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Lezioni pratiche sull’uso del telescopio nell’osservazione di pianeti e oggetti “deep sky”

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CCAT_Corso di introduzione astronomia 2019

Trump rilancia: 1,6 miliardi alla NASA per mandare l’uomo sulla Luna

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Rappresentazione artistica del nuovo sbarco sulla Luna del 2024.
Rappresentazione artistica del nuovo sbarco sulla Luna del 2024.
Di GIANMARCO VESPIA · astronautinews.it

A marzo la prima proposta di budget per il 2020 era stata deludente, 500 milioni in meno rispetto al 2019. Poco dopo il vice presidente annunciava a sorpresa l’intenzione di tornare sulla Luna entro 5 anni, totalmente incompatibile con la proposta precedente, un simile sforzo richiedeva un’iniezione di denaro non indifferente. Mentre iniziavano i lavori di programmazione per lo sbarco lunare del 2024, i ritardi all’emendamento del budget, la mancanza di elementi fondamentali (come il lander lunare) e i continui rinvii dello sviluppo del razzo SLS lasciavano intendere ai media che si trattasse del solito annuncio politico per attirare un po’ di attenzione in vista del cinquantenario della missione Apollo 11.

Successivamente, un po’ a sorpresa, due compagnie private hanno palesato piani e progetti a cui stanno lavorando da anni. È il caso di Lockheed Martin, con un habitat per il gateway lunare e un lander, e Blue Origin, con un lander lunare innovativo, che con il loro lavoro confondono la comunità incredula e aumentano il dibattito se ci sarà o meno l’uomo sulla Luna tra 5 anni.

Rendering del lander lunare Blue Moon. Credit: Blue Origin.

Il 13 maggio finalmente arriva l’emendamento del presidente. Ne ha dato l’annuncio Jim Bridenstine, l’amministratore di NASA, in un video messaggio.

Si tratta di 1,6 miliardi di dollari di finanziamento aggiuntivo, che permetteranno a NASA di iniziare i lavori di progettazione e sviluppo, di accelerare la produzione del razzo SLS e della navicella Orion, di finanziare lo sviluppo di un lander lunare con equipaggio umano, e di predisporre attività propedeutiche, come l’esplorazione robotica delle regioni polari della Luna.

L’annuncio è avvenuto a ridosso della conferenza annuale Humans to Mars, dedicata all’esplorazione umana su Marte, ma che quest’anno ha visto il dibattito incentrarsi sull’esplorazione umana sulla Luna come esercizio propedeutico fondamentale per la conquista del pianeta rosso.

Dettaglio del finanziamento aggiuntivo

Poco più di un miliardo e mezzo non basta a finanziare la missione. Oltre al budget aggiuntivo sono stati effettuati dei tagli ad altre voci del budget NASA per riversare più risorse sull’obiettivo principale dei prossimi 5 anni. Questa è solo l’ultima modifica, altri tagli ad alcune missioni scientifiche erano stati effettuati nella proposta precedente, quella di marzo, e non sono stati alterati.

Nel documento riassuntivo ufficiale si evidenzia un miliardo netto per finanziare lo sviluppo del lander il prima possibile, anticipando di 3 anni quello che era il progetto precedente. Lo sviluppo e la produzione del lander verranno affidate a una singola società privata. Il Gateway da portare in orbita lunare nascerà zoppo: la voce ha subito un taglio di 321 milioni di dollari per eliminare elementi non necessari alle prime operazioni del 2024, di fatto verranno preparati solo il modulo di propulsione ed energia (PPE) e un hub per l’attracco di Orion e del lander.

In compenso la produzione di SLS e Orion riceverà altri 651 milioni di dollari per accelerare la produzione. Il lancio della missione EM-1 entro il 2020 è fondamentale per la riuscita del programma Artemis. Verranno poi assegnati 132 milioni allo sviluppo di tecnologie precursori utili per la missione, come la propulsione elettrica solare e le tecnologie per lo sviluppo di risorse in situ. Infine sono destinati 90 milioni di dollari all’esplorazione delle regioni polari della Luna.

Controversie politiche

Sebbene la proposta del presidente abbia entusiasmato gli appassionati di astronautica, non è detto che ottenga lo stesso apprezzamento dal congresso. Trump dovrà giocare da mediatore tra quelle che sono le effettive necessità della NASA e quello che il congresso può concedere. Non agevola la situazione lo scontro che c’è stato a inizio anno tra il presidente e il capo della sottocommissione all’approvazione del budget NASA, José Serrano, che ha criticato l’abbandono totale di finanziamento per il programma di sostentamento nutrizionale delle vittime di Puerto Rico.

Il presidente Donald Trump firma la Space Directive – 1 nel 2017, il primo atto ufficiale del suo mandato per far ripartire le attività umane nello spazio. Credit: NASA.

Inoltre, le ipotesi che circolano sull’affidare a vettori privati alcune missioni precedentemente programmate per lo SLS fa storcere il naso ad alcuni senatori dell’Alabama, stato dove il razzo è sviluppato, che non desiderano allentare la morsa politica sul proprio elettorato.

Oltre a tutto questo, c’è anche la controversa origine del finanziamento aggiuntivo alla NASA che viene dal Pell Grant Reserve Fund, un fondo di supporto per gli studenti meno abbienti. Secondo Trump non si tratta di tagli, ma di risorse rimaste inutilizzate che possono essere riassorbite nel budget federale.

Il programma Artemis

Il nuovo programma di esplorazione umana della Luna si chiamerà Artemis, in onore della dea della Luna nella mitologia greca, conosciuta in italiano come Artemide. Richiamando il programma degli anni ’70, nella mitologia Artemide era la sorella gemella di Apollo e così, mentre il programma Apollo ha portato il primo uomo sulla Luna nel 1969, il programma Artemis porterà la prima donna sulla Luna nel 2024. Su questo è sorta un po’ di ironia in rete in quanto nella mitologia fu proprio Artemide a uccidere Orione (Orion è il nome della capsula che porterà l’equipaggio): è stata la scelta dei nomi azzeccata?

Il nuovo programma non si limita a inviare e far tornare gli astronauti dalla superficie della Luna, ma si pone l’obiettivo più ambizioso di creare un’infrastruttura tecnologica per permettere operazioni continue e sostenibili sulla Luna, per la NASA e per i propri partner. Tra gli obiettivi a lungo termine ci sono la possibilità di utilizzo di risorse locali, lo studio degli effetti sull’uomo di una permanenza prolungata al di fuori dell’influenza terrestre e lo sviluppo di conoscenze e tecnologie per espandere la presenza umana nel sistema solare, e magari di arrivare su Marte negli anni 2030.

Le tappe temporali consistono nello sviluppo di SLS e Orion, con il lancio inaugurale di SLS nel 2020 e il primo volo con equipaggio umano di Orion nel 2021. Il 2023 dovrebbe vedere la costruzione del Gateway lunare nella sua versione minimale, con solo il modulo PPE e un hub per l’attracco. Il 2024 è l’anno del ritorno sulla Luna, inizialmente senza equipaggio per completare i test del lander e entro la fine dell’anno con equipaggio umano. Il completamento del Gateway è previsto per il 2028, quando entreranno a pieno regime le attività scientifiche sulla Luna.

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La Foto del Secolo
La prima immagine reale di un buco nero… e le risposte alle domande che vi sono venute in mente!

Coelum Astronomia di Maggio 2019
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NEIL ARMSTRONG The First

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Neil Armstrong

Il 20 luglio 1969, noi esseri umani del pianeta Terra, eravamo su un altro mondo.
In quel preciso istante iniziava una nuova era dell’umanità.

Una mostra itinerante sulla vita e la carriera di Neil Armstrong commemorerà il 50° anniversario di Apollo 11 e tutto il programma lunare, include le foto della carriera di Neil Armstrong con scatti inediti o poco noti al grande pubblico. Potrete ammirare i modelli dei veicoli spaziali utilizzati da Neil Armstrong, le tute e le attrezzature utilizzate sulla superficie lunare, documenti originali, rari reperti dell’epoca, ricostruzioni a grandezza naturale. Video e suoni multimediali accompagneranno il visitatore nel più grande sogno dell’uomo: quello di raggiungere la Luna.
Leggi a pag. 176 di Coelum Astronomia 232 un articolo sulla mostra con tutti i dettagli.
Sul sito il calendario delle date e le località in continuo aggiornamento. Prossime date pubbliche confermate:

5/11.04 SPILAMBERTO (MO)
Organizzatore: Comune di Spilamberto – info@comune.spilamberto.mo.it
05.04, ore 20.30: “Neil Armstrong – The First” con il curatore della mostra Luigi Pizzimenti.
07.04, ore 17.30: “Sulla luna? Sì, ci siamo andati” con Paolo Attivissimo, giornalista e divulgatore scientifico.
09.04, ore 20.30: proiezione del film “Il Diritto di contare”.
Tutte le iniziative collaterali sono ad ingresso gratuito.

22/26.05 SOGLIANO AL RUBICONE
Organizzatore: Associazione Astrofili Soglianesi VEGA – info@astrofilisoglianesi.it
24.05: “Neil Armstrong – The First” con il curatore della mostra Luigi Pizzimenti.

Se desiderate ospitare la mostra scrivete a: info@neilarmstrongthefirst.it
www.neilarmstrongthefirst.it

Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).

10.05 e 24.05: Il cielo al castello di Montarrenti
Come ogni secondo e quarto venerdì del mese, dalle ore 21.30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (Sovicille, Siena) sarà aperto al pubblico delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna prossima al primo quarto (giorno 10) e alle galassie primaverili (giorno 24). Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Astronomiamo

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LocandinaCoelum

Le Dirette:
21.05, ore 21:30: Vento solare e oltre con il Dott. Simone Di Matteo
30.05, ore 21:30: Occhi al Cielo

Informazioni:
https://www.astronomiamo.it

Accademia delle Stelle

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2019-05 Coelum AdS

Il giovedì: Corso di ArcheoAstronomia.
Corso di Archeoastronomia ed astronomia Culturale per scoprire le conoscenze astronomiche degli antichi attraverso l’importanza che l’astronomia ha avuto in tutta la storia dell’umanità. In sede.

il lunedì: Corso avanzato.
8 conferenze su argomenti che non vengono trattati di solito nei corsi base di astronomia. Approfondimenti che rivestono un interesse esorme. Non è richiesta alcuna preparazione di base. In sede

2 – 30.05: Corso di Fotografia Astronomica

28.04 – 02.06: Across the Universe – Festival Scientifico a Roma

Prezzi in promozione e sconti per i lettori di Coelum Astronomia.

Informazioni:
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org

L’astrofisica: nascita, evoluzione e morte delle stelle

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CCAT_Corso di introduzione astronomia 2019

Un nuovo cratere sulla Luna? LRO individua il sito di impatto della sonda israeliana Beresheet

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Quello che con tutta probabilità è quel che resta della sonda Baresheet e della traccia che il suo impatto ha lasciato sulla Luna. La larghezza dell'immagine riprende una zona di poco più di 500 metri di larghezza, la traccia scura è ampia circa 10 metri. Crediti: NASA/GSFC/Arizona State University
Quello che con tutta probabilità è quel che resta della sonda Baresheet e della traccia che il suo impatto ha lasciato sulla Luna. La larghezza dell'immagine riprende una zona di poco meno di 500 metri di larghezza, la traccia scura è ampia circa 10 metri. Crediti: NASA/GSFC/Arizona State University

Poco più di un mese fa, il 12 aprile scorso, si chiudeva malamente il sogno israeliano di raggiungere la Luna. Un’impresa comunque straordinaria date le premesse… Beresheet infatti nasceva come prima missione privata, organizzata da una compagnia non governativa e senza scopo di lucro, la SpaceIL, che avrebbe dovuto raggiungere la superficie lunare in seguito alla partecipazione al Lunar X Prize di Google.

Purtroppo, come sappiamo, è andato tutto bene, anzi alla perfezione, compreso il difficile inserimento in orbita lunare, fino all’ultimo tratto della discesa. La sonda ha perso il controllo e si è schiantata sulla superficie lunare.

Tutte informazioni, però, ricavate solo dalla telemetria di bordo (quella serie di dati inviati dalla sonda per informare il centro controllo del suo stato, ve ne parleremo nei prossimi numeri della rivista!). Le ultime immagini dalla sonda sono infatti arrivate quando ancora si trovava ad alcuni chilometri dalla superficie.

Il sito prescelto per la discesa era il Mare della Serenità, e solo dieci giorni dopo, il 22 aprile, l’orbiter della NASA LRO – il Lunar Reconnaissance Orbiter, che dal 2009 mappa incessantemente ad alta risoluzione il suolo lunare – si è trovato a passare proprio sopra la zona del sito di atterraggio e ha ripreso anche quello che potrebbe essere il punto di impatto, individuando quel che è rimasto della sonda israeliana.

La fotocamera dell’orbiter (LROC) è composta da tre imager: una camera grandangolare a sette colori (WAC) e due videocamere ad angolo stretto in bianco e nero (NAC). E sono queste ultime che hanno catturato quella che sembra essere l’immagine di Beresheet. L’immagine è stata ripresa da 90 chilometri di altezza, e ci mostra una macchia scura, larga circa 10 metri, circondata da un alone più chiaro.

A sinistra l'immagine dell'impatto, a destra la stessa immagine elaborata per far emergere l'alone bianco e i cambiamenti della superficie avvenuti dopo l'impatto. Crediti: NASA/GSFC/Arizona State University

Non è possibile da queste immagini capire se si tratta davvero di un cratere e per di più artificiale, creato quindi dalla sonda israeliana, ma gli indizi sono tanti. Oltre al fatto che sapevamo, anche se non con precisione, dove dovrebbe essere caduta, le caratteristiche della macchia fanno pensare proprio all’impatto di una sonda.

Il cratere potrebbe essere troppo piccolo per essere evidenziato nella foto. Osservando la simmetria e l’elongazione della macchia verso sud, sarebbe coerente con il rientro della sonda, che viaggiava a una velocità decisamente più bassa rispetto a un meteroite delle stesse dimensioni, e inclinata di 8,4° rispetto alla superficie. L’alone chiaro potrebbe essere dovuto a un rilascio di gas a causa dell’impatto, ma anche a particelle sottili soffiate all’esterno del luogo di impatto dalla discesa della sonda.

Nell'animazione, a confronto, due immagini: una ripresa prima dell'impatto e una successivamente. Le due immagini sono state scelte, tra quelle disponibili, in modo da avere il più possibile le stesse condizioni di illuminazione della superficie, da parte del Sole. Le date di ripresa sono indicate in basso a sinistra. Come tutte le altre immagini il campo è di circa 490 metri di larghezza. Crediti: NASA/GSFC/Arizona State University

Inoltre, abbiamo 11 immagini della zona riprese prima dell’impatto (inclusa una 16 giorni prima dell’incidente), e tre riprese dopo, e questa è l’unica traccia abbastanza evidente compatibile con lo schianto. Difficile che sia caduta senza lasciare segni visibili.

Le immagini sono poi state confrontate con una serie di simulazioni matematiche che hanno aiutato i ricercatori ad avere una stima di dimensioni e forma del cratere che si sarebbe creato se una sonda della massa e della velocità di Beresheet fosse precipitata sulla Luna.

Un ulteriore confronto è stato effettuato con tracce analoghe di eventi simili, come ad esempio il caso delle missioni GRAIL e  LADEEche alla fine del loro lavoro sono state fatte impattare sulla superficie lunare – o per il programma Ranger, una serie di sonde inviate dalla NASA, negli anni ’60, a schiantarsi appositamente sulla superficie lunare per riprenderne immagini il più ravvicinate possibili (solo 3 su 9 raggiunsero con successo lo scopo). Le velocità di impatto di queste missioni erano simili a quelle di Beresheet, e la forma delle tracce lasciate sulla superfice lunare consistente con queste ultime immagini.

A conti fatti sembra che, quella ripresa nell’immagine, sia proprio lei, la sfortunata Beresheet.

Per quanto riguarda la NASA, il ritrovamento della sonda ha anche un altro interesse. A bordo della Beresheet, proprio sopra la cima della sonda, c’erano anche dei piccoli specchi cubici, costituenti il Laser Retroreflector Array fornito alla missione proprio dalla NASA, e che avrebbe dovuto aggiungersi ai già numerosi specchi catarifrangenti, sparsi da varie missioni sulla superficie lunare, per l’esperimento Lunar Laser Ranging, che monitora dai tempi delle missioni Apollo gli spostamenti della Luna. Dal JPL si sta cercando di verificare se questi piccoli catarifrangenti si siano salvati dall’impatto, inviando degli impulsi laser sulla zona, sempre grazie a LRO, per studiarne il segnale di ritorno.


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Coelum Astronomia di Maggio 2019
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Pint of Science 2019

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pintOfScience

pintOfSciencePint of Science porta alcuni dei più brillanti ricercatori al tuo bar per discutere le loro ultime ricerche e scoperte direttamente con te. Il festival avrà luogo il 20-21-22 Maggio 2019 in Italia per raccontare, sorseggiando una buona birra, le novità della ricerca a chiunque ne sia interessato.

I temi del festival saranno:
Beautiful Mind (neuroscienze, psicologia e psichiatria)
Dagli Atomi Alle Galassie (chimica, fisica e astronomia)
Il Mio Corpo (biologia umana)
Pianeta Terra (scienze della terra, evoluzione e zoologia)
Tecnologizzami (tecnologia e computer)
Scienze sociali

Cerca l’evento più vicino!
Con il supporto di INAF, INFN, AISM, SIERR

https://pintofscience.it

Foto ai buchi neri: più nitide con il Vlbi spaziale

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Dallo spazio, Ehi avrà una risoluzione più di cinque volte migliore di quella di Eht sulla Terra e le immagini potranno essere ricostruite con maggiore fedeltà. In alto a sinistra, un modello di Sagittario A* ad una frequenza osservativa di 230 GHz; in alto a destra, una simulazione dell’immagine osservata con Eht. In basso a sinistra, il modello di Sagittario A* a una frequenza osservativa di 690 GHz; in basso a destra, la simulazione dell’immagine osservata con Ehi. Crediti: F. Roelofs and M. Moscibrodzka, Radboud University.
Dallo spazio, EHI avrà una risoluzione più di cinque volte migliore di quella di EHT sulla Terra e le immagini potranno essere ricostruite con maggiore fedeltà. In alto a sinistra, un modello di Sagittario A* ad una frequenza osservativa di 230 GHz; in alto a destra, una simulazione dell’immagine osservata con EHT. In basso a sinistra, il modello di Sagittario A* a una frequenza osservativa di 690 GHz; in basso a destra, la simulazione dell’immagine osservata con EHI. Crediti: F. Roelofs and M. Moscibrodzka, Radboud University.

Dopo essere riusciti a scattare la prima meravigliosa immagine di un buco nero, ora gli astronomi si lanciano nella prossima sfida: riuscire a ottenere immagini ancora più nitide, per testare ancora meglio la teoria della relatività generale di Einstein. I ricercatori della Radboud University, insieme all’Agenzia spaziale europea (Esa), hanno già un’idea ben precisa di come raggiungere questo nuovo obiettivo e ciò che propongono è di posizionare radiotelescopi nello spazio, per aumentare ancora di più la linea di base e raggiungere in questo modo risoluzioni angolari attualmente senza precedenti. La loro idea, corredata da moltissime simulazioni delle osservazioni, è stata recentemente pubblicata su Astronomy & Astrophysics.

La proposta è quella di posizionare due o tre satelliti in orbita circolare attorno alla Terra, per osservare i buchi neri dallo spazio. Il progetto si chiama Event Horizon Imager (EHI). Nel loro nuovo studio, gli scienziati presentano simulazioni di quelle che potrebbero  essere le immagini del buco nero Sagittario A* scattate da satelliti come questi.

«Ci sono molti vantaggi nell’usare i satelliti invece dei radiotelescopi sulla Terra, come con l’Event Horizon Telescope (Eht)», spiega Freek Roelofs, dottorando presso la Radboud University e primo autore dell’articolo. «Nello spazio, puoi fare osservazioni a frequenze radio più alte, perché le frequenze dalla Terra sono filtrate dall’atmosfera, e inoltre le distanze tra i telescopi nello spazio sono maggiori, permettendoci  di fare un grande passo avanti e ottenere immagini con una risoluzione più di cinque volte migliore di quella che è possibile raggiungere con Eht».

Immagini più nitide di un buco nero permetteranno di avere molte più informazioni che potrebbero essere utilizzate per testare la teoria della relatività generale di Einstein con un maggiore dettaglio. «Il fatto che i satelliti si stiano muovendo attorno alla Terra offre notevoli vantaggi», spiega il professore di radioastronomia Heino Falcke. «Con loro, puoi scattare immagini quasi perfette per vedere i dettagli reali dei buchi neri: se si verificano piccole deviazioni dalla teoria di Einstein, dovremmo essere in grado di vederle».

Ehi sarà in grado di visualizzare altri cinque buchi neri più piccoli, rispetto ai buchi neri su cui attualmente si sta concentrando Eht, che sono Sagittario A* al centro della nostra Via Lattea e M87* al centro di Messier 87, una galassia nell’ammasso della Vergine.

Su Coelum astronomia di Maggio, uno speciale dedicato alla prima immagine di un buco nero rilasciata da EHT. Tutto quello che serve sapere su come è stata fatta, cosa stiamo vedendo e l'importanza che ricopre. Oltre ovviamente a tanti approfondimenti su tutto ciò che circonda l'argomento, dal punto di vista della scienza, della storia, ma anche dell'osservazione al telescopio. Clicca e leggi, è gratis!

Il progetto rappresenta indubbiamente una grande sfida tecnologica. I ricercatori hanno simulato ciò che sarebbero stati in grado di vedere con diverse versioni della tecnologia, in circostanze diverse, facendo uso di modelli di comportamento del plasma attorno al buco nero e alla radiazione risultante. «Le simulazioni sembrano promettenti da un punto di vista scientifico, ma ci sono difficoltà da superare a livello tecnico», afferma Roelofs.

La fattibilità del progetto dal punto di vista tecnologico è stata studiata in collaborazione con scienziati di Esa/Estec. «Il progetto richiede di essere in grado di accertare la posizione e la velocità dei satelliti in modo molto accurato», afferma Volodymyr Kudriashov, ricercatore presso il Radboud Radio Lab che lavora anche presso l’Esa/Estec. «Ma crediamo che sia fattibile».

Altro punto importante che bisogna considerare è come i satelliti scambieranno i dati. «Con Eht, i dischi rigidi contenenti i dati vengono trasportati al centro di elaborazione in aereo ma ovviamente questo non sarà possibile nello spazio». In questo caso, i satelliti scambieranno i dati, parzialmente elaborati a bordo del satellite prima di essere inviati sulla Terra, tramite un collegamento laser. «Esistono già collegamenti laser nello spazio», fa notare Kudriashov.

L’idea è che i satelliti inizialmente funzioneranno indipendentemente dai telescopi Eht ma si sta prendendo in considerazione anche un sistema ibrido, con i telescopi orbitanti combinati con quelli sulla Terra. «L’utilizzo di un sistema ibrido come questo potrebbe fornire la possibilità di creare immagini in movimento di un buco nero, e si potrebbe essere in grado di osservare anche altre sorgenti più deboli», conclude Falcke.

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VII edizione del Premio Internazionale Federico II e i Poeti tra le stelle

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premio2019-01-ritÈ partita la VII edizione del Premio Internazionale Federico II e i Poeti tra le stelle, concorso artistico-letterario per autori di opere ispirate al cosmo e agli oggetti celesti. Il bando, che scadrà il 31 maggio 2019, è aperto anche a tutti gli studenti delle scuole italiane.

Quattro le categorie:

– Federico II e i Poeti tra le stelle VII edizione dedicata alle opere poetiche

– V edizione De Arte narrandi dedicata alle opere narrative

– IV edizione Stupor Mundi dedicata alle opere artistiche

– VII edizione Puer Apuliae dedicato agli studenti

La cerimonia di premiazione si svolgerà dal 16 al 21 luglio 2019 a Conversano (BA).
Tutte le opere saranno pubblicate sul sito: www.poetitralestelle.it e sulla pagina facebook del Premio www.facebook.com/poetitralestelle/
BANDO PREMIO POETI TRA LE STELLE_VII EDIZIONE 2019
www.astropuglia.it

Astronomiamo

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LocandinaCoelum

LocandinaCoelum

18.05, ore 16:00: Incontri di Astronomia Live con il Prof. Paolo Pani (La Sapienza). Presso Via del Mandrione 190, Roma
Le Dirette:
21.05, ore 21:30: Vento solare e oltre con il Dott. Simone Di Matteo
30.05, ore 21:30: Occhi al Cielo

Informazioni:
https://www.astronomiamo.it

Congiunzione Luna e Giove

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Bella la congiunzione che potremo ammirare la sera del 20 maggio, guardando verso sudest, alle ore 22:45 circa. All’orario indicato sarà semplice notare il brillante duetto celeste costituito dalla Luna, in fase del 95%, e dal pianeta Giove (mag. –2,6).

I due corpi celesti, sorti appena una mezz’ora circa prima, saranno ancora bassi sull’orizzonte e distanti poco meno di 3°, e sarà facile paragonarli agli elementi del paesaggio che li renderanno all’apparenza molto grandi (soprattutto la Luna).

Sarà una bella occasione per scattare alcune fotografie a largo campo che abbracci elementi naturali o architettonici.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Maggio 2019

➜ La Luna di Maggio 2019 e una guida all’osservazione del Sinus Medii

➜ La Chioma di Berenice (II parte): l’ammasso stellare della Chioma e le sue stelle.


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Maggio su Coelum Astronomia 233

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Galassie primordiali più luminose del previsto

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Illustrazione artistica di come potrebbe apparire una delle prime galassie nell’universo. Alti livelli di formazione stellare e di “morti violente” illuminano il gas che riempie lo spazio tra le stelle, rendendo la galassia in gran parte opaca e senza una chiara struttura. Crediti: James Josephides (Swinburne Astronomy Productions)
Illustrazione artistica di come potrebbe apparire una delle prime galassie nell’universo. Alti livelli di formazione stellare e di “morti violente” illuminano il gas che riempie lo spazio tra le stelle, rendendo la galassia in gran parte opaca e senza una chiara struttura. Crediti: James Josephides (Swinburne Astronomy Productions)

In un nuovo studio pubblicato su Mnras, un gruppo internazionale di ricercatori riferisce l’esito dell’accurata osservazione di un centinaio fra le prime galassie dell’universo, formatesi circa un miliardo di anni dopo il Big Bang. I dati mostrano che, ad alcune specifiche lunghezze d’onda di luce infrarossa, le galassie in esame sono considerevolmente più luminose di quanto gli scienziati si aspettassero.

Realizzata grazie a osservazioni ultra profonde del telecopio spaziale Spitzer della Nasa, la nuova ricerca conferma l’esistenza a livello globale di un fenomeno che in precedenza si riteneva localizzato a casi particolari, ovvero che le galassie a quell’epoca erano molto più brillanti rispetto a galassie che si sono formate più tardi, almeno per quanto riguarda la luce infrarossa.

Una scoperta che, pur non risolvendo definitivamente la questione, aiuta a comprendere come sia potuta avvenire la cosiddetta reionizzazione dell’universo. Si tratta di un processo durato tra i 400 milioni e il miliardo di anni dopo il Bing Bang, un periodo noto appunto come epoca della reionizzazione, in cui l’idrogeno neutro – opaco alla luce – è stato progressivamente trasformato in plasma ionizzato, facendo diventare trasparente l’universo.

L’energia necessaria alla reionizzazione proveniva probabilmente dalla intensa radiazione emanata delle prime stelle, che avevano cominciato ad accendersi presumibilmente tra i 100 e i 200 milioni di anni dopo il Big Bang, e dalle quali presero poi forma le prime galassie.

Ma se stelle e galassie primordiali emettevano davvero una tale quantità di radiazioni ionizzanti, dovevano essere diverse dalle ben più tranquille galassie che osserviamo nell’universo più recente, come la nostra stessa Via Lattea.

Grazie a più di 200 ore di osservazione con il telescopio spaziale Spitzer, gli autori del nuovo studio hanno osservato 135 galassie estremamente distanti, scoprendo che erano tutte particolarmente brillanti in due specifiche lunghezze d’onda della luce infrarossa, esattamente quelle prodotte da radiazioni ionizzanti che interagiscono con i gas di idrogeno e ossigeno all’interno delle galassie.

Questa vista a campo profondo del cielo ripreso dai telescopi spaziali Hubble e Spitzer della Nasa è dominata da galassie, tra cui alcuni molto debole e molto distanti (cerchiate in rosso), come quella di esempio mostrata nell’inserto, frutto di un’osservazione di lunga durata. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Esa/Spitzer/P. Oesch/S. De Barros/I.Labbe

Ciò implica, secondo i ricercatori, che queste galassie erano dominate da giovani stelle massicce composte principalmente da idrogeno ed elio, con quantità minime di elementi “pesanti” (come azoto, carbonio ed ossigeno) rispetto alle tipiche stelle presenti nelle galassie moderne.

Queste stelle non sono state le prime a formarsi nell’universo – in tal caso risulterebbero infatti composte solo da idrogeno ed elio – ma appartenevano ancora a una generazione molto precoce. Una generazione che ha ora contribuito a scrivere compiutamente un capitolo della storia complessiva riguardo all’epoca della reionizzazione, una transizione drastica nelle condizioni di trasparenza dell’universo che – come si diceva in precedenza – è durata centinaia di milioni di anni.

Altri capitoli di questa saga verranno scritti da telescopi più potenti, come il James Webb Space Telescope della Nasa, il cui lancio è attualmente previsto per il 2021. Webb studierà l’universo più o meno alle stesse lunghezze d’onda di Spitzer; disponendo di uno specchio primario da 6.5 metri, contro i soli 85 centimetri di Spitzer, Webb potrà ambire a rilevare la fioca luce delle primissime stelle e galassie. Che ora, grazie al nuovo studio, sappiamo fortunatamente essere più luminose di quanto ritenuto finora.

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I Giovedì dell’Astronomia 2019: dalla Terra alla Luna

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Celebrando i 50 anni dallo sbarco del primo uomo sulla Luna, tutte le novità sulla Luna, Pianeti, Asteroidi, Comete.

Tutte le conferenze saranno alle ore 18.30, in aula Jappelli, presso l’Osservatorio Astronomico (Vicolo dell’Osservatorio 5, Padova).
Prima di ogni appuntamento sarà organizzata la visita al Museo La Specola. La visita inizierà alle 17:30. I biglietti si acquistano dalle ore 17:15. La visita avrà durata di un’ora e al termine i visitatori potranno fermarsi in Specola per assistere alla conferenza programmata.

Maggiori dettagli sono presenti sul sito web dei Giovedì dell’Astronomia

Date e speaker:
16.05: Alice Lucchetti “Esplorando il sistema solare”
30.05: Leopoldo Benacchio “Stregati dalla Luna. 1000 anni di viaggi verso Selene”

Il sistema solare oggi: dai grandi telescopi alle sonde robotiche

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CCAT_Corso di introduzione astronomia 2019

Astroiniziative UAI – Unione Astrofili Italiani

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bannerCongressoUAI

17-19 maggio: 52° Congresso Nazionale UAI
Il vero momento di «incontro e socializzazione» di tutta la comunità astrofila: un fine settimana per fare il punto della situazione, promuovere attività e condividere esperienze, offrire nuovi stimoli e anche vivere momenti di grande divulgazione scientifica. Quest’anno a Bologna in collaborazione con l’Associazione Astrofili Bolognesi
https://www.uai.it/astrofilia/congressouai/congresso-2019/congresso-2019.html

Congresso UAI

Accademia delle Stelle

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2019-05 Coelum AdS

2019-05 Coelum AdS

Il giovedì: Corso di ArcheoAstronomia.
Corso di Archeoastronomia ed astronomia Culturale per scoprire le conoscenze astronomiche degli antichi attraverso l’importanza che l’astronomia ha avuto in tutta la storia dell’umanità. In sede.

il lunedì: Corso avanzato.
8 conferenze su argomenti che non vengono trattati di solito nei corsi base di astronomia. Approfondimenti che rivestono un interesse esorme. Non è richiesta alcuna preparazione di base. In sede

2 – 30.05: Corso di Fotografia Astronomica

28.04 – 02.06: Across the Universe – Festival Scientifico a Roma

Prezzi in promozione e sconti per i lettori di Coelum Astronomia.

Informazioni:
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org

Insight. La talpa marziana sta bene

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Particolare del lander InSight della Nasa. Dalla finestrella sembra essere possibile capire se la talpa si sta muovendo o meno. Crediti: Nasa.
Particolare del lander InSight della Nasa. Dalla finestrella sembra essere possibile capire se la talpa si sta muovendo o meno. Crediti: Nasa.

È passato circa un mese dagli ultimi aggiornamenti sulla “talpa” di InsightMedia Inaf ha contattato Tilman Spohn del centro aerospaziale tedesco Dlr (Deutsches Zentrum für Luft-und Raumfahrt), responsabile dello strumento HP3, per chiedere notizie in proposito perché, diciamocelo, eravamo un pochino preoccupati. Tilman non ha tardato a rispondere, anche sul suo blog, descrivendo dettagliatamente l’evoluzione della situazione marziana in questi ultimi 30 giorni.

Ricordiamo che il team aveva deciso di sospendere il martellamento per un paio di settimane al fine di compiere un’analisi approfondita della situazione ed elaborare una strategia per superare l’ostacolo nel quale la talpa sembra essere incappata.

L’interpretazione dei dati sismici in quest’ultimo mese ha confermato un valore di 70-80 msec per l’intervallo temporale tra i due principali colpi di martello. Questo valore risulta essere compreso tra il valore corrispondente a una talpa che rimbalza liberamente (50 msec) e quello corrispondente a una talpa che progredisce normalmente (100 msec). L’interpretazione che si sono dati è che la talpa stia risentendo di un qualche attrito, non sufficientemente importante da portarla a fare progressi sostanziali. Le misurazioni della temperatura indicano che la resistenza termica è diminuita, suggerendo un miglioramento nel contatto tra la talpa e la regolite. Come ciò possa essere accaduto non è del tutto chiaro ma potrebbe indicare che la regolite si sia in qualche misura “rilassata”, migliorando il contatto termico e l’attrito.

Il team è stato in grado di trovare una fotografia, tra le varie scattate dalla fotocamera che si trova sul braccio robotico della sonda, che presenta condizioni di illuminazione favorevoli a scorgere il cavo – il nastro che la sonda si trascina dietro e su cui sono alloggiati i sensori di temperatura – attraverso la finestrella nel “camino” della struttura di supporto, dove la talpa è stata alloggiata prima che iniziasse a penetrare nel terreno.

È interessante notare che il cavo si piega in alto. Questa osservazione ha permesso di confermare che la talpa è penetrata nel terreno per 30 cm, grazie al confronto con i risultati dei test eseguiti a terra in laboratorio sui modelli di volo. Il confronto con le immagini precedenti, meno illuminate, suggerisce addirittura che la talpa si sia mossa leggermente durante il martellamento. Pertanto, si ritiene che l’osservazione del cavo attraverso la finestrella costituisca probabilmente l’osservazione più diretta dei movimenti della talpa verso il basso.

La replica dello strumento Hp3 usata per i test nel laboratorio Dlr a Brema, in Germania. Crediti: Dlr

Il team ha quindi deciso di eseguire altri due cicli di martellamento diagnostico nel tardo pomeriggio di ieri, momento in cui la luminosità risulta più favorevole per fare un video sulla struttura di supporto e sulla finestrella. Per motivi di sicurezza, verranno effettuati due cicli invece di uno, più lungo. Dividere il martellamento in questo modo permette di avere maggiore controllo durante quello che gli ingegneri spaziali chiamano un “ground-in-the-loop“, il cui obiettivo è principalmente quello di appurare che non sia successo nulla di inaspettato alla talpa.

Sfortunatamente ci sono stati ritardi nelle operazioni, in primo luogo a causa di un problema nella temperatura e in secondo luogo si è verificato un problema con il braccio, entrambi legati a protocolli di sicurezza. Ieri  il team dovrebbe essere stato in grado di fare il primo round del martellamento diagnostico numero 3 (il numero 2 era stato programmato ma non è stato eseguito a causa dei problemi presentati). Sarà interessante vedere se si possono notare movimenti del cavo.

Parallelamente ai preparativi per il martellamento diagnostico, gli ingegneri stanno effettuando test in laboratorio (dove la talpa si sta dimostrando molto robusta e in grado di penetrare bene attraverso varie sabbie e ghiaie, oltre a pietre, almeno in condizioni di gravità terrestre), test al Jpl e calcoli al Dlr per emulare le possibili operazioni con il braccio e la struttura di supporto. A seconda dell’esito del martellamento diagnostico, la prossima operazione potrebbe essere l’utilizzo del braccio per caricare la struttura di supporto vicino al piede destro (quello che è visibile nell’immagine) o il terreno accanto alla struttura di supporto vicino alla scatola della corda, i due punti ritenuti vicini alla talpa.

In definitiva, HP3 è in gran forma e si appresta a continuare il suo lavoro. Stay tuned!


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Falce di Luna nel Presepe M 44

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Questa occasione sarà ben diversa da quella del mese passato perché, in questo caso, non si verificherà l’occultazione di alcuna stella dell’ammasso. Inoltre, la Luna avrà fase del 37% e sarà quindi piuttosto luminosa, rendendo difficile l’osservazione (o la ripresa) delle deboli stelle di M 44, il cui centro è situato a circa 2° e mezzo a nordest della Luna.

Per chi vorrà tentare la ripresa, all’orario indicato i due oggetti saranno piuttosto bassi sull’orizzonte (tra i 7° e i 10°), consentendo di incorniciarli tra gli elementi naturali o architettonici del paesaggio circostante.

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Maggio 2019

➜ La Luna di Maggio 2019 e una guida all’osservazione del Sinus Medii

➜ Astrofotografia: È la volta di Marte, il Pianeta Rosso


Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Maggio su Coelum Astronomia 233

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Hayabusa2 trova il “suo” cratere

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Immagini riprese dalla Optical Navigation Camera - Telescopic a bordo di Hayabusa2. Dalla loro comparazione è stata confermata la creazione del cratere artificiale nell'area circondata dal tratteggio giallo. Le dimensioni e la profondità del cratere sono ancora al vaglio degli scienziati. Image credit: JAXA, The University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, The University of Aizu, AIST
Immagini riprese dalla Optical Navigation Camera - Telescopic a bordo di Hayabusa2. Dalla loro comparazione è stata confermata la creazione del cratere artificiale nell'area circondata dal tratteggio giallo. Le dimensioni e la profondità del cratere sono ancora al vaglio degli scienziati. Image credit: JAXA, The University of Tokyo, Kochi University, Rikkyo University, Nagoya University, Chiba Institute of Technology, Meiji University, The University of Aizu, AIST
di LUCA FRIGERIO · astronautinews.it

Giunta a poco più della metà della sua missione esplorativa di un anno e mezzo, la sonda giapponese Hayabusa2 è riuscita a scattare delle immagini del nuovo cratere scavato sulla superficie dell’asteroide Ryugu lo scorso 4 aprile.

Questa immagine catturata dalla camera separatasi da Hayabusa2 (DCAM3) mostra gli ejecta che si sono alzati dalla superficie di Ryugu, a causa della collisione di SCI. Image credit: JAXA, Kobe University, Chiba Institute of Technology, The University of Occupational and Environmental Health, Kochi University, Aichi Toho University, The University of Aizu, and Tokyo University of Science.

Dopo aver raccolto a febbraio un campione della superficie del corpo celeste, Hayabusa2 ha effettuato delle manovre per spostarsi su una differente zona di Ryugu per rilasciare un dispositivo di impatto. Il dispositivo conteneva un proiettile conico in rame del diametro di 30 cm e della massa di 2 kg, che partendo da una quota di circa 500 m, avrebbe creato un cratere artificiale al fine di esporre il materiale geologico sub-superficiale più antico, che verrà prelevato nelle prossime settimane.

Dopo il rilascio del dardo in rame, la sonda si è inizialmente spostata sul lato opposto dell’asteroide per evitare di essere colpita dai detriti rilasciati dall’impatto, riposizionandosi a una quota di 20 km. Essa ha anche rilasciato la fotocamera DCAM3 per riprendere da vicino l’azione del proiettile. Come prevedibile, l’impatto ha generato una nuvola di detriti e di particolato scagliati in tutte le direzioni.

Agli inizi dell’ultima settimana di aprile, Hayabusa2 è stata fatta riavvicinare alla superficie di Ryugu alla ricerca del cratere artificiale (Crater Search Operation), fino a una quota di circa 1.600 metri.

Il Tweet della JAXA con la gif animata che confronta la superficie dell’asteroide prima e dopo l’impatto.

Di seguito ha inviato a terra per la prima volta le immagini del luogo dell’impatto riprese dalla fotocamera, mostrando un cratere che secondo le prime stime ha un diametro di 20 metri circa, più o meno il doppio di quanto si aspettavano gli scienziati giapponesi. Le analisi che verranno effettuate successivamente sulle immagini, stabiliranno con più precisione le reali dimensioni del cratere e le sue principali caratteristiche.

Il dardo utilizzato per colpire la superficie dell’asteroide, denominato Small Carry-on Impactor (SCI) è solamente uno dei diversi dispositivi sganciabili che Hayabusa2 ha portato su Ryugu. Lo scorso anno la sonda ha rilasciato tre lander per esplorare la superficie dell’asteroide.

Gli scienziati si aspettano che i detriti rocciosi proiettati nello spazio dalla collisione, facciano affiorare i materiali sottostanti la superficie asteroidale che sono rimasti protetti dalle radiazioni cosmiche, dalla luce solare e dagli sbalzi termici. Infine, essi sperano che Hayabusa2 riesca a prelevare un campione dal fondo del cratere nelle prossime settimane e di riportarlo sulla Terra, assieme ai campioni rocciosi prelevati lo scorso anno.

Hayabusa2 è arrivata nei pressi dell’asteroide Ryugu nel giugno dello scorso anno, e dovrebbe ripartire alla volta del pianeta Terra entro la fine di quest’anno. Nel dicembre 2020 la sonda espellerà una capsula protetta da uno scudo termico che rientrerà nell’atmosfera terrestre per atterrare in Australia frenata da un paracadute.

Sul sito di JAXA è disponibile il materiale della conferenza stampa dell’11 aprile aggiornato al 2 maggio 2019.

Fonte: Spaceflight NowJAXA

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Una nuova supernova nella galassia Messier 100

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M 100 e la supernova esplosa (indicata dai trattini) in una immagine di Rolando Ligustri. Rolando Ligustri in remoto dal New Mexico con un telescopio Dall- Kirkham 500mm F.4,5 ccd PL11002 tempi posa colore RGB 120+120+120 secondi – Tempi di posa Luminanza 2x300 secondi.
M 100 e la supernova esplosa (indicata dai trattini) in una immagine di Marco Burali e Patrizio Giusti - Luminanza: combinazione di segnali ripresi con TS 130mm F.7 ccd G2 8300 + Takahashi RC 300mm F.7,8 ccd FLI 1001e Tempi di posa 70+240 minuti. Informazione colore RGB: TOA 150mm F.5,8 ccd G2 4000 tempi di posa 60+60+60 minuti.

Nella notte del 29 aprile il bravo astrofilo polacco dal nome impronunciabile Jarosław Grzegorzek mette a segno la sua scoperta numero 11 individuando una supernova di mag. +16,5 nella stupenda galassia a spirale M 100.

Si tratta di una delle più belle galassie a spirale del catalogo di Messier, vista di faccia e distante circa 55 milioni di anni luce nella costellazione della Chioma di Berenice (che anche questo mese è protagonista della rubrica di approfondimento di Stefano Schirinzi su Coelum astronomia 233).

Un campo più ampio per Gianpiero Locatelli con un telescopio Schmidt-Cassegrain 250mm F.6,3 Tempi di posa colore RGI 30+30+30 minuti

Scoperta da Pierre Méchain il 15 marzo 1781, rappresenta una delle principali galassie starburst cioè con un’elevata attività di formazione stellare. Possiede due galassie satelliti NGC4328 e NGC4322 che sembrerebbero collegate ad essa con dei ponti di materia, ed è accompagnata a 17’ a sud da un’altra galassia a spirale NGC4312. La vicinanza però è solo prospettica, perché NGC4312 è in realtà molto più vicina (circa 25 milioni di anni luce) rispetto a M 100.

Dopo M 61, che con 7 supernovae conosciute, detiene il record di supernovae esplose in una galassia Messier, con questa nuova scoperta M 100 si posiziona al secondo posto, raggiungendo M 83 con 6 supernovae esplose al suo interno.

Le cinque precedenti sono state, in ordine cronologico, la SN1901B che rappresenta in assoluto la quinta supernova extragalattica scoperta e la seconda esplosa in una galassia Messier dopo la primissima SN1885A in M 31. Proseguendo, abbiamo avuto la SN1914A, la SN1959E, la SN1979C e la SN2006X scoperta dal giapponese Shoji Suzuki e dal cortinese Marco Migliardi.

Qui le vediamo riprese in una immagine di Rolando Ligustri. Ripresa in remoto dal New Mexico con un telescopio Dall- Kirkham 500mm F.4,5 ccd PL11002 tempi posa colore RGB 120+120+120 secondi – Tempi di posa Luminanza 2x300 secondi.

Tornando all’attuale supernova polacca, denominata SN2019ehk, nella notte seguente la scoperta, dal Lick Observatory sul monte Hamilton in California, con il telescopio Shane da 3 metri, è stato ottenuto il primo spettro che ha permesso di classificare la supernova di tipo II core-collapse giovane cioè scoperta pochi giorni dopo l’esplosione evidenziando un forte assorbimento dovuto a polveri interstellari.

Nella notte del 1° maggio anche gli astronomi di Asiago, con il telescopio Copernico da 1,82 metri, hanno ripreso lo spettro di questa importante supernova, confermando il tipo II e il forte assorbimento, ed evidenziando che i gas eiettati dall’esplosione viaggiano a una velocità di circa 15.000 km/s.

Ma quale sarà il sottotipo di questa tipo II?
Per adesso è ancora presto per poterlo affermare. Una supernova di tipo II alle prime fasi è infatti difficile da catalogare, ancor di più se la polvere interstellare interferisce, andando ad estinguere la luce soprattutto alle lunghezze d’onda di 6000 Angstrom, proprio quelle dove si formano tutte le righe nelle prime fasi: He II, He I e tutte le righe di Balmer eccetto H-Alpha. Bisognerà perciò attendere i prossimi giorni o settimane. Se si formeranno le righe di He I nella parte rossa dello spettro, avremo una IIb. Se l’H-Alpha non svilupperà una componente in assorbimento, nè He I, saremo di fronte ad una II-L. Se infine svilupperà un plateau fotometrico potremo assegnarla al sottotipo II-P.

Una bella immagine della SN2019ehk, ottenuta da Paolo Campaner con un riflettore 400mm F.5,5 somma di 25 immagini da 75 secondi.

Nei giorni seguenti la scoperta, la supernova è leggermente aumentata di luminosità raggiungendo la mag. +15,5 ma difficilmente riuscirà a diventare più luminosa della mag. +15, sempre a causa del forte assorbimento causato dalle polveri.

Rimane comunque una bella supernova in una stupenda e fotogenica galassia, per di più visibile già in prima serata, che ci permetterà di ottenere delle bellissime immagini.


➜ Leggi anche su Coelum astronomia di maggio: Finalmente! Una nuova scoperta amatoriale italiana.


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Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).

10.05 e 24.05: Il cielo al castello di Montarrenti
Come ogni secondo e quarto venerdì del mese, dalle ore 21.30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (Sovicille, Siena) sarà aperto al pubblico delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna prossima al primo quarto (giorno 10) e alle galassie primaverili (giorno 24). Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

Seguiteci su www.astrofilisenesi.it e sulla nostra pagina facebook Unione Astrofili Senesi

Astrochannel: seminari e coffee-talk

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INAFUna TV via web sulle attività dell’Istituto Nazionale di Astrofisica. La visione e l’utilizzo di Astrochannel sono gratuiti e consentiti a tutti (se però siete interessati solo a singoli video, suggeriamo d’iscriversi). Suggeriamo di seguito i seminari in lingua italiana, ma il programma è decisamente più ampio e può essere consultato qui: http://www.media.inaf.it/inaftv/seminari/#3151
Attenzione: l’elenco che segue potrebbe essere non aggiornato. Per maggiori informazioni e aggiornamenti in tempo reale sui singoli seminari, vi invitiamo a fare riferimento ai siti web delle singole sedi.

09/05/2019, 09:00 – 12:00, Napoli – Osservatorio Astronomico di Capodimonte
La geologia di Marte – Conversazioni di Fisica a Capodimonte
Una panoramica delle principali strutture geologiche superficiali e dei metodi usati per studiarle e per ricostruire la sua interessante storia geologica. Relatori: Ciprian Popa e Simone Silvestro.
Per seguire i seminari, installare il software (http://www.media.inaf.it/inaftv/) o cercare il video sul canale YouTube INAF-TV.
Astrochannel è un software di Marco Malaspina – Copyleft INAF Ufficio Comunicazione – 2007-2015

Tre giorni con la sottile falce di Luna e Marte nel Toro

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Sarà molto bello seguire l’evoluzione dell’incontro tra la Luna e il pianeta Marte, che avverrà in prima serata (consigliamo le ore 21:10-21:15) nella prima decade del mese di maggio. Lo scorcio di cielo che farà da teatro per questo balletto celeste sarà quello occidentale, dove le grandi costellazioni invernali – Orione e Toro su tutte – stanno tramontando e, mentre ci salutano, ci donano un’ultima scusa per osservarle o fotografarle.

Iniziamo il giorno 6, quando una sottilissima falce di Luna (fase del 4%) si troverà proprio all’interno della “V” tracciata dalle Iadi, nella costellazione del Toro, a poco più di mezzo grado a nord-nordest della stella Delta Tauri (mag. +3,75) e a 2° 50’ a sudovest dalla ben più brillante Aldebaran (Alfa Tauri, mag. +0,85). La falce di Luna sarà davvero sottilissima e sarà un piacere riprenderla per gli appassionati “cacciatori” di falci sottili.

Passiamo ora al 7 maggio: la falce di Luna si è spostata più in alto (circa 18° di altezza complessiva) e si è fatta più decisa (fase del 9%). Sarà facile individuare a poca distanza da essa (circa 5° a nord-nordovest) il pianeta Marte (mag. +1,7), con il suo colore spiccatamente arancio che crea un bel connubio cromatico, se osservato più ad ampio campo, con le stelle Aldebaran e Betelgeuse (Alfa Orionis, mag. +0,45), situate a una quindicina di gradi o poco più da esso.

Concludiamo questo dinamico quadro astrale il giorno 8 maggio, quando la Luna, ormai in fase del 16% avrà sovrastato tutti i soggetti precedentemente descritti. In questa occasione sarà possibile osservarla e riprenderla anche in luce cinerea.

Sarà molto piacevole e suggestivo osservare di giorno in giorno l’evoluzione di questo incontro e immortalare in una fotografia (o più) le grandi costellazioni di Orione e del Toro (con i Gemelli e l’Auriga poco più in alto) mentre tramontano, in compagnia di elementi naturali o architettonici del paesaggio circostante. Per questa occasione, anche la rubrica di Giorgia Hofer è dedicata alla ripresa di Marte nel paesaggio:

➜ Astrofotografia: È la volta di Marte, il Pianeta Rosso

Ma torneranno utili anche puntate precedenti come:

Fotografiamo le sottili Falci di Luna

Fotografare la Luce Cinerea della Luna

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Maggio 2019

➜ La Luna di Maggio 2019 e una guida all’osservazione del Sinus Medii

➜ La Chioma di Berenice (II parte): l’ammasso stellare della Chioma e le sue stelle.



Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Maggio su Coelum Astronomia 233

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Il cielo nella storia: l’interpretazione della sfera celeste

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CCAT_Corso di introduzione astronomia 2019

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La Luna di Maggio 2019 e una guida all’osservazione del Sinus Medii

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Le fasi della Luna in aprile, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra). Nella tavola sono riportate anche le massime librazioni topocentriche del mese, con il circoletto azzurro che indica la regione del bordo più favorita dalla librazione.
Le fasi della Luna in maggio, calcolate per le ore 00:00 in TMEC. La visione è diritta (Nord in alto, Est dell’osservatore a sinistra).

Con il Novilunio la notte tra il 4 e il 5 maggio, inizia un nuovo ciclo lunare con la successiva Fase Crescente incrementando progressivamente la propria visibilità nelle ore serali. La Luna sarà in Primo Quarto il giorno 12 e arriverà al culmine della Fase Crescente col Plenilunio del 18 maggio. La successiva Fase Calante porterà il nostro satellite all’Ultimo Quarto il 26 maggio.

Approfondisci in la Luna di Maggio su Coelum Astronomia 233

A maggio osserviamo

11 maggio I crateri Heraclitus, Licetus e Cuvier

La prima proposta di questo mese, prevista per la serata dell’11 maggio col nostro satellite in fase di 7 giorni (il Primo Quarto è previsto per il giorno successivo alle 03:12), e a nostra disposizione fino alle prime ore della notte seguente, avrà come target una regione lunare di limitata estensione ma molto interessante. Si tratterà infatti di osservare un inconfondibile e fotogenico terzetto costituito dagli antichissimi crateri Heraclitus, Licetus, Cuvier. E ci accorgeremo che in realtà i crateri sono quattro…

➜ Continua con i dettagli dell’osservazione di Heraclitus, Licetus e Cuvier

12 maggio Il Sinus Medii

La seconda e principale proposta di questo mese è per la serata del 12 maggio, quando il nostro satellite, dalle 21:30 circa, sarà in fase di Primo Quarto.

A un’altezza iniziale di +55° dopo il transito in meridiano delle 20:17 a +58°, a nostra disposizione per tutta la serata e fino alle prime ore della notte successiva. Nel caso specifico andremo a osservare il Sinus Medii. Per quanto riguarda la Regione Polare Nord ne riparliamo tra qualche mese…

➜ continua su Guida all’osservazione del Sinus Medii

13 maggio Massima librazione nella Regione Polare Sud

Come terza proposta ho pensato di riproporre l’osservazione della Regione Polare Sud, considerato che la sera del 13 maggio il punto di massima Librazione coinciderà nuovamente con questa interessantissima regione lunare (la precedente si era verificata a marzo 2019), sempre oggetto di attenzioni da parte dei numerosi astrofili che seguono il nostro satellite.

Pertanto, chi intendesse approfondire ulteriormente l’osservazione delle strutture geologiche esistenti intorno al Polo Sud della Luna, o per chi si fosse perso per vari motivi il precedente appuntamento, questa potrebbe rivelarsi un’ottima occasione. Nel caso specifico, la sera del 13 maggio intorno alle 21:30 la Luna sarà in fase di 8,8 giorni a un’altezza iniziale di +53° poco dopo il transito in meridiano delle 21:10 a +54°.

➜ Vedi Massima librazione sud in Coelum astronomia 231 di marzo 2019

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Maggio 2019

Una sottilissima falce di Luna, ripresa da Claudio Pra. L’età è di appena 18 ore e 37 minuti (fase dello 0,0068%)!

➜ Fotografiamo le sottili Falci di Luna di Giorgia Hofer

➜ Fotografare la Luna di Giorgia Hofer su Coelum Astronomia di novembre 2016.

La Luna illumina la notte Fotografiamo il paesaggio illuminato dalla Luna Piena di Giorgia Hofer

➜  La Luna mi va a pennello. Se la fotografia non basta, Gian Paolo Graziato ci racconta come dipingere dei rigorosi paesaggi lunari, nei più piccoli dettagli… per poi lasciarsi andare alla fantasia e all’imaginazione!

E tutte le precedenti rubriche di Francesco Badalotti, con tantissimi spunti per approfondire la conoscenza del nostro satellite naturale. Per ogni formazione basta attendere il momento giusto!


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Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).

04.05: Il cielo di maggio.
Come ogni primo sabato del mese, l’appuntamento per il pubblico è alle ore 21.30 presso Porta Laterina a Siena da dove raggiungeremo a piedi la specola ”Palmiero Capannoli” per osservare il cielo del periodo. Al centro dell’attenzione nebulose, ammassi stellari e galassie. Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione da effettuare on line sul sito www.astrofilisenesi.it oppure tramite Davide Scutumella 3388861549. In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

10.05 e 24.05: Il cielo al castello di Montarrenti
Come ogni secondo e quarto venerdì del mese, dalle ore 21.30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (Sovicille, Siena) sarà aperto al pubblico delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna prossima al primo quarto (giorno 10) e alle galassie primaverili (giorno 24). Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

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Venere e una sottilissima falce di Luna nelle luci dell’alba

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Maggio inizia con una bella congiunzione, piuttosto ampia (6° 15’ circa) tra una sottile falce di Luna (fase dell’8%) e il brillante pianeta Venere (mag. –3,9).

Sarà molto suggestivo scorgere il luminosissimo pianeta, ancora molto basso sull’orizzonte orientale (circa 5°), immerso nelle luci ambrate dell’alba ormai imminente.

La Luna si troverà leggermente più in basso, più verso est e sarà possibile vederne una sottile falce, quasi fosse una lama incandescente, rivolta proprio verso il pianeta. Considerata la scarsa altezza dei due astri, si consiglia di approfittare dell’occasione per includere elementi del paesaggio prossimi all’orizzonte, magari spingendo anche sugli ingrandimenti, così da creare interessanti effetti prospettici.

Possono essere utili i consigli di Giorgia Hofer di questo mese (anche se riferiti a Marte) oppure alcune rubriche precedenti:

➜ Sempre più basso sull’orizzonte, è la volta di Marte, il Pianeta Rosso

➜ Fotografiamo le sottili Falci di Luna

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Maggio 2019

➜ La Luna di Maggio 2019 e una guida all’osservazione del Sinus Medii



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C’è materia oscura nelle galassie?

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UGC 477, galassia a bassa luminosità superficiale (LSB). Crediti: NASA/ESA
UGC 477, galassia a bassa luminosità superficiale (LSB). Crediti: NASA/ESA

L’universo che continua a espandersi. Le stelle ai margini delle galassie che viaggiano a velocità superiore a quelle attese dalla teoria gravitazionale di Newton. Sono solo due dei fenomeni del cosmo che non trovano spiegazione, se non ipotizzando l’esistenza di una forza attrattiva esercitata da una massa mancante e invisibile, una materia oscura.

Nel 2016, però, un gruppo di ricercatori della Case Westerne Reserve University guidati da Stacy McGaugh ha analizzato un insieme di galassie e ipotizzato che la materia oscura non serva a spiegare quelle velocità discrepanti, fornendo una nuova spiegazione con la teoria della gravità modificata MOND (MOdified Newtonian Dynamics). L’ipotesi di McGaugh e colleghi fece scalpore: nelle galassie non c’è materia oscura. Un nuovo studio condotto dai ricercatori della SISSA di Trieste ora smentisce i risultati raggiunti da McGaugh e conferma: la materia oscura deve essere nelle galassie.

Materia oscura, c’è o non c’è nelle galassie?

L’esistenza della materia oscura e dell’energia oscura per spiegare le anomalie osservate nell’universo fu ipotizzata per la prima volta negli anni Settanta. A oggi si ritiene che la materia oscura costituisca circa il 27% dell’universo, mentre l’energia oscura è al 68% e la materia ordinaria solo il 5%. Esistono però solo prove indirette dell’esistenza della materia oscura nel cosmo, evidenziate come anomalie al comportamento atteso per una galassia o per l’espansione dell’universo se seguissero le leggi della gravità di Newton, poi riviste dalla relatività generale di Einstein.

Per alcuni ricercatori quindi l’osservare fenomeni non previsti dalla teoria gravitazionale implica che ci debba essere una qualche massa, chiamata oscura perché a noi invisibile e impossibile da misurare direttamente per ora, che eserciti una forza gravitazionale. Proprio quella forza necessaria a far sì che le leggi della gravità siano rispettate e verificate nell’universo, come nel caso delle anomalie delle velocità delle stelle nelle galassie a spirale.

Su Coelum Astronomia 210 di aprile 2017: Alla ricerca della Materia Oscura. La storia, la ricerca, le teorie principali e quelle alternative. Formato digitale e gratuito, semplicemente clicca e leggi.

Per altri ricercatori invece, la materia oscura non si trova nelle galassie a spirale, ma quelle anomalie possono essere spiegate da altre leggi della natura, come ad esempio la teoria sulla gravità newtoniana modificata o MOND, proposta nel 1983 dal fisico israeliano Mordehai Milgrom. Da allora molte sono state le teorie elaborate sulla modifica della seconda legge di gravità di Newton. I fisici ritengono che nella formula della forza è pari a massa per accelerazione vada introdotta una nuova costante, che dimensionalmente è un’accelerazione, in grado di spiegare il moto delle stelle escludendo la presenza di materia oscura nella galassia.

La discrepanza di velocità nelle galassie: la correlazione di McGaugh

Di quest’ultima teoria si è fatto portavoce McGaugh, che in uno studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letters del 2016 sulle velocità di rotazione delle galassie ha scoperto una correlazione tra l’accelerazione centripeta osservata, determinata dalle curve di rotazione, e l’accelerazione centripeta prevista, che si desume dalla distribuzione della materia barionica, formata da stelle e gas. Tra le possibili spiegazioni di questa discrepanza, McGaugh inserì anche la possibilità che la materia oscura non esistesse nelle 153 galassie osservate per lo studio.

I ricercatori della Case Western Reserve University si sono così fatti portavoce di un dubbio, quello che alcuni fenomeni nelle galassie possano essere spiegati senza la materia oscura, anche se le prove a favore della sua esistenza sembrano essere maggiori. McGaugh in una intervista del 2017 a Simmetry Magazine spiegò: “Quando aderiamo a un particolare paradigma, la maggior parte dei nostri ragionamenti è confinata entro i suoi limiti e se incontriamo una situazione che richiede un cambiamento di punto di vista, ci risulta estremamente difficile pensare fuori dagli schemi. Anche se conosciamo le regole del gioco e sappiamo di dover essere pronti a cambiare idea, in linea teorica tutti proviamo a farlo, ma si tratta di cambiamenti di una mentalità così grandi che la nostra natura umana non riesce semplicemente a passare oltre”.

La conferma della SISSA: la materia oscura c’è

C’è però un problema con le teorie di McGaugh. Le sue osservazioni empiriche si sono dimostrate esatte per le galassie a spirale classiche, ma non sono verificate per gli ammassi di galassie più massicci o per galassie di altra natura, come quelle a bassa luminosità superficiale o le nane a disco. Un nuovo studio dei ricercatori della SISSA di Trieste guidato da Chiara Di Paolo e pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal smentisce la possibilità che la correlazione osservata da McGaugh non dipenda dalla materia oscura, confermandone così la presenza nelle galassie. Inoltre fornisce nuovi spunti sia per la comprensione della natura della materia oscura, che per lo studio della sua relazione con quella ordinaria.

Proprio dallo studio di McGaugh del 2016 su 153 galassie a spirale nasce la ricerca coordinata da Di Paolo, che in un comunicato spiega: “Analizzando le curve di rotazione di 153 galassie rotanti, principalmente le “classiche” spirali, hanno ottenuto una relazione empirica tra l’accelerazione gravitazionale totale delle stelle (osservata) e la componente che osserveremmo in presenza della sola materia ordinaria nella classica teoria Newtoniana. Tale relazione empirica, che sembrava valida in tutte le galassie da loro analizzate e a qualunque raggio galattico, ha indotto a spiegare l’accelerazione gravitazionale senza chiamare necessariamente in causa la materia oscura, ma coinvolgendo per esempio teorie di gravità modificata come MOND (MOdified Newtonian Dynamics)”.

Il lavoro della Di Paolo invece si è concentrato su 106 galassie diverse dalle “classiche” spirali, in particolare su 72 galassie a bassa luminosità superficiale (LSB) e 34 galassie nane a dischi. Lo studio ha evidenziato una relazione non coinvolge solo l’accelerazione gravitazionale totale e la sua componente ordinaria, ma anche il raggio galattico e la morfologia delle galassie.

Paolo Salucci, professore di astrofisica della SISSA e co-autore dello studio, ha spiegato: “Abbiamo studiato la relazione tra l’accelerazione totale e la sua componente ordinaria in 106 galassie, ottenendo risultati diversi da quanto precedentemente osservato. Questo non solo dimostra l’inesattezza della relazione empirica precedentemente descritta ma elimina i dubbi sull’esistenza della materia oscura nelle galassie. Inoltre, la nuova relazione trovata potrebbe fornire informazioni cruciali alla comprensione della natura di questa componente indefinita”.

Leggi anche: La strana galassia trasparente: dov’è la sua materia oscura?

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   


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Getti impazziti dal buco nero a trottola

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Rappresentazione artistica delle emissioni provenienti dal buco nero del sistema binario V404 Cygni. L’orologio indica l’evoluzione nel tempo di questi getti. Ogni segmento della figura (separato dalle lancette dell’orologio) mostra i getti visti in un momento diverso, orientati in diverse direzioni. Crediti: Icrar
Rappresentazione artistica delle emissioni provenienti dal buco nero del sistema binario V404 Cygni. L’orologio indica l’evoluzione nel tempo di questi getti. Ogni segmento della figura (separato dalle lancette dell’orologio) mostra i getti visti in un momento diverso, orientati in diverse direzioni. Crediti: Icrar

Guidato da James Miller-Jones dell’International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar), un gruppo di ricercatori ha osservato nel dettaglio i getti che sfrecciano dal buco nero del sistema binario V404 Cygni, a quasi 8mila anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione del Cigno. Pubblicato oggi sulla rivista Nature, lo studio dimostra che questi getti si comportano in un modo mai visto prima: le due emissioni di materiale si muovono ad alta velocità, probabilmente a distanza di pochi minuti l’una dall’altra, espulse dal buco nero come “spray” di plasma seguendo traiettorie anomale. Allo studio ha partecipato anche Tomaso Belloni, ricercatore all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Brera.

Tra gli oggetti più estremi dell’universo, i buchi neri inglobano voracemente il materiale che gravita attorno a loro e che, prima di essere inghiottito, emette intensa radiazione in raggi X. Nel processo di accrescimento del buco nero, una piccola porzione di materiale viene espulsa violentemente – a velocità prossime a quella della luce – in potenti e luminosi getti di plasma caldo, che formano due colonne lungo l’asse di rotazione del buco nero.

V404 Cygni è un caso particolare a causa di un evidente disallineamento tra il disco di materiale e il buco nero. Quest’ultimo emette lampi di luce improvvisi e intensi, e questi picchi di attività corrispondono a fasi durante le quali attira a sé e inghiotte materiale dalla propria compagna. Il buco nero in V404 Cygni ha una massa di circa dieci volte quella del Sole ed è legato gravitazionalmente a una stella simile al Sole, da cui appunto sta risucchiando parte del materiale.

«La sorgente V404 Cygni, diventata brillantissima nel 2015 (dopo più di 25 anni di quiescenza, ndr) e osservata da satelliti e telescopi di tutto il mondo, si è di nuovo rivelata un sistema importante per la nostra comprensione dei fenomeni relativi ai buchi neri», dice Belloni «È la prima volta, però, che vediamo un getto di materia accelerato da un buco nero cambiare direzione in poche ore. È l’equivalente dell’asse di una trottola che ruota troppo lentamente e oscilla, solo che in questo caso la trottola è un buco nero e chi la fa oscillare è la Relatività generale di Einstein».

Quando Miller-Jones e il suo team hanno studiato questo buco nero, hanno visto che i getti si comportano in un modo imprevisto. Normalmente i getti vengono espulsi direttamente dai poli dei buchi neri, mentre questi arrivano da direzioni diverse e vengono espulsi in momenti leggermente sfalsati cambiando direzione rapidamente (circa ogni due ore).

Rappresentazione artistica del sistema binario V404 Cygni, che consiste in una normale stella in orbita attorno a un buco nero. Il materiale della stella cade verso il buco nero e si muove verso l’interno in un disco di accrescimento, con potenti getti lanciati dalle regioni interne vicino al buco nero. Crediti: Icrar

Secondo gli esperti, il motivo di questo bizzarro comportamento andrebbe ricercato nel disco di accrescimento, cioè il disco di materiale attorno al buco nero. Il disco del sistema V404 Cygni è largo 10 milioni di chilometri e durante la brillante esplosione del 2015 l’interno del disco si è gonfiato.

I ricercatori hanno sfruttato i dati del network di radiotelescopi Very Long Baseline Array (Vlba). Visto che i getti cambiano direzione velocemente, gli esperti hanno utilizzato un approccio diverso dal solito. I ricercatori hanno prodotto 103 immagini individuali, ciascuna di circa 70 secondi, unendole in un filmato. In questo modo sono stati in grado di osservare tutti i piccoli cambiamenti del percorso dei getti.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “A rapidly-changing jet orientation in the stellar-mass black hole V404 Cygni”, di James C. A. Miller-Jones, Alexandra J. Tetarenko, Gregory R. Sivakoff, Matthew J. Middleton, Diego Altamirano, Gemma E. Anderson, Tomaso M. Belloni, Rob P. Fender, Peter G. Jonker, Elmar G. Körding, Hans A. Krimm, Dipankar Maitra, Sera Markoff, Simone Migliari, Kunal P. Mooley, Michael P. Rupen, David M. Russell, Thomas D. Russell, Craig L. Sarazin, Roberto Soria e Valeriu Tudose

Leggi anche

Il getto di plasma di M 87 su Coelum Astronomia 233 ora online in formato digitale e gratuito (l'”abbonamento”, sempre gratuito, permette di essere avvisati delle prossime uscite).


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Il Cielo di Maggio 2019

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La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Mag > 00:00; 15 Mag > 23:00; 31 Mag > 22:00. Crediti Coelum Astronomia CC-BY
La cartina mostra l'aspetto del cielo alle ore (TMEC): 1 Mag > 00:00; 15 Mag > 23:00; 31 Mag > 22:00. Crediti Coelum Astronomia CC-BY

Indice dei contenuti

EFFEMERIDI
(apr.-ott. 2019 – TU+2)

Luna

Sole e Pianeti

Anche il Leone ha ormai superato il suo periodo di massimo splendore annuale e ora lo vediamo dominare la parte ovest del cielo. Transitano in meridiano invece le costellazioni tipicamente primaverili, come la Vergine, con l’azzurra Spica e il Boote con la brillante Arturo, mentre più in basso, vicino all’orizzonte sud, faranno capolino le stelle più settentrionali del Centauro (tra tutte, la luminosa Menkent, di mag. +2).

Più a est, possiamo riconoscere l’inconfondibile profilo dello Scorpione e il lampeggiare rossastro di Antares che già annuncia l’arrivo delle costellazione estive (Ercole, Corona Borealis, Ofiuco e Aquila) che cominceranno ad alzarsi nella parte orientale del cielo. Verso nordest sarà osservabile anche la Lira, con la fulgida Vega, seguita dal grande Cigno celeste.

Continua l’esplorazione del cielo con:

➜ Il Cielo di maggio con la UAI che questo mese ci porta tra le galassie della Vergine, lì dove dimora M 87, la galassia del momento!

➜ E sempre M 87 è la protagonista delle nostre osservazioni al telescopio: Osserviamo la gigante M 87

IL SOLE

Il Sole descriverà in cielo un arco diurno sempre più ampio, e la durata della notte astronomica si ridurrà quindi ulteriormente, passando da 6,3 a meno di 5 ore; il che significa che verso la metà del mese il Sole si manterrà di almeno 18° sotto l’orizzonte dalle 22:30 alle 3:45, unico periodo in cui sarà possibile dedicarsi alla fotografia e all’osservazione del cielo profondo.

➜ Continua a leggere sul Cielo di Maggio

COSA OFFRE IL CIELO

Marte, sempre più basso sull’orizzonte, continua ad anticipare il suo tramonto, ma Giorgia Hofer ci viene in soccorso con utili consigli per la ripresa nel paesaggio:

➜ Astrofotografia: È la volta di Marte, il Pianeta Rosso

Venere avrà un destino simile, ma al mattino, prima dell’alba. Anche se il suo lento declinare, e la sua brillantezza, lo manterranno osservabile per tutto il mese. Mercurio potremo osservarlo con difficoltà solo nei primi gionrni del mese (all’alba) o negli ultimi (al tramonto). Giove e Saturno invece continuano ad avvicinarsi all’opposizione, migliorando le loro condizioni di osservabilità e potremo, in maggio, vederli sorgere sempre prima, dalla seconda metà della notte di inizio mese, alla tarda serata della fine del mese.

In opposizione questo mese troviamo invece il grande pianeta nano (1) Cerere. Con una magnitudine di +7 sarà sempre necessario uno strumento per avvistarlo, ma si tratta del suo periodo migliore. Approfondisci le condizioni dei singoli pianeti, dei pianeti nani e dei principali asteroidi nella sezione dedicate del Cielo del mese di Maggio.

Segnaliamo invece tra i tanti incontri tra la Luna e gli astri di questo mese, che trovate sempre tra le pagine della rivista o in questa sezione del sito nel corso del mese.

Per quanto riguarda le falci lunari, le troviamo concentrate prima e dopo la Luna Nuova del 5 maggio. Quindi subito, nella prima settimana del mese. Per maggior informzioni su cosa osservare del nostro satellite naturale, leggi anche:

La Luna di Maggio 2019

Trovate come sempre tutte le informazioni sulle rubriche:

E ancora su Coelum astronomia 233

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ Comete. Una sfida ancora più ardua di quella dello scorso mese: La Atlas impossibile?

➜ Supernovae: Finalemente! Una nuova scoperta per i cacciatori di supernovae italiani.

La Chioma di Berenice (II parte): l’ammasso stellare della Chioma e le sue stelle.

e il Calendario di tutti gli eventi di aprile 2019, giorno per giorno!

Hai compiuto un’osservazione? Condividi le tue impressioni, mandaci i tuoi report osservativi o un breve commento sui fenomeni osservati: puoi scriverci a segreteria@coelum.com.
E se hai scattato qualche fotografia agli eventi segnalati, carica le tue foto in
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Tutti consigli per l’osservazione del Cielo di Maggio su Coelum Astronomia 233

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A contatto con il cosmo: osservazioni e riprese con i telescopi dell’osservatorio

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Circolo Culturale Astrofili Trieste

InSight. Terremoto su Marte?

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In questa immagine del 19 marzo scorso, il braccio robotico di InSight ha appena coperto con lo scudo protettivo il sismografo SEIS, adagiato sulla superficie marziana. Crediti: NASA/JPL-Caltech
In questa immagine del 19 marzo scorso, il braccio robotico di InSight ha appena coperto con lo scudo protettivo il sismografo SEIS, adagiato sulla superficie marziana. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Il 6 aprile scorso SEIS, il sismografo dedicato all’analisi della struttura interna di Marte, portato dal lander InSight della NASA sulla superficie marziana, potrebbe aver rilevato per la prima volta un debole segnale sismico. Si sta ancora studiando la natura del segnale, ma sembra proprio essere il primo tremito proveniente dall’interno del pianeta, e non causato dal vento o dai movimenti stessi del lander, come quelli registrati fin’ora. Nel suo 128 Sol, InSight potrebbe essere stato testimone di un, anche se davvero lieve, terremoto marziano, paragonabile ai terremoti lunari, rilevati dalle missioni Apollo.

«Le prime letture di InSight portano avanti la scienza iniziata con le missioni Apollo della NASA», dichiara Bruce Banerdt del JPL, PI della missione. «Fino ad ora abbiamo raccolto rumore di fondo, ma questo primo evento apre ufficialmente un nuovo campo di ricerca: la sismologia marziana!»

Durante le missioni Apollo, sono infatti stati installati cinque sismometri che hanno misurato migliaia di eventi simili, nel periodo tra il 1969 e il 1977, rivelando così l’attività sismica della Luna. Conoscendo il modo in cui queste onde sismiche si propagano attraverso diversi tipi di materiali, grazie a queste rilevazioni è stato possibile conoscere la struttura interna della Luna e avanzare ipotesi sulla sua formazione. La stessa cosa si sta cercando di fare su Marte.

Nella grafica il lander InSight con tutte le sue funzioni e la sua strumentazione. Sulla destra la cupola di SEIS. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Principale obiettivo di InSight è quindi raccogliere dati per lo sviluppo di un modello della struttura interna di Marte, della quale sappiamo ancora poco, ma questo primo evento è ancora troppo debole per essere davvero utile. Grazie al silenzio che regna sulla superficie marziana, SEIS è in grado di rilevare anche i più piccoli movimenti interni. Tanto piccoli che sulla Terra sarebbe impossibile distinguerli dal rumore di fondo.

«L’evento “Martian Sol 128” è emozionante perché le sue dimensioni e la sua lunga durata si adattano al profilo dei terremoti rilevati sulla superficie lunare durante le missioni Apollo», ha dichiarato Lori Glaze, direttore della divisione Planetary Science presso la sede della NASA.

Studiando l’interno del Pianeta Rossa, i ricercatori contano poi di capire  più a fondo la formazione di pianeti rocciosi, come anche la Luna e la Terra.

Non è l’unico segnale raccolto fin’ora, altri tre eventi sismici si sono verificati il ​​14 marzo (Sol 105), il 10 aprile (Sol 132) e l’11 aprile (Sol 133), rilevati dai più sensibili sensori Very Broad Band di SEIS, ma si è trattato di segnali ancora più lievi dell’evento Sol 128 e quindi di origine ancora più ambigua. In ogni caso, indipendentemente dalla sua causa, il segnale Sol 128 è considerato una pietra miliare della missione:

«Abbiamo atteso mesi per un segnale come questo», spiega Philippe Lognonné, responsabile del team SEIS presso l’Institut de Physique du Globe di Parigi (IPGP). «È così eccitante avere finalmente una prova che Marte è ancora sismicamente attivo. Non vediamo l’ora di condividere i risultati dettagliati una volta che avremo avuto la possibilità di analizzarli».

SEIS, il sismografo, prima che venisse ricoperto dallo scudo che lo protegge da vento e sbalzi di temperatura. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Lo strumento è stato fornito dall’agenzia spaziale francese, il Centre National d’Études Spatiales (CNES), e i primi eventi sismici sono stati identificati dal team InSight’s Marsquake Service, guidato dallo Swiss Federal Institute of Technology. «Siamo lieti di questo primo risultato e siamo ansiosi di fare molte altre misurazioni di questo tipo con SEIS nei prossimi anni», ha dichiarato Charles Yana, responsabile delle operazioni della missione SEIS al CNES.

Noi qui sappiamo bene come funziano i terremoti sulla Terra, a causa del movimento delle placche tettoniche, lo studiamo praticamente fin da piccoli. Ma Marte e Luna non hanno placche tettoniche, derive dei continenti o cose simili… i loro movimenti interni sono causati da un continuo processo di raffreddamento e contrazione che crea delle tensioni che, quando sono abbastanza forti da rompere la crosta, causano un terremoto.

Non è stato semplice ideare uno strumento che fosse trasportabile e che potesse essere messo in sicurezza su Marte. Qui sulla Terra spesso i sismometri di alta qualità sono sigillati in caveau sotterranei, per essere isolati da cambiamenti di temperatura e condizioni meteorologiche. Anche se, come abbiamo detto, la superficie di Marte è molto più silenziosa della Terra, sono presenti venti, anche se leggeri, tempeste di sabbia e, soprattutto, è soggetta a sbalzi di temperatura decisamente elevati, ed è stato quindi comunque necessario uno sforzo ingegneristico notevole.

SEIS ha diverse e ingegnose barriere isolanti, tra cui una copertura chiamata “Wind and Thermal Shield”, letteralmente uno scudo per proteggerlo dai cambiamenti estremi della temperatura del pianeta e dai suoi venti. È stato poi necessario un braccio robotico per posizionarlo a diretto contatto con il terreno a distanza dal lander.

Adesso è il momento di cominciare ad analizzare i dati ricevuti, e attendere i successivi… sperando anche in qualche scossa più intensa. Nel frattempo, nel video qui di seguito, vedete e potete sentire a confronto i suoni del vento, del braccio robotico e del primo probabile evento sismico registrati da SEIS direttamente dal Pianeta Rosso.


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Accademia delle Stelle

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Accademia delle Stelle

Scuola di Astronomia a Roma
Ad aprile, due nuovi corsi di Astronomia: dureranno fino a giugno presso la nostra sede all’EUR (fermata Laurentina).

Da giovedì 4 aprile: Corsi di ArcheoAstronomia.

Corso di Archeoastronomia ed astronomia Culturale per scoprire le conoscenze astronomiche degli antichi attraverso l’importanza che l’astronomia ha avuto in tutta la storia dell’umanità.

Da lunedì 29 aprile: Corso avanzato.
8 conferenze su argomenti che non vengono trattati di solito nei corsi base di astronomia. Approfondimenti che rivestono un interesse enorme. Non è richiesta alcuna preparazione di base.

Prezzi in promozione e sconti per i lettori di Coelum Astronomia.

Informazioni:
https://www.facebook.com/accademia.dellestelle
https://www.accademiadellestelle.org

Rischio geomagnetico, il Mediterraneo s’attrezza

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Schema dei principali effetti dello Space Weather sui sistemi biologici e tecnologici a terra e nello spazio. Crediti: Crediti: Esa; Belgian Institute for Space Aeronomy. Traduzione: M. Messerotti
Schema dei principali effetti dello Space Weather sui sistemi biologici e tecnologici a terra e nello spazio. Crediti: Crediti: Esa; Belgian Institute for Space Aeronomy. Traduzione: M. Messerotti

Droni, automobili senza pilota, aerei… tutti mezzi che si affidano per il loro funzionamento ai sistemi satellitari globali di navigazione – il Gps innanzi tutto. E che per questo motivo ci rendono estremamente vulnerabili ai capricci della nostra stella, il Sole. In particolare, alle tempeste geomagnetiche, e più in generale al cosiddetto space weather, il meteo spaziale: un “meteo” le cui turbolenze sono all’origine sia di fenomeni affascinanti quali le aurore polari sia di conseguenze assai meno piacevoli quali, appunto, disturbi alle reti di telecomunicazioni o blackout lungo le linee elettriche.

Per iniziare a coordinare – su scala macroregionale – i numerosi servizi già esistenti dedicati allo studio e al monitoraggio dello space weather, l’Agenzia spaziale europea (Esa) ha ora approvato e finanzierà il progetto “Space Weather User Needs for the Mediterranean Region”: un piano d’azione espressamente orientato all’area del Mediterraneo. Un progetto di breve durata – se tutto va bene un anno, in quanto propedeutico a progetti futuri di più ampio respiro – del quale fa parte anche l’Istituto nazionale di astrofisica.

Ed è proprio al responsabile italiano del progetto – nonché coordinatore del neonato gruppo per la “Meteorologia e Climatologia dello Spazio (Space Weather and Space Climate)” dell’Inaf – Mauro Messerotti, fisico solare all’Inaf di Trieste, che ci siamo rivolti per scoprirne le finalità.

Quali sono le nazioni coinvolte?

«Anzitutto la Spagna, che ha il ruolo di coordinatrice del progetto, poi oltre all’Italia ci sono anche la Francia e la Grecia. Sono le nazioni che, soprattutto per la loro già provata esperienza nel campo dello space weather, sono state ritenute particolarmente affidabili per effettuare questo studio».

Perché un’attenzione particolare dedicata proprio al Mediterraneo?

«Le regioni che si affacciano sul Mediterraneo hanno delle peculiarità che riguardano alcuni degli impatti dello space weather, soprattutto per quanto attiene agli effetti regionali delle modificazioni della ionosfera, delle correnti geomagneticamente indotte e anche dello stesso geomagnetismo. C’è quindi un insieme di perturbazioni che sono specifiche di quest’area mediterranea, e che quindi l’Agenzia spaziale europea – che è appunto la promotrice di un’infrastruttura che si chiama Esa Space Situation Awareness – Space Weather Segment – è interessata a sviluppare».

Questo perché il Mediterraneo è più vulnerabile allo space weather di altre regioni?

«No, non siamo più vulnerabili. È proprio perché l’Esa vuole capire meglio quali siano le specificità – e quindi eventualmente sviluppare dei servizi addizionali, o degli affinamenti dei servizi esistenti, nell’ambito, appunto, della sua infrastruttura. Infrastruttura che fornisce più di cento servizi – quindi dati specifici 24/7, con osservazione continue e con previsioni continue – per tutti gli utenti, principalmente europei».

Che tipo di servizi?

«È una rete che comprende quasi 150 tipologie di servizi, che si estendono dall’osservazione del Sole per arrivare alla ionosfera, alla magnetosfera, alle correnti geometricamente indotte. Servizi che sono forniti da provider che distribuiti in Europa. In Italia, per l’Inaf, c’è l’Osservatorio astrofisico di Catania, che fornisce le informazioni relative alle regioni attive del Sole e alle osservazioni della cromosfera in luce rossa dell’idrogeno, e c’è anche l’osservatorio di neutroni Svirco, che si trova allo Iaps di Roma, che facendo parte della rete mondiale di osservatori di neutroni fornisce i dati alla rete dell’Esa. Poi ci sono, appunto, osservazioni di tipo ionosferico, osservazioni di tipo geomagnetico… C’è una copertura completa di tutto quello che è l’ambiente Sole-Terra, in maniera tale da poterlo monitorare, facendo anche dove possibile delle previsioni di quello che ci si aspetta».

Previsioni di quali eventi?

«Per esempio, le turbolenze della ionosfera, oppure l’arrivo di un’espulsione coronale di massa. Tutto questo, dicevo, è organizzato in quasi 150 servizi».

Se tutto va bene, arriveremo dunque ad avere anche noi europei un servizio simile allo Space Weather Prediction Center del Noaa americano?

«È quello a cui si sta puntando attualmente, proprio perché l’Europa ha vari servizi a livello nazionale. L’Inaf ora si sta organizzando in questo senso, entro l’anno si metterà a punto una rete di servizi nazionali preliminare per lo space weather, fatta con gli asset dell’Inaf. Anche altre nazioni, naturalmente, hanno in corso qualche cosa del genere. Il tutto è al momento coordinato a livello europeo dall’Agenzia spaziale europea, che per prima ha spinto in questa direzione».

Leggi anche

Space Weather – Tra Sole e Terra nella tempesta di Luca Zangrilli, Alessandro Bemporad, Alberto Cora, Silvano Fineschi e Salvatore Mancuso.


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Due giorni nel Sagittario con Luna e Saturno

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La mattina del 25 aprile, alle ore 5:30 circa, ancora alti sull’orizzonte sud, potremo ammirare il pianeta Saturno, che ci apparirà come una stella brillante (mag. +0,5) e la Luna, in fase del 67%.

I due astri saranno alti circa 24° e mezzo sull’orizzonte all’orario indicato. La congiunzione sarà piuttosto ampia, con la Luna che si posizionerà a circa 5° e mezzo a ovest di Saturno. L’incontro avverrà tra le stelle del Sagittario, di cui sarà riconoscibile la tipica forma a “teiera” più a verso ovest.

Anche in questo caso, potremo seguire i due astri fin dal loro sorgere (dopo le ore 2) dall’orizzonte sudest, sarà possibile fotografare i soggetti immersi nel paesaggio naturale o urbano, facendo attenzione che, all’ora indicata in cartina, il fondo del cielo sarà già piuttosto rischiarato dalle luci del crepuscolo mattutino.

La mattina successiva, il 26 aprile, saranno ancora visibili affiancati, anche se di poco più distanti, stavolta con Saturno a ovest della Luna.

E con temperature e meteo che devono ancora “sistemarsi”, nubi e foschie sono sempre in agguato. Può essere allora un buon momento per provare a scorgere, e riprendere, un effetto ottico suggestivo che può dare qualcosa in più alle vostre immagini: la Corona Lunare.

Scopriamolo non solo con questa bellissima immagine (qui a destra) di Giorgia Hofer, ma anche con i suoi consigli e i racconti delle sue avventure astrofotografiche.

La Corona Lunare

Le effemeridi di Luna e pianeti le trovi nel Cielo di Aprile 2019

E ancora su Coelum astronomia di aprile:

Le falci Lunari di Aprile

➜ Leggi le indicazioni di Giuseppe Petricca sui principali passaggi della ISS

➜ La LUNA di aprile.
Approfondimento: Guida all’osservazione della regione polare settentrionale (Parte D).

➜ La Chioma di Berenice (I parte): storia e mito


I Segreti della Via Lattea
Il nuovo volto e il destino della nostra galassia svelati da Gaia!

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Misteri e curiosità del cosmo

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Circolo Culturale Astrofili Trieste

Unione Astrofili Senesi

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Osservatorio Astronomico Provinciale di Montarrenti, SS. 73 Ponente, Sovicille (SI).

26.04: Il cielo al castello di Montarrenti
Come ogni secondo e quarto venerdì del mese, dalle ore 21.30 l’Osservatorio Astronomico di Montarrenti (Sovicille, Siena) sarà aperto al pubblico delle serate osservative, con particolare attenzione alla Luna al primo quarto (giorno 12) e alle galassie primaverili (giorno 26). Per il pubblico è obbligatoria la prenotazione tramite il sito www.astrofilisenesi.it o inviando un messaggio WhatsApp al 3472874176 (Patrizio) oppure un sms al 3482650891 (Giorgio). In caso di tempo incerto telefonare per conferma.

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Osservazione dello sciame meteorico delle liridi di aprile

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Circolo Culturale Astrofili Trieste

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