immaginare l’esperienza spaziale in ogni suo aspetto. Vi aspettiamo!
Leggi l’articolo sulla mostra su Coelum Astronomia 215 a pagina 172

Gruppo Astrofili Vicentini

0

GruppoAstrofiliVicentiniConvegni presso la sede del Giornale di Vicenza, ore 17:00

17.02: Alberto Corso “BAGLIORI NEL BUIO” (sede GdV).

Corso di astrofotografia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00

05.02: “tecniche di ripresa Grande Campo con DSLR” 3° lezione
12.02: “tecniche di ripresa profondo cielo con DSLR” 4° lezione
19.02: “tecniche di elaborazione immagini e interpolazione (le possibilità e i software necessari)” 5° lezione
25.02: “Osserviamo la nostra Stella” Osservatorio aperto dalle 14:30-17:00.

Corso di cosmologia:
presso la nostra sede ad Arcugnano ore 21:00

28.02: “una cartolina dal Big Bang. La cosmologia moderna da Einstein al WMAP” 1° lezione

Sede ed Osservatorio: Via Santa Giustina 127 – 36057 Arcugnano (VI)

Per maggiori informazioni:
http://www.astrofilivicentini.it/
email: astrofilivicentini@gmail.com, Facebook: Gruppo Astrofili Vicentini

Luna e Regolo in prima serata

0
L’immagine mostra la situazione della stretta congiunzione tra la Luna e Regolo, la stella Alfa del Leone, alle ore 19:30. Per esigenze grafiche, la Luna appare ingrandita. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Iniziamo subito la prima sera del mese con una bella congiunzione stretta tra Luna praticamente Piena (fase 98%) e vicina al Perigeo, e la brillante Regolo (mag. +1,4) stella  alfa del Leone.

I due astri saranno a soli 30’ di distanza e sorgeranno dall’orizzonte est-nordest attorno alle 18:45 con il cielo già buio. Converrà ovviamente attendere che abbiano una buona altezza sull’orizzonte (alle 19:30 saranno alti circa 7°) per osservare i due astri al binocolo o al telescopio ma, per chi avesse l’orizzonte libero e il cielo  limpido, anche una ripresa fotografica, comunque non facile, con i due oggetti bassi a filo dell’orizzonte potrebbe dare risultati suggestivi…

Potranno comunque essere seguiti per tutta la notte fino al mattino successivo. La massima altezza al meridiano la raggiungeranno poco prima delle due di notte.

La stessa notte potremo anche osservare l’asteroide (19) Fortuna, che si troverà nella costellazione del Cancro, in opposizione con la Terra, a circa 1,46 UA dal nostro pianeta.

Leggi ➜ Club dei 100 asteroidi. Osserviamo (19) Fortuna e (51) Nemausa

Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Febbraio

Leggi anche

➜ Guarda che Luna Super! Tutti i numeri di Lune, Super Lune e Micro Lune

➜ Uno scatto al mese. Andiamo a caccia di Iridium Flare

➜ La LUNA di febbraio. Approfondimento: Guida all’osservazione del cratere Tycho

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

e il Calendario degli eventi di febbraio 2018, giorno per giorno


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di febbraio su Coelum Astronomia 219

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Cerca Zuma e trova Image, una sonda NASA persa da 12 anni, attiva

0
Il satellite IMAGE durente la sua preparazione (fonte: NASA)
di Massimo OrgiazziAstronautinews.it

Qualche giorno fa, un astronomo dilettante alla ricerca del satellite segreto Zuma, sulla cui sorte sono state espresse dichiarazioni diverse e inconcludenti, si è con ogni probabilità imbattuto in IMAGE, un satellite NASA per l’osservazione della magnetopausa, perso da 12 anni e inaspettatamente attivo.

Aggiornamento


La NASA ha confermato l’identità del satellite scoperto il 20 gennaio, si tratta proprio di IMAGE.

Il pomeriggio del 30 gennaio, al Johns Hopkins Applied Physics Lab in Laurel, Maryland, i dati della telemetria del satellite sono stati raccolti con successo. Il segnale mostra che l’ID del satellite è 166, esattamente quello di IMAGE.

Sembra anche che almeno il controllo principale della sonda sia operativo. Ora, scienziati e ingegneri del Goddard Space Flight Center in Greenbelt, Maryland, continueranno ad analizzare i dati per comprendere di più sullo stato attuale del satellite, un processo che richiederà una o due settimane per la necessità di adeguare il vecchio software e database di cui è dotato IMAGE a sistemi più moderni.

Il cielo è un gran pasticcio. Questa è una conclusione alla quale si può giungere se si leggono i report in merito alla “spazzatura spaziale” nell’orbita bassa terrestre. Il volume di detriti spaziali è cresciuto a livelli così elevati che gli oggetti in orbita vengono spesso in collisione e un giorno non troppo lontano, se non ci saranno azioni coordinate di razionalizzazione, il problema diventerà così complesso da porre pesanti ipoteche sull’esplorazione spaziale stessa. In un contesto di questo genere, può sembrare quasi normale che un’agenzia spaziale perda un satellite, lo dichiari inoperativo e a distanza di più di un decennio sia un radio astronomo dilettante a ritrovarlo attivo, ma si tratta in realtà di un’interessante storia di passione e di serendipità. È infatti quello che è successo a Scott Tilley, che si dedica alla ricerca amatoriale di satelliti per lo più segreti. La sua è una passione condivisa da molti astronomi dilettanti che scrutano il cielo “nascosto” nel quale, se si dispone dell’attrezzatura adatta, è possibile localizzare ed identificare satelliti di ogni tipo, persino quelli segreti. Molti di questi appassionati tengono blog e siti sui quali pubblicano i risultati delle loro ricerche, specialmente quando coronate dal successo. Nella maggior parte dei casi la loro attività si concentra su oggetti classificati, dato che l’entusiasmo e lo stimolo maggiore deriva per il dilettante dalla sfida del ritrovamento della posizione o del segnale di satelliti spia, i cui dati non sono resi pubblici dagli operatori e dalle agenzie. Un appassionato estremamente attivo è Marco Langbroek, che cura il blog SatTrackCam Leiden e che ha attivamente cercato di dare un esito alla missione Zuma, senza dubbio tra le più elusive, lanciata di recente da SpaceX e sulla cui sorte si sono intervallate numerose versioni, tutte per lo più inconcludenti.

Alla ricerca di Zuma si stava dedicando anche Scott Tilley, che la settimana scorsa ha divulgato i risultati della sua ricerca sul suo blog (nel quale si trovano tutti i dettagli e le immagini), riferendo di aver trovato evidenza che una missione NASA ritenuta ormai terminata da 12 anni, è in realtà ancora attiva. IMAGE (Imager for Magnetopause-to-Aurora Global Exploration) era stato lanciata il 25 marzo del 2000 e aveva iniziato il suo lavoro di osservazione della magnetosfera restituendo immagini globali del plasma presenti nella magnetopausa. Tra le scoperte più rilevanti di IMAGE c’è quella dei varchi esistenti nella magnetosfera e nella plasmasfera, all’origine del passaggio dei flussi protonici provenienti dal Sole e collegati alle aurore protoniche altamente energetiche presenti nelle osservazioni del satellite. A partire dal 18 dicembre 2005, dopo quasi sei anni di operatività, sono stati persi i dati telemetrici della sonda e la missione è stata dichiarata terminata: la NASA ha rilasciato una relazione definitiva il 19 settembre 2006. La missione è stata chiusa sulla scorta del guasto rilevato al controller che alimentava il transponder e la relazione ha escluso ogni altra possibile causa.

Il satellite IMAGE durente la sua preparazione (fonte: NASA)

Con un segnale radio in mano e non persuaso che si trattasse della traccia di Zuma, Tilley ha confrontato l’orbita associata al segnale con quella di IMAGE e ha trovato corrispondenza. La conferma è arrivata dall’identificazione del segnale sui 2275,905 MHz che ha collegato l’emissione con l’oggetto 2000-017A, 26113, ovvero proprio la missione NASA persa nel 2005. Nel report dell’incidente si menzionava come il guasto al controller dell’alimentazione del transponder di IMAGE fosse un evento per il quale non c’era possibilità di recupero del satellite, per come era stata progettata la missione. Tuttavia l’orbita di IMAGE ha lasciato il satellite ad intervalli regolari nell’ombra della Terra, cosa che teoricamente avrebbe riavviato il suo sistema di alimentazione: il reboot è di fatto avvenuto nel 2007, anno nel quale tutti i tentativi di contattare IMAGE da parte della NASA erano verosimilmente già terminati da qualche tempo.

Avendo trovato IMAGE e convinto che tutto sommato la cosa non fosse così rilevante, dato che un semplice segnale poteva non voler dire alcunché e la NASA poteva anche esserne a conoscenza, Tilley ha messo da parte la sua scoperta per un po’. Tuttavia, mentre passava ad altre frequenze, ha capito che IMAGE stava effettivamente trasmettendo dati in modo attivo. A questo punto ha effettuato altre ricerche e ha scoperto che IMAGE era stato considerato perso proprio a causa del problema con l’alimentazione del transponder. Di conseguenza ha deciso di dare un’occhiata più attenta al segnale e l’esito è stata la conferma che il satellite ruotava ad una velocità compatibile con IMAGE e che il il segnale trasmesso conteneva dati.

Al momento non si ha ancora idea di quale sia la stato diagnostico generale del satellite o della quantità di hardware ancora operativa, ma uno dei co-investigatori originali della missione, Patricia Reiff della Rice University di Houston, ha trovato il post sul blog di Tilley e ha riferito che ci sono strumenti attivi e passivi che potrebbero sicuramente fornire utili dati scientifici utili. E’ di conseguenza entrata in contatto con Scott Tilley per verificare come ottenere le informazioni necessarie per estrarre i dati dal segnale scoperto e attualmente monitorato. Nel frattempo Tilley ha contattato il mission manager della missione, Richard J. Burley e l’incontro ha messo in moto una serie di altre azioni.

Come ulteriore sviluppo, Jeff Hayes, esperto di eliofisica presso il quartier generale della NASA a Washington, ha scritto ad AmericaSpace che non c’è ancora una certezza assoluta che il segnale identificato sia veramente quello di IMAGE, ma la NASA sta ora lavorando per ricontattare le persone informate sulla missione dopo tutto questo tempo nel tentativo di ottenere tutti gli script e il software appropriati, nell’ipotesi che si tratti veramente di IMAGE. In scala cronologica decisamente ridotta, è qualcosa di molto simile a quanto accaduto per la riaccensione dei propulsori della Voyager 1 , per cui è stato necessario riportare in vita software e linguaggi oramai in disuso. Nel frattempo tutta una serie di altri astronomi dilettanti dediti al tracking dei satelliti ha confermato la scoperta di Tilley e il segnale viene ora monitorato da più parti del pianeta.

Il caso di IMAGE non è il solo nell’ambito della riscoperta di satelliti e sonde apparentemente perse nello spazio: basti ricordare il caso del satellite LES-1, la cui operatività era stata cessata nel 1967 ma ritrovato ancora funzionante ben 46 anni dopo, oppure la missione ISEE-3, partita nel 1978 per l’esplorazione del Sole e riconvertita allo studio cometario per poi rimanere silenziosamente accesa dal 1990 al 2014, quando è diventata protagonista di un appassionante tentativo di reboot.

Al momento la NASA ha una missione attiva che sta continuando il lavoro di IMAGE, ovvero MMS (Magnetospheric Multiscale Mission), ma considerando il valore economico di una missione scientifica, il lavoro di Tilley, nato da un entusiasmante filone di indagine dilettantistica al limite con l’archeologia delle missioni spaziali, potrebbe aver dato alla NASA un consistente beneficio collegato al recupero di importanti informazioni scientifiche passate o potenzialmente nuove, nel caso la missione possa avere un inatteso reboot a ben 13 anni di distanza.

Segui la discussione su ForumAstronautico.it

Licenza (C) Associazione ISAA – Licenza CC BY-NC PLUS


Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…

Coelum Astronomia 219 di febbraio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Circolo Culturale Astrofili Trieste

0
Circolo Culturale Astrofili Trieste

Circolo Culturale Astrofili Trieste02.02, ore 18:30: “Nel Cielo: l’Auriga e il sistema stellare di Capella”. Relatore: Stefano Schirinzi
09.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Il problema del riscaldamento globale”. Relatore: Edoardo Bogatec
16.02, ore 18:30: “Sistema Solare: Europa, il più bizzarro dei satelliti di Giove”. Relatore: Giovanni Chelleri
17.02, ore 15:00, sala incontri del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste: “Vita nel cosmo: quali prove, stando alle attuali conoscenze?”. Relatore: Giovanni Chelleri e Paolo Nordio
23.02, ore 18:30: “Astrotecnica: guida base per la scelta del primo telescopio”. Relatore: Paolo Marra.

www.astrofilitrieste.it

Cielo di Febbraio 2018

0
AAssppeettttoo ddeell cciieelloo ppeerr uunnaa llooccaalliittàà ppoossttaa aa LLaatt.. 4422°°NN -- LLoonngg.. 1122°°EE LLaa ccaarrttiinnaa mmoossttrraa ll’’aassppeettttoo ddeell cciieelloo aallllee oorree ((TTMMEECC)):: 11 FFeebb >> 2233::0000 1155 FFeebb >> 2222::0000 22 MMaarr >> 2211::0000
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42° - Long. 12°E La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Feb > 23:00; 15 Feb > 22:00; 2 Mar > 21:00.

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2017)

Luna

Sole e Pianeti

Per quanto riguarda l’aspetto del cielo, nella prima parte della notte predomineranno ancora le costellazioni invernali: guardando il cielo verso le 20:30 sarà possibile osservare al meridiano la grande figura di Orione e il Cane Maggiore con Sirio, mentre l’Auriga, con la bella Capella, sarà allo zenit (non perdete l’approfondimento dedicato alla costellazione dell’Auriga, si parte proprio dalla sua stella alfa, Capella).

A ovest staranno invece tramontando Pegaso e la Balena, mentre a est il cielo sarà già occupato dagli asterismi tipici della primavera, tra cui saranno facilmente riconoscibili il Leone e le prime propaggini della Vergine. Più tardi sorgerà anche la brillante Arturo nel Boote. Molto più in alto, quasi immobile a nord, il Grande Carro sembrerà in procinto di rovesciarsi.

➜ Scopri le costellazioni del cielo di gennaio con la UAI

IL SOLE

Il 16 febbraio il Sole si sposterà dal Capricorno all’Acquario (ovviamente stiamo parlando di costellazioni, non di “segni astrologici”), proseguendo nel contempo la “risalita” dell’eclittica a una velocità media in declinazione di circa 20 primi al giorno: partendo dai –17,4° di inizio mese supererà i –8° alla fine. Da questo ne deriverà un corrispondente aumento dell’altezza sull’orizzonte al momento del passaggio in meridiano. Aumenteranno così anche le ore di luce, tanto che la sera, in media, si potrà iniziare a osservare con il massimo contrasto non prima delle 19:15, fino alle 5:30 del mattino dopo. La durata della notte astronomica, in continua diminuzione, in febbraio sarà in sostanza in media di poco superiore alle 10 ore.

Cosa offre il cielo

Questo mese congiunzioni un po’ per tutti i gusti e tutte le ore. Venere e Marte si faranno vedere al tramonto, mentre Giove continuerà a dominare la seconda parte della notte accompagnando poi Saturno al mattino. E sarà con la Luna che i pianeti incroceranno (solo prospetticamente ovviamente) il cammino per regalarci uno scenario diverso ogni sera. E siate pronti.. perché si parte già al primo del mese!

➜ Organizzati in anticipo con Il Cielo di febbraio su Coelum Astronomia 219

Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com. Inoltre, se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in PhotoCoelum!

E ancora, sempre su Coelum Astronomia n. 219

➜ ASTROFOTOGRAFIA
Il mio Analemma Solare. Racconto di un’avventura lunga un anno intero
Uno scatto al mese. Andiamo a caccia di Iridium Flare

La LUNA di febbraio. Approfondimento: Guida all’osservazione del cratere Tycho

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

Club dei 100 asteroidi. Osserviamo (19) Fortuna e (51) Nemausa

La cometa 185P/Petriew, una sfida per osservatori veri

SN2017ixv, una supernova tutta amatoriale

e il Calendario degli eventi di febbraio 2018, giorno per giorno


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di febbraio su Coelum Astronomia 219

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Prima luce per ExTrA, il cercatore di pianeti a La Silla

0

L’aggiunta più recente all’Osservatorio dell’ESO a La Silla, nel nord del Cile è ExTrA (Exoplanets in Transits and their Atmospheres) che è appena stato messo in opera con successo. ExTrA è progettato per cercare pianeti intorno a nane rosse vicine e studiarne le proprietà. ExTrA è un progetto francese finanziato dal Consiglio Europeo delle Ricerche (ERC) e dell’agenzia nazionale francese per la ricerca. I telescopi verranno gestiti a distanza da Grenoble, Francia.

Per scovare e studiare gli esopianeti, ExTrA usa tre telescopi da 0,6 metri che controllano regolarmente la quantità di luce ricevuta da diverse nane rosse e cercano una leggera diminuzione di brillanza che potrebbe essere dovuta a un pianeta che passa – o meglio “transita” – di fronte al disco stellare oscurandone parte della luce.

Questa veduta notturna mostra le tre cupole di ExTrA in primo piano e molti altri telescopi dell'Osservatorio di La Silla dell'ESO sullo sfondo. Crediti: ESO/Emmanuela Rimbaud

«La Silla è stato scelto come sede per i telescopi grazie alle eccellenti condizioni atmosferiche del sito», spiega il ricercatore a capo del progetto, Xavier Bonfils. «Il tipo di luce che osserviamo – nella banda del vicino infrarosso – viene assorbito facilmente dall’atmosfera terrestre, perciò abbiamo bisogno delle condizioni più asciutte e buie possibili. La Silla risponde in pieno alle nostre specifiche».

Il metodo dei transiti richiede il confronto tra la luminosità della stella sotto indagine e quella di altre stelle di riferimento per individuare cambiamenti anche minuscoli.

➜ Sul metodo dei transiti leggi anche missione PLATO: occhi italiani alla ricerca di nuovi mondiAstronomia amatoriale: come ho tracciato la curva di un pianeta extrasolare

Ma da terra è difficile realizzare misure di questo tipo, così precise da permettere di rivelare pianeti piccoli, di dimensioni terrestri.  Questo approccio, noto come fotometria differenziale, implica l’osservazione della stella bersaglio insieme ad altre stelle vicine nel cielo. Correggendo le variazioni causate in modo simile a tutte le stelle dall’assorbimento dell’atmosfera terrestre, si possono ottenere misure piu accurate per la stella bersaglio. È pur vero che i cali di intensità luminosa prodotti dai pianeti terrestri sono così minuscoli che anche questa tecnica non sempre è sufficiente. Usando un approccio innovativo che utilizza anche le informazioni sulla luminosità della stella in diversi colori, invece, ExTrA riesce a superare alcune di queste limitazioni.

Uno dei tre telescopi ExTrA all'interno della cupola. Crediti: ESO

I tre telescopi di ExTrA raccolgono la luce della stella bersaglio e di quattro stelle di confronto; questa luce è poi inviata, tramite fibre ottiche, a uno spettrografo multi-oggetto. Questo approccio innovativo di aggiungere informazioni spettroscopiche alla fotometria tradizionale aiuta a mitigare gli effetti dirompenti dell’atmosfera terrestre, nonchè quelli introdotti da strumenti e rivelatori – migliorando la precisione raggiungibile.

Poichè un pianeta in transito blocca una frazione maggiore della luce stellare proveniente da una stella piccola, ExTrA si focalizzerà su esempi vicini di uno specifico tipo di stelle piccole e brillanti note come nane M, comuni nella via Lattea. Queste stelle dovrebbero ospitare molti pianeti di dimensioni terresti, rendendoli bersagli primari per gli astronomi che vogliono scoprire e studiare mondi distanti che potrebbero ospitare la vita. La stella più vicina al Sole, Proxima Centauri, è una nana M e in orbita intorno a essa si è scoperto un pianeta di massa terrestre.

Trovare questi mondi precedentemente non rilevabili è uno dei due obiettivi principali di ExTrA. Il telescopio studierà anche il pianeta trovato con un certo dettaglio, e permetterà di stabilirne le proprieta e dedurne la composizione chimica per confrontarla con quella della Terra.

«Con ExTrA possiamo anche affrontare alcune delle domande fondamentali sui pianeti nella nostra galassia. Speriamo di esplorare quanto sono comuni, qual è il comportamento dei sistemi con numerosi pianeti e il tipo di ambiente che ha portato alla loro formazione», aggiunge un’altro membro dell’equipe, Jose-Manuel Almenara.

Questa veduta mostra due delle tre cupole di ExTrA sotto a una magnifica Via Lattea e alle Nubi di Magellano. Crediti: ESO/Petr Horálek

Bonfils è entusiasta per il futuro: «Con la prossima generazione di telescopi, come l’ELT (Extremely Large Telescope) dell’ESO, potremmo riuscire a studiare l’atmosfera di esopianeti trovati da ExTrA per cercare di stabilire la possibilità che questi pianeti supportino la vita come la conosciamo. Lo studio degli esopianeti sta portando quella che una volta era fantascienza nel mondo della scienza».

Links


Aurore Polari. Uno spettacolo di luci, colori e scienza. Storie di Novae. 1I ‘Oumuamua, il primo asteroide interstellare. E molto, molto altro ancora…

Coelum Astronomia 219 di febbraio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Galileo Galilei: 2° edizione

0
20180224coelum

20180224coelum

Con il Patrocinio dell’Assessorato alla Cultura Comune di Fiumicino e all’interno della rassegna culturale Fiumicino Inverno, una serata dedicata interamente al Padre della Scienza Moderna.

Programma della serata:
– Conferenza sulla vita di Galileo
– Osservazioni della Luna con una replica del telescopio storico
– Osservazione della Luna con i telescopi moderni del Gruppo Astrofili Palidoro

Media sponsor: COELUM Astronomia

INGRESSO LIBERO
Casa della Partecipazione
Via del Buttero, 10, 00057 Maccarese RM
Info: info@astrofilipalidoro.it – 3475010985

www.astrofilipalidoro.it

Una nuova ipotesi per il mistero delle galassie a spirale

0
Credit: ESA/Hubble & NASA Acknowledgement: Flickr user Det58
La galassia a spirale NGC 1566, ripresa dal Telescopio Hubble .Crediti: ESA/Hubble & NASA Acknowledgement: Flickr user Det58

Hanno la forma di un disco composto da un nucleo con alcune braccia che gli si avvolgono intorno. Sono le galassie a spirale, uno degli oggetti più suggestivi e interessanti dell’universo visibile rivelati dall’astronomia. Francesco Sylos Labini, ricercatore presso l’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) e del Centro Fermi, ha recentemente pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal una ricerca sul tema in collaborazione con il Laboratoire de Physique Nucleaire et de Haute Energies (Lpnhe) di Parigi.

«Molte teorie hanno cercato di spiegare l’origine di questi sistemi, ma nessuna si è mai affermata come quella corretta e definitiva. Una delle più famose del secolo scorso è quella che suppone l’esistenza della materia oscura, cioè una componente della materia non direttamente osservabile ma solo percepibile», spiega Sylos Labini. «Le curve di rotazione delle galassie a spirale, ovvero le variazioni della velocità orbitale delle stelle in funzione della loro distanza dal centro della galassia, finora hanno fornito l’evidenza più solida in favore della materia oscura. In questo sistema le stelle più lontane dal centro galattico orbitano quasi alla stessa velocità delle più vicine e questo fenomeno infrange la terza legge di Keplero, che definisce la velocità delle galassie inversamente proporzionale alla distanza dal centro. Per spiegare l’inaspettato fenomeno di quest’anomalia, dunque, è stato necessario ipotizzare una massa maggiore di quella visibile».

Risultato di una simulazione al computer di un sistema di 1 milione di particelle auto-gravitanti. (David Benhaiem e Francesco Sylos Labini)

Un’altra spiegazione delle particolari velocità osservate nelle galassie a spirale secondo i ricercatori è fornita dal modello della Dinamica newtoniana modificata (Mond): «Al fine di spiegare il particolare comportamento di queste galassie la teoria si propone di modificare la seconda legge di Newton, introducendo una nuova costante fondamentale», precisa Sylos Labini.

«La nostra pubblicazione si inserisce in questo interessante scenario fornendo una terza chiave di lettura del fenomeno. Grazie a simulazioni al computer e a calcoli teorici, abbiamo riprodotto il collasso gravitazionale di una nube ellissoidale di particelle isolate dando loro una piccola velocità di rotazione iniziale, constatando che ne derivano sistemi qualitativamente simili alle galassie a spirali, le cui braccia non sono stazionarie, cioè non orbitano come i pianeti intorno al Sole, che sono in uno stato di equilibrio, ma sono dei fenomeni generati da una dinamica fuori dall’equilibrio. La loro principale caratteristica è di avere delle velocità radiali oltre che circolari e le braccia a spirali sono formate proprio per effetto della combinazione di questi due moti. Invece di aver teorizzato un solo modello teorico, abbiamo dischiuso un ampio spettro di possibili modelli, su cui si baseranno nuovi studi offrendo un diverso quadro di lettura per un fenomeno affascinante e ancora misterioso».



Accademia delle Stelle

0

2018-01 Coelum AdS

Scuola di Astronomia a Roma
Il 2018 si apre con due corsi (il lunedì e il giovedì) che dureranno fino a marzo presso la nostra sede all’EUR (fermata Laurentina).

Da lunedì 22 gennaio: Corso base di Astronomia. Il corso è dedicato a tutti per scoprire com’è fatto l’Universo, dai pianeti alle stelle, dal Big Bang a quasar, buchi neri e onde gravitazionali.

Da giovedì 25 gennaio: Fotografia Astronomica. Corso completo di Astrofotografia: tutte le basi teoriche e competenze pratiche per dedicarsi alla fotograia astronomica dalla semplice reflex al telescopio.

Prezzi in promozione e sconti per i lettori di Coelum Astronomia.

https://www.facebook.com/accademia.dellestelle/
https://www.accademiadellestelle.org/

La Luna alta tra le stelle del Toro

0

Per concludere con il mese di gennaio, il 27 gennaio, alle 18:10, segnaliamo una congiunzione piuttosto larga tra la Luna (fase 80%) e la stella alfa della costellazione del  Toro, Aldebaran (mag. +0,85).

I due astri si troveranno a una distanza di circa 4,5°, alti più di 50° sull’orizzonte di sudest. Niente di particolarmente spettacolare, ma sarà comunque un’occasione per dirigere lo sguardo verso questa magnifica area di cielo e ammirare Aldebaran e le Iadi con le Pleiadi (M 45) a poca distanza. E poco prima, attorno alle 17:50, non perdete uno dei passaggi notevoli della Stazione Spaziale di questo mese!

Ricordiamo poi che il 30 gennaio la Luna sarà in massima Librazione e potremo quindi provare a osservare la regione fra il mare Humboldtianum (area pianeggiante con diametro di 165 km) e l’adiacente cratere Belkovich (diametro di 204 km).

Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Gennaio

Leggi anche

➜ La Luna di gennaio e la guida all’osservazione del margine orientale del Mare Serenitatis

➜ Astrofotografia: Riprendiamo la cintura di Venere



Non farti trovato impreparato! Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di febbraio li trovi su Coelum Astronomia 219

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Rivoluzione Galileo: l’arte incontra la scienza

0

Rivoluzione GalileoLa mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.

Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche.
Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.

16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo
23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri

Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova)
12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo.

19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche
Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione.
9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.

Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
www.mostrarivoluzionegalileo.it

Cassini. Titano, tra cielo e mare

0
Il Ligeia Mare di Titano, mostrato qui in un'immagine ottenuta dai dati della sonda Cassini, è il secondo più grande mare della Luna. Formato da idrocarburi, come etano e metano, è uno dei molti mari e laghi che ornano la regione polare nord di Titano. Crediti: NASA/JPL-Caltech/ASI/Cornell

Titano, la più grande luna di Saturno, pur così lontana è forse il mondo che più somiglia, almeno all’apparenza, alla nostra Terra. Unico altro mondo nel Sistema solare ad avere oceani liquidi stabili sulla superficie, come la Terra ha mari, laghi e fiumi e un’ambiente con nubi, piogge, nebbie e foschie. La somiglianza però si ferma qui. I mari e i laghi di Titano sappiamo già da tempo che non sono di acqua liquida ma formati da idrocarburi (come metano, etano, propano), e sono i bacini che li contengono ad essere formati da ghiaccio d’acqua ricoperto di uno strato solido di materiale organico.

Ma proprio come i nostri oceani, una nuova mappa topografica della luna mostra come anche su Titano esista un “livello del mare”, ovvero un’altezza media delle acque che si pareggiano distribuendosi in base alla gravità della luna.

È l’ultima scoperta che ci arriva dal sistema del Signore degli Anelli e dalla sua luna. La nuova mappa, pubblicata il 2 dicembre su Geophysical Review Letters, ottenuta dai dati ora completi provenienti dalla sonda Cassini, rivela nuovi rilievi montani (non superiori ai 700 metri), i tre grandi mari e numerosi laghi di alta quota.

La presenza di un livello medio delle acque, e la presenza di laghi di alta quota vicini con un livello simile tra loro, è una scoperta importante, spiega un secondo studio pubblicato sempre sullo stesso numero del Geophysical Research Letters, perché indica che i mari, e i laghi vicini tra loro, sono in qualche modo comunicanti, e che nel sottosuolo della luna esiste quindi un’importante riserva di idrocarburi liquidi. Gli idrocarburi sembrano infatti scorrere sotto la superficie di Titano in modo del tutto simile a come l’acqua scorre attraverso la roccia porosa e le falde acquifere qui sulla Terra.

Il risultato finale di questo secondo studio però solleva anche un nuovo mistero. I ricercatori hanno infatti anche scoperto che la stragrande maggioranza dei laghi di Titano si trova in depressioni isolate, con bordi spioventi: «sembrano letteralmente come se avessi preso una formina per biscotti e avessi fatto dei buchi nella superficie di Titano», spiega Alex Hayes, uno degli autori dello studio (Cornell University). I laghi appaiono quindi circondati da alte creste, alte in alcuni punti anche centinaia di metri.
I laghi sembrano essersi formati attraverso a un meccanismo simile al carsismo sulla Terra, in cui la roccia sul fondo viene dissolta dal liquido che contiene e collassa, formando buchi sul terreno.  I laghi di Titano, come il carso terrestre, sono topograficamente chiusi, senza canali di afflusso o deflusso, solo che, a differenza di questi laghi alieni, quelli terrestri non hanno bordi così ripidi e rialzati.

Questa forma peculiare indica quindi un processo in cui i confini dei laghi si espandono di una quantità costante nel tempo. Il più grande lago nel sud della luna, ad esempio, sembra esserein realtà una serie di laghi più piccoli che si sono man mano allargati e uniti in un’unica grande formazione.

Ma se questi bacini si allargano man mano, «significa che si stanno  distruggendo e ricreando i bordi per tutto il tempo e che i bordi si stanno muovendo verso l’esterno? Comprendere questi fatti è a mio parere la chiave di volta per comprendere l’evoluzione dei bacini polari su Titano», conclude Hayes.

Questa immagine dell'atmosfera di Titano a colori naturali è stata presa in luce visibile con la fotocamera grandangolare a bordo della sonda Cassini, il 31 marzo 2005, a una distanza di circa 33 mila chilometri dalla superficie della luna. L'inquadratura guarda verso la regione polare nord sul lato in ombra della luna. Parte della mezzaluna illuminata dal Sole è visibile sulla destra. Crediti: NASA/JPL-Caltech/Space Science Institute

E il cielo? Sappiamo che su Titano il clima è vario come quello terrestre, cambi repentini, piogge improvvise che riforniscono i laghi e i mari della luna. E nuvole ad alta quota, e questa immagine proveniente sempre dalla sonda Cassini ci mostra proprio questo: singoli strati di foschia nell’alta atmosfera di Titano, una atmosfera dalla chimica ricca e complessa, che ha origine da metano e azoto e si evolve in molecole complesse, formando infine lo smog che circonda la luna.

Per saperne di più sulla missione Cassini potete leggere il nostro speciale che ripercorre tutte le principali tappe della missione proprio attraverso le straordinarie immagini che ci ha inviato, o rivivere il Grand Finale su Coelum Astronomia 215.

Per approfondire:

Il primo studio, con la nuova mappa dai dati completi della missione Cassini: Titan’s Topography and Shape at the End of the Cassini Mission.”

Il secondo studio, sulla connessione di laghi e mari di Titano: Topographic Constraints on the Evolution and Connectivity of Titan’s Lacustrine Basins.”


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Nettuno a portata di… Luna!

0
Nella cartina, la Luna è stata ingrandita per esigenze di rappresentazione grafica. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY
Nettuno lo troviamo a poco più di 2° e mezzo a nord della Luna. Nella cartina, la Luna è stata ingrandita per esigenze di rappresentazione grafica. Crediti: Coelum Astronomia CC-BY

Toccherà infine alla Luna e al remoto Nettuno incontrarsi nel cielo tra le stelle della costellazione dell’Acquario.

Guardando verso ovest–sudovest alle 19:30 o anche prima, il  20 gennaio vedremo la Luna (fase 12%) a un’altezza di circa 10° sull’orizzonte: essa ci permetterà di localizzare più facilmente il tenue pianeta Nettuno (mag. +7,95) che potremo osservare solo con l’ausilio di un binocolo o di un telescopio.

Approfittiamone per l’osservazione anche della falce di Luna e, presentandosi sul posto di osservazione un po’ in anticipo, se le condizioni sono quelle giuste… riprendere la sua luce cinerea e perché non provare a cercare e riprendere la “cintura di Venere”?

➜ Astrofotografia: Riprendiamo la cintura di Venere


Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Gennaio

Leggi anche

➜ La Luna di gennaio e la guida all’osservazione del margine orientale del Mare Serenitatis

➜ Scopri le costellazioni del cielo di gennaio con la UAI

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione dell’Eridano (II parte)


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

“Tana” per il buco nero

0
Questa rappresentazione artistica mostra come potrebbero apparire la stella e il suo compagno buco nero, massiccio ma invisibile, all'interno del ricco ammasso globulare. Crediti: ESO/L. Calçada/spaceengine.org
Questa rappresentazione artistica mostra come potrebbero apparire la stella e il suo compagno buco nero, massiccio ma invisibile, all’interno del ricco ammasso globulare. Crediti: ESO/L. Calçada/spaceengine.org

Usando lo strumento MUSE dell’ESO installato sul telescopio VLT (Very Large Telescope) in Cile, è stato possibile individuare una stella all’interno dell’ammasso stellare NGC 3201 che si comporta in modo bizzarro. Sembra infatti orbitare attorno a un buco nero invisibile di massa pari a circa 4 volte la massa del Sole. Si tratterebbe del primo buco nero di massa stellare inattivo, all’interno di un ammasso globulare, individuato in modo diretto grazie alla sua attrazione gravitazionale.

Gli ammassi globulari sono enormi sfere di decine di migliaia di stelle che orbitano nella maggior parte delle galassie. Sono tra i sistemi stellari più antichi dell’Universo e risalgono a un’epoca vicina all’inizio della crescita ed evoluzione delle galassie. All’interno della Via Lattea se ne conoscono più di 150.

Immagine composita a colori dell’ammasso globulare NGC 3201, ottenuta con lo strumento WFI montato sul telescopio da 2,2 metri dell’ESO/MPG all’Osservatorio di La Silla. Si trova a circa 16 000 anni luce da noi, nella costellazione australe della Vela. Crediti: ESO

Un ammasso particolare, NGC 3201, che si trova nella costellazione australe della Vela, è stato studiato con lo strumento MUSE installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in Cile. Un gruppo internazionale di astronomi ha scoperto che una delle stelle in NGC 3201 si comporta in modo strano – viene lanciata avanti e indietro a velocità di parecchie centinaia di migliaia di chilometri all’ora, con un andamento che si ripete ogni 167 giorni.  Lo studio infatti include l’analisi della “velocità radiale” delle singole stelle – la velocità con cui si avvicinano e si allontanano dalla Terra, lungo la linea di vista dell’osservatore. Usando le misure di velocità radiale si possono quindi determinare le orbite delle stelle, oltre alle proprietà di qualsiasi oggetto massiccio intorno a cui orbitino. Ed è così che è stata determinata la massa dell’oggetto:

 

Questa immagine ottenuta con il telescopio spaziale Hubble della NASA/ESA mosta la zona centrale del ricco ammasso globulare NGC 3201 nella costellazione australe della Vela. Indicata con un cerchio blu, la stella  individuata che orbita intorno a un buco nero di massa pari a quattro volte quella del Sole. Crediti: ESA/NASA

«Era in orbita intorno a qualcosa di completamente invisibile, con una massa superiore a quattro volte quella del Sole – poteva essere solo un buco nero! Il primo trovato all’interno di un ammasso globulare direttamente osservando la sua attrazione gravitazionale» è quanto dichiarato dal primo autore Benjamin Giesers (Georg-August-Universität Göttingen, Germania).

La relazione tra buchi neri e ammassi globulari è importante ma ancora misteriosa. A causa della grande massa e dell’avanzata età, è quasi naturale ipotizzare che questi ammassi possano aver prodotto un grande numero di buchi neri di massa stellare. Buchi neri di queste dimensioni, si formano quando le stelle massicce muoiono, collassando sotto la propria gravità e esplodendo come potenti ipernove. Quel che rimane è un buco nero che contiene la maggior parte dalla stella originaria, che va da poche volte a diverse decine di volte la massa del Sole. Ma in mancanza di una formazione stellare continua, come nel caso degli ammassi globulari, i buchi neri di massa stellare diventano rapidamente gli oggetti più massicci presenti nell’ammasso.  Teorie recenti hanno concluso che i buchi neri si ritrovano a formare un denso nucleo all’interno dell’ammasso, che quindi si distacca dal resto del materiale. Moti al centro dell’ammasso potrebbero poi espellere la maggior parte dei buchi neri, con la conseguenza che solo pochi sopravvivererebbero dopo un miliardo di anni. Ma fin’ora erano solo teorie.

Poichè la luce non è in grado di sfuggire ai buchi neri a causa della loro enorme forza di gravità, il metodo primario per trovarli è attraverso l’osservazione di emissione nella banda radio o in quella dei raggi X prodotta dal materiale caldissimo che li circonda. Ma quando un buco nero non interagisce con la materia calda e non accumula massa o emette radiazione, come in questo caso, il buco nero è “inattivo” e quindi invisibile, serve perciò un diverso metodo per rilevarlo.

Lo strumento MUSE dell’ESO fornisce agli astronomi proprio questa possibilità: misurare il moto di migliaia di stelle lontane nello stesso momento per rivelare la pesenza di oggetti massicci che ne influenzino l’orbita. Con questi nuovi risultati, l’equipe ha avuto per la prima volta la possibilità di rivelare un buco nero inattivo nel cuore di un ammasso globulare.

L’animazione mostra come potrebbero essere le mutue orbite della stella e del compagno buco nero, nel cuore affollato dell’ammasso globulare. Crediti: ESO/L. Calçada/spaceengine.org

Dalle proprietà osservate si sono infatti determinate le caratteristiche della stella dal movimento “anomalo” e dell’oggetto che lo causa: la stella ha una massa pari a circa 0,8 volte quella del Sole, mentre la massa della controparte misteriosa è circa 4,36 volte quella del Sole, quasi sicuramente un buco nero.

L’individuazione recente di sorgenti di onde radio e di raggi X negli ammassi globulari, così come gli eventi di onde gravitazionali osservati a partire dal 2016, causati dalla fusione di due buchi neri di massa stellare, suggeriscono che questi buchi neri relativamente piccoli possano essere più comuni, negli ammassi globulari, di quanto si pensasse finora.

Giesers conclude: «Fino a poco tempo si supponeva che quasi tutti i buchi neri sarebbero scomparsi dopo breve tempo dagli ammassi globulari e che sistemi come questi non potessero neppure esistere! Ma chiaramente non è così – la nostra scoperta è la prima evidenza diretta dell’effetto gravitazionale di un buco nero di massa stellare in un ammasso globulare. Questa scoperta ci aiuta a capire la formazione degli ammassi globulari e l’evoluzione di buchi neri e sistemi binari – ogni informazione in questa direzione è vitale per comprendere le sorgenti di onde gravitazionali».

I risultati di questo studio sono stati presentati nell’articolo A detached stellar-mass black hole candidate in the globular cluster NGC 3201, di B. Giesers et al., pubblicato dalla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Link utili


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito

Rivoluzione Galileo: l’arte incontra la scienza

0

Rivoluzione GalileoLa mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.

Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche.
Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.

16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo
23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri

Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova)
12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo.

19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche
Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione.
9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.

Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
www.mostrarivoluzionegalileo.it

Giove, un arazzo di bande e vortici dai mille colori

0
Image credits: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS/Kevin M. Gill
Cliccare per la piena risoluzione e... meraviglia. L

Cinture di nubi vorticanti e colorate dominano l’emisfero sud di Giove in questa suggestiva immagine in arrivo dal Gigante gassoso.

L'immagine raw, così come è arrivata dalla sonda Juno su cui Gill ha lavorato per estrarre tutti i particolari della turbinosa atmosfera di Giove. Public domain NASA / SwRI / MSSS

L’immagine originale è stata ripresa dalla JunoCam il 16 dicembre 2017, durante il decimo flyby (nono scientifico) della missione ed è stata elaborata dal cittadino scienziato Kevin M. Gill, che ci ha ormai abituato ad immagini sempre più spettacolari che esaltano i colori ed evidenziano le forme della turbolenta atmosfera del pianeta, un arazzo diviso in bande ricamate da vortici colorati.

In questa immagine vediamo in particolare, nella parte più a sinistra, la regione scura della Banda Temperata Sud intersecata da un banco di nubi bianche, dalla forma simile a un fantasma che si intrufola tra le altre più scure. Si tratta della formazione più  estesa alle basse latitudini del pianeta e, si… è anche quello un ciclone, dal moto rotatorio in senso orario.

Le immagini grezze provenienti dalla JunoCam sono sempre a disposizione del pubblico, chiunque può unirsi alla comunità per scaricare, elaborare e condividere i proprio lavori, e partecipare alla scelta dei prossimi punti di interesse che la camera a bordo della sonda riprenderà nei prossimi passaggi.

Per vedere altre meravigliose immagini non perdete su Coelum Astronomia 218 di gennaio l’articolo che raccoglie gli ultimi sei mesi di missione del 2017: JUNO. Profondo Rosso (come sempre in formato digitale e gratuito!).

E voi avete mai provato a mettere mano alle immagini inviate dalla JunoCam? Mandateci le vostre elaborazioni! Caricandole su PhotoCoelum o inviandocele su gallery@coelum.com, indicando l’immagine originale e raccontandoci cosa avete voluto evidenziare, o a cosa vi siete ispirati per la vostra elaborazione, o più semplicemente… un vostro pensiero!

Link utili

Il sito della JunoCam Community

Il sito della Missione Juno della NASA

Le news principali sulla missione Juno su Coelum Astronomia


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Hubble a caccia di mini stelle e pianeti orfani

0
L’immagine fa parte di una survey condotta da Hubble alla ricerca di stelle di piccola massa, nane brune e pianeti nella nebulosa di Orione. Ogni cerchio identifica una coppia di oggetti, che però appaiono come un unico punto luminoso. Per separare la luce stellare degli oggetti, gli esperti hanno utilizzato speciali tecniche di elaborazione delle immagini. Il cerchio interno più spesso rappresenta il corpo primario, mentre il cerchio esterno più sottile indica il compagno. La porzione analizzata da Hubble misura circa 4×3 anni luce. Crediti: NASA , ESA, and G. Strampelli (STScI).
L’immagine fa parte di una survey condotta da Hubble alla ricerca di stelle di piccola massa, nane brune e pianeti nella nebulosa di Orione. Ogni cerchio identifica una coppia di oggetti, che però appaiono come un unico punto luminoso. Per separare la luce stellare degli oggetti, gli esperti hanno utilizzato speciali tecniche di elaborazione delle immagini. Il cerchio interno più spesso rappresenta il corpo primario, mentre il cerchio esterno più sottile indica il compagno. La porzione analizzata da Hubble misura circa 4×3 anni luce. Crediti: NASA , ESA, and G. Strampelli (STScI).

Giusto “dietro l’angolo” (a 1350 anni luce da noi) c’è la Nebulosa di Orione, un gigantesco laboratorio per studiare il processo di formazione stellare e il comportamento di oggetti di vario genere, dalle stelle giganti alle più piccole nane rosse passando per le deboli nane brune. Grazie all’eccezionale sensibilità e risoluzione senza pari del telescopio spaziale della Nasa Hubble, è possibile osservare anche gli oggetti più nascosti all’interno della nebulosa. Nel corso di una lunga survey gli astronomi hanno scoperto, infatti, la più grande popolazione finora nota di nane brune circondate da stelle appena nate. Dalle osservazioni è emersa anche la presenza di tre pianeti giganti e di un sistema binario dove due pianeti orbitano l’uno attorno all’altro in assenza di una stella ospite.

Per identificare le deboli e fredde nane brune, gli astronomi seguono le tracce di acqua nelle loro atmosfere. «Sono così fredde che si forma vapore acqueo», ha spiegato Massimo Robbertodello Space Telescope Science Institute. «L’acqua è un preciso indicatore della presenza di oggetti substellari, vale a dire quegli oggetti astronomici che non hanno abbastanza massa per poter brillare come stelle. Più le masse diventano più piccole, più le stelle diventano rosse e deboli; per questo è necessario osservarle nell’infrarosso, banda di frequenze in cui la caratteristica più evidente è proprio l’acqua».

Gli oggetti identificati da Hubble nella Nebulosa di Orione con leggenda. Vicino a ogni target, descritti nell'immagine di apertura, vediamo due riprese di Hubble: a sinistra l'immagine originale della coppia, a destra la stessa immagine in cui vediamo solo la componente secondaria. Con una speciale tecnica di imaging digitale infatti la prima immagine è stata ripulita e le è stata sottratta la luce invadente della componente primaria, rivelando così la compagna. In alto a sinistra dell'insieme (cerchietti rosso-rosso) vediamo un sistema binario di pianeti orfani della loro stella, mentre al centro sulla destra (arancio-arancio) una coppia di nane brune. Crediti: NASA , ESA, and G. Strampelli (STScI)

Il team ha identificato 1200 candidati al titolo di nane rosse: quelli più luminosi, carichi acqua, sono stati confermati in questa categoria. I ricercatori hanno poi cercato i deboli compagni di queste stelle rossastre, ma con i metodi osservativi tradizionali queste stelle “sorelle” sono quasi impossibili da osservare, perché troppo vicine alle compagne.

Oltre al metodo dell’acqua, il team ha quindi sviluppato una nuova strategia basata sull’imaging ad alto contrasto, che ha permesso di aumentare la risoluzione delle deboli compagne nei sistemi binari.

Nell’elenco delle scoperte ci sono 17 coppiecomposte da nane brune e nane rosse, una coppia di nane bruneuna coppia formata da nana bruna e un pianeta. Gli esperti hanno anche osservato altri due oggetti di massa planetaria: uno associato a un nana rossa e uno a un altro pianeta. Quest’ultimo sistema planetario doppio è singolare, perché non è stata trovata nei paraggi la stella madre.

Successive indagini su questi oggetti verranno effettuate dal James Webb Telescope dopo il lancio nel 2019.


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Rivoluzione Galileo: l’arte incontra la scienza

0

Rivoluzione GalileoLa mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.

Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche.
Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.

16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo
23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri

Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova)
12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo.

19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche
Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione.
9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.

Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
www.mostrarivoluzionegalileo.it

Viaggio al Centro della Galassia

0

Gli astronomi della NASA, utilizzando i dati dell’Osservatorio a raggi X Chandra della NASA e dati nell’infrarosso del Very Large Telescope dell’ESO, hanno simulato un viaggio al Centro della Via Lattea, la nostra galassia. Un vero e proprio viaggio nello spazio e nel tempo, dal punto di vista di un’osservatore che si trovi “seduto” sull’orizzonte degli eventi del buco nero al centro della Via Lattea, Sagittarius A*, un mostro cosmico con massa di circa 4 milioni di volte quella del Sole.

Il risultato è questo video navigabile a 360° che immerge lo spettatore nella simulazione del centro della nostra galassia, in evoluzione nel tempo. Il video mostra inoltre due simulazioni diverse, entrambe con inizio 350 anni nel passato e della durata di 500 anni.

La prima ci mostra Sgr A * in uno stato di calma, guardandoci attorno siamo in grado di vedere circa 25 stelle Wolf-Rayet (oggetti bianchi e scintillanti) in orbita attorno a Sgr A * che espellono venti stellari (in una scala di colori che va dal nero al rosso al giallo). Venti che possiamo vedere scontrarsi tra di loro,  mentre alcune bolle di materiale (in giallo) spiraleggiano verso Sgr A * contribuendo ad accrescere la sua massa.

La seconda simulazione ci mostra invece un Sgr A * più violento che espelle il suo stesso materiale, e vediamo così sparire le bolle di materiale di accrescimento che potevamo vedere nella prima simulazione.

La simulazione dei 30 giganti stellari, le stelle Wolf-Rayet, che orbitano entro circa 1,5 anni luce dal centro della nostra Galassia,  è stata ottenuta grzie ai dati in infrarosso del VLT. Potenti venti di gas fluiscono dalla loro superficie,  trasportando parte del loro strato esterno nello spazio interstellare. Qui i gas espulsi si scontrano con gas espulsi in precedenza da altre stelle producendo onde d’urto, simili a boom sonici, che permeano tutta l’area scaldando il gas fino a milioni di gradie e facendolo brillare nei raggi X. È qui che entrano in campo le osservazioni provenienti da Chandra, che hanno fornito i dati essenziali sulla distribuzione e la temperatura di questo gas.

Ma non è solo un bel gioco… tanto lavoro non è stato fatto solo per concederci questa straordinaria esperienza immersiva “virtuale”. Gli astronomi, coordinati da Christopher Russell dell’Università pontificia del Chile, sono infatti interessati a capire meglio quale ruolo giocano queste stelle Wolf-Rayet nel quartiere cosmico al centro della Via Lattea. In particolare, come interagiscono le stelle con il loro vicino, dominante del centro galattico: il buco nero supermassiccio Sagittario A *.

Dominante ma invisibile, Sgr A * ha una massa equivalente a circa quattro milioni di Soli. La forte gravità di Sgr A * tira verso il suo interno bolle di materiale, che le forze di marea allungano man mano che si avvicinano al buco nero.  Ma Sgr A *  non si limita ad attrarre materiale: occasionalmente esplosioni nella sua periferia provocano un espulsione di materiale (outburst) che si espande con violenza verso l’esterno, con l’effetto di eliminare parte del gas prodotto dai venti Wolf-Rayet, come possiamo appunto vedere nella seconda parte del filmato.

Nell'immagine una visualizzazione del centro della nostra galassia, possiamo distinguere le stelle brillanti e bianche, le bolle di materiale in giallo (clump) e sulla destra una di queste stirata dalle forze mareali del buco nero, i gas dispersi dai venti e i fronti di collisione che emettono radiazione X. Crediti: NASA/CXC/Pontifical Catholic Univ. of Chile /C.Russell et al.

Gli astronomi hanno quindi utilizzato queste simulazioni per comprendere la presenza di emissioni in raggi X, rilevate da Chandra, dalla forma di un disco che si estende per circa 0,6 anni luce dal buco nero.  Il loro lavoro ha mostrato che proprio la collisione tra i venti generati dalle stelle e il materiale espulso dall’outburst alimentato dal buco nero, crea emissioni in raggi X che dipendono sia dalla forza delle esplosioni che dal tempo trascorso dall’esplosione.

Le informazioni fornite dal confronto dei modelli teorici con i dati in raggi X osservati,  hanno portato Russell e colleghi a determinare che Sgr A * ha molto probabilmente ha avuto un outburst relativamente potente iniziato negli ultimi secoli, che sta ancora colpendo la regione intorno a lui nonostante si sia concluso circa un secolo fa.

Il video a 360 gradi del Centro Galattico è ottimizzato per occhiali per realtà virtuale (VR), come i Samsung Gear VR o i Google Cardboard, ma la navigazione è anche possibile cliccando sulla rotella con le quattro direzioni nell’angolo in alto a sinistra nel video YouTube e trascinando il video nella direzione voluta. Da smartphone poi è possibile utilizzare i sensori di posizione muovendolo per guardarsi attorno, come fosse una finestra nello spazio, come per tutti i video a 360°.


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Misterioso Frb, all’origine una stella di neutroni

0
Crediti: Bill Saxton, NRAO/AUI/NSF; Hubble Legacy Archive, ESA, NASA
Crediti: Bill Saxton, NRAO/AUI/NSF; Hubble Legacy Archive, ESA, NASA

Ancora tu, non mi sorprende lo sai. Sei ancora tu, purtroppo l’unica. Si chiama Frb 121102 ed è l’unica sorgente di fast radio burst (o Frb, lampi radio veloci) nell’universo conosciuto a non sorprenderci più di tanto: si ripetePurtroppo l’unica, dicevamo, perché i lampi radio sono talmente brevi che, senza sapere in anticipo da dove proverranno, e dunque dove volgere il “padiglione auricolare”, occorre una fortuna enorme per captarne uno. Ma Frb 121102 si ripete, appunto: ed è proprio verso di lei – un’anonima galassia a tre miliardi di anni luce dalla Terra – che ha teso l’orecchio (il secondo più grande al mondo) la mitica antenna da 305 metri di diametro di Arecibo, a Puerto Rico.

La copertina di Nature dedicata alla scoperta.

Intuizione premiata: i dati raccolti dallo storico radiotelescopio – poi confermati dal Green Bank, un’altra antenna blasonata e anch’essa, come Arecibo, dal futuro un po’ incerto – hanno consentito a un team internazionale di scienziati guidato da un giovane astrofisico italiano, Daniele Michilli, di ricostruire l’ambiente di provenienza del lampo radio. E dunque il profilo del “colpevole”, dell’oggetto cosmico che lo ha prodotto: con buona probabilità, una stella di neutroni – forse una magnetar – immersa in un campo magnetico intensissimo.

Nato a Roma, laurea alla Sapienza con una tesi svolta all’Inaf Iaps di Roma, Michilli è oggi ricercatore all’istituto di radioastronomia olandese Astron e all’Università di Amsterdam, e con questa scoperta si è guadagnato addirittura la copertina di Nature.

Daniele Michilli. Crediti: Media INAF

«Al momento abbiamo due ipotesi. A emettere questi bursts molto potenti, molto brillanti, potrebbe essere una stella di neutroni estremamente giovane», dice lo scienziato a Media Inaf, «e attorno a questa stella di neutroni potrebbe esserci una supernova remnant, o una pulsar wind nebula, che crea le caratteristiche peculiari che osserviamo nei bursts. L’alternativa che suggeriamo, nel nostro studio, è un nuovo possibile scenario: una stella di neutroni in orbita attorno a un buco nero supermassiccio. Una configurazione, questa, mai osservata prima, e che creerebbe le caratteristiche uniche rilevate, appunto, nei burstsemessi da Frb 121102».

Immagine in luce visibile della galassia da cui proviene il (non più così) misterioso FRB che "si ripete". Crediti: Gemini Observatory/AURA/NSF/NRC.

Quali caratteristiche? Le “firme” dell’ambiente d’origine dei lampi radio prodotti da Frb 121102 che hanno attirato l’attenzione di Michilli e colleghi sono essenzialmente due. La prima è la loro durata brevissima, anche meno d’un millisecondo. «Uno dei risultati del nostro studio è che abbiamo trovato il burst più corto mai osservato, appena qualche decina di microsecondi. Per generare un segnale radio così breve è necessaria una sorgente estremamente piccola», spiega Michilli, «una regione d’emissione di circa 10 km. Quindi oggetti compatti, e le stelle di neutroni sembrano una spiegazione naturale». La seconda caratteristica peculiare è quella che in inglese viene chiamata twisting: una sorta di “attorcigliamento” impresso sulla polarizzazione del segnale da un fenomeno noto come rotazione di Faraday, e che si verifica quando, appunto, un’onda radio attraversa plasma altamente magnetizzato.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “An extreme magneto-ionic environment associated with the fast radio burst source FRB 121102”, di D. Michilli, A. Seymour, J. W. T. Hessels, L. G. Spitler, V. Gajjar, A. M. Archibald, G. C. Bower, S. Chatterjee, J. M. Cordes, K. Gourdji, G. H. Heald, V. M. Kaspi, C. J. Law, C. Sobey, E. A. K. Adams, C. G. Bassa, S. Bogdanov, C. Brinkman, P. Demorest, F. Fernandez, G. Hellbourg, T. J. W. Lazio, R. S. Lynch, N. Maddox, B. Marcote, M. A. McLaughlin, Z. Paragi, S. M. Ransom, P. Scholz, A. P. V. Siemion, S. P. Tendulkar, P. Van Rooy, R. S. Wharton e D. Whitlow

Guarda su MediaInaf Tv l’intervista a Daniele Michilli:


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Tre mattine con Mercurio, Saturno e Luna. Guest star: la ISS

0
La cartina del cielo propone una vista a largo campo della situazione che si presenterà la mattina del 13 gennaio, alle ore 7 circa, guardando verso sudest. Si può notare la stretta congiunzione tra Saturno e Mercurio, immersi nel chiarore del crepuscolo mattutino. Più in alto troviamo la Luna e più in alto ancora Marte e Giove. Nel momento descritto si potrà assistere anche al passaggio della ISS, per le cui circostanze e tempi precisi si consiglia di consultare un planetario aggiornato impostato sulle proprie coordinate geografiche. Nella cartina, la Luna è stata ingrandita per esigenze di rappresentazione grafica.
La cartina del cielo propone una vista a largo campo della situazione che si presenterà la mattina del 13 gennaio, alle ore 7 circa, guardando verso sudest. Si può notare la stretta congiunzione tra Saturno e Mercurio, immersi nel chiarore del crepuscolo mattutino. Più in alto troviamo la Luna e più in alto ancora Marte e Giove. Nel momento descritto si potrà assistere anche al passaggio della ISS, per le cui circostanze e tempi precisi si consiglia di consultare un planetario aggiornato impostato sulle proprie coordinate geografiche. Nella cartina, la Luna è stata ingrandita per esigenze di rappresentazione grafica. Crediti immagini: Coelum Astronomia CC-BY

La mattina del 13 gennaio potremo assistere a una stretta congiunzione tra i due pianeti del mattino, Saturno e Mercurio.

Mercurio (mag. – 0,3), nel suo moto retrogrado sempre più basso all’orizzonte, incrocerà infatti il percorso di Saturno (mag. +0,5), che sta invece guadagnando altezza. Sorgeranno, a una distanza di soli 39′ l’uno dall’altro, dall’orizzonte sudest attorno alle 06:30, e poco dopo le 7:00 verranno raggiunti dalla luminosa Stazione Spaziale Internazionale (ISS), che (per il Centro Italia) attraverserà il cielo passando alla destra di Giove e Marte (già molto alti in cielo), la Luna e quindi sparirà nei pressi della nostra strana coppia.

➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

Potendo eseguire una ripresa a largo campo infatti, guardando più a sud, incontreremo prima la bella Antares, la stella alfa dello Scorpione (mag. +1,05) e, più in alto sempre verso sud, i pianeti Giove e Marte, nella Bilancia. Mercurio e Saturno saranno ancora molti bassi (attorno ai 5°) ma potremo seguirli fino a che non spariranno nella luce del mattino.

Un po’ meglio andrà il 14 gennaio, quando Saturno guadagnerà altezza superando Mercurio, e i due pianeti saranno quindi un po’ più alti sull’orizzonte, e potremo scorgere la falce di Luna, in fase 7%, in avvicinamento.

E ancor meglio il 15 gennaio, quando la sottilissima falce di Luna, ora al 3%, raggiungerà finalmente i due pianeti, ma per i dettagli continuate a leggere su Il Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218 a pag. 141 e 142 (lettura sempre gratuita!).

Come sempre, quando parliamo di sottili falci di Luna al crepuscolo, non possiamo non suggerire l’occasione di riprendere anche la sua Luce Cinerea Fotografare la Luce Cinerea della Luna

Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Gennaio

Leggi anche

➜ Scopri le costellazioni del cielo di gennaio con la UAI

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione dell’Eridano (II parte)

➜ La Luna di gennaio e la guida all’osservazione del margine orientale del Mare Serenitatis


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Rivoluzione Galileo: l’arte incontra la scienza

0

Rivoluzione GalileoLa mostra “Rivoluzione Galileo. L’arte incontra la scienza” promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e allestita a Palazzo del Monte di Pietà nella centralissima Piazza Duomo a Padova, è il racconto di un uomo poliedrico, dalle molteplici sfaccettature: scienziato, padre del metodo sperimentale, letterato, esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti per la sua scrittura capace di risvegliare l’immaginazione, musicista e virtuoso esecutore ed imprenditore, con il cannocchiale, il microscopio e il compasso. Ma anche un uomo che nella sua quotidianità cede a piccoli vizi e debolezze, come la passione per il vino. Attraverso un ampio numero di opere d’arte, la mostra ripercorre sette secoli di arte occidentale che, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana.

Alla mostra sono affiancate una serie di iniziative, tra conferenze, laboratori per ragazzi, spettacoli teatrali e musicali (consultare i vari programmi sul sito dedicato).
Gli incontri saranno introdotti da Giovanna Valenzano, prorettrice al Patrimonio artistico, musei e biblioteche.
Tutte le conferenze si terranno alle ore 18.00 presso la sala conferenze di Palazzo del Monte di Pietà, piazza Duomo 14, Padova.

16 gennaio: L’immagine di Galileo Galilei nell’arte novecentesca dell’Ateneo patavino – Marta Nezzo
23 gennaio: I segreti del cielo: la vita extraterrestre – Cesare Barbieri

Spettacoli teatrali presso la Sala dei Giganti (Padova)
12 gennaio Bahrami e Martux_m | Frescobaldi Renaissance
Il celebre pianista iraniano sperimenta e contamina con elettronica e sound art le musiche di Girolamo Frescobaldi, contemporaneo ed estimatore di Galileo.

19 gennaio Rossoporpora ensemble | Le nuove & le passate musiche
Da un collettivo di giovani musicisti diretti da Walter Testolin, un concerto raffinato con musiche, tra gli altri, di Monteverdi, Caccini, Willaert. Mottetti, madrigali, arie da un tempo di rivoluzione.
9 febbraio 2018 Jordi Savall | Tous les matins du monde
Uno dei più grandi interpreti della viola da gamba, compositore e musicologo, racconta in musica la relazione maestro-allievo. Il concerto che ha rivelato al grande pubblico il fascino della musica antica.

Per informazioni e prenotazioni:
Telefono 0425 460093
info@mostrarivoluzionegalileo.it
www.mostrarivoluzionegalileo.it

In ricordo di Thomas Bopp

1
Una bellissima sequenza fotografica che mostra il percorso seguito dalla cometa nel periodo dal 3 febbraio al 30 aprile 1997. Foto di Alessandro Dimai (Associazione Astronomica Cortina), effettuata con un obiettivo fotografico da 35mm a f/2,8.
La Hale-Bopp sopra le magnifiche vette dolomitiche. Foto di Alessandro Dimai (Associazione Astronomica Cortina).

In un’epoca (stiamo parlando di solo una ventina di anni fa) non ancora zeppa di sistemi automatici che scandagliano il cielo, c’era ancora lo spazio per la scoperta amatoriale di comete usando solo i propri occhi o e la propria modesta strumentazione. E fu ciò che avvenne il il 22 luglio 1995, quando Thomas Bopp, grazie al telescopio di un amico, osservando da Stanfield in Arizona il ben di Dio presente nella zona del Sagittario, si accorse che vicino all’ammasso globulare M 70 vi era la presenza di un intruso, un debole batuffolo che un osservatore esperto come lui riconobbe subito come una nuova cometa.

Praticamente in contemporanea, nel New Mexico, Alan Hale si era imbattuto nello stesso oggetto. Dopo aver comunicato entrambi all’ente preposto la loro possibile scoperta, la conferma non tardò ad arrivare. Quella era in effetti una nuova cometa, che prese la denominazione di C/1995 O1 Hale-Bopp.

Pur ancora molto distante dal Sole, appariva già insolitamente luminosa e il suo diametro risultò infatti cospicuo. Tutto questo mise in fibrillazione il mondo astronomico ed amatoriale. Circa un anno dopo la scoperta, infatti, la Hale-Bopp cominciò a mostrarsi a occhio nudo. Quel che avvenne in seguito è noto, con il passaggio al perielio dell’aprile 1997 che la rese un fenomeno di massa – ne abbiamo da poco parlato, nel numero 214 di Coelum Astronomia, proprio celebrando, con il ricordo di chi l’ha osservata e studiata, i vent’anni da quando la cometa ha attraversato i nostri cieli.

Una bellissima sequenza fotografica che mostra il percorso seguito dalla cometa nel periodo dal 3 febbraio al 30 aprile 1997. Foto di Alessandro Dimai (Associazione Astronomica Cortina), effettuata con un obiettivo fotografico da 35mm a f/2,8.

E pensare che passò piuttosto distante dalla Terra, altrimenti avremmo assistito a un qualcosa di inimmaginabile. Rimase visibile a occhio nudo praticamente per un anno prima di ripiombare nell’abisso oscuro da cui era provenuta.

Alan Hale ha postato sul profilo di Bopp un messaggio dicendosi molto rattristato per la morte dell’amico con cui ha condiviso la scoperta, ricordando che i loro nomi, qualora ci fossero ancora esseri umani sulla Terra, potrebbero tornare di moda attorno all’anno 4393 quando la Hale-Bopp dovrebbe fare ritorno.

Da parte nostra ogni volta che rivedremo nelle fotografie questo fantastico oggetto, ne parleremo o ne sentiremo parlare, il pensiero andrà anche a Thomas Bopp, che ha incarnato il sogno di ogni astrofilo legando in modo indelebilmente il suo nome alla grande cometa del 1997.

Goodbye Mr. Bopp

Leggi anche: Hale-Bopp. La grande cometa nel ricordo degli astrofili.


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Addio a John Young, l’astronauta dei record

0
DI MASSIMO ORGIAZZIAstronautinews.it

All’età di 87 anni è scomparso John Young, che nei suoi 42 anni di carriera, la più lunga come astronauta alla NASA e come astronauta in generale, ha contribuito a fondare la corsa allo spazio del ventesimo secolo, volando in ben tre storici programmi: Gemini, Apollo e Shuttle.

Il ritratto ufficiale dell'astronauta John Young. Crediti NASA

Nella giornata di sabato, la NASA ha diffuso la notizia della morte di John Watts Young, l’astronauta che forse più di ogni altro e senza distinzione di nazionalità, ha percorso in prima linea la storia dell’esplorazione spaziale. John Young è stato infatti a buon titolo una delle colonne portanti dell’epoca d’oro dell’era spaziale. La sua è stata una vita dedicata al volo, all’esplorazione e alla ricerca. Non è stato il primo uomo nello spazio né sulla Luna, l’uomo della strada forse non ricorda il suo nome, ma il suo operato ha attraversato tutta la storia del volo spaziale del secolo scorso, facendolo diventare senza mezzi termini l’uomo dei record, una leggenda a pieno titolo. Nessuno come lui ha totalizzato primati che si potrebbero giudicare minori, ma che ogni volta hanno richiesto coraggio e abnegazione, aprendo la strada a nuove frontiere.

È stato il primo uomo a volare nello spazio per sei volte (o sette, se si considera anche il decollo con il modulo lunare dalla superficie della Luna nel 1972 con l’Apollo 16) e l’unico astronauta a comandare quattro tipi diversi di veicoli spaziali (cinque includendo il rover lunare). Era stato scelto dall’agenzia spaziale americana nel 1962, nella seconda tornata di selezioni dopo i Mercury Seven, insieme a Neil Armstrong e a Jim Lovell. Da lì, John Young ha completato due missioni Gemini, due missioni Apollo e due missioni Shuttle, di cui una era il volo inaugurale nello spazio del nuovo sistema di trasporto nell’orbita bassa della NASA. E’ stato uno dei tre soli astronauti a lanciarsi due volte verso la Luna, il primo ad orbitarla da solo nel 1969 con l’Apollo 10 e il nono uomo a camminare su di essa nel 1972 con l’Apollo 16. In totale Young ha registrato 34 giorni, 19 ore e 39 minuti nello spazio, incluse 20 ore e 14 minuti passeggiando sulla Luna.

John Young testa la capsula Gemini III il 6 gennaio 1965. Crediti: NASA

John Young ha completato la prima delle sue sei missioni nel volo inaugurale di un veicolo Gemini con equipaggio, la Gemini III nel 1965 insieme a Gus Grissom, membro dei Mercury Seven poi morto nell’incidente dell’Apollo 1 nel 1967. Insieme misero in orbita il primo veicolo Gemini in una missione di sole cinque ore, nella quale diede anche un morso o due al famigerato panino portato in orbita senza autorizzazione della NASA e che riempì di briciole l’abitacolo del veicolo. Il secondo volo di Young avvenne nel luglio del 1966 con la missione Gemini X: tre giorni a 760 km dalla superficie terrestre per valutare il rischio posto dalle radiazioni sugli astronauti. Insieme al collega Michael Collins completò anche il primo doppio rendezvous, con due veicoli Agena.

Nel maggio del 1969, a bordo dell’Apollo 10, divenne il primo uomo ad orbitare da solo intorno alla Luna, mentre Gene Cernan e Tom Stafford testavano il modulo lunare ad una distanza di 14 km dalla superficie dalla Luna. Una prova che sarebbe stata decisiva per il primo atterraggio dell’Apollo 11 di lì a due mesi. Durante il loro ritorno sulla Terra, Young, Cernan e Stafford stabilirono il record di velocità per una capsula spaziale: 39.897 km/h toccati il 26 maggio del 1969.

John Young e il rover lunare dell’Apollo 16 nell’aprile del 1972. Crediti NASA

Nel 1972 Young ebbe la sua chance per camminare sulla Luna, come comandante della missione Apollo 16.  «Alla partenza da Cape Kennedy» confessò Charlie Duke, che scese con lui sulla Luna, «io avevo 130 battiti al minuto. Jonh 75… Incredibile. La sua tranquillità in quei momenti ci diede sicurezza».  Durante la missione guidò anche il rover lunare nel famoso “Grand Prix” del 21 aprile 1972, dove stabilì il record di velocità a poco meno di 18 km/h (sarebbe stato superato di poco solo da Gene Cernan nel dicembre di quell’anno). Durante quei tre giorni sulla Luna, in cui esplorò 26 km di superficie, ricevette la comunicazione da Terra che il congresso aveva votato a favore del programma Shuttle.

Di lì a nove anni, Young avrebbe fatto ancora una volta la storia, comandando proprio la prima missione nello spazio nel nuovo veicolo di trasporto per l’orbita bassa terrestre.

John Young a bordo dello Shuttle Columbia, aprile 1981. Crediti NASA

Young partì insieme a Bob Crippen sul Columbia il 12 aprile del 1981 per il volo inaugurale dello Shuttle, che per come era stato progettato, a differenza del Buran sovietico, non poteva essere testato nello spazio senza un equipaggio. Volare su un veicolo riutilizzabile per la prima volta nello spazio e condurre un rientro planato senza alcun test “automatico” precedente, fu una delle prove più coraggiose dell’intero programma spaziale americano. Anche questo potrebbe essere considerato un fatto scontato, ma appena cinque anni dopo, quando il Challenger esplose qualche secondo dopo il decollo, fu chiaro che lo Shuttle non era un mezzo così sicuro, e lo stesso Young arrivò a dichiarare che tutti gli astronauti che avevano volato prima di quella fatale missione STS-51L, erano stati estremamente fortunati a tornare vivi sulla Terra, lui compreso.

John Young comanda la missione STS-9. Crediti NASA

John Young concluse la sua serie di voli nello spazio comandando la missione STS-9, condotta sempre a bordo del Columbia, nel 1983. Anche quella fu una missione con una “prima volta”. In essa furono completati 73 esperimenti scientifici sul modulo di sperimentazione costruito in Europa e denominato Spacelab, per la prima volta appunto nello spazio.

Young era stato nominato a capo dell’ufficio astronauti della NASA nel 1974. Sotto la sua direzione, vennero completati l’Apollo-Soyuz Test Program, lo sviluppo dello Shuttle con il collaudo dell’Enterprise e i suoi test di atterraggio, e i primi 25 voli dello Shuttle. Occupò quella carica fino al 1987, quando fu nominato assistente speciale del direttore del Johnson Space Center, carica che ricoprì fino al 1996 per poi diventare direttore associato per gli affari tecnici per altri otto anni, fino al pensionamento definitivo dalla NASA nel 2004.

John Young era nato il 24 settembre 1930 a San Francisco, ma era cresciuto in Florida, dove i suoi genitori si erano spostati quando lui aveva 18 mesi. Laureatosi in ingegneria aeronautica nel 1952, entrò subito nella Marina Militare combattendo nella guerra di Corea. Si diplomò poi nel 1959 alla U.S. Navy Test Pilot School, dove divenne collaudatore iniziando i test sui sistemi di armamento dei caccia bombardieri Crusader e Phantom. Nel 1962 ebbe modo di infrangere dei record anche in quest’ambito, stabilendo i migliori tempi di ascesa da 3000 a 25000 metri a bordo dell’F-4 Phantom. Nel corso della sua intera carriera di volo, Young ha totalizzato più di 15000 ore a bordo di veicoli ad elica, jet, elicotteri e razzi.

Nel corso della sua carriera nella Marina e poi nei suoi 42 anni alla NASA, Young ha percorso la storia tecnologica e scientifica di un intero secolo. Ha assistito alla nascita del volo spaziale e ne è diventato un protagonista assoluto. Ha contribuito a risolvere i maggiori problemi e le sfide incontrate nello sviluppo di quasi ogni singolo veicolo che ha portato la NASA nello spazio e sulla Luna, raccogliendo tutti gli onori del caso, tra cui una medaglia d’oro del Congresso, sei lauree ad honorem e persino il nome di una strada: un tratto della Florida State Road 423 che passa per Orlando è nota come John Young Parkway, in suo onore.

John Young lascia la moglie Susy, due figli e tre nipoti, ma anche una schiera di ammiratori che senza ombra di dubbio hanno riconosciuto in lui un modello di dedizione, eroismo ed umiltà. Mentre il numero degli astronauti che hanno camminato sulla Luna scende a cinque ancora viventi, e mentre l’esplorazione spaziale fatica ad eguagliare le grandi imprese dell’epopea lunare, la vita di John Young ci ricorda che l’uomo può spingersi lontano nello spazio contro ogni limite ,e quel suo sguardo nelle foto sembra quasi dirci che tornerà a farlo.


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Ancora Marte e Giove ma con Falce di Luna

0

Abbiamo appena lasciato l’evoluzione del cammino della coppia di pianeti Marte e Giove che già solo un paio di giorni dopo tornano a essere protagonisti grazie a una falce di Luna, che questa volta si unirà ai due pianeti in fase del 28%.

Osserviamo la Luna
in Luce Cinerea

In gennaio, le giornate migliori per osservare e fotografare la Luna in luce cinerea saranno il 13 gennaio, appena prima dell’alba e il 20 del  mese, quando si avrà la migliore visibilità subito dopo il tramonto. Per approfondire:

Le falci lunari di gennaio di Francesco Badalotti su Coelum Astronomia 218

Fotografare la Luce Cinerea della Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia 207

Guardando verso est–sudest alle 4:00 del mattino potremo osservare i due pianeti avvicinati da una falce di Luna calante piuttosto pronunciata, che si porrà a poco meno di 4° di distanza da Giove. Appena più sotto, un po’ meno di 2°, troveremo Marte.

A completare il quadro, potremo notare la presenza delle deboli stelle della Bilancia, Zubenelgenubi (Alfa Librae, mag. +2,75) e Zubeneschamali (Beta Librae, mag. +2,60), poste esattamente ai lati del nostro satellite naturale. Sarà anche questa una bella occasione per scattare delle magnifiche fotografie a largo campo.

Le effemeridi giornaliere di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Gennaio


Leggi anche

➜ Organizzati in anticipo con Il Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218

➜ Scopri le costellazioni del cielo di gennaio con la UAI

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione dell’Eridano (II parte)


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Niente alieni sulla Stella di Tabby

0
alien_megastructure
Rappresentazione artistica della Stella di Tabby. Crediti: Danielle Futselaar/METI International
alien_megastructure
Rappresentazione artistica della Stella di Tabby. Crediti: Danielle Futselaar/METI International

Un team di oltre 200 ricercatori guidato da Tabetha Boyajian della Louisiana State University, prima autrice dell’articolo che nel 2015 ne ha annunciato la scoperta, è a un passo dal risolvere il mistero che si cela dietro la stella più misteriosa dell’Universo: KIC 8462852, denominata anche Stella di Tabby dalla stessa Boyajian. La Stella di Tabby è una normale stella, circa il 50 per cento più grande e mille gradi più calda del nostro Sole, che si trova a poco meno di 1.500 anni luce da noi in direzione della costellazione del Cigno. La sua peculiarità è che presenta insolite fluttuazioni di luminosità, con una variabilità aperiodica e abbassamenti repentini di luminosità che arrivavano fino al 20 percento. Sono state proposte diverse teorie per spiegare il comportamento anomalo della stella, tra cui quella di una megastruttura aliena che orbita attorno alla stella stessa.

Il mistero della Stella di Tabby è così intrigante che più di 1.700 persone hanno donato oltre 100mila dollari attraverso una campagna Kickstarter, la piattaforma americana di crowdfunding, in sostegno a osservazioni mirate della stella usando una rete di telescopi presenti in tutto il mondo. I risultati ottenuti da Boyajian e colleghi, in collaborazione con l’Osservatorio di Las Cumbres, sono ora disponibili in un nuovo paper pubblicato su Astrophysical Journal Letters.

«La nostra speranza era quella di osservare una variazione di luminosità della stella in tempo reale, a tutte le lunghezze d’onda. Un simile comportamento avrebbe indicato la presenza, attorno alla stella, di qualcosa di opaco, come un disco orbitante, un pianeta o una stella, o anche strutture di dimensioni maggiori», spiega Jason Wright, ricercatore al Penn State Department of Astronomy and Astrophysics.

Invece il team ha scoperto che la luminosità della stella si è attenuata molto di più ad alcune lunghezze d’onda rispetto ad altre. «Molto probabilmente la causa di questa variazione di luminosità è da imputarsi alla polvere, che attenua in maniera diversa le varie lunghezze d’onda, non risultando mai completamente opaca, come ci si aspetterebbe da un pianeta o da una struttura aliena», osserva Boyajian.

Gli scienziati hanno osservato in dettaglio la stella dall’Osservatorio Las Cumbres da marzo 2016 a dicembre 2017. A partire dal maggio 2017 hanno riscontrato quattro episodi nei quali la luminosità della stella è diminuita. A questi quattro episodi è stato dato un nome, proposto e votato dai sostenitori della campagna di crowdfunding. I primi due sono stati chiamati Elsie e Celeste. Gli ultimi due hanno preso il nome da due antiche città perdute: Scara Brae in Scozia e Angkor in Cambogia.

Gli autori dell’articolo riportano che, per certi aspetti, ciò che sta accadendo alla stella in questione è simile a quello che è successo a queste città perdute. «Sono episodi antichi. Stiamo osservando cose accadute più di mille anni fa», scrivono. «Sono quasi certamente causati da un qualcosa di ordinario, almeno su scala cosmica, ma questo non li rende meno interessanti, anzi». E, come le antiche città, rimangono avvolti dal mistero.

Il metodo con cui questa stella è stata studiata – raccogliendo e analizzando una grande mole di dati provenienti da un singolo target (la stella) – segna una nuova era dell’astronomia osservativa. Il gruppo di citizen scientists, attraverso il sito Planet Hunters, ha setacciato enormi quantità di dati raccolti dalla missione Kepler della NASA e sono stati loro a rilevare per la prima volta il comportamento insolito della stella.

Il principale obiettivo della missione Kepler è quello di trovare pianeti, ricercando e rilevando l’attenuazione periodica della luminosità delle stelle, che può essere indotta da un pianeta che ruota attorno alla stella stessa, oscurandola periodicamente. Il sito di citizen science Planet Hunters è stato istituito per dare la possibilità ai cittadini volontari di tutto il mondo, di dare il loro contributo alla scienza, analizzando i dati di Kepler alla ricerca di pianeti extrasolari.

Tabetha-Boyajian-3-340x194
L’astronoma Tabetha Boyajian

«Se non fosse stato per queste persone, che hanno uno sguardo imparziale sul nostro Universo, questa insolita stella sarebbe stata trascurata», sottoliena Boyajian. «E ancora, senza il supporto pubblico, non avremmo questa grande quantità di dati da analizzare ottenuti da questa lunga sessione di osservazione dedicata alla stella».

«Quest’ultima ricerca esclude la presenza di megastrutture aliene ma rende plausibili altri fenomeni che potrebbero spiegare l’oscuramento della stella» ha detto Wright. «Ci sono modelli che coinvolgono materiale circumstellare – come le eso-comete, che erano state proposte originariamente dalla squadra della Boyajian – il cui comportamento sembrerebbe essere coerente con i dati che abbiamo». Wright sottolinea anche che «alcuni astronomi preferiscono l’idea che non ci sia nulla che sta bloccando la stella, la cui luminosità si starebbe attenuando da sola – e anche questo sarebbe coerente con i dati raccolti».

«È emozionante» conclude Boyajian. «Sono molto riconoscente a tutte le persone che hanno contribuito a questo lavoro negli ultimi anni: il gruppo di citizen scientist e gli astronomi professionisti. Avere tutte queste persone che contribuiscono a raggiungere questi risultati in astronomia è un’esperienza di grande umiltà».

Per saperne di più:


✨ SPECIALE 2018. Tutti gli Eventi Celesti e le Missioni di Esplorazione Spaziale del Nuovo Anno!

Coelum Astronomia 218 di gennaio 2018 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Accademia delle Stelle

0
2018-01 Coelum AdS

2018-01 Coelum AdS

Scuola di Astronomia a Roma
Il 2018 si apre con due corsi (il lunedì e il giovedì) che dureranno fino a marzo presso la nostra sede all’EUR (fermata Laurentina).

Da lunedì 22 gennaio: Corso base di Astronomia. Il corso è dedicato a tutti per scoprire com’è fatto l’Universo, dai pianeti alle stelle, dal Big Bang a quasar, buchi neri e onde gravitazionali.

Da giovedì 25 gennaio: Fotografia Astronomica. Corso completo di Astrofotografia: tutte le basi teoriche e competenze pratiche per dedicarsi alla fotograia astronomica dalla semplice reflex al telescopio.

Prezzi in promozione e sconti per i lettori di Coelum Astronomia.

https://www.facebook.com/accademia.dellestelle/
https://www.accademiadellestelle.org/

Buchi neri al comando nella formazione stellare

0
c_389696-l_1-k_eso_centaurus_a_laboca-e1514833019365
Immagine composita di Centaurus A, uno dei nuclei galattici attivi più vicini alla Terra. Crediti: Eso/Wfi (ottico); MPIfR/Eso/Apex/A.Weiss et al. (submillimetrico); Nasa/Cxc/Cfa/R.Kraft et al. (raggi X)
c_389696-l_1-k_eso_centaurus_a_laboca-e1514833019365
Immagine composita di Centaurus A, uno dei nuclei galattici attivi più vicini alla Terra. Crediti: Eso/Wfi (ottico); MPIfR/Eso/Apex/A.Weiss et al. (submillimetrico); Nasa/Cxc/Cfa/R.Kraft et al. (raggi X)

Le giovani galassie sfavillano grazie al fatto che sempre nuovi astri si accendono a ritmo sostenuto; tuttavia, a un certo punto dell’evoluzione galattica la formazione stellare rallenta, fino a cessare. Un nuovo studio, pubblicato nel primo numero del nuovo anno della rivista Nature, dimostra che a determinare quanto presto si verifichi questo smorzamento della formazione stellare è la massa del buco nero al centro della galassia.

Ogni galassia di una certa dimensione ospita al proprio centro un buco nero supermassiccio, con una massa di oltre un milione di volte quella del Sole. Oltre che dagli effetti gravitazionali sulle stelle circostanti, a volte l’ingombrante presenza del buco nero è rivelata dall’emissione energetica di un fenomeno chiamato nucleo galattico attivo (in sigla, Agn), di cui è protagonista lo stesso buco nero per periodi relativamente brevi.

Gli autori del nuovo studio hanno dimostrato come l’energia riversata dal nucleo attivo nella galassia circostante influenzi la formazione stellare dissipando del gas che altrimenti si sarebbe condensato in nuove stelle.

Questa idea non è affatto nuova, ed è consolidato il fatto che i modelli teorici di evoluzione galattica realizzati al computer riproducono correttamente le proprietà realmente osservate solamente se si introduce nel modello stesso l’effetto di feedback del buco nero centrale. Tuttavia, finora mancava “la pistola fumante”, ovvero la prova osservativa certa di questa connessione diretta tra buchi neri supermassicci e tasso di formazione stellare.

zoom-1377859938
Uno spaccato dello Hobby-Eberly Telescope. Crediti: HET

Il nuovo studio si concentra su un campione di galassie massicce per le quali era già stata determinata in precedenza la massa del buco nero centrale. La “storia evolutiva” delle stelle presenti in queste galassie è stata ricavata da indagini spettroscopiche compiute con il telescopio Hobby-Eberly Telescope all’Osservatorio McDonald in Texas.

Le analisi hanno rivelato un’osmosi continua tra l’attività del buco nero e la formazione stellare durante tutta l’arco di vita delle galassie, un interscambio che riguarda tutte le generazioni di stelle. In particolare, quando il gruppo di ricerca ha paragonato la storia della formazione stellare avvenuta in galassie con buchi neri di masse diverse, ha riscontrato differenze vistose, correlabili unicamente con la massa del buco nero, e non con altre proprietà come morfologia o dimensione.

Buchi neri di massa più grande hanno smorzato più precocemente e più velocemente la formazione stellare nella loro galassia ospite rispetto ad altre galassie con un numero paragonabile di stelle ma con un buco nero centrale meno massiccio.

La chiave del risultato di questa ricerca, spiegano gli autori, è di avere preso in considerazione la massa dei buchi neri anziché le proprietà dei nuclei galattici attivi. Un nucleo galattico diventa “attivo” – e quindi osservabile – quando il buco nero supermassiccio espelle violentemente parte del materiale che sta per essere ingoiato dal buco nero stesso. Tuttavia, i nuclei galattici attivi sono fenomeni estremamente variabili, e le loro proprietà dipendono da diversi fattori concorrenti, quali dimensioni del buco nero, tasso di accrescimento di nuovo materiale, e così via.

«Abbiamo usato la massa del buco nero come misura indiretta dell’energia profusa nella galassia dal nucleo galattico attivo», commenta Ignacio Martín-Navarro dell’Università della California a Santa Cruz, primo autore del nuovo studio, «perché fenomeni di accrescimento attorno a buchi neri più massicci conducono a un feedback più energetico dai nuclei galattici attivi e, di conseguenza, a uno smorzamento più repentino della formazione stellare».

Per saperne di più:


Scopri ora tutti i contenuti di Coelum Astronomia 218 di gennaio!

Leggilo qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Cinque mattine con Marte e Giove

0
Questo riquadro mostra nel dettaglio l’evoluzione della congiunzione tra i pianeti Giove e Marte, evidenziando il moto dei due corpi celesti rispetto alle stelle di fondo. Crediti Coelum Astrnomia CC-BY
Questo riquadro mostra nel dettaglio l’evoluzione della congiunzione tra i pianeti Giove e Marte, evidenziando il moto dei due corpi celesti rispetto alle stelle di fondo. Crediti Coelum Astrnomia CC-BY

Iniziamo già nei primi giorni del mese, il 5 gennaio, quando, la mattina molto presto, verso le 4:00, potremo vedere dirigendo il nostro sguardo a est–sudest i due pianeti bassi sull’orizzonte, circa 7° per Giove e poco più per Marte. I due pianeti si troveranno a una distanza reciproca di circa 53′. Non molto distante potremo notare la presenza di Zubenelgenubi (mag. +2,75), la stella alfa della costellazione della Bilancia, che ospita la congiunzione. I due pianeti e la stella formeranno un bell’allineamento a tre.

Ovviamente con il passare delle ore i tre astri guadagneranno altezza, superando abbondantemente i 20° alle 6 circa del mattino, prima di perdersi del chiarore del crepuscolo, ma è quando sono più bassi che si avrà la possibilità di fotografarli includendo gli elementi del paesaggio circostante e creare una composizione interessante.

Per vederli al massimo avvicinamento dovremo però aspettare il 7 gennaio: appena 10′ circa li separeranno e la visione d’insieme risulterà di grande effetto. Marte più tenue e di colore rossastro (mag. +1,4) mentre Giove apparirà brillante (mag. –1,8) e di colore paglierino.

L’immagine mostra come apparirà la strettissima congiunzione tra i pianeti Marte e Giove che avverrà il 7 gennaio 2018, nella costellazione della Bilancia a poca distanza dalla stella Alfa Zubenelgenubi (mag. +2,75). Crediti Coelum Astronomia CC-BY

Nei giorni successivi potremo assistere al progressivo allontanamento dei due pianeti, il 9 gennaio, i due saranno nuovamente separati di poco più di 1°.

Questa magnifica e strettissima congiunzione costituirà un’ottima occasione non solo per osservare la “danza dei pianeti” ma anche per riprendere fotograficamente l’intera evoluzione come suggerito da Giorgia Hofer nel suo articolo pubblicato su Coelum Astronomia 202.

Volendo le riprese potranno coinvolgere anche un più ampio arco di tempo, infatti, la danza di Marte e Giove non finisce qui…

Le effemeridi giornaliere di Luna e piaeti le trovi nel Cielo di Gennaio

Leggi anche

➜ Organizzati in anticipo con Il Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218

➜ Scopri le costellazioni del cielo di gennaio con la UAI

e il Calendario degli eventi giorno per giorno


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

L’INFINITA CURIOSITÀ. Un viaggio nell’Universo in compagnia di Tullio Regge

0

1507068881_Linfinita-curiosita-Torino-1Per tutto l’inverno, il palazzo dell’Accademia delle Scienze di Torino ospita “L’infinita curiosità. Un viaggio nell’universo in compagnia di Tullio Regge”. La mostra, curata da Vincenzo Barone e Piero Bianucci, propone, con un allestimento coinvolgente, un viaggio ideale nell’universo, dall’immensamente grande all’estremamente piccolo, alla scoperta delle meraviglie della fisica contemporanea.
L’ingresso alla mostra accoglie il visitatore con un allestimento spettacolare. Nello scenografico corridoio è posta un’installazione di legno che rappresenta la “scala cosmica”: 62 blocchi corrispondenti ai 62 ordini di grandezza dell’universo conosciuto, dall’estremamente piccolo (la lunghezza di Planck) all’immensamente grande (l’orizzonte cosmologico). Lungo il percorso della mostra il visitatore si muoverà idealmente su e giù per questa scala, confrontandosi con le dimensioni delle cose, dai quark alle galassie.
La mostra si avvale della collaborazione di importanti istituzioni scientifiche italiane, tra le quali l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRiM). Il progetto è realizzato nell’ambito delle attività del Sistema Scienza Piemonte, un accordo promosso dalla Compagnia di San Paolo e sottoscritto dai principali enti torinesi che si occupano di diffusione della cultura scientifica.
www.torinoscienza.it

La Luna di Gennaio 2018 e una guida all’osservazione del margine orientale del Mare Serenitatis

0
Le fasi della Luna in gennaio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione

Il nuovo anno si apre col nostro satellite che, allo scoccare della mezzanotte, risplenderà alto nel cielo meridionale a +62° (in posizione centrale rispetto alle costellazioni di Orione, Auriga, Toro e Gemelli) in fase di 13,69 giorni, quindi 27 ore prima del Plenilunio previsto per le 03:24 della notte successiva.

La prima sera del mese di gennaio vedrà la Luna in fase di 14,42 giorni ormai prossima al Plenilunio che, dopo essere sorta alle 16:30, culminerà in meridiano pochi minuti dopo la mezzanotte a un’altezza di +64° entrando in Luna Piena alle 03:24 della notte successiva, il 2 gennaio. Questo plenilunio sarà particolare poiché, come si suole dire oggi, si tratterà di una “SuperLuna”, di cui si può leggere nell’articolo di approfondimento in questo stesso numero di Coelum Astronomia.

➜ Leggi Guarda che Luna Super! Che differenza c’è davvero tra una Superluna e una Luna Piena “normale”, e con una “Microluna”? E se si tratta di un fenomeno così raro e spettacolare, com’è che ce n’è appena stata una il mese scorso? Sono tutte uguali le Superlune?

Ma la Luna Piena, anche se altre osservazioni del cielo possono risultare difficoltose, è sicuramente un momento in cui  scattare suggestive foto di paesaggio. Trovate degli ottimi spunti nella rubrica Uno scatto al mese di Giorgia Hofer e, in particolare, nel numero scorso: La Luna illumina la notte (la lettura è sempre gratuita).

A questo punto proseguirà il consueto avvicendarsi delle fasi con la Luna Calante che alle 23:25 dell’8 gennaio si troverà in  Ultimo Quarto.

Continua nella rubrica la Luna di Gennaio 2018

Le effemeridi giornaliere della Luna le trovi nel Cielo di Gennaio

A gennaio osserviamo

La prima e principale proposta di questo numero è per la serata del 22 gennaio con la Luna in fase di 5,61 giorni (illuminazione 27,5%, colongitudine 340.5°) quando, dopo le 18:00, l’oggetto delle nostre osservazioni sarà il margine orientale del Mare Serenitatis lungo il quale vi sono alcune grandi strutture fra cui il cratere Posidonius di 99 km di diametro.

Guida all’osservazione del margine orientale del Mare Serenitatis

Con la seconda proposta di gennaio prosegue l’osservazione dei grandi crateri situati in prossimità del bordo orientale del mare Nubium di cui questo mese è il turno di Purbach e il suo “Lunar X” che visiteremo la sera del 24 gennaio a partire dalle 18:00 circa, col nostro satellite in fase di Primo Quarto.

La terza proposta di questo mese è per il 30 gennaio quando il punto di massima Librazione coinciderà con la regione fra il mare Humboldtianum (area pianeggiante con diametro di 165 km) e l’adiacente cratere Belkovich (diametro di 204 km).

Per approfondire queste due osservazioni, per le falci di Luna e la sua luce cinerea e per tutte le altre informazioni, leggi la Luna di gennaio su Coelum astronomia 218 (è sempre gratis, puoi scaricarlo in pdf oppure stampare le pagine che ti interessano di più 😉 ).


Leggi anche

➜ Fotografare la Luce Cinerea della Luna

➜  Calendario degli eventi giorno per giorno

➜  Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione! Su Coelum Astronomia n. 211



Il Cielo di Gennaio 2018

0
AAssppeettttoo ddeell cciieelloo ppeerr uunnaa llooccaalliittàà ppoossttaa aa LLaatt.. 4422°°NN -- LLoonngg.. 1122°°EE LLaa ccaarrttiinnaa mmoossttrraa ll’’aassppeettttoo ddeell cciieelloo aallllee oorree ((TTMMEECC)):: 11 GGeenn >> 0000::0000 1155 GGeenn >> 2233::0000 3300 GGeenn >> 222222::0000
Aspetto del cielo per una località posta a Lat. 42°N - Long. 12°E La cartina mostra l’aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Gen > 00:00; 15 Gen > 23:00; 30 Gen >22:00

EFFEMERIDI
(mar. – ott. 2017)

Luna

Sole e Pianeti

Proprio le numerose ore di buio permettono in questo periodo di spaziare – già a partire dalla prima serata – dalle costellazioni autunnali più orientali (Pesci, Pegaso, Balena…) fino alle regioni ricche di nebulose e ammassi del cielo invernale, per terminare nella seconda parte della notte con le prime avvisaglie della grande concentrazione di galassie del cielo primaverile (Vergine, Leone…).

➜ Scopri le costellazioni del cielo di gennaio con la UAI

IL SOLE

Dopo essere arrivato alla minima declinazione durante il Solstizio dello scorso dicembre, il Sole ha iniziato lentamente a risalire l’eclittica. La sua altezza sull’orizzonte al momento del passaggio in meridiano risulterà in gennaio ancora molto modesta (+27° a metà mese), ma l’arco descritto nel cielo tenderà a divenire di giorno in giorno più ampio. Ciò comporterà di conseguenza un aumento delle ore di luce, anche se piuttosto modesto, di circa 45 minuti.

Cosa offre il cielo

Si comincia subito con una nuova Superluna il 2 gennaio. Dopo quella di dicembre, ecco una nuova Luna Piena a poche ore dal perigeo, il punto più vicino alla Terra dell’orbita lunare. Ma per comprendere meglio di cosa si tratta, questo mese abbiamo un bello e approfondito articolo di Aldo Vitagliano, che con la sua ironia e i suoi calcoli al decimale ci svela ogni segreto di questo evento che tanto affascina (soprattutto i media): Guarda che Luna Super!

Anche questo mese le più belle congiunzioni sono riservate a chi si alza presto al mattino (o resta in piedi fino a molto tardi…), ma le notti ancora lunghe non rendono la “sveglia presto” troppo “presto”… perciò, soprattutto per l’infilata di congiunzioni che ci offriranno Marte, Giove e Luna già dalla prima settimana del mese:

➜ Organizzati in anticipo con Il Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218

E per concludere, anche questo mese ha le sue stelle cadenti! Ogni inizio anno è caratterizzato dal manifestarsi  più o meno discreto dello sciame delle Quadrantidi, il cui nome deriva dalla obsoleta costellazione del Quadrante Murale (introdotta da Lalande nel 1795 e abolita nel 1922) che un tempo occupava la regione situata nella parte nordorientale del Boote (dove quindi è situato il radiante). Questo sciame meteorico è attivo già dalla fine di dicembre fino al 12 gennaio circa e il massimo dell’attività si avrà quest’anno verso le 23:00 del 3 gennaio. Purtroppo sarà presente la Luna a disturbare la visione, appena dopo la fase di Piena (fase 95%), fortunatamente a una discreta distanza dal radiante.

E ancora, sempre su Coelum Astronomia n. 218

➜ Storia, leggende, stelle e oggetti deepsky della costellazione dell’Eridano (II parte)
➜ La Luna di gennaio e la guida all’osservazione del margine orientale del Mare Serenitatis
➜ Il Club dei 100 asteroidi: Iniziamo l’anno con (1) Ceres!
➜ Leggi la rubrica di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS
➜ Le comete del mese: La modesta Heinenz e la “grande” Wirtanen.
➜ Supernovae: Una nuova scoperta italiana
➜ Astrofotografia: Riprendiamo la cintura di Venere

e il Calendario degli eventi giorno per giorno


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di gennaio su Coelum Astronomia 218

Leggilo subito qui sotto online, è gratuito!

Semplicemente lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

Nasce REEGO, un nuovo Collimatore targato AE

Astronomy Expert ha da poco tempo arricchito la propria offerta di prodotti ottimizzati per l’astronomia un collimatore LED di nuova generazione, interamente progettato, sviluppati e realizzato in Italia! Versatile e multiuso, è compatibile con tutti i portaoculari da 2″ di quasi tutti gli OTA in commercio e con pressoché ogni schema ottico diffuso. Interamente realizzato in alluminio lavorato CNC, e corredato di apposita custodia morbida e di un pratico laccetto, oltre a una batteria CR2032 integrata e sostituibile.

La forza di #REEGO (acronimo di Recognisement of Elements Extraxiality through Glows Observation – per gli amici RIGO), è rappresentata dalla velocità e precisione delle collimazioni che consente di ottenere. Rispetto a collimatori di tipo tradizionale laser risulta molto più pratico e preciso, in quanto meno soggetto alle micro-variazioni angolari nell’inserimento all’interno del focheggiatore, nonché estremamente resistente ad ogni forma di staratura o imprecisione di lavorazione e assemblaggio di focheggiatore e intubazione.
Non teme urti né maltrattamenti, non richiede le cautele speciali tipiche dei collimatori laser ed è proposto a un prezzo molto conveniente (78 euro).

Questo collimatore dispone di due configurazioni operative di base: modalità rifrattore a LED bianchi attivi e modalità newtoniano/riflettore, a LED rossi attivi. A queste se ne somma una terza indiretta, a LED spenti, residuale e dedicata agli altri OTA.

Ottenere una collimazione di alta qualità anche in pieno giorno è facile, è sufficiente inserire REEGO nel focheggiatore e seguire le istruzioni passo passo riportate nel manuale (in italiano) suddiviso in sezioni dedicate ai vari schemi ottici Rifrattori, Newton, catadiottrici.

In modalità rifrattore il collimatore è in grado di consentire un semplice e veloce controllo dell’allineamento di tutti gli elementi ottici contenuti nella cella, nonché della corretta collimazione di quest’ultima rispetto al focheggiatore. Il sistema si basa su una serie di riflessioni prodotte su ciascuna superficie aria-vetro da un gruppo di LED ad alta luminosità, appositamente studiati ed orientati, capace di sviluppare una precisa geometria apparente. Un veloce controllo visivo di tale geometria, è in grado di dare precise informazioni su quali regolazioni siano necessarie per poter portare lo strumento ad una perfetta ottimizzazione!

Ecco alcuni esempi reali di cosa è possibile vedere, in rifrattori perfettamente collimati, durante un test effettuato con #REEGO.

.

Sui telescopi Newton – sia tradizionali che molto aperti (≤F4 ), l’attivazione dei LED rossi permetterà di conseguire un risultato quasi perfetto, grazie allo speciale design interno del collimatore! L’utilizzo di REEGO è infatti estremamente facile e intuitivo e grazie all’utilizzo di speciali indicatori illuminati, sarà sempre chiaro non solo su quale vite agire, ma persino in quale direzione movimentare la vite di regolazione stessa. Un semplice manuale (Manuale Reego Newton) fornito a corredo consente di ottenere risultati strabilianti in pochissimo tempo!

.

Chi possiede un telescopio Ritchey-Chreétien o un Dall-Kirkham sa bene quanto la collimazione di questi strumenti sia complessa e difficoltosa. Il collimatore REEGO permette invece di conseguire un risultato di qualità paragonabile a quello ottenibile con collimatori più blasonati, ma con una versatilità maggiore e ad un costo decisamente conveniente. REEGO è progettato infatti per operare sulla maggior parte dei telescopi di tipo RC, Cassegrain e Cassegrain-derivati, purché dotati di marcatore centrale sullo specchio secondario. In particolare viene garantita al 100% la compatibilità con gli RC TS e GSO (Manuale Reego RC).

.

Il collimatore è compatibile anche con catadiottrici tipo Schmidt-Cassegrain e Maksutov-Cassegrain; per questi ultimi, tuttavia, trattandosi di una configurazione ottica tradizionalmente priva del marcatore di centro sul secondario, i vantaggi sono minori rispetto a quelli che può dispiegare REEGO su altre tipologie di OTA. In questo caso il collimatore può essere sfruttato sia in modalità a LED spenti (operando quindi in maniera simile ad un oculare tipo Ceshire), sia a LED rossi accessi (modalità newton/riflettore).

Il collimatore REEGO (disponibile in colori assortiti: blu, giallo, arancione e rosso) è proposto a 78 euro e nella confezione include la custodia protettiva imbottita, una batteria CR2032 e un laccetto.

Per maggiori informazioni: AE Teleskop Service Italia – Treviso (0423 81408)

Un po’ di luce sull’energia oscura

0
Illustrazione di due stelle di neutroni che si fondono. Le increspature nella griglia dello spazio-tempo rappresentano le onde gravitazionali prodotte dallo scontro, mentre i fasci luminosi mostrano i lampi di raggi gamma esplosi pochi secondi dopo le onde gravitazionali. Sono inoltre raffigurate vorticose nubi di materiale espulso dalle stelle in fusione, nubi che si illumineranno di luce a diverse lunghezze d’onda. Crediti: NSF/LIGO/Sonoma State University/A. Simonnet
Illustrazione di due stelle di neutroni che si fondono. Le increspature nella griglia dello spazio-tempo rappresentano le onde gravitazionali prodotte dallo scontro, mentre i fasci luminosi mostrano i lampi di raggi gamma esplosi pochi secondi dopo le onde gravitazionali. Sono inoltre raffigurate vorticose nubi di materiale espulso dalle stelle in fusione, nubi che si illumineranno di luce a diverse lunghezze d’onda. Crediti: NSF/LIGO/Sonoma State University/A. Simonnet

Il recente annuncio della prima osservazione di una fusione tra due stelle di neutroni sia attraverso le onde gravitazionali che elettromagnetiche emesse dall’evento Gw 170817, registrato il 17 agosto scorso, ha letteralmente aperto una nuova finestra di osservazione dell’universo. Un nuovo studio, pubblicato su Physical Review Letters, ha ora analizzato come tale, straordinaria, osservazione abbia di fatto sfoltito le innumerevoli teorie riguardo la natura della cosiddetta energia oscura.

Energia oscura è il nome con cui i fisici definiscono – in attesa di darne una spiegazione convincente – la forza misteriosa che mantiene l’espansione dell’universo in continua accelerazione, funzionando come una sorta di antigravità. In estrema sintesi, se la gravità agisce a livello macroscopico per tenere insieme la materia, l’energia oscura fa di tutto per separarla.

La fusione delle due stelle di neutroni ha scosso per un breve istante lo spazio-tempo circostante, dando origine a un impulso di onde gravitazionali, che hanno viaggiato nello spazio per 130 milioni di anni prima di essere rilevate sulla Terra dagli interferometri Ligo e Virgo. La fusione ha prodotto anche una serie di onde elettromagnetiche, tra cui un primo, intenso, bagliore di luce gamma, rilevato dai satelliti Fermi e Integral quasi in contemporanea con le onde gravitazionali, appena due secondi dopo.

Il fatto che onde gravitazionali ed elettromagnetiche siano arrivate pressoché assieme dopo un viaggio così lungo nello spazio rappresenta, fra le innumerevoli cose, un test importante per le diverse teorie attualmente in ballo per spiegare l’energia oscura.

I dati ricavati dalla fusione di stelle di neutroni osservata il 17 agosto fanno scartare una serie di teorie sull’energia oscura. Questo grafico mostra centinaia di varianti della cosmologia Galileon, dove quelle in verde-sfumato sono le sfavorite dalle osservazioni. Crediti: Berkeley Lab, Physical Review Letters

I due autori del nuovo studio spiegano come da questo test siano uscite vincenti le teorie più semplici. Come la costante cosmologica, introdotta nientemeno che da Albert Einstein un secolo fa all’interno del suo lavoro sulla relatività generale. Questa e altre teorie simili e derivate presuppongono che l’energia oscura sia costante sia nello spazio che nel tempo, influenzando alla stessa maniera onde gravitazionali ed elettromagnetiche. Come risulta, appunto, dall’osservazione del 17 agosto.

Anche alcune teorie più complicate o “esotiche” possono reggere la prova della fusione tra stelle di neutroni. Per esempio la cosiddetta massive gravity – che assegna una massa a un’ipotetica particella elementare chiamata gravitone – può risultare corretta se il gravitone ha una massa molto piccola.

I ricercatori notano infine come tutta una classe di teorie, complessivamente note come teorie scalare-tensore, siano messe in seria difficoltà dalle evidenze osservative raccolte durante l’evento di fusione. Fra le teorie che dovrebbero ricorrere a qualche aggiustamento per non essere scartate vengono citate Einstein-aethersimil-MOND, Galileon e Horndeski.

Per saperne di più:

Guarda il servizio video di MediaInaf TV:


VOYAGER:  Viaggio verso l’Eternità
Lo speciale per i 40 anni della storica missione… ancora in corso!

Coelum Astronomia 217 di dicembre 2017 è online, come sempre in formato digitale e gratuito…
Semplicemente qui sotto, lascia la tua mail (o clicca sulla X) e leggi!

Se non vedi l’immagine, consenti l’uso di flash su questa pagina. L’indirizzo email verrà utilizzato solo per informare delle prossime uscite della rivista.

×
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

There was an error while trying to send your request. Please try again.

Autorizzo Coelum Astronomia a contattarmi via e-mail utilizzando le informazioni che ho fornito in questo modulo sia per fini informativi (notizie e aggiornamenti) che per comunicarmi iniziative di marketing.